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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

IV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 19 di Mercoledì 7 maggio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vito Elio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI SISTEMI D'ARMA DESTINATI ALLA DIFESA IN VISTA DEL CONSIGLIO EUROPEO DI DICEMBRE 2013:

Seguito dell'esame ed approvazione del documento conclusivo.
Vito Elio , Presidente ... 3 
Artini Massimo (M5S)  ... 3 
Vito Elio , Presidente ... 4 
Duranti Donatella (SEL)  ... 4 
Artini Massimo (M5S)  ... 6 
Vito Elio , Presidente ... 9 
Scanu Gian Piero (PD)  ... 9 
Vito Elio , Presidente ... 11 
Scopelliti Rosanna (NCD)  ... 11 
Vito Elio , Presidente ... 11 
Causin Andrea (SCpI)  ... 11 
Marcolin Marco (LNA)  ... 12 
Vito Elio , Presidente ... 13 
Adornato Ferdinando (PI)  ... 13 
Vito Elio , Presidente ... 13 
Adornato Ferdinando (PI)  ... 13 
Piras Michele (SEL)  ... 16 
Scopelliti Rosanna (NCD)  ... 17 
Artini Massimo (M5S)  ... 20 
Vito Elio , Presidente ... 20 
Artini Massimo (M5S)  ... 20 
Galli Carlo (PD)  ... 21 
Palmizio Elio Massimo (FI-PdL)  ... 22 
Vito Elio , Presidente ... 22 
Adornato Ferdinando (PI)  ... 23 
Vito Elio , Presidente ... 23 
Scanu Gian Piero (PD)  ... 23 
Vito Elio , Presidente ... 24 

ALLEGATO 1: Proposta di modifica del documento conclusivo presentata dal deputato Duranti ... 25 

ALLEGATO 2: Proposta alternativa di documento conclusivo presentata dal deputato Artini ... 33 

ALLEGATO 3: Proposta di modifica del documento conclusivo presentata dal deputato Scanu ... 54 

ALLEGATO 4: Proposta di modifica del documento conclusivo presentata dal deputato Scopelliti ... 63 

ALLEGATO 5: Documento conclusivo approvato dalla Commissione ... 66 

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3  

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ELIO VITO

  La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE . Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Seguito dell'esame ed approvazione del documento conclusivo.

  PRESIDENTE . L'ordine del giorno reca il seguito dell'esame del documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sui sistemi d'arma destinati alla Difesa in vista del Consiglio europeo di dicembre 2013.
  Segnalo – voi ricordate tutti le premesse sulle quali ci stiamo riunendo – che abbiamo svolto, da luglio, una lunga e approfondita indagine conoscitiva. Nel mese di dicembre io ho presentato una proposta di documento conclusivo sulla quale si è avviato il dibattito per varie sedute. Da ultimo, nella seduta dello scorso 16 aprile, il gruppo del Partito Democratico aveva chiesto di poter rinviare la definitiva approvazione di quel documento alla seduta odierna.
  Nel frattempo, sono giunte da parte dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà, Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e Nuovo Centrodestra proposte di riformulazione al testo che avevo presentato lo scorso 10 dicembre. Tali proposte sono state già trasmesse a tutti i componenti della Commissione affinché potessero averne un'opportuna presa in visione.
  Se siete d'accordo, nella seduta odierna, procederei in questo modo: darei la facoltà ai gruppi presentatori dei documenti – cioè Sinistra Ecologia Libertà, Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e Nuovo Centrodestra – di poterli brevemente illustrare, dopodiché, passeremo alla fase delle dichiarazioni di voto e delle votazioni.
  Naturalmente, l'illustrazione è facoltativa. I gruppi possono decidere se intendano o meno farla. Anche le dichiarazioni di voto sono rimesse alla discrezionalità dei gruppi.
  Le votazioni proseguiranno con lo stesso metodo. Voteremo per primo il testo predisposto dal gruppo di Sinistra Ecologia Libertà come proposta emendativa al documento conclusivo da me presentato a dicembre. Anche il testo del gruppo del Partito Democratico e quello del gruppo del Nuovo Centrodestra hanno le caratteristiche di proposte emendative al paragrafo 6 del documento principale presentato, mentre il testo del Movimento 5 Stelle è interamente sostitutivo della proposta di documento conclusivo e sarà, quindi, messo in votazione alla fine, nel caso in cui il documento principale, ove e come emendato, non fosse approvato.
  Spero di essere stato chiaro nell'illustrazione di come procederemo. Evidentemente non lo sono stato a sufficienza, perché l'onorevole Artini mi chiede la parola sull'ordine dei lavori.

  MASSIMO ARTINI . Assolutamente no. Tutt'altro, presidente. Vorrei fare solamente un ragionamento: poiché nelle proposte di riformulazione del documento conclusivo, presentato da Lei a dicembre, ci sono alcuni spunti emendativi riferiti Pag. 4 anche alla parte di premessa, vorrei sapere se avremo tempo di poter discutere anche quella parte, oppure Lei ritiene di andare per tappe forzate verso il voto.

  PRESIDENTE . Io non voglio andare per tappe forzate, ma concluderemo sicuramente la votazione oggi. Se fosse richiesta nel documento finale una votazione per parti separate, questo naturalmente sarà possibile, in modo che anche voi o altri colleghi possiate confluire su quella parte piuttosto che su altre. Lo vedremo alla fine, ma comunque è possibile.
  Per adesso le proposte del gruppo del Movimento 5 Stelle, del Partito Democratico e del Nuovo Centrodestra si configurano come emendamenti alle conclusioni al paragrafo 6 del documento principale.
  Do ora la parola all'onorevole Duranti per illustrare la proposta del suo gruppo (vedi allegato 1).

  DONATELLA DURANTI . Grazie, presidente. Vorrei illustrare brevemente le considerazioni conclusive che abbiamo presentato come Gruppo Sinistra Ecologia Libertà.
  Siamo finalmente alla fine di un percorso, iniziato oltre sei mesi fa, che ha destato grande interesse nell'opinione pubblica. In particolare fra i rappresentanti del mondo pacifista e fra le associazioni pacifiste che, in questi anni, hanno fornito anche dati, indagini e notizie utili al lavoro del Parlamento.
  L'indagine ha visto impegnati tutti i gruppi parlamentari. Io penso di poter dire che, nonostante il ritardo con il quale arriviamo all'appuntamento di oggi, abbiamo fatto un lavoro importante. Tuttavia questo lavoro, a nostro parere, deve portarci a un cambio di passo radicale rispetto al grande tema della politica di difesa e di sicurezza del nostro Paese e dell'Europa.
  C’è davvero, secondo noi, la necessità di operare un cambiamento reale rispetto alla collocazione dell'Italia tra gli organismi internazionali, in particolare all'interno della NATO, rispetto all'analisi sul quadro geostrategico internazionale e al grande e importante tema della riduzione quantitativa e qualitativa delle spese militari.
  Con il finire della Guerra Fredda e della contrapposizione bipolare tra Est e Ovest, il quadro geopolitico è radicalmente mutato, così come la natura dei conflitti. Da una logica di potenza il conflitto è, dunque, passato a un altro paradigma, quello dello scontro di civiltà. La contrapposizione non avviene più solo fra Stati.
  In questo nuovo paradigma si inserisce la guerra al terrorismo, che, inaugurata dagli Stati Uniti in seguito all'attentato dell'11 settembre, ha aperto le porte a una nuova stagione di interventismo occidentale, iniziato in Iraq e nei Balcani.
  Noi pensiamo che ancora oggi la pace sia la questione fondamentale del nostro tempo. A livello globale si moltiplicano, piuttosto che diminuire, le guerre e i conflitti interni e transnazionali e si assiste all'avvitarsi della spirale guerra-terrorismo e al diffondersi di razzismo e di fondamentalismi contrapposti.
  Il terrorismo, per esempio, per la sua stessa natura, non è un fenomeno che, secondo noi, si può combattere apertamente sul piano militare, con i tradizionali sistemi d'arma o addirittura con i cacciabombardieri F-35. Nella lotta al terrorismo noi pensiamo che siano più utili gli strumenti della diplomazia e della cooperazione internazionale, la cessazione delle ingerenze nelle dinamiche di altri Stati e la riduzione delle disparità tra Nord e Sud del mondo.
  Improcrastinabile risulta, quindi, l'esigenza di definire un nuovo sistema di difesa che sia aderente alla realtà. Pertanto, rispetto alle reali minacce, il Parlamento e il Governo devono mettere a punto una strategia di sicurezza nazionale e in base a questa decidere poi di quali sistemi d'arma necessiti il nostro Paese.
  L'Italia, secondo noi, mantiene un modello di difesa superato, investe in armamenti in maniera disarticolata ed eccessiva e la relativa spesa, contrariamente al trend dei suoi maggiori partner, negli anni è aumentata.Pag. 5 
  Se analizziamo i rendiconti annuali approvati dal Parlamento dal 1948 al 2008, appare chiaro come la spesa militare abbia sempre avuto una crescita reale. Nonostante la crisi iniziata nel 2008 e i tagli alla spesa pubblica, la spesa per il settore della difesa non è diminuita, a differenza di altri settori, quali la scuola o il welfare. Tra il 2008 e il 2011 addirittura si registra un incremento di oltre un miliardo di euro in termini reali della funzione difesa nel bilancio dello Stato.
  Eppure, come è stato dimostrato da una recente ricerca dell'Università Bocconi, se invece che sulle armi si investisse, per esempio, su sanità ed energie rinnovabili, si raddoppierebbero i posti di lavoro e si aumenterebbe di una volta e mezza lo sviluppo economico in generale. Questo è un motivo in più, secondo noi, per razionalizzare lo strumento militare e liberare risorse per combattere disoccupazione e precarietà.
  È necessario anche affrontare il problema della burocrazia militare e della trasparenza, nonché portare il tema della difesa, delle sue spese e dei suoi investimenti sotto il giudizio e la conoscibilità dell'opinione pubblica, senza che rimanga materia esclusiva degli addetti ai lavori.
  In tal senso, la mancanza di trasparenza e la rilevanza delle contrattazioni che avvengono al di fuori del controllo parlamentare ci obbligano a una revisione anche della struttura del Ministero, prevedendo una maggiore trasparenza anche nei rapporti fra burocrazia militare, impresa offerente e mondo della politica, soprattutto per la prassi, ormai consolidata, che vede gran parte della burocrazia militare, dopo la pensione, andare a ricoprire posizioni di vertice nell'industria militare.
  La riforma dello strumento militare non deve, però, avere soltanto obiettivi quantitativi, ma, anzi, occorre una revisione delle strutture che adotti come metodo la necessità di individuare quali strutture siano realmente necessarie e la valutazione del loro impatto globale sulla spesa pubblica.
  La Commissione difesa, così come il Parlamento, non ha il potere di bloccare un programma di armamento, poiché è soltanto possibile verificare se esso sia confacente o meno alla programmazione pluriennale.
  Molti Paesi europei hanno già deciso di intraprendere la strada dei tagli agli investimenti nella difesa. È il caso della Germania, che ha decurtato le commesse degli elicotteri NH90 e Tiger, dei caccia Eurofighter e dei cargo Airbus; dell'Olanda, che ha drasticamente tagliato la commessa per gli F-35; infine, della Francia, che ha tagliato drasticamente le spese militari con il nuovo Piano pluriennale di programmazione militare per il periodo 2014-2019.
  L'indagine conoscitiva sui sistemi d'arma è un primo passo, ancora non sufficiente, al quale dovrà seguire, nel giro di pochissimi mesi, l'elaborazione di un libro bianco, da non posticipare, però, assolutamente alla fine dell'anno, così come già annunciato dal Ministro Pinotti.
  In particolare, alla luce delle considerazioni esposte, in ragione sia dei costi, sia dell'aderenza al modello di difesa, nonché di quanto è emerso nel corso delle audizioni, noi riteniamo opportuno, in relazione ai seguenti programmi d'armamento: cancellare la partecipazione italiana al programma dei cacciabombardieri F-35, 90 aerei il cui costo complessivo dovrebbe essere di 14,5 miliardi di euro e la cui cancellazione comporterebbe solo per il 2014 un risparmio di oltre 600 milioni di euro; cancellare l'acquisto della seconda serie di sommergibili di ultima generazione, gli U-212, con un risparmio immediato di 200 milioni di euro per il 2014, a fronte di un investimento complessivo di 1.885 milioni di euro; sospendere immediatamente il programma denominato Forza NEC, che prevede un investimento complessivo di 22 miliardi di euro (ad oggi sono stati spesi circa 324 milioni di euro per allestire 558 prototipi di fanti: per il progetto soldato futuro si prevede una prima tranche di 800 milioni di euro per la digitalizzazione della fanteria e l'indagine conoscitiva ha evidenziato, Pag. 6 peraltro, i limiti di realizzazione di tale progetto, nonché l'effettiva opportunità di dotarsi di queste innovazioni ultratecnologiche).
  Infine, auspichiamo la cancellazione dei programmi d'armamento che riguardano le fregate FREMM. Nello specifico si tratta di fondi pari a 2,024 miliardi di euro solo per il 2014. Delle dieci fregate FREMM già previste otto sono state finanziate e si prevede uno stanziamento a carico del Ministero dello sviluppo economico pari a 785 milioni di euro per il 2014, a 778 milioni per il 2015, a 526 milioni per il 2016 e a 899 milioni a partire dal 2017 e fino al 2022.
  Chiudo dicendo che le numerose audizioni che noi abbiamo svolto durante l'indagine conoscitiva hanno messo tutte in evidenza le tante criticità che riguardano, in particolare, i due progetti Forza NEC e il programma di acquisizione degli F-35.
  Noi pensiamo che il Parlamento debba immediatamente rispondere, perché il Paese lo chiede da tempo e con insistenza, determinando un vero e proprio cambio di passo, come dicevo prima, cominciando con la cancellazione di quei programmi che sono più costosi e che hanno visto gran parte del mondo, che noi abbiamo consultato e con il quale ci siamo confrontati, assolutamente contraria.

  MASSIMO ARTINI . Io vorrei partire da come noi abbiamo voluto effettivamente valutare tutta l'indagine, partita a luglio dell'anno scorso, facendo un documento completamente alternativo (vedi allegato 2).
  In che senso e perché ? La nostra volontà è stata quella, molto ampia ed estesa, di voler andare anche molto «oltre» il lavoro fatto in Commissione. Indubbiamente, era la prima volta, come gruppo del Movimento 5 Stelle, che trattavamo non solo questi argomenti, ma anche, a livello procedurale, un discorso su un'indagine conoscitiva.
  Come primo appunto, che è segnalato anche nelle premesse del nostro documento, noi ci sentiamo, anche per chi dovrebbe fare valutazioni regolamentari, di valutare modalità diverse relativamente all'audizione di determinate figure, perché spesso lo spazio per le domande o per fornire risposte in maniera più precisa è mancato.
  Per ovviare a questo – di questo ringrazio tutti i miei colleghi della Commissione, perché il lavoro è stato lungo, ma proficuo – noi abbiamo dovuto accentuare il lavoro di indagine. Ne è emerso, innanzitutto, il fatto che a livello nazionale è sempre mancata la volontà forte di gettare, in merito alla difesa, una luce sui fatti.
  Uno dei fatti più eclatanti è che i numeri della legge n. 244 del 2012, sulla quale si è basata tutta la revisione del sistema della difesa – il numero del personale, il numero degli armamenti, il modo in cui vengono investite le risorse del bilancio e via elencando – erano completamente sbagliati. Questo aspetto è stato valutato, come nei fatti, dal documento che il Commissario Cottarelli ci ha portato poche settimane fa.
  In particolare, dopo ormai quasi più di vent'anni dagli accadimenti del 1989, vi è la necessità di ristrutturare completamente il ruolo della NATO e dell'Unione europea. Il documento era mirato proprio per il Consiglio europeo di difesa. Anche questo strumento era effettivamente necessario per dare impulsi diversi.
  Riguardo alla NATO noi evidenziamo come sarebbe opportuno riuscire a portare il ruolo dell'Alleanza al discorso dell'autodifesa e non a quello di una volontà preventiva d'attacco, come è successo nelle missioni in Iraq e in Afghanistan, in cui la NATO è stata preponderante in questi atteggiamenti.
  Un'altra questione fondamentale, che si ripercuote poi sulla legge n. 244, è il modo in cui è stato trattato il bilancio della difesa. L'importanza di questa indagine è stata davvero fondamentale su questa parte, perché si è data consapevolezza al Parlamento di come il bilancio della difesa sia stato trattato in maniera errata negli anni.
  È ormai opinione comune, perché anche altre forze l'hanno riconosciuto – è Pag. 7 importante che sia così e spero che ci siano degli impegni mirati con delle risoluzioni tese a questo – il fatto che il bilancio della difesa non sia solo nel Dicastero della difesa e che nelle valutazioni che sono state fatte si siano presi dei riferimenti completamente sbagliati.
  Guardando i valori che vengono dai ministeri, destrutturati per le competenze di bilancio, si arriva a dati completamente diversi. La quota del personale, per esempio, risulta essere già ad oggi al 50 per cento. Tutta la rivoluzione fatta sul personale è, quindi, tendenzialmente inutile a bilancio invariato, senza alcun tipo di risparmio.
  Per gli investimenti si mette in risalto che senza il settore sicurezza, cioè senza l'Arma dei carabinieri, si arriva quasi al 40 per cento degli investimenti, al 37,5 per cento. Questa è una politica di guerra, in termini di investimenti.
  Abbiamo fatto anche una valutazione per il lavoro interforze, cioè per quei progetti, come Forza NEC, che interessano tutte le Forze armate. Successivamente, siamo andati nello specifico per ogni singola Forza armata.
  Inoltre, sempre per dare risposta alle parole dei vari capi di stato maggiore circa la possibilità di mantenere aggiornato ed efficiente il nostro sistema, abbiamo specificato il surplus di tutti i sistemi d'arma, che già anche tramite interrogazioni parlamentari era stato evidenziato. Questo potrebbe essere – lo dico a tutta la Commissione – lo spunto per impegnare il Governo su un ulteriore aspetto: quello di disfarsi dei sistemi d'arma più vecchi.
  Per quanto riguarda il programma Forza NEC, ricordo che questo è un progetto definito come interforze, che ha una progettualità di 22 miliardi per l'estensione a tutto il sistema di difesa, ma che in realtà deve essere visto su un approccio diverso. L'idea è capire a cosa serva, se sia necessario farlo lavorare per tutto l'Esercito, se sia necessario lavorare in quel termine con un ammodernamento e che cosa comporti a livello anche infrastrutturale del Paese.
  Per come è strutturato ora, questo sistema, effettivamente, non ha molte ragioni di esistere. Dico, quindi, a tutti di fare attenzione affinché non accada che Forza NEC possa essere destrutturato a parole, per poi finire in singoli programmi di ogni singola Forza armata, magari con costi anche superiori.
  Un punto fondamentale – anche nell'indagine sarebbe opportuno che la Commissione facesse un cenno su questo – è la parte cibernetica. La parte cibernetica, sarebbe opportuno ribadirlo sempre, è una delle maggiori pericolosità di tutta la parte di difesa e di sicurezza in questo periodo.
  Anche nelle altre proposte conclusive ci sono pochi rimandi a questo aspetto. Questa parte dovrebbe essere, invece, fondamentale anche per l'evoluzione che il Paese dovrebbe conoscere con riguardo ai vari sistemi d'arma. È indubbio: la parte cibernetica ha costi molto più bassi e, quindi, ricadute industriali ed economiche diverse, ma è quella che potrebbe generare più problematiche a livello di difesa del Paese.
  Volendo passare, se così si può dire, alla «parte calda» dell'F-35, noi ci siamo voluti concentrare sul definire – e l'indagine ce ne ha dato in parte modo – i costi reali già sostenuti. Si tratta di circa 3 miliardi di euro sia nelle facility di Cameri, sia per gli ammodernamenti per sistemi come il Cavour e altre basi in cui dovrebbero essere presenti gli F-35, nonché per il progetto.
  Ora noi ci ritroviamo, sulla base di una negligente volontà del Parlamento di approfondire i progetti che sono stati approvati nel 2002 e nel 2007, con un progetto, quello appunto dell'F-35, che genera dei problemi di costi, di controllo di costo, di controllo di tipo di sistema e via dicendo.
  In questo momento ci ritroviamo anche con un ulteriore problema. Ci ritroviamo, infatti, con una fabbrica a Cameri, il Centro FACO, per cui abbiamo già speso più di un miliardo di euro e che genera un problema di gestione.
  E perché genera questo problema di gestione ? Perché nella nostra indagine è lampante, anche a detta degli stessi esperti Pag. 8 – penso al professor Margelletti e ad altri che sono venuti a parlare in Commissione – che l'F-35 ha delle funzioni, in particolare il primo strike nucleare, che non rispondono, almeno a nostro modo di vedere nell'indagine, ai dettami dell'articolo 11 della Costituzione. Penso, infatti, che avere questo tipo di capacità non sia la nostra volontà come Paese, non dico solo come gruppo parlamentare.
  Aver scelto questo tipo di aereo comporta l'aver svolto tutta una serie di valutazioni e ricadute nella parte finanziaria. La nostra proposta su questo tipo di strumento, che magari sarà anche, io spero, motivo di discussione successivamente, è quella di sospendere immediatamente il progetto, con l'obiettivo di bloccarlo non appena rinegoziata tutta la parte industriale.
  Quanto all'Eurofighter, va innanzitutto evidenziato che già tutto il sistema Eurofighter ci è costato 21 miliardi di euro, secondo l'ultimo aggiornamento fatto dalla Rete italiana per il disarmo, che l'ha incrementato di 3 miliardi di euro rispetto alle precedenti valutazioni. Ora noi non possiamo spostare il costo dall'F-35 al sistema Eurofighter. Il costo che non vogliamo sostenere sull'F-35 non deve essere una giustificazione sostenerlo sul progetto Eurofighter.
  L'acquisizione dell'ultima tranche, la tranche 3B, per noi non ha molto senso, anche perché 76 aerei di quella tipologia sono già sufficienti a garantire quel tipo di difesa.
  Circa la parte, invece, della Marina, anche in quel caso la valutazione va fatta sulla base di ciò che effettivamente è necessario al Paese. Se ci fate caso, colleghi, tutte le mie parole sono basate su ciò che effettivamente serve al Paese come difesa.
  L'indagine non aveva questo obiettivo, ma la domanda era naturale. Valutare i sistemi d'arma comporta capire a cosa questi ci servono e qual è l'obiettivo e il livello di responsabilità che il Paese vuole con questi raggiungere. Pertanto, prendo spunto dalla Marina e cito, per esempio, un caso attuale. Cerco di illustrarlo velocemente. Mi scusi, presidente, ma, come ha visto, l'indagine ci ha portato via sette mesi ed è opportuno che questo tipo di lavoro rimanga agli atti.
  Anche sulla parte della Marina è opportuno capire se il nostro obiettivo sia estendersi oltre la parte del Mediterraneo e considerare il Mediterraneo allargato a qualsiasi cosa, oppure ridursi e mantenere quel livello di difesa che è proprio del Paese. In questo, e anche negli altri settori, è opportuno che si tratti del libro bianco, non solo guardando esclusivamente a quest'anno, ma rendendolo anche un elemento veramente strutturale.
  La proposta di legge C. 2252, di iniziativa del nostro gruppo, tratta questo tema e introduce in maniera strutturale sia la programmazione delle armi, sia la scrittura di un libro bianco ogni sei anni.
  Ragionare sui sistemi d'arma facendo – come è stato fatto finora – un acquisto senza reali motivazioni, o con motivazioni dettate solamente dal sostegno dell'industria della difesa, ha comportato per il Paese uno squilibrio fra gli investimenti e l'esercizio che ci permette di mantenere tali investimenti. Noi ci ritroviamo, quindi, con una difesa che non si può sostenere, perché – e ciò si evince dai dati di bilancio – il costo degli investimenti, quindi delle acquisizioni, non è poi manutenibile. Questo aspetto va valutato in un libro bianco, con l'obiettivo di affermare che acquisire più armi non ci porterà senz'altro a un sistema o a un mondo di maggiore pace.
  Questo si è visto nei risultati. Penso a Iraq e Afghanistan: avere distrutto quei due Paesi non ha consentito la pacificazione del territorio. Le uniche situazioni in cui la pace si è effettivamente stabilizzata sono state le missioni in cui non si è sparata nemmeno una pallottola. Questo è lampante.
  Questo va detto e va iniziato questo percorso di studio degli obiettivi e del livello di responsabilità che il Paese vuole avere. Questo deve essere il primo punto anche per gli impegni verso il Governo rispetto a quello che abbiamo scritto nelle conclusioni dell'indagine. È infatti fondamentale che questo documento non rimanga Pag. 9 carta straccia anche se non impegna in alcun modo il Governo. Questa è solamente, né più, né meno, una documentazione per la Camera. Politicamente, forse, ha un valore, ma non lo ha a livello di impegno reale verso il Governo.
  Grazie.

  PRESIDENTE . Onorevole Scanu, rinuncia a illustrare la proposta del Suo gruppo ?

  GIAN PIERO SCANU . In effetti, a ben pensarci, io rinuncio a illustrare il documento (vedi allegato 3), ma non all'intervento, che cercherò di sviluppare in estrema sintesi, senza però fare a meno di evidenziare alcuni aspetti che considero fondamentali.
  Mi scuso con i colleghi che sono intervenuti se non ho potuto prestare l'attenzione che invece avrei voluto prestare ai loro interventi. Chi ha avuto la possibilità di osservarmi avrà notato che ero impegnato con la collega Giuditta Pini a fare addizioni, sottrazioni e sostituzioni. Non ho mancato, però, di cogliere lo spirito dichiarato esplicitamente che costituisce non solo l'impalcatura di merito, ma anche la stessa anima dei documenti che sono stati illustrati.
  A nome di tutto il gruppo del Partito Democratico vorrei partire da questa considerazione, che spero non vi sembri datata e, soprattutto, fuori luogo.
  Inaspettatamente, inspiegabilmente per alcuni versi, noi stiamo vivendo una situazione di relazioni internazionali assolutamente spuria rispetto a quello che ordinariamente si considera l'andamento della politica estera. Pensavamo che la Guerra Fredda fosse finita per sempre. Soltanto un anno fa sembrava che ci dovesse essere, o che ci potesse essere, un abbraccio definitivo fra Stati Uniti e Russia, eppure così non è stato.
  Questa considerazione, che ogni osservatore dotato di un'ordinaria facoltà intellettiva può fare, tanto più deve essere presente in questa sede, che, seppure con l'opportuna chiarificazione appena fatta dal vicepresidente Artini, si accinge a compiere un passo importante.
  Io mi permetto di ringraziarLa, presidente, per il lavoro che ha svolto. È stato un lavoro serio, declinato all'insegna dell'assoluta correttezza, oltre che della ben nota competenza. Noi, come gruppo, desideriamo formalmente e sentitamente rivolgerle un apprezzamento e un ringraziamento. Quella di oggi è una tappa importante che potrà anche non far sorgere automaticamente una cogenza nei confronti del Governo attraverso al voto che esprimeremo, ma è comunque il Parlamento che si esprime. È il Parlamento che si esprime non soltanto con una ricostruzione cronachistica e con una giustapposizione di riferimenti e di dati, ma dando anche una lettura politica delle vicende che sono accadute e delle considerazioni finali alle quali noi siamo approdati.
  Il documento che il Partito Democratico propone a tutta la Commissione – non solo non ho difficoltà ad ammetterlo, ma lo dico con orgoglio – non è stato partorito con estrema facilità, per usare un eufemismo. È stato partorito, invece, come tutti i parti che si rispettino, dopo una lunga e travagliata attesa.
  Voi stessi siete stati testimoni e gentili artefici di una serie di spostamenti di date e di proroghe che io, a nome del gruppo, vi ho chiesto perché è capitato, in almeno un paio di circostanze, che noi non fossimo pronti. Ebbene, noi ieri, alla stessa stregua, né più, né meno di quanto ciascun gruppo politico abbia fatto, abbiamo raggiunto un'intesa contenuta nel documento che vi è stato consegnato.
  In poche parole, che cosa chiediamo ? Chiediamo di lavorare insieme perché l'Europa unita effettivamente nasca ed esista. Quella attuale è una finzione e non è neppure la controfigura che – in ambito cinematografico spesso, anzi sempre – non viene individuata come il soggetto autenticamente titolato a rappresentarsi come attore.
  L'Europa con la quale ci misuriamo è un'Europa drammaticamente assente nello scenario internazionale. Se stiamo barcollando come politica estera occidentale, è proprio perché manca l'interlocutore europeo, Pag. 10 manca l'Europa. Noi dobbiamo e vogliamo costruire l'Europa. Questo è il primo messaggio.
  Noi siamo figli del nostro tempo, non figli distratti che si sforzano di giocare a fare gli statisti, perdendo il contatto con la realtà. Siamo una società che sta soffrendo, una società in crisi, nelle viscere della quale ci sono milioni di persone che sono in una condizione di disagio, se non addirittura di assoluta povertà.
  Ciascun euro che, come pubblici amministratori, spendiamo lo vogliamo spendere in maniera consapevole, scientemente. Per questo motivo abbiamo ritenuto anche di dover introdurre una significativa richiesta, o una valutazione, relativamente all'importante riduzione delle spese militari. Questo non con la logica – che poi logica non è – dei tagli orizzontali, ma a ragion veduta; non tagliando indiscriminatamente, ma andando a colpire ciò che poteva essere colpito e a condizione, peraltro, che l'efficienza e l'efficacia dello strumento militare non venissero per nulla intaccate.
  Voi avete parlato opportunamente di libro bianco. Anche su questo noi siamo stati molto chiari. Noi non siamo una Repubblica semipresidenziale, come la Francia, dove il Governo di turno, proprio per l'impianto che caratterizza quella Repubblica, può adottare un provvedimento di questo tipo. Noi siamo e vogliamo rimanere una Repubblica parlamentare. Va da sé, quindi, che, per quanto spetti al nostro Governo l'onere di apporre la propria firma al libro bianco, questo va inteso come una proposta che il Governo avanza al Parlamento.
  Come è noto a tutti, la musica è cambiata perché lo spartito è diverso. Fuori di metafora, la legge n. 244 del 2012, comunque la si voglia esaminare, a nostro giudizio, ha cambiato tutto. È il Parlamento che decide e stabilisce come si debba operare.
  Queste sono le considerazioni di fondo, che sono state sviluppate serenamente, senza alcuna sudditanza nei confronti di suggestioni neoatlantiste e nei confronti di possibili atteggiamenti antimilitaristi. Anzi, l'occasione credo possa essere considerata utile, come alcuni di voi opportunamente hanno rilevato, per rinnovare la stima convinta nei confronti delle nostre Forze armate e di tutti i militari, vertici compresi.
  Cionondimeno, ci poniamo il problema di esercitare con la stessa dignità la nostra funzione di legislatori e, quindi, ci preoccupiamo – anche di questo parliamo nel nostro documento – di evitare che possano esserci commistioni e contiguità fra chi, dismessa la divisa, dopo aver disposto importanti scelte e conseguenti decisioni, passa dalla parte di chi ha rappresentato interessi diversi, il tutto fatto con serenità.
  Permettetemi, infine, appellandomi alla vostra cortesia e facendo questo a nome di tutto il gruppo, di rivolgervi un invito. Noi non abbiamo titoli particolari, se non quelli che la vostra sensibilità potrebbe determinare. Nessuno di noi è portatore della verità in termini assoluti. Siamo tutti affannosamente impegnati nella ricerca del bene possibile. Non vi è dubbio, però, che il bene possibile passi attraverso una pacifica e convinta convivenza fra i popoli.
  Abbiamo l'articolo 11 della Costituzione, che è stato opportunamente richiamato e che non può essere interpretato in maniera non solo provocatoriamente estensiva, ma neanche colpevolmente estranea rispetto a ciò che tale articolo ha voluto e determinato. Proviamo a trovare un terreno comune sul quale lavorare. Proviamo a non contrapporci. Proviamo a partire da questo passaggio, individuando un ambito nel quale possiamo ritrovarci tutti.
  È per questo motivo che mi permetto di rivolgervi – e concludo – l'invito a considerare quello odierno come un punto di partenza da parte di tutti e, per quanto riguarda il gruppo del Partito Democratico, una convinta e sentita apertura rivolta innanzitutto agli attuali alleati di Governo – non potrebbe che essere così – con i quali noi non abbiamo avuto non la volontà, ma la possibilità di costruire insieme una linea comune, perché è stato arduo trovarla anche al nostro interno.Pag. 11 
  Non vi è stata né iattanza o supponenza, né, tantomeno, la volontà di offendere alcuno. È stato questo il motivo e soltanto questo. Nondimeno, però, proprio perché ciò di cui parliamo è assolutamente universale, ci sta cuore che gli altri colleghi di tutte le altre forze politiche, nessuna esclusa, possano in questa sede, insieme a noi, intraprendere una strada che non parta male, ma all'insegna di una reciproca e condivisa apertura di credito. Un'apertura di credito in questo senso sarebbe il presupposto dal quale poter partire per condurre a compimento in maniera almeno dignitosa la nostra legislatura.
  Mi auguro, quindi, come ciascuno al mio posto farebbe, che sulla proposta del Partito Democratico possa sedimentarsi e manifestarsi il maggior consenso possibile, ovvero la minore contrarietà possibile.
  Grazie.

  PRESIDENTE . Do ora la parola all'onorevole Scopelliti per illustrare la proposta presentata dal suo gruppo (vedi allegato 4).

  ROSANNA SCOPELLITI . Presidente, io mi riserverei di intervenire in sede di dichiarazioni di voto.

  PRESIDENTE . Passiamo, quindi, alla fase delle dichiarazioni di voto.

  ANDREA CAUSIN . Di solito, presidente, sono sintetico, ma prenderò qualche minuto in più perché l'argomento è delicato.
  Voglio partire proprio dall'intervento del collega onorevole Scanu. Nella parte finale del suo intervento il collega ha chiesto di assumere la proposta del Partito Democratico come un punto di partenza su un argomento, su una discussione che io ritengo sia particolarmente importante per il contesto internazionale che si sta configurando.
  Mi dispiace dirlo, ma io non lo trovo un buon punto di partenza. Lo trovo, se voglio vederlo in termini positivi, un cattivo punto di partenza. Se voglio vederlo in termini ancora più negativi, trovo questa una provocazione da campagna elettorale.
  Mi rendo conto di come la fase della campagna elettorale porti ciascuno dei partiti a lavorare su una forte semplificazione e anche su una forte spinta emotiva su temi come questi. Mi rendo conto anche che questo sia un nuovo modo di fare politica, al quale però io su alcuni temi non mi voglio assolutamente adattare. Il tema della sicurezza dei cittadini italiani e dei cittadini europei non può e non deve essere oggetto di strumentalizzazione politica per la nostra campagna elettorale, perché non è un problema solo italiano, ma è un problema europeo e mondiale.
  Lo dico perché c’è qualcuno qui in Commissione che mi conosce da prima della mia esperienza parlamentare. Qualche esperienza e qualche militanza nei movimenti pacifisti ritengo di averla avuta e di avervi giocato anche un ruolo. Io sono il primo a pensare che il nostro pianeta debba essere un posto in cui i popoli convivano civilmente, dove non ci siano disequilibri e dove ci sia un disarmo totale. La situazione che oggi vivono il nostro pianeta e l'Europa, però, non è questa. Non è una situazione di convivenza civile e di disarmo, ma un contesto in cui i Paesi stanno facendo la corsa agli armamenti.
  Io faccio parte anche della delegazione NATO e, quindi, ho acquisito proprio questa settimana, durante una sessione di lavoro a Washington e Vancouver, i dati sulla corsa agli armamenti di Paesi che non sono propriamente Stati in cui sono incardinati nella Carta costituzionale i princìpi di convivenza pacifica democratica o ci sono storie e culture legate alla convivenza pacifica e democratica. Mi riferisco anche alla Federazione Russa, che pure è un Paese che io considero nel blocco occidentale.
  Io ritengo che una valutazione sulla riduzione dei sistemi d'arma vada assolutamente fatta, così come sull'efficientamento dei sistemi d'arma, ma ritengo anche che vada fatta alla luce di un Pag. 12 contesto che deve tenere conto di una novità sostanziale. Do atto che questo lo ricordava anche l'onorevole Scanu.
  Si deve tenere conto del problema che si sta venendo a creare tra l'Unione europea, gli Stati Uniti e la Federazione Russa e che ha come occasione il tema dell'Ucraina. C’è qualcosa di più, però, rispetto al confronto in atto in questi mesi sul territorio dell'Ucraina e sulla vicenda della Crimea. Ci sono le prospettive energetiche di autosufficienza dell'Europa, c’è il controllo delle rotte internazionali commerciali, c’è sicuramente anche un tema dello spazio vitale che oggi la Federazione Russa ritiene sia stato sottratto dall'espansione della NATO.
  Non voglio entrare nel merito se il problema dell'Ucraina sia stato generato dall'espansione della NATO o se siano stati i russi ad aver violato unilateralmente i trattati internazionali. Dico solo che il problema esiste ed è un problema di sicurezza.
  Allo stesso modo c’è un problema di sicurezza gravissimo che riguarda i Paesi del Maghreb, che vengono sempre citati anche dagli americani, quando facciamo i vertici NATO. Io ritengo, come qualcuno di noi che conosce la zona dell'Africa subsahariana, che ci sia un problema di sicurezza ancora più grave che deriva dall'instabilità e dalla forte corsa agli armamenti che stanno facendo i Paesi dell'Africa subsahariana. Se qualcuno si va a leggere qualcosa sulle dotazioni militari del Ciad, forse ne trae un'idea di che cosa stia succedendo nell'Africa subsahariana.
  Io ritengo che non si possa trasformare un tema delicato come quello dell'efficientamento dei sistemi d'arma in un tema da campagna elettorale perché noi abbiamo bisogno di dare in pasto agli elettori la riduzione della scelta di dotazione degli F-35.
  Possiamo anche decidere di farlo. Possiamo anche, per assurdo, decidere che gli F-35 non li compreremo e che cederemo le basi alla Repubblica federale tedesca, affinché i tedeschi utilizzino le nostre basi con gli aerei loro. Possiamo decidere anche questo, ma non che il nostro Paese non faccia la propria parte per la sicurezza in seno alla NATO e all'Unione europea, o che, per problemi di calcolo elettorale o per semplici problemi – che non sono, in realtà, poi così semplici, me ne rendo conto – di spending review andiamo a rimettere in discussione tutte le scelte strategico-militari che sono state fatte negli anni scorsi.
  Io credo che si debba lavorare molto e credo anche che l'approccio sia stato sbagliato sia nel metodo (io auspicavo un documento, una riflessione di maggioranza e, invece, apprendo dalla stampa e vedo in Commissione che c’è un dialogo tra il partito di maggioranza relativa e il Governo in carica che esclude le altre forze di maggioranza) sia nel merito (le proposte contenute nel testo del PD secondo me sono, per molti versi, discutibili e, per quello che mi riguarda, anche non condivisibili).
  Detto questo, mi rendo conto che quello odierno non è un passaggio definitivo, ma un passaggio intermedio. L'avviso, però, secondo me, va dato: con questo metodo non si può arrivare al risultato che auspica il collega Scanu, un risultato che deve essere condiviso e che deve andare nell'ordine di diminuire la spesa militare e di efficientare la capacità di difesa dell'Italia. Forse siamo d'accordo su questo, ma poi su come andiamo a declinare tale obiettivo dobbiamo sederci a tavolino e discutere.
  Per questo motivo, anche a nome del mio gruppo, preannuncio un voto di astensione sulla proposta del Partito Democratico, auspicando che in futuro cambino il metodo e il merito.

  MARCO MARCOLIN . Grazie, presidente. Come gruppo della Lega Nord, noi esprimiamo un voto contrario alla proposta del Partito Democratico, anche perché vediamo che questa spending review è arrivata un po’ in ritardo. Non voglio fare disquisizioni sul fatto che siamo in campagna elettorale e che, quindi, magari è un bello spot dire che riduciamo del 50 per cento l'acquisto degli F-35. Noi italiani siamo bravi a non mantenere le parole Pag. 13 date neanche in seno alla NATO che pure dovrebbe garantire la difesa del nostro suolo.
  Dobbiamo anche capire, però, cosa vogliamo fare della nostra difesa. Se dobbiamo avere solo il 50 per cento degli aerei, forse a questo punto è meglio rinunciare e magari, come ha detto prima il collega Causin, dare le basi in affitto a qualche altra forza straniera. Diversamente, ci riduciamo poco alla volta ad avere aerei come quello di Francesco Baracca, magari dei biplani molto funzionanti, ma pur sempre dei biplani.
  Tengo a precisare che questa riduzione degli F-35, la cui spesa dovrebbe aggirarsi intorno ai 14 miliardi di euro, non tiene conto del fatto che abbiamo già speso 3 miliardi e non sappiamo che fine farà Cameri. Non abbiamo, quindi, le idee molto chiare su questo. Tuttavia, vorrei fornire alcuni dati, perché magari 14 miliardi in senso assoluto sono una montagna di soldi, ma in quindici anni non lo sono.
  Innanzitutto, i 14 miliardi sono investiti in quindici anni e c’è una spesa pubblica complessiva di circa 800 miliardi di euro all'anno, di cui 265 vanno alle pensioni, 109 alla sanità, 161 ai pubblici dipendenti dello Stato, delle regioni e di altri enti e 85 agli interessi sul debito pubblico.
  La metà di questi 14 miliardi, ossia 7 miliardi, divisa in quindici anni, ammonta a qualche centinaia di milioni di euro, mentre tutto il welfare di questi quindici anni è di circa 5.610 miliardi. Parliamo, dunque, di 7 miliardi su 5.610. Se questa non è campagna elettorale, non so che cosa lo sia.
  Il nostro voto contrario è il minimo che possiamo esprimere.

  PRESIDENTE . Sia l'onorevole Causin, sia l'onore Marcolin hanno fatto riferimento alla proposta di documento presentata dal gruppo del PD. In sede di votazione saremo più chiari, perché voteremo prima la proposta emendativa del Gruppo SEL, poi la proposta emendativa del PD, poi quella del NCD.
  Tutte queste proposte sono emendative delle conclusioni, cioè del paragrafo 6 del documento conclusivo presentato dalla presidenza a dicembre. Sarà poi votato il documento conclusivo come integrato dall'approvazione o meno di questi emendamenti. Infine, se non verrà approvato il documento conclusivo, sarà messa in votazione la proposta alternativa del Movimento 5 Stelle. Lo dico per la chiarezza delle votazioni che svolgeremo.

  FERDINANDO ADORNATO . Grazie, presidente. Dalla lettura di questi documenti emerge, a mio modo di vedere, una contraddizione. Si può sostenere che ogni scelta governativa e ogni impegno politico che l'onorevole Artini pretendeva dall'indagine conoscitiva debbano essere successivi alla stesura del libro bianco. Da molte parti, fin dalla presentazione a dicembre del documento conclusivo da parte del dal presidente Vito, si fa riferimento a questo concetto.
  In alcuni documenti, invece, si va diritti a proporre già da adesso scelte, decisive o meno, rispetto alla politica degli armamenti.
  Io credo che si possa sostenere o una tesi o l'altra, ma che non si possano sostenere tutte e due insieme. Invece, in diversi documenti ciò accade, ossia si dice che ci vuole un libro bianco dal quale far discendere le scelte degli armamenti e poi si fanno delle proposte che sono direttamente di scelta.
  Anticipo subito – voglio fare poi qualche ragionamento – il nostro criterio di voto: essendo d'accordo con la prima tesi, voteremo a favore dei documenti così impostati.
  Apro una parentesi. Lei, presidente, giustamente – conosco anch'io i metodi – le chiama proposte «emendative». Secondo me, sono quasi tutte sostitutive, non emendative. L'unica emendativa...

  PRESIDENTE . Sono sostitutive delle conclusioni del documento principale.

  FERDINANDO ADORNATO . L'unica effettivamente emendativa, proprio per la Pag. 14 sua genericità, è quella del Nuovo Centrodestra. Essendo la più generica di tutte, è la più condivisibile, proprio perché non sposa la contraddizione che dicevo.
  Essendo favorevoli alla prima tesi, pensiamo che non si possa fare una scelta impegnativa per il Governo da un'indagine conoscitiva. Questo è il primo punto. Si possono trarre ispirazioni per poi andare avanti. In secondo luogo, qualsiasi scelta deve essere fatta dopo la stesura di un libro bianco.
  C’è una ragione dilatoria in quello che dico ? Probabilmente sì, ma è una ragione dilatoria che deriva da un elemento profondo di politica: non si possono fare scelte, soprattutto in questo campo, di carattere emotivo o elettoralistico.
  Non voglio esprimere giudizi. Magari non sono elettoralistiche, onorevole Causin, ma non si può fare così. Bisogna che un Paese serio, se l'Italia vuole tornare a esserlo, elabori una sua strategia e da quella faccia discendere i sistemi d'arma. Se io non so in quali teatri posso essere impegnato e non decido insieme ai partner europei – è inutile, ed è questa la seconda contraddizione, parlare di integrazione europea e poi fare le nostre scelte fuori da questa integrazione proprio qualche mese prima che andiamo a presiedere l'Europa – francamente, mi sembra di adottare un modo di procedere un po’ dilettantesco.
  C’è, quindi, un po’ di carattere dilatorio che nasce dall'incertezza, non dalla furbizia. Io dico che, però, è l'unico modo giusto di procedere. Francamente, invidio chi ha certezze. Lo invidio moltissimo.
  Dopo la caduta del Muro di Berlino una bellissima rivista che si chiama Limes, che voi tutti conoscete, uscì con una pubblicazione intitolata «A che serve l'Italia», perché era evidente che, dopo la caduta del Muro, il ruolo internazionale, geopolitico e geostrategico dell'Italia andava mutando. Prima era uno molto chiaro – purtroppo, aggiungo – e dopo era un altro.
  A questa domanda di Limes, che poi si sono fatti nelle cancellerie europee e soprattutto a Washington, l'Italia non ha mai risposto. Non abbiamo mai deciso quale sia la nostra missione nell'Europa. C’è chi sostiene da sempre l'Italia come frontiera del Mediterraneo, chi, invece, vuole partecipare, come Giovani marmotte, agli eserciti più forti. C’è chi si ritaglia una visione autonoma del nostro spazio militare e chi, invece, la vuole dipendente. Comunque, non abbiamo risposto a questa domanda.
  Come facciamo a decidere quali sistemi d'arma dobbiamo privilegiare o ridurre, se non rispondiamo a questa domanda ? Ecco perché la questione del libro bianco non è dilatoria, ma è vera e profonda. Peraltro, lo è in un'incertezza che non coinvolge solo l'Italia, ma anche l'Europa e il mondo.
  Una volta i Realpolitiker potevano dire che la formula usata nella Costituzione italiana, più volte richiamata, della soluzione pacifica delle controversie è una formula alla quale nessuno di noi può dire di essere contrario, ma che è utopistica. Il Realpolitiker dice che nella storia forse ci sarà un caso su duemila di soluzione pacifica delle controversie. Purtroppo – tre volte purtroppo – nel mondo c’è la soluzione militare delle controversie. Ha sempre prevalso questa.
  Oggi un Realpolitiker potrebbe ancora dire la stessa cosa ? No. Resta probabilmente utopistico il concetto di chi dice che non esiste la soluzione pacifica delle controversie, salvo in casi rarissimi, e che gli strumenti delle comunità internazionali sono ormai vittime di impotenza totale, ma resta ormai anche molto difficile dimostrare che ci sia una soluzione militare delle controversie.
  Resta più facile dire che nessuno riesce più a risolvere niente ! In Siria c’è stata una soluzione pacifica della controversia ? No. C’è stata una soluzione militare della controversia ? No. In Ucraina ci apprestiamo a una soluzione pacifica delle controversie ? Mi pare di poter dire di no. Si sta provando, ci si prova sempre, perché nessuno di noi è irresponsabile, salvo ogni tanto, quando nella storia esce fuori qualche pazzo, ma di solito no. Ci sarà una soluzione militare della controversia ? Molto evidentemente no.Pag. 15 
  Il Realpolitiker potrebbe dire che questo è ciò di cui oggi si approfitta Putin, perché sa che non ci può essere una soluzione militare della controversia e, quindi, il ricatto di Putin si può esercitare proprio in quanto non è utopistica solo la vecchia idea pacifista, ma diventa utopistica anche l'idea bellicista.
  Di qui l'incertezza. Il mondo è fermo. In un mondo fermo, aggiungo – non voglio prolungarmi troppo – chi ci rimette, di solito, sono i diritti umani. In un mondo che non ha le regole per risolvere né in modo militare, né in quello politico le controversie, chi ci rimette sono i diritti umani e i diritti dei popoli. Questa è l'evidenza. Noi, secondo me, ci stiamo arrotolando dentro questa tragica incompiutezza.
  Quanto al nuovo ordine mondiale, vi ricordate quanti anni fa il presidente americano Bush I, sosteneva che ci volesse un nuovo ordine ? Chi l'ha mai stabilito questo nuovo ordine ? La Carta di San Francisco regge ancora ?
  Tutte queste domande dovrebbero essere poste. Io non immagino proprio che il libro bianco si porrà tutte queste domande, non immagino neanche che la comunità internazionale si porrà queste domande. Tuttavia, per quanto ci riguarda e ci compete, se noi non rispondiamo alla domanda «A che serve l'Italia ?» in un libro bianco, non siamo in grado di decidere, se non in modo elettoralistico o propagandistico, per partito preso o per ideologia alla questione che ci divide sugli F-35 e su tante altre cose. Non possiamo rispondere. Possiamo rispondere ciascuno motivato da una sua logica di consenso nell'opinione pubblica su posizioni predeterminate e spesso, quindi, su posizioni vecchie e non su analisi innovative della questione, come pure il Movimento 5 Stelle si proporrebbe di fare.
  Concludo con la dichiarazione di voto. Sulla base di quello che ho detto il mio gruppo voterà a favore dell'unica azione emendativa che non entra nella contraddizione che ho esposto. Non cita il libro bianco, per la verità, cosa che io farei. Siccome questo è citato nella relazione conclusiva del presidente, proporrei questa integrazione. Si faccia il libro bianco. L'indagine conoscitiva ci ha già fornito gli strumenti per farlo. Facciamo il libro bianco, dopodiché, decideremo quali saranno i sistemi d'arma.
  Io non ho alcuna tendenza a evitare o a non prendere in considerazione la riduzione di questo o di quello, ivi compresi gli F-35. Dico solo che deve discendere da una nostra idea di cosa dobbiamo fare se dobbiamo andare con i pescherecci nel Mediterraneo o se dobbiamo andare a bombardare qualcuno con altri strumenti.
  Mi asterrò, quindi, sulla proposta del Partito Democratico, votando contro le altre. Infatti, mentre SEL e Movimento 5 Stelle dicono quello che vogliono fare, che dal mio punto di vista non è condivisibile, il testo del PD si barcamena. In qualche punto più «mena» che «barca», per le divisioni che presenta.
  Onorevole Scanu, La voglio ringraziare dicendole che, per quanto mi riguarda, non c’è alcuna questione. So che è una discussione difficile. Non la ritengo una scortesia nei nostri confronti. Come diceva l'onorevole Causin, sarebbe stato auspicabile che la maggioranza avesse raggiunto un punto d'intesa, ma non è un'offesa. La voglio anche ringraziare per le sue parole delicate.
  So che siete divisi. Non è neanche questo un guaio. Non lo dico in modo polemico, perché penso che su queste vicende sia giusto anche che sia così. Mi sembra, però, che la proposta del PD, da una parte, dica che si debba seguire il libro bianco e, dall'altra, dia indicazioni talmente precise, soprattutto sugli F-35, da contraddire la considerazione che ho svolto.
  Ho il rispetto totale delle analisi, molto interessanti, delle proposte di SEL e del Movimento 5 Stelle. Non le condivido, ragion per cui voterò contro, ma riconosco lo sforzo intellettuale di raggiungere un'analisi non qualunque. Voterò, quindi, a favore dell'unica proposta che non entra nella contraddizione che ho illustrato, pur suggerendo di inserire un richiamo al libro bianco.

Pag. 16 

  MICHELE PIRAS . Grazie presidente. Cercherò di essere il più sintetico possibile per arrivare velocemente alla dichiarazione di voto che – già anticipo – sarà positiva per quanto riguarda la proposta presentata dalla mia capogruppo.
  Mi verrebbe da dire: siamo realisti, perciò sogniamo l'impossibile. Nelle disquisizioni su come si affrontano le crisi internazionali e se sia più utopistica una soluzione o l'altra, mi viene in mente che, per un Paese come l'Italia – un atto di realismo è dimensionare non solo l'equazione geografica, ma anche la consistenza economica, nonché demografica di questo Paese – sarebbe utopistico pensare che, in una crisi internazionale o in un mutamento di fase nel quale si vede una ripresa della corsa agli armamenti, noi affrontassimo questa nuova fase armandoci di più o investendo di più in armamenti.
  Sarebbe utopistico pensare che un'attività di questo tipo possa servire a qualcosa o anche ad affrontare una condizione, la più malaugurata possibile, di attacco al nostro Paese, perché non abbiamo le risorse e non solo perché c’è la crisi. Anche se non ci fosse la crisi e se ci fosse un'economia fiorente, questo Paese non avrebbe le risorse per condurre una politica degli armamenti simile a quella degli Stati Uniti d'America, a quella della Federazione Russa o a quella della Repubblica popolare cinese.
  L'Italia non è nemmeno un Paese che ha una vocazione o una tradizione paragonabile a quella della Corea del Nord, che sacrifica completamente la condizione sociale a una politica degli armamenti.
  Esistono diversi tipi di utopismo ed esistono trasversalmente diverse forme di retorica. Una di queste è quella di non considerare nel concreto quali siano le critiche, non solo quelle pacifiste, che pure ci sono state, non solo quelle antimilitariste, che pure ci sono state, non solo quelle dei movimenti della società civile, ma anche quelle degli addetti ai lavori su alcuni programmi di armamenti. Da questo punto di vista noi dobbiamo dare atto allo sforzo prodotto dal PD.
  L'onorevole Scanu è stato molto onesto. Ha usato la metafora del parto e ha riferito di un confronto interno arduo. Mi si lasci dire che si è visto tutto. Non ci siamo stupiti di questa descrizione, perché si è visto. Noi abbiamo apprezzato anche un nuovo dispositivo che si fa carico in qualche maniera – poi dirò come, perché la ritengo in parte anche contraddittoria – di ciò che la società civile ha mobilitato.
  Pertanto, siamo grati a questo sforzo compiuto dal partito di maggioranza relativa. Ci rendiamo conto che questo è un dibattito aperto anche nella maggioranza, in cui non mi addentro oltre. Mi sarebbe piaciuto registrare con più forza un mutamento complessivo dell'orientamento del nuovo Governo rispetto a quello precedente.
  Su quello precedente abbiamo già detto, ci siamo già espressi. Non condividevamo affatto la prospettiva di armare la pace che ci era stata più volte presentata dall'allora Ministro della difesa, per il quale si ritenevano intoccabili gli investimenti in sistemi d'arma, in particolar modo quello che riguarda gli F-35.
  Nella proposta del PD la sofferenza di quel dibattito si vede nella critica tutta incentrata sugli aspetti economici al programma F-35. La nostra, da questo punto di vista, è certamente più radicale, nel senso proprio del termine: va alla radice e anche allo spirito della Costituzione repubblicana, che può essere utopistica quanto si vuole, ma che esiste, fino a prova contraria o fino ad una aggressione anche della Parte I della Costituzione. Quella critica probabilmente è anche la ragione per la quale non possiamo esprimere un consenso pieno. Sicuramente possiamo esprimere il minor dissenso, citando ancora l'intervento dell'onorevole Scanu.
  Non possiamo esprimere un consenso pieno perché riteniamo contraddittorio il fatto che – cito testualmente – «molti dubbi che circondavano il programma degli F-35 hanno trovato nell'indagine conoscitiva la sede istituzionale più idonea a una severa verifica e su taluni aspetti anche alcune conferme». Dopodiché, segue l'elenco degli elementi di criticità, che Pag. 17 si individuano soprattutto per quanto riguarda la produzione industriale e la ricaduta occupazionale.
  Riportandolo in termini più generali, questo è l'elemento di divergenza strategica reale che esiste fra la posizione di SEL, la posizione del PD e anche l'impostazione della politica di difesa e degli investimenti fatti negli ultimi anni. È proprio questo il nodo che si è discusso un po’ di tempo fa in occasione dell'esame, congiuntamente alla Commissione attività produttive, di un documento europeo. È questo il terreno.
  Noi, in sostanza, non riteniamo, al contrario del PD e di tutti gli altri gruppi tranne quelli della minoranza, che vada costruito un percorso di integrazione delle politiche industriali europee che porti a un'implementazione anche delle industrie nazionali e di un'occupazione su questo terreno.
  Non disprezziamo l'occupazione che c’è, ma pensiamo a un modello di sviluppo profondamente diverso e, quindi, a una tendenza che non sia quella di produrre ulteriori investimenti su questo terreno.
  È positivo – lo voglio dire perché spero che abbia delle ricadute ulteriori nella fase successiva – che finalmente si sia preso atto di ciò che il collega Artini ha citato nel suo intervento, che è stato oggetto di polemica anche in altre discussioni fatte in Commissione. Mi riferisco all'accorpamento della parte di bilancio del Ministero dello sviluppo economico, destinata agli investimenti in sistemi d'arma, al bilancio della Difesa. Nel calcolo che viene fatto anche dalla proposta del PD viene messo in evidenza che la quota del 25 per cento sugli investimenti esiste già.
  Mi auguro che questo possa essere un utile spunto per frenare e magari per invertire la tendenza e per dare un po’ di sollievo alla base delle Forze armate, che da diversi anni, ormai anche con manifestazioni pubbliche evidenti e forme di protesta le più creative, per quanto rispettose dell'ordine costituito, esprime una certa sofferenza. Anche le risultanze della legge n. 244 del 2012 e dei decreti legislativi da questa discendenti andrebbero ripensate alla luce di questo obiettivo della legge stessa, che effettivamente è già raggiunto.
  Stiamo attenti a riequilibrare tutti gli aspetti. Probabilmente, da questo punto di vista, si potrebbe rinunciare anche a qualche investimento in più nei sistemi d'arma ed essere un po’ più netti, come inizialmente mi era parso di vedere nella prima versione che era circolata della proposta del PD. Mi riferisco a programmi come Forza NEC, fortemente dispendiosi e con un punto interrogativo enorme circa la loro utilità. Se l'obiettivo è quello di mettere in relazione e in interrelazione i sistemi di difesa dei singoli Paesi, probabilmente anche su questo aspetto avremmo preferito mettere un punto tombale piuttosto che una sospensione dubitativa, messa a verifica.
  Non mi sono riferito alla proposta del Nuovo Centrodestra che mi pare quella più in continuità con quella che è stata finora la politica della difesa e anche degli investimenti in sistemi d'arma in questo Paese. Su questa proposta voteremo contro, per coerenza. Ci asterremo, invece, sulla proposta del PD e voteremo, ovviamente, favorevolmente la nostra.

  ROSANNA SCOPELLITI . Grazie presidente. Cercherò di essere breve, anche se in realtà le cose da dire sono molte. Non ho voluto prendere la parola prima proprio per poter utilizzare tutto il tempo a mia disposizione per questa dichiarazione di voto.
  L'indagine conoscitiva sui sistemi d'arma destinati alla Difesa in vista del Consiglio europeo del dicembre 2013 ha fornito a questa Commissione una rilevante mole di dati, elementi e riflessioni che provengono da fonti prestigiose e qualificate e che ci consentono di affrontare questa discussione, anche alla luce degli ultimi interventi, con una maggiore proprietà e una sicura consapevolezza.
  Non mi pare, però, superfluo sottolineare come l'approccio al dibattito che affrontiamo, date la complessità e l'importanza della materia, non debba risentire di inutili schemi ideologici che potrebbero, a Pag. 18 questo punto, solo nuocere alla necessità di concretezza, chiarezza e lucidità che il tema della sicurezza richiede.
  Passando proprio al tema dell'indagine, ritengo che non si possa che esordire con un riferimento diretto al quadro della sicurezza internazionale, ma forse dovrei dire dell'insicurezza, perché è questo che rappresenta il logico punto di partenza di ogni riflessione sull'adeguatezza del nostro strumento militare.
  Il mondo in generale è decisamente poco sicuro. La nostra regione geografica in particolare presenta espliciti rischi, sia di natura militare, sia di natura terroristica. Non è un fenomeno nuovo, anche perché dalla fine della Guerra Fredda la storia ha ripreso a correre e, con essa, le mille rivendicazioni che hanno portato al rovesciamento di governi, al collasso di Stati e all'emergere di tanti attori illegali, tutti, purtroppo, pericolosamente armati.
  La comunità internazionale è, quindi, impegnata senza soluzione di continuità da oltre vent'anni per gestire questa situazione di crisi continua e diffusa. In molte occasioni si è dovuto per forza di cose far ricorso allo strumento militare e porre fine a violenze sulla popolazione civile per ripristinare un ordine internazionale che è stato violato. Le Nazioni Unite hanno applicato, come mai prima d'ora, le previsioni del Capitolo VII della Carta, ovvero l'impiego coercitivo della forza per ripristinare la pace e la sicurezza internazionali.
  La NATO, in misura minore, e l'Unione europea, sotto il mandato delle Nazioni Unite, hanno concretamente agito in tal senso, intervenendo militarmente in tanti teatri operativi, con azioni militari circoscritte e definite, ma che, nondimeno, hanno visto un utilizzo intenso degli strumenti militari più sofisticati.
  In questo quadro di situazione, che è ben noto a tutti, non possiamo eludere la realtà. Non possiamo, quindi, descrivere il mondo come un luogo pacifico, nel quale la guerra è stata definitivamente superata e ci si avvia serenamente verso un futuro in cui conflitti militari non esistono. Mi piacerebbe farlo, ma non possiamo.
  L'ultima sconcertante evoluzione l'abbiamo sotto gli occhi. Mi riferisco all'Ucraina, dove, nel giro di pochi mesi, siamo passati da una prospettiva di integrazione economica nello spazio europeo a una rivolta di piazza e ora quasi a una situazione di guerra civile.
  Di fronte a questa realtà inoppugnabile tutti i Paesi democratici devono poter opporre una capacità di dissuasione, di deterrenza e, se serve, anche di difesa militare. Questo è quanto si fa, in effetti, in tutti gli altri Paesi del mondo e, in particolare, nell'ambito dell'Alleanza atlantica. Questo è quello che tutti vorremmo accadesse in maggiore misura anche in ambito europeo.
  In questo grande quadro strategico si inserisce necessariamente l'Italia, con la sua specifica cultura politica, i suoi precetti costituzionali e i suoi legittimi interessi nazionali. Se fossimo soli di fronte a tante incertezze e tanti rischi, probabilmente saremmo già stati sopraffatti da questa nuova instabilità. Siamo, invece, relativamente al sicuro, perché profondamente ancorati all'architettura di sicurezza garantita dall'appartenenza alla NATO e all'Unione europea.
  Questa appartenenza, però, non può essere confusa con la possibilità di accantonare le nostre responsabilità in materia di sicurezza internazionale, nell'attesa che altri risolvano i nostri problemi. Dobbiamo, invece, essere parte attiva e propositiva in tali organizzazioni e soprattutto parte responsabile, partecipando attivamente e sopportando gli oneri degli interventi multinazionali, inclusi quelli a carattere militare.
  Ogni ragionamento sulla difesa italiana e sui sistemi d'arma da acquisire sarebbe, perciò, parziale e insufficiente senza un riferimento diretto al quadro di alleanze nel quale siamo inseriti e agli obblighi che da ciò derivano. Non parlo di obblighi contrattuali, come se la dimensione economica fosse anche in questo caso prevalente, ma di obblighi politici e morali, che noi riteniamo non meno penetranti e vincolanti.Pag. 19 
  L'Italia, in sostanza, deve avere Forze armate moderne ed equilibrate, capaci di operare fianco a fianco con i nostri alleati. Non esiste una via nazionale alla difesa militare, né una via nazionale all'acquisizione di sistemi d'arma avanzati. Esiste solo una via cooperativa da percorrere insieme ai nostri alleati.
  Questa strada appare con chiarezza anche da quanto ci è stato descritto dai tanti esperti e rappresentanti delle istituzioni che hanno riferito di fronte a questa Commissione. I programmi di ammodernamento delle nostre Forze armate, negli ultimi decenni, sono stati in generale coerenti con le esigenze di modernità e di interoperabilità che ho appena descritto.
  Anche il bilanciamento fra i vari sistemi d'arma sembra tendenzialmente corretto. D'altra parte, non potrebbe essere molto differente, ove si consideri che le nostre Forze armate sono state intensamente impegnate in operazioni reali da oltre vent'anni a questa parte. È logico, quindi, che i loro programmi di ammodernamento siano aderenti alle necessità, come emerse dall'impiego reale.
  In particolare, in Europa dobbiamo andare verso un'effettiva integrazione, molto più spinta della sola interoperabilità. Per fare questo credo si dovrà anche concretamente spingere per un'integrazione delle industrie nazionali, che solo in tal caso sarebbero in grado di produrre lo stesso sistema per diversi Paesi.
  È evidente che quanto sostenuto, però, deve fare i conti nel nostro Paese con una situazione economica difficile e complessa. Dunque, la questione della sicurezza va affrontata con equilibrio e con saggezza, ma in una logica che non passi da proposte e richieste superaccentuate a tagli draconiani e alla cieca, perché lo sviluppo e l'adeguamento dello strumento militare devono avvenire con equilibrio e discernimento.
  In questa materia non si può, dunque, procedere a zig zag, ma ci si deve affidare a un metodo sicuro, serio e congruo rispetto alle necessità che abbiamo cercato di evidenziare.
  Il nostro Paese ha investito consistenti risorse nell'approntamento di nuovi sistemi. Le qualità, lo sviluppo e il futuro delle nostre imprese impegnate in ricerche e produzioni tecnologiche di settore dipendono da scelte politiche che dobbiamo fare nella consapevolezza che non vanno sprecate le risorse già investite, ma che bisogna procedere con equilibrio per assicurare la sicurezza di cui il Paese ha bisogno, nel rispetto delle nostre compatibilità finanziarie, ma anche dei rapporti internazionali nei quali siamo impegnati.
  Oggi siamo chiamati a esercitare le nostre prerogative di indirizzo e di controllo. Al termine di una complessa indagine conoscitiva lo facciamo ancora con consapevolezza anche in una materia a forte contenuto tecnicistico, ma che ha anche e soprattutto una fortissima valenza sociale e politica. È proprio sul piano politico che non è secondario richiedere alle forze che sostengono il Governo quella concertazione e quel confronto che soli possono costituire un forte e sicuro elemento di sostegno per l'Esecutivo, una necessità e un essenziale elemento che, come nella circostanza di questa complessa e delicatissima materia, divengono strumenti fondamentali di azione e decisione.
  In conclusione, noi riteniamo decisivo procedere con l'ammodernamento equilibrato dello strumento militare italiano. Tutte le principali componenti e tutte le capacità operative che negli ultimi anni sono state impegnate nelle operazioni reali necessitano, in varia misura, di un adeguamento tecnologico. Non possiamo rimanere indietro in questo settore, né tantomeno possiamo decidere unilateralmente di eliminare alcune preziose capacità operative senza che ci sia un accordo in tal senso con i nostri alleati.
  Tutti devono fare la loro parte nel mondo globalizzato integrato di oggi e di domani, e questo vale anche in tema di tutela della pace e della sicurezza internazionale. L'Italia deve rimanere solidamente ancorata ai suoi alleati, in termini sia di impegno politico, sia di concreto agire. Deve, quindi, mantenere le sue moderne Pag. 20 dotazioni militari, onorare appieno gli impegni sottoscritti e adoperarsi concretamente per il successo delle alleanze di cui è parte.
  Detto questo, noi ci asterremo per quanto riguarda la proposta presentata dal PD, auspicando che la prossima volta ci sia una maggiore concertazione e un maggiore dialogo nella maggioranza. Annunciamo, invece, il voto contrario, come diceva simpaticamente il collega Piras, per linearità, alle proposte di SEL e del Movimento 5 Stelle. Siamo favorevoli, ovviamente, a quella da noi presentata.

  MASSIMO ARTINI . Presidente, avrei delle considerazioni da fare sul documento conclusivo da Lei presentato a dicembre e alcune domande da rivolgere direttamente al collega capogruppo del Partito Democratico.

  PRESIDENTE . Onorevole Artini deve svolgere la sua dichiarazione di voto.

  MASSIMO ARTINI . Sì presidente, ma si tratta di aspetti che sono fondamentali per decidere la nostra dichiarazione.
  Per quanto riguarda il documento che ha presentato Lei, a pagina 73, terzo paragrafo, c’è uno spunto che vorrei evidenziare. In particolare è importante il punto in cui si dice che «Altri, infine, hanno considerato preliminare a qualsiasi valutazione e decisione sui sistemi [...] la definizione di un modello di difesa e delle strategie (il libro bianco)», dove c’è, tra parentesi, «Rete italiana per il disarmo».
  Riascoltando l'audizione dei rappresentanti della Rete italiana per il disarmo, soprattutto con riferimento alla parte riguardante gli aerei F-35, ho notato che la loro richiesta è immediata. Per precisione, quindi, quella parte dovrebbe essere esplicitata, perché le loro affermazioni non sono effettivamente in questi termini e si travisa l'audizione.
  Per quanto riguarda la proposta del Partito Democratico, anche noi l'apprezziamo. Al riguardo, presidente, desidero ringraziarla perché, essendo stato concesso molto tempo, ci ha offerto la possibilità di far sì che potesse realizzarsi un notevole scambio di opinioni tra i gruppi.
  Apprezziamo, dunque, alcuni spunti e, in particolare, quello a pagina 10, che riguarda le considerazioni sul progetto F-35. La domanda che volevo porre al collega Scanu verte sul significato preciso della frase: «Tutto ciò comporta l'esigenza di una moratoria al fine di rinegoziare l'intero programma per chiarirne criticità e costi, con l'obiettivo finale di dimezzare il budget finanziario originariamente previsto».
  Mi spiego. Se dal chiarimento sulle criticità venisse fuori che non ci sono problemi di costo e di criticità, il dimezzamento sarebbe opportuno oppure no ? Questo è il punto primo.
  In secondo luogo, anche in merito allo spunto del collega Causin, la paura – lo dicevo anche nel mio intervento – che questo sia un intervento propagandistico ed elettorale è di tutti. Poiché, però, ritengo che il lavoro che ha fatto il collega Scanu non sia in questi termini, la nostra dichiarazione di voto può anche non essere in senso contrario, perché il documento conclusivo non reca impegni precisi per il Governo.
  Il documento viene fornito alla Camera, ma non impegna in alcun punto il Governo. Io chiedevo – a prescindere dal parere del Governo – se si potessero già inserire nel calendario dei lavori della Commissione, oltre alla risoluzione preannunciata dal Partito Democratico, anche la nostra risoluzione n. 7-00251. È una risoluzione un po’ vecchia, ma anche noi avevamo deciso di aspettare la conclusione dell'indagine conoscitiva per la sua calendarizzazione. Pensare già ora di calendarizzarla per la prossima settimana servirebbe a fugare ogni dubbio sul fatto che la proposta del PD sia un'operazione elettorale.
  Il buon cammino che si può fare da questo tipo di operazione è forte, non solo verso il Partito Democratico, ma anche verso gli altri gruppi. Tutti, inoltre, sono stati concordi sul fatto che sia necessaria la definizione di un libro bianco. Visto che la scrittura da parte del Governo e la Pag. 21 discussione in Commissione non dureranno senz'altro due settimane, perché non pensare anche, magari solo con un impegno che non può venire fuori oggi, ma che politicamente io spero sia messo da tutti, di incardinare la proposta di legge per una nuova programmazione degli investimenti sui sistemi d'arma e sulla definizione delle strategie e del modello di difesa ?
  Da parte del Movimento 5 Stelle sul testo del Partito Democratico ci sentiamo dunque di arrivare all'astensione, se c’è un impegno, in primis sugli F-35, per fissare la calendarizzazione della risoluzione, potendola anche migliorare eventualmente insieme, e, successivamente, di qui ai prossimi mesi trattare in maniera più profonda il discorso del libro bianco.
  In merito alle altre proposte, voteremo favorevolmente sulla proposta di SEL, mentre voteremo contro la proposta del Nuovo Centrodestra per la troppa genericità.
  Rivolgo un appunto al collega Adornato. Su molti aspetti siamo anche d'accordo con quello che ha detto. La domanda che mi faccio io, da neofita, è: chi altro avrebbe dovuto decidere sul quesito relativo a che cosa dovesse servire l'Italia negli ultimi vent'anni, se non chi già c'era ? Fare questo tipo di ragionamento può avere un senso.
  In conclusione, devo ringraziare tutti, a prescindere dalle posizioni politiche, per un motivo. Io mi ricordo quali erano gli argomenti che trattavamo in Commissione un anno fa e che tipo di argomenti abbiamo iniziato a trattare da quest'anno. L'anno scorso non si parlava di libro bianco, non c'era una valutazione sul bilancio come è stata fatta quest'anno e non c'era una valutazione sui sistemi d'arma. Il PD non aveva questa posizione. Ci ricordiamo la mozione dell'anno scorso.
  Io penso che il lavoro fatto anche dalle forze di opposizione in questo senso sia stato veramente di cambiamento. Grazie.

  CARLO GALLI . Questa è, come tutti sappiamo, una discussione su un'indagine conoscitiva parlamentare nella quale sta precipitando l'intera materia del rapporto fra politica e guerra in età postmoderna. Era inevitabile che venisse posto questo tema e, naturalmente, è una materia alla quale in questa sede non si può dare soluzione.
  Per rimanere, dunque, alla concretezza e alla determinazione che sono indispensabili nella nostra qualità di deputati, e per parlare del documento del Partito Democratico, io mi sento di poter sostenere, insieme ai colleghi del mio gruppo, che in questo testo non vi è nulla di elettoralistico. Questo testo è il frutto di una mediazione che è avvenuta all'interno del nostro partito, che conosce una pluralità di posizioni molto articolate.
  Tuttavia, è un compromesso non banale, in cui elementi di ideologia non vi sono. C’è, invece, oltre a una considerazione notevole del ruolo dei militari – ripeto, non vi è traccia di antimilitarismo – tutt'altro che un'ispirazione utopistica. Vi è un buona dose di realismo politico, che è esplicito.
  Potremmo citare l'attenzione agli archi di crisi che si sono aperti nell'Africa settentrionale, in Europa orientale, nel Medio Oriente. Vi è anche l'esplicita affermazione della consapevolezza che l'Italia appartiene a un sistema di alleanze come la NATO e all'Unione europea e l'esplicita volontà che il nostro Paese si assuma le responsabilità per la difesa dell'ordine internazionale in maniera proporzionale al suo ruolo, alla sua capacità economica e alle sue aspirazioni. Non vi è nulla di approssimativo.
  Questo documento è, quindi, un compromesso di buon livello, perché contiene delle decisioni. Contiene delle decisioni su punti specifici: su Forza NEC e sulle navi portaeromobili della Marina; inoltre, prima di arrivare alla questione degli F-35, contiene delle decisioni sugli Eurofighter. Finalmente si dice che non si può invocare a ogni passo la difesa europea e poi far morire uno dei pochissimi esempi di collaborazione militare che hanno funzionato.
  Contiene anche delle decisioni sugli F-35, che sono decisioni articolate. Dall'analisi Pag. 22 delle criticità che sono emerse a iosa dalle audizioni e che sono state confermate da istituzioni del Parlamento e del Congresso degli Stati Uniti, come il GAO, noi abbiamo ricavato la seguente prospettiva strategica, che è triplice, in realtà: prima di tutto vi è il concetto di moratoria; poi vi è il concetto di soluzione delle criticità; infine, vi è il concetto di dimezzamento del budget.
  La moratoria è operativa fin da subito, e significa risparmio nel brevissimo.
  Quanto alla soluzione delle criticità, vorrei far notare che ci sono le criticità relative ai costi soprattutto perché non sono mai stati negoziati di recente. Poi ci sono criticità operative che sono indicate in modo esplicito a pagina 10: l’embargo sull'accesso ai dati della cosiddetta «tecnologia sensibile» determina un fattore di dipendenza operativa da istanze politico-industriali statunitensi che risulta al momento non superabile.
  Queste sono cose che sono scritte e che sono piuttosto radicali. Si suppone che su di esse debba intervenire non un'indicazione del Parlamento, ma una pattuizione, una trattativa, una negoziazione a livello di ministri.
  Infine, vi è l'indicazione del dimezzamento del budget, il che, peraltro, salva una parte – l'ultima tranche – degli Eurofighter.
  Tutto ciò rappresenta una decisione. Non è un barcamenarsi. È parlare a ragion veduta. Noi abbiamo audito una serie di competenze tecniche e abbiamo fatto una sintesi politica. Soprattutto vi è una decisione politica, in questo documento, fortissima, sulla quale richiamo l'attenzione di tutti, anche per sfatare la leggenda del libro bianco, che non è il Santo Graal delle questioni della difesa.
  Il libro bianco è un atto unilaterale di un governo. Poiché, come ha già detto l'onorevole Scanu, l'Italia non è un sistema presidenziale e, dunque, l'Esecutivo non gode di legittimazione popolare diretta, un atto unilaterale del Governo ha la caratteristica di essere autorevole finché si vuole, ma di diventare giuridicamente efficace se – e solo se – passa al vaglio del potere legislativo, l'unico dotato di una legittimità che provenga dalla fonte della sovranità, cioè dal popolo.
  Io trovo un po’ curioso che noi, che siamo il potere legislativo, ci affanniamo a dire che non dobbiamo saperne nulla di questioni della difesa e demandiamo il tutto a un libro bianco governativo. Il libro bianco governativo verrà e sarà una cosa fatta molto bene, ma verrà costruito intorno a un frame concettuale sul quale noi non abbiamo alcun controllo. Al limite, verremo chiamati a portare un contributo che sarà quello di inserirci in una casella di un quadro che non abbiamo dipinto noi.
  Noi, qui, invece, abbiamo sottolineato la piena titolarità del Parlamento – ex articolo 4, legge n. 244 del 2012, oltre che sulla base della Costituzione più in generale – a trattare la materia militare anche a livello dei sistemi d'arma. È un risultato che dobbiamo alla precedente legislatura e che io credo vada assolutamente difeso ed enfatizzato come un risultato positivo, poiché dimostra che il Parlamento è, se vuole, in grado di funzionare ed in grado di indicare metodi, prospettive e orizzonti al Governo, il quale ne terrà conto nel suo libro bianco.
  Per questo motivo penso che questo documento debba avere il voto favorevole del Partito Democratico. Per quanto riguarda, invece, la dinamica più complessiva delle votazioni del Partito Democratico sulle altre proposte, naturalmente la parola resta all'onorevole Scanu.

  ELIO MASSIMO PALMIZIO . Molto brevemente, Forza Italia voterà contro tutte le proposte presentate e voterà, invece, a favore del documento conclusivo presentato a dicembre. Chiedo fin d'ora, qualora fosse approvata dalla Commissione una delle altre proposte, se sia possibile votare per parti separate.

  PRESIDENTE . Se si riferisce alla proposta presentata a dicembre è possibile.
  Ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori l'onorevole Adornato.

Pag. 23 

  FERDINANDO ADORNATO . Vorrei fare una proposta. Io ho già detto di apprezzare molto le parole dell'onorevole Scanu e di non considerare i rapporti nella maggioranza offesi in modo violento. Purtuttavia, anche lui riconosceva che qualche problematicità c'era.
  D'altra parte, io spero che l'onorevole Scanu e il suo gruppo abbiano apprezzato le parole sia mie, sia di altri colleghi della maggioranza che hanno scelto la via dell'astensione, proprio in ragione di questo dialogo, che non si ritiene offeso, quando, invece, la propensione era più per esprimere un voto contrario.
  Per non sprecare tutto questo, credo che sarebbe un atto di intelligenza politica – in qualche modo lo accennavo già nel mio intervento – considerare la proposta che verrà approvata, (presumibilmente quella del PD lo sarà), come aggiuntivo e non come sostitutivo rispetto al punto 6 del documento conclusivo.
  Credo che questa potrebbe essere non una grande cosa, ma un piccolo segnale di un lavoro comune al quale sia aggiunge il testo che la Commissione deciderà di votare.

  PRESIDENTE . La ringrazio, onorevole Adornato. Sentiremo su questo l'onorevole Scanu, che peraltro è stato anche chiamato in causa.
  Effettivamente avevo detto all'inizio che le proposte presentate dal Gruppo di SEL, del PD e del Nuovo Centrodestra erano sostitutive del punto 6 del documento conclusivo presentato a dicembre, mentre quello del Movimento 5 Stelle era alternativo. Naturalmente, ove l'onorevole Scanu convenisse sul considerare la propria proposta come aggiuntiva al punto 6, nulla osterebbe a metterla ai voti con questa veste.

  GIAN PIERO SCANU . Grazie, presidente. Il collega Galli, a nome di tutto il gruppo, ha svolto la dichiarazione di voto. Credo che non vi sia altro da aggiungere.
  Per evitare, però, di essere reticente nei confronti del collega Artini – benché il collega Galli, a mio giudizio, abbia risposto punto su punto – vorrei sottolineare un aspetto che forse va ulteriormente evidenziato.
  Evitiamo accuratamente di fornire risposte formali sia all'accusa che ci è stata rivolta esplicitamente dal collega Causin di voler fare campagna elettorale, sia al dubbio esplicitato in questo senso, che il collega Artini ha voluto esprimere con maggior garbo. Riteniamo che questa categoria non appartenga al nostro costume politico. Questa è una materia talmente seria da sfiorare la sacralità e intendiamo onorarla con la serietà delle nostre persone.
  Punto e capo. Non è, quindi, ricevibile una giustificazione su una presunta strumentalità di tipo elettoralistico.
  Quanto alla richiesta di incardinare i vari provvedimenti, proprio per evitare di cadere in una sorta di involontaria contrattazione, vorrei dire al collega Artini e a tutti i colleghi, indipendentemente da quello che sarà il loro voto, che abbiamo saputo che il Movimento 5 Stelle intende presentare una proposta di legge sulla definizione delle caratteristiche del libro bianco. Ci pare un'iniziativa estremamente interessante.
  Sul merito, ovviamente, non possiamo discutere in questa sede, perché non sappiamo quali idee voi abbiate. Non si può discutere, quindi, ma l'argomento è interessante, come sono state interessanti altre proposte che sono state avanzate.
  Se non ci fosse stato chiesto esplicitamente di farlo per la prossima settimana, forse lo avremmo già dichiarato: fra qualche giorno presenteremo una richiesta perché, o in Parlamento inteso come Assemblea, o in Parlamento inteso come Commissione, ciò che noi abbiamo esplicitato in questo documento diventi un patrimonio il più possibile condiviso e possa produrre gli effetti anche di impegnare il Governo. Questo l'abbiamo sempre detto. Non abbiamo niente da nascondere. Pag. 24 
  Se, quindi, il senso della domanda era del tipo: «Pensate voi, Partito Democratico, che tutto si risolva stasera e poi chi si è visto si è visto ?», la nostra risposta è no. Noi andremo avanti, portando nelle sedi istituzionali proprie quello che oggi vi chiediamo di votare, o comunque di non bocciare.
  Essendo stata posta con estremo garbo, già per questo motivo vale la pena rispondere alla domanda. Non dobbiamo mettere né pistole, né spade sui nostri tavoli. Dobbiamo soltanto cercare di costruire la maggiore unità possibile. Se questo può aiutarci a costruire, noi siamo pronti ad accettare questo tipo di richiesta.

  PRESIDENTE . Non essendoci altre richieste di intervento, procediamo quindi, alle votazioni: pongo per prima in votazione la proposta emendativa presentata dal Gruppo Sinistra Ecologia Libertà, sostitutiva del paragrafo 6 del documento presentato a dicembre.
  È respinta.

  PRESIDENTE . Pongo adesso in votazione il documento conclusivo presentato a dicembre fino al punto 6 compreso.
  È approvato.

  PRESIDENTE . Metto adesso ai voti la proposta presentata dal gruppo del PD, aggiuntiva al punto 6.
  È approvata.

  PRESIDENTE . Il documento conclusivo è dunque approvato (vedi allegato 5).
  Avverto che la proposta del Movimento 5 Stelle è stata preclusa dall'approvazione del documento conclusivo presentato a dicembre e la proposta presentata dal gruppo NCD è preclusa dall'approvazione della proposta del PD.
  Ringrazio tutti i colleghi per il lavoro svolto per la lunga e approfondita indagine conoscitiva, che, d'altra parte, rappresenta solo uno degli strumenti che il Parlamento ha a sua disposizione nello svolgimento della propria attività.
  Dichiaro conclusa l'indagine conoscitiva.

  La seduta termina alle 15.50.

Pag. 25 

ALLEGATO 1

Indagine conoscitiva sui sistemi d'arma destinati alla difesa in vista del Consiglio europeo di dicembre 2013

PROPOSTA DI MODIFICA DEL DOCUMENTO CONCLUSIVO PRESENTATA DAL DEPUTATO DURANTI

  Con il finire della Guerra Fredda e della contrapposizione bipolare tra est e ovest, il quadro geopolitico è radicalmente mutato così come è mutata la natura stessa dei conflitti.
  Le guerre tra Stati, ovvero i conflitti che vedono contrapporsi due diverse entità statuali – come quelle tra India e Pakistan o tra Stati Uniti e Iraq – sono diventate sempre più rare. Sono invece sempre più numerose le guerre interne per il controllo di un territorio e di uno Stato: nei primi dieci anni del ventunesimo secolo hanno rappresentato tra il 70 e l'80 per cento dei conflitti e si sono distinte per il loro carattere asimmetrico.
  I civili sono le principali vittime di questo nuovo tipo di conflitti, alimentati peraltro da un commercio di armi mai così florido nella storia. Ai fornitori tradizionali (Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia, Germania, Italia) se ne sono aggiunti di nuovi, come Cina ed Israele.
  Da una logica di potenza il conflitto è dunque passato ad un altro paradigma, quello dello «scontro di civiltà»: la contrapposizione non avviene più tra Stati, bensì tra nazioni e gruppi per ragioni identitarie, culturali e religiose.
  In questo nuovo paradigma si inserisce la guerra al terrorismo che, inaugurata dagli Stati Uniti in seguito all'attentato dell'11 settembre 2001, ha aperto le porte ad una nuova stagione di interventismo occidentale, già ad ogni modo iniziata con gli interventi in Iraq e nei Balcani, in scenari e contesti tradizionalmente estranei.
  Dopo la fine del sistema cosiddetto «bipolare» del mondo e il conseguente crollo del sistema sovietico, gli Stati Uniti sono diventati egemoni, rimanendo l'unica superpotenza mondiale in campo militare. Secondo i dati del SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute), oggi il bilancio della difesa statunitense si attesta alla somma dei quindici Paesi con la più elevata spesa militare.
  Di conseguenza, le modificazioni dell'ordine geopolitico, hanno cambiato profondamente gli obiettivi della politica di sicurezza, mutando fortemente anche gli strumenti a sua disposizione. Abbiamo quindi assistito ad una crescente «apparente» centralità del peace keeping per la risoluzione delle diverse crisi regionali, individuando un nuovo approccio alle relazioni internazionali degli Stati occidentali.
  In relazione al peace keeping, in particolare, va sottolineato che lo stesso ha subito una trasformazione nel corso degli anni, passando da un fenomeno qualificabile come peace keeping di prima generazione – ovvero identificabile con l'interposizione di forze militari internazionali tra le parti in lotta basato sull'imparzialità, il consenso degli interessati e l'uso della forza limitato all'impiego dei cosiddetti «caschi Pag. 26 blu» – a quello cosiddetto di «seconda generazione» inaugurato con gli interventi in Somalia e Bosnia e caratterizzato da un comportamento più attivo delle truppe (dunque ben lontano dall'imparzialità del primo periodo) che, purtroppo, ha visto anche comportamenti omissivi di protezione, nonché derive violente nei confronti della popolazione civile.
  Dopo gli attacchi dell'11 settembre tale nuovo approccio dell'Occidente alle tensioni internazionali, rielaborato dalla National security strategy of the United States – sottoposta dal presidente George W. Bush al Congresso il 20 settembre 2002 – prende la forma di una vera e propria ideologia, cosiddetto neoconservatorismo o dottrina Bush.
  Tale dottrina ha trovato legittimità in una nuova interpretazione del diritto internazionale e in un rinnovato ruolo delle organizzazioni internazionali – del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, della NATO e delle altre alleanze permanenti – avallando l'intervento degli Stati occidentali negli affari interni di un altro Stato, con l'obiettivo di esportare democrazia e garantire la sicurezza e la pace nel mondo. Un esempio è la nuova interpretazione dell'articolo 5 dello Statuto dell'Alleanza atlantica, in base al quale «un attacco armato» contro uno o più alleati della NATO viene considerato come un attacco contro ogni suo componente e quindi ognuno di essi può, secondo il diritto all'autodifesa sancito dall'articolo 51 della carta dell'ONU, decidere le azioni che ritiene necessarie a «ristabilire e mantenere la sicurezza», compreso «l'uso delle forze armate».
  Ad esso si accompagna anche l'articolo 24 del «Nuovo concetto strategico» della NATO (adottato a Washington nel 1999). Secondo l'articolo 24 si possono considerare rischi per la sicurezza anche «atti di terrorismo, sabotaggio e crimine organizzato, e l'interruzione del flusso di risorse vitali».
  Gli attentati alle torri gemelle, con la reazione degli Stati Uniti di dichiarare la «War on terror», hanno generato un nuovo casus foederis per l'Alleanza, determinando altresì l'estensione del suddetto articolo e della stessa area di intervento NATO oltre i suoi confini. È stato così possibile impegnare l'Alleanza nella guerra in Afghanistan e, più in generale, espandere geograficamente gli orizzonti strategici dell'Alleanza atlantica, trasformandola da un'alleanza basata sulla difesa collettiva contro una specifica minaccia, a un'alleanza impegnata a proiettare democrazia, stabilità e crisis management in un senso strategico più ampio.
  La guerra al terrorismo, in definitiva, ha modificato le funzioni delle organizzazioni internazionali, provocando il risveglio dal sogno di un'era di pace che avrebbe portato all'estinzione della guerra e della violenza come metodo di risoluzione dei conflitti.
  La pace è dunque ancora oggi la questione fondamentale del nostro tempo. A livello globale si moltiplicano infatti, piuttosto che diminuire, le guerre e i conflitti interni e transnazionali, si assiste all'avvitarsi della spirale guerra-terrorismo e al diffondersi di razzismi e fondamentalismi contrapposti e al venir meno degli iniqui equilibri instaurati dal colonialismo e fin qui perpetuati.
  L'attuale modello economico-sociale delle relazioni internazionali si basa ancora sull'uso della forza per imporre strategie di potere e pratiche di sistematica spoliazione che affamano i popoli e mettono in pericolo la stessa esistenza del pianeta. Di conseguenza le basi materiali e i presidi di autodifesa dell'attuale ordine mondiale sono la guerra, il saccheggio delle risorse, il controllo geopolitico delle zone Pag. 27 strategiche, le spese connesse allo strapotere dell'industria militare e la produzione di sofisticatissime tecnologie che spesso orientano in una direzione bellica la ricerca scientifica, la militarizzazione dei mari e dei loro abissi, dello spazio, del cielo e della terra. Un modello di sviluppo alternativo ai guasti del sistema neoliberista deve fondarsi, invece, sul rifiuto della guerra, sulla tutela e sull'accessibilità dei beni comuni, sul potenziamento delle fonti energetiche rinnovabili e sulla salvaguardia delle risorse naturali.
  I significativi cambiamenti avvenuti nel quadro geopolitico mondiale negli ultimi due decenni hanno generato un mutamento nella natura dei conflitti e, di conseguenza, anche della tipologia delle minacce alla sicurezza delle nazioni. Il rischio di un'aggressione da parte di un altro Stato è pressoché nullo mentre il terrorismo, la proliferazione nucleare, l'accesso alle risorse naturali, il riscaldamento globale, sono diventate le vere minacce dell'oggi.
  Quanto alle missioni internazionali, va rimarcato che troppo spesso sono state utilizzate come mero teatro per lo svolgimento di esercitazioni con il risultato di un costante fallimento di tali interventi, spesso aggravando la disgregazione interna e il risentimento nei confronti dell'Occidente, come dimostrano i casi dell'Afghanistan e dell'Iraq. Inoltre, anche in questo campo uno sforzo di analisi della spesa pubblica andrebbe fatto: le missioni si sono stratificate negli anni, dal momento che in ogni teatro in cui l'Italia si è impegnata vengono lasciate unità di personale, tanto che ormai vi è un vero e proprio costo fisso delle missioni di venti o trent'anni per il mantenimento di dette unità, il cui costo ha raggiunto livelli non indifferenti.
  Nel caso del nostro Paese, analisi condivise ci dicono che non esiste una minaccia militare nei confronti dell'Italia, come poteva essere, almeno sulla carta, venticinque anni fa, l'invasione delle truppe sovietiche in Europa. Anche nel contesto mediterraneo, teatro di costanti tensioni, l'Italia vanta alleanze e rapporti di buon vicinato.
  Alla luce del mutato contesto internazionale, delle esigenze del nostro Paese e dei nuovi fenomeni che hanno sostituito le minacce del passato, i vecchi modelli di difesa appaiono inadeguati a farvi fronte.
  Il terrorismo ad esempio, per la sua stessa natura, non è un fenomeno che si può combattere apertamente sul piano militare, con i tradizionali sistemi d'arma o magari con gli F35. Nella lotta al terrorismo, più utili paiono gli strumenti della diplomazia, della cooperazione internazionale, la cessazione delle ingerenze nelle dinamiche di altri Stati e la riduzione delle disparità tra nord e sud del mondo.
  Improcrastinabile risulta quindi l'esigenza di definire un nuovo sistema di difesa che sia aderente alla realtà e coerente con gli obiettivi prefissati; per cui, rispetto alle vere e reali minacce il Parlamento e il Governo devono mettere a punto la strategia di sicurezza nazionale e in base a questa decidere poi di quali sistema d'arma necessitiamo.
  Nonostante i proclami, tutto ciò però, ad oggi, sembra lontano dal concretizzarsi: dal 2002 non abbiamo più un modello di difesa e siamo fermi al vecchio modello che è ormai pluriennale.
  L'Italia mantiene dunque un modello superato, investe in armamenti in maniera disarticolata e la sua spesa, contrariamente al trend dei suoi maggiori partner (Stati Uniti compresi), negli anni è aumentata.Pag. 28 
  Se analizziamo i rendiconti annuali approvati dal Parlamento dal 1948 al 2008 appare chiaro come la spesa militare in Italia – ad eccezione degli anni 1973 e 1974 – ha sempre avuto una crescita reale.
  Per cui, nonostante la crisi iniziata nel 2008 e i tagli alla spesa pubblica, la spesa militare non ha subìto lo stesso trattamento di capitoli fondamentali per il benessere e lo sviluppo del Paese come ricerca, istruzione e sanità; tant’è che anche in un periodo di crisi, come indicato dalla lettura dei dati Istat, fra il 2008 e il 2011, si registra un incremento di oltre un miliardo di euro in termini reali della funzione difesa nel bilancio dello Stato.
  Il nostro Paese conduce una politica miope in termini di difesa, abbracciando sterile logiche di prestigio nell'acquisto di portaerei e cacciabombardieri, rinunciando a dirottare tali risorse ai più utili capitoli di spesa del sociale e dello sviluppo.
  Una logica questa, che negli anni si è dimostrata fallimentare: l'autorevolezza internazionale del nostro Paese infatti è sempre venuta a mancare – la vicenda dei Marò ne è la dimostrazione – al contempo gli investimenti in armamenti non hanno creato ulteriore occupazione.
  Eppure come è stato dimostrato da una recente ricerca dell'Università Bocconi commissionata da Science for Peace, se invece che sulle armi si investisse per esempio su sanità ed energie rinnovabili raddoppierebbero i posti di lavoro e aumenterebbe di una volta e mezza lo sviluppo economico in generale. Un motivo in più per razionalizzare lo strumento militare e liberare risorse per altri settori.
  Il nostro modello di difesa sembra volgere verso una maggiore aggressività esterna e questo è in chiaro conflitto con la nostra Carta costituzionale. A cosa serve infatti un F35 se non in un'articolata definizione su scala internazionale dei compiti di aggressione ?
  Inoltre non si capisce quale sia la logica della cosiddetta spending review, che colpisce la parte debole del sistema della difesa. Anche le principali nazioni europee stanno attuando tagli ai loro bilanci e rivedendo il modello di difesa, ma tali tagli vanno nella direzione di una revisione, in primis, delle scelta sui sistemi d'arma.
  L'Italia, invece, taglia poco e male e soprattutto non avvia un dibattito serio sul modello di difesa cui dotarsi. Da un lato, si portano avanti il programma d'arma più costoso della storia, quello degli F35, dall'altro, non si trovano i fondi per la formazione, la sicurezza del personale ed il mantenimento di mezzi e strutture. Da una parte, si aumentano le spese del personale al vertice e, dall'altra, si taglia sull'arruolamento della truppa. Il baricentro del bilancio della difesa si sposta, dunque, dal costo del personale agli investimenti nell'acquisizione di nuovi e costosi sistemi d'arma, andando nella strada opposta rispetto alle priorità dichiarate. Infatti, se l'attività principale è il peace keeping, servono uomini preparati e non cacciabombardieri.
  Noi crediamo che la dimensione europea sia un passaggio forte, e in un certo senso obbligato, per il mantenimento degli obiettivi dichiarati. Tuttavia se a livello europeo non c’è una politica estera forte è difficile configurare una politica di difesa, la quale non può che essere comune.
  È importante notare che la possibilità di mettere insieme l'Esercito europeo o una funzione di difesa europea permetterebbe, peraltro, un risparmio non banale. Alcune stime minimali dimostrano infatti che la risistemazione dei ventisette eserciti con i requisiti di Petersberg, votati internazionalmente, permetterebbe, solo in termini di stipendi, Pag. 29 di risparmiare a livello europeo 10 miliardi di euro all'anno. Se invece facciamo un discorso di efficienza pura, paragonando l'esercito europeo e quello americano, quindi con un alto standard, potremmo risparmiare dai 100 ai 120 miliardi di euro, dei circa 195 miliardi di euro che i Paesi europei danno ogni anno per la spesa militare, ossia più della metà.
  L'Europa, e anche l'Italia – che da questa ripartizione avrebbe 14 miliardi di euro all'anno di risparmio – potrebbe fare buon uso di queste maggiori risorse disponibili.
  Il semestre di Presidenza italiana dovrebbe essere per il Governo italiano l'occasione per riaffermare la centralità della PESD come punto di riferimento per orientare i programmi nazionali e la necessità di una maggiore integrazione europea in tema di difesa.
  Infine il problema della burocrazia militare e della trasparenza, così come la necessità di portare il tema della difesa sotto il giudizio e la conoscibilità dell'opinione pubblica senza che rimanga materia esclusiva degli addetti ai lavori, non sono più temi rinviabili.
  In tal senso la mancanza di trasparenza e la rilevanza delle contrattazioni che avvengono al di fuori del controllo parlamentare ci obbligano ad una revisione della struttura del Ministero.
  La riforma dello strumento militare non deve però avere soltanto obiettivi quantitativi ma anzi occorre una revisione delle struttura che adotti come metodo la necessità di individuare quali strutture sono realmente necessarie e la valutazione del loro impatto globale sulla spesa pubblica.
  Le modifiche apportate alla vecchia legge Giacché permettono un maggior potere d'intervento da parte del Parlamento in tal ambito, tuttavia tale possibilità risulta limitata rispetto a quella di altri Paesi. Sia la Commissione Difesa, sia il Parlamento, non hanno il potere di bloccare un programma di armamento poiché è soltanto possibile verificare se esso è confacente o meno alla programmazione pluriennale.
  Negli ultimi anni abbiamo assistito al successo della campagna di Sbilanciamoci ! E della Rete italiana per il disarmo che sono riuscite nell'impensabile impresa di rendere attuali e pressanti temi complessi come quelli della spesa militare. Ma il contributo della cosiddetta società civile, seppur importante, non è sufficiente. È necessario attribuire ancor più potere al ruolo del Parlamento e dotare la Commissione degli strumenti adatti ad operare un efficace lavoro di indagine e controllo in materia di difesa, soprattutto in risposta all'attuale crisi del sistema democratico e delegittimazione delle istituzioni.
  L'indagine conoscitiva sui sistemi d'arma è quindi un primo passo, ancora non sufficiente, al quale dovrà seguire, nel giro di pochissimi mesi, l'elaborazione di un libro bianco, da non posticipare assolutamente alla fine dell'anno, come annunciato dal Ministro.
  Da ultimo chiediamo una maggiore trasparenza anche nei rapporti fra burocrazia militare, imprese offerenti e mondo della politica, i quali destano forti preoccupazioni soprattutto per la prassi, ormai consolidata, che gran parte della burocrazia militare, dopo la pensione, vada a ricoprire posizioni di vertice nell'industria militare.
  In particolare, alla luce delle considerazioni appena esposte, riteniamo sia opportuno interrompere i seguenti programmi d'armamento, sia in ragione dei costi, sia all'aderenza al modello di difesa nonché a quanto emerso nel corso delle audizioni.Pag. 30 
  Per cui riteniamo necessario cancellare immediatamente i programmi d'armamento finanziati con fondi iscritti al Ministero dello sviluppo economico. Nello specifico sono fondi pari a 2,024 miliardi di euro solo per il 2014 e in particolare i sistemi d'arma in questione sono gli elicotteri NH 90, gli elicotteri CSAR, il bireattore M-346, le fregate FREMM, le unità di supporto subacqueo, gli autoblindo Freccia.
  In particolare per l'acquisto delle fregate FREMM, 10 previste di cui già 8 già finanziate, si prevede uno stanziamento a carico del Ministero dello Sviluppo economico pari a 785 milioni di euro per il 2014, 778 milioni di euro per il 2015, 526 milioni di euro per il 2016 e 899 milioni euro a partire dal 2017 fino al 2022. Le fregate FREMM andranno a sostituire le fregate della classe Maestrale, di cui soltanto alcune hanno raggiunto l'età minima di servizio. Restano dubbi anche sul costo unitario delle fregate, secondo cui l'Italia pagherebbe un costo più alto di quelle che andranno al partner di costruzione, la Francia.
  Cancellare l'acquisto della seconda serie di sommergibili di ultima generazione U-212, che comporterebbe un risparmio immediato di 200 milioni di euro per il 2014, a fronte di un investimento complessivo di 1.885 milioni di euro.
  Anche qui vale il ragionamento fatto per le fregate. I sottomarini del tipo U-212 andrebbero a sostituire quelli della classe Sauro i quali realisticamente andranno svenduti alle marine del Pacifico, impegnate in una sfrenata corsa agli armamenti dopo il potenziamento della marina cinese.
  Cancellare la partecipazione italiana al programma del cacciabombardiere F35 Joint Strike Fighter cui per 90 aerei il costo complessivo, stimato, dovrebbe essere di 14,5 miliardi di euro e la cui cancellazione comporterebbe, solo per il 2014, un risparmio di 600 milioni di euro per il 2014.
  Quest'ultimo programma di armamento è, nello specifico, il più controverso e l'indagine conoscitiva ha evidenziato i numerosi dubbi a riguardo in ultimo confermati dal rapporto annuale del DOT&E (Director, Operational Test and Evaluation), ovvero del direttore della sezione test operativi e valutazione del dipartimento della difesa statunitense, Michael Gilmore in data 29 gennaio 2014 che ha ufficialmente messo definitivamente alla luce le scarse performance degli F35.
  Secondo quanto riportato dal rapporto: «le performance riguardanti l'operatività complessiva continuano ad essere immature e si basano fortemente su supporto e soluzioni proposte dall'industria che sono inaccettabili per operazioni di combattimento. La disponibilità di velivoli e le misure di affidabilità dei tassi di manutenzione sono tutte sotto gli obiettivi che il Programma si era dato per questo punto del proprio sviluppo».
  In particolare dal rapporto si evidenzia che le previsioni con una tendenza ad un declino graduale. Nessuna delle tre varianti dell'aereo ha raggiunto l'affidabilità prevista con una percentuale di raggiungimento dell'obiettivo che va dal 30 al 39 per cento, con tassi di manutenzione, per problemi più o meno gravi, che sono stati tre volte superiori a quanto richiesto (addirittura del 344 per cento in più in alcuni casi).
  Una tabella nel rapporto DOT&E mostra come siano stati «compiuti» solo 5.464 del 7.180 punti di prova previsti. Cioè il 24 per cento Pag. 31 in meno rispetto a quanto originariamente stabilito (e per i sistemi di missione siamo a meno 46 per cento). Va notato come la definizione di «compiuto» non significhi che tale particolare test sia stato «superato», ma solo che gli F35 lo abbiano eseguito e questo spiegherebbe le discrepanze con quanto dichiarato dalla Lockheed Martin, ossia che i test sono «più avanti del previsto».
  Questo si ripercuote sul raggiungimento dell'obiettivo primario del programma, ovvero raggiungere una capacità operativa iniziale (IOC) che consenta un primo utilizzo dei caccia F35 in un ciclo di addestramento che possa rendere effettiva la scelta compiuta.
  Nonostante i voli di prova siano stati superiori ai traguardi fissati, sono stati soprattutto i pochissimi progressi sui test per i sistemi di missione e l'integrazione degli armamenti a tenere la situazione ancora ben lontana dagli «obiettivi imposti dai lotti di produzione della flotta e dai piani di IOC richiesti dalle diverse Forze armate» come si legge dal rapporto.
  Ulteriormente nel rapporto si evidenziano i problemi al software, in ordine ai quali, nonostante le numerose innovazioni, secondo il rapporto «i primi risultati con il nuovo incremento di software Block 2B indicano ancora l'esistenza di lacune in elementi come fusione, radar, guerra elettronica, navigazione, EOTS (Electro-Optical Targeting System), DAS (Distributed Aperture System), HMDS (Helmet-Mounted Display System) e datalink».
  Sui sistemi di missione si registra, secondo il rapporto, una vera e propria emergenza. Infatti, solo il 54 per cento dei test previsti come «soglia base» per questi aspetti (fino al blocco 2B) sono stati condotti nel 2013 e complessivamente solo il 47 per cento delle capacità definite nel contratto di produzione è stato raggiunto per i 24 velivoli consegnati all'interno del lotto di produzione numero 4. Per il lotto 5 la situazione non è migliore: le capacità definite per contratto che sono state raggiunte arrivano solo al 50 per cento.
  Altre preoccupazioni emergono, secondo il rapporto, riguardo al peso, la struttura e la dotazione delle armi; in particolare con riferimento al modello B a decollo corto ed atterraggio verticale (quello che dovrebbe essere equipaggiato sulla portaerei Cavour) si riscontrano i maggiori problemi sui test relativi al «distacco» degli armamenti (il lancio dei missili). Circa il 55 per cento dei test pianificati in merito hanno avuto successo, mentre F35B continua ad avere almeno sei problemi strutturali (sul portellone e sulla propulsione) che derivano dal passato e saranno forse sistemati con il lotto 7 e 8 di produzione.
  In più lo schema di accordo non pare garantire per il nostro Paese ritorni industriali significativi, non essendoci traccia di acquisizione di commesse o sub commesse. Anche con riferimento allo stabilimento di Cameri non sembrano gli attuali investimenti per lo sviluppo degli F35 aggiuntivi a quelli che si sarebbero generati normalmente anche con riferimento alla manodopera impegnata.
  Di converso, con riferimento all'acquisizione di aerei, l'indagine conoscitiva ha confermato che il programma Eurofighter, di cui il nostro Paese dovrebbe acquistarne al momento 96 in sostituzione di Tornado e AMX, è pienamente operativo e con importanti prospettive di sviluppo commerciale e tecnologico per l'Italia.
  Ulteriormente, l’Eurofighter Typhoon è un caccia multiruolo di difesa aerea mentre l’F35 è un cacciabombardiere stealth per l'attacco al suolo. Se, da un lato, l’F35 presenta una tecnologia estremamente Pag. 32 avanzata, è pur vero che supera i parametri del Typhoon solo per quel che riguarda la tecnologia stealth. Al contrario il Typhoon è maggiormente manovrabile, specialmente a media ed alta quota, e più veloce, dal momento che superato il regime transonico l’F35 riesce a malapena a sfiorare velocità Mach 1.6 contro Mach 2 del Typhoon. Ancora, l’F35 presenta una serie di problemi di progettazione che la Lockheed Martin continua a negare ma che sono confermati dal rapporto in ultimo citato.
  Per di più l’Eurofighter verrà prodotto anche nella versione di attacco al suolo e quindi competitivo con l’F35 prodotto dalla Lockheed Martin.
Quanto appena esposto conferma le criticità rispetto ad un programma, quello degli F35, che oltre ad essere altamente costoso, rischia di far acquistare aerei che non avranno alcuna speranza di essere utilizzati in missione, e probabilmente a fatica anche per azioni di addestramento.
  Occorre quindi sospendere immediatamente il programma F35 e informare compiutamente il Parlamento sui contratti fino ad ora sottoscritti.
  Relativamente all'Esercito occorre sospendere immediatamente il programma denominato Forza NEC, per il quale si prevede un investimento complessivo di 22 miliardi di euro per digitalizzare soldati, jeep, blindati. Finora sono stati spesi circa 324 milioni di euro per allestire 558 prototipi di fanti. Per il progetto «soldato futuro» si prevede una prima tranche per la digitalizzazione della fanteria di 800 milioni di euro. L'indagine conoscitiva ha evidenziato i limiti di realizzazione di tale progetto nonché l'effettiva opportunità di dotarsi di queste innovazioni ultratecnologiche.
  Ancora sull'Esercito è da rimarcare che molti investimenti effettuati negli ultimi anni si sono rivelati inutili con conseguente spreco di risorse. Diverse centinaia di mezzi, tra cui blindo leggere «Puma» e «Centauro» così come i carri armati «Leopard» e i tank «Ariete» non sono mai stai utilizzati, talvolta neppure in esercitazioni.
  Molti Paesi europei hanno deciso di intraprendere la strada dei tagli agli investimenti nella Difesa. È il caso della Germania che ha decurtato le commesse degli elicotteri NH-90 e Tiger, dei caccia Eurofighter e dei cargo Airbus. Dell'Olanda che ha drasticamente tagliato la commessa per gli F35 e della Francia che ha tagliato drasticamente le spese militari con il nuovo piano pluriennale di programmazione militare per il periodo 2014-2019.
È da rimarcare che le mancate acquisizione degli inutili programmi d'armamento sopra evidenziati, porterebbero nelle casse dello Stato circa 3 miliardi di euro soltanto per il 2014. Ciò significherebbe trovare le risorse per combattere la disoccupazione e la precarietà, le vere urgenze che il Paese deve fronteggiare.

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ALLEGATO 2

Indagine conoscitiva ssi sistemi d'arma destinati alla difesa in vista del Consiglio europeo di dicembre 2013

PROPOSTA ALTERNATIVA DI DOCUMENTO CONCLUSIVO PRESENTATA DAL DEPUTATO ARTINI

PREMESSA

Indicazioni sulle indagini conoscitive: modalità e forma di ascolto dei relatori.

  L'indagine conoscitiva sui sistemi d'arma, deliberata in data 17 luglio 2013 dalla Commissione Difesa della Camera, è risultata utile ed importante per il lavoro che si è svolto, per l'analisi della situazione attuale di tutte le Forze armate e per dare al Parlamento la possibilità di valutare l'operato attuale del Governo e delle Forze armate.
  La forma, come considerazione generale, e la modalità operativa dell'indagine sono, a nostro parere, da ottimizzare soprattutto nella modalità di audizione dei relatori referenti di istituzioni, Forze armate, esperti, associazioni e imprese del settore. Infatti la limitazione di orari e di possibilità di interlocuzione, nonché spesso, la mancata risposta alle richieste dirette dei commissari, spesso ha limitato le possibilità di indagine. Detto ciò, è opportuno comunque valutare positivamente i dati che si sono raccolti durante questa sessione di indagine, poiché (anche insieme a supplementi di ricerca fatti dai gruppi) siamo riusciti ad aumentare il livello di conoscenza della Camera dei deputati su questo argomento, il più dello volte avvolto nella nebbia.

Obiettivo del documento: valutazione delle Forze armate e dei sistemi d'arma.

  Questo documento deve intendersi come la sintesi sull'indagine e si pone l'obiettivo di indicare delle considerazioni su ogni singola Forza armata e più in generale sulla difesa e sul ruolo che abbiamo con i partner internazionali ed europei, da un punto di vista organizzativo e logistico ed industriale.
  Le conclusioni di questo documento si sostanzieranno in alcune risoluzioni da portare in Commissione finalizzate all'applicazione delle considerazioni finali del documento.

RUOLO DI NATO/UE.

  Una premessa importante va fatta in merito al coinvolgimento del nostro Paese in istituzioni internazionali – che a diverso titolo e con Pag. 34 diverse logiche si occupano di difesa e sicurezza – quali la NATO, l'Unione europea, l'OSCE e le Nazioni Unite. La nostra nazione, negli anni, ha avallato e supportato una idea di Europa e del mondo che prefigura un continente (ed un pianeta) libero da patti militari privati o di parte – come tutt'oggi è la NATO – attraverso la piena legittimazione di istituzioni internazionali che fanno del ripudio della guerra, della prevenzione dei conflitti e della cooperazione tra i popoli i loro assi fondativi, non possiamo non rilevare che allo stato dell'arte è proprio l'organizzazione che più si allontana da questi principi, la NATO a dettare le tempistiche ed i piani delle politiche di difesa e dei conseguenti armamenti. A tal proposito, anche a fronte dell'audizione dei nostri diplomatici presso NATO e UE, ci preme rilevare la necessità, in un'ottica di un'organica politica di governo su queste materie, di un radicale ripensamento delle dinamiche oggi dominanti, in particolare del Patto dell'Atlantico del nord, visto che le sue scelte politiche, militari ed industriali hanno un fortissimo impatto sulla politica di sicurezza e di difesa del nostro Paese. Se pensiamo infatti che il trattato che istituì la NATO è stato ratificato nel 1949 e progressivamente adeguato ai nuovi mutati scenari con successivi accordi negli anni a venire, è opportuno che, di fronte al sostanziale fallimento del nuovo concetto strategico della NATO – con la sua pretesa di trasformarla in una sorta di gendarmeria globale dell'occidente – e preso atto anche da parte degli USA della inaccettabile dottrina della guerra preventiva e permanente che ha ispirato la NATO durante l'era Bush, sarebbe necessario affrontare questo problema fuori da atti di fede ideologici e pregiudiziali che spesso caratterizzano questo tema. Meriterebbe infatti, un approfondimento particolare il dibattito sul perché fatica a decollare una comune integrazione europea delle politiche di difesa e se l'estensione ad Est nonché il perdurare stesso delle politiche applicate dalla NATO, non siano tra le cause principali dello scarso profilo politico ed organizzativo della UE nel campo della difesa, compresa quella dell'industria ad essa collegata. Purtroppo gli esempi di neutralismo che rappresentavano un valore aggiunto nella vocazione di pace della UE (Irlanda, Austria e Finlandia) sono stati di fatto emarginati con una politica di allargamento dell'Unione ai soli nuovi Paesi europei che, preliminarmente, avevano prima aderito alla NATO.
  Di sicuro, anche a fronte delle esperienze riportate nell'indagine ed in considerazione della sopra citata fallimentare politica di proiezione delle forze armate alleate verso la sicurezza internazionale, escludendo l'autodifesa (articolo 5 Trattato NATO), consideriamo opportuno che si debbano evitare le missioni della NATO e si debbano, al contrario, valorizzare invece quelle dell'ONU e dell'OSCE. Infatti è bene che questi due organismi – anche per riguadagnare un prestigio ed un ruolo internazionale – siano i primi a promuovere le iniziative di prevenzione dei conflitti e di interposizione. L'idea di «appaltare» a patti militari di parte come la NATO, prerogative che la Carta dell'ONU attribuisce in forma esclusiva a se stessa, è una forzatura del diritto internazionale che finisce per delegittimarlo (si pensi alla vicenda libica e come quella guerra abbia pesato nell'irrigidire Cina e Russia, impedendo di fatto un intervento della comunità internazionale nella guerra di Siria).Pag. 35 
  Proprio l'UE può essere il motore di questo cambiamento. Una doverosa razionalizzazione delle spese della difesa e una maggiore unità su obiettivi comuni europei, non solo permetterebbero ai singoli stati dell'Unione di ridurre considerevolmente le spese militari, ma potrebbero anche far superare quegli aspetti di divisione tra Forze armate nazionali, che contribuiscono a impedire l'elaborazione e l'attuazione di una vera politica estera e di difesa comune. Per ottenere questi risultati appare necessario avviare l'organizzazione a livello europeo di una struttura interoperabile e standardizzata, a partire dalla condivisione di servizi e strutture attinenti ai settori di logistica e addestramento, oltre che da una maggiore integrazione dei processi produttivi. In tutto ciò (a differenza del passato) il nostro Paese deve (avendone indubbiamente le capacità) esserne attore principale: definendo standard, fornendo competenze e facendosi primo promotore di questo cambiamento. I vantaggi che apporterebbe un simile processo sono evidenti; basti pensare, ad esempio, che alcune esercitazioni potrebbero essere condotte in poligoni comuni, gestiti e finanziati in collaborazione con tutti i paesi dell'Unione europea, consentendo così di chiudere numerosi poligoni nazionali restituendo alle comunità alcune servitù militari ed ottimizzare l'addestramento dei militari di tutta la UE e abbattere i costi attualmente sostenuti da ciascun paese per la conduzione di attività addestrative.

DIFESA

  Una basica discussione è necessaria a livello interforze e di bilancio del ministero. In particolare è necessario soffermarsi sulla formazione contabile del bilancio della Difesa e sui programmi interforze e sulla possibilità, tramite l'integrazione europea di ridurre alcuni costi, nonché ottimizzare l'uso delle risorse demaniali, attualmente in uso alla Difesa. Infine tratteremo degli aspetti di sicurezza e difesa che riguardano il settore tecnologico ed informatico.

La gestione dell'esistente: il problema dei bilanci per l'esercizio e la valutazione del bilancio complessivo.

  Nella fase di indagine è stato importante, anche in correlazione ad altri passaggi in commissione, verificare come il mero bilancio del Ministero della difesa non renda giustizia a quella è che la vera realtà delle cose: il complessivo impatto sulle casse dello Stato da imputarsi al Ministero della difesa deve iniziare a comprendere anche i fondi utilizzati dal Ministero dello sviluppo economico (MISE) e dal Ministero dell'università e della ricerca (MIUR). Infatti, molte delle scelte proposte al Parlamento sono basate esclusivamente sui dati contabili della Difesa e questo rischia di fuorviare le valutazioni e le conseguenti decisioni del Parlamento.
  Ne è un esempio la legge n. 244, del 2012, che basandosi solo sui dati della Difesa, porterà gli investimenti ad oltre il 35 per cento del Pag. 36 totale delle spese, lasciando sempre la componente «Esercizio» ai minimi storici (siamo passati da 3 miliardi di euro a 700 milioni).
  Per chiarezza e trasparenza, riportiamo i conti indicati dal Ministro Di Paola alla presentazione della disegno di legge delega, diventata poi la legge n. 244 del 2012:
  «Il 2 per cento del PIL (e sappiamo di essere ben lontani da questo obiettivo) ma anche un bilanciamento delle spese che ogni Paese può dedicare alla difesa (nell'ordine del 50 per cento destinato al personale, del 25 per cento all'operatività e del 25 per cento all'investimento, e quindi alla realizzazione delle capacità operative). Di fronte a questi benchmark, l'Italia è allo 0,9 per cento per il rapporto funzione Difesa/PIL, con un bilanciamento tra i tre settori suddiviso al 70 per cento per il personale, al 12 per cento per l'operatività (contro il 25 del benchmark) e al 18 per cento per l'investimento (sempre contro il 25 per cento del benchmark)». Audizione del 15-12-2013 del Ministro di Paola alla Camera dei deputati.

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  Cosa comporta questo: la progressiva distruzione del nostro patrimonio, dagli aerei (impossibili da manutenere), alle navi (con manutenzioni al lumicino e finanziate solo dai decreti missioni – Active Endeavour e Ocean Shield) per finire con gli arsenali e le altre strutture del demanio militare, ridotte veramente alla quasi dismissione.
  Il valutare perciò il bilancio in maniera corretta consentirebbe al Parlamento di effettuare scelte più mirate, più precise e con ottimizzazione dei costi per singola Forza armata.
  Come ultimo spunto, anche in vista della possibile definizione di una legge quadro sulle missioni internazionali, nel bilancio della difesa vanno considerati i finanziamenti assegnati per le missioni fuori area: l'esperienza avuta negli anni in queste missioni, e l'indagine conoscitiva, ci insegnano che la parte più importante e che ha fornito i risultati migliori, è quella che ha proiettato fuori area figure di mantenimento della pace (come in Libano) o le situazioni dove ci siamo ritrovati nelle condizioni di essere degli ottimi istruttori (sia fuori area che in Italia). Quest'ultima parte va valorizzata, ma al con tempo integrata nel bilancio della difesa, a fine di renderlo veritiero.

Forza NEC

  Questo complesso progetto, per come ci è stato presentato (quindi con una pochezza di informazioni e di studi), può sembrare superfluo. La realtà dei fatti ci dice alcune cose sulle quali basare le scelte successive su Forza NEC.
  Obbiettivi del progetto e finalità dello stesso: per entrare nel dettaglio va specificato che l'ampiezza del programma, per il quale è stato adottato il cosiddetto «approccio a spirale» (in base al quale sviluppo del progetto avviene per fasi successive che dovrebbero consentire di conciliare il progredire dell'evoluzione tecnologica con l'esigenza di utilizzare prontamente le nuove capacità poste in essere, rispondendo anche alla necessità di collaudarle sul campo per individuare eventuali modifiche da apportarvi) ha fatto sì che si tratti di un investimento potenziale di ben 22 miliardi, e che il suo completamento non sia previsto prima del 2032.
  L'obiettivo del programma è la creazione della cosiddetta Forza Integrata Terrestre (composta da tre brigate medie dell'Esercito e da una brigata anfibia) capace di condurre operazioni net-centriche. Ciò significa che queste unità digitalizzate (che saranno sostanzialmente forze di spedizione visto che questi specifici sistemi sul territorio italiano sarebbero inutili) saranno collegate in tempo quasi reale con i vari centri comando, anche quelli di Marina e Aeronautica, e potranno sfruttare il cosiddetto «internet sul campo di battaglia». L'obiettivo è di fornire alle forze in manovra sul terreno la possibilità di usufruire di un tipo di connettività mobile di livello paragona bile a internet e, ovviamente, molto più sicura. Ciò dovrebbe consentire anche una maggiore interoperabilità con le forze alleate (siano esse EU che NATO) perché l'architettura di Forza NEC seguirà i lineamenti di sviluppo definiti dal documento Network Enabled Capability NATO Feasibility Study. Tuttavia non pare esserci ancora certezza che ciò Pag. 39 avvenga. Il creare una infrastruttura chiusa, non integrabile, che non applichi standard (o che non li definisca per poi farli applicare agli alleati), sarebbe un inutile spreco di denaro pubblico.
  A questo proposito sarà importante vigilare affinché il sistema adotti standard di comunicazione a livello medio-alto (dalla brigata in su) pienamente compatibili con quelli impiegati dalle forze armate dai paesi alleati. Inoltre, per sfruttare al meglio il pesante investimento che questo programma comporta, sarebbe importante ampliare questa compatibilità anche a livelli più bassi di comando sfruttando i vantaggi offerti dalla nuova tecnologia Software Defined Radio (grazie alla quale basta caricare uno particolare programma di comunicazione per generare forme d'onda diverse e, dunque, creare nuove compatibilità senza che sia necessario sostituire gli apparati radio hardware). È importante sottolineare che a questo scopo è già in fase avanzata di sviluppo il programma europeo ESSOR (European Secure SOftware defined Radio) per lo sviluppo di una architettura SDR comune a livello europeo.
  Visto l'ingente costo di Forza NEC, difficilmente giustifica bile con la sola creazione di una forza di proiezione digitalizzata, appare importante far sì che le tecnologie sviluppate per questo programma abbiano un positivo impatto anche in campo civile. Purtroppo attualmente non sono previste ricadute dirette come, ad esempio, l'impiego della rete Forza NEC per applicazioni di protezione civile. In altre parole: Forza NEC, nella sua parte di investimenti funzionali alla realizzazione del sistema, sarà giustificabile se apporterà benefici anche in altri settori oltre alla Difesa, ovvero se tutto il sistema paese ne trarrà benefici.
  Queste considerazioni sono nate, non solo attraverso l'indagine, che ci ha fornito lo spunto per avviare queste ricerche, ma anche attraverso lo studio del settore tecnologico ed infrastrutturale.

Sicurezza cibernetica

  Questo argomento ha avuto, nell'indagine conoscitiva, un impatto indubbiamente basso, ma attualmente la possibilità di attacchi cibernetici rappresenta una minaccia per la sicurezza nazionale, anche superiore al terrorismo. Tale rischio impatta in maniera completa, non solo sull'ambito militare, ma su tutto il sistema paese.
  I sistemi di difesa messi in campo per gestire questo possibile problema non sono stati adeguatamente definiti. È indubbio che solo ultimamente i nostri servizi segreti hanno indicato un'iniziale traccia da seguire al fine di rendere protetti non solo i dati dei cittadini, ma anche di rendere meno vulnerabili i sistemi informatici che rendono possibile la vita sociale nel paese. In quest'ambito si inquadra il precedente spunto su Forza NEC, circa la necessità di orientare l'investimento (ingente) non solo nella digitalizzazione di un'aliquota delle forze terrestri, ma anche e soprattutto per aumentare la sicurezza e l'affidabilità dei nostri sistemi informatici e di rete.
  In ultima istanza: la ristrutturazione informatica deve andare di pari passo con la protezione dei dati personali ed il rispetto dei diritti dei cittadini: la nostra legislazione ai momento, ancora non consente Pag. 40 a figure non facenti parte dell'autorità giudiziaria, di accedere ai dati degli utenti. Recenti sviluppi portati avanti da AGCOM, come l'introduzione del regolamento sul diritto d'autore fanno pensare alla possibilità di avviare una legislazione molto più vicina al modello deregolamentato anglosassone.

Proiezione in missioni internazionali

  Anche se non è parte dell'indagine è importante verificare gli attuali sistemi d'arma usati dai nostri contingenti e quali problematiche si sono registrate nel teatro operativo. Oltre ciò, va considerato l'apporto al bilancio delle spese militari dei vari decreti di rifinanziamento, che negli anni si sono susseguiti (solo per l'Afghanistan 4,5 miliardi di euro) e che, anche a detta degli stessi ambienti militari, hanno garantito all'Esercito (in particolare) i fondi per mantenere aggiornata e approntata la Forza armata. Si tratta evidentemente di un metodo di finanziamento dell'addestramento e di parte del procurement quanto meno improprio, dato che i fondi dei decreti missioni sarebbero dovuti servire solo alla conduzione delle missioni e non a rimpinguare altre voci di spesa.
  Anche queste missioni vanno rivalutate sulla base dell'esperienza che ci fa dire, oggi, che le nostre capacità sono più importanti e danno più risultati nel settore della formazione delle forze di sicurezza straniere nelle fasi post conflitto e nel «peace keeping» (nella sua originaria accezione, di effettivo mantenimento della pace), anziché nel settore del «peace enforcement».
  La vocazione dell'Italia – e il prestigio che il nostro Paese ha in Libano è lì a dimostrarlo – dovrebbe orientarsi in modo deciso per questo tipo di missioni, che richiedono in buona parte armamento leggero a garanzia della sicurezza per le truppe.

I Poligoni

  Un'importante considerazione va fatta sui poligoni militari e in generale sulle servitù militari. Posto che al momento è presente un'indagine conoscitiva mirata a migliorare la comprensione del problema, è importante, anche per rispondere alle finalità di questo documento, valutare come sia possibile ridurre drasticamente il numero dei poligoni di tiro integrando le esercitazioni militari a livello europeo, concentrandole in pochi e transnazionali poligoni. Questo, oltre ad alleviare il peso delle popolazioni che coabitano con queste servitù, potrebbe essere il modo per risparmiare notevolmente su questa voce di bilancio. È anche opportuno, proprio a tal proposito, avere la capacità di sfruttare fondi strutturali mirati, che la UE mette a disposizione per questo tipo di attività. L'esempio della Germania, che tramite questi fondi ha potuto riconvertire tali aree demaniali, sarebbe da seguire a pieno.

L'industria della difesa

  Parte fondamentale dell'indagine conoscitiva è stata quella di audire le maggiori imprese della difesa italiane: Finmeccanica, Fincantieri Pag. 41 e la parte terrestre con IVECO/Fiat. Va ricordato come per alcuni settori l'apporto statale sia fondamentale per il sostentamento delle aziende stesse. È importante anche ricordare come sia necessario, a differenza di quanto indicato anche dagli stessi rappresentanti, non perdere il know how acquisito e, secondo noi, di non svendere tali aziende sul mercato azionario, giacché il recupero in termini di liquidità da riversare alla riduzione del debito dello stato sarebbe irrisorio.
  Sempre considerando le finalità di questa indagine è necessario, come Nazione, dare impulso a queste aziende perché si creino quegli standard che devono essere proposti a livello europeo per raggiungere forti risparmi che tutte le analisi effettuate ci hanno mostrato: circa 19 miliardi di risparmio a livello europeo. Farsi trovare, però, impreparati sarebbe un grave colpo per la nostra industria. Sarebbe dunque importante che l'Italia si facesse promotrice di un processo di integrazione dei vari settori dell'industria della difesa europea, con l'obiettivo di ottenere economie di scala che consentano di ridurre le spese per gli armamenti dei singoli paesi e, al tempo stesso, permetta alle aziende europee di trovare delle sinergie che consentano loro di ottenere, collaborando, la massa critica necessaria a rimanere concorrenziali nel mercato internazionale. In questo modo si affermerebbe anche una maggiore autonomia delle forze armate europee dalle forniture da parte di Paesi esteri (Stati Uniti in primis), si potrebbe fortemente limitare la pratica delle acquisizioni «assistenzialistiche» di sistemi d'arma (cioè l'acquisto di armamenti inutili o superflui al solo scopo di sostenere una determinata azienda) e si potrebbero gettare le basi per una progressiva riconversione al civile di parte dell'industria. A questo proposito è bene sottolineare che i tentativi di riconversione effettuati negli anni ’90 in vari paesi europei sono falliti anche perché condotti singolarmente, senza un piano condiviso condotto a livello europeo.

Surplus di sistemi d'arma

  Utilizzando i dati riferiti dal sottosegretario Gioacchino Alfano in risposta all'interrogazione n. 3-00194, a prima firma del senatore Marton, e grazie a un nostro supplemento d'indagine, abbiamo potuto individuare una lista di sistemi d'arma che risultano in surplus o di prossima dismissione, che potrebbero essere venduti a Paesi terzi (nel pieno rispetto della legge n. 185 del 1990).
  Altri armamenti, invece, risultano ormai non più impiegabili e di nessun potenziale interesse sul mercato internazionale e, pertanto, se ne raccomanda un rapido smaltimento, anche per poter recuperare ad altro uso gli spazi da essi occupati.
  Materiali di possibile vendita all'estero:
   239 veicoli da combattimento B1 Centauro dei primi anni ’90 (prima e seconda serie), variante con cannone da 105 mm, in dismissione. A questi si aggiungeranno altri 150 più nuovi Centauro della terza serie di cui è prevista la sostituzione con altrettanti Centauro II;Pag. 42 
   47 carri armati C1 Ariete di cui è prevista la dismissione entro il 2018;
   530 blindati leggeri Puma (360 6x6 e 170 4x4) dei primi anni 2000, già non più in servizio ma in ottime condizioni. Alcuni sono già stati ceduti a Gibuti (4) e alla Libia;
   553 veicoli blindati da trasporto truppe VCC1 (alcuni ancora in servizio) e 1.207 VCC2 (tutti fuori servizio);
   250 semoventi contraerei con torretta quadrinata da 25 mm SIDAM degli anni ’90 (96 dei quali risultano ancora in servizio ma sono inutili perché superati);
   120 carri armati Leopard 1A5 già dismessi;
   210 obici semoventi M-I09L, in dismissione (10 sono stati ceduti a Gibuti);
   80 obici trainati da 155 mm FH-70 degli anni ’80 mantenuti in riserva (altri 80 sono ancora in servizio);
   4 veicoli anfibi Arisgator;
   59 elicotteri AB-205;
   22 elicotteri AB-412;
   40 elicotteri AB-212 (18 dell'Esercito e 22 dell'Aeronautica);
   22 elicotteri navali AB-212 ASW;
   10 elicotteri A-109;
   24 caccia Eurofighter Tranche I (adatti solo al ruolo aria-aria). Sono già stati offerti a Romania, Serbia e Bulgaria senza successo;

  Circa 50 aerei da appoggio tattico AMX. Alcuni di questi potrebbero essere aggiornati allo standard ACOL (come quelli rimasti in servizio con l'Aeronautica) e rivenduti. Altri serviranno ancora all'Italia come riserva per pezzi di ricambio per i 50 AMX ACOL operativi;
   8 fregate classe Maestrale degli anni ’80. Sono già state proposte alle Filippine che hanno poi declinato l'offerta;
   8 corvette classe Minerva degli anni ’80;
   6 sottomarini classe Sauro degli anni ’80 – ’90. I primi due sono stati già radiati e ne restano in servizio quattro;
   4 pattugliatori d'altura Artigliere (le ex fregate Lupo destinate all'Iraq);
   1 portaeromobili Giuseppe Garibaldi.

  Materiali da smaltire in tempi rapidi:
   485 carri armati Leopard 1;
   381 veicoli trasporto truppe M113;
   684 mortai Brandt.

Pag. 43 

ESERCITO

  Si tratta della componente numericamente più elevata delle tre Forze armate e più impiegata, soprattutto negli scenari fuori area.

Mezzi terrestri.

  Uno dei problemi principali rilevati dall'indagine, ma anche da interrogazioni fatte in questa legislatura, evidenzia come si sia in presenza di un elevato numero di mezzi, totalmente inutilizzabili o per obsolescenza o per incapacità di poterli manutenere (vedi surplus indicato precedentemente). Rendere efficiente questo settore, magari specializzando l'industria anche con la già richiamata integrazione di standard, è fondamentale per ottimizzare i costi. L'esercito è infatti la Forza armata che più di ogni altra ha necessità (qualora chiamata) di un cospicuo numero di mezzi logistici ed operativi.
  Sarebbe perciò opportuno valutare, non solo un allineamento ed una dismissione dei mezzi ritenuti fortemente obsoleti o non funzionati, ma anche una ottimizzazione del parco di mezzi attivi, finalizzando gli investimenti di manutenzione e aggiornamento per le tipologie che potrebbero essere impegnate nel futuro, anche in considerazione dei mutati scenari internazionali.

Forze Speciali.

  Concentrarsi invece su gruppi di piccole dimensioni numeriche, ben organizzati ed equipaggiati, è un modo per ridurre i costi e liberare risorse verso un sistema che sia il più possibile funzionante, efficiente e aggiornato. La prontezza e la flessibilità d'impiego delle forze speciali che consente loro di intervenire con pochissimo preavviso per risolvere situazioni particolarmente complesse (basti pensare, ad esempio, alla necessità di evacuare connazionali coinvolti in un conflitto improvviso) le rende uno degli elementi che vale la pena valorizzare.

AERONAUTICA

  Questa Forza armata impatta in maniera decisa sul bilancio della difesa. I progetti, infatti, sono tra i più onerosi.

F35

  Il progetto F35, avviato in prima istanza nel 1998 e definito nel 2002, con lo stanziamento di circa 13 miliardi di euro, è stato uno dei punti più controversi dell'indagine. Molte delle audizioni di esperti competenti in materia e dell'industria si sono concentrate su questo sistema d'arma. Facciamo un punto sui costi.Pag. 44 
  A oggi, il programma F35 prevede un onere complessivo, per l'acquisizione degli aerei e il supporto logistico, stimato in circa 10 miliardi di euro, con completamento previsto nel 2027 (in media poco più di 111 milioni ad aereo per 90 aerei).
  A questi fondi, bisogna aggiungere oltre 3 miliardi, di cui circa, 2,7 già spesi. Nel dettaglio si tratta di:
   1 miliardo di dollari per la fase di sviluppo iniziale, ufficialmente completata (già pagati);
   900 milioni di dollari per la fase di Production, Sustainment and Follow-on Development (PSFD), completamento previsto nel 2047 (già pagati);
   795,6 milioni di euro per la realizzazione della linea di assemblaggio e supporto di Cameri (FACO), le cui attività dovrebbero completarsi quest'anno (già pagati);
   465 milioni di euro per le attività di predisposizioni e di adeguamento infrastrutturale delle basi e dei siti di Aeronautica e Marina che ospiteranno il velivolo. Di questi risultavano già stati spesi, a fine 2012, oltre 19 milioni di euro per la base di Amendola, che ospiterà 2 gruppi di volo di F35A, su un totale previsto di oltre 100 milioni di euro;
   4 milioni di euro per la base di Grottaglie, su circa 140 milioni di euro previsti;
   10 milioni per la portaerei CAVOUR, di cui 4,8 milioni per l'adeguamento del sistema ALIS (Automatic Logistic Information System), su un totale previsto di 87,5 milioni di euro;
   3,6 milioni per Cameri relativi all'adeguamento dei sistemi di ausilio alla navigazione.

  Accanto a questi interventi, sono previste misure analoghe per la base di Decimomannu, per le quali si prevede di spendere oltre 48 milioni di euro, e per la base di Ghedi (dedicata allo strike nucleare), che ospiterà 2 gruppi di F35A, con avvio dei primi lavori a partire dal 2016 e previsione di spesa complessiva di 87,5 milioni di euro.
  Da tutte le audizioni, anche le più favorevoli al progetto, si evince che (al contrario di quanto indicato dal Capo di stato maggiore dell'Aeronautica, Generale Preziosa) l’F35 è un «proiettile d'argento» (Audizione del professor Margelletti) ovvero uno strumento dedicato ad alcune particolari funzioni (come il first-strike nucleare), ma, pur essendo definito come «aereo multiruolo», non è particolarmente efficiente in situazioni come il combattimento aria-aria ravvicinato (Close Air Combat) o il supporto tattico alle forze terrestri (Close Air Support) che richiede voli a bassa quota.
  L'implicazione industriale e tecnologica (in termini di know-how) è limitata rispetto ad altri progetti già in essere. Indubbiamente anche l'impatto in termini di posti di lavoro è limitato (la FACO offrirà al massimo 1.815 posti di lavoro). Le considerazioni dello stesso amministratore delegato di Finmeccanica (poi ritrattate nella seconda audizione) durante l'indagine sono emblematiche: «Siamo costruttori Pag. 45 intelligenti» e soprattutto «La perdita di un ingegnere formato di 45 anni nel settore aeronautico, comporta per Finmeccanica una perdita di 1.5 milioni per ingegnere».
  All'Italia non è consentito nessun tipo di accesso alle tecnologie caratterizzanti l’F35. In particolare ciò riguarda la tecnologia stealth (la palazzina delle radiomisure della FACO è interdetta all'accesso agli italiani quando i sistemi sono in funzione, e sarà possibile solo tarare i nostri aerei) e il codice sorgente del software dell'aereo. Quest'ultimo elemento impedisce qualsiasi futura integrazione italiana di nuovi o diversi sistemi sull'aereo (armi, sistemi di difesa elettronica, sensori, ecc.).
  Segredifesa sta esercitando pressioni affinché sia consentito ad Alenia e, soprattutto, a Selex ES di effettuare la manutenzione della componente elettronica e software. Tuttavia non sarà mai consentito l'accesso al codice sorgente del software.
  Da notare che Israele, che non ha investito nello sviluppo dell’F35 (mentre l'Italia ha versato 1 miliardo di dollari a scatola chiusa e ulteriori 900 milioni di dollari per la fase PSFD) e ha ordinato solo 19 aerei a un prezzo complessivo già determinato in 2,75 miliardi di dollari (poco meno di 145 milioni di dollari tutto compreso) ha ottenuto la possibilità di integrare armi, sistemi di guerra elettronica e sistemi di comunicazione e comando e controllo nazionali, cioè lo stesso tipo di modifiche che richiedono l'accesso al codice sorgente a cui sarebbe interessata l'Italia.
  Lo stesso dottor Casolini ha riportato durante l'audizione, che l’F35 è «probabilmente una grande opportunità per l'industria nazionale a patto che venga superato il limite all'accesso alle tecnologie e alla conoscenza del velivolo».
  Inoltre le informazioni allarmanti circa la possibilità segnalata dalla rete disarmo.org di ritardi nello sviluppo e nella risoluzione degli evidenziati, numerosi problemi di costruzione, potrebbero comportare problemi di «concurrency» anche oltre la fase di produzione iniziale a basso rateo (LRIP) che dovrebbe concludersi nel 2019, ovvero portare ad avere un prodotto in fase di piena produzione (FRP) con problemi da risolvere ancora (e non risolti nella fase LRIP) e che dovrà essere richiamato per la correzione dei problemi, con un aumento di costi incalcolabile.
  Da queste considerazioni e soprattutto perché riteniamo questo aereo mirato ad una modalità di difesa che non rientra nell'alveo dei dettami dell'articolo 11, comma 1, della Costituzione, riteniamo opportuno avviare in Parlamento una nuova fase che preveda la cancellazione del progetto e che imponga al Governo la rinegoziazione con il JPO delle funzioni della FACO e delle capacità industriali connesse, giacché la FACO (Final Assembly and Check Out) non è di proprietà Alenia, bensì dello Stato, ma potrà comunque essere utilizzata come centro di manutenzione, anche se Lockheed decidesse di annullare la produzione a Cameri. Infatti i vari macchinari sono stati acquistati dallo Stato (non presi in comodato d'uso) e quindi resterebbero lì. Questi macchinari sono stati pagati alla Lockheed circa 300 milioni di euro (inclusi nei quasi 800 milioni del costo complessivo della FACO).Pag. 46 
  Un primo passo potrebbe essere quello di ridurre il fondo appositamente creato nel 2002 di spese in conto capitale che prevede il finanziamento del progetto JSF, liberando così immediatamente risorse impegnate per gli anni a venire.
  Inoltre da subito potrebbe essere avviata una prima fase di sospensione del progetto, al netto dei lotti già contrattualizzati definitivamente (LRIP 6 e LRIP 7 per 6 aerei) e della valutazione dello stato di acquisizione dei lotti successivi (LRIP 8 e LRIP 9).
  A questo proposito è interessante notare che, in base alle proiezioni presentate dal General Accounting Office degli Stati Uniti relativamente alla auspicata riduzione del prezzo unitario degli F35 costruiti nella fase FRP che sarà avviata nel 2019, rispetto a quelli prodotti nella fase LRIP attualmente in corso, il solo rinvio dell'acquisto dei 24 aerei che l'Italia prevede di acquistare entro il 2019 comporterebbe un risparmio di almeno un miliardo di dollari (i 24 aerei costerebbero in tutto circa 2,27 miliardi, anziché 3,35 miliardi di dollari), senza contare che detti velivoli non richiederebbero i successivi interventi di ammodernamento causati dal fenomeno della «concurrency».

Eurofighter Typhoon

  Il progetto Eurofighter Typhoon è costato allo Stato attualmente 21 miliardi, così come indicato in audizione dal Capo di SMA. Attualmente abbiamo in dotazione 76 aerei e sono in fase di acquisizione altri 25 esemplari (Tranche 3A), per un totale di 96 aerei. Originariamente era previsto l'acquisto di ulteriori 25 aerei (Tranche 3B), ipotesi per il momento accantonata anche per liberare fondi da investire sul programma F35.
  Il programma Eurofighter comporta indubbiamente un vantaggio per la nostra industria più elevato, non solo per la quota di partecipazione italiana molto più elevata rispetto all’F35, ma perché per certi settori di sviluppo la nostra partecipazione è tecnologicamente strategica. A differenza dell’F35 questo progetto implica maggiore ricavi (circa 4/5 volte i margini operativi rispetto all’F35) ed è quindi più allettante per l'industria.
  Va però considerato il costo impressionante del progetto, circa doppio rispetto all’F35, 21 miliardi dal 1983 (anno di creazione del consorzio) ad oggi sono circa 700 milioni di Euro l'anno (ovviamente su certi aerei va già considerata la manutenzione giacché sono entrati in servizio nel 2004). Tuttavia, a differenza del programma F35, si tratta di costi ormai in massima parte già sostenuti.

UAV (APR – Aeromobile a pilotaggio remoto)

  Questo, che a detta di molti esperti auditi, è uno dei settori di possibile maggiore sviluppo futuro da un punto di vista tecnologico. L'Italia ha la possibilità di essere capo fila nella creazione di una serie di standard europei per la costruzione di tali prodotti, sempre che si consideri i soli aerei non armati.Pag. 47 
  In questo settore infatti, abbiamo un gap di vantaggio tecnologico e di prove già effettuate sugli attuali UAV sviluppati, nonché una legislazione più avanzata.
  È opportuno però che l'aeronautica indichi i costi eventualmente sostenuti nei vari progetti (come, ad esempio, il P.1HH HammerHead) perché questa è la parte che è rimasta più nascosta, anche a richiesta diretta durante le audizioni.

MARINA

  Le considerazioni generali su questa Forza armata implicano il dover affrontare un problema fondamentale: la mancanza di personale nel ruolo «truppa» che è strutturale e che fa riflettere sulle reali possibilità operative di questa Forza armata. Infatti durante le audizioni in commissione si è rilevato una carenza di circa il 34 per cento di personale necessario per gli obbiettivi richiesti.
  Inoltre è stata pressante la richiesta del Capo di SMM, Ammiraglio De Giorgi, nel dover ammodernare la flotta al fine di evitare la perdita totale della stessa. In particolare puntando anche su nuovi sistemi d'arma modulari e duali (nel numero di 14 nuove unità).
  Valutiamo ora i sistemi d'arma in dotazione a questa forza armata, in relazione agli obbiettivi di difesa del nostro Paese.

Naviglio d'altura e pattugliamento.

  Attualmente i due settori che implicano l'uso di questi sistemi d'arma sono:
   il controllo dei flussi migratori (ormai principale ruolo assegnato) e la vigilanza pesca;
   la protezione fuori area di navi mercantili (Ocean Shield).

  In entrambi i casi, ma in particolare nel secondo caso, si tratta di Fregate che per la maggior parte sono della classe Maestrale, ovvero costruite alla fine degli anni 70, con modalità operative, necessità di uomini e consumi sproporzionati rispetto alle attuali nuove costruzioni.
  Va inoltre riconsiderata la nostra capacità di proiezione in teatri operativi fuori area: le esperienze politicamente fallimentari (a giudicare dai risultati) dell'IRAQ e dell'Afghanistan, devono farci riconsiderare la nostra volontà di partecipare a determinate missioni; a fronte di queste considerazioni, recenti acquisizioni della Nave Portaerei Cavour potrebbe essere riconsiderata, anche rispetto alle valutazioni iniziali di capacità di integrazione con altre nazioni europee e anche raffrontandosi con altre nazioni che stanno facendo percorsi totalmente diversi rispetto all'Italia (vedasi la posizione del Regno Unito sulle dotazioni di portaerei, anche se in fase di costruzione attualmente).Pag. 48 
  A fronte di ciò è necessario, magari riducendo il numero complessivo di navi, aggiornare alcune linee puntando al pattugliamento delle nostre coste e del controllo del mar Mediterraneo.

Sottomarini.

  Attualmente abbiamo due linee di Sottomarini: la classe Sauro (degli anni ’70) e la classe U212A (2008). Posto che questo tipo di sistema d'arma è necessario per il controllo efficace delle nostre coste e del mar Mediterraneo, è necessario anzitutto valutare l'opportunità di finanziare la manutenzione e l'approntamento di questi sistemi attraverso il decreto Missioni ed in particolare con la partecipazione alla missione Active Endeavour.
  Inoltre è senz'altro opportuno, anche in vista del varo degli ultimi due U212A, pensare alla dismissione o alla vendita dei sottomarini Classe Sauro, di qualità indubbiamente inferiore e di costi di manutenzione e di operatività maggiori rispetto agli U212A.
  Va valutato inoltre quali sono stati i costi, non evidenziati dall'indagine conoscitiva (in quanto anche a domanda diretta non ci è stato mai risposto) del progetto S1000, attualmente bloccato.

Arsenali.

  La situazione degli arsenali (attualmente presenti a Taranto, La Spezia, Augusta e Napoli) è pessima. In particolare la situazione dell'arsenale nel Mar Piccolo di Taranto è disastrosa: da un punto di vista di strutture (in fase di ristrutturazione tramite il piano BRIN, rallentato drammaticamente) e soprattutto da un punto di vista di presenze di personale civile operante nelle officine. Lo stesso dicasi per gli altri arsenali. Inoltre, le rinnovate e ridotte esigenze della Marina militare, dovrebbero dare la possibilità di restituire alla cittadinanza aree che potrebbero essere proficuamente sfruttate per incrementare l'offerta turistica (si pensi alle aree vicine a La Spezia come Cadimare o Marola).
  Questo è un settore dove non è più tempo di attendere. Le ristrutturazioni devono essere effettuate velocemente altrimenti perderemo totalmente le capacità faticosamente conquistate negli anni di esperienza delle maestranze degli arsenali.
  Questo inoltre ci deve far riconsiderare le modalità di esternalizzazione dei lavori fatte negli anni a scapito sia della qualità che del risparmio.

F35.

  Una breve considerazione sulla necessità della Marina militare di questo aereo, già trattato nella parte riguardante l'Aeronautica.
  I modelli richiesti dalla Marina militare sono gli F35B ovvero quelli STOVL (ad atterraggio verticale). Tali aerei sono più onerosi rispetto Pag. 49 agli F35A di almeno un 30 per cento e comportano un riammodernamento della Nave Cavour con costi pari a circa 87,5 milioni di euro.
  L'unica necessità di avere aerei F35B è per poter mantenere questa capacità operativa. Il costo dei soli F35B necessari alla Marina militare è di circa 2 miliardi di euro.
  L'impegno è avviare una fase parlamentare che prenda la consapevolezza rispetto al livello di responsabilità che l'Italia vuole avere a livello internazionale, anche in considerazione del fatto che la nave Cavour ha attualmente terminato un periodo di 6 mesi dove ha sì aggiornato e istruito il proprio personale, ma ha lasciato (per così dire) sguarnito il nostro paese da un sistema d'arma che, evidentemente, non è poi così necessario alla difesa del nostro paese.

CONSIDERAZIONI FINALI

  La valutazione sulla congruità dei programmi di armamento delle Forze armate italiane non può ovviamente prescindere dalle scelte politiche che le sottendono, Tali scelte non sono mai state compiutamente elaborate e sottoposte ad un serio dibattito politico. Anche recentemente, in occasione della discussione sulla legge n. 244, del 2012 che ridisegna l'impianto stesso della Difesa
italiana in termini quantitativi e qualitativi, il Ministro Di Paola ha più volte ribadito che essa non tocca i cardini della politica di difesa nazionale, senza tuttavia spiegare quali essi siano.
  Durante le audizioni di questa indagine conoscitiva non è mai stato compiutamente delineato un quadro politico strategico all'interno del quale collocare i grandi programmi di armamento. Gli interventi del Ministro della difesa, del Capo di stato maggiore della Difesa e dei Capi di stato maggiore delle Forze armate hanno rimandato sostanzialmente a un generico contesto di impegni internazionali riconducibili alla NATO ed ad un ancor più indefinito e futuribile auspicio di una politica europea della difesa e della sicurezza.
  Si è dunque sentito spesso parlare di pacchetti di capacità per l'Esercito, di aerei F35 e Typhoon per l'Aeronautica, di una Marina idonea ad operare nel cosiddetto Mediterraneo allargato senza che tuttavia questi concetti fossero definiti e inquadrati. Perché l'Esercito debba essere strutturato su 9 brigate, perché l'Aeronautica militare debba possedere 75 F35 e 96 Typhoon o perché la Marina debba disporre di una seconda linea combattente basata su navi da 5000 tonnellate piuttosto che quella da 2000 oggi in servizio sono domande rimaste senza risposta.
  Dovremmo allestire capacità per le forze terrestri in funzione di quali capacità operative, di quali teatri, sulla base di quali minacce presenti o future ? Dovremmo acquisire aerei con capacità di operare in un contesto net-centrico assieme a quali altri protagonisti oltre a noi ? E in funzione soprattutto di quali minacce simmetriche, avendo di fronte quale avversario altrettanto sofisticato ? Quanto allargato deve essere il bacino operativo della Marina, a quale Mediterraneo ci si riferisce nel momento in cui si decide di andare oltre Suez ? Dove Pag. 50 si ferma l'operatività delle nostre navi, al Golfo Persico, al Corno d'Africa, o arriva ai mari del Sud Est asiatico ? Senza una risposta a queste domande non ci può essere una politica della Difesa e dunque neppure una politica degli armamenti.
  Il riconoscimento della debolezza dell'impianto teorico su cui si regge il nostro sistema di Difesa è venuto del resto recentemente, crediamo anche grazie a questa indagine, sia dal Consiglio supremo di Difesa che dal Ministro della difesa quando hanno entrambi auspicato la rapida definizione di un libro bianco.
  Crediamo anche noi che debba essere definita con somma urgenza una politica nazionale della Difesa, con il coinvolgimento più ampio possibile di tutti gli attori, le cui linee direttive siano riversate in un libro bianco della Difesa che diventi il riferimento essenziale per tutte le conseguenti scelte anche in termini di una politica degli armamenti che sia effettivamente funzionale e al raggiungimento degli obiettivi generali, strumentale rispetto ad una necessaria politica industriale che postuli allo stesso tempo autonomia nazionale, integrazione europea e salvaguardia delle eccellenze nazionali e che, soprattutto, che sia capace di imprimere una dinamica in senso riduttivo alle spese per la Difesa.
  In tale contesto crediamo che i grandi riferimenti ideali, giuridici e politici da tenere fermi siano innanzi tutto il dettato costituzionale, con riferimento principalmente agli articoli 1, 11 e 52; la Carta delle Nazioni Unite; il processo di integrazione e costruzione europea; gli accordi internazionali con una particolare attenzione critica verso gli impegni NATO che non possono più essere considerati alla stregua di un mantra da cui discendono in modo più o meno acritico tutte le nostre scelte in questi ambiti.
  In questa ottica la commissione ritiene che sia opportuno, non solo la presentazione da parte del Ministero della difesa di un testo da discutere come libro bianco, ma rendere organica la materia legiferando per fissare sia dei principi in termini di periodicità, cogenza e forma di un libro bianco della Difesa, sia inserendo norme per la definizione di una pianificazione delle spese per armamenti che veda come protagonista il Parlamento.
  Senza la definizione di un contesto geopolitico e strategico strutturato nessuno strumento militare coerente e credibile è infatti possibile. In questo senso sembra essere particolarmente urgente la decostruzione di quel concetto di Mediterraneo allargato che da qualche tempo sta condizionando molte scelte di politica militare senza che nessuna esplicita elaborazione politica sia mai stata condivisa con il Parlamento ma che sta già mostrando i suoi effetti duraturi, tra i quali senz'altro la costruzione della base di Gibuti, la prima base italiana permanente all'estero dalla seconda Guerra mondiale.
  In secondo luogo l'ormai improcrastinabile necessità di calibrare le dimensioni dello strumento e l'acquisizione dei sistemi d'arma, non solo in relazione a un supposto fabbisogno teorico (i cui confini sarebbero, in tutta evidenza, espandibili ad infinitum) ma anche e soprattutto in relazione al suo mantenimento in termini operativi e di efficienza. L'insistente richiamo, più volte fatto durante le audizioni, all'insufficienza delle risorse per il mantenimento, astrattamente Pag. 51 determinato nell'obiettivo ottimale del 25 per cento del bilancio della Difesa, non è mai stato accompagnato dalla, a nostro avviso, naturale considerazione che forse le scarse risorse disponibili non sono soltanto frutto di un limite di budget, ma anche di una politica di acquisti che appare senza dubbio sconsiderata. Che senso ha disporre di un certo numero di aerei se poi non ci sono gli uomini per renderli pienamente operativi, né le risorse per garantirne un livello di efficienza adeguato ? Che contributo possono dare un numero decisamente corposo di carri armati se poi ne sono pienamente operativi poco più di un quarto di quelli teoricamente disponibili ?
  I sei miliardi contenuti nella legge di stabilità 2014 per nuove navi militari, cosa comportano in termini di risorse umane e materiali per operarle e mantenerle in efficienza ? Nessuno ha mostrato al Parlamento questo peraltro semplice calcolo, anche se nella sua audizione il Capo di stato maggiore della Marina ha inaspettatamente giudicato insufficienti i livelli di forza previsti per la Forza armata dalla legge n. 244 del 2012 (ha indicato in 30 mila uomini la forza minima necessaria rispetto ai circa 26 mila del modello a 150 mila) pur chiedendo a gran voce un programma straordinario di costruzioni.
Inoltre, per quanto concerne il lungo e sinora inconcludente dibattito sull'acquisizione dei velivoli F35, non si è sentita nessuna voce, tra i sostenitori della necessità del programma nelle sue attuali dimensioni, avanzare preoccupazioni non tanto sulle necessità finanziare per la loro acquisizione, quanto sulla straordinaria onerosità, per il bilancio della Difesa dei loro costi operativi, stimati da alcune fonti in circa 52 miliardi di euro in 25 anni (fonte Armaereo – 30 per cento Produzione e 70 per cento Manutenzione); questo implicherebbe costi per oltre due miliardi di euro l'anno, sufficienti per drenare l'intero bilancio dell’ Aeronautica militare ai valori attuali.
  Una seria politica degli armamenti non può dunque limitarsi a considerare le risorse necessarie alla loro acquisizioni, ma deve inderogabilmente verificare la capienza dei bilanci futuri rispetto al costo del loro ciclo di vita. Senza questa valutazione, dunque, non si può parlare di politica degli armamenti, ma piuttosto di «shopping compulsivo».
  Vi è inoltre il problema ormai imprescindibile del contesto internazionale nel quale si vanno a operare molte scelte di equipaggiamento delle Forze armate. Data per scontata una generale mancanza di seria volontà di arrivare a definire una politica comune europea per la sicurezza (nel contesto anche di una complessiva disaffezione dell'opinione pubblica per l'idea stessa di Unione), l'Italia dovrebbe farsi promotrice almeno di programmi di acquisizione e produzione condivisi sulla base principalmente della competenza e del work-sharing piuttosto che della co-produzione che si è spesso dimostrata difficile e generatrice di importanti aumenti di costo dei programmi rispetto alle previsioni. Devono dunque essere valorizzate le rispettive eccellenze, rinunciando nel contempo a quei programmi che tendono a ridurre la base tecnologica e industriale nazionale ed europea. Tra questi ultimi vanno considerati senz'altro il programma F35 che avrà come probabile conseguenza l'anemizzazione per almeno un ventennio delle capacità progettuali e industriali dell'industria aeronautica europea nel settore dei velivoli militari avanzati. Il Pag. 52 programma missilistico MEADS a guida Lockheed, pervicacemente ancora sostenuto dai vertici militari e dallo stesso, attuale Ministro della difesa, nonostante vi sia un'alternativa europea, il missile FSAF/SAMP, tra l'altro già pienamente operativa nell'Aeronautica militare e nella Marina militare, o i programmi di satelliti da ricognizione, aerei radar e sistemi missilistici integrati.
  Lo stesso dica si per i poligoni militari. È auspicio della Commissione Difesa che l'indagine attualmente in corso sia di vero impulso verso una riduzione di costi ed una riconversione civile di molte servitù militari.
  In conclusione, si auspica che in merito ai seguenti progetti si creino le condizioni per una ulteriore e più ampia discussione e attività di indirizzo e legislativa.

F35.

  È opportuno che si lavori per impegnare il governo all'immediata sospensione del progetto, la contestuale rinegoziazione del ritorno e delle implicazioni sui progetti industriali ed il successivo blocco del progetto sulla base della rivalutazione del programma in considerazione dei diversi e mutati scenari internazionali e economici dell'Italia. Il risparmio complessivo della sola sospensione del programma fino al 2020 è stimato in circa 1 miliardo di euro.

Eurofighter Typhoon.

  Tra gli aspetti più fumosi, non rilevati dall'indagine, troviamo la mancata informazione sulla eventualità di una penale in caso di mancato acquisto della Tranche 3B. Sarà opportuno, eventualmente anche attraverso altri strumenti che possano riproporre l'argomento nella commissione, avere questa informazione.

UAV (APR – Aeromobile a pilotaggio remoto).

  Sempre tra le possibilità di una sessione di studio ulteriore della Commissione Difesa, auspichiamo una discussione circa la maggiore integrazione degli UAV in ambito civile, tramite accordi mirati con altri dicasteri. La commissione dovrebbe muoversi nella direzione di richiedere al governo un impegno verso lo sviluppo ed il solo utilizzo di UAV non armati.
  L'impegno dovrebbe essere anche nel proporre in Europa, come capofila, standard e procedure di autorizzazione che già in Italia sono in fase avanzata.

Marina Militare.

  In questo ambito è necessaria una valutazione più ampia, affrontabile solamente tramite la ridefinizione (attraverso l'annunciato libro bianco) delle volontà del Paese sulle proiezioni di Forze armate all'estero.

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Arsenali.

  Impellente è invece la necessità di proporre una discussione che porti la Commissione Difesa, a dare l'impulso necessario a rivedere le strategie, anche finanziarie, mirate al completamento e al pieno e corretto funzionamento degli arsenali, ormai in condizioni indecenti.

Industria.

  Nella valutazione dell'impatto che ormai l'industria nazionale ha da clienti esteri, che ormai copre una grossa fetta dei fatturati, è opportuno ripensare a percorsi di riconversione, che smarchino le aziende dal settore militare al settore civile. Inoltre è necessaria un maggiore impegno sulla cyber warfare e uno sfruttamento delle nostre capacità verso prodotti ad alta tecnologia.
  Per questo potrebbe essere opportuno, per la Commissione Difesa, organizzare sessioni di studio in commissione anche attraverso le possibilità di conoscenza offerte dal centro studi della Camera dei deputati. Questo servirà a creare un processo preventivo di conoscenza, che potrebbe sfociare in una ulteriore indagine mirata solo alla parte IT della difesa ed alle sue ricadute in ambito civile.

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ALLEGATO 3

PROPOSTA DI MODIFICA DEL DOCUMENTO CONCLUSIVO PRESENTATA DAL DEPUTATO SCANU

  Le considerazioni conclusive si riallacciano doverosamente alle premesse dell'indagine conoscitiva, come definite dal relativo programma, deliberato dalla Commissione il 17 luglio 2013. Tale programma, prendendo le mosse dal Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa per il triennio 2013-2015, ha individuato la priorità di una profonda revisione dello strumento militare, nel suo complesso e nel quadro dell'impegno europeo, anche per un concreto rilancio della Politica di sicurezza e di difesa comune. Nello stesso documento è riconosciuta «una nuova e più stringente esigenza affinché il Parlamento possa acquisire utili elementi conoscitivi sull'insieme dei programmi di armamento e rinnovamento dei sistemi d'arma in corso di svolgimento», fissando come finalità ultima dell'indagine quella di «un'analisi esaustiva sulla compatibilità dei programmi d'investimento relativi ai sistemi d'arma con gli obiettivi della difesa nazionale, anche in vista del Consiglio europeo di dicembre».
  Date queste premesse il percorso della Commissione, avviato poco dopo l'inizio della legislatura, si è via via arricchito di contenuti e spunti derivanti dal vasto dibattito pubblico, e ha dovuto registrare l'elevata sensibilità e il percepibile disagio dell'opinione pubblica di fronte ai dati relativi alla spesa militare, in una fase caratterizzata da gravi difficoltà economiche e finanziarie, da una pressante richiesta di sacrifici e di forte contrazione della spesa pubblica nei servizi di carattere sociale.
  In conseguenza di ciò, hanno attirato l'attenzione dei cittadini e, dunque, della Commissione, i temi relativi ai progetti di progressiva sostituzione delle linee di volo Tornado, AV-8B Harrier e AMX con il cacciabombardiere per attacco al suolo in profondità F35 della Lockheed Martin, come pure il dibattito su Forza NEC, sul ruolo della Marina militare, nonché sulle missioni militari all'estero e sulla riforma delle Forze armate. L'indagine ha richiesto la contestualizzazione di tali temi, tenendo conto di significativi elementi di analisi geostrategica sulla posizione dell'Italia nel mondo, sulla qualità delle minacce che il nostro Paese deve fronteggiare e sulle modalità della gamma delle risposte che si possono approntare, come ben si evince soprattutto dalle audizioni svolte dagli autorevoli rappresentanti di istituti ed enti di ricerca.
  Le modalità con cui si è svolta l'indagine conoscitiva sono approfonditamente illustrate nella relazione intermedia depositata in Commissione Difesa della Camera nella seduta del 10 dicembre del 2013.
  Nelle more della predisposizione della relazione conclusiva si è costituito un nuovo Governo. Il Ministro della difesa in carica, sin Pag. 55 dalla presentazione degli indirizzi programmataci del suo Dicastero ha annunciato l'intenzione di procedere alla stesura di una nuova edizione di un libro bianco della Difesa. Si tratta di un proposito sicuramente apprezzabile che raccoglie e fa propria esigenza di fondo che è stata all'origine della decisione di svolgere l'indagine conoscitiva: la necessità, non più rinviabile, di ridisegnare i confini della spesa militare, con l'obbiettivo di razionalizzare e ridurre significativamente la quota di spese destinate agli armamenti.
  È intenzione della Commissione interagire attivamente anche alla redazione della proposta definitiva del libro bianco, che dovrà essere votata dal Parlamento.
  L'indagine conoscitiva sui sistemi d'arma è quindi un tassello – parziale ma prezioso – di una complessiva opera di conoscenza e di decisione sull'insieme della materia della difesa che incombe sulla politica, e costituisce un presupposto dal quale non si può prescindere anche per la stesura di un libro bianco sul modello italiano di difesa, elaborato nella prospettiva di una deciso passo in avanti nella costruzione di una identità europea della difesa. Infatti, sia gli atti dell'indagine conoscitiva che l'orizzonte europeo dovranno costituire le linee guida per la stesura del libro bianco annunciato dal Governo.
  Nel corso dei lavori dell'indagine è stato spesso evidenziato che nel mondo prevalentemente instabile e insicuro, che si è formato dopo la fine dell'equilibrio duale postbellico, la sicurezza non sia da perseguire nella sola dimensione militare, bensì attraverso un insieme di misure e di comportamenti che vadano dalla promozione democratica dei diritti umani alla collaborazione allo sviluppo, umano ed economico, alimentare e sanitario. In questo contesto, la specifica dimensione militare della sicurezza – improntata al dettato costituzionale che vincola l'Italia a ripudiare la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e a praticare una politica di attiva promozione della pace – resta un'esigenza imprescindibile del nostro Paese che, come ogni altro, ha l'obbligo di tutelare i propri interessi strategici da ogni possibile minaccia.
  Ma gli Stati europei, pur dotati in misura variabile di mobilità strategica e di buona capacità militare, difficilmente potranno aspirare alla piena autonomia nell'esercizio armato della sovranità. Visioni strategiche unilaterali, legate agli interessi nazionali e non facilmente superabili, sono ancora attive e vitali, mentre cresce l'esigenza che si affermi la volontà politica di elaborare visioni e concetti strategici su scala europea, sorretti da una capacità industriale integrata. In questo orizzonte europeo si dovranno, con più decisione, perseguire politiche volte allo sviluppo della cooperazione, dell'interoperabilità e della convergenza in ambiti specifici (Battlegroup, capacità di intervento rapido, strategia di sicurezza marittima, aerei a pilotaggio remoto, rifornimento in volo, cyber security, standardizzazione, coordinamento delle politiche di ricerca e di quelle industriali per realizzare economie di scala).
  Si tratta di dare impulso alle istanze che hanno trovato una puntuale definizione negli impegni indicati al Governo dalle Commissioni affari esteri e difesa con le risoluzioni sulla Politica di Pag. 56 Sicurezza e di Difesa Comune (PSDC) in vista del Consiglio europeo del 19-20 dicembre 2013, approvate sia alla Camera che al Senato nel dicembre 2013.
  All'interno di un'imprescindibile dimensione europea, in buona parte ancora da costruire, e dell'architettura della NATO, di per sé «partner» strategico dell'Italia e dell'Unione europea, la specifica situazione del nostro Paese, dal punto di vista della sicurezza, e’ duplice: da una parte è saldamente inserito in sistemi di alleanze politiche e militari, che fanno del Vecchio Continente un'isola di pace, ma dall'altra, sul versante sud, si trova in prima linea rispetto a un arco di crisi e di instabilità politica che va dal Nord Africa al Medio Oriente e al Corno d'Africa. Ambiti, questi, in cui l'Italia opera, sempre all'interno del diritto internazionale, con missioni militari, terrestri e navali, di vario livello e ruolo (mentre in Afghanistan è previsto l'inizio di una missione senza compiti di combattimento).
  Rispetto a questo quadro complesso – in cui prevale l'instabilità e in cui le minacce provengono prevalentemente da squilibri, tensioni e conflitti intrastatali, e in cui sempre maggiore sarà il ruolo di dimensioni tecnico-operative come l’intelligence e il dominio cibernetico – il Parlamento, attraverso questa indagine conoscitiva sui sistemi d'arma in sede di Commissione Difesa, ha fatto valere l'esigenza che siano messi a punto aspetti della politica militare meno noti al grande pubblico. In tal modo si è voluta sottolineare la rilevanza della politica di difesa e sono state poste le basi perché questa possa divenire l'elemento permanente di un informato dibattito civile e di un responsabile confronto politico nazionale, orientato in modo determinato a collaborare sinergicamente con interventi di razionalizzazione, necessari alla luce del processo in atto di revisione e della riduzione della spesa pubblica complessiva che in quanto tale non può escludere quella militare.
  In un maturo concetto di democrazia fondato sulla conoscenza, il dibattito e la partecipazione, risulta del tutto centrale l'esigenza che sia pienamente valorizzato il ruolo del Parlamento, attraverso il quale, la materia militare, troppo spesso custodita da istanze e saperi tecnici e specialistici, venga integralmente consegnata alla coscienza civile e democratica del Paese. Grazie alla legge n. 244 del 31 dicembre 2012, la democrazia parlamentare ha acquisito la piena titolarità a trattare al cospetto dell'intero Paese anche questioni di forte impatto politico ed economico, e di notevole spessore tecnico, come i sistemi d'arma.
  Di questa forza e di questa legittimità delle istituzioni rappresentative è un esempio serio e coerente l'indagine conoscitiva, che si presenta libera da condizionamenti e di alto livello intellettuale. Essa si è svolta sotto l'azione propositiva del Presidente e dei rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari, e le relative conclusioni intendono fondarsi su una laica interpretazione politica dei dati raccolti nel corso delle numerose audizioni e puntualmente riscontrabili negli atti della Commissione.
  Conclusivamente, può convenirsi che, nel corso dell'indagine svolta, sono emersi elementi di particolare interesse, sia in merito agli investimenti relativi ai sistemi d'arma più onerosi, che in relazione Pag. 57 alla assoluta necessità di ottenere concreti passi in avanti, nella realizzazione di un efficace sistema di difesa europea, di seguito rappresentati.
  Tuttavia, al di là degli importanti risultati derivanti da questo lavoro istruttorio, svolto in un arco di tempo assai contenuto, rispetto alla complessità dei temi e fortemente condizionato dall'imminenza degli impegni europei del dicembre del 2013, permangono talune esigenze di approfondimento, che darebbero adito a congetture ed ambiguità se non venissero dichiarate già in questa sede. Infatti, il puntuale confronto del lavoro parlamentare con il parallelo dibattito all'interno delle stesse istituzioni e nella società civile sui temi della difesa, ha evidenziato l'emergere di questioni di grande rilievo, del tutto meritevoli di trattazione e di accurata riflessione, che in questa sede si ritiene opportuno evocare per dare atto della sensibilità e della capacità di ascolto da parte della Commissione, nell'auspicio che esse possano costituire oggetto di prossime iniziative in sede parlamentare, sia di carattere conoscitivo che di indirizzo:
   1) il rafforzamento dell'identità europea della Difesa costituisce l'orizzonte dentro il quale misurare anche la validità dei più importanti programmi nazionali. A questo fine occorre che, durante il semestre di presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea, dopo un ventennio di negligenza da parte dei governi nazionali, il Governo italiano si impegni per riaffermare che la PSDC diventi il paradigma su cui valutare i programmi nazionali. Non è più rinviabile la costruzione di una politica che incentivi fortemente i paesi aderenti a realizzare investimenti comuni sul terreno della ricerca e della produzione di sistemi d'arma. Su questo punto è stato opportunamente inserito all'ordine del giorno del Consiglio europeo del dicembre 2013 il tema della produzione di velivoli senza pilota, che dovrà coerentemente figurare tra i temi prioritari nell'Agenda del semestre italiano. Ma non è soltanto questo il terreno su cui insistere. L'Agenda dei lavori andrebbe ampliata alla necessità di individuare aree comuni, per svolgere insieme l'attività addestrativa di componenti essenziali delle rispettive forze nazionali, a cominciare da quei reparti già messi a disposizione dell'Unione come i Battlegroup, come figura nella citata risoluzione n. 8-00031, approvata il 18 dicembre 2013 dalle Commissioni Affari esteri e Difesa della Camera dei deputati. In altre parole si tratta di dar vita ad un processo di «approntamento delle Forze» che razionalizzi e metta a sistema le attività di addestramento comune, prima ancora che ci si trovi nella necessità di utilizzarle nelle missioni sotto bandiera europea. Così come si deve porre con determinazione l'esigenza di standardizzare a livello europeo gli equipaggiamenti individuali di base delle forze di terra – quali i fucili d'assalto, le armi corte, le granate, gli elmetti e i giubbotti antiproiettile – come evidenziato anche nel documento finale (Doc. XVIII, n. 8) approvato dalle Commissioni riunite IV (Difesa) e X (Attività produttive, commercio e turismo) il 12 dicembre 2013, ai sensi dell'articolo 127, comma 2, del Regolamento, sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Verso un settore della difesa e della sicurezza più concorrenziale ed efficiente (COM(2013)542 final)»;Pag. 58 
   2) con riferimento poi, a ciascuna Forza armata, per quanto riguarda l'Esercito, il programma più impegnativo sul piano finanziario e più significativo dal punto di vista operativo è quello denominato Forza NEC. Su questo programma, per il quale si prevede un investimento complessivo di oltre 20 miliardi di euro, l'indagine conoscitiva ha messo in evidenza i limiti di una scelta che si propone di dare continuità agli investimenti in questo settore, senza che sia stata data una risposta positiva al tema della realizzazione di una significativa interconnettività con i sistemi dei paesi partner, a livello NATO e UE. Appare pertanto oggettivamente da valutare un ulteriore investimento su questo programma, senza che siano state preliminarmente acquisite idonee garanzie in merito all'esistenza di standard operativi tra loro compatibili, da utilizzare nel corso delle operazioni per le quali è richiesta una Network Enabled Capability. Anche alla luce dei richiami alle rilevanti audizioni, operati nel paragrafo 4.3, un investimento sul progetto «soldato futuro» potrà dirsi di sicuro ritorno finanziario solo quando i diversi sistemi nazionali saranno in grado di dialogare tra di loro;
   3) per quanto riguarda l'Aeronautica militare, come è noto, vi è la necessità di rinnovare le principali linee di volo. Si tratta di un'esigenza che deve rispondere a fondamentali requisiti operativi di difesa dello spazio aereo nazionale e alla possibilità di pervenire all'assunzione delle necessarie responsabilità in operazioni fuori aerea. Questo ampio tema è percepito come strettamente connesso alla questione dell'acquisizione di un cacciabombardiere di profondità, prodotto dalla Lockheed Martin, in un primo momento stimata in 131 velivoli, ridotti poi a 90, di cui 75 destinati all'Aeronautica, come riferito dal Generale Preziosa. Nel corso dell'indagine è stata sostenuta e con argomenti di varia natura, sia dai vertici militari che dagli esperti auditi, l'ipotesi di una soluzione articolata sulle due linee di volo, fra loro complementari, costituite dagli F35 e dagli Eurofighter.
  Il rinnovamento e la modernizzazione delle nostre forze aeree dovrà coniugarsi con la necessità di sviluppare una politica industriale nel settore aeronautico, rafforzando le basi produttive, di ricerca e sviluppo delle nostre industrie nazionali che operano nel settore. In relazione, poi, al programma Eurofighter, dagli elementi acquisiti nel corso dell'indagine, risulta che il medesimo sia pienamente operativo, con importanti prospettive di sviluppo commerciale e tecnologico. Appaiono, pertanto, destituite di fondamento le considerazioni critiche basate su una presunta obsolescenza di questo programma, come emerso nel corso delle audizioni di esperti. Il caccia multiruolo Typhoon, non solo ha margini di produzione e di sviluppo ancora notevolissimi, ma risulterà competitivo con il JSF della Lockheed. Questa versione dell’Eurofighter, già realizzata dall'Inghilterra, sarà messa a disposizione dei numerosi alleati europei per le missioni UE, NATO e ONU (Austria, Spagna, Germania e Inghilterra, mentre la Francia utilizzerà le diverse versioni del «Rafale»). È necessario quindi che il nostro Paese mantenga e rafforzi con convinzione la partecipazione delle aziende italiane a questo programma, tenendone sotto controllo i costi, ma anche avendo presente che il sistema di Pag. 59 work-sharing, che tiene insieme tutti i programmi di cooperazione europea, garantisce ad ogni Paese ritorni in nessun caso inferiori alle proprie quote di investimento;
   4) per quanto riguarda il programma F35, i molti dubbi che circondavano il medesimo hanno trovato nell'indagine conoscitiva la sede istituzionale più idonea ad una severa verifica e su taluni aspetti anche talune conferme. Infatti, al di là delle molteplici riserve tecniche e operative, emerse da più fonti, permangono dubbi derivanti dal fatto che:
    lo schema di accordo non offre sicure garanzie, dal punto di vista della qualità e del valore, sul piano di ritorni industriali e occupazionali significativi in quanto tali ritorni vengono fatti dipendere dalla «capacità che avremo di utilizzare le infrastrutture create per attrarre la manutenzione» e buona parte delle maestranze impiegate per l’F35 saranno sottratte all’Eurofighter (si veda l'audizione di rappresentanti di Finmeccanica del 16 ottobre 2010 e l'audizione del professor Nones del 1 agosto 2013);
    non risulta contrattualmente garantita dal principio del «best value» per le piccole e medie imprese nazionali l'acquisizione di commesse o sub commesse, come si evince anche dall'audizione del professor Nones del 1 agosto 2013. Giova ricordare a questo proposito, che il superamento del principio del «best value» era stato posto come condizione dal Parlamento all'atto della approvazione della realizzazione dello stabilimento di Cameri, unitamente alla condizione che risultasse garantita la fruizione da parte dell'Italia dei risultati delle attività di ricerca che saranno sviluppate nell'ambito del medesimo programma (vedi seduta della Commissione Difesa della Camera dell'8 aprile 2009);
    a fronte degli investimenti impegnati per realizzare lo stabilimento di Cameri non risulta contrattualmente definito un prezzo per l'assemblaggio delle semiali che garantisca l'ammortamento del capitale investito e un ragionevole ritorno;
    l'occupazione che si genererà a Cameri non può considerarsi aggiuntiva rispetto a quella attualmente già impiegata nel settore aeronautico ma, solo parzialmente sostitutiva;
    le stime del costo del programma risultano caratterizzate da un indice di variabilità che non può convivere con le esigenze della nostra finanza pubblica;
    l'embargo sull'accesso ai dati sulla cosiddetta «tecnologia sensibile» determina un fattore di dipendenza operativa da istanze politico-industriali statunitensi che risulta, al momento, non superabile;
    tutte le stime dei costi non tengono conto di quelli aggiuntivi per l'armamento del velivolo.

  Tutto ciò comporta l'esigenza di una moratoria al fine di rinegoziare l'intero programma per chiarirne criticità e costi con l'obiettivo finale di dimezzare il budget finanziario originariamente previsto.Pag. 60 
  Come già detto, considerazioni di natura finanziaria, operativa e di politica industriale, inoltre, spingono a rinnovare la flotta aerea militare su due linee di volo, ovvero con gli F35 e gli Eurofighter, tra loro complementari e in grado di operare in ambiente sia NATO che UE. In questa stessa ottica appare ragionevole, infine, esplorare anche altre soluzioni, meno impegnative dal punto di vista finanziario, per quanto riguarda il rinnovamento degli aerei a decollo verticale. In tal modo sarebbe possibile garantire efficacia operativa al nostro strumento militare, e realizzare, nel contempo, le ricadute industriali in grado di assicurare una significativa autonomia alla nostra industria, oltreché ottenere rilevanti risparmi di spesa, che si ha il dovere di conseguire nell'attuale situazione economica e di finanza pubblica;
   5) per quanto riguarda la Marina militare, un decisivo intervento dell'attuale Capo di stato maggiore ha indicato come priorità strategica, dal punto di vista operativo, la necessità di un profondo rinnovamento della nostra flotta. Questa esigenza è stata ritenuta fondata dal Governo, che ha inserito nella legge di stabilità per il 2014 un apposito finanziamento pluriennale. Nella stessa legge, all'articolo 37, è stato precisato che, conformemente alle procedure di legge, i vari programmi con cui si realizzerà il piano di rinnovamento della flotta saranno sottoposti al parere vincolante del Parlamento. In quella sede sarà anche possibile riflettere sul nuovo assetto della nostra flotta, in direzione dell'eliminazione di ridondanze operative difficilmente sostenibili, quali potrebbero essere costituite dal mantenimento in linea di due portaerei;
   6) l'indagine conoscitiva ha inoltre consentito di individuare alcune criticità presenti nelle modalità con cui si formano le decisioni sugli investimenti per i sistemi d'arma. La prima di queste è riscontrabile nell'esigenza di scongiurare una competizione tra le richieste dei singoli Capi di stato maggiore, e di promuovere una sempre più radicata e condivisa concezione «interforze».
Si tratta di un fattore distorsivo attribuibile a un deficit di collegialità, emerso anche da un'analisi comparata delle audizioni dei singoli Capi di stato maggiore. In tale ottica si potrebbe valutare una riconsiderazione dell'attuale normativa sui vertici militari nella promozione di uno «spazio istituzionale» significativo in cui collocare la maturazione di scelte importanti, come quelle sui sistemi d'arma, sulla base di una responsabilità condivisa, ad esempio anche valutando l'affidamento di un ruolo consultivo al Comitato dei Capi di stato maggiore di Forza armata, in un rapporto diretto con il Ministro della difesa, in materia di sistemi d'arma;
   7) un punto centrale è costituito dalla necessità di rendere sostenibile il volume di investimenti nel settore dei sistemi d'arma con gli obiettivi della Difesa quali anche definiti dalla legge n. 244 del 2012 e, dunque, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica. Da questo punto di vista l'ipotesi, avanzata a suo tempo dall'allora Ministro della difesa, Giampaolo Di Paola, e richiamata nell'audizione del professor Nones del 1o agosto 2013, di una più equilibrata ripartizione delle spese per la «funzione difesa» sulla base del paradigma 50-25-25 (cioè 50 per cento per il personale, 25 per cento Pag. 61 per l'esercizio e 25 per cento per gli armamenti), deve essere concretamente perseguita ponendo un tetto prefissato alle risorse per gli investimenti, per garantirne la stabilità nel tempo.
  Richiamando il parere espresso dalla Commissione Difesa sul disegno di legge di stabilità per il 2014, a legislazione vigente, il quadro delle spese militari per gli investimenti sui sistemi d'arma può essere così riassunto:
    3, 222 miliardi annui sono assegnati al Ministero della difesa su un totale di 14 miliardi per la funzione Difesa;
    2,024 miliardi sono assegnati presso il Ministero dello sviluppo economico per alcuni sistemi d'arma (elicotteri NH 90, elicotteri CSAR, M-346, Eurofighter, Fremm, Unità supporto subacqueo, Freccia, Sicral, Forza Nec, Piano navale);
    1,201 miliardi sono le risorse destinate a finanziare le missioni internazionali, parte delle quali riguarda i sistemi d'arma.

  Al momento, quindi, la quota da destinare agli investimenti nei prossimi anni risulta superiore al 25 per cento del budget per la funzione difesa. È possibile pertanto, ridurla rinunciando, in tutto o in parte, a programmi già pianificati, ma garantendo una stabilità di risorse finanziarie nel medio-lungo periodo.
Così operando si assesterebbe il budget della difesa conformemente ai parametri previsti dalla recente legge sulla revisione dello strumento militare e si conseguirebbero risparmi nella spesa militare per armamenti, non inferiori ad un miliardo di euro annui per il prossimo decennio. Sarebbe, inoltre, possibile, investire di più e meglio sull'esercizio, con particolare attenzione all'addestramento e alla sicurezza del personale;
   8) gli investimenti sui sistemi d'arma costituiscono un elemento di assoluto rilievo per la sicurezza del Paese, ed anche un dato altrettanto significativo per le industrie del settore, nei confronti delle quali la domanda nazionale ha un doppio valore, economico dal punto di vista del fatturato e di promozione sui mercati esterni.

  L'assenza nel nostro Paese di un organismo di controllo sulla qualità degli investimenti ne circoscrive le valutazioni all'interno di un circuito chiuso, rappresentato dai vertici industriali e dai vertici militari, che dovrebbe invece essere integrato da un livello ulteriore caratterizzato da responsabilità di tipo politico, a tutto vantaggio della qualità e quantità degli investimenti stessi, così come è emerso nel corso dei lavori. L'autoreferenzialità, peraltro, è accentuata dal fenomeno ricorrente costituito dalla presenza di figure apicali del mondo militare che vanno ad assumere posizioni di rilievo al vertice delle industrie della difesa.
  Si hanno fondati motivi per ritenere che occorra introdurre, nel processo decisionale, un soggetto autonomo, credibile, con capacità di controllo sulla spesa militare per i sistemi d'arma, la loro implementazione e il loro ammodernamento. Un organo di alto profilo tecnico in grado di rapportarsi direttamente con il Parlamento garantendogli la disponibilità di informazioni significative ed esaurienti.Pag. 62 
  Così come dovrebbero essere disciplinate con legge le condizioni da imporre per limitare il passaggio dai vertici militari a quelli delle industrie della difesa, come emerge anche da analoghi approfondimenti istruttori svolti dalla Commissione nella precedente legislatura.
  La principale misura finora adottata, per allargare la base decisionale di scelte così impegnative, è rappresentata dall'articolo 4, comma 2, della legge n. 244, del 31 dicembre 2012. Una norma che, nonostante le forti resistenze che si sono manifestate da più parti nella prima fase di applicazione, ha riconosciuto al Parlamento un ruolo decisivo su tali materie. Queste resistenze, che di fatto vengono ricondotte a questioni procedurali in relazione all'allocazione delle risorse finanziarie presso ministeri diversi da quello della difesa, non hanno motivo di esistere, e devono essere superate prevedendo il parere vincolante da parte del Parlamento, qualunque sia la fonte ministeriale di finanziamento pubblico.

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ALLEGATO 4

Indagine conoscitiva sui sistemi d'arma destinati alla difesa in vista del Consiglio europeo di dicembre 2013

PROPOSTA DI MODIFICA DEL DOCUMENTO CONCLUSIVO PRESENTATA DAL DEPUTATO SCOPELLITI

   Il quadro della sicurezza internazionale appare oggi denso di rischi palesi e di minacce latenti. Archiviato da tempo lo schema lineare della contrapposizione Est-Ovest, negli ultimi venti anni è di fatto venuto meno anche il tabù rappresentato dall'uso della forza militare nelle relazioni internazionali. Il caso dell'Ucraina è solo l'ultimo atto di una nuova «familiarità» che molti attori internazionali hanno riacquisito con l'impiego del potenziale militare per l'affermazione dei propri interessi. È poi molto significativo il fatto che anche l'evoluzione del sistema internazionale, con il frequente ricorso alle azioni di ripristino coercitivo della legalità internazionale, sancite nel Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, stia ad indicare un più frequente ricorso all'intervento militare.
  L'Italia, in tale contesto, continua a rimanere giustamente ancorata ai solidi principi costituzionali di ripudio della guerra quale atto di aggressione e, al tempo stesso, di partecipazione attiva alle operazioni militari internazionali finalizzate alla sicurezza collettiva.
  Proprio in virtù di tale consolidata integrazione nell'architettura di sicurezza internazionale, l'Italia è stata intensamente impegnata, negli ultimi due decenni, in missioni militari che, in molte occasioni, hanno contemplato un impiego selettivo ma risolutivo della forza militare.
  Appare utile procedere con un ulteriore approfondimento sul tema della sicurezza internazionale, approfondimento che potrà di certo trarre vantaggio da un più ampio coinvolgimento della comunità accademica che, anche in Italia, risulta essere sufficientemente variegata da accogliere molteplici orientamenti culturali e politici, pur rimanendo rigorosa nei metodi. Per i ristretti limiti di questa indagine conoscitiva, si ritiene comunque che possa considerarsi altamente probabile, per il futuro, uno scenario di sicurezza non differente rispetto a quello degli ultimi anni. È probabile, quindi, che anche in futuro assisteremo a molteplici e concomitanti conflitti di varia natura e intensità, nei quali sarà quasi costante un coinvolgimento della Comunità internazionale e, quindi, dell'Italia.
  Come conseguenza, il nostro Paese dovrà certamente disporre, per il futuro, di un'articolata capacità di difesa dei propri interessi vitali, capacità composta di strumenti tipicamente militari e di nuovi strumenti – come quelli cibernetici – che già si sono dimostrati indispensabili per contenere o gestire le crisi. Queste nuove forme di conflitto, con gli associati strumenti di difesa, dovranno necessariamente essere oggetto di adeguati investimenti, a livello nazionale e Pag. 64 soprattutto europeo. Al tempo stesso, però, l'Italia non potrà far decadere la propria capacità di difesa militare tradizionale alla quale, come detto, si è intensamente fatto ricorso negli ultimi venti anni.
  I programmi di ammodernamento dello strumento militare nazionale rimangono pertanto imprescindibili, perché fondamentale rimane la necessità di continuare a disporre di capacita operative che consentano all'Italia di difendere i propri interessi vitali e di concorrere effettivamente alle operazioni militari internazionali, quando deliberate nei consessi dei quali siamo storicamente e culturalmente parte. Lo strumento militare italiano dovrà rimanere bilanciato in tutte le sue componenti fondamentali, stante l'incertezza del quadro strategico e la volubilità delle minacce. Dovrà essere tecnologicamente avanzato, quale condizione imprescindibile sia per fronteggiare una minaccia che presenta anch'essa punte di eccellenza tecnologica, sia per assicurare una reale interoperabilità con gli strumenti militari dei nostri partner europei e atlantici. Dovrà, infine, essere coerente con le scelte di politica industriale e, in particolare, con l'intendimento di preservare una base industriale e tecnologica avanzata, fattore di competitività e sviluppo per l'intera economia nazionale.
  Sulla base dei dati raccolti nel corso di questa indagine conoscitiva, si ritiene di poter desumere una generale coerenza delle decisioni assunte nel corso degli anni passati in tema di programmi di ammodernamento dello strumento militare nazionale, pur non mancando elementi di potenziale criticità.
  Concentrando l'attenzione su questi ultimi, si è notato che:
   1) in diverse occasioni la pianificazione degli investimenti è stata alterata nel corso degli anni, conducendo probabilmente ad un impiego non ottimale delle risorse pubbliche. In particolare, programmi pluriennali di forte rilevanza economica, correttamente elaborati e debitamente approvati, dal Governo e dal Parlamento, per soddisfare sia le esigenze militari, sia gli interessi industriali, sono poi stati decurtati sensibilmente nel corso degli anni, riducendo le commesse previste. Come conseguenza, si è prodotto sia un probabile squilibrio nelle capacità complessive dello strumento militare, sia un sostanziale peggioramento della profittabilità attesa a livello industriale. Si raccomanda, per il futuro, di proseguire i programmi pluriennali per i quali sono già stati effettuati consistenti investimenti di risorse pubbliche, puntando ad ottimizzare i ritorni in termini di capacità militari, di conoscenze tecnologiche, di capacità produttive e di livelli occupazionali;
   2) in talune circostanze sembrano emergere inopportune duplicazioni di capacità, o la tendenza delle singole Forze armate a far prevalere requisiti tecnici particolarmente stringenti, tanto da impedire una più efficiente gestione logistica interforze dei sistemi acquisiti. Si raccomanda, per le acquisizioni future e, nei limiti di quanto tecnicamente fattibile, per i programmi in corso, di procedere con un'assoluta prevalenza di soluzioni interforze, capaci di semplificare e tendenzialmente unificare le strutture di sostegno logistico;
   3) la propensione di principio verso programmi plurinazionali, soprattutto fra Paesi dell'Unione europea, si tramuta poi, nella sua Pag. 65 fase attuativa, verso una suddivisione delle attività di sviluppo tecnologico, di produzione e di commercializzazione che, lungi dall'essere genuinamente multinazionale o tanto meno europea, è sostanzialmente focalizzata sulla tutela degli interessi industriali dei singoli Paesi partecipanti al progetto. La conseguenza di tale impostazione è un'anomala crescita dei costi di sviluppo e produzione dei programmi multinazionali europei e in una frammentazione della base tecnologica e industriale su base prettamente nazionale, ovvero su una dimensione incompatibile con il mercato globale, dove operano attori non europei con ben altre risorse e dimensioni. Si raccomanda, per il futuro, di procedere risolutamente verso programmi di sviluppo e produzione su base europea, nei quali però siano preservati i criteri di competitività e di efficienza industriale, necessari per conseguire realmente i risparmi attesi dal superamento delle logiche nazionali e per consentire alla nostra base tecnologica e produttiva di progredire effettivamente in termini di competitività, quale presupposto del successo sui mercati internazionali.

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ALLEGATO 5

Indagine conoscitiva sui sistemi d'arma destinati alla difesa in vista del Consiglio europeo di dicembre 2013

DOCUMENTO CONCLUSIVO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

INDICE

  1. Contenuto e finalità dell'indagine ... 67
  2. Evoluzione del quadro normativo nazionale ... 69
   2.1. Le leggi promozionali degli anni ’70 ... 70
   2.2. La legge n. 436 del 1988 (c.d. «Legge Giacchè») ... 70
   2.3. I pareri espressi dalla Commissione difesa della Camera dal 1988 ad oggi ... 71
   2.4. La legge n. 244 del 2012 ... 71
   2.5. L'esame parlamentare dei programmi di acquisizione di sistemi d'arma ai sensi della nuova formulazione dell'articolo 536 del decreto legislativo n. 66 del 2010 ... 72
   2.6. Il Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa ... 72
   2.7 La nuova disciplina dei poteri speciali esercitabili dall'Esecutivo rispetto alle imprese operanti nei comparti della difesa e della sicurezza nazionale ... 75
  3. Il quadro generale dei programmi d'arma ed obiettivi programmatici dell'investimento ... 77
   3.1. Considerazioni generali ... 77
   3.2. Le esigenze operative delle singole Forze armate ... 78
   3.3. Esercito ... 78
   3.4. Marina ... 80
   3.5 Aeronautica ... 81
   3.6 L'Arma dei carabinieri ... 82
  4. Principali programmi di acquisizione di sistemi d'arma in corso di esecuzione ... 83
   4.1. Il programma Joint Strike Fighter (F35) ... 83
   4.2. Il Programma European Fighter ... 89
   4.3. Il programma Forza NEC ... 90
  5. La Politica di sicurezza e difesa comune ... 91
   5.1. Il Trattato di Lisbona ... 92
   5.2. Iniziative in vista del Consiglio europeo del 19 e 20 dicembre 2013 ... 93
   5.3. Posizioni espresse dal Governo Italiano in sede europea  102
  6. Considerazioni conclusive  104

  Allegato: I pareri parlamentari sui programmi d'arma dal 1987 al 2011  116

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1. Contenuto e finalità dell'indagine

  Il Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea si riunirà il prossimo 19-20 dicembre per esaminare alcune rilevanti questioni inerenti al tema della Common Security and Defence Policy (CSDP) e alla stessa integrazione europea.
  In vista di questo importante evento la Commissione difesa ha deliberato di svolgere un'indagine conoscitiva che – tenuto conto dei dati acquisiti e delle conclusioni raggiunte nella indagine conoscitiva sull'acquisizione dei sistemi d'arma, delle opere e dei mezzi direttamente destinati alla difesa nazionale, a venti anni dall'entrata in vigore della legge 4 ottobre 1988, n. 436, svolta dalla Commissione difesa nella precedente legislatura e conclusasi con l'approvazione di un documento condiviso da tutte le forze politiche – consenta di fare il punto sullo stato attuale dei sistemi d'arma.
  La necessità di acquisire, attraverso lo strumento dell'indagine conoscitiva, elementi di conoscenza e valutazione su questo tema muove da una serie di considerazioni.
  La prima riflessione si basa sul fatto che successivamente alla conclusione dell'indagine conoscitiva svolta nella XVI legislatura, il Parlamento ha approvato la legge n. 244 del 2012, sulla revisione dello strumento militare, che recepisce alcune importanti considerazioni formulate nel richiamato documento conclusivo, nella parte in cui viene auspicato un ancor più incisivo controllo parlamentare sugli investimenti e una più profonda condivisione delle responsabilità tra Governo e Parlamento per l'adeguamento dei sistemi e delle dotazioni dei militari.
  La legge n. 244 del 2012 si inserisce nell'ambito di quei provvedimenti normativi che si sono susseguiti negli ultimi anni nel settore della difesa, a partire dalla professionalizzazione delle Forze armate, che hanno inciso profondamente sul funzionamento e l'organizzazione delle nostre Forze armate con l'obiettivo di realizzare uno strumento militare di dimensioni più contenute, ma più sinergico ed efficiente nell'operatività e pienamente integrato e integrabile nel contesto dell'Unione europea e della NATO. In sostanza, uno strumento più piccolo, ma capace di esprimere un'operatività più qualificata rispetto al passato, sostenuto da risorse per l'operatività, per il mantenimento, l'addestramento e la preparazione del personale, che li deve gestire.
  Al contempo, la legge sulla revisione dello strumento militare getta le basi per garantire un ancor più incisivo controllo parlamentare sugli investimenti e una più profonda condivisione delle responsabilità tra Governo e Parlamento per l'adeguamento dei sistemi e delle dotazioni dei militari ed è apparso quindi importante avviare una nuova indagine per acquisire importanti elementi di valutazione utili alla Commissione per esercitare al meglio le proprie competenze su questo delicato settore.
  La seconda considerazione attiene al quadro geopolitico internazionale che sta cambiando rapidamente. La perdurante instabilità che continua a caratterizzare il quadro internazionale geostrategico e, in particolare, il quadrante mediterraneo e mediorientale e che chiama in causa l'impegno dell'ONU, della NATO e dell'Unione europea nel rafforzamento dei processi di democratizzazione e stabilizzazione, Pag. 68 secondo una linea che assicuri il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali a tutela della pace e della sicurezza internazionale, è un fattore che deve essere attentamente valutato quando si analizzano decisioni relative alla politica di acquisizione dei sistemi d'arma.
  Più in generale, qualsiasi decisione in tema di pianificazione dello strumento militare, inclusa l'attività di ammodernamento delle dotazioni, si deve basare sull'apprezzamento dello scenario strategico – cioè del livello e della natura dei rischi e delle minacce che si intendono fronteggiare – sulla considerazione degli impegni internazionali assunti dall'Italia e, non ultimo, sul livello delle risorse disponibili.
  Al riguardo, l'indagine conoscitiva, attraverso il contributo che può arrivare dall'audizione di esperti del settore, è apparso lo strumento più efficace per comprendere meglio il quadro di riferimento nell'ambito del quale vanno esaminati i temi della difesa legati alla politica degli armamenti.
  La terza considerazione attiene al quadro finanziario di riferimento.
  Nel corso degli ultimi anni, in considerazione del persistere e dell'intensificarsi di forti tensioni sui mercati finanziari, sono state adottate numerose misure di contenimento della spesa pubblica finalizzate alla riduzione ed al miglioramento dell'efficacia della spesa pubblica e recanti un ampio numero di iniziative la cui comune finalità è il contenimento e la razionalizzazione degli oneri a carico della finanza pubblica, anche al fine di reperire risorse da destinare alla crescita economica.
  Nel settore della difesa le citate misure di revisione della spesa hanno inciso in maniera significativa, tenuto, altresì, conto che le risorse sul bilancio ordinario del dicastero (Funzione difesa) hanno subito un trend fortemente decrescente già dal 2005, peraltro in concomitanza con il processo di professionalizzazione delle Forze armate (e quindi correlati a maggiori costi per il personale) e con l'accresciuto impiego operativo.
  In tale contesto finanziario, è apparso opportuno conoscere quale sarà nel breve e medio termine la capacità di programmazione e riqualificazione della spesa in un'ottica di contenimento dei costi e le opportunità che potranno derivare dall'integrazione europea nel settore della difesa.
  L'indagine conoscitiva è stata quindi deliberata dalla Commissione difesa per conseguire diversi obiettivi di approfondimento.
  Si tratta di una prima fase di un processo conoscitivo più ampio che la Commissione difesa intende avviare su questa materia nella convinzione che le scelte che un Paese compie su questi temi hanno profonde conseguenze sulla sua sicurezza, su quella dei suoi cittadini e sulla capacità di salvaguardare i propri interessi e il ruolo internazionale del Paese e richiedono, pertanto, la massima considerazione.
  Nell'ambito dell'indagine conoscitiva sono state svolte le audizioni del Ministro della difesa, Mario Mauro, del professor Michele Nones, direttore dell'area sicurezza e difesa dell'Istituto Affari Internazionali (IAI) e del dottor Gianandrea Gaiani, direttore della rivista Analisi Difesa, dell'Ambasciatore Gabriele Checchia, Rappresentante permanente Pag. 69 d'Italia presso il Consiglio Atlantico e dell'Ambasciatore Alessandro Cortese, Rappresentante permanente d'Italia presso il Comitato politico e di sicurezza (COPS) dell'UE, di esponenti della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD) in rappresentanza di Confindustria, di rappresentanti della IVECO Defence, di rappresentanti di Finmeccanica, di rappresentanti della Campagna «Sbilanciamoci !» e della Rete Italiana Disarmo, di rappresentanti di Fincantieri, del professor Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi Internazionale (CESI), del dottor Enzo Casolini, esperto del settore, del Segretario generale della Difesa e Direttore nazionale degli armamenti, Generale C.A. Enzo Stefanini, del direttore della NATO Defence College Foundation, dottor Alessandro Politi.
  Sono state, altresì, acquisite agli atti dell'indagine le audizioni del Capo di stato maggiore Difesa, Ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, del Capo di stato maggiore dell'Esercito, Gen. C. A. Claudio Graziano, del Capo di stato maggiore Marina, Ammiraglio S. Giuseppe De Giorgi, del Capo di stato maggiore dell'Aeronautica, Generale. S. A. Pasquale Preziosa, del Comandante Generale dell'Arma dei carabinieri, Generale C. A. Leonardo Gallitelli, del Generale S. A. Claudio Debertolis, già Segretario generale della Difesa e Direttore nazionale degli armamenti, del Vicepresidente della Commissione europea e Commissario europeo per l'industria, Antonio Tajani.
  Sono, altresì, acquisite agli atti dell'indagine conoscitiva le risultanze delle missioni svolte dalla Commissione in Lituania, a Vilnius, il 4-6 settembre 2013 in occasione della III Conferenza per il controllo parlamentare sulla politica estera e di sicurezza comune; a Roma, il 3 ottobre 2013, presso il Comando Operativo di vertice Interforze (COI); a Bruxelles, il 5 novembre 2013, congiuntamente alla Commissione affari esteri, in occasione della riunione organizzata dalla Commissione Affari esteri e dalla Sottocommissione Sicurezza e Difesa del Parlamento europeo su «Il futuro della difesa europea in vista del prossimo Consiglio europeo di dicembre»; infine, a Torino, il 9 novembre 2013, congiuntamente alla Commissione attività produttive, in occasione dell'iniziativa organizzata dalla Rappresentanza della Commissione europea in Italia, all'iniziativa per un «Dibattito nazionale per una politica estera di sicurezza e di difesa comune europea».

2. Evoluzione del quadro normativo nazionale

  Nel corso dell'indagine conoscitiva, da più parti è stato fatto riferimento all'evoluzione della normativa concernente le procedure di approvvigionamento dei materiali della difesa, con particolare riferimento al controllo parlamentare sulla spesa militare.
  L'esigenza di assicurare un adeguato controllo parlamentare sul corretto ed efficiente utilizzo delle risorse destinate al finanziamento dei programmi di armamento, in considerazione del carattere di investimento strategico che tali programmi rivestono per la difesa nazionale e per lo sviluppo tecnologico e produttivo del nostro Paese, rappresenta in realtà un tema sul quale da diverse legislature si concentra l'attenzione parlamentare.

Pag. 70 

2.1. Le leggi promozionali degli anni ’70

  Precedentemente all'approvazione della legge n. 436 del 1988, recante norme per la semplificazione e per il controllo delle procedure previste per gli approvvigionamenti centrali della Difesa (cosiddetta legge Giacchè), il finanziamento di tutti i programmi di armamento avveniva con apposite leggi.
  In particolare, negli anni settanta, al fine di assicurare un significativo ammodernamento dei mezzi a disposizione delle singole Forze armate, sono state approvate le cosiddette leggi «promozionali» che stanziarono importanti risorse aggiuntive per la costruzione e ammodernamento dei mezzi navali della Marina Militare (legge 22 marzo 1975, n. 57, con 1.000 miliardi per gli esercizi 1975-1984), per l'ammodernamento dei mezzi dell'Aeronautica (legge 16 febbraio 1977, n. 38, con 1.000 miliardi per il 1977-1986) e per l'ammodernamento degli armamenti, dei materiali, delle apparecchiature dell'Esercito (legge 16 giugno 1977, n. 372, con 1.115 miliardi per il 1977-1986).
  Le richiamate leggi, grazie alle quali si è successivamente provveduto all'acquisizione di mezzi come le fregate classe Maestrale, il velivolo Tornado e i carri Leopard, in relazione agli specifici programmi di ammodernamento che andavano a finanziare contemplavano obblighi di informazione da parte del Governo nei confronti del Parlamento.
  Sul finire degli anni ’80 si è avuto un più incisivo incremento delle funzioni parlamentari di controllo e di informazione nel settore della difesa, conseguente anche alla semplificazione delle procedure di autorizzazione di alcuni programmi d'arma e una importante opera di delegificazione su questa materia.

2.2. La legge n. 436 del 1988 (c.d. «legge Giacchè»)

  Con specifico riferimento al tema degli armamenti la legge Giacchè del 1988 ha introdotto il parere parlamentare sui programmi d'arma direttamente destinati alla difesa nazionale, finanziati con il bilancio ordinario della difesa.
  In particolare, l'articolo 1, comma 1 nella sua originaria formulazione  (1) , prevedeva l'approvazione:
con legge, dei programmi relativi al rinnovamento e all'ammodernamento dei sistemi d'arma, delle opere, dei mezzi e dei beni direttamente destinati alla difesa nazionale, qualora richiedessero finanziamenti di natura straordinaria;
con decreto del Ministro della difesa, qualora si trattasse di programmi finanziati con gli ordinari stanziamenti di bilancio. In tal caso, salvo che si trattasse di provvedimenti per il mantenimento delle dotazioni o per il ripianamento delle scorte, prima dell'emanazione del decreto ministeriale doveva essere acquisito il parere delle Pag. 71 competenti Commissioni parlamentari che dovevano esprimersi entro un termine di trenta giorni.
  In relazione a tale procedura, il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sull'attuazione della legge n. 436 del 1988, svolta nella scorsa legislatura della Commissione difesa della Camera, ha rilevato che, da un lato, l'esclusione dal parere parlamentare in presenza di provvedimenti di mantenimento delle dotazioni «suscita perplessità dal momento che, essendo il quadro di riferimento molto dinamico, nulla esclude che in ordine al medesimo armamento di cui si intenda mantenere le dotazioni, il Parlamento, in presenza di uno scenario mutato rispetto al passato, possa svolgere una diversa valutazione; dall'altro ha evidenziato come la nozione di ordinario stanziamento di bilancio non trovi una puntuale definizione normativa a causa della difficoltà di collegarla a parametri obiettivi. Tale difficoltà, osservava la Commissione risulta oggi ancora più evidente ove si consideri che la legge n. 196 del 2009, recante la nuova disciplina contabile, all'articolo 23, sembra implicitamente escludere la possibilità di collegare tale nozione al parametro forse più obiettivo utilizzato in via di prassi nel passato, ossia quello della spesa storica. Infatti, tale articolo vieta la formulazione delle previsioni di spesa sulla base del mero calcolo della spesa storica incrementale e conferma la funzione programmatoria del bilancio a legislazione vigente affermatasi negli ultimi anni». Al riguardo le conclusioni del documento prospettavano l'opportunità di includere nel novero dei programmi oggetto di controllo parlamentare «tutti i programmi di armamento a prescindere dalla loro forma di finanziamento, a valere o meno sugli ordinari stanziamenti del Ministero della difesa, compresi quelli destinati al mantenimento o al ripianamento delle scorte».

2.3 I pareri espressi dalla Commissione difesa della Camera dal 1988 ad oggi

  Successivamente all'approvazione della legge Giacchè sono stati presentati alla Camera, ai fini dell'espressione del previsto parere parlamentare, 173 programmi d'arma di cui 11 ritirati nel corso dell'esame parlamentare. In 4 casi la Commissione difesa non ha espresso il proprio parere.
  I pareri espressi sono stati sempre favorevoli (a volte con osservazioni e/o condizioni).
  In allegato al presente documento è riportato l'elenco dei programmi d'arma sottoposti al parere parlamentare dal 1988 al 2011 (successivamente al 2011 non sono stati presentati al Parlamento nuovi programmi di acquisizione di sistemi d'arma da sottoporre al parere parlamentare ai sensi dell'articolo 536 del Codice dell'ordinamento militare).

2.4. La legge n. 244 del 2012

  La legge n. 244 del 2012, approvata sul finire della XVI legislatura, è intervenuta sulla materia dei programmi d'arma innovando sia le procedure che regolano l'esame parlamentare dei programmi di Pag. 72 acquisizione dei sistemi d'arma, sia gli strumenti conoscitivi concernenti, in particolare, la programmazione degli investimenti in questo settore al fine di assicurare una più ampia informazione sulla materia in esame e una più incisiva partecipazione del Parlamento nella fase decisionale concernente l'acquisizione di sistemi d'arma.

2.5. L'esame parlamentare dei programmi di acquisizione di sistemi d'arma ai sensi della nuova formulazione dell'articolo 536 del decreto legislativo n. 66 del 2010

  Per quanto attiene alle procedure parlamentari di esame dei programmi di acquisizione dei sistemi d'arma, nel corso dell'esame parlamentare della legge 244 del 2012 la normativa recata dall'articolo 536 del Codice, relativo ai programmi di ammodernamento e rinnovamento della Difesa, è stata profondamente rivisitata anche al fine di recepire alcune importanti conclusioni della richiamata indagine conoscitiva svolta nella XVI legislatura nella parte in cui viene auspicato un ancor più incisivo controllo parlamentare sugli investimenti e una più profonda condivisione delle responsabilità tra Governo e Parlamento per l'adeguamento dei sistemi e delle dotazioni dei militari  (2) .
  La legge n.244 del 2012 ha delineato precise cadenze temporali sia nella presentazione dei programmi di ammodernamento da sottoporre al Parlamento, sia nelle modalità di espressione del parere anche quando questi risulti ostativo.
  Nello specifico, la nuova formulazione dell'articolo 536 prevede che per i programmi finanziati attraverso gli ordinari stanziamenti di bilancio, lo schema di decreto venga trasmesso alle Camere per l'espressione del parere delle Commissioni competenti.
  I pareri dovranno essere espressi entro quaranta giorni dalla data di assegnazione ed è previsto che il Governo, qualora non intenda conformarsi alle condizioni formulate dalle Commissioni competenti, ovvero quando le stesse Commissioni esprimano parere contrario, trasmetta nuovamente alle Camere lo schema di decreto corredato delle necessarie controdeduzioni per i pareri definitivi delle Camere da esprimere entro trenta giorni dalla loro assegnazione. In tal caso, qualora entro il termine indicato le Commissioni competenti esprimano sullo schema di decreto parere contrario a maggioranza assoluta dei componenti, motivato con riferimento alla mancata coerenza con il piano di impiego pluriennale della Nota aggiuntiva, il programma non potrà essere adottato. In ogni altro caso, il Governo potrà invece procedere all'adozione del decreto.

2.6. Il Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa

  Per quanto attiene, invece, agli strumenti conoscitivi, la legge n. 244 del 2012 ha previsto un nuovo strumento nell'ambito delle Pag. 73 relazioni  (3)  che il Ministero della difesa presenta al Parlamento sulle materie di propria competenza: il Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa.
  Il Documento, chiamato a fornire una lettura di sintesi e al contempo una visione strategica e di prospettiva nel contemperamento delle diverse esigenze in campo definisce gli aspetti strategici, politico-militari e operativi, mettendo in luce le priorità stabilite per il personale, le esigenze di operatività delle singole Forze armate e, in particolare, i programmi di investimento, nonché le previsioni di spesa di tutto il dicastero.
  Come evidenziato dal Ministro della difesa nel corso della sua audizione sulle linee programmatiche del Ministero, svolta lo scorso 15 maggio davanti alle Commissioni difesa di Camera e Senato, il Documento di programmazione pluriennale della Difesa accresce il livello di trasparenza del bilancio di questo dicastero, già definito minuziosamente da apposite norme di legge ed interviene, altresì, in un ambito dove «il livello di interazione e di scambio informativo con il Parlamento non ha eguali».
  Analoghe considerazioni sono state ribadite dal Segretario generale della difesa e Direttore nazionale degli armamenti, Generale Stefanini, nel corso della sua audizione del 29 ottobre. In tale occasione il Pag. 74 Segretario generale ha osservato che «la necessità di fornire ogni elemento utile a conoscere e valutare con efficacia le conseguenze derivanti dalle scelte che si adottano in tema di Difesa è stata sottolineata dalla legge 31 dicembre 2012, n. 244, laddove annualmente sono fornite al Parlamento, attraverso la Nota aggiuntiva, la Nota integrativa al bilancio, le relazioni allegate, lo stato di previsione della spesa e il conseguente Documento Programmatico Pluriennale per la difesa, il quadro generale delle esigenze operative delle Forze armate, comprensive degli indirizzi strategici e delle loro linee di sviluppo capacitive, nonché l'elenco dei programmi d'armamento e di ricerca svolti, in atto e futuri».
  A livello parlamentare, la previsione di questo nuovo strumento informativo ha riscontrato un giudizio sostanzialmente positivo che si è espresso, in particolare, nel corso dell'esame da parte della Commissione difesa del Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa relativo al triennio 2013-2015.
  In quella occasione la Commissione difesa ha osservato come il Documento apra nuova stagione di collaborazione da porre in relazione con l'entrata in vigore della revisione dello strumento militare prevista dalla legge n. 244 del 2012 «che ha coronato una stagione di impegno parlamentare, sia sul versante legislativo che sul quello conoscitivo, fortemente incentrato sul rafforzamento del ruolo di controllo esercitato dal Parlamento in materia di difesa»  (4) 
  Ad avviso della Commissione il Documento potrebbe, quindi, in futuro validamente contribuire alla promozione di un dibattito pubblico più approfondito e consapevole in materia di difesa ed in questo senso può costituire una importante premessa alla stesura di un Libro bianco della difesa, in una ottica di sempre maggiore collaborazione interistituzionale tra Governo e Parlamento, fondata sul dialogo, sulla trasparenza e sulla responsabilità.
  Tali considerazioni sono state successivamente ribadite nel corso dell'indagine conoscitiva.
  Con particolare riferimento al versante dell'ammodernamento, la Commissione ha osservato come il Documento subisce comprensibili limiti che derivano dal fatto di essere redatto in relazione ad un periodo circoscritto a fronte della continua evoluzione che caratterizza la pianificazione degli investimenti.
  Inoltre, è stato rilevato che il Documento presenta margini di miglioramento sul piano dell'indicazione delle condizioni contrattuali delle diverse tipologie di programmi di ammodernamento e rinnovamento dei sistemi d'arma, con particolare riferimento alle eventuali clausole penali in caso di recesso.
  A questo proposito, nel corso dell'esame del Documento, il Governo, nel confermare la disponibilità ad individuare inizialmente anche a titolo sperimentale un percorso che, nei futuri Documenti, porti ad un progressivo approfondimento riferito ai più rilevanti programmi sotto il profilo economico-finanziario o di particolare rilevanza strategica, ha rilevato che la Difesa ha inteso dare una prima Pag. 75 risposta riportando le diverse casistiche rilevabili dall'attività amministrativa svolta in precedenza, sia per quanto concerne i contratti nazionali che per i programmi svolti in cooperazione o tramite agenzie internazionali riconducendo a tali tipologie i principali programmi ed ha fatto, altresì, presente che «un approfondimento sistematico dei singoli contratti o programmi è reso difficile dalla mole degli atti e dalla estrema complessità di tale materia che comportano di fatto l'emersione di specifiche peculiarità quasi in ogni singolo atto adottato dall'amministrazione».

2.7. La nuova disciplina dei poteri speciali esercitabili dall'Esecutivo rispetto alle imprese operanti nei comparti della difesa e della sicurezza nazionale.

  Tra i più recenti provvedimenti normativi adottati nel settore della difesa e al quale è stato fatto più volte riferimento nel corso dell'indagine conoscitiva, vi è il decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, adottato dal Governo allo scopo di salvaguardare gli assetti proprietari delle società operanti in settori reputati strategici e di interesse nazionale.
  Con il richiamato provvedimento il legislatore è intervenuto ridefinendo organicamente la materia dei poteri speciali esercitabili dal Governo in tale settore, anche al fine di aderire alle indicazioni e alle censure sollevate in sede europea.
  In relazione a tale normativa, l'attuale Segretario generale della Difesa e Direttore nazionale degli armamenti, Generale di Corpo d'armata Enzo Stefanini, nel corso della sua audizione del 29 ottobre, ha osservato come lo strumento normativo in esame è particolarmente significativo nel settore della Difesa a protezione degli asset strategici nazionali contro manovre internazionali tendenti acquisire tecnologie altrimenti non disponibili. «Esso potrà, infatti, impedire la vendita incontrollata di aziende in possesso di tecnologie e know how strategici, un sistema di regole equilibrato e attento che tiene in giusta considerazione la libera circolazione di capitali e tecnologia».
  In precedenza, il Generale di squadra aerea Claudio Debertolis, già Segretario generale della difesa e Direttore nazionale degli armamenti, nel corso della sua audizione del 16 luglio, aveva osservato come la nuova normativa «ci dà un grosso potere di mantenere la tecnologia dentro i confini nazionali, a prescindere dalla proprietà».
  Per mezzo del decreto-legge n. 21 del 2012 sono stati ridefiniti, anche mediante il rinvio ad atti di normazione secondaria (DPCM), l'ambito oggettivo e soggettivo, la tipologia, le condizioni e le procedure di esercizio da parte dello Stato (in particolare, del Governo) dei cosiddetti «poteri speciali», attinenti alla governance di società operanti in settori considerati strategici.
  Per «poteri speciali» si intendono, tra gli altri, la facoltà di dettare specifiche condizioni all'acquisito di partecipazioni, di porre il veto all'adozione di determinate delibere societarie e di opporsi all'acquisto di partecipazioni. L'obiettivo del provvedimento è di rendere compatibile con il diritto europeo la disciplina nazionale dei poteri speciali del Governo, che si ricollega agli istituti della «golden share» e «action Pag. 76 spécifique» – previsti rispettivamente nell'ordinamento inglese e francese – e che in passato era già stata oggetto di censure sollevate dalla Commissione europea e di una pronuncia di condanna da parte della Corte di giustizia UE.
  Per definire i criteri di compatibilità comunitaria della disciplina dei poteri speciali, la Commissione europea ha adottato un'apposita Comunicazione, con la quale ha affermato che l'esercizio di tali poteri deve comunque essere attuato senza discriminazioni ed è ammesso se si fonda su «criteri obiettivi, stabili e resi pubblici» e se è giustificato da «motivi imperiosi di interesse generale». Riguardo agli specifici settori di intervento, la Commissione ha ammesso un regime particolare per gli investitori di un altro Stato membro qualora esso sia giustificato da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica purché, conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia, sia esclusa qualsiasi interpretazione che poggi su considerazioni di ordine economico.
  Il decreto-legge reca anzitutto la nuova disciplina dei poteri speciali esercitabili dall'Esecutivo rispetto alle imprese operanti nei comparti della difesa e della sicurezza nazionale.
  La principale differenza con la normativa precedente si rinviene nell'ambito operativo della nuova disciplina, che consente l'esercizio dei poteri speciali rispetto a tutte le società, pubbliche o private, che svolgono attività considerate di rilevanza strategica, e non più soltanto rispetto alle società privatizzate o in mano pubblica. Per effetto delle norme in commento, alla disciplina secondaria (decreti del Presidente del Consiglio dei ministri) saranno affidate le seguenti funzioni:
   individuazione di attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale in rapporto alle quali potranno essere attivati i poteri speciali; individuazione della tipologia di atti o operazioni infragruppo esclusi dall'ambito operativo della nuova disciplina;
   concreto esercizio dei poteri speciali;
   individuazione di ulteriori disposizioni attuative.
  Le norme fissano puntualmente il requisito per l'esercizio dei poteri speciali nei comparti della sicurezza e della difesa, individuato nella sussistenza di una minaccia di grave pregiudizio per gli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale.
  L'Esecutivo potrà imporre specifiche condizioni all'acquisto di partecipazioni in imprese strategiche nel settore della difesa e della sicurezza; potrà porre il veto all'adozione di delibere relative ad operazioni straordinarie o di particolare rilevanza, ivi incluse le modifiche di clausole statutarie eventualmente adottate in materia di limiti al diritto di voto o al possesso azionario; potrà opporsi all'acquisto di partecipazioni, ove l'acquirente arrivi a detenere un livello della partecipazione al capitale in grado di compromettere gli interessi della difesa e della sicurezza nazionale. Sono poi disciplinati gli aspetti procedurali dell'esercizio dei poteri speciali e le conseguenze che derivano dagli stessi o dalla loro violazione. Sono nulle le delibere adottate con il voto determinante delle azioni o quote Pag. 77 acquisite in violazione degli obblighi di notifica nonché delle delibere o degli atti adottati in violazione o inadempimento delle condizioni imposte.
  Con il D.P.C.M. 30 novembre 2012, n. 253 è stato adottato il regolamento che individua le attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale al fine dell'esercizio dei poteri speciali e gli atti/operazioni infragruppo esclusi dall'ambito operativo della nuova disciplina.

3. Il quadro generale dei programmi d'arma ed obiettivi programmatici dell'investimento

3.1. Considerazioni generali

  Gli elementi raccolti nel corso dell'indagine conoscitiva hanno consentito di acquisire un quadro di sintesi in merito ai programmi di acquisizione dei sistemi d'arma attualmente in essere. Sono stati, inoltre, raccolti importanti elementi di valutazione in merito alle esigenze di ammodernamento e rinnovamento delle singole Forze armate e sono stati, altresì, analizzati alcuni tra i più significativi programmi di acquisizione di sistemi d'arma attualmente in corso di svolgimento.
  Per quanto attiene alla situazione generale dei programmi attualmente in essere il Segretario generale della Difesa e Direttore nazionale degli armamenti, Generale Stefanini, nel corso della sua audizione del 29 ottobre, nel ricordare che allo stato i programmi maggiori sono circa settanta, ognuno di questi caratterizzato da una propria specificità, ha rinviato per una più completa informazione al contenuto del Documento Programmatico Previsionale presentato da ultimo lo scorso aprile.
  Tale Documento, osserva il Generale Stefanini, unitamente alla Nota aggiuntiva, alla Nota integrativa al bilancio, alle relazioni allegate, allo stato di previsione della spesa, fornisce annualmente al Parlamento il quadro delle esigenze operative delle Forze armate, comprensive degli indirizzi strategici e delle loro linee di sviluppo, capacitive, nonché l'elenco dei programmi d'armamento e di ricerca svolti, in atto e futuri.
  Ulteriori elementi di carattere generale sono emersi nel corso dell'audizione del Capo di stato maggiore della Difesa, Ammiraglio Binelli Mantelli, svolta lo scorso del 22 maggio, laddove è stato fatto presente che le nostre Forze armate dispongono di materiali, sistemi d'arma e mezzi adeguati all'impegno attuale e il cui standard possiamo considerare, dal punto di vista qualitativo, paritetico a quello di molti alleati. «Sussiste, tuttavia, l'esigenza di mantenerli in efficienza» ha osservato il Capo di stato maggiore della Difesa, «di ammodernare e rinnovare costantemente le dotazioni delle unità, sia per l'impiego continuato in operazioni lontane dal supporto logistico in patria, che ne ha fortemente accresciuto l'usura, sia per la rapida evoluzione della tecnologia e delle esigenze di interoperabilità a livello interforze e multinazionale».Pag. 78 
  Inoltre, in relazione a future misure di razionalizzazione riguardanti l'operatività dello strumento militare, sempre il Capo di stato maggiore della Difesa, ha fatto presente che le Forze armate hanno avviato da tempo e a più riprese una riduzione dei mezzi in inventario e delle infrastrutture, secondo criteri di costo/efficacia, volti a focalizzare le scarse risorse di funzionamento sui mezzi, sui reparti e sulle realtà infrastrutturali più moderni e di pregio.
  L'Esercito, ad esempio, prevede la riduzione da tre a uno dei comandi di divisione proiettabili e da undici a nove delle brigate di manovra. Contestualmente, saranno attuate significative riduzioni delle linee dei mezzi pesanti (i carri armati scenderanno da 337 a circa 200, mentre le blindo centauro da 300 a 136), le unità di supporto al combattimento (principalmente quelle di artiglieria ruotata) passeranno da 110 a 56 e gli elicotteri complessivamente subiranno una contrazione da 250 a circa 168 velivoli.
  Con riferimento, poi, alla Marina si prevede invece di ridurre le unità d'altura di prima linea, con una contrazione delle unità cacciatorpediniere, (le unità antiaeree), da quattro a due, e delle fregate che passeranno da 12 a 10, mentre le unità destinate al pattugliamento e alla ricerca delle mine, sostituite da una futura classe di unità multiruolo, si ridurranno a 18, a fronte delle attuali 30, i sommergibili da sei a quattro. Anche la componente elicotteri subirà una significativa riduzione, attestandosi a 70 macchine a fronte delle precedenti 105.
  Infine, con riferimento all'Aeronautica, è stato fatto presente che 236 velivoli Tornado e AMX raggiungeranno i limiti di vita operativa e saranno sostituiti da 75 JSF. Parallelamente, è prevista la riduzione dei velivoli EFA (72 a fronte degli attuali 90). Continuerà inoltre la riduzione del numero complessivo degli aeroporti militari, che negli ultimi 20 anni si sono ridotti del 50 per cento (da 42 a 21).

3.2. Le esigenze operative delle singole Forze armate

  Anche al fine di una più completa analisi delle esigenze di operatività delle singole Forze armate e dei relativi programmi di acquisizione di sistemi d'arma in corso di esecuzione, la Commissione ha acquisito agli atti dell'indagine una serie di audizioni che hanno riguardato, tra le altre, i vertici della Difesa.

3.3. Esercito

  Con specifico riferimento ai sistemi d'arma dell'Esercito, il Capo di stato maggiore di questa Forza armata, Generale C.A. Graziano, ha fornito diversi elementi che riguardano lo stato attuale dei sistemi d'arma in dotazione dell'Esercito, le esigenze di ammodernamento e i futuri programmi di riduzione e ammodernamento.
  In particolare, il Generale Graziano, nell'affermare che attualmente l'Esercito è dotato di mezzi adeguati e idonei nei teatri operativi, in grado di interoperare con le Forze alleate, ha al contempo evidenziato Pag. 79 che tale obiettivo è stato in larga parte conseguito destinando ai soli teatri operativi i mezzi moderni e aggiornati e facendo riferimento a stanziamenti aggiuntivi.
  Con riferimento poi all'ammodernamento dei sistemi in essere, il Generale Graziano ha evidenziato che si tratta di una aggiornamento necessario per una pluralità di considerazione ed ha altresì fatto presente che allo stato le linee di ammodernamento «nel tendere a colmare i gap capacitivi, si basano largamente sulle lezioni apprese nei teatri operativi».
  In particolare, è stato fatto presente alla Commissione che tutti i sistemi di mobilità tattica, introdotti prima delle operazioni in Iraq e in Afghanistan, non sono più in servizio, in quanto la nuova insorgenza di minacce esplosive li ha resi non più idonei a garantire la sicurezza del personale.
  Inoltre, è stato rilevato che il tasso di usura dei materiali, connesso alle operazioni, ha determinato una riduzione della vita tecnica dei materiali stessi, sino ai due terzi della durata ipotizzabile con i normali parametri logistici.
  Infine, una considerazione particolare rispetto alla quale si manifesta una particolare necessità di ammodernamento riguarda lo sviluppo tecnologico dei sistemi d'arma di interesse per l'Esercito. Al riguardo, il piano di sviluppo di questa Forza armata si muove su due assi corrispondenti: quello della modernizzazione e quello della digitalizzazione. «Un mezzo nuovo adottato senza capacità di digitalizzazione è fondamentalmente un mezzo inutile» ha osservato a questo proposito il Generale Graziano, ribadendo che l'obiettivo da perseguire prevede «una capacità da implementare su ogni piattaforma operativa e su ogni sistema in dotazione o in acquisizione dell'Esercito, al fine di conferire alle unità militari la possibilità di scambiare informazioni e di condividere la situazione operativa»  (5) .
  Con riferimento, poi, alla componente elicotteristica, questa sarà ridotta in 10 anni da 250 a circa 168 elicotteri. Si tratta di una componente considerata essenziale per l'Esercito, osserva il Generale Graziano, anche grazie ad un mezzo del tutto peculiare: l'elicottero da attacco, ricognizione e scorta A-129 mangusta, di cui si prevede un ammodernamento e un rinnovamento con 48 nuovi elicotteri in 20 anni.
  Tale mezzo si è dimostrato il principale strumento nelle operazioni di supporto alla pace, per la scorta dei convogli, la protezione del personale, per risolvere situazioni di estrema gravità con assoluta precisione, evitando danni collaterali. L'elicottero Mangusta, ha rilevato il Generale Graziano, ha volato per la prima volta in operazioni remote, già 20 anni fa in Somalia, ed è soggetto ad un'ovvia obsolescenza, con il passare degli anni.
  Da ultimo, il Capo di stato maggiore dell'Esercito ha prospettato:
   l'incremento della dotazione di sistemi Lince e VTMM (Veicolo Tattico Medio Multiruolo), ritenuti particolarmente importanti in quanto specializzati contro le minacce da esplosivi; Pag. 80 
   la riduzione della componente pesante dell'Esercito (in passato l'Esercito disponeva di moltissimi carri armati, mentre per il futuro se ne stimano 150, insieme a 200 cingolati di tipo moderno);
   lo sviluppo di forze medie, che rappresentano mezzi specializzati contro le mine e contro le nuove minacce digitali e che consentono di ridurre il numero dei mezzi rispetto al passato, mantenendo la capacità (al riguardo, si prevedono 136 blindo centauro 2, rispetto alle 300 in servizio della prima versione).

3.4. Marina

  Il Capo di stato maggiore della Marina, Ammiraglio De Giorgi, nel corso della sua audizione del 19 giugno scorso, ha fornito taluni dati riguardanti l'assetto attuale dei mezzi a disposizione della Marina, l'ammodernamento della flotta navale e futuri programmi d'investimento. Nel corso dell'audizione sono stati, altresì, fornite informazioni in merito al futuro impiego del velivolo F35 sul portaelicotteri Cavour.
  L'ammiraglio De Giorgi, nel richiamare i numerosi impieghi operativi delle unità navali della Marina italiana ha, altresì, ricordato che attualmente la flotta della Marina militare è composta da 60 navi e 26 unità del naviglio minore. Gli aeromobili sono 70 e suddivisi in tre poli aeronavali. Gli arsenali sono tre: La Spezia, Taranto e Augusta.
  In relazione a tali strumenti operativi l'Ammiraglio De Giorgi si è soffermato, in particolare, sulla necessità di un loro ammodernamento al fine di garantirne la piena operatività e tempestività d'impiego. Tale esigenza risulta allo stato fortemente limitata in considerazione dell'insufficienza delle risorse finanziarie assegnate alla Marina, pari al 50 per cento del reale fabbisogno. Tale budget a disposizione, oltre a non consentire la sostituzione delle navi al termine dello loro vita operativa, rappresenta un limite alla prontezza e alla disponibilità delle navi. La scorta di munizionamento resta, inoltre sotto i livelli minimi e il potenziale operativo è conseguentemente ridotto. Lo stesso addestramento della flotta, anche per la minor disponibilità di navi, risulta limitato con un aumento degli infortuni sul lavoro e una minore efficacia dello strumento.
  A fronte di tali considerazioni di carattere generale sono stati forniti dati specifici in merito alla specificità dello strumento navale e alle connesse esigenze di ammodernamento. In particolare, è stato rilevato che l'età operativa di una nave è in media di vent'anni a fronte di una età media attuale di molto superiore. A sua volta il numero di navi a disposizione di una flotta è influenzato dalle manutenzioni: «un terzo di queste è sempre in manutenzione programmata, ma solo quando si dispone delle risorse» ha sottolineato l'ammiraglio De Giorgi aggiungendo che «le navi manutenute meno del livello ottimale invecchiano prima e questo è un ulteriore aggravio. A fronte di un investimento di un certo livello per avere queste navi, quindi, il fatto di mantenerle poco ci dà una riduzione in efficienza e una minore potenzialità».Pag. 81 
  Negli ultimi anni la Marina dispone, quindi, di 20 unità effettivamente pronte all'impiego, un numero inferiore al totale complessivo teoricamente a disposizione.
  Per quanto riguarda le previsioni relative al prossimo decennio, è stato reso noto che il prossimo decennio la Marina radierà per fine vita operativa navali, 4 sommergibili e 14 unità del naviglio minore a fronte di un previsto ingresso di 8 fregate FREMM, una unità supporto subacqueo polivalente (l'unità di soccorso sommergibili) e di 2 sommergibili, in fase di costruzione.
  Il restante programma approvato dalla Difesa prevede due unità aggiuntive in attesa di finanziamento, una logistica e una anfibia.
  Il Capo di stato maggiore della Marina ha quindi manifestato la propria opinione in merito al fatto che per garantire la sopravvivenza della flotta, ancorché con numeri più ridotti, salvando al contempo il settore strategico della cantieristica militare attualmente impegnata al 50 per cento delle proprie capacità, occorrerebbe avviare urgentemente un programma organico di costruzione, finalizzato anche alla razionalizzazione dello strumento.
  Ulteriori osservazioni hanno, infine, riguardato i velivoli destinati a costituire il futuro sistema d'arma del portaelicotteri Cavour sostituendo l'attuale sistema d'arma, l'AV-8, attualmente in servizio, ma di cui si prevede a breve la cessazione della propria vita operativa.
  Secondo quanto riferito dal Capo di stato maggiore della Marina, i primi F35 saranno operativi a partire dal 2023. Si tratta di un primo nucleo di 6-7 velivoli.

3.5. Aeronautica

  L'audizione del Capo di stato maggiore dell'Aeronautica, Generale di squadra aerea Preziosa, ha consentito di acquisire elementi in merito all'approntamento, l'efficacia operativa e l'impiego delle Forze aeree italiane nel quadro del sistema di sicurezza nazionale e internazionale. Specifiche informazioni hanno riguardato poi il programma F35.
  In linea generale il Capo di stato maggiore dell'aeronautica ha osservato che negli ultimi venti anni l'Aeronautica militare ha operato costantemente una riduzione complessiva della propria struttura in aderenza con le decrescenti risorse finanziarie a disposizione.
  In particolare, con riferimento all'anno 2012, il 67 per cento delle risorse è stato assorbito dal personale, poco più del 20 per cento dall'investimento e solo il 9 per cento per l'esercizio. Quanto all'esercizio, il Generale Preziosa ha ritenuto tale percentuale molto inferiore alle necessità effettive, anche in considerazione degli attuali elevati standard di addestramento sotto ai quali un determinato reparto non è riassegnato in sede NATO.
  In considerazione di tale contesto, l'Aeronautica considera fondamentali tutti i programmi di trasformazione, tra i quali viene espressamente richiamato quello di sostituzione dei velivoli Tornado e AMX con 75 velivoli F35.
« Il passaggio da 236 a 75 velivoli significa una riduzione delle forze operative di questo settore» ha osservato il Generale Preziosa il quale Pag. 82 ha, altresì, aggiunto che «sostanzialmente, rimarremo con il 30 per cento di quello che negli anni Ottanta fu acquisito per questa specifica esigenza. Tuttavia, le capacità del velivolo – consentendo l'espletazione di più compiti – ci consentiranno una riduzione notevole e la comunanza logistica non più di due linee di volo, ma di una sola. Ciò ci consentirà, inoltre, una riduzione notevole del supporto logistico».
  Per quanto riguarda, poi, il soccorso aereo, è stato fatto presente che gli aeromobili HH-3F sono ormai in fase di cessazione della propria operatività e non risulta possibile operare la manutenzione per la difficoltà di rinvenimento dei pezzi di ricambio. Inoltre, la componente di elicotteri Agusta-Bell AB 212 ASW cesserà a breve la propria vita operativa anche in considerazione del fatto che la manutenzione di questi elicotteri è considerata, allo stato, troppo onerosa.
  Con riferimento, poi, all'acquisizione di capacità di contrasto dei missili balistici per il soddisfacimento della nuova missione cosiddetta BMD (Ballistic Missile Defence) assegnata in ambito NATO, il Generale Preziosa ha espresso il proprio apprezzamento sul fatto che il MEADS (Medium Extended Air Defence System) ha ricevuto i finanziamenti da Stati Uniti, Germania e Italia per concludere la fase di sviluppo.
  Ulteriori considerazioni hanno da ultimo riguardato il quadro geopolitico e il livello di instabilità e di violenza che caratterizza ancora molte aree del mondo.
  A fronte di questo contesto in continua evoluzione, ha osservato il Generale Preziosa, «occorre disporre di tutti i mezzi, grandi e piccoli, per intervenire immediatamente cercando di porre rimedio a quello che succede, che sorprenderà, per poi aumentare, eventualmente, il resto delle dotazioni».

3.6. L'Arma dei carabinieri

  Il Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, Generale Gallitelli, nel corso della sua audizione del 3 luglio, ha evidenziato, in primo luogo, come le spese di investimento dell'Arma si risolvono essenzialmente nell'acquisto di autoveicoli e motoveicoli e strutture telematiche non esistendo per questa Forza armata una dotazione di grandi armamenti.
  Al riguardo, è stato fatto presente che la manutenzione dei veicoli, essenziale per esplicare il controllo del territorio, presenta diversi profili di criticità in considerazione delle risorse a tal fine disponibili, di gran lunga inferiori alle effettive esigenze di manutenzione:
   a fronte di una disponibilità di circa 11.500.000 euro, le richiamate spese si assestano intorno ai 30 milioni.
  Ulteriori informazioni hanno riguardato le risorse destinate, più in generale, al settore dell'investimento e al loro utilizzo. È stato al riguardo evidenziato che tali somme sono pari a 25,65 milioni di euro, 44 in meno rispetto al precedente anno. Ulteriori risorse, pari al 15 milioni di euro, sono state, invece, garantite dallo stato maggiore Della Difesa per l'acquisto di ulteriori veicoli e per il completamento di un piano di innovazione tecnologica per i reparti investigativi e per le Pag. 83 dotazioni scientifiche del raggruppamento investigazioni scientifiche. Sono stati, inoltre, assegnati 10 milioni suppletivi sui capitoli investimento da destinare a questi particolare settori.
  Infine 27 milioni di euro sono stati forniti sempre dallo stato maggiore della Difesa, relativamente al triennio 2013-2015, per il completamento della struttura telematica condivisa con le altre Forze armate e di polizia.
  Infine, grazie a finanziamenti europei, è in corso di completamento la digitalizzazione delle capacità di trasmissione dati che consente di raggiungere i comandi distribuiti sul territorio. Si tratta di una infrastruttura telematica che pone l'Arma all'avanguardia in questo settore.

4. I principali programmi di acquisizione di sistemi d'arma in corso di esecuzione

4.1. Il programma Joint Strike Fighter (F35)

  Tra i programmi di acquisizione dei sistemi d'arma in corso di esecuzione che hanno formato oggetto di una attenta analisi nel corso dello svolgimento dell'indagine conoscitiva vi è il programma di ricerca e sviluppo del cacciabombardiere di quinta generazione Joint Strike Fighter.
  Si tratta di un programma che riveste da tempo un ruolo di centralità nell'ambito delle diverse tematiche che animano il dibattito politico sui temi della difesa e sul quale di recente la Camera ha approvato uno specifico atto di indirizzo (mozione n. 1-00125) con il quale si impegna il Governo a: «a dare impulso, a partire dal Consiglio europeo di dicembre, a concrete iniziative per la crescita della dimensione di Difesa comune europea in una prospettiva di condivisa razionalizzazione della spesa; al pieno rispetto di quanto previsto dall'articolo 4 della legge n. 244 del 2012, allo scopo di garantire al Parlamento di esercitare le proprie prerogative; in particolare, relativamente al programma F35; a non procedere a nessuna fase di ulteriore acquisizione senza che il Parlamento si sia espresso nel merito, ai sensi dell'articolo 4 della legge 31 dicembre 2012 n.244». Identica mozione è stata approvata dal Senato.
  Nel corso dell'indagine sono stati rivolti numerosi quesiti a diversi interlocutori, istituzionali, rappresentativi dei settori industriali maggiormente interessati, esperti della materia ed analisti militari.
  Gli elementi raccolti hanno permesso di esaminare il programma sotto diversi profili e sono stati raccolti orientamenti anche differenti sui diversi aspetti di questo investimento. A fronte di una parte di considerazioni basate sulla essenzialità del nuovo cacciabombardiere di quinta generazione per il nostro sistema di difesa e per le conseguenti ricadute positive in termini di ritorni industriali e occupazionali, sono state, altresì, raccolte diverse e in alcuni casi più critiche valutazioni basate sulla difficoltà di sostenere l'investimento sul piano dell'impegno di risorse (analisi difesa) e sulla necessità di rivedere totalmente la partecipazione al programma (rappresentanti campagna «sbilanciamoci»).Pag. 84 
  Altri, infine, hanno considerano preliminare a qualsiasi valutazione e decisione sui sistemi d'arma e, quindi, anche sul programma F35, la definizione di un modello di difesa e la definizione delle strategie di sicurezza nazionale che si intendono perseguire (Rete italiana per il disarmo).
  Nel dettaglio i quesiti hanno riguardato essenzialmente diversi aspetti di questo programma ed in particolare la scansione temporale degli accordi, il costo complessivo del programma e dei singoli velivoli, lo stato attuale degli acquisti italiani, le ricadute industriali ed occupazionali del programma, la quota parte del programma che sarà materialmente realizzata dall'Italia, la presenza di offset contrattuali, i costi futuri di manutenzione ed esercizio le conseguenze finanziarie e di politica estera derivanti da una eventuale uscita del nostro Paese dal programma, le relazioni tra l’F35 e l’Eurofighter.
  Alcune risposte che attengono alle scelte politiche del programma sono state in primo luogo fornite dal Ministro della difesa nel corso della sua audizione dello scorso 23 luglio.
  In quella sede, il Ministro ha ribadito quanto in precedenza rilevato in occasione del dibattito svolto sulla richiamata mozione n. 1-00125 quando aveva osservato che «a fronte dell'annunciato ridimensionamento del programma di acquisto degli F35 effettuato dal Governo e dal Ministro Di Paola il 15 febbraio 2012, la mozione Speranza rappresenta un atto inibente ogni ulteriore acquisizione e non sembra dover essere intesa come un generale retroattivo divieto incidente su politiche di acquisto già determinate. In mancanza di diverse scelte normative, il Governo ha il dovere di esercitare compiutamente le proprie competenze in materia di politica degli armamenti, in coerenza con un quadro giuridico rimasto immutato».
  Il Ministro nel ricordare l'evoluzione del programma, originariamente programmato per l'acquisto di 150 velivoli e successivamente ridimensionato prima a 131 e poi 90 velivoli, ha sottolineato come lo strumento militare in esame è destinato a sostituire i velivoli Tornado e gli AMX che rappresentano di gran lunga i sistemi d'arma più utilizzati nella storia della Repubblica. Infine, ha invitato a riflettere sulla necessità di considerare attentamente i molteplici elementi di instabilità ed incertezza dell'attuale quadro geo-strategico con particolare riferimento all'area euro mediterranea e a valutare lo scopo di forti programmi d'arma all'interno di società evolute in un'ottica di «deterrenza per la costruzione della pace».
  Per quanto riguarda, invece le caratteristiche tecnico-militari del velivolo tali informazioni sono state acquisite, in particolare, nel corso delle audizioni del Capo di stato maggiore della difesa e dei Capi di stato della Marina e dell'Aeronautica. Il primo, ha in particolare, sottolineato come il nuovo velivolo F35 sia destinato a colmare il gap dei sistemi dell'Aeronautica e dunque della difesa aerea, oltre che di sostegno alle forze di terra per i prossimi 30-40 anni. Il Capo di stato maggiore dell'Aeronautica, ha, invece, sottolineato come per l'Aeronautica militare, non esistono oggi alternative di pari valore operativo all’F35 sul mercato internazionale ed ha manifestato il convincimento il quale «Qualsiasi altra soluzione oggi non è risolutiva della funzione». Il Capo di stato maggiore della Marina militare ha invece evidenziato come il velivolo F35 costituirà il sistema d'arma del Pag. 85 Cavour sostituendo l'attuale sistema d'arma, l'AV-8, attualmente in servizio, che a breve cesserà la propria vita operativa. Inoltre ha ipotizzato un possibile dual use di questo strumento in considerazione del fatto che «l’F35 è un aeroplano che decollerà dal Cavour quando servirà».
  Il Segretario generale della Difesa, Generale Stefanini ha a sua volta fatto presente come la scelta tra l'acquisto del singolo velivolo e la partecipazione al programma si sia in passato orientata verso la seconda di queste due opzioni in considerazione delle ricadute positive che tale partecipazione avrebbe comportato in termini industriali e tecnologici.
«Partecipare al programma» ha osservato il Generale Stefanini «fa si che la nostra macchina abbia determinate caratteristiche, che siamo in grado di controllare. Se, invece, non vi partecipassimo, tutto questo non potrebbe avvenire».
  Per quanto riguarda il profilo industriale dell'operazione, l'obiettivo perseguito, ha sottolineato il Segretario generale della Difesa, è quello di attirare su Cameri non solo l'assemblaggio di altre macchine che verranno acquisite in Europa, come quelle olandesi, ma anche le attività di mantenimento e di up-grading per tutte le macchine di questo tipo acquisite da Paesi europei o che in Europa operano, come gli F35 americani di istanza in Germania.
  Al contempo, il Generale Stefanini ha messo in evidenza come tale scelta, presenti comunque dei margini di rischio connessi con il carattere industriale e, quindi, commerciale dell'operazione, «pur tuttavia, tale operazione ha fatto si che, allo stato, l'assemblaggio del velivolo potrà esser realizzato unicamente dagli Stati Uniti o dall’ Italia».
  Sul tale aspetto è intervenuto anche il Generale Preziosa il quale ha sottolineato come la partecipazione al programma JSF ha consentito ad Alenia Aeronautica di vincere la commessa per la costruzione degli 800 elementi di fusoliera centrale e il 40 per cento del velivolo più le ali.
  Per quanto riguarda, poi, i profili contratti di acquisizione, il Generale Stefanini nell'evidenziare come in occasione di grandi programmi che coinvolgono più Nazioni, sono predisposte delle apposite agenzie internazionali che curano l'aspetto contrattuale e quello esecutivo del programma – quella che cura l’F35 ha sede negli Stati Uniti – ha posto l'attenzione sul fatto che con riferimento a programmi di durata così lunga come nel caso del programma F35, programma di durata venticinquennale, «sarebbe impossibile immaginare un impegno a distanza di quindici anni». L'impegno scatta in quelli più prossimi, quando contrattualmente bisogna impegnarsi concretamente. «Non esistono penali» ha puntualizzato, quindi, il Generale Stefanini, «ma anticipazioni che non sono restituite se si torna indietro».
  Pertanto, in risposta ad una specifica domanda, il Segretario generale della Difesa ha osservato che nella riduzione dell'impegno di acquisto da 131 a 90 velivoli, operata dal Governo Monti nella scorsa legislatura, si è probabilmente «tagliata quella parte di scatola vuota che non era stata soggetta ancora a nessun tipo di collaborazione diretta, stretta, di tipo industriale».Pag. 86 
  Sempre con riferimento ai profili contrattuali del programma, l'amministratore delegato di Finmeccanica, nel corso della audizione del 16 ottobre 2012, nel sottolineare che il costo complessivo dell'aereo è tra i 90 e i 95 milioni di euro in quanto tale, ha osservato che il contatto originario, prevedeva che, nel momento in cui vi fosse stata una riduzione del numero dei velivoli acquistati al di sotto dei 100, non vi sarebbe stata più alcun tipo di «diritto» da parte dell'industria nazionale a produrre pezzi di questo aereo. In concreto, però anche a fronte della riduzione a 90 velivoli dell'originaria previsione di acquisto, all'industria nazionale è stato assegnato il compito di produrre 800 sistemi di ala.
  Con riferimento poi al ridimensionamento del programma il dottor Pansa ha aggiunto che la riduzione di 41 unità «non è un fatto irrilevante» perché significa ridurre il programma di un 35-40 per cento, il che, in termini di impegno industriale, impianti e macchinari, ha una sua rilevanza.
  Con particolare riferimento, poi, al profilo occupazionale, il dottor Pansa ha espresso il proprio convincimento in merito al fatto i ritorni industriali di questo programma dipenderanno dalla capacità di utilizzare le infrastrutture create per attrarre la manutenzione, ovvero quella della parte avionica e dell'elettronica incorporata in questi aerei, che volano o sono di pertinenza, sia degli altri Paesi europei che li acquistano, sia degli aerei statunitensi di stanza in Europa. A questo proposito è stato evidenziato che il sito di Cameri è particolarmente attrezzato al riguardo e non vi sono altri siti europei col medesimo tipo di requisiti, sia di adeguatezza degli impianti, sia di sistemi di sicurezza, per cui l'occupazione complessiva che potrebbe, stabilmente e negli anni, generare questo programma potrebbe coinvolgere almeno 5.000 persone.
  Da ultimo, l'amministratore delegato di Finmeccanica, nell'evidenziare che le società italiane coinvolte nel programma sono complessivamente 90 e che l'ammontare dei contratti stipulati a luglio 2013 è di circa US $ 715 milioni, dei quali US $ 565 milioni assegnati al gruppo Finmeccanica (le industrie Finmeccanica coinvolte nel programma JSF sono Alenia Aermacchi, Selex ES e OTO Melara) ha espresso il proprio convincimento in merito al fatto che i ritorni industriali a vita intera sono al momento stimabili in almeno US     10 miliardi per l'intero sistema industriale italiano coinvolto, ma la successiva evoluzione del sito FACO di Cameri anche in un centro regionale di supporto (Regional Support Center) per la manutenzione, riparazione ed ammodernamento, sia per la parte aereostrutture che per l'avionica e per i sistemi d'armamento delle flotte F35 comporterà l'aumento del livello di trasferimento tecnologico verso l'industria nazionale e maggiori ritorni economici.
  Sulle prospettive industriali del programma si è espresso anche il dottor Enzo Casolini, ultimo amministratore delegato italiano del Consorzio Eurofighter, secondo il quale l’F35 dal punto di vista industriale «era, ed è tuttora, probabilmente, una grande opportunità per l'industria nazionale» a condizione che venga superato il limite all'accesso alle tecnologie e alle conoscenze del velivolo.
  Utili elementi di valutazione sono stati infine acquisiti nel corso delle audizioni degli esperti.Pag. 87 
  Denominatore comune di queste audizioni è la considerazione secondo la quale la valutazione di un sistema d'arma non può prescindere dal quadro geopolitico di riferimento e dalla chiara individuazione dei potenziali rischi che un sistema d'arma è chiamato a contrastare.
  Il quadro geopolitico di strategie e di cambi di forze mondiali è stato messo bene in evidenza dal professor Politi, direttore della NATO Defense College Foundation. Il professor Politi, nel delineare quello che dovrebbe essere il punto di arrivo della politica di sicurezza europea, ha fornito utili dettagli in merito a quelle aree geografiche a più alta instabilità politica e istituzionale e, quindi, a più alto il rischio di conflittualità ed ha invitato a riflettere sul fatto che «quando ci sono forti squilibri commerciali, quando ci sono forti competizioni economico-politiche, il rischio che alla fine uno o più attori decidano di usare la scorciatoia della guerra non è assolutamente scontato».
  Con specifico riferimento al programma F35 il professor Politi ha osservato come «il senso vero di quel programma, che è stato deciso quando la crisi finanziaria non c'era, era la capacità di rinsaldare un legame transatlantico. Si tratta di una scelta politica assolutamente comprensibile, ma che avviene, ancora una volta, in mezzo a persistenti resistenze nazionali e a tagli lineari tutti a livello nazionale».
  Sulla necessità di una chiara individuazione dello scenario di riferimento della difesa si è espresso anche il professor Michele Nones, direttore dell'area sicurezza e difesa dell'Istituto Affari Internazionali (IAI). Il primo elemento da considerare, ha rilevato il professor Nones, è quello della minaccia asimmetrica, diventata difficilmente prevedibile e quantificabile in termini di tempi, provenienza, modalità e durata. Il professor Nones ha, quindi, invitato a riflettere sul fatto che nell'arco di pochi anni, «ci siamo ritrovati con una minaccia che mentre prima collocavamo in una distanza dell'ordine delle migliaia di chilometri adesso collochiamo in una distanza dell'ordine delle centinaia di chilometri».
  Con riferimento specifico al programma F35, pur dando atto della opportunità di pervenire quanto prima alla necessità di un libro bianco della difesa nell'ambito del quale si potrebbero meglio spiegare le ragioni e i modi di certe scelte o, eventualmente, anche correggerle, ha espresso il proprio convincimento in merito al fatto che una eventuale rinuncia al programma comprometterebbe pesantemente l'affidabilità italiana (l'esempio fatto dal professor Nones e ai connessi reciproci impegni presi con l'Olanda).
  Sulla scelta originaria di partecipare al programma, il professor Nones ha sottolineato che l'Italia ha deciso di partecipare al programma quando è stato «chiaro a tutti – vi parlo degli anni 1999-2000 – che l'Europa non voleva, non poteva, non sapeva mettersi d'accordo nello sviluppare un velivolo analogo».
  Sulla medesima posizione anche il professor Margelletti, direttore del CESI, il quale ha definito ’F35 «un grande fallimento europeo. Come europei, non come italiani, noi non siamo stati in grado di metterci insieme intorno al tavolo e di renderci conto che da soli Pag. 88 abbiamo pochissime capacità, pochi soldi e soprattutto, che è ciò che conta per il mercato, poche economie di scala. Più elevati sono i numeri, minore è la spesa».
  Il professor Margelletti, nell'illustrare le finalità del progetto e le prospettive di utilizzo futuro da parte delle nostre Forze armate, ha espresso il proprio convincimento in merito al fatto il programma, nel corso della sua evoluzione, ha presentato delle problematiche in origine non ipotizzate da parte statunitense ed ha evidenziato come il programma si stia sviluppando secondo una tempistica diversa dalle originarie aspettative.
  Considerazione critiche al programma sono state, invece espresse nel corso dell'audizione Audizione di rappresentanti della Campagna «Sbilanciamoci !» e della Rete Italiana Disarmo.
  In particolare, Francesco Vignarca, Coordinatore della Rete italiana per il disarmo, nel corso della sua audizione del 1o ottobre, ha manifestato la necessità di elaborare urgentemente un completo e innovativo modello di difesa in quanto «senza una precisa indicazione dei traguardi da raggiungere non è possibile, valutare gli strumenti necessari per arrivarvi e di conseguenza non è per voi possibile valutare compiutamente quali sistemi d'arma utilizzare».
  Leopoldo Nascia, esperto della campagna «Sbilanciamoci !», nel corso della sua audizione del 1o ottobre, ha a sua volta auspicato una più ampia informazione circa i criteri in base ai quali vengono effettuate le previsioni di spesa e, con particolare riferimento al programma F35, ha manifestato la necessità di una precisa informazione in merito ai costi ufficiali «manca una stima certa e verificabile» ha osservato il rappresentante della campagna «Sbilanciamoci !» «con tutti i parametri necessari, calcolata in modo trasparente per consentirne eventualmente la verifica o la contestazione».
  Nel segnalare la necessità di definire quanto prima un nuovo modello di difesa, Maurizio Simoncelli, Vicepresidente dell'Istituto di Ricerche internazionali Archivio disarmo, nel corso della sua audizione del 1o ottobre, ha posto l'attenzione su una serie di minacce, che ad avviso dell'Istituto che rappresenta, devono essere considerate nella definizione di una strategia di sicurezza nazionale. Tali minacce vengono individuate essenzialmente nella proliferazione nucleare, nel terrorismo internazionale, nell'immigrazione incontrollata e nel riscaldamento globale. Si tratta di minacce che, ad avviso dottor Simonelli, non richiedono, per essere efficacemente contrastate, uno strumento militare essendo più efficaci soluzioni di altra natura: «Se c’è un pericolo di proliferazione nucleare», ha osservato il dottor Simonelli, «noi dobbiamo rispondere in quella prospettiva e quindi il Ministero degli esteri deve attivarsi sul piano del rafforzamento del Trattato di non proliferazione nucleare. Ciò vale per tutte le altre minacce. Gli F35, le portaerei o i carri armati servono effettivamente per risolvere il problema del terrorismo ? Per quanto riguarda l'immigrazione clandestina, non fermiamo certamente i barconi nel Mediterraneo con le portaerei o con i cacciabombardieri».

Pag. 89 

4.2. Il Programma European Fighter

  Il Programma EFA/Eurofighter 2000 (European Fighter Aircraft, poi European Fighter) rappresenta il più vasto programma industriale nel settore europeo della difesa, nonché l'esempio più avanzato di integrazione industriale in un unico programma comune.
  Il programma è frutto della cooperazione tra Italia, Germania, Regno Unito e Spagna, avviata in base al Memorandum of Understanding generale sottoscritto nel 1986.
  Un quadro completo del programma, con particolare riferimento alla sua evoluzione nel tempo, alle caratteristiche tecniche del velivolo, ai principi fondamentali che regolano la partecipazione al Consorzio e le sue prospettive future è stato offerto dal dottor Casolini, ultimo amministratore delegato del Consorzio, nel corso della sua audizione del 24 ottobre.
  Il dottor Casolini ha posto in evidenza tre concetti fondamentali che regolano il Consorzio Eurofighter e che possono essere così riassunti.
  Fin dalla sua origine, tutte le decisioni all'interno del Consorzio sono assunte all'unanimità, indipendentemente dalla percentuale di partecipazione che i quattro Paesi hanno nel programma. Non esistono, quindi, ai fini dell'assunzione delle decisioni che riguardano il programma partner di primo, secondo e terzo livello come, invece, è previsto nel programma F35(6) .
  Il secondo principio che regola il Consorzio si basa sul concetto «cost sharing» uguale «war sharing» ed in base al quale l'investimento fatto dalla singola nazione deve mantenersi nel relativo ambito nazionale. Conseguentemente a ciascuno dei quattro Paesi che partecipano al Consorzio è stata affidata la realizzazione di una componente rilevante del velivolo, oltre alla responsabilità del progetto su alcune parti. Sono, inoltre, previste verifiche periodiche a seguito delle quali eventuali sbilanciamenti devono essere recuperati.
  Il terzo principio che regola il Consorzio si basa sul fatto che tutte e quattro le nazioni che vi aderiscono hanno la conoscenza completa del velivolo, il know-how delle tecnologie e dell'avionica.
  Per quanto riguarda, le prospettive future del programma il dottor Casolini ha ricordato che il programma Eurofighter «è ancora vivo e vegeto e il contributo delle nazioni, soprattutto dell'Inghilterra, per l'export è fondamentale per poter proseguire le linee di produzione del programma stesso».
  In tal senso si è espresso anche il dottor Pansa, amministratore delegato di Finmeccanica nel corso della sua audizione del 16 ottobre, quando ha evidenziato che una volta terminato il flusso di ordini giunti dai 4 Paesi proponenti e costruttori, il futuro di questa piattaforma è prevalentemente nell'esportazione. Ed ancora il professor Pag. 90  Margelletti nel corso della sua audizione del 28 ottobre, ha osservato come il programma Eurofighter ha margini di produzione e di sviluppo ancora notevolissimi, ma soprattutto, va aiutato l'export di questo velivolo.
  Con riferimento, poi al confronto fra il programma Eurofighter e l’F35, le valutazioni raccolte su questo profilo sono state numerose e anche in questo caso non sempre convergenti.
  Ad avviso del dottor Gaiani, ad esempio, in futuro, con taluni adattamenti già in corso di studio, il programma Eurofighter potrà svolgere funzioni di cacciabombardiere; il dottor Nascia ha, a sua volta, espresso il proprio convincimento in merito alla possibilità di valutare anche l'opportunità di «bloccare l'acquisto degli F35 e ritornare agli Eurofighter con tutti gli strumenti più moderni di cui disponiamo».
  Hanno invece, sottolineato le finalità diverse dei due strumenti in particolare, il Professor Nones e il Professor Margelletti.
  Il primo, ha fatto presente che nella concezione della nostra Aeronautica si ritiene di dover avere un numero di velivoli intercettori uguale a quello dei velivoli destinati all'appoggio tattico, il secondo, ha osservato come si tratti di velivoli profondamente diversi «ciascuno è in grado, con un minimo di logico overlapping, di farne altre. Uno può portare bombe e l'altro può portare missili da difesa aerea, ma nascono in maniera completamente diversa per fare cose diverse».

4.3. Il programma Forza NEC

  Il progetto Forza NEC, è uno di quei programmi in corso di esecuzione sui quali si è concentrata l'attenzione della Commissione nel corso dell'indagine conoscitiva, sia per la rilevanza dell'impegno previsto in questo investimento, sia per il carattere fortemente innovativo e tecnologico del progetto.
  Il progetto «Forza NEC» è, infatti, un progetto di ammodernamento dello strumento militare inteso all'acquisizione di capacità operative e tecnologiche completamente digitalizzate e come tali in grado di sfruttare le opportunità offerte dalle moderne tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
  Le audizioni svolte su questo progetto hanno posto in evidenza come da un punto di vista operativo, il progetto di digitalizzazione di una Forza NEC consiste nel dotare le unità operative schierate in campo, dai posti di comando alle varie piattaforme (carri armati, veicoli di trasporto truppe, sistemi di ricognizione, semoventi di artiglieria) fino al singolo soldato, di opportuni sistemi digitali di elaborazione e di comunicazione, pienamente integrati ed interoperabili tra di loro. Il progetto in esame, attraverso l'utilizzo di nuove tecnologie informatiche, consente di ridurre in maniera significativa i tempi di comunicazione e di acquisizione delle informazioni che da sempre rappresentano una criticità nella condotta delle operazioni militari.
  Sulla prima fase del programma la Commissione difesa della Camera aveva espresso il proprio parere favorevole nel corso del 2009. La prima fase del programma, attiene, in particolare, ad una serie di Pag. 91 attività sperimentali e di collaudo che dovranno costituire la «cornice» essenziale per la successiva fase di digitalizzazione, in tempi ristretti, di una Forza media articolata su una Brigata media (blindati 8x8 e 4x4), completa dei necessari supporti logistici, nonché di una forza da sbarco, individuata nel Reggimento Lagunari «Serenissima» e nel Reggimento «San Marco» della Marina militare.
  Tali attività preliminari consistono, in particolare:
   nella progettazione del programma di digitalizzazione;
   nel collaudo dei sistemi e delle piattaforme da digitalizzare;
nella definizione dei progetti industriali tesi, tra l'altro, alla fornitura
   dei principali sistemi C4ISTAR, C2N, sensori, attuatori e decisori;
nell'approvvigionamento dei principali strumenti (sensori, attuatori e decisori) destinati a garantire che la «Digitalizzazione dello Spazio della manovra» della Forza NEC sia realizzata in tempi rapidi.
  La successiva seconda fase del Progetto, relativa alla effettiva digitalizzazione delle prime due unità operative (una Forza media ed una Forza anfibia) non è stata ancora sottoposta al parere parlamentare.
  In relazione alla richiamata scansione temporale del programma, il Capo di stato maggiore dell'Esercito, nella sua audizione del 5 giugno 2013, ha fatto presente che l'esigenza di contenimento del bilancio ha indotto a rivedere quella programmazione che, mantenendo la sua validità, con l'ipotesi finanziaria attuale, permette di conseguire soltanto il 70 per cento dell'ammodernamento entro il 2032 «potremo cioè avere un ammodernamento del 70 per cento in 20 anni».
  Sul programma in generale si è soffermato anche il dottor Politi il quale ha posto in evidenza come a livello europeo esistono numerosi sistemi analoghi. «I tedeschi hanno il loro programma, l'Infanterist der Zukunft. I francesi hanno RITA e FELIN. Gli inglesi hanno FIST, J-TAS ed ELSA. Tutti questi programmi» ha osservato il professor Politi «fanno esattamente la stessa cosa».
  Analoga considerazione è stata espressa dal dottor Festucci, Segretario generale della federazione aziende italiane per l'aerospazio, il quale ha rilevato che in Europa esistono molti «soldati futuri», che non sono compatibili l'uno con l'altro. «Se si cominciasse a capire l'esigenza di farne uno solo, per efficientare i costi e anche il sistema, probabilmente faremmo una buona operazione».

5. La Politica di sicurezza e difesa comune

  A livello europeo il tema dell'integrazione dell'efficacia della dimensione europea della difesa è un tema centrale del dibattito politico e sul quale nel corso dell'indagine conoscitiva sono stati raccolti importanti contributi, sia con riferimento alla più recenti iniziative che riguardano questo tema, sia sulle prospettive di sviluppo della difesa europea.

Pag. 92 

5.1. Il Trattato di Lisbona

  Importanti progressi sono stati compiuti con il Trattato di Lisbona nel settore della politica europea di sicurezza comune. In primo luogo, la prospettiva di una difesa comune, o comunque la definizione di una politica di difesa comune, i cui principi erano già stati stabiliti nel Trattato di Maastricht, diventa più realistica.
  Tale politica comune di difesa conferisce all'Unione una capacità operativa basata su strumenti civili e militari. Il Trattato di Lisbona ribadisce che il perseguimento della politica di sicurezza e di difesa comune non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri, rispetta gli obblighi derivanti dal Trattato del Nord-Atlantico, per gli Stati membri che ritengono che la loro difesa comune si realizzi tramite la NATO, ed è compatibile con la politica di sicurezza e di difesa comune adottata in tale contesto.
  In materia di politica estera e di sicurezza, il Trattato di Lisbona ha provveduto:
   ad individuare la nuova figura dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR), cui si riconnette l'istituzione di un servizio europeo per l'azione esterna chiamato ad assistere, in collaborazione con le strutture diplomatiche degli Stati membri, l'Alto rappresentante;
   a consolidare e definire le linee generali dell'azione dell'Unione con riferimento alla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e alla politica di sicurezza e difesa comune (PSDC), fondate sulla reciproca solidarietà degli Stati membri e sul perseguimento di una sempre più stretta convergenza delle azioni poste in essere dai medesimi Stati. È in questa prospettiva che si ipotizza di pervenire ad un modello di difesa comune. Tale prospettiva, tra le altre cose, ha comportato l'istituzionalizzazione dell'Agenzia europea per la difesa (EDA) – già creata nel 2004 – chiamata, tra le altre cose, a promuovere la cooperazione europea in materia di armamenti;
   a consentire eventualmente, con decisione del Consiglio che delibera a maggioranza qualificata, una cooperazione strutturata permanente in materia di difesa tra gli Stati membri che hanno le capacità militari necessarie e la volontà politica di aderirvi.
  Tra le altre innovazioni si ricorda inoltre l'istituzione di un fondo iniziale per finanziare le attività preparatorie delle attività militari dell'Unione europea; il fondo dovrebbe facilitare il dispiegamento delle operazioni militari.
  Per quanto riguarda, in particolare, le missioni PSDC, si segnala che il Trattato ha disposto l'estensione delle cosiddette missioni di Petersberg – missioni umanitarie e di soccorso; missioni di mantenimento della pace (peace-keeping); missioni di unità di combattimento nella gestione di crisi, comprese le missioni tese al ristabilimento della pace (peace-making) – integrandole con ulteriori compiti relativi alle missioni di disarmo, di consulenza ed assistenza in materia militare, di stabilizzazione al termine dei conflitti. L'articolo specifica inoltre Pag. 93 che tutte queste missioni possono contribuire alla lotta contro il terrorismo, anche tramite il sostegno a paesi terzi per combattere il terrorismo sul loro territorio.
  Quanto alle procedure decisionali, il Consiglio adotta le relative decisioni all'unanimità stabilendone l'obiettivo, la portata e le modalità generali di realizzazione. L'Alto rappresentante, sotto l'autorità del Consiglio e in stretto e costante contatto con il comitato politico e di sicurezza, provvede a coordinare gli aspetti civili e militari di tali missioni.
  Sotto il profilo del controllo parlamentare in tale ambito, il Parlamento europeo acquisisce in linea generale il diritto di essere informato (o consultato), il diritto di controllo (interrogazioni, dibattiti) e di voto del bilancio PESC.
  In base al Trattato di Lisbona, il Parlamento europeo è consultato regolarmente dall'Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza comune sui principali aspetti e sulle scelte fondamentali della politica di sicurezza e di difesa comune ed è tenuto al corrente della sua evoluzione. L'Alto rappresentante provvede affinché le opinioni del Parlamento europeo siano debitamente prese in considerazione. I rappresentanti speciali possono essere associati all'informazione del Parlamento europeo. Il Parlamento europeo può rivolgere interrogazioni o formulare raccomandazioni al Consiglio e all'Alto rappresentante. Il Trattato prevede inoltre che il Parlamento europeo svolga due volte l'anno il dibattito sui progressi compiuti nell'attuazione della politica estera e di sicurezza comune, compresa la politica di sicurezza e difesa comune.
  Si ricorda inoltre che è stata istituita la Conferenza per il controllo parlamentare sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e sulla politica di sicurezza e difesa comune (PSDC), composta da delegazioni dei Parlamenti nazionali degli Stati membri dell'Unione europea e del Parlamento europeo.

5.2. Iniziative in vista del Consiglio europeo del 19 e 20 dicembre 2013

Il mandato del Consiglio europeo
  Il Consiglio europeo del 13 e 14 dicembre 2012 ha indicato la necessità di rafforzare la collaborazione europea nella politica comune di sicurezza e difesa, sollecitando gli Stati membri a fornire capacità adeguate alle future sfide, sia nel settore civile che in quello della difesa giudicando necessario il rafforzamento della collaborazione per la situazione di ristrettezza finanziaria e per i potenziali benefici in termini di occupazione, crescita, innovazione e competitività industriale. Il Consiglio europeo ha quindi:
invitato l'Alto rappresentante e la Commissione europea ad elaborare entro settembre 2013 proposte volte al rafforzamento della PSDC e al miglioramento delle capacità militari e civili;
indicato che il Consiglio europeo del 19 e 20 dicembre 2013 procederà alla valutazione dei progressi compiuti e alla definizione di orientamenti, anche stabilendo priorità e termini.Pag. 94 
  Il Consiglio europeo del dicembre 2012 ha indicato tre aree (cosiddette cluster) nella quali rafforzare la collaborazione tra Stati membri in ambito PSDC:
   1) aumentare l'efficacia, la visibilità e l'impatto della PSDC, sviluppando l'approccio generale alla prevenzione dei conflitti, alla gestione delle crisi e alla stabilizzazione e la capacità di far fronte alle sfide che si profilano in termini di sicurezza; rafforzando la capacità dell'UE di spiegare con rapidità ed efficacia le capacità e il personale civili e militari negli interventi di gestione delle crisi;
   2) potenziare lo sviluppo delle capacità di difesa individuando le ridondanze e le carenze di capacità e stabilendo un ordine di priorità delle esigenze future per le capacità civili e militari; facilitando una cooperazione più sistematica, attraverso la «messa in comune e condivisione» delle capacità militari e nella pianificazione della rispettiva difesa nazionale degli Stati membri; facilitando le sinergie tra iniziative bilaterali, europee e multilaterali, comprese la «messa in comune e condivisione» dell'UE e la «Smart Defence» della NATO;
rafforzare l'industria europea della difesa, sviluppando una base industriale e tecnologica di difesa europea integrata, sostenibile, innovativa e competitiva; sviluppando sinergie tra attività di ricerca e sviluppo civili e militari; promuovendo un mercato della difesa, aperto alle PMI, anche con un'attuazione efficace delle direttive sugli appalti pubblici e sui trasferimenti intra-UE.

Il rapporto dell'Alto Rappresentante in vista del Consiglio europeo di dicembre 2013
  Su mandato del Consiglio europeo di dicembre 2012 l'Alto Rappresentante, Catherine Ashton, ha presentato il 15 ottobre 2013 un rapporto recante proposte per il rafforzamento della PSDC.
  Il rapporto sottolinea come l'Europa si trovi di fronte a sfide crescenti alla sua sicurezza, legate alla trasformazione ed evoluzione del contesto strategico e agli effetti della crisi finanziaria sulle proprie capacità nel settore della sicurezza e della difesa.
  Il rapporto indica che sarà importante non solo che il Consiglio europeo di dicembre 2013 produca risultati concreti, ma anche che si instauri un efficace processo di follow up per monitore e sostenere le iniziative decise.
  In particolare, il rapporto fa riferimento alla possibilità di avviare un'iniziativa di monitoraggio sulla difesa europea, una sorta di semestre europeo sulla difesa, che consenta di sincronizzare i cicli di pianificazione nazionali di bilancio nel settore della difesa e definire parametri di riferimento.
  Le proposte e le linee d'azione individuate dall'Alto Rappresentante per rafforzare la PSDC si articolano intorno alle tre aree (clusters) definite dal Consiglio europeo di dicembre 2012 e, in particolare:
   accrescere l'efficacia, la visibilità e l'impatto della PSDC;
   sviluppare ulteriormente l'approccio globale dell'UE alla prevenzione dei conflitti e alla gestione delle crisi rafforzando una prospettiva Pag. 95 di tipo regionale e garantendo una stretta cooperazione e un allineamento tra le diverse missioni e operazioni che insistono su una medesima regione;
   migliorare la collaborazione con i partner strategici (Nazioni unite, Nato e Unione africana); promuovere le partecipazioni a missioni PSDC di paesi non membri della Nato e di paesi candidati all'UE; contribuire alle capacita di partner locali e regionali incoraggiando la loro diretta responsabilità nella gestione e prevenzione delle crisi, fornendo non solo la consulenza e l'addestramento ma anche con l'equipaggiamento; esplorare le opportunità di cooperazione con i paesi del partenariato orientale; concordare modalità per il sostegno (di concetto, organizzativo e finanziario), di servizi di sicurezza nazionali;
   rispondere alle nuove o imminenti sfide alla sicurezza, con particolare riguardo ai temi: della cyber-sicurezza, con una divisione dei compiti tra strutture nazionali e europee; dei profili di sicurezza e difesa della politica spaziale europea; della sicurezza energetica;
   potenziare la capacità di risposta alla sfide che premono sui confini dell'Unione, contribuendo allo sviluppo capacità degli Stati terzi di controllare i propri territori e gestire i flussi di persone e merci e rafforzando la sicurezza dei mari in termini di interoperabilità delle forze e di capacità di risposta collettiva attraverso una strategia europea di sicurezza marittima;
   rafforzare la rapidità e l'efficacia delle operazioni di gestione delle crisi: definendo un nuovo approccio per migliorare la possibilità di impiego delle forze militari di reazione rapida (i cosiddetti Battlegroup); procedendo a dare piena applicazione alla roadmap volta a velocizzare l'impiego delle missioni civili; avviando una discussione con gli Stati membri sulla possibilità di nuove modalità di finanziamento comune delle missioni; avviando una riflessione sull'articolo 44 del TUE, che prevede la possibilità che il Consiglio affidi la realizzazione di una missione a un gruppo ristretto di Stati membri che si accordano sulla sua gestione;
   accrescere la focalizzazione sulla prevenzione dei conflitti e sulla gestione dei processi di pace e di stabilizzazione, estendendo l'uso degli strumenti di analisi preventiva, la programmazione comune tra UE e Stati membri;
   accrescere la visibilità della PSDC, anche mediante una strategia dei comunicazione nei confronti dell'opinione pubblica e promuovere una maggiore cooperazione ed interazione tra Stati membri nel settore della formazione in ambito militare, sulla base dell'esperienza dell'iniziativa cosiddetta «Erasmus militare»;
   rafforzare le capacità di difesa;
   creare le condizioni per una cooperazione europea nel settore della difesa più sistematica e a lungo termine, attraverso: la convergenza dei sistemi di programmazione degli Stati membri, con la piena incorporazione del cosiddetto «Pooling & Sharing» nelle programmazioni nazionali; la cooperazione nelle attività di supporto come la Pag. 96 logistica e l'addestramento; la definizione da parte del Consiglio europeo di una roadmap strategica per una cooperazione di lungo termine con obiettivi e scadenze; la promozione di incentivi, anche di natura fiscale (IVA) per progetti comuni di cooperazione; la riflessione comune su forme di cooperazione strutturata permanente previste dal Trattato di Lisbona;
   concentrare l'impegno comune sullo sviluppo di capacità-chiave, come il rifornimento di carburante in volo, i sistemi di volo comandati a distanza, la cyber difesa, le comunicazioni satellitari e l'accesso ad immagini satellitari ad alta definizione;
   facilitare le sinergie tra iniziative bilaterali, sub-regionali, europee e multilaterali, utilizzando a pieno il modello già sperimentato con il Comando europeo di trasporto aereo;
   rafforzare le capacità civili, rafforzando in particolare i legami tra la PSDC e gli attori che operano all'interno dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (Europol, Interpol, Frontex);
   rafforzare l'industria europea della difesa;
   garantire una base industriale e tecnologica per l'industria della difesa competitiva su scala globale, lavorando in particolare sulla sicurezza degli approvvigionamenti, sugli «standard ibridi», sulla certificazione, la promozione delle PMI nel settore della difesa e incentivando l'avvio di programmi di collaborazione e condivisione delle risorse;
   stimolare le sinergie nel campo della ricerca, dello sviluppo tecnologico e dell'innovazione: invertendo il processo di tagli alla ricerca nel settore della difesa; rafforzando la cooperazione tra Stati membri attraverso programmi di ricerca congiunti; promuovendo una strategia globale volta a sfruttare al massimo le sinergie tra i programmi nazionali dual use e la ricerca europea; avviando un programma europeo per il finanziamento della ricerca tecnologia della difesa per il periodo 2014-2020; studiando forme di finanziamento innovative allo scopo di attrarre capitali privati.

La Comunicazione della Commissione europea su un piano strategico per rafforzare il mercato interno e la concorrenza dell'industria europea della difesa

  La Commissione europea ha presentato il 24 luglio 2013 una comunicazione intitolata «Verso un settore della difesa e della sicurezza più concorrenziale ed efficiente» (COM(2013)542).
  Nella comunicazione la Commissione europea rileva come dal 2001 al 2010 la spesa complessiva dell'UE per la difesa si sia ridotta da 251 a 194 miliardi di euro. Le riduzioni hanno interessato in particolare gli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore della difesa: tra il 2005 e il 2010 gli stanziamenti complessivi a livello europeo si sono ridotti del 14 per cento (ammonterebbero attualmente a 9 miliardi di euro). La Commissione calcola che gli Stati Uniti spendono per la ricerca nel settore della difesa sette volte di più della spesa complessiva degli Stati membri dell'UE.Pag. 97 
  Nella Comunicazione la Commissione europea propone un piano d'azione volto in particolare a:
   potenziare il mercato interno della difesa e della sicurezza. La Commissione intende garantire la piena applicazione della direttiva 2009/81 in materia di appalti nel settore della difesa e delle sicurezza e della direttiva 2009/43 relativa ai trasferimenti intra-UE di prodotti per la difesa. In particolare, la Commissione affronterà le distorsioni del mercato, assicurando la rapida eliminazione delle compensazioni economiche utilizzate dagli Stati membri per difendersi dagli acquisti di fornitori non nazionali e promuoverà un cambiamento della prassi in uso negli Stati membri in tema di appalti. La Commissione intende, inoltre, contribuire a migliorare la sicurezza dell'approvvigionamento tra Stati membri, avviando un processo consultivo con l'obiettivo di indurre gli Stati membri ad assumere un impegno a livello politico per garantire reciprocamente la fornitura, commissionata o concordata, di beni, materiali o servizi della difesa e pubblicherà un Libro verde sul controllo delle capacità industriali nel settore della difesa e sicurezza;
rafforzare la concorrenzialità dell'industria europea. A tale scopo la Commissione svilupperà una politica industriale della difesa basata su due direttrici:
    sostegno alla concorrenzialità – compresa l'elaborazione di standard di normalizzazione «ibridi» su prodotti per applicazioni sia civili che militari, promuoverà un approccio comune per la certificazione a livello europeo dei prodotti per la difesa a vantaggio dei mercati della difesa e della sicurezza;
    sostegno alle PMI – compreso lo sviluppo di strumenti strategici europei per la partnership di cluster atti a fornire collegamenti con altri cluster e sostenere le PMI della difesa nel contesto della concorrenza globale, avvalendosi anche di strumenti di sostegno alla PMI come il Programma COSME e il ricorso ai fondi strutturali e di investimento europei;
   sfruttare il potenziale a duplice uso della ricerca e rafforzare l'innovazione al fine di garantire l'uso più efficiente delle risorse dei contribuenti europei. In particolare: incentrando il proprio impegno sull'eventuale arricchimento reciproco fra l'ambito della ricerca civile e militare, sul potenziale a duplice uso nel settore dello spazio, sulle comunicazioni satellitari governative militari e sulla sviluppo di capacità dell'UE di immagini satellitari ad alta risoluzione; sviluppando un progetto globale per aiutare le Forze armate a ridurre il loro consumo di energia e promuovere azioni concordate in tema di energie rinnovabili ed efficienza energetica;
   rafforzare la dimensione internazionale dell'industria della difesa europea. In particolare, la Commissione europea intende istituire un dialogo con le parti interessate sulle modalità di sostegno dell'industria europea della difesa sui mercati terzi, valutando, altresì, le modalità con cui le istituzioni dell'UE potrebbero favorire i fornitori europei nei casi in cui una sola società europea si trovi a competere con fornitori di altre parti del mondo. In tema di controllo delle esportazioni la Commissione presenterà un rapporto sulla valutazione Pag. 98 d'impatto relativa all'applicazione del regolamento (CE) n. 428/2009 e darà seguito al documento con una comunicazione che delinea una visione a lungo termine per i controlli sulle esportazioni strategiche dell'UE e le iniziative concrete per adeguare i controlli sulle esportazioni alle condizioni tecnologiche, economiche e politiche in rapido mutamento. A tale proposito la Commissione indica che è possibile che vengano elaborate proposte di modifiche legislative al sistema UE di controllo sulle esportazioni.

Raccomandazioni al Consiglio europeo
  Nella comunicazione la Commissione invita il Consiglio europeo di dicembre 2013 ad avviare un dibattito sulla base delle seguenti raccomandazioni di carattere generale:
   le decisioni in materia di investimenti e capacità per la sicurezza e la difesa dovrebbero essere fondate su una comprensione comune delle minacce e degli interessi. Occorre pertanto che l'Europa sviluppi, a tempo debito, un approccio strategico che comprenda tutti gli aspetti della sicurezza militare e non militare;
   la politica di sicurezza e di difesa comune è una necessità e deve essere supportata da una nuova politica europea comune delle capacità e degli armamenti di cui all'articolo 42 del TUE;
   al fine di garantire la coerenza degli sforzi la PSDC deve essere strettamente coordinata con altre politiche pertinenti dell'UE;
   sviluppare una strategia industriale per la difesa europea, basata sulla comune comprensione del grado di autonomia che l'Europa intende mantenere nelle aree tecnologiche critiche;
   per mantenere un'industria concorrenziale, in grado di produrre le capacità necessarie a prezzi accessibili, è essenziale rafforzare il mercato interno della difesa e della sicurezza e creare condizioni che consentano alle imprese europee di operare liberamente in tutti gli Stati membri;
   in tempi caratterizzati da forti restrizioni di bilancio è particolarmente importante stanziare ed impiegare le risorse finanziarie in modo efficiente. Ciò implica, tra l'altro, la riduzione dei costi operativi nonché la messa in comune della domanda e l'armonizzazione delle prescrizioni in campo militare;
   per dimostrare il reale vantaggio del contesto UE è necessario individuare un progetto comune per le capacità fondamentali nel settore della difesa, per le quali potrebbero essere pienamente mobilitate le politiche dell'UE.
  In base alle discussioni che verranno condotte dal Consiglio europeo nel dicembre del 2013, la Commissione svilupperà, per i settori definiti nella comunicazione, una tabella di marcia dettagliata con l'indicazione di azioni concrete e del calendario di attuazione.Pag. 99 
  Per la preparazione e l'applicazione di tale tabella di marcia la Commissione istituirà un apposito meccanismo di consultazione, con il coinvolgimento del AED e del SEAE, che fungerà da interfaccia con le autorità nazionali.

Posizione del Parlamento europeo
  Il Parlamento europeo ha approvato il 12 settembre 2013 una risoluzione sullo stato attuale delle strutture militari europee e le loro prospettive future.
  La risoluzione evidenzia come l'Unione soffra di un'insufficiente capacità di reagire alle crisi internazionali e sottolinea come le strutture e le capacità militari costituiscano parte integrante dell'approccio globale dell'UE alla gestione della crisi.
  Si esprime preoccupazione per le riduzioni dei bilanci nazionali per la difesa e per l'assenza di un effettivo coordinamento tra gli Stati membri per colmare i divari in termini di capacità e si esortano gli Stati membri a invertire tale tendenza attraverso una maggiore cooperazione, messa in comune e condivisione.
  La risoluzione invita gli Stati membri a migliorare la qualità della difesa europea attraverso il rafforzamento delle strutture militari dell'UE. In particolare, la risoluzione chiede di istituire all'interno del Servizio per l'azione esterna (SEAE) un Quartier generale permanente civile e militare – anche attraverso il ricorso ad una cooperazione strutturata permanente – e sottolinea che si deve trattare di una struttura civile-militare, responsabile della pianificazione e della conduzione sia di missioni civili che di operazioni militari dell'UE, con catene di comando civili e militari distinte.
  Al riguardo già in passato alcuni Stati membri si erano fatti portavoce di questa richiesta, l'ultima volta nel novembre 2011, quando Francia, Germania, Italia, Polonia e Spagna avevano chiesto formalmente all'Alto Rappresentante di studiare misure in grado di fornire all'UE «capacità critiche», come appunto un Quartier generale che rafforzasse le capacità di conduzione integrata dell'UE.
  La risoluzione chiede, inoltre, di rafforzare i gruppi tattici dell'UE (i cosiddetti Battlegroups, unità militari multinazionali di circa 1500 uomini, pronte al dispiegamento in ogni momento grazie ad un sistema di rotazione delle truppe). Si propone, inoltre, di avviare una riflessione su procedure semplificate per l'impiego dei gruppi tattici europei per periodi di tempo limitato e si chiede di avviare una revisione del meccanismo Athena, che regola il finanziamento dei costi comuni necessari per l'attuazione delle operazioni dell'Unione europea con implicazioni nel settore militare o della difesa, prevedendo un ampliamento della tipologia dei costi da considerare comuni. La risoluzione sottolinea come i gruppi tattici restino una risorsa limitata nelle dimensioni e nella sostenibilità, ben lontana dunque da uno strumento di intervento a carattere universale previsto dagli obiettivi di Helsinki del 1999 di creare una forza di 60 mila uomini dispiegabile in 60 giorni, obiettivo del tutto fuori portata dalle attuali capacità europee.
  Invita a un ruolo più attivo della Agenzia della difesa europea (EDA) nel promuovere lo sviluppo da parte dei sistemi di difesa Pag. 100 nazionale di capacità integrate e coordinate ed esorta gli Stati membri a fornire all'Agenzia finanziamenti adeguati.
  La risoluzione chiede, poi, che sia valutata la possibilità di istituire un deposito permanente della PSDC (con funzioni simili all'Agenzia di supporto della NATO) che fornisca un sostegno multinazionale integrato alle strutture militari dell'UE e agli Stati membri, comprese le attrezzature essenziali per tutte le missioni, evitando onerose procedure d'appalto ed invita gli Stati membri a prendere in considerazione una titolarità congiunta di alcune capacità dispendiose, in particolare le capacità spaziali, gli aeromobili a pilotaggio remoto o le risorse di trasporto aereo strategiche.
  La risoluzione, da ultimo:
   sottolinea l'importanza strategica della industria della difesa europea e rileva con preoccupazione la crescente dipendenza da tecnologie non europee che potrebbero minare l'autonomia europea. Si deplora la riduzione degli stanziamenti previsti dai bilanci nazionali e favore della ricerca nel settore della difesa e la loro frammentazione su base nazionale;
   incoraggia una qualche forma di razionalizzazione e un migliore coordinamento delle numerose iniziative di partenariato bilaterale/regionale/multilaterale finalizzate alla messa in comune delle risorse e alla promozione dell'interoperabilità, in grado di apportare contribuiti alle operazioni di coalizione UE, ONU, NATO o ad hoc;
   ribadisce il pieno sostegno a strutture e progetti europei nell'ambito dell'istruzione e della formazione e sottolinea, in particolare, il contributo dell'Accademia europea per la sicurezza e la difesa (AESD) alla promozione di una cultura della sicurezza comune, nonché il suo potenziale ai fini dell'identificazione e dello sviluppo di progetti collaborativi tra istituzioni nazionali in grado di ridurre i costi;
   per quanto riguarda i rapporti UE-NATO sottolinea che il rafforzamento delle capacità militari europee attraverso strutture dell'UE rafforzate va a beneficio anche della NATO e contribuisce a una più equa distribuzione degli oneri all'interno dell'Alleanza ed esorta il Vicepresidente/Alto rappresentante e il Segretario generale della NATO a instaurare con urgenza una collaborazione molto più stretta e più regolare a livello politico ai fini della valutazione dei rischi, della gestione delle risorse, della pianificazione strategica e dell'esecuzione delle operazioni civili e militari;
   incoraggia gli Stati membri che lo desiderano a procedere ad una cooperazione strutturata permanente in materia di difesa europea, che deve comprendere, in particolare, l'istituzione di un quartiere generale operativo permanente dell'UE; il finanziamento comune delle operazioni di reazione rapida in cui sono utilizzati i gruppi tattici dell'UE; l'impegno a contribuire al registro dei gruppi tattici, con regole d'ingaggio allineate e procedure decisionali razionalizzate.
  L'accordo su una cooperazione strutturata permanente dovrebbe, inoltre, comprendere impegni ai fini di: un coordinamento strutturato Pag. 101 nella pianificazione della difesa; una valutazione e revisione comuni della creazione delle capacità; maggiori finanziamenti per l'Agenzia europea per la difesa.

Conferenza interparlamentare sulla politica estera e di sicurezza e sulla di sicurezza e difesa comune (Vilnius, 4 – 6 settembre 2013)
  Nella conclusioni adottate dall'ultima Conferenza interparlamentare sulla politica estera e di sicurezza (PESC) e sulla di sicurezza e difesa comune (PSDC) che si è svolta a Vilnius dal 4 al 6 settembre 2013, per quanto riguarda in particolare le iniziative in vista del Consiglio europeo della difesa di dicembre 2013:
   si chiede al Consiglio europeo di formulare proposte per: a) rendere più veloce il processo decisionale della PSDC; b) il finanziamento delle operazioni PSDC; c) l'avvio di cooperazione strutturate; d) il futuro dei gruppi tattici dell'UE. Si invita, inoltre, il Consiglio europeo a definire una tabella di marcia con scadenze specifiche per la realizzazione di progressi in materia di difesa;
   si ritiene che la cooperazione UE-NATO sia essenziale per invertire il declino della difesa europea e per rafforzare il pilastro europeo dell'Alleanza transatlantica e che sia necessario un più stretto coordinamento nella pianificazione tra l'UE e la NATO per evitare duplicazioni;
   si chiede di definire chiare priorità geografiche e di impegno in modo da fornire una guida ai programmi di acquisizione e si chiede un più efficiente coordinamento regionale tra le diverse missioni PSDC, in particolare tra quelle che si svolgono nella stessa area geografica;
   si sottolinea il ruolo importante dalla EDA nel razionalizzare le esigenze di approvvigionamento di difesa in tutta l'UE; sottolinea che si dovrebbe fare uno sforzo maggiore per coordinare all'interno dell'UE e con la NATO la specializzazione sulle capacità, in modo da identificare le capacità in eccesso che non corrispondono ad esigenze operative;
   che la standardizzazione e l'uso di norme comuni ibride (in ambito sia militare che civile) rafforzerebbero la cooperazione e l'interoperabilità tra le forze armate europee;
   si ritiene che una forte base industriale e tecnologica europea nel settore della difesa è essenziale per mantenere le capacità di difesa europee e si sottolinea che l'industria europea della difesa non è solo importante per la sicurezza dell'Europa, ma contribuisce anche alla crescita economica, fornisce posti di lavoro e promuove l'innovazione.

Conclusioni del Consiglio europeo sulla politica di sicurezza e di difesa comune (del 25 novembre 2013)
  In linea con le conclusioni del dicembre 2012, nelle quali il Consiglio europeo ha espresso l'impegno di rafforzare l'efficacia della politica di sicurezza e di difesa comune quale contributo concreto alla gestione delle crisi a livello internazionale, l'Alto rappresentante/capo Pag. 102 dell'Agenzia europea per la difesa ha presentato la sua relazione recante ulteriori proposte e azioni di rafforzamento della PSDC, che apporta un essenziale contribuito al Consiglio europeo sulla sicurezza e la difesa previsto nel dicembre 2013.
  Il Consiglio è convinto che l'UE, tramite la PSDC e altri strumenti, abbia un ruolo importante nella prevenzione e gestione dei conflitti e delle loro cause attraverso il suo approccio globale, del tutto unico.
  Sottolineata l'importanza della collaborazione strategica con i partner, il Consiglio evidenzia che sotto il profilo della sicurezza l'UE affronta sfide di lunga data in un quadro geostrategico complesso e in rapida evoluzione e in un contesto di crisi finanziaria che sfida le capacità di sicurezza e di difesa dei paesi europei. È in tale contesto gli Stati membri sono chiamati rinnovare l'impegno assunto per il miglioramento della disponibilità delle necessarie capacità e per la promozione di una base industriale e tecnologica di difesa europea più integrata, sostenibile, innovativa e competitiva, capace anche di assicurare occupazione, crescita ed innovazione.
  Premessa la necessità di promuovere una strategia di comunicazione sulle tematiche di difesa e sicurezza capace di coinvolgere maggiormente i cittadini, il Consiglio sottolinea l'esigenza che tali settori possano avvalersi di livelli di spesa sufficienti e rileva la necessità, a fronte della scarsità delle risorse nazionali e dell'Unione, di un migliore coordinamento che consenta l'ottimizzazione dell'impiego di tali risorse. Gli sforzi di ottimizzazione dovrebbero tuttavia insistere su una più chiara definizione del ruolo strategico dell'UE e delle sue priorità, fondata anche sul contributo alla sicurezza globale fornito grazie all'approccio globale, nonché sull'esperienza maturata con le missioni e operazioni PSDC.
  Il Consiglio attende con interesse la prossima discussione tra capi di Stato o di governo che fornirà un orientamento strategico per rafforzare la PSDC e intensificare la cooperazione nel settore della sicurezza e della difesa in Europa, conformemente al trattato di Lisbona, e invita il Consiglio europeo a considerare l'eventualità di chiedere all'alto rappresentante di presentare le sue prime osservazioni ad alto livello, alla luce delle consultazioni con gli Stati membri, nella primavera del 2015.
  Il Consiglio, che si propone di tornare sulle questioni della sicurezza entro il primo semestre del 2014 sulla scorta di una relazione sullo stato dei lavori, invita il Consiglio europeo continuare ad occuparsi della questione sulla scorta del contributo fornito dall'Alto rappresentante, anche in qualità di vicepresidente della Commissione europea, segnatamente attraverso il servizio europeo per l'azione esterna e l'Agenzia europea per la difesa, nonché dalla Commissione europea.

5.3. Posizioni espresse dal Governo italiano in sede europea

Non paper «More Europe»

  Il Governo italiano ha presentato a marzo 2013 ai partner europei, in sede di Consiglio dell'UE, proposte sulla difesa europea in vista del Consiglio europeo del dicembre 2013, sotto forma di un non paper intitolato «More Europe».Pag. 103 
  Nel documento si indicano le necessità di gettare le basi per una rinnovata comunità transatlantica di sicurezza sulla base di una più forte presenza europea sia per quanti riguarda le capacità che per quanto riguarda l'impegno politico, che non sia sostitutiva della NATO, ma che anzi rinforzi la operazione euro-atlantica. Senza una reale ed efficace coordinazione delle pianificazioni di difesa nazionali gli Stati europei sono destinati a perdere la capacità di garantire la propria sicurezza. Gli Stati membri devono dunque superare le riserve nazionali ed essere pronti a concordare un certo livello di reciproca interdipendenza. Tale cooperazione si rende necessaria sia per motivi di bilancio (diminuzione delle risorse finanziarie disponibili) sia per motivi strategici e geopolitici (sfide alla sicurezza con carattere ormai globale). Una PSDC più forte ed efficiente è considerata come il prerequisito per condividere una maggior parte delle sfide globali con i partner ed alleati dell'Europa.
  Il non paper indica, in particolare la necessità di sviluppare un confronto in sede europea sui seguenti argomenti:
   superamento della distinzione tradizionale tra dimensione interna ed esterna della sicurezza attraverso un approccio alle sfide globali di «diplomazia preventiva». A tal fine si propone di esplorare la possibilità di una interpretazione più ampia delle disposizioni relative alla clausola di solidarietà (articolo 222 del Trattato sul funzionamento dell'UE), che la lettera del Trattato limiterebbe ad eventi all'interno del territorio dell'UE, in cui la territorialità strettamente europea non sarebbe più una precondizione per la sua applicazione;
   integrazione e coordinamento della pianificazione delle operazioni militari e delle missioni civili, riorganizzando le strutture e le procedure per lo sviluppo di missioni con maggiore integrazione degli aspetti strategici militari e civili;
   definizione di nuovo processo di pianificazione delle difesa europea, con il quale preservare le complessive capacità europee attraverso una migliore allocazione e coordinazione delle risorse disponibili. A tal fine, il piano europeo di sviluppo delle capacità dovrebbe: funzionare automaticamente sulla base di un ciclo predefinito; essere sincronizzato con il processo di pianificazione della difesa in ambito NATO; essere capace di orientare i processi di sviluppo delle capacità nazionali; assicurare che il contributo di forze e capacità di ciascuno Stato sia consistente con il suo effettivo potenziale, al fine di un miglior equilibrio nella condivisione degli sforzi;
   sviluppo maggiore di forze multinazionali, al fine non solo di condividere i costi, ma anche di promuovere una maggiore integrazione tecnica ed operativa. A tal fine occorre una discussione su un incremento dell'utilizzo e della flessibilità dei battaglioni tattici (battlegroup);
   creazione di un vero mercato unico delle difesa europea, rafforzando altresì la base industriale e tecnologica della difesa europea. A tal fine occorre incoraggiare la cooperazione industriale, Pag. 104 aumentare la concorrenza, in particolare a vantaggio delle piccole e medie imprese. Occorrerebbe valutare la possibilità di estendere il ricorso a strumenti finanziari innovativi come i project bonds anche per il finanziamento dell'industria e della ricerca tecnologica nel settore della difesa;
   promozione di una rete di formazione militare europea, con un maggior ruolo del College per la sicurezza e la difesa europea, promuovendo una maggiore integrazione dei processi di formazione militare e lo sviluppo di un curriculum comune.

Documento di riflessione sul rafforzamento della collaborazione UE-NATO

  Successivamente Italia, Lituania, Polonia e Paesi Bassi hanno presentato nell'aprile 2013 un documento di riflessione sul rafforzamento della collaborazione UE-NATO, che auspica una più stretta collaborazione UE-NATO e propone di:
   dare più regolarità ai contatti e al dialogo fra le due Organizzazioni, allargando lo spettro delle tematiche discusse;
   rafforzare i meccanismi di cooperazione come l'UE-NATO Capability Group e istituire un comitato congiunto per la gestione delle crisi;
   lavorare allo sviluppo di capacità militari condivise, ad esempio armonizzando l’European Capability Development Plan con il NATO Defence Planning Process. È importante assicurare che nello sviluppo di capacità nelle due Organizzazioni si evitino duplicazioni;
   migliorare la reazione alle crisi e lo scambio di informazioni;
   ampliare l'interazione civile-militare nei teatri di crisi;
   estendere la cooperazione a nuovi settori, come la sicurezza energetica e le minacce cibernetiche.
  Negli ultimi mesi il Segretario generale della NATO, Rasmussen, ha ribadito in più occasioni la necessità del rafforzamento della difesa europea, della complementarietà degli sforzi NATO ed UE e l'opportunità di bilanciare con un crescente impegno degli Alleati continentali il nuovo orientamento militare americano verso i quadranti asiatico e pacifico.

6. Considerazioni conclusive

  1. Gli elementi raccolti nel corso dell'indagine conoscitiva, sia per l'ampiezza dei soggetti auditi, sia per il considerevole materiale depositato e quello acquisito agli atti dell'indagine, hanno consentito di delineare un quadro generale su diversi profili che riguardano i sistemi d'arma e sulle principali questioni attinenti al tema della difesa europea.
  La quantità di informazioni raccolte dalla Commissione ha suscitato una serie di riflessioni che certamente meritano un futuro approfondimento, Pag. 105 anche in considerazione della delicatezza della materia trattata e nella consapevolezza che le scelte di un Paese in tema di difesa e ancor più quelle che riguardano gli armamenti sono scelte che attengono alla sicurezza dei suoi cittadini e al ruolo internazionale del Paese.
  Ciò premesso in linea generale, il primo elemento che è emerso dall'indagine, e sul quale si sono raccolti numerosi e autorevoli contributi attiene alla complessità dello scenario, in cui il nostro Paese sarà chiamato ad operare.
  Denominatore comune di larga parte delle audizione svolte è la preoccupazione manifestata in merito alla continua evoluzione e all'instabilità dello scenario internazionale e geostrategico.
  È stato fatto presente come numerosi focolai di tensione e crisi interne a singoli Stati sono potenzialmente in grado di destabilizzare intere regioni e contribuiscono a delineare un quadro della sicurezza quanto mai complicato e imprevedibile ed è stato, altresì, evidenziato come l'emergere di nuovi attori quali Cina, India e Brasile, incida sul quadro strategico e quello degli equilibri geopolitici.
  La presenza di forti squilibri commerciali in diverse aree del pianeta e forti competizioni economico-politiche, possono considerarsi anch'essi come possibili minacce alla stabilità e alla sicurezza internazionale, in quanto non si può escludere che «alla fine uno o più attori decidano di usare la scorciatoia della guerra»  (7) per il conseguimento dei propri obiettivi.
  Al contempo, è stata, altresì, espressa da più parti la considerazione secondo la quale alcuni importanti fattori di rischio devono essere affrontati con strumenti complessivi, ed in particolare quelli della cooperazione, della diplomazia, della politica estera e del rispetto dei trattati internazionali attraverso la reciprocità dei controlli.
  Per quanto attiene, ad esempio, allo scacchiere del Mediterraneo, la collaborazione in ambito europeo deve essere rafforzata, anche e soprattutto nel settore civile e dell'aiuto umanitario con l'obiettivo di realizzare un'area di pace e di stabilità politica.

  2. A fronte di tale contesto geopolitico, la realizzazione di una maggiore integrazione a livello europeo nel settore dalla difesa rappresenta un obiettivo condiviso dall'ampia platea dei soggetti ascoltati dalla Commissione difesa, i quali, pur individuando talune difficoltà nella realizzazione di questo importante obiettivo, hanno sottolineato i vantaggi che un rafforzamento della politica di sicurezza e difesa comune, nell'ambito della più generale politica estera e di sicurezza comune, può comportare al sistema della difesa in termini operativi, capacitivi ed economici.
  La prima considerazione favorevole ad una dimensione europea della difesa, si ricollega proprio al richiamato quadro geopolitico e alla necessità di un rafforzamento dell'integrazione tra stati, quale contributo concreto alla prevenzione e alla gestione dei conflitti a livello globale e per far fronte alle sfide che si profilano in termini di sicurezza. All'imprevedibilità e alla complessità delle minacce, è stato fatto notare da più parti, occorre poter rispondere, sia con una chiara Pag. 106 strategia di sicurezza e difesa europea, sia con la tempestività e la flessibilità di strumenti comuni integrati e sostenibili da un punto di vista finanziario.
  La seconda considerazione favorevole al rafforzamento della dimensione europea si ricollega al generale quadro finanziario dei Paesi europei e alla contrazione dei bilanci della difesa di tutti gli stati membri.
  In tale contesto la possibilità di realizzare uno strumento di difesa comune ed integrato è stata considerata come un'ipotesi non solo auspicabile, ma in alcuni casi necessaria, in quanto consentirebbe di evitare inutili sovrapposizioni di capacità, di strumenti militari e di spese.
  Al riguardo, la riflessione si è concentrata su due particolari esempi che sono stati considerati particolarmente significativi di questa duplicazione: il programma Forza NEC per quanto concerne i sistemi d'arma e i poligoni, con riferimento all'addestramento del personale militare.
  Nel primo caso, nel corso delle audizioni è stato fatto notare come analoghi programmi sono in corso di esecuzione in altri Paesi europei «I tedeschi hanno il loro programma, l’Infanterist der Zukunft. I francesi hanno RITA e FELIN. Gli inglesi hanno FIST, J-TAS ed ELSA. Tutti questi programmi» ha osservato il professor Politi «fanno esattamente la stessa cosa». Analoga considerazione è stata espressa dal dottor Festucci, Segretario generale della federazione aziende italiane per l'aerospazio, il quale ha rilevato che in Europa esistono molti «soldati futuri», che non sono compatibili l'uno con l'altro. «Se si cominciasse a capire l'esigenza di farne uno solo, per efficientare i costi e anche il sistema, probabilmente faremmo una buona operazione».
  Sul versante dell'addestramento del personale militare, è stato invece evidenziato l'alto numero di poligoni esistenti in alcune Regioni del nostro Paese ed è stata prospettata la possibilità che attraverso una maggiore integrazione europea nel settore della difesa e la condivisione di strutture addestrative, si possa pervenire ad una loro razionalizzazione, con benefici, sia in termini di costi operativi, ma anche per le popolazioni interessate che sopportano oggettivi disagi dalla presenza di un elevato numero di poligoni nelle loro aree.
  Da ultimo, nel corso delle audizioni, in diverse occasioni, è stata manifestata l'opportunità di superare l'attuale frammentazione del sistema industriale della difesa europea, in quanto la presenza di una pluralità di mercati nazionali è considerata un ostacolo alla competitività e allo sviluppo di economie di scala.
  Con particolare riferimento all'industria della difesa italiana, annoverabile tra le principali a livello europeo e, per alcune specificità, a livello mondiale, le opportunità di un ulteriore sviluppo di questo comparto e del suo bacino occupazionale, dotato di maestranze particolarmente qualificate è in parte legato alla capacità del nostro Paese di affermarsi sulla scena europea come uno degli attori principali del settore, disponibile a mettere a disposizione le proprie specificità industriali e tecnologiche per la realizzazione di programmi comuni, maggiormente efficaci ed economicamente sostenibili, in un'ottica di condivisione delle singole peculiarità dei diversi Paesi.

Pag. 107

  3. Il richiamo ad una forte integrazione europea nel settore della difesa è stato ricorrente anche nel corso dell'indagine conoscitiva più direttamente rivolta ad una ricognizione dello stato attuale dei sistemi d'arma nel nostro Paese.
  In questo ambito la Commissione ha raccolto una serie di elementi di valutazione che oltre al dato meramente numerico riguardante i principali programmi in corso di esecuzione attengono più genericamente alle singole esigenze operative delle forze armate e alle iniziative che si intendono intraprendere per garantire la piena operatività dello strumento militare in un quadro finanziario caratterizzato, rispetto al passato, da un minor numero di risorse finanziarie a disposizione.
  I Capi di stato maggiore di tutte le Forze armate hanno espresso forte preoccupazione per il generale quadro finanziario di riferimento, ma hanno, altresì, valutato positivamente i principi di razionalizzazione dello strumento militare previsti dalla recente legge n. 244 del 2012 che consentiranno di assicurare una più equilibrata ripartizione delle risorse finanziarie nell'ambito delle principali voci del bilancio della difesa (personale, esercizio ed investimento).
  La prevista riduzione del personale militare e civile della difesa e la conseguente razionalizzazione delle strutture militari consentirà infatti di destinare all'operatività e all'ammodernamento dello strumento militare un maggior numero di risorse con l'obiettivo ultimo di realizzare uno strumento militare numericamente più limitato, ma certamente più efficace, dotato di strumenti operativi efficaci ed integrati con i sistemi operativi dei Paesi alleati in ambito europeo ed internazionale.
  Sono state ribadite a livello istituzionale talune informazioni già contenute nel Documento Previsionale Programmatico del Ministero della Difesa per il triennio 2013-2015 e riguardanti le iniziative di revisione dei programmi attualmente in corso in vista di una pianificazione degli investimenti mirata non alla singola piattaforma ma alla capacità operativa da perseguire in un'ottica interforze e nell'obiettivo di prevenire aggravi di oneri per l'amministrazione Pubblica.
  Inoltre, sono state fornite informazioni su specifici programmi della difesa attualmente in corso di realizzazione, sul possibile sviluppo dual use di taluni sistemi d'arma, sulla necessità di potenziare alcune sistemi di difesa a fronte cyber terrorismo e il cyber warfare.
  La quantità di informazioni raccolte dalla Commissione provenienti da soggetti autorevoli e qualificati ha consentito di svolgere una serie di riflessioni su profili importanti della complessa materia dei sistemi d'arma. Al contempo, è emersa però la necessità di approfondire ulteriormente alcune questioni anche in considerazione della loro rilevanza e dell'estremo interesse della collettività su questi temi.
  Con riferimento, poi, ad alcuni programmi di acquisizione di sistemi d'arma in corso di esecuzione, quali ad esempio il programma Forza Nec o il programma F35, anche in considerazione dell'ingente numero di risorse pubbliche investite, appare opportuno che il confronto istituzionale su questi programmi, nell'ambito delle rispettive competenze, sia mantenuto costante. Più in generale, è stata Pag. 108ribadita la necessità di pervenire quanto prima all'elaborazione di un libro bianco della Difesa che consenta di avviare una riflessione profonda sulle ragioni e i modi di certe scelte e, come è stato evidenziato dal professor Nones «eventualmente anche correggerle».
  È stato, altresì, ribadito che qualsiasi scelta in materia di difesa non può prescindere dal precetto di cui all'articolo 11 della Costituzione che ripudia la guerra quale strumento di risoluzione dei conflitti ed è stato ricordato l'impegno dell'Europa, della NATO e delle Nazioni unite per il mantenimento della Pace e della sicurezza dei popoli.
  Sul versante parlamentare, un riconoscimento unanimemente positivo è stato espresso nei confronti di quegli strumenti normativi previsti dalla recente riforma sulla revisione dello strumento militare, finalizzati ad assicurare un adeguato controllo parlamentare sul corretto ed efficiente utilizzo delle risorse destinate al finanziamento dei programmi di armamento, in considerazione del carattere di investimento strategico che tali programmi rivestono per la difesa nazionale e per lo sviluppo tecnologico e produttivo del nostro Paese.
  Tali strumenti contribuiscono a promuovere un dibattito più approfondito e consapevole in materia di difesa in una ottica di sempre maggiore collaborazione interistituzionale tra Governo e Parlamento, fondata sul dialogo, sulla trasparenza e sulla responsabilità.

  4. Le considerazioni conclusive si riallacciano doverosamente alle premesse dell'indagine conoscitiva, come definite dal relativo programma, deliberato dalla Commissione il 17 luglio 2013. Tale programma, prendendo le mosse dal Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa per il triennio 2013-2015, ha individuato la priorità di una profonda revisione dello strumento militare, nel suo complesso e nel quadro dell'impegno europeo, anche per un concreto rilancio della Politica di sicurezza e di difesa comune. Nello stesso documento è riconosciuta «una nuova e più stringente esigenza affinché il Parlamento possa acquisire utili elementi conoscitivi sull'insieme dei programmi di armamento e rinnovamento dei sistemi d'arma in corso di svolgimento», fissando come finalità ultima dell'indagine quella di «un'analisi esaustiva sulla compatibilità dei programmi d'investimento relativi ai sistemi d'arma con gli obiettivi della difesa nazionale, anche in vista del Consiglio europeo di dicembre».
  Date queste premesse il percorso della Commissione, avviato poco dopo l'inizio della legislatura, si è via via arricchito di contenuti e spunti derivanti dal vasto dibattito pubblico, e ha dovuto registrare l'elevata sensibilità e il percepibile disagio dell'opinione pubblica di fronte ai dati relativi alla spesa militare, in una fase caratterizzata da gravi difficoltà economiche e finanziarie, da una pressante richiesta di sacrifici e di forte contrazione della spesa pubblica nei servizi di carattere sociale.
  In conseguenza di ciò, hanno attirato l'attenzione dei cittadini e, dunque, della Commissione, i temi relativi ai progetti di progressiva sostituzione delle linee di volo Tornado, AV-8B Harrier e AMX con il cacciabombardiere per attacco al suolo in profondità F35 della Pag. 109Lockheed Martin, come pure il dibattito su Forza NEC, sul ruolo della Marina militare, nonché sulle missioni militari all'estero e sulla riforma delle Forze armate. L'indagine ha richiesto la contestualizzazione di tali temi, tenendo conto di significativi elementi di analisi geostrategica sulla posizione dell'Italia nel mondo, sulla qualità delle minacce che il nostro Paese deve fronteggiare e sulle modalità della gamma delle risposte che si possono approntare, come ben si evince soprattutto dalle audizioni svolte dagli autorevoli rappresentanti di istituti ed enti di ricerca.
  Le modalità con cui si è svolta l'indagine conoscitiva sono approfonditamente illustrate nella relazione intermedia depositata in Commissione Difesa della Camera nella seduta del 10 dicembre del 2013.
  Nelle more della predisposizione della relazione conclusiva si è costituito un nuovo Governo. Il Ministro della difesa in carica, sin dalla presentazione degli indirizzi programmataci del suo Dicastero ha annunciato l'intenzione di procedere alla stesura di una nuova edizione di un libro bianco della Difesa. Si tratta di un proposito sicuramente apprezzabile che raccoglie e fa propria esigenza di fondo che è stata all'origine della decisione di svolgere l'indagine conoscitiva: la necessità, non più rinviabile, di ridisegnare i confini della spesa militare, con l'obbiettivo di razionalizzare e ridurre significativamente la quota di spese destinate agli armamenti.
  È intenzione della Commissione interagire attivamente anche alla redazione della proposta definitiva del libro bianco, che dovrà essere votata dal Parlamento.
  L'indagine conoscitiva sui sistemi d'arma è quindi un tassello – parziale ma prezioso – di una complessiva opera di conoscenza e di decisione sull'insieme della materia della difesa che incombe sulla politica, e costituisce un presupposto dal quale non si può prescindere anche per la stesura di un libro bianco sul modello italiano di difesa, elaborato nella prospettiva di una deciso passo in avanti nella costruzione di una identità europea della difesa. Infatti, sia gli atti dell'indagine conoscitiva che l'orizzonte europeo dovranno costituire le linee guida per la stesura del libro bianco annunciato dal Governo.
  Nel corso dei lavori dell'indagine è stato spesso evidenziato che nel mondo prevalentemente instabile e insicuro, che si è formato dopo la fine dell'equilibrio duale postbellico, la sicurezza non sia da perseguire nella sola dimensione militare, bensì attraverso un insieme di misure e di comportamenti che vadano dalla promozione democratica dei diritti umani alla collaborazione allo sviluppo, umano ed economico, alimentare e sanitario. In questo contesto, la specifica dimensione militare della sicurezza – improntata al dettato costituzionale che vincola l'Italia a ripudiare la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e a praticare una politica di attiva promozione della pace – resta un'esigenza imprescindibile del nostro Paese che, come ogni altro, ha l'obbligo di tutelare i propri interessi strategici da ogni possibile minaccia.
  Ma gli Stati europei, pur dotati in misura variabile di mobilità strategica e di buona capacità militare, difficilmente potranno aspirare alla piena autonomia nell'esercizio armato della sovranità. Visioni strategiche unilaterali, legate agli interessi nazionali e non facilmente Pag. 110superabili, sono ancora attive e vitali, mentre cresce l'esigenza che si affermi la volontà politica di elaborare visioni e concetti strategici su scala europea, sorretti da una capacità industriale integrata. In questo orizzonte europeo si dovranno, con più decisione, perseguire politiche volte allo sviluppo della cooperazione, dell'interoperabilità e della convergenza in ambiti specifici (Battlegroup, capacità di intervento rapido, strategia di sicurezza marittima, aerei a pilotaggio remoto, rifornimento in volo, cyber security, standardizzazione, coordinamento delle politiche di ricerca e di quelle industriali per realizzare economie di scala).
  Si tratta di dare impulso alle istanze che hanno trovato una puntuale definizione negli impegni indicati al Governo dalle Commissioni affari esteri e difesa con le risoluzioni sulla Politica di Sicurezza e di Difesa Comune (PSDC) in vista del Consiglio europeo del 19-20 dicembre 2013, approvate sia alla Camera che al Senato nel dicembre 2013.
  All'interno di un'imprescindibile dimensione europea, in buona parte ancora da costruire, e dell'architettura della NATO, di per sé «partner» strategico dell'Italia e dell'Unione europea, la specifica situazione del nostro Paese, dal punto di vista della sicurezza, e’ duplice: da una parte è saldamente inserito in sistemi di alleanze politiche e militari, che fanno del Vecchio Continente un'isola di pace, ma dall'altra, sul versante sud, si trova in prima linea rispetto a un arco di crisi e di instabilità politica che va dal Nord Africa al Medio Oriente e al Corno d'Africa. Ambiti, questi, in cui l'Italia opera, sempre all'interno del diritto internazionale, con missioni militari, terrestri e navali, di vario livello e ruolo (mentre in Afghanistan è previsto l'inizio di una missione senza compiti di combattimento).
  Rispetto a questo quadro complesso – in cui prevale l'instabilità e in cui le minacce provengono prevalentemente da squilibri, tensioni e conflitti intrastatali, e in cui sempre maggiore sarà il ruolo di dimensioni tecnico-operative come l’intelligence e il dominio cibernetico – il Parlamento, attraverso questa indagine conoscitiva sui sistemi d'arma in sede di Commissione Difesa, ha fatto valere l'esigenza che siano messi a punto aspetti della politica militare meno noti al grande pubblico. In tal modo si è voluta sottolineare la rilevanza della politica di difesa e sono state poste le basi perché questa possa divenire l'elemento permanente di un informato dibattito civile e di un responsabile confronto politico nazionale, orientato in modo determinato a collaborare sinergicamente con interventi di razionalizzazione, necessari alla luce del processo in atto di revisione e della riduzione della spesa pubblica complessiva che in quanto tale non può escludere quella militare.
  In un maturo concetto di democrazia fondato sulla conoscenza, il dibattito e la partecipazione, risulta del tutto centrale l'esigenza che sia pienamente valorizzato il ruolo del Parlamento, attraverso il quale, la materia militare, troppo spesso custodita da istanze e saperi tecnici e specialistici, venga integralmente consegnata alla coscienza civile e democratica del Paese. Grazie alla legge n. 244 del 31 dicembre 2012, la democrazia parlamentare ha acquisito la piena titolarità a trattare al cospetto dell'intero Paese anche questioni di forte impatto politico ed economico, e di notevole spessore tecnico, come i sistemi d'arma.Pag. 111
  Di questa forza e di questa legittimità delle istituzioni rappresentative è un esempio serio e coerente l'indagine conoscitiva, che si presenta libera da condizionamenti e di alto livello intellettuale. Essa si è svolta sotto l'azione propositiva del Presidente e dei rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari, e le relative conclusioni intendono fondarsi su una laica interpretazione politica dei dati raccolti nel corso delle numerose audizioni e puntualmente riscontrabili negli atti della Commissione.
  Conclusivamente, può convenirsi che, nel corso dell'indagine svolta, sono emersi elementi di particolare interesse, sia in merito agli investimenti relativi ai sistemi d'arma più onerosi, che in relazione alla assoluta necessità di ottenere concreti passi in avanti, nella realizzazione di un efficace sistema di difesa europea, di seguito rappresentati.
  Tuttavia, al di là degli importanti risultati derivanti da questo lavoro istruttorio, svolto in un arco di tempo assai contenuto, rispetto alla complessità dei temi e fortemente condizionato dall'imminenza degli impegni europei del dicembre del 2013, permangono talune esigenze di approfondimento, che darebbero adito a congetture ed ambiguità se non venissero dichiarate già in questa sede. Infatti, il puntuale confronto del lavoro parlamentare con il parallelo dibattito all'interno delle stesse istituzioni e nella società civile sui temi della difesa, ha evidenziato l'emergere di questioni di grande rilievo, del tutto meritevoli di trattazione e di accurata riflessione, che in questa sede si ritiene opportuno evocare per dare atto della sensibilità e della capacità di ascolto da parte della Commissione, nell'auspicio che esse possano costituire oggetto di prossime iniziative in sede parlamentare, sia di carattere conoscitivo che di indirizzo:
   1) il rafforzamento dell'identità europea della Difesa costituisce l'orizzonte dentro il quale misurare anche la validità dei più importanti programmi nazionali. A questo fine occorre che, durante il semestre di presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea, dopo un ventennio di negligenza da parte dei governi nazionali, il Governo italiano si impegni per riaffermare che la PSDC diventi il paradigma su cui valutare i programmi nazionali. Non è più rinviabile la costruzione di una politica che incentivi fortemente i paesi aderenti a realizzare investimenti comuni sul terreno della ricerca e della produzione di sistemi d'arma. Su questo punto è stato opportunamente inserito all'ordine del giorno del Consiglio europeo del dicembre 2013 il tema della produzione di velivoli senza pilota, che dovrà coerentemente figurare tra i temi prioritari nell'Agenda del semestre italiano. Ma non è soltanto questo il terreno su cui insistere. L'Agenda dei lavori andrebbe ampliata alla necessità di individuare aree comuni, per svolgere insieme l'attività addestrativa di componenti essenziali delle rispettive forze nazionali, a cominciare da quei reparti già messi a disposizione dell'Unione come i Battlegroup, come figura nella citata risoluzione n. 8-00031, approvata il 18 dicembre 2013 dalle Commissioni Affari esteri e Difesa della Camera dei deputati. In altre parole si tratta di dar vita ad un processo di «approntamento delle Forze» che razionalizzi e metta a sistema le attività di addestramento comune, prima ancora che ci si trovi nella necessità di utilizzarle nelle missioni sotto bandiera europea. Così come si deve Pag. 112porre con determinazione l'esigenza di standardizzare a livello europeo gli equipaggiamenti individuali di base delle forze di terra – quali i fucili d'assalto, le armi corte, le granate, gli elmetti e i giubbotti antiproiettile – come evidenziato anche nel documento finale (Doc. XVIII, n. 8) approvato dalle Commissioni riunite IV (Difesa) e X (Attività produttive, commercio e turismo) il 12 dicembre 2013, ai sensi dell'articolo 127, comma 2, del Regolamento, sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Verso un settore della difesa e della sicurezza più concorrenziale ed efficiente (COM(2013)542 final)»;
   2) con riferimento poi, a ciascuna Forza armata, per quanto riguarda l'Esercito, il programma più impegnativo sul piano finanziario e più significativo dal punto di vista operativo è quello denominato Forza NEC. Su questo programma, per il quale si prevede un investimento complessivo di oltre 20 miliardi di euro, l'indagine conoscitiva ha messo in evidenza i limiti di una scelta che si propone di dare continuità agli investimenti in questo settore, senza che sia stata data una risposta positiva al tema della realizzazione di una significativa interconnettività con i sistemi dei paesi partner, a livello NATO e UE. Appare pertanto oggettivamente da valutare un ulteriore investimento su questo programma, senza che siano state preliminarmente acquisite idonee garanzie in merito all'esistenza di standard operativi tra loro compatibili, da utilizzare nel corso delle operazioni per le quali è richiesta una Network Enabled Capability. Anche alla luce dei richiami alle rilevanti audizioni, operati nel paragrafo 4.3, un investimento sul progetto «soldato futuro» potrà dirsi di sicuro ritorno finanziario solo quando i diversi sistemi nazionali saranno in grado di dialogare tra di loro;
   3) per quanto riguarda l'Aeronautica militare, come è noto, vi è la necessità di rinnovare le principali linee di volo. Si tratta di un'esigenza che deve rispondere a fondamentali requisiti operativi di difesa dello spazio aereo nazionale e alla possibilità di pervenire all'assunzione delle necessarie responsabilità in operazioni fuori aerea. Questo ampio tema è percepito come strettamente connesso alla questione dell'acquisizione di un cacciabombardiere di profondità, prodotto dalla Lockheed Martin, in un primo momento stimata in 131 velivoli, ridotti poi a 90, di cui 75 destinati all'Aeronautica, come riferito dal Generale Preziosa. Nel corso dell'indagine è stata sostenuta e con argomenti di varia natura, sia dai vertici militari che dagli esperti auditi, l'ipotesi di una soluzione articolata sulle due linee di volo, fra loro complementari, costituite dagli F35 e dagli Eurofighter. Il rinnovamento e la modernizzazione delle nostre forze aeree dovrà coniugarsi con la necessità di sviluppare una politica industriale nel settore aeronautico, rafforzando le basi produttive, di ricerca e sviluppo delle nostre industrie nazionali che operano nel settore. In relazione, poi, al programma Eurofighter, dagli elementi acquisiti nel corso dell'indagine, risulta che il medesimo sia pienamente operativo, con importanti prospettive di sviluppo commerciale e tecnologico. Appaiono, pertanto, destituite di fondamento le considerazioni critiche basate su una presunta obsolescenza di questo programma, come Pag. 113emerso nel corso delle audizioni di esperti. Il caccia multiruolo Typhoon, non solo ha margini di produzione e di sviluppo ancora notevolissimi, ma risulterà competitivo con il JSF della Lockheed. Questa versione dell’Eurofighter, già realizzata dall'Inghilterra, sarà messa a disposizione dei numerosi alleati europei per le missioni UE, NATO e ONU (Austria, Spagna, Germania e Inghilterra, mentre la Francia utilizzerà le diverse versioni del «Rafale»). È necessario quindi che il nostro Paese mantenga e rafforzi con convinzione la partecipazione delle aziende italiane a questo programma, tenendone sotto controllo i costi, ma anche avendo presente che il sistema di work-sharing, che tiene insieme tutti i programmi di cooperazione europea, garantisce ad ogni Paese ritorni in nessun caso inferiori alle proprie quote di investimento;
   4) per quanto riguarda il programma F35, i molti dubbi che circondavano il medesimo hanno trovato nell'indagine conoscitiva la sede istituzionale più idonea ad una severa verifica e su taluni aspetti anche talune conferme. Infatti, al di là delle molteplici riserve tecniche e operative, emerse da più fonti, permangono dubbi derivanti dal fatto che:
    lo schema di accordo non offre sicure garanzie, dal punto di vista della qualità e del valore, sul piano di ritorni industriali e occupazionali significativi in quanto tali ritorni vengono fatti dipendere dalla «capacità che avremo di utilizzare le infrastrutture create per attrarre la manutenzione» e buona parte delle maestranze impiegate per l’F35 saranno sottratte all’Eurofighter (si veda l'audizione di rappresentanti di Finmeccanica del 16 ottobre 2010 e l'audizione del professor Nones del 1 agosto 2013);
    non risulta contrattualmente garantita dal principio del «best value» per le piccole e medie imprese nazionali l'acquisizione di commesse o sub commesse, come si evince anche dall'audizione del professor Nones del 1 agosto 2013. Giova ricordare a questo proposito, che il superamento del principio del «best value» era stato posto come condizione dal Parlamento all'atto della approvazione della realizzazione dello stabilimento di Cameri, unitamente alla condizione che risultasse garantita la fruizione da parte dell'Italia dei risultati delle attività di ricerca che saranno sviluppate nell'ambito del medesimo programma (vedi seduta della Commissione Difesa della Camera dell'8 aprile 2009);
    a fronte degli investimenti impegnati per realizzare lo stabilimento di Cameri non risulta contrattualmente definito un prezzo per l'assemblaggio delle semiali che garantisca l'ammortamento del capitale investito e un ragionevole ritorno;
    l'occupazione che si genererà a Cameri non può considerarsi aggiuntiva rispetto a quella attualmente già impiegata nel settore aeronautico ma, solo parzialmente sostitutiva;
    le stime del costo del programma risultano caratterizzate da un indice di variabilità che non può convivere con le esigenze della nostra finanza pubblica;Pag. 114
    l'embargo sull'accesso ai dati sulla cosiddetta «tecnologia sensibile» determina un fattore di dipendenza operativa da istanze politico-industriali statunitensi che risulta, al momento, non superabile;
    tutte le stime dei costi non tengono conto di quelli aggiuntivi per l'armamento del velivolo.

  Tutto ciò comporta l'esigenza di una moratoria al fine di rinegoziare l'intero programma per chiarirne criticità e costi con l'obiettivo finale di dimezzare il budget finanziario originariamente previsto. Come già detto, considerazioni di natura finanziaria, operativa e di politica industriale, inoltre, spingono a rinnovare la flotta aerea militare su due linee di volo, ovvero con gli F35 e gli Eurofighter, tra loro complementari e in grado di operare in ambiente sia NATO che UE. In questa stessa ottica appare ragionevole, infine, esplorare anche altre soluzioni, meno impegnative dal punto di vista finanziario, per quanto riguarda il rinnovamento degli aerei a decollo verticale. In tal modo sarebbe possibile garantire efficacia operativa al nostro strumento militare, e realizzare, nel contempo, le ricadute industriali in grado di assicurare una significativa autonomia alla nostra industria, oltreché ottenere rilevanti risparmi di spesa, che si ha il dovere di conseguire nell'attuale situazione economica e di finanza pubblica;
   5) per quanto riguarda la Marina militare, un decisivo intervento dell'attuale Capo di stato maggiore ha indicato come priorità strategica, dal punto di vista operativo, la necessità di un profondo rinnovamento della nostra flotta. Questa esigenza è stata ritenuta fondata dal Governo, che ha inserito nella legge di stabilità per il 2014 un apposito finanziamento pluriennale. Nella stessa legge, all'articolo 37, è stato precisato che, conformemente alle procedure di legge, i vari programmi con cui si realizzerà il piano di rinnovamento della flotta saranno sottoposti al parere vincolante del Parlamento. In quella sede sarà anche possibile riflettere sul nuovo assetto della nostra flotta, in direzione dell'eliminazione di ridondanze operative difficilmente sostenibili, quali potrebbero essere costituite dal mantenimento in linea di due portaerei;
   6) l'indagine conoscitiva ha inoltre consentito di individuare alcune criticità presenti nelle modalità con cui si formano le decisioni sugli investimenti per i sistemi d'arma. La prima di queste è riscontrabile nell'esigenza di scongiurare una competizione tra le richieste dei singoli Capi di stato maggiore, e di promuovere una sempre più radicata e condivisa concezione «interforze». Si tratta di un fattore distorsivo attribuibile a un deficit di collegialità, emerso anche da un'analisi comparata delle audizioni dei singoli Capi di stato maggiore. In tale ottica si potrebbe valutare una riconsiderazione dell'attuale normativa sui vertici militari nella promozione di uno «spazio istituzionale» significativo in cui collocare la maturazione di scelte importanti, come quelle sui sistemi d'arma, sulla base di una responsabilità condivisa, ad esempio anche valutando l'affidamento di un ruolo consultivo al Comitato dei Capi di stato maggiore di Forza armata, in un rapporto diretto con il Ministro della difesa, in materia di sistemi d'arma;Pag. 115
   7) un punto centrale è costituito dalla necessità di rendere sostenibile il volume di investimenti nel settore dei sistemi d'arma con gli obiettivi della Difesa quali anche definiti dalla legge n. 244 del 2012 e, dunque, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica. Da questo punto di vista l'ipotesi, avanzata a suo tempo dall'allora Ministro della difesa, Giampaolo Di Paola, e richiamata nell'audizione del professor Nones del 1 agosto 2013, di una più equilibrata ripartizione delle spese per la «funzione difesa» sulla base del paradigma 50-25-25 (cioè 50 per cento per il personale, 25 per cento per l'esercizio e 25 per cento per gli armamenti), deve essere concretamente perseguita ponendo un tetto prefissato alle risorse per gli investimenti, per garantirne la stabilità nel tempo.
  Richiamando il parere espresso dalla Commissione Difesa sul disegno di legge di stabilità per il 2014, a legislazione vigente, il quadro delle spese militari per gli investimenti sui sistemi d'arma può essere così riassunto:
    3,222 miliardi annui sono assegnati al Ministero della difesa su un totale di 14 miliardi per la funzione Difesa;
    2,024 miliardi sono assegnati presso il Ministero dello sviluppo economico per alcuni sistemi d'arma (elicotteri NH 90, elicotteri CSAR, M-346, Eurofighter, Fremm, Unità supporto subacqueo, Freccia, Sicral, Forza Nec, Piano navale);
    1,201 miliardi sono le risorse destinate a finanziare le missioni internazionali, parte delle quali riguarda i sistemi d'arma.

  Al momento, quindi, la quota da destinare agli investimenti nei prossimi anni risulta superiore al 25 per cento del budget per la funzione difesa. È possibile pertanto, ridurla rinunciando, in tutto o in parte, a programmi già pianificati, ma garantendo una stabilità di risorse finanziarie nel medio-lungo periodo.
  Così operando si assesterebbe il budget della difesa conformemente ai parametri previsti dalla recente legge sulla revisione dello strumento militare e si conseguirebbero risparmi nella spesa militare per armamenti, non inferiori ad un miliardo di euro annui per il prossimo decennio. Sarebbe, inoltre, possibile, investire di più e meglio sull'esercizio, con particolare attenzione all'addestramento e alla sicurezza del personale;
   8) gli investimenti sui sistemi d'arma costituiscono un elemento di assoluto rilievo per la sicurezza del Paese, ed anche un dato altrettanto significativo per le industrie del settore, nei confronti delle quali la domanda nazionale ha un doppio valore, economico dal punto di vista del fatturato e di promozione sui mercati esterni.
  L'assenza nel nostro Paese di un organismo di controllo sulla qualità degli investimenti ne circoscrive le valutazioni all'interno di un circuito chiuso, rappresentato dai vertici industriali e dai vertici militari, che dovrebbe invece essere integrato da un livello ulteriore caratterizzato da responsabilità di tipo politico, a tutto vantaggio della qualità e quantità degli investimenti stessi, così come è emerso nel corso dei lavori. L'autoreferenzialità, peraltro, è accentuata dal Pag. 116fenomeno ricorrente costituito dalla presenza di figure apicali del mondo militare che vanno ad assumere posizioni di rilievo al vertice delle industrie della difesa.
  Si hanno fondati motivi per ritenere che occorra introdurre, nel processo decisionale, un soggetto autonomo, credibile, con capacità di controllo sulla spesa militare per i sistemi d'arma, la loro implementazione e il loro ammodernamento. Un organo di alto profilo tecnico in grado di rapportarsi direttamente con il Parlamento garantendogli la disponibilità di informazioni significative ed esaurienti.
  Così come dovrebbero essere disciplinate con legge le condizioni da imporre per limitare il passaggio dai vertici militari a quelli delle industrie della difesa, come emerge anche da analoghi approfondimenti istruttori svolti dalla Commissione nella precedente legislatura.
  La principale misura finora adottata, per allargare la base decisionale di scelte così impegnative, è rappresentata dall'articolo 4, comma 2, della legge n. 244, del 31 dicembre 2012. Una norma che, nonostante le forti resistenze che si sono manifestate da più parti nella prima fase di applicazione, ha riconosciuto al Parlamento un ruolo decisivo su tali materie. Queste resistenze, che di fatto vengono ricondotte a questioni procedurali in relazione all'allocazione delle risorse finanziarie presso ministeri diversi da quello della difesa, non hanno motivo di esistere, e devono essere superate prevedendo il parere vincolante da parte del Parlamento, qualunque sia la fonte ministeriale di finanziamento pubblico.

Pareri parlamentari sui Programmi d'arma dal 1987 al 2011

  Di seguito sono indicati i programmi terrestri, navali, aerei ed interforze esaminati dalla commissione Difesa della Camera dei deputati dal 1987 ad oggi.
  Programma di acquisizione della blindo armata Centauro. Esaminato dal Comitato permanente per i pareri ed i sistemi d'arma nelle sedute del 31 gennaio 1989, 7 e 14 febbraio 1989. Esaminato dalla Commissione nella seduta del 16 febbraio 1989 – Parere favorevole.
  Programma di acquisizione del sistema missilistico Sky-guard-Aspide. Esaminato dal Comitato permanente per i pareri ed i sistemi d'arma nella seduta del 16 febbraio 1989. Esaminato dalla Commissione nella seduta del 28 marzo 1989 – Parere favorevole
  Programma di ammodernamento del sistema di identificazione amico-nemico. Esaminato dal Comitato permanente per i pareri ed i sistemi d'arma nella seduta del 14 marzo 1989 – Ritirato.
  Programma di acquisizione del sistema di identificazione NIS (NATO identification system). Esaminato dal Comitato permanente per i pareri ed i sistemi d'arma nella seduta del 4 maggio 1989 – Parere non espresso.
  Programmi esaminati congiuntamente dal Comitato permanente per i pareri ed i sistemi d'arma nella seduta del 28 giugno 1989 – Ritirati.Pag. 117
  Programma A/R marina militare (costruzione unità navale minore ausiliaria per centro addestramento antimine).
  Programma A/R aeronautica militare (rifornimento in volo F-104).
  Programma A/R aeronautica militare (sistemi per la goniometria di radioemissioni da ponti radio).
  Programma A/R aeronautica militare (versione Combi per due B-0707 Tanker).
  Programma di ricerca e sviluppo di un sistema elettroacustico per il progetto del sommergibile anni ’90.
  Programma A/R aeronautica militare (infrastrutture programma AM-X).
  Programma contrattuale concernente lo sviluppo di una famiglia di sistemi missilistici antiaerei futuri FSAF.
  Programma A/R aeronautica militare (integrazione dei sistemi radar tridimensionali a medio raggio MRCS-403).
  Programma A/R aeronautica militare (acquisizione del Modular stand of weapon).
  Programma di ammodernamento (annuale) n. SMA 5 relativo a «Infrastrutture programma AM-X».
Seduta del 19 ottobre 1989 – Parere favorevole
  Programma SMM/SME/USG 01/89/I sviluppo di una famiglia di sistemi missilistici antiaerei futuri (FSAF).
Seduta del 19 ottobre 1989 – Parere favorevole
  Programma di ammodernamento (annuale) n. SMA 1 inteso al conferimento della capacità di rifornimento in volo dei velivoli F104-S.
Seduta del 25 ottobre 1989 – Parere favorevole

  Programma di ammodernamento (annuale) n. SMA 8 relativo al conferimento di un'adeguata flessibilità di carico (passeggeri e/o materiali) a 2 velivoli cisterna B-707.
Seduta del 25 ottobre 1989 – Parere favorevole
  Programma di ricerca e sviluppo di un sistema elettroacustico per il progetto del sommergibile anni ’90.
Seduta del 25 ottobre 1989 – Parere favorevole
  Programma di ammodernamento (annuale) n. SMA 6 relativo all'acquisizione delle componenti telecomunicazioni, supporto logistico e mezzi per la movimentazione dei sistemi radar a medio raggio MRCS-403.
Seduta del 25 ottobre 1989 – Parere favorevole
  Programma di ammodernamento (pluriennale) n. SMA 7 relativo alla definizione, sviluppo e produzione del sistema d'arma Modular stand of weapon (MSOW).Pag. 118
Seduta del 25 ottobre 1989 – Parere favorevole
  Programma per la costruzione di una unità navale minore ausiliaria per il supporto logistico mobile alle unità di contromisure mine e per le attività del centro addestramento per la guerra di mine (Maricentromine).
Seduta del 25 ottobre 1989 – Parere favorevole
  Programma di ammodernamento (pluriennale) n. SMA 9 relativo all'acquisizione di n. 3 sistemi per l'intercettazione, l'analisi e la goniometria di radioemissioni da ponti radio.
Seduta del 25 ottobre 1989 – Parere favorevole
  Programma di A/R pluriennale n. SMM 004/90L relativo allo sviluppo, assieme a Stati Uniti d'America e Spagna, di una versione dotata di radar del velivole Harrier II AV-8 B, alla acquisizione di due velivoli da addestramento biposto Harrier II TAV-8 B ed alla successiva acquisizione di 16 velivoli Harrier II AV-8 B Plus.
Seduta del 22 maggio 1990 – Parere favorevole
  Programma di ammodernamento pluriennale n. SME/01 A2 101/L relativo all'acquisizione di armi individuali cal. 5,56.
Sedute del 17 e 25 luglio 1990 – Parere favorevole
  Programma di ammodernamento pluriennale n. SMM/003 90/I relativo all'acquisizione di una «Nave scuola».
Seduta del 25 luglio 1990 – Parere favorevole
  Programma di ammodernamento (pluriennale) SMA n. 26 relativo allo sviluppo di un apparato MIDS (sistema multifunzionale di distribuzione delle informazioni in campo tattico).
Sedute del 5 marzo, 6 marzo, 10 luglio 1991 e 18 luglio 1991 – Parere favorevole
  Programma di acquisizione (SMM 005/91-1) di due cacciamine classe Lerici.
Sedute del 3 e 23 luglio 1991 – Parere favorevole
  Programma di A/R pluriennale n. SME/03B1203/N relativo all'acquisizione di un carro di seconda generazione (Ariete).
Seduta del 24 settembre 1991 – Parere favorevole
  Programma di ammodernamento pluriennale n. SME/002, relativo all'acquisizione del sistema lanciarazzi leggero FIROS/30.
Sedute del 1o ottobre e 7 novembre 1991 – Parere favorevole
  Programma di acquisizione di una nuova unità rifornitrice di squadra.
Sedute del 17 e 24 settembre, e 5 novembre 1992 – Parere favorevole
  Programma di ricerca e sviluppo pluriennale del sistema missilistico contro carro POLYPHEME (SME001/90).Pag. 119
Seduta del 24 settembre 1992 e 16 febbraio 1993 – Parere favorevole
  Programma di ammodernamento pluriennale SME 002/92 relativo all'acquisizione di un sistema contro carro, a corta gittata, del tipo denominato Panzerfaust 3.
Seduta del 24 settembre 1992 e 6 febbraio 1993 – Parere favorevole
  Programma di ammodernamento della marina per lo sviluppo di una unità navale (SMM 4/93) e per la produzione dell'elicottero EH-101 (SMM 5/93).
Seduta del 29 giugno 1993 – Parere favorevole con una condizione
  Programma di A/R dell'Aeronautica militare relativo all'acquisizione in leasing di n. 24 velivoli Tornado ADV dal Governo del Regno Unito.
Seduta del 13 gennaio 1994 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di ammodernamento/rinnovamento dell'Aeronautica militare SMA-2/94 relativo all'approntamento di un sistema di comando e controllo mobile (C2M).
Seduta del 20 luglio 1994 – Parere favorevole
  Programma di ricerca e di sviluppo n. SMM/004/95 recante Studio di definizione di un sistema di propulsione per siluro pesante.
Seduta del 29 giugno 1995 – Parere favorevole
  Programma SMA 40/95 concernente l'acquisizione di un sistema avanzato di ricognizione per il velivolo AM-X.
Seduta del 10 ottobre 1995 – Parere favorevole
  Programma SME/005 concernente l'acquisizione di 150 veicoli corazzati.
Seduta del 10 ottobre 1995 – Parere favorevole con osservazioni
  Programma SMA 43/95 relativo all'acquisizione di 20 sistemi contraerei a bassa e bassissima quota.
Seduta del 10 ottobre 1995 – Parere favorevole con osservazione e una condizione
  Programma SMA 46/95 concernente l'acquisizione di 4 velivoli C-130H.
Seduta del 10 ottobre 1995 – Parere non espresso
  Programma SMA 47/95 concernente l'acquisizione del supporto operativo agli apparati di guerra elettronica.
Seduta del 10 ottobre 1995 – Parere favorevole
  Programma SME/258 concernente l'acquisizione di 250 veicoli blindati PUMA 4x4.
Seduta del 10 ottobre 1995 – Parere favorevole con osservazioniPag. 120
  Programma di A/R pluriennale n. SMM004/96 «Cooperazione internazionale con la Germania per la costruzione di sommergibili di nuova generazione».
Seduta del 10 ottobre 1995 – Parere favorevole
  Programma di investimento USG/SME/SMM/1/95-I «Programma FSAF Fase 2».
Seduta dell'11 ottobre 1995- Parere favorevole
  Programma di A/R pluriennale SMM 006/96 «Sviluppo e produzione iniziale di un sistema missilistico superficie aria a medio raggio navale» (PAAMS)
Seduta del 10 gennaio 1996- Parere favorevole
  Programma di ricerca e sviluppo pluriennale USG 001/96 relativo ad un sistema missilistico di difesa aerea a medio raggio (MEADS) con capacità antimissile balistico, limitatamente alla fase di definizione e validazione
Seduta del 21 febbraio 1996- Parere favorevole con osservazioni
  Programma pluriennale di R/S SME 108 relativo alla realizzazione di un veicolo blindato ruotato di derivazione «CENTAURO».
Seduta del 2 luglio 1996 – Parere favorevole con condizione
  Programma pluriennale SME 106 di ammodernamento e rinnovamento dell'esercito relativo all'acquisizione di quattrocento «PUMA 6x6».
Seduta del 2 agosto 1996 – Parere favorevole con osservazione
  Programma pluriennale SMA 6/96 di ammodernamento e rinnovamento dell'Aeronautica militare relativo all'acquisizione di n. 18 velivoli G-130J, del relativo supporto logistico iniziale e di un centro per l'addestramento.
Seduta dell'11 febbraio 1997- Parere favorevole
  Programma pluriennale SME 115 di ammodernamento e rinnovamento dell'Esercito relativo alla trasformazione di n. 15 elicotteri A-129 della versione base «specializzata contro carro» a quella da combattimento.
Seduta dell'11 febbraio 1997- Parere favorevole
  Programma pluriennale A/R SMM 003/97 relativo all'acquisizione di n. 4 pattugliatori (1 serie).
Seduta del 7 maggio 1997- Parere favorevole
  Programma annuale di A/R n. SMM 29/97 relativo allo sviluppo e alla realizzazione prototipica di un radar di scoperta di superficie per impiego su unità navali.
Seduta del 2 luglio 1997 – Parere favorevolePag. 121
  Programma pluriennale di A/R SMA n. 1/97 relativo all'adeguamento delle capacità ELINT (Electronic Intelligence) dell'Aeronautica militare.
Seduta dell'11 settembre 1997 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R SME 24/97 relativo all'acquisizione di n. 35 mortai rigati da 120 millimetri.
Seduta dell'11 settembre 1997 – Parere favorevole con una condizione
  Programma pluriennale di A/R SME 35/97, in cooperazione internazionale con Francia e Germania, relativo alla realizzazione di un sistema missilistico a lunga gittata, con guida a fibra ottica, denominato «Polipheme». Dimostrazione della fattibilità tecnologica del sistema d'arma.
Seduta dell'11 settembre 1997 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R SMM 20/97 relativo all'acquisizione di n. 200 siluri MU-90 e relativo supporto logistico.
Seduta del 1o ottobre 1997 – Parere favorevole con osservazioni
  Programma pluriennale di A/R n. SMA 2/97 relativo all'industrializzazione, produzione e supporto logistico iniziale di 121 velivoli EF2000.
Seduta del 9 dicembre 1997 – Parere favorevole con osservazioni
  Programma annuale di A/R SME/037/97 relativo a n. 1700 fucili calibro 12 m. ad anima liscia.
Seduta del 15 gennaio 1998 – Parere favorevole
  Programma pluriennale A/R SMM 001/98 relativo all'acquisizione di n. 1 «Unità maggiore».
Seduta del 19 febbraio 1998- Parere favorevole con osservazione
  Programma annuale di A/R n. SME 006/98 relativo a n. 10.000 (O.A. 112/97) giubbetti antiproiettile Mod «Corazza 2B».
Seduta del 12 maggio 1998 – Parere favorevole
  Programma annuale di A/R n. SMM/006/98 relativo all'acquisizione di una Unità SIGINT (Signal Intelligence).
Seduta del 13 maggio 1998 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R SMM/023/98 relativo al progetto di ammodernamento nel dispositivo di sorveglianza costiera, sviluppo e realizzazione del primo sistema.
Seduta del 10 giugno 1998 – Parere favorevole
  Programma pluriennale SME 066/98: acquisizione di 70 obici semoventi PZH 2000 con bocca da fuoco di calibro 155/52.
Seduta del 28 luglio 1998 – Parere favorevolePag. 122
  Programma pluriennale R/S SME 035/98: partecipazione fase di EMD (Engineering and Manufacturing Development) di un obice ultraleggero da 155 mm.
Seduta del 28 luglio 1998 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R SMM 033/98 relativo allo sviluppo e realizzazione prototipica di un sonar per ausilio alla navigazione.
Seduta del 28 luglio 1998 – Parere favorevole con osservazioni
  Programma pluriennale di A/R SME 030/98 relativo all'approvvigionamento di n. 698 msl., 194 gripstock ed apparecchiature addestrative e logistiche del sistema missilistico c/a di autodifesa STINGER «Riprogrammabile» (RMP).
Seduta del 29 luglio 1998 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di R/S SME 008/98 per la fase di sviluppo ingegneristico e preproduzione (EMD) del nuovo razzo GMLRS a gittata e potenza incrementata per il sistema MLRS.
Seduta del 16 settembre 1998 – Parere favorevole con osservazioni
  Programma pluriennale di R/S n. USG/02/98 relativo allo studio di fattibilità concernente un sistema in grado di fondere e processare in tempo reale dati ed immagini ottenuti tramite sensori imbarcati e non.
Seduta del 16 settembre 1998 – Parere favorevole con osservazioni
  Programma pluriennale di A/R n. SME 54/98 relativo all'acquisizione di n. 200 VCC «DARDO».
Seduta del 23 settembre 1998 – Parere favorevole con una condizione
  Programma di ricerca e sviluppo n. SGD/004-98 relativo al «Joint Strike Fighter» (JSF), partecipazione alla fase di «Concept Demonstration Phase (CDP)».
Seduta del 9 dicembre 1998 – Parere favorevole
  Programma pluriennale SGD/05-98 per la fase di definizione del Maritime Patrol Aircraft (MPA).
Seduta del 10 febbraio 1999 – Parere favorevole
  Programma pluriennale 5/98 per l'aggiornamento del sistema d'arma HARM (AGM-88B).
Seduta del 10 febbraio 1999 – Parere favorevole
  Programma pluriennale 6/98 relativo allo sviluppo del sistema d'arma IRIS-T.
Seduta del 10 febbraio 1999 – Parere favorevole
  Programma annuale di A/R n. SME/52/99 relativo all'acquisizione di 10.000 giubbetti antiproiettile Mod. «AP98».
Seduta del 24 febbraio 1999 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SME/53/99 relativo all'acquisizione di 480 visori IR per la visione notturna a medio raggio.Pag. 123
Seduta del 24 febbraio 1999 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SME/55/99 relativo alla trasformazione di elicotteri a scopo di combattimento.
Seduta del 4 maggio 1999 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SMM/024/99 relativo all'acquisizione del sistema d'arma antisommergibile MILAS.
Seduta del 4 maggio 1999 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SMM/030/99 relativo all'ammodernamento dei mezzi corazzati del Raggruppamento Anfibio San Marco (GRUPANF).
Seduta del 27 maggio 1999 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SMA/2/99 relativo all'acquisizione di n. 20 sistemi di artiglieria c/a e n. 20 sistemi missilistici «Man Portable».
Seduta del 1o giugno 1999 – Parere favorevole con osservazioni
  Programma pluriennale di A/R n. SMM/035/99 relativo Progetto di ammodernamento del dispositivo di sorveglianza costiera, primo sistema prototipico.
Seduta del 1o giugno 1999 – Parere favorevole
  Programma pluriennale SMA/1/99 relativo all'acquisizione di 200 Stand off Weapon (Storm Shadow), quale esigenza minimale a fronte di una esigenza operativa di 285 unità per i velivoli d'attacco Tornado e per il ruolo secondario dell'E.F.-2000, e delle relative stazioni di pianificazione delle missioni operative.
Seduta del 2 giugno 1999 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SMA/4/99 relativi all'acquisizione di materiale per il riconoscimento (Explosive Ordinance Reconnaissance EOR) e la neutralizzazione degli ordigni inesplosi (Explosive Ordinance Disposal EOD).
Seduta del 21 luglio 1999 – Parere favorevole
  Programma pluriennale R/S SME-58/99 per la realizzazione di un dimostratore tecnologico di un nuovo dispositivo di controllo del fuoco per il sistema d'arma MLRS (Multiple Launcher Rocket System) per il munizionamento guidato G-MLRS in fase di sviluppo.
Seduta del 28 settembre 1999 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SMA 13/99 relativo all'acquisizione potenziamento di stazioni di pianificazione missione (MPS) velivoli vari.
Seduta del 28 settembre 1999 – Parere favorevole
  Programma annuale di A/R n. SMA 10/99 relativo a HH3F – Adeguamento configurazione.
Seduta del 28 settembre 1999 – Parere favorevolePag. 124
  Programma annuale di A/R n. SMA 14/99 relativo all'acquisizione di apparati CRASH BEACON (rilevatore di posizione).
Seduta del 5 ottobre 1999 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SMA 9/99 relativo all'aggiornamento della configurazione e dell'ammodernamento di mezza vita dei velivoli MB 339.
Seduta del 5 ottobre 1999 – Parere favorevole
  Programma di A/R n. SMA 11/99 relativo al velivolo Tornado. Programma di ammodernamento di mezza vita («MID LIFE UPDATE» – MLU)
Seduta del 5 ottobre 1999 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SMA 5/99 relativo al velivolo AM-X supporto tecnico all'esercizio di n. 76 velivoli (IN SERVICE SUPPORT-ISS).
Seduta del 5 ottobre 1999 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SMA 7/99 relativo all'adeguamento operativo dei velivoli TANKER B707 TT.
Seduta del 5 ottobre 1999 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SME/069/99 relativo all'acquisizione di una sezione (n. 8 velivoli) DRONE a lunga portata MIRACH 150.
Seduta del 17 novembre 1999 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SME/070/99 relativo all'acquisizione di una sezione (n. 8 velivoli) Mini RPV (Remotely Piloted Vehicles) MIRACH 26.
Seduta del 17 novembre 1999 – Parere favorevole
  Programma annuale di A/R n. SME/74/99 relativo all'acquisizione di 2.100 lanciagranate da 40 mm.
Seduta del 17 novembre 1999 – Parere favorevole
  Programma annuale di A/R n. SME/75/99 relativo all'acquisizione di 30.000 giubbetti antiproiettile «AP 98».
Seduta del 17 novembre 1999 – Parere favorevole
  Programma annuale di A/R n. SME/76/99 relativo all'acquisizione di 24 mortai da 120 mm. Con canna rigata.
Seduta del 18 novembre 1999 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SMA/15/99 relativo all'acquisizione e all'integrazione sui velivoli d'attacco dell'aeronautica militare dei seguenti sistemi di guida per armamento di precisione.
Seduta del 18 novembre 1999 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SME/072/99 relativo all'acquisizione di 125 visori IR per la visione notturna a lungo raggio.Pag. 125
Seduta del 18 novembre 1999 – Parere favorevole
  Programma annuale di A/R n. SME/74/99 relativo all'acquisizione di 2.100 lanciagranate da 40 mm.
Seduta del 17 novembre 1999 – Parere favorevole
  Programma annuale di A/R n. SME/75/99 relativo all'acquisizione di 30.000 giubbetti antiproiettile «AP 98».
Seduta del 17 novembre 1999 – Parere favorevole
  Programma annuale di A/R n. SME/76/99 relativo all'acquisizione di 24 mortai da 120 mm. Con canna rigata.
Seduta del 18 novembre 1999 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SMA/15/99 relativo all'acquisizione e all'integrazione sui velivoli d'attacco dell'aeronautica militare dei dell'aeronautica militare dei seguenti sistemi di guida per armamento di precisione.
Seduta del 18 novembre 1999 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SMM 036/99 relativo all'acquisizione di n. 2 fregate di difesa aerea di nuova generazione.
Seduta del 30 novembre 1999 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SME 071/99 relativo all'acquisizione di n. 18 veicoli da ricognizione NBC (n. 16 per il reggimento difesa NBC e n. 2 costituenti scorta).
Seduta del 14 dicembre 1999 – Parere favorevole con condizioni
  Programma pluriennale di R/S n. SME 001/2000 relativo alla realizzazione di una «interfaccia di dati digitali» – LLAPI/FAST (Low Level Air Picture Interface).
Seduta del 2 febbraio 2000 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SGD 01/2000 relativo alla partecipazione nazionale alla fase di completamento dello sviluppo e industrializzazione del «Sistema di distribuzione multifunzionale delle informazioni – terminale di basso volume» – «Multifunctional information distribution system – low volume terminal».
Seduta del 5 aprile 2000 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SGD 004/2000 relativo alle fasi di industrializzazione (Production Investiment – PI), produzione (Production – P) e supporto in servizio iniziale (Initial In Service Support – IISS) dell'elicottero. NH-90
Seduta del 24 maggio 2000 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R. n. SMA 02/2000 relativo all'ammodernamento della flotta AM-X.
Seduta del 7 giugno 2000 – Parere favorevolePag. 126
  Programma pluriennale di R/S numero SGD 006/2000 relativo alla fase di definizione e validazione del sistema missilistico superficie-aria «Memorandum Extended Air Defense System (MEADS)» – Estensione triennale (Risk Reduction Effort, RRE).
Seduta del 12 settembre 2000 – Parere favorevole
  Programma annuale di A/R n. SMA 03/2000 relativo all'acquisizione di n. 300 kits a guida laser «LIZARD» per allestimento bombe MK-82.
Seduta del 26 settembre 2000 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SME/011/00 relativo all'acquisizione di n. 80 mortai calibro 120 millimetri rigati.
Seduta del 26 settembre 2000 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SME/015/00 relativo all'acquisizione di n. 2000 missili c/c «F2A», attivi, lanciabili da posti tiro «MILAN» attualmente in servizio.
Seduta del 26 settembre 2000 – Parere favorevole.
  Programma pluriennale di R/S n. SMM 021/01 relativo allo sviluppo di un siluro pesante di nuova generazione.
Seduta del 26 settembre 2000 – Parere favorevole.
  Programma pluriennale di A/R n. SMA 024/2000 relativo all'incremento delle capacità di aviorifornimento e trasporto strategico tramite l'acquisizione di 4 velivoli aerorifornitori multiruolo,
Seduta del 2 novembre 2000 – Parere favorevole con osservazioni.
  Programma pluriennale di R/S n. SGD 02/2000 relativo al completamento della definizione e dello sviluppo di un sistema di identificazione militare, compatibile con le esigenze del controllo del traffico aereo civile, già iniziato in un contesto di cooperazione internazionale quale programma NGIFF (New Generation Identification Friend or Foe – Identificazione Amico o Nemico di Nuova Generazione).
Seduta dell'11 gennaio 2001 – Parere favorevole.
  Programma pluriennale di R/S n. SMD 001/2000 relativo alla realizzazione di un dimostratore radar di sorveglianza del territorio SOSTAR-X (Stand-OffSurveillance Target Acquisition Radar).
Seduta del 16 gennaio 2001 – Parere favorevole.
  Programma pluriennale di R/S numero SMD 001/2001 relativo alla sorveglianza del campo di battaglia, denominato Coalition Aerial Surveillance and Reconnaissance (CAESAR).
Annunciato il 7 marzo 2001 – parere non espresso.
  Programma pluriennale di RS/AR 16/2001 relativo allo sviluppo e alla produzione del missile aria-aria «Meteor».
Seduta del 1o agosto 2001 – Parere favorevole.Pag. 127
  Programma pluriennale di A/R SMA n. 12/01 relativo alla realizzazione di un sistema nazionale di gestione automatizzata delle attività di Comando e controllo delle operazioni aeree definito Sistema di Comando e Controllo dell'A.M. (SICCAM).
Seduta del 26 settembre 2001 – Parere favorevole.
  Programma annuale di A/R n. 006/2001, relativo all'acquisizione di n. 350 mortai leggeri cal. 60 millimetri.
Seduta del 9 ottobre 2001 – Parere favorevole.
  Programma pluriennale di A/R n. SME 11/2001, relativo alla produzione di terminali MIDS-LVT.
Seduta del 9 ottobre 2001 – Parere favorevole.
  Programma pluriennale di R/S e A/R SME 002/2001, relativo alla fase di sviluppo e produzione per il sistema di controllo del fuoco EFCS (European Fire Control System), per il sistema d'arma MLRS (Multiple Launch Rocket System).
Seduta del 17 ottobre 2001 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di R/S SME 003/2001, relativo alla fase di sviluppo per un congegno di autodistruzione SDF (Self Destruct Fuze), per il submunizionamento del sistema d'arma MLRS (Multiple Launch Rocket System).
Seduta del 17 ottobre 2001 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R SME 009/2001, relativo all'acquisizione di n. 40 posti comando moduli di ingaggio per le unità contro aerei (c/a), convenzionali e missilistiche, a cortissima portata (V/SHORAD).
Seduta del 7 novembre 2001 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R SME 012/2001, relativo all'acquisizione di veicoli ad alta mobilità nel numero di 12 del tipo BV 206 della medesima tipologia di quelli già in servizio nella forza armata e nel numero di 189 del tipo BV 206 S/7 ad alta mobilità e dotati di protezione balistica, in varie configurazioni, per le unità specializzate di fanteria alpina.
Seduta del 13 novembre 2001 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SMM 01/2002 relativo all'acquisizione di dieci Fregate di nuova generazione.
Seduta del 10 aprile 2002 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SME 21/2001 relativo all'acquisizione di una batteria DRONE CL 289 dalle Forze armate tedesche.
Seduta del 22 aprile 2002 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R numero SME 22/2001 relativo all'acquisizione di 4 sistemi radar eliportati CRESO NATO.
Seduta del 9 maggio 2002 – Parere favorevolePag. 128
  Programma pluriennale di A/R n. SMD 02/02 relativo al sistema satellitare di osservazione della terra COSMO-Skymed/Pleiades.
Seduta del 3 giugno 2002 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di R/S n. SMA 002/2002 relativo allo sviluppo del velivolo Joint Strike Fighter-JSF.
Seduta del 4 giugno 2002 – Parere favorevole con osservazione
  Programma pluriennale di R/S SME 002/2002 relativo alla realizzazione di prototipi del sistema «Combattente 2000».
Seduta del 26 giugno 2002 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SMD 03/2002 relativo alla acquisizione di una «componente di sorveglianza elettronica aerotrasportata».
Annunciato il 19 settembre 2002 – parere non espresso.
  Programma pluriennale di A/R SMA 001/2003 relativi all'acquisizione di 444 missili aria/aria IRIS-T per il velivolo EF 2000.
Seduta del 4 giugno 2003 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R SME/017/2003 relativo all'acquisizione di n. 1.150 veicoli tattici leggeri multiruolo con kit di protezione.
Seduta del 2 ottobre 2003 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R SME/SMM 11/2003 relativo alla produzione di serie dei sistemi missilistici FSAF (Famiglia Superficie-Aria Futuri), costituiti dal sistema terrestre SAMP/T e dal sistema navale SAAM/It.
Seduta del 14 ottobre 2003 – Parere favorevole con condizioni
  Programma pluriennale di A/R SME n. 04/2003, relativo all'acquisizione di cinquanta sistemi di comando, controllo e navigazione (SICCONA) per i veicoli da combattimento (Ariete, Dardo, Centauro, VBC 8X8, Puma 6X6 e 4X4) di cui undici prototipi.
Seduta del 15 ottobre 2003 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di R/S n. SMA 01/2004, relativo alla fase di Disegno e Sviluppo (Design and Development D&D) del sistema missilistico denominato Medium Extended-Air Defence System (MEADS) realizzato in cooperazione internazionale.
Sedute del 27 e del 29 luglio 2004 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di R/S n. SGD 02/2004, relativo a Sviluppo del New Generation IFF (NGIFF) attraverso prove di interoperabilità tra gli apparati IFF modo 5/S italiano e USA, e sviluppo di un prototipo di «Battlefield Target Identification Device» (BTID) per l'identificazione «amico-nemico» da installare su piattaforme veicolari terrestri.
Sedute del 29 luglio e del 23 settembre 2004 – Parere favorevolePag. 129
  Programma pluriennale di R/S n. SGD 01/2004, relativo alla Migrazione verso la tecnologia JTRS (Joint Tactical Radio System) dei terminali del sistema MIDS-LVT (Multifunctional Information Distribution System «Low Volume Terminal»).
Sedute del 29 luglio e del 23 settembre 2004 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di R/S n. SME/SMM 01/2004, relativo alla fase di Sviluppo ed industrializzazione del munizionamento di nuova generazione per l'incremento della gittata e della precisione delle artiglierie sulle unità navali (127 mm.) e terrestri (155 mm.) Step 2 «extended range» (Programma Vulcano).
Sedute del 29 luglio e del 23 settembre 2004 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di R/S n. SGD 03/2005, relativo alla realizzazione di un dimostratore tecnologico-funzionale di veicolo «pioniere» del Genio, parte della componente ruotata del più ampio «Sistema da combattimento futuro del Genio» dell'Esercito italiano.
Seduta del 23 giugno 2005 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di R/S n. SGD 01/2005, relativo alla sorveglianza del campo di battaglia denominato MAJIIC (Multisensor Aerospace-ground Joint Interoperability ISR Coalition).
Seduta del 23 giugno 2005 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di R/S n. SGD 02/2005, relativo alla definizione di possibili strutture di sistema per la condivisione delle informazioni tattiche in ambiente centralizzato di reti di dati (Network Centric) denominato «Shared Tactical Picture» – STP.
Seduta del 23 giugno 2005 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SMD 19/2005, relativo all'acquisizione di sistemi radar controfuoco.
Seduta del 27 luglio 2005 – Parere favorevole con osservazione
  Programma pluriennale di A/R n. SMD 21/2006, relativo all'acquisizione di n. 249 veicoli blindati da combattimento VBC 8x8.
Sedute del 5 e 6 dicembre 2006 – Parere favorevole
  Programma annuale di A/R n. SMD 08/2007, relativo al lancio di un satellite militare denominato SICRAL-1B.
Sedute del 12 e 21 giugno 2007 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SMD 01/2007, relativo all'acquisizione di un satellite militare denominato SICRAL-2.
Sedute del 12 e 21 giugno 2007 – Parere favorevole
  Programma pluriennale di A/R n. SMD 28/2007, relativo all'acquisizione di 4 aeromobili a pilotaggio remoto (APR-PREDATOR B), dei correlati sensori, sistemi di controllo e comunicazione ed afferente supporto logistico.
Sedute del 6 e 12 febbraio 2008 – Parere favorevolePag. 130
  Programma pluriennale di A/R n. SMD 26/2007, relativo all'acquisizione di due sommergibili di nuova generazione U-212A – 2a serie e del relativo supporto logistico, quale completamento del programma di cooperazione internazionale italo-tedesca regolato dal M.o.U. U-212A.
Seduta del 5 marzo 2008 – Parere favorevole
  Acquisizione di 4 sistemi tattici TUAV (Velivoli senza pilota) – Tactical unmanned vehicles per esigenze dell'Esercito, finalizzati ad assicurare in tempi rapidi ed a basso rischio il reperimento e il trasferimento di informazioni utili nei teatri operativi. (Seduta del 3-12-2008 – Parere favorevole).
  Acquisizione di 16 elicotteri da trasporto medio per l'Esercito (con opzione di ulteriori 4 aeromobili), in sostituzione degli elicotteri CH47; per garantire migliori standard di sicurezza, garanzie di interoperabilità con gli assetti NATO e riduzione dei costi di gestione. (Seduta del 3-12-2008- Parere favorevole).
  Acquisizione di 500 bombe di piccolo diametro SDB (Small diameter bomb) (armamento di caduta leggero) e relativa integrazione sul velivolo Tornado, per ridurre al minimo i danni collaterali, grazie alle limitate dimensioni e all'elevato livello di precisione del sistema di guida. (Seduta del 3-12-2008 – Parere favorevole).
  Acquisizione di velivoli per il pattugliamento marittimo e ricognizione aerea a lungo raggio, in sostituzione dei velivoli «Atlantic». (Seduta del 3-12-2008- Parere favorevole).
  Acquisizione di 12 elicotteri (EPAM – Elicottero Pesante per l'Aeronautica Militare) più 3 in opzione, nel ruolo CSAR (Combat search and rescue – Ricerca e Soccorso anche in aree sotto minaccia) e di supporto alle operazioni speciali, in sostituzione degli elicotteri HH3F dell'Aeronautica. (Parere favorevole: seduta del 3-12-2008).
  Acquisizione di 131 velivoli JSF (Joint Strike Fighter) e realizzazione in Italia, presso la base dell'Aeronautica militare di Cameri, di una linea di assemblaggio finale e verifica dei velivoli, trasformabile successivamente in un centro di manutenzione e riparazione dei velivoli (Linea FACO / MRO&U (Final assembly and check out/Maintenance, repair, overhaul & upgrade) (Parere favorevole con condizioni: seduta dell'8-4-2009).
  Digitalizzazione dei principali mezzi, sistemi e componenti di una Forza media terrestre (Forza NEC – Network enabled capability) per abilitarla alle nuove capacità operative in rete, articolata su una Forza media digitalizzata a connotazione terrestre e su una Forza da sbarco digitalizzata (prima fase). (Parere favorevole: seduta dell'8-4-2009).
  Acquisizione di 2 velivoli con capacità SIGINT – Multi sensore e multi missione JAMMS (Joint airborne multisensor), con capacità di sorveglianza tattica e operativa, in sostituzione del velivolo SIGINT. (Parere favorevole con condizione: seduta dell'8-4-2009).Pag. 131
  Acquisizione di sistemi controcarro di terza generazione con munizionamento, in sostituzione dei missili TOW e MILAN. (Parere favorevole: seduta del 16-6-2009).
  Acquisizione di venti veicoli protetti ambulanza da utilizzare nelle operazioni all'estero. (Parere favorevole con osservazione: seduta del 16-6-2009).
  Sviluppo ed industrializzazione della munizione guidata LR (Lungo raggio) per l'incremento della gittata e della precisione delle artiglierie sulle unità navali e terrestri «VULCANO». (Parere favorevole: seduta del 16-6-2009).
  Realizzazione di 3 stazioni «Anchor» fisse, con funzioni integrative ed alternative al Centro di gestione e di controllo di Vigna di Valle, del sistema satellitare per le telecomunicazioni della Difesa «SICRAL» (Sistema italiano per comunicazioni riservate e allarmi (Parere favorevole: seduta del 16-6-2009).
  Sviluppo ed integrazione di un sistema di autoprotezione infrarosso a tecnologia laser (Directed infra-Red counter-Measures – DIRCM), per la protezione degli assetti aerei dell'Aeronautica contro minacce missilistiche a guida infrarossa. (Parere favorevole: seduta del 16-6-2009).
  Produzione e supporto del missile antiradar a medio raggio AGM-88E per la difesa aerea, per limitare il rischio di danni collaterali. (Parere favorevole: seduta del 24-6-2009).
  Realizzazione di sistemi di simulazione «Constructive» e «Live» per addestramento terrestre, funzionali alla formazione e all'addestramento del personale militare. (Parere favorevole: seduta del 24-6-2009).
  Ammodernamento della Rete Radar Costiera della Marina e della Centrale di Sorveglianza Marittima Associata per realizzare un incremento di sorveglianza costiera, con l'introduzione di sensori di nuova generazione. (Parere favorevole: seduta del 24-6-2009).
  Partecipazione dell'Italia al progetto multinazionale relativo al futuro sistema federato di satelliti europei di osservazione della terra ed alla realizzazione di due satelliti Cosmo SkyMed che rappresentano il segmento spaziale nazionale del progetto. (Parere favorevole: seduta del 24-6-2009).
  Acquisizione di un sistema di sorveglianza aerea basato su una flotta di 8 velivoli pilota «Global Hawk. (Parere favorevole: seduta del 24-6-2009).
  Acquisizione di 2 aeromobili a pilotaggio remoto (APR). (Parere favorevole: seduta del 7-10-2009).
  Acquisizione di mortai da 81 millimetri di nuova generazione e del relativo munizionamento, calcolatore balistico per la determinazione dei dati da tiro e supporto logistico. (Parere favorevole: seduta del 9-11-2010).Pag. 132
  Acquisizione di un nuovo siluro pesante per i sommergibili U-212. Durata: 10 anni, dal 2010. (Parere favorevole: seduta del 9-11-2010).
  Acquisizione di un'unità navale di supporto subacqueo polivalente di ARS/NAI e del relativo supporto logistico. (Parere favorevole: seduta del 9-11-2010).
  Acquisizione di 10 elicotteri di categoria media con funzioni SAR (Search and rescue) militare nazionale (interim solution) per l'Aeronautica militare. (Parere favorevole: seduta del 9-11-2010).
  Acquisizione di 32 sistemi di osservazione e acquisizione obiettivi (OTS) e di 32 sistemi contro-carro di 3a generazione, per l'elicottero A129 Mangusta. (Parere favorevole: seduta del 9-11-2010).
  Realizzazione di un hub aereo nazionale dedicato alla gestione dei flussi, via aerea, di personale e di materiale dal territorio nazionale per i teatri operativi, e viceversa, con tempestività ed efficacia. (Seduta del 9-11-2010, Parere favorevole).
  Realizzazione di una infostruttura evoluta (Defence Information Infrastructure-DII) attraverso il parziale sviluppo di sette pacchetti capacitivi nella sola area di vertice della Difesa. (Seduta del 9-11-2010 Parere favorevole).
  Acquisizione di due veicoli prototipali della «Nuova Blindo Centauro 2». (Seduta del 23-11-2011 – Parere favorevole con osservazioni).
  Acquisizione di quaranta (più venticinque opzionali) «Veicoli Tattici Medi Multiruolo VTMM» in versioni dedicate alla capacità di bonifica di aree e itinerari, per equipaggiare gli assetti specialistici del Genio dell'Esercito italiano. Seduta del 23-11-2011 – Parere favorevole con osservazioni.
  Acquisizione di centoquarantanove «Automezzi Logistici Protetti», in varie tipologie, per incrementare il livello di protezione delle forze impegnate nell'esecuzione di attività logistiche nei contesti operativi, caratterizzati sia da elevata minaccia balistica e sia dal pericolo derivante dagli ordigni esplosivi improvvisati, più comunemente conosciuti come IED (Improvised Explosive Device). Seduta del 23-11-2011 Parere favorevole con osservazioni.
  Acquisizione di cinquecentoundici «Veicoli Tattici Leggeri Multiruolo (VTLM) Lince», versione 1 A, di cui quattrocentosettantanove nella versione combat e trentadue nella versione portaferiti, per incrementare il livello di protezione delle forze impegnate nei teatri operativi. Seduta del 23-11-2011 – Parere favorevole Acquisizione di protezioni passive, sensori elettro-ottici e radar integrati, per incrementare il livello di protezione delle basi operative avanzate e delle basi di supporto avanzate nel teatro di operazioni afgano. Seduta del 23-11-2011 – Parere favorevole.


NOTE:

  (1) La legge n. 436 del 1988 è stata successivamente abrogata e il suo contenuto è confluito nel Codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010 (articolo 536 e seguenti). Come di seguito indicato su tali disposizioni è poi intervenuta la legge n. 244 del 2012.

  (2) La modifica è dovuta all'approvazione dell'emendamento Scanu 4.04.

  (3) In materia di relazioni al Parlamento l'articolo 12 del Codice prevede che il Ministro della difesa, in sede di presentazione annuale dello stato di previsione del Ministero, illustra al Parlamento: a) l'evoluzione del quadro strategico e le implicazioni militari della situazione delle alleanze; b) l'evoluzione degli impegni operativi interforze, con riguardo alla capacità operativa e alla preparazione delle Forze armate e al loro necessario adeguamento; c) la nota aggiuntiva allo stato di previsione della spesa; d) gli altri elementi di cui all’ articolo 548. Inoltre, il Ministro della difesa presenta annualmente, entro il 31 gennaio, una relazione al Parlamento sullo stato di avanzamento del processo di ristrutturazione, nonché sulla necessità di apportarvi correttivi nei limiti degli stanziamenti di bilancio e delle dotazioni organiche di personale previste dalle vigenti disposizioni. Il Ministro della difesa evidenzia altresì, nella medesima relazione, le modalità attraverso le quali il processo di ristrutturazione attua il principio del coordinamento tra le Forze armate. Ai sensi del successivo articolo 548 del Codice in materia di relazioni illustrative sullo stato di attuazione dei programmi, in allegato allo stato di previsione del Ministero della difesa, il Governo trasmette al Parlamento relazioni illustrative: a) sulla spesa complessiva prevista per il personale militare, con indicazione degli oneri riferiti al personale in servizio permanente e a quello in servizio non permanente, distinguendo, altresì, i dati per grado e per stato giuridico, nell'ambito delle aree tecnico-operativa e tecnico-amministrativa della Difesa; b) sullo stato di attuazione dei programmi di costruzione, acquisizione e ammodernamento di mezzi, impianti e sistemi, di cui ai pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero della difesa. Per ciascun programma sono indicati l'esigenza operativa, l'oggetto, la quantità, l'onere globale, lo sviluppo pluriennale e la percentuale di realizzazione; sono, altresì, fornite indicazioni sui rapporti tra acquisti compiuti all'estero e in Italia e sulla quota di questi effettuata nel Mezzogiorno; c) sull'attività contrattuale concernente la manutenzione straordinaria e il reintegro dei sistemi d'arma, delle opere, dei mezzi e dei beni direttamente destinati alla difesa nazionale, che si espleta secondo programmi aventi di norma durata annuale, in relazione alle quote da impegnare sugli appositi capitoli dello stato di previsione del Ministero della difesa; d) sullo stato di attuazione del programma di potenziamento e ammodernamento delle infrastrutture, con particolare riguardo agli alloggi dei militari di truppa, ai locali adibiti a cucine, mense e ad attività del tempo libero, e idoneo a garantire attività di promozione sociale e sportiva, al quale si fa fronte mediante gli ordinari stanziamenti di bilancio, specificando, nell'ambito dei pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero della difesa, le quote da destinare alla realizzazione del programma medesimo; e) sui programmi, di competenza del Ministero della difesa, attuati ai sensi della legge 11 novembre 1986, n. 770.

  (4) Si veda l'intervento conclusivo della relatrice, onorevole Villecco Calipari, sul Documento programmatico pluriennale per la Difesa per il triennio 2013-2015, pubblicato in allegato al resoconto della seduta della Commissione difesa del 31 luglio 2013.

  (5) Con riferimento a questo tema si veda anche il successivo paragrafo relativo al programma c.d. Forza NEC.

  (6) Nel programma F35 il Regno Unito è partner di primo livello, al pari degli Stati Uniti, con una quota di investimento nello sviluppo del programma pari al 10 per cento; l'Italia, insieme all'Olanda, è partner di secondo livello, con una quota di investimento nello sviluppo del programma del 3,8 - 3,9 per cento; Canada, Turchia, Australia, Norvegia e Danimarca sono partner di terzo livello con una partecipazione finanziaria pari al 1-2 per cento);

  (7) Cfr. Audizione Prof. Politi, cit.