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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (V e XII)

Resoconto stenografico



Seduta n. 10 di Mercoledì 30 ottobre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boccia Francesco , Presidente ... 3 

LA SFIDA DELLA TUTELA DELLA SALUTE TRA NUOVE ESIGENZE DEL SISTEMA SANITARIO E OBIETTIVI DI FINANZA PUBBLICA

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Fabrizio Saccomanni.
Boccia Francesco , Presidente ... 3 
Saccomanni Fabrizio , Ministro dell'economia e delle finanze ... 4 
Boccia Francesco , Presidente ... 10 
Palese Rocco (PdL)  ... 10 
Piazzoni Ileana Cathia (SEL)  ... 12 
Lenzi Donata (PD)  ... 13 
Cariello Francesco (M5S)  ... 15 
Galli Giampaolo (PD)  ... 16 
Grillo Giulia (M5S)  ... 16 
Binetti Paola (PI)  ... 18 
Boccia Francesco , Presidente ... 20 
Cecconi Andrea (M5S)  ... 20 
Baroni Massimo Enrico (M5S)  ... 21 
Monchiero Giovanni (SCpI)  ... 22 
Gigli Gian Luigi (SCpI)  ... 23 
Boccia Francesco , Presidente ... 24 
Saccomanni Fabrizio , Ministro dell'economia e delle finanze ... 24 
Boccia Francesco , Presidente ... 27

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA V COMMISSIONE FRANCESCO BOCCIA

  La seduta comincia alle 20.40.

  (Le Commissioni approvano il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Fabrizio Saccomanni.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla sfida della tutela della salute tra nuove esigenze del sistema sanitario e obiettivi di finanza pubblica, l'audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Fabrizio Saccomanni.
  Ringrazio il Ministro dell'economia e delle finanze, Fabrizio Saccomanni, per aver accettato l'invito e per consentirci questa sera di chiudere il lungo lavoro connesso all'indagine conoscitiva iniziata nel mese di giugno.
  Ricordo che con oggi completiamo questo percorso, che è stato finalizzato a effettuare una comparazione degli andamenti tendenziali della spesa sanitaria pubblica e privata tra i maggiori Paesi europei in termini sia di spesa assoluta pro capite, sia di incidenza percentuale sul PIL.
  Noi abbiamo provato, Ministro Saccomanni, a verificare le conseguenze della progressiva riduzione del finanziamento al Servizio sanitario nazionale, avvenuta dal 2008 al 2013, sul livello di appropriatezza del sistema, in particolar modo individuando e valutando l'entità e l'efficacia degli interventi di spending review.
  Questa indagine conoscitiva è nata sulla base di una valutazione comune fatta con il Presidente Vargiu a giugno. Il 15 giugno ogni amministrazione deve inviare la propria relazione sulla spesa. Devo dirle che non tutte le amministrazioni lo fanno, pochissime lo fanno entro il 15 giugno. Poiché questo comparto è oggettivamente tra i più complessi, delicati e anche tra i più corposi, con il Presidente Vargiu abbiamo deciso di fornire all'attività parlamentare e al Governo questo contributo, che potrebbe essere utile al Commissario per la spending review, proprio per far sì che in Parlamento fosse sentito tutto il mondo circostante che caratterizza il funzionamento del sistema sanitario nazionale per indicare punti di debolezza e criticità, ma anche punti di forza. Quando si parla di rimodulazione della spesa del sistema sanitario nazionale, infatti, è necessario anche concentrare le risorse sulle tante questioni che funzionano molto bene e che spesso non sono oggetto di attenzione.
  Si è cercato di valutare l'impatto atteso sulla complessiva erogazione delle prestazioni sanitarie in conseguenza del progressivo passaggio al sistema di finanziamento regionale attraverso i costi standard. Su questo aspetto auspichiamo da lei anche Pag. 4parole definitive sui tempi, sull'applicazione e sull'impatto stesso dei costi standard sul nostro sistema.
  Il lavoro fatto dovrebbe consentirci di verificare gli effetti dell'introduzione del ticket dal punto di vista economico e finanziario, dell'orientamento della domanda delle prestazioni sanitarie e della coerenza e congruità del sistema delle esenzioni con gli obiettivi di protezione delle fasce più deboli della popolazione.
  L'obiettivo di valutare il livello di omogeneità su tutto il territorio nazionale dell'accesso alle cure e il livello qualitativo delle prestazioni sanitarie erogate avrà molta attenzione nella relazione finale che concluderà questa indagine conoscitiva, oltre all'incidenza e all'efficacia della spesa sociale e sociosanitaria alla luce del riparto delle risorse tra comuni e Aziende sanitarie locali.
  L'indagine si è sviluppata attraverso le audizioni di numerosi protagonisti del settore. In particolare, le Commissioni riunite hanno ascoltato i contributi delle istituzioni, delle fondazioni di studio del settore, di rappresentanti della cosiddetta società civile, delle associazioni a tutela del malato, dei rappresentanti del mondo della farmaceutica, di aziende ospedaliere e sanitarie, pubbliche e private, e di tutti i centri di ricerca più autorevoli delle principali università italiane. Sono stati auditi ampiamente i rappresentanti dei sindacati di categoria, delle professioni sanitarie, delle istituzioni sanitarie con funzioni di orientamento e controllo, dei fondi integrativi e delle assicurazioni. Nell'ambito dei soggetti istituzionali sono intervenuti i rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome, della Consip e della Ragioneria generale dello Stato.
  Infine, questo lavoro complesso è stato sottoposto alla valutazione e al confronto con il Ministro della salute lo scorso 16 ottobre. L'audizione odierna, come detto in premessa, chiude, dunque, il ciclo delle audizioni programmate e siamo certi che sarà particolarmente preziosa per il lavoro delle Commissioni, anche in vista dell'esame parlamentare della legge di stabilità 2014.
  Do la parola al Ministro Saccomanni per lo svolgimento della relazione.

  FABRIZIO SACCOMANNI, Ministro dell'economia e delle finanze. Grazie, presidente. Grazie, presidente Vargiu. Sono lieto di poter partecipare in chiusura a questa indagine conoscitiva, anche perché mi ha dato modo di approfondire di persona un tema che onestamente, in questo breve periodo di tempo trascorso al ministero, non avevo ancora avuto modo di affrontare.
  Il Servizio sanitario nazionale, come è noto, è stato istituito nel 1978 ed è stato interessato da riforme che ne hanno modificato nel tempo la governance. Nel nostro ordinamento la funzione sanitaria pubblica è esercitata da due livelli di governo: lo Stato, che definisce i livelli essenziali di assistenza – i cosiddetti LEA – e le relative risorse finanziarie, e le regioni, che hanno il compito di organizzare i rispettivi servizi sanitari e di garantire l'erogazione delle prestazioni. La presenza di due livelli di governo richiede una cornice che ne regoli l'interazione al fine di realizzare una gestione responsabile, efficiente ed efficace su tutto il territorio nazionale, nel rispetto degli obiettivi fissati per i conti pubblici e delle regole di bilancio europee. Le risorse coinvolte sono ingenti, pari al 7 per cento circa del prodotto interno lordo.
  È necessario salvaguardare la qualità, l'equità e l'universalità di accesso alle cure che il nostro sistema sanitario pubblico ha sempre garantito, nella convinzione che tale tutela non rappresenti nel lungo termine un costo, ma una risorsa per l'intero sistema Paese. Occorre, inoltre, innalzare ulteriormente il livello generale delle condizioni di salute. La salvaguardia dello stato di benessere psicofisico della popolazione, oltre a essere ovviamente un bene in sé, ha risvolti positivi in termini di contenimento della spesa sociale che vanno oltre la componente sanitaria.Pag. 5
  Rimane cruciale il monitoraggio dei costi e della qualità delle prestazioni erogate nelle diverse articolazioni territoriali del sistema sanitario nazionale, con la determinazione e l'organicità di azione dimostrata negli ultimi anni. Occorrerà, quindi, proseguire nell'azione di governo del sistema con l'adozione di interventi incisivi ed efficaci in tutte quelle situazioni e realtà che meno esprimono il valore del nostro sistema sanitario nazionale, adoperandoci nell'opera di risanamento, laddove si ravvisino sprechi di risorse.
  I dati di comparazione internazionale confermano per altra via l'efficacia del processo di razionalizzazione del sistema sanitario pubblico, attuata in Italia negli ultimi anni. La spesa sanitaria complessiva pubblica e privata dell'Italia si attesta nel 2012 al 9,2 per cento del PIL. Tale incidenza si colloca al di sotto della media dei Paesi OCSE, che è al 9,3 per cento, ed è sensibilmente più bassa di quella della media dei Paesi UE a 15 membri, cioè il 10 per cento. Nel confronto con i principali partner europei risulta di circa 2 punti percentuali inferiore rispetto al valore di Francia e Germania e sostanzialmente in linea con quello della Spagna.
  Analoghe indicazioni emergono con riferimento alla sola componente pubblica della spesa sanitaria. Nel confronto tra i differenti modelli organizzativi e di finanziamento è interessante notare come la spesa sanitaria complessiva assorba negli Stati Uniti una quota di PIL che risulta quasi doppia di quella mediamente riscontrata nei Paesi dell'Unione europea. In questo caso l'incidenza della spesa sanitaria sul PIL risulta significativamente superiore alla media europea anche limitatamente alla sola componente pubblica.
  Illustro alcune tendenze di fondo. Le dinamiche demografiche attese nei prossimi decenni determineranno un'espansione della domanda di prodotti e servizi sanitari. L'incidenza crescente della popolazione non in età lavorativa sul totale riflette il continuo miglioramento delle speranze di vita e l'invecchiamento delle generazioni del baby boom. L'intensità di entrambi i processi, da un lato, conferma la qualità del Servizio sanitario nazionale e, dall'altro, potrebbe generare in futuro situazioni di tensione nell'utilizzo delle risorse disponibili.
  Alcune caratteristiche delle menzionate dinamiche demografiche potrebbero, tuttavia, contenere significativamente la crescita della spesa sanitaria rispetto alle stime formulate sulla base degli attuali comportamenti di consumo osservati per età e genere.
  In primo luogo, va evidenziato che una quota molto elevata del totale delle spese sanitarie effettuate nell'arco della vita di un individuo tende a concentrarsi nell'anno antecedente al decesso. I costi sostenuti per cure sanitarie nella fase terminale della vita non risulterebbero, pertanto, significativamente accresciuti dall'aumento della speranza di vita.
  In secondo luogo, come è accaduto in passato, all'aumento della speranza di vita verosimilmente si assoceranno un miglioramento delle condizioni di salute e una riduzione dell'incidenza della disabilità per data classe di età e genere. L'allungamento dell'aspettativa di vita, in sostanza, si tradurrebbe in un periodo addizionale vissuto in buona salute, durante il quale non si realizzerebbe l'incremento dei costi attesi, prefigurato assumendo l'invarianza della struttura dei bisogni sanitari.
  Tra gli altri fattori in grado di esercitare un impatto rilevante sulla dinamica della spesa sanitaria, particolare attenzione è stata rivolta dalla letteratura al progresso tecnologico, segnatamente all'introduzione di apparecchiature sanitarie e terapie sempre più sofisticate e costose, ma anche in grado di conseguire rilevanti guadagni netti in termini di efficienza ed efficacia delle cure. Le analisi condotte dalla letteratura al riguardo non consentono di trarre conclusioni definitive in relazione all'impatto netto atteso dal progresso tecnologico sulla spesa sanitaria. Queste considerazioni rafforzano l'esigenza di un monitoraggio costante della spesa sanitaria. Rafforzano anche l'esigenza Pag. 6di individuare le pratiche migliori che emergono nei diversi approcci seguiti dalle regioni e diffonderne l'utilizzo.
  Passiamo al quadro complessivo del consolidamento di bilancio. In questo delicato snodo congiunturale l'evoluzione della spesa sanitaria deve risultare coerente con le politiche di risanamento della finanza pubblica. Per un Paese ad alto debito il consolidamento dei conti pubblici è condizione necessaria per riavviare un solido e duraturo percorso di sviluppo dell'economia. Ogni allentamento della disciplina di bilancio si rifletterebbe sui costi di finanziamento del Tesoro.
  Come ho ricordato anche oggi in altra sede, ogni mese il Tesoro deve collocare in media titoli per circa 40 miliardi di euro. Un tasso di interesse all'emissione più alto di un punto implicherebbe una spesa più alta di quasi 3 miliardi di euro nel primo anno e di oltre 15 nel lungo periodo. Fino a quando il debito pubblico non inizierà a diminuire in maniera consistente, l'economia non potrà tornare a crescere in modo significativo.
  Per questa ragione essenziale l'indebitamento netto deve restare entro la soglia del 3 per cento del PIL, ma il rispetto di tale obiettivo non è sufficiente: il disavanzo strutturale deve tendere verso il pareggio e il peso del debito deve ridursi. Raggiungere questi risultati è un interesse prioritario del nostro Paese e le regole europee, che non sono prive, peraltro, di margini di flessibilità che vanno senz'altro utilizzati, sono strumenti funzionali al raggiungimento di questi risultati. Il loro rispetto, richiesto anche a livello nazionale dalla riforma della nostra Costituzione, garantisce la credibilità dei nostri sforzi e riduce il costo dell'aggiustamento.
  Nel decennio che ha preceduto la crisi, ossia negli anni 1998-2007, la spesa primaria totale era cresciuta in media all'anno del 4,5 per cento, circa mezzo punto percentuale in più del PIL. Il rapporto tra spesa primaria e prodotto è passato dal 40,9 per cento del 1997 al 43,2 nel 2007, un livello già storicamente alto. Gli effetti della successiva crisi economica hanno amplificato il fenomeno, innalzando il rapporto al 47,9 per cento nel 2009, il valore più elevato degli ultimi cinquant'anni. L'aumento delle spese primarie delle amministrazioni locali è risultato particolarmente accentuato. Vi ha influito la dinamica del comparto sanitario.
  Negli ultimi anni, però, questa tendenza è radicalmente cambiata. Tra il 2010 e il 2013 la spesa pubblica primaria corrente al netto delle prestazioni sociali in denaro è scesa di oltre il 9 per cento in termini reali. Il calo della spesa primaria ha interessato tutti i sottosettori e tutte le principali voci di spesa, i redditi da lavoro, le erogazioni per il settore sanitario e i consumi intermedi.
  Ciò è avvenuto principalmente attraverso riduzioni percentuali di carattere lineare, per le quali non vi sono più margini. È ora necessario intervenire selettivamente nei singoli programmi di spesa, nella definizione della portata e del perimetro dell'intervento pubblico, nel miglioramento delle capacità gestionali delle amministrazioni. Sarà cruciale in tal senso il processo sistematico di revisione della spesa, che rappresenta uno dei pilastri dell'azione del Governo. Con la nomina del Commissario per la spending review il lavoro avviato dal precedente Governo verrà ampliato e reso più sistematico. Il Governo è, inoltre, impegnato ad attuare un incisivo processo di valorizzazione e dismissione del patrimonio pubblico che favorirà la diminuzione del rapporto tra il debito e il PIL.
  Sui conti pubblici siamo costretti ad agire con grande prudenza. Dobbiamo, invece, procedere con forte determinazione sulla qualità della regolamentazione e sull'efficienza delle amministrazioni. La crescita richiede interventi anche radicali. Dobbiamo ripensare i ruoli dei diversi livelli di governo e migliorare fortemente il contesto normativo in cui si fa impresa, la qualità dell'istruzione, della sanità e della giustizia civile.
  La Banca mondiale ha diffuso ieri il rapporto annuale sulle condizioni per fare impresa. Quest'anno, per la seconda volta da diversi anni, il rapporto segnala un Pag. 7miglioramento per l'Italia, che pure continua a collocarsi in una posizione relativamente arretrata nelle graduatorie internazionali. Resta molto da fare. La competitività, del resto, non richiede più spesa pubblica, ma maggiore efficienza e regole più semplici.
  La spesa primaria corrente nel 2013 risulterebbe pari a 681,2 miliardi di euro. Questo valore potrebbe essere considerato come un livello obiettivo a cui fare riferimento sia nella fase di discussione parlamentare, sia per il monitoraggio dell'anno in corso. Rispetto alla spesa primaria corrente stimata per l'anno in corso, 672 miliardi di euro, vi sarebbe un aumento di 9,2 miliardi di euro interamente ascrivibile alla crescita della spesa per prestazioni sociali per effetto della dinamica delle pensioni e degli ammortizzatori sociali. L'incidenza della spesa pubblica primaria sul PIL, al netto dei rimborsi di debiti commerciali che di fatto costituiscono spesa di competenza di altri anni, scenderebbe dal 45,9 per cento del 2013 al 45,5. Quella della spesa corrente primaria scenderebbe dal 43,1 al 42,5 per cento. Si porterebbe, quindi, nel 2015 e nel 2016 rispettivamente al 41,5 e al 40,6 per cento.
  Vengo adesso alle misure di razionalizzazione della spesa sanitaria. In questo quadro si inseriscono gli interventi che hanno riguardato il comparto sanitario negli ultimi anni, rafforzandone la governance e gli strumenti di controllo e di razionalizzazione della spesa. Tali misure hanno consentito di ridurre la dinamica della spesa dal 7 per cento annuo osservato in media nel periodo 2000-2006 all'1,4 del periodo 2006-2012. Nel quadro previsivo del Governo la spesa sanitaria si riduce in rapporto al prodotto dal 7,1 per cento del 2013 al 6,8 del 2016.
  Hanno contribuito a rafforzare la governance e i rapporti tra Stato e regioni: l'obbligo dell'integrale copertura dei disavanzi da parte delle regioni, anche attraverso l'incremento automatico delle aliquote fiscali, che ha fatto venire meno l'aspettativa del ripiano dei disavanzi da parte dello Stato; l'obbligo della redazione di un Piano di rientro per le regioni con disavanzi eccessivi, ossia sopra la soglia del 5 per cento, rispetto al livello del finanziamento; nonché il commissariamento della funzione sanitaria nella regione, qualora il Piano di rientro non sia adeguatamente redatto o non sia attuato nei tempi previsti.
  Considererò ora l'impatto delle misure volte alla razionalizzazione delle erogazioni per le diverse componenti della spesa sanitaria complessiva. Spesa per il personale: 40 per cento del totale. Spesa per beni e servizi: 21 per cento. Prestazioni erogate da privati accreditati: circa il 23 per cento. Spesa farmaceutica convenzionata e ospedaliera: circa il 16 per cento.
  La dinamica della spesa per il personale presenta una significativa riduzione dal 5,4 per cento annuo osservato in media nel periodo 2000-2006 all'1,4 nel 2006-2010, fino a risultare negativa nel biennio 2010-2012, per meno 2,1 per cento. Tale andamento non è dovuto solo a misure straordinarie, come quelle che hanno avuto applicazione dal 2010, ma anche a interventi strutturali. Tra questi vorrei ricordare il blocco del turnover attuato e monitorato, in particolare, nelle regioni sottoposte ai Piani di rientro e le disposizioni vigenti relative alla corretta contabilizzazione degli oneri contrattuali. Tali disposizioni prevedono che le regioni siano tenute ad accantonare annualmente nei propri bilanci gli eventuali oneri connessi con rinnovi contrattuali indipendentemente dal fatto che il contratto venga sottoscritto. L'applicazione di questa norma, verificata da parte del competente tavolo tecnico, ha fatto venire meno l'aspettativa del ripiano ex post da parte dello Stato degli oneri arretrati, incidendo, quindi, in modo deciso sui comportamenti degli amministratori.
  Anche il tasso di crescita delle erogazioni per beni e servizi è diminuito significativamente, passando dal 7,6 per cento nel periodo 2000-2006 al 4,4 per cento nel 2006-2010, al 2,8 nel 2010-2012. Si tratta della componente della spesa sanitaria che è stata interessata dalle più rilevanti e Pag. 8ambiziose manovre di contenimento dei costi. In particolare, le misure varate nel biennio 2011-2012 hanno determinato una riduzione della spesa di circa 3 miliardi di euro nel 2013 e di circa 3,8 miliardi di euro nel 2014.
  Al fine di conseguire tale contenimento della spesa dal 1o luglio 2012 l'Osservatorio dei contratti pubblici fornisce alle regioni un'elaborazione dei prezzi standard di riferimento sulla base dei prezzi effettivamente praticati rilevati alle condizioni di maggiore efficienza dei beni, delle prestazioni e dei servizi sanitari e non sanitari selezionati dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, l'AgeNaS, tra quelli di maggiore impatto in termini di costo a carico del sistema sanitario nazionale.
  L'Osservatorio sta ora procedendo alla seconda rilevazione, che rappresenta un'evoluzione e un miglioramento della prima esperienza. I beni e i servizi censiti passano da circa 300 a circa 450 e la rilevazione non è più campionaria, ma sull'intero universo delle Aziende sanitarie e delle centrali di acquisto regionali. Ferma restando la validità dei prezzi di riferimento, si potrebbe prevedere che l'AgeNaS affianchi le regioni sia nella definizione di criteri più efficienti per l'adozione delle tipologie di gare più opportune, sia nel dettare linee guida per la redazione dei capitolati di gara.
  Anche per le prestazioni erogate da privati accreditati la dinamica risulta in netta diminuzione, dall'8 per cento medio nel periodo 2000-2006 al 3,7 per cento negli anni 2006-2010, fino allo 0,6 per cento nel periodo 2010-2012. In particolare, il contenimento della spesa è stato frutto delle azioni di programmazione regionale monitorata dai competenti tavoli tecnici dirette a fissare ex ante un tetto di spesa da assegnare agli erogatori privati. Va tuttavia rilevato che vi è un rilevante contenzioso, in particolare sull'applicazione delle tariffe che le Aziende sanitarie riconoscono alle strutture accreditate. Vi sono già stati numerosi ricorsi in merito all'ultimo decreto di fissazione delle tariffe dell'ottobre del 2012.
  Da oltre un decennio la spesa farmaceutica convenzionata è stata interessata da numerosi interventi regolatori a livello centrale che hanno comportato una sua contrazione del 3 per cento già nel periodo 2006-2010, fino a una riduzione dell'8,5 per cento medio nei due anni successivi. Pertanto, in valore assoluto, la spesa del 2012 risulta inferiore di circa 2,5 miliardi rispetto a quella del 2001.
  In particolare, sono stati definiti i tetti di spesa superati i quali aziende produttrici, farmacisti e grossisti sono chiamati a restituire alle regioni pro quota l'eccesso di spesa, il cosiddetto payback. Sono state, inoltre, effettuate trattenute a carico dei farmacisti e dell'industria farmaceutica.
  Infine, mediante la tessera sanitaria, sono stati potenziati e messi a disposizione delle regioni strumenti di monitoraggio e controllo della spesa che, allo stato, consentono verifiche puntuali sul consumo di farmaci anche per singolo medico o singolo assistito. Va rilevato che negli ultimi anni si è osservata una costante diminuzione del prezzo medio dei farmaci in relazione alla scadenza brevettuale di taluni medicinali e alla conseguente immissione in commercio di farmaci generici con prezzo inferiore.
  La spesa farmaceutica ospedaliera ha, invece, avuto una crescita significativa negli anni 2006-2010, superiore al 12 per cento annuo in media, che si è ridotta a circa il 4 per cento nell'ultimo biennio. L'immissione in commercio di farmaci innovativi e quindi molto costosi, come i farmaci oncologici, guida tale andamento ed è il motivo alla base dell'assenza di sanzioni a carico delle aziende produttrici, diversamente da quanto previsto per la spesa farmaceutica convenzionata, e della riduzione dell'entità del meccanismo del payback, che si applica solo con riferimento al 50 per cento dell'entità del superamento del tetto.
  Veniamo ora alla governance dei Piani di rientro. I Piani di rientro, introdotti con l'accordo tra Stato e regioni del 2006 e successivamente prorogati per gli anni successivi, prevedono l'adozione da parte Pag. 9delle regioni di specifici programmi operativi. Questi sono finalizzati a ristabilire l'equilibrio economico e finanziario e a garantire la qualità delle prestazioni erogate agli assistiti in condizioni di efficienza e nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza.
  Sulla base di una ricognizione delle cause che hanno determinato significativi disavanzi di gestione, i Piani di rientro si configurano come un vero e proprio programma di ristrutturazione industriale che incide sui fattori di spesa sfuggiti al controllo delle regioni e che tipicamente riguardano: il superamento dello standard dei posti letto e del tasso di ospedalizzazione; i consumi farmaceutici; la spesa per il personale, il superamento del numero e del valore delle prestazioni acquistate da strutture private, nonché il relativo sistema di remunerazione; infine, la spesa per l'acquisto di beni e servizi e il controllo dell'appropriatezza prescrittiva dei medici.
  Per ogni area di spesa sono individuati gli obiettivi di contenimento, le singole azioni realizzabili per il loro raggiungimento e l'impatto finanziario. L'insieme coordinato degli obiettivi delinea il progetto di risanamento che si riflette nei conti economici della regione. L'evidenza empirica disponibile suggerisce una correlazione positiva tra la presenza di disavanzi di gestione e il peggioramento della qualità dei servizi forniti. In tutte le regioni sottoposte ai Piani di rientro si sono osservati non solo una riduzione del disavanzo, ma anche un miglioramento nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, seppure in misura e tempi non uniformi.
  Quanto alla questione dei costi standard, dal 2013 un contributo al contenimento della spesa sanitaria deriva dall'utilizzo dei costi standard per il riparto del fabbisogno sanitario tra le regioni. In particolare, sono stati definiti 19 indicatori di efficienza, appropriatezza e qualità dei servizi erogati, sulla base dei quali individuare le regioni benchmark in ambito sanitario. Si tratta di una delibera del Consiglio dei ministri dell'11 dicembre 2012. Le cinque migliori regioni risultano essere l'Umbria, l'Emilia-Romagna, le Marche, la Lombardia e il Veneto. La Conferenza Stato-regioni sta procedendo all'individuazione delle tre regioni, nell'ambito di queste cinque, da considerare come punto di riferimento per la costruzione dei fabbisogni standard.
  In precedenza sia le misure di razionalizzazione della spesa, sia la programmazione delle regioni sottoposte ai Piani di rientro hanno fatto riferimento a indicatori standardizzati, quali tetti di spesa, standard di posti letto e di struttura, tassi standardizzati di ospedalizzazione, prezzi standard di riferimento. In tali termini l'applicazione delle disposizioni federaliste rappresenta di fatto la naturale evoluzione di un sistema di governance consolidato nel tempo.
  Ho ricordato come nell'ambito della spesa per beni e servizi già dal 2011 siano stati introdotti i prezzi standard di riferimento e come questi si siano rivelati uno strumento essenziale per il conseguimento di rilevanti risparmi.
  Vengo ora alla sanità nel disegno di legge di stabilità. Il disegno di legge di stabilità non interviene con misure specifiche sul settore sanitario. Continuano, tuttavia, a trovare applicazione anche in questo settore le misure di contenimento delle retribuzioni di tutto il personale delle amministrazioni pubbliche. Rispetto ai livelli scontati a legislazione vigente il finanziamento è stato ridotto di 540 milioni di euro per l'anno 2015 e di 610 milioni di euro a decorrere dal 2016. Si tratta di un intervento neutrale sui bilanci sanitari regionali, in quanto, a fronte della riduzione del finanziamento, le regioni registreranno corrispondenti minori costi.
  Va, inoltre, rilevato che vengono formalmente riconosciuti alle regioni 2 miliardi di euro annui dal 2014, alla luce della sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimo l'esercizio da parte dello Stato della potestà in materia di ticket, che non è di competenza esclusiva dello Stato.
  Il settore sanitario è stato intensamente coinvolto dalle misure relative al pagamento Pag. 10dei debiti pregressi delle amministrazioni pubbliche, il cui impatto è quantificabile in circa 3 punti percentuali del PIL, pari a 47 miliardi di euro, per il biennio 2013-2014. Alla fine di ottobre sono stati erogati agli enti debitori complessivamente circa 22 miliardi di euro. I pagamenti effettuati dagli enti debitori ai soggetti creditori su queste risorse sono pari ad almeno 13,8 miliardi di euro.
  Al settore sanitario sono stati assegnati complessivamente 14 miliardi di euro, nella misura di 7,5 e 6,5 rispettivamente per il 2013 e per il 2014. Nel 2013 sono stati sottoscritti contratti di prestito fra le regioni interessate e il MEF per complessivi 6,7 miliardi di euro: 4,2 relativi alla prima tranche erogata alle regioni tra luglio e agosto, di cui risultano pagati ai fornitori poco più di 4,1 miliardi di euro, e 2,5 relativi alla seconda tranche in corso di erogazione alle regioni interessate, le quali sono impegnate a eseguire i relativi pagamenti entro il 31 dicembre 2013. Le risorse disponibili per il 2014 saranno oggetto di riparto con decreto da adottarsi entro il 30 novembre 2013.
  Vengo alla conclusione. La dinamica della spesa sanitaria è stata negli ultimi anni notevolmente contenuta. In rapporto al PIL è oggi inferiore ai nostri principali partner europei. Tuttavia, il nostro elevato debito pubblico e l'esigenza di proseguire gli sforzi di consolidamento di bilancio ci impongono di mantenere costante il monitoraggio della spesa sanitaria, continuando a ricercare le migliori pratiche che emergono dai diversi approcci seguiti dalle regioni.
  Muovono in questa direzione l'adozione della metodologia basata sui costi standard, il potenziamento dell'attività dell'Osservatorio dei contratti pubblici, il coinvolgimento dell'AgeNaS ai fini della definizione di criteri più efficienti per la gestione delle gare. Sarà cruciale anche in questo ambito la prosecuzione del processo sistematico di revisione della spesa e l'utilizzo più efficiente e integrato delle basi dati informative disponibili.
  Andrà, infine, tempestivamente riavviato il processo di approvazione del regolamento concernente la definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera. Si tratta di un provvedimento più volte sollecitato dal Ministero dell'economia e delle finanze, che mira alla razionalizzazione della rete ospedaliera sul territorio, il quale vede oggi anche strutture di dimensioni troppo piccole farne parte.
  Spero di aver fornito sufficienti informazioni. Siamo qui, anche col collega, a disposizione per ogni ulteriore richiesta.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, Ministro.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ROCCO PALESE. Grazie, presidente. Ringrazio il Ministro per l'articolata relazione che ha fornito.
  È fin troppo evidente che l'intendimento è quello di continuare ad assicurare un servizio attraverso l'accesso universalistico alle prestazioni. Analogamente, è fin troppo evidente che ci sono variabili che non possiamo controllare e monitorare, come l'innovazione tecnologica che deriva dalla scienza e anche dal punto di vista professionale, e l'innalzamento dell'età media, così come è stato evidenziato. C’è anche un'innovazione molto forte, quella della medicina personalizzata, su cui bisogna assolutamente attrezzarsi con investimenti e risorse, e la necessità di fronteggiare l'innovazione della mobilità europea tra gli Stati.
  In riferimento a tutto ciò è un dato positivo che siano state conservate le risorse del Fondo sanitario nazionale. Si è fatto molto per il controllo della spesa sanitaria in questi anni. Dal ripiano a piè di lista si è passati al concetto del «chi rompe paga», cioè ai Piani di rientro, al commissariamento e alle addizionali.
  A tutt'oggi, però, noi riteniamo che occorra ancora fare qualche passo avanti per il controllo della spesa, perché l'efficienza va assolutamente aumentata. Questa è la strada da percorrere in questo Pag. 11periodo in cui non c’è la possibilità di effettuare un aumento delle entrate e, quindi, di integrare successivamente le risorse assicurate annualmente per il Servizio sanitario, che sono ingenti. Noi abbiamo risorse pubbliche per 107 miliardi di euro, più le addizionali, i ticket e tutta la spesa privata. Parliamo, quindi, non di 107, ma globalmente di 150 miliardi circa di euro l'anno, ossia di 300.000 miliardi di vecchie lire.
  Io penso che ci sia la necessità di intervenire per migliorare la gestione delle risorse, in attesa dei costi standard, che, però, non sono la panacea. Stiamo vivendo la stessa stagione che abbiamo vissuto all'epoca del federalismo. Sembrava che il federalismo dovesse risolvere tutti i problemi del nostro Paese dal punto di vista finanziario, dei servizi e via elencando, ma, ahimè, ci siamo accorti dopo tanti anni, per tante questioni che esulano dalla discussione e dalle riflessioni di questa occasione, che l'unico federalismo entrato in vigore nel nostro Paese è forse quello della corruzione.
  Stiamo vivendo la stessa situazione con i costi standard. I costi standard sono uno strumento per eludere la possibilità del controllo vero e di andare a incidere da subito sulla spesa sanitaria. Se ogni 10 miliardi di spesa sui beni durevoli Consip ne risparmia 2 rispetto alle comparazioni precedenti, perché non glieli dobbiamo affidare tutti ? Tutti i beni durevoli dovrebbero essere acquisiti attraverso Consip. Avremmo subito il risparmio per consentire alle regioni di fare gli investimenti, che servono per attrezzarci per le questioni che sono state da lei evidenziate.
  Sulla questione della farmaceutica ospedaliera la situazione è analoga. Abbiamo controllato, come spesa, prima la spesa convenzionata farmaceutica. Poi è stato attuato anche, attraverso l'Agenzia italiana del farmaco, l'AIFA, il controllo all'interno della compartecipazione con le industrie farmaceutiche, in caso di superamento del tetto. Io auspico che si faccia lo stesso per la spesa ospedaliera, a passo di carica, perché, sistemata la spesa farmaceutica con l'apporto dei generici, si è subito registrata la rapida espansione di quella ospedaliera, che non si riesce più a controllare e che, soprattutto in molte regioni, è fuori controllo. Sui beni durevoli e medicali si può risparmiare ancora parecchio ed adottare strumenti atti a garantire una maggiore efficienza.
  Concludendo il mio intervento, vorrei sapere se ci sia l'intenzione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, nell'affrontare il Patto per la salute, di individuare tutti questi aspetti. Do per scontata la parte assistenziale, ma, se noi non ottimizziamo la gestione delle risorse, che è la variabile su cui si può certamente essere determinanti per poterla migliorare, sarà pressoché impossibile migliorare i servizi e potenziare la tecnologia. Peraltro, la spesa relativa al personale è bloccata dai contratti. Ci sono quindi tutte le condizioni per agire in questa direzione.
  Soprattutto, e chiudo veramente, mi riferisco ai controlli. Noi abbiamo regioni in Piano di rientro, avendo mutuato la stessa tecnica che utilizza l'Europa con gli Stati membri: se c’è un deficit eccessivo, si interviene con le procedure dei Piani di rientro. Noi dovremmo consolidare tale procedura, ossia introdurla a regime. Non avendo più la possibilità di individuare strumenti di controllo sugli atti preventivi, cerchiamo di potenziare a livello centrale il più possibile, d'intesa con le regioni, la struttura per poter determinare un controllo, un monitoraggio, considerando che anche le regioni hanno l'interesse a far questo, e non potrebbe essere altrimenti, perché il bilancio delle regioni per l'80 per cento è spesa sanitaria.
  Attenzione: le regioni che sono andate in Piano di rientro dalla rianimazione sono finite in terapia intensiva. Se vengono lasciate, non andranno a finire nei reparti, ma ritorneranno di nuovo immediatamente in rianimazione, nel giro di un mese o due, ma neanche, perché sfugge subito l'enormità della spesa.
  Io penso che, se questa procedura ha funzionato, essa vada certamente verificata, anzi migliorata sulla parte assistenziale. Mentre c’è stato un ottimo risultato Pag. 12dal punto di vista del controllo della spesa, anche con gli scatti automatici fatti per legge, sulla situazione di intervento bisogna, invece, andare a verificare se, nel contesto della razionalizzazione dei servizi della rete ospedaliera, le regioni abbiano effettivamente proceduto all'attuazione di quello che hanno deliberato, per esempio, rispetto alla determinazione e all'organizzazione dei punti nascita. Il ministero ha visto le delibere, da quel punto di vista è tutto regolare, ma non sappiamo se alla fine siano state veramente attuate queste direttive.
  L'altro aspetto sicuramente da individuare è se, nel contesto sempre delle regioni con un Piano di rientro – mi riferisco a quelle in particolare – la spesa si sia ridotta tagliando i servizi. Non so se questo risulti. Andiamo a vedere se c’è stata un'aggressione degli sprechi sui beni e servizi. Non abbiamo un dato aggiornato rispetto a questo, ma, se si fosse verificata una drastica riduzione, soprattutto in tante regioni dove la situazione contabile veniva tramandata non attraverso la veridicità e la certificazione dei bilanci, ma attraverso una narrazione omerica dei dati, la situazione adesso dovrebbe essere migliorata.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA XII COMMISSIONE PIERPAOLO VARGIU

  ILEANA CATHIA PIAZZONI. Grazie, Presidente. Ringrazio il Ministro per la sua disponibilità. All'inizio della relazione ci ha riferito cose veramente importanti. Si tira veramente un sospiro di sollievo sentendo dire che finalmente sono cancellate le solite problematiche. Si afferma chiaramente che la spesa sanitaria è sotto controllo, che non c’è alcuna emergenza e si arriva persino, e anche questo è veramente un grande conforto, a smentire l'altra grande bugia, quella dell'insostenibilità della spesa sanitaria per il periodo futuro in relazione all'invecchiamento della popolazione.
  Fin qui va tutto bene. Ci sono, però, alcune questioni a proposito delle quali rimango sconcertata. Poiché la considero una persona di valore e capace, penso che le debba essere sfuggito qualcosa. Credo sia veramente impossibile che si possa sostenere che in tutte le regioni sottoposte ai Piani di rientro si siano osservati non solo una riduzione del disavanzo, ma anche un miglioramento nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza.
  Questo non è vero. Sicuramente non lo è nella mia regione, ma credo che ciò valga anche per altre. Non so chi ha elaborato quei dati, ma c’è solo un problema e le spiego perché. È sfuggito che ci sono questioni di media. Tuttavia, non mi consola il fatto che un mio corregionale cittadino di Roma abbia il doppio delle possibilità che ho io, che vivo in provincia, di essere salvato da un infarto a fronte del fatto che io non ho nessuna possibilità di essere salvata. Le medie, la famosa storia del mezzo pollo, sono interessanti. Le persone, però, non sono numeri, non sono giochi.
  Nelle situazioni di provincia, in particolare, i LEA non esistono più. Non c’è il rispetto dei livelli minimi essenziali. Questa è la verità. Migliaia, oserei dire milioni di persone – se facciamo la somma dei cittadini in questa condizione – non hanno più garantito un diritto fondamentale previsto dalla nostra Costituzione, quello alla salute.
  Questo è un problema gigantesco. Può chiamare tutti gli esperti del mondo a giocare con i numeri, ma la verità è che basta fare una passeggiata in qualsiasi ospedale per rendersi conto che è esattamente così. Non è una questione di teoria. Stiamo parlando di persone che muoiono, che non hanno veramente la possibilità di essere né salvate, né curate.
  Non è una questione di mettersi abbarbicati a difendere situazioni sanitarie insostenibili. Io apprezzo molto l'idea di essere rigorosi, su questo non c’è dubbio. Il problema è che poi questo rigore va sempre da una parte e soprattutto che non tiene conto della realtà.Pag. 13
  Le porto un esempio. Non è normale che i Piani di rientro non si basino, per esempio, su tutto il lavoro esistente dal punto di vista del controllo e del monitoraggio epidemiologico. Non c’è alcuna correlazione tra i bisogni e quello che bisognerebbe fare per raggiungere il primo obiettivo, che è la salute dei cittadini, non il pareggio di bilancio. La cornice di un'idea politica sta tutta in questo.
  I Piani di rientro sono fatti sulla carta. Sono fatti tagliando i posti letto senza andare a guardare assolutamente gli sprechi. Sono fatti senza guardare la necessità di un territorio e in modo tale, ripeto, che milioni di persone siano escluse da un diritto fondamentale.
  Il Presidente Obama ha rischiato quello che ha rischiato per un braccio di ferro sul diritto alla salute, che lui vuole ampliare. Noi, invece, stiamo facendo molti passi indietro. Non faccio paragoni, siamo comunque molto avanti, per fortuna veniamo da una storia e da un continente diverso, però, per carità, non possiamo presentarci ai cittadini raccontando una cosa del genere, perché chiunque, anche con un bassissimo livello di istruzione, sa che non è vera.
  Sulla questione del basso livello di istruzione mi permetto di aggiungere una considerazione, perché c’è un problema in più. Purtroppo, per come si sta caratterizzando la situazione, l'accesso è anche estremamente selettivo sulla base delle capacità economiche, che di solito, in larga parte, si accompagnano – anche se per i giovani precari non è proprio vero, perché il loro reddito è bassissimo, ma il livello di istruzione è alto – nel caso più naturale, a un livello basso di istruzione. Queste persone hanno una difficoltà di accesso in più rispetto a chi è maggiormente in grado di trovare la strada per poter accedere a servizi che a volte ci sono pure, ma che non sono veramente accessibili a chi non ha la possibilità di essere instradato o seguito da un sistema che non esiste più.
  Finisco solo su un punto che riguarda una questione personale. Capisco la logica di sostenere che si è contenuta la spesa. Anche in questo caso, però, c’è un problema, che concerne le persone in carne e ossa. Capisco che ci siano affermazioni che hanno a che vedere con una visione del mondo e con un'ideologia che non è la mia, ma che non pretendo adesso di smontare. Sono trent'anni che ce la portiamo dietro. Ogni tanto, però, guardare i fatti sarebbe utile. A chi giova il tema del blocco del turnover e del precariato devastante che c’è, soprattutto nel mondo sanitario ? A chi porta veramente beneficio ? Non è minimamente vero che questa situazione ha portato a una riduzione della spesa. È un'idea assolutamente sbagliata, che incide drammaticamente sulla vita di quei lavoratori, che dovrebbero avere anche un riconoscimento, dopo un sistema che porta ad anni di studi e specializzazioni infiniti, e che poi magari si ritrovano ad avere mille euro al mese, precari per vent'anni, non per tre. Questo è il livello di precariato. Soprattutto c’è una questione basilare, che riguarda il passaggio delle competenze. Non c’è più nulla. Un intero sistema di saperi, di capacità e di conoscenze viene ogni volta spazzato via da questo turnover paradossale. C’è il blocco del turnover, infatti, ma in realtà per i precari il turnover è continuo.
  Almeno su questo aspetto possiamo fare un'operazione verità e andare a vedere, visto che il tema che vi sta a cuore è quello dei soldi e del risparmio, se si risparmia davvero. Non è vero che si risparmia. Si sta facendo soltanto un danno ai lavoratori e ai cittadini e l'unica possibilità che c’è di portarlo avanti ancora è perché essi, invece di mettersi insieme e lottare per lo stesso obiettivo, di solito si mettono gli uni contro gli altri.
  Forse, invece di continuare su questa via, che non porta da nessuna parte, potremmo effettivamente fare qualcosa di utile.

  DONATA LENZI. Grazie, signor Ministro, la relazione è molto interessante e piena, peraltro, di dati e tabelle che potremo adoperare in diverse occasioni per approfondire ulteriormente il tema.Pag. 14
  Quando ho letto le prime pagine, ho avuto la stessa impressione della collega, che ho ascoltato. Aggiungo che ho pensato che potremmo sperimentare qualcuna di queste pratiche applicandole alla spesa dei ministeri, dal momento che sembra che abbiamo potuto mettere sotto controllo una spesa piuttosto complicata, come era quella gestita da tante regioni.
  Sono anche lieta di vedere la presenza del tema dei costi standard e delle modalità d'acquisto, le quali ultime non debbono essere gestite solo attraverso le gare centralizzate mediante la Consip – poiché non sempre si può acquistare tutto a livello centrale – ma anche sulla base di linee guida su come si fa una gara d'appalto.
  Ho sentito negli ultimi mesi una ripresa della discussione in cui sembrava che i costi standard fossero un'invenzione di oggi, ancora tutta da costruire. Sono percorsi lunghi, che richiedono l'impianto di dati tecnici necessari, per la cui elaborazione occorre un po’ di tempo. Spero che le regioni sciolgano rapidamente questa scelta, che mi sembra più di primogenitura e di graduatoria che non di contenuto, e arrivino ad individuare quelle che faranno da termine di confronto per le altre.
  Tuttavia, negli incontri che abbiamo avuto nella realtà che noi viviamo, in qualità di membri della Commissione affari sociali, sono emerse alcune preoccupazioni, che lei ha già avuto modo di ascoltare. La situazione del Paese è davvero molto articolata e ci sono zone del territorio in cui i problemi sono reali e dove si è intervenuto con l'accetta. Qualche dato sui livelli essenziali può essere migliorato, ma siamo passati dal meno 5 al meno 4 per cento negli indicatori di valutazione sui risultati che vengono attualmente misurati.
  Visto che lei fa riferimento ai piani industriali, sono convinta – e gliela pongo anche come domanda – che in un'impresa ci sia la parte della gestione amministrativa e commerciale, ma anche quella tecnica. Se si deve fare la Ferrari e discutere dello stato di salute della Ferrari SpA, c’è la parte finanziaria e di vendita, ma anche quella della innovazione tecnologica, con tutti coloro che devono studiare che cosa devono fare le macchine, che è altrettanto importante. Non sono le stesse persone, hanno competenze diverse.
  Quando lei chiude, giustamente, rinviando al lavoro da fare nell'indicazione del piano della rete ospedaliera, pone l'accento su una delle questioni che noi abbiamo verificato come fondamentali in questo nostro lavoro: vi è cioè la necessità di un ruolo di indirizzo e di divisione tecnica che deve venire dal Ministero della salute e dalle sue agenzie tecniche.
  Quando si costruisce la rete ospedaliera – glielo dice chi ha fatto l'assessore alla sanità e ha anche chiuso gli ospedali – non si può semplicemente stabilire che il dato del rapporto posti letto-abitante è del 3,7 o del 4,2 per cento, senza porsi il tema delle strutture. Io posso chiudere cinquanta posti letto in tutti i grandi ospedali e dieci in quelli piccoli, e così raggiungere il tasso ma avere un piccolissimo risparmio. Posso, invece, chiudere una piccola struttura, che magari da sola non conta lo stesso numero di posti letto, ma conseguire un risparmio molto più elevato.
  A parte questo, non si può lasciare il deserto dietro di sé, altrimenti succede quello che ricordava in precedenza la mia collega, cioè che l'offerta di servizi sanitari a Roma città non è la stessa che nel resto della regione. Non si può affrontare il tema dei 25 mila abitanti della zona a 60 chilometri dal primo grosso centro abitato – che pure esistono, perché l'Italia è vasta ed è fatta di monti, valli, colline, laghi e isole – nello stesso modo in cui si affronta quello di una grande città.
  Io non sono per dire che si deve tenere aperto, ma che occorre l'elasticità necessaria per fare investimenti che trasformino quella struttura ospedaliera – che mi auguro non sia lasciata in disuso e convertita in bosco, ma sia utile – in un luogo in cui ci siano venti posti di RSA – c’è anche il tema dell'invecchiamento della popolazione – e sotto una casa della salute attrezzata, con un punto di riferimento fra Pag. 15la guardia medica e l'assistenza che offra una copertura nell'arco delle ventiquattro ore. Altrimenti ci si lascia dietro il deserto.
  Per riuscire a modificare questa struttura, che costa molto meno dell'ospedale, ma è in grado comunque di fornire al territorio una risposta dignitosa e, a volte, addirittura più efficace, occorre però avere un qualche margine di investimento. Adottare un piano ospedaliero nazionale e fissarne i criteri è questione che richiede un buon livello di approfondimento, di conoscenza e di tecnica, che deve venire da parte del Ministero della salute. Ci vuole inoltre un qualche margine per tornare a investire anche sulle strutture che si tengono aperte: come per le scuole, che nel nostro Paese sono vecchie, così noi abbiamo un bel numero di ospedali che non sono adeguati.
  All'interno di tale quadro si colloca il tema del personale, che con questo ultimo disegno di legge di stabilità aveva brindato e poi è finito in lutto, quando ha visto il dettato della manovra. Questo personale ha il contratto bloccato da moltissimi anni. Ciò è stato già detto, quindi non mi ripeto, peraltro condivido quello che è stato osservato.
  Faccio solo notare che, quando succede questo, noi abbiamo messo in piedi un meccanismo che sta facendo da virus dentro il sistema, tra il ticket dentro e l'attività privata fuori. In pratica, se per avere una prestazione fra due mesi io spendo, con la sommatoria dei ticket, 35 euro – per una visita oculistica, una visita ginecologica, una radiografia; questi sono i prezzi, si fanno i paragoni – e fuori ho un servizio privato-privato, cioè non convenzionato col settore pubblico, in cui posso trovare anche il medico del settore pubblico, mentre ciò non avverrebbe nella convenzionata, che mi rende la stessa prestazione il giorno dopo a un prezzo assolutamente concorrenziale, 40 euro, io vado da quest'ultimo. Sul pubblico, però, rimane il carico della struttura, dell'apparecchiatura, dei costi fissi del personale.
  Questo fenomeno prima non era presente. Io vengo dall'Emilia e nel mio territorio non l'avevo mai visto con le percentuali e i dati che vedo adesso. Nella mia regione c’è una grande struttura privata di fronte ad ogni singolo ospedale, in una competizione anche visiva.
  Esiste dunque un problema di concorrenza sleale nel sistema. Il ticket non può essere un elemento che, se si ragiona di concorrenza, rappresenta un handicap che sta attaccato al piede. Bisogna che su questo facciamo una riflessione e che ci rendiamo conto che siamo di fronte a una condizione profondamente cambiata in questi ultimi anni.
  Non parliamo poi dell'assistenza sanitaria transfrontaliera. Se alla fine di quest'anno arriva l'apertura del mercato europeo, come il Ministro Lorenzin ci ha comunicato due settimane fa, ci ritroveremo a competere con gli altri Paesi. Su questo punto, sull'utilità del ticket, le Commissioni hanno svolto un po’ di riflessioni e ritengo che un'analisi un po’ più approfondita, anche da parte vostra, sarebbe utile per farci fare un passo avanti.

  FRANCESCO CARIELLO. Ringrazio il Ministro. Noi del Movimento 5 Stelle vogliamo esprimere un parere riguardo a tutto questo iter e al percorso che è stato fatto con le Commissioni bilancio e affari sociali, ma vogliamo concentrare l'attenzione sul denominatore comune di tutte le audizioni e di tutti gli auditi: l'assistenza territoriale, ossia la valorizzazione di una domiciliarizzazione dell'assistenza sanitaria. In tal senso, crediamo che la tecnologia possa fornire un notevole supporto all'assistenza territoriale e soprattutto riteniamo che il ruolo delle farmacie sia da riprendere.
  A me premeva riportare all'attenzione sua, Ministro, e di tutti i colleghi un progetto a suo tempo vagliato dallo stesso Ministero dell'economia e delle finanze, quello delle macchine validatrici che controllano le ricette farmaceutiche. È un progetto che pare sia stato creato dal predetto Ministero. Sono stati spesi circa 4 milioni di euro per l'acquisto di queste macchine e si è avviata anche una fase sperimentale in Molise, dove, per un paio Pag. 16di mesi di utilizzo, si è verificato un certo risparmio nella spesa farmaceutica della regione. Poi, però, il progetto si è arenato, non si sa per quali motivazioni.
  La domanda è se il Ministro abbia mai preso in considerazione la possibilità di riattivare questo progetto e soprattutto se le valutazioni fatte a suo tempo – si parlava di circa 6-7 miliardi di risparmi nella spesa farmaceutica per il Servizio sanitario nazionale – siano corrette. Francamente, in un periodo come questo, in cui si sta trattando una legge di stabilità che ha notevoli limitazioni in termini di risorse, nel sentir parlare di cifre come queste mi preme capire se quel progetto sia riattivabile, se lo si possa considerare e se il Ministro l'abbia mai preso in considerazione.

  GIAMPAOLO GALLI. Ringrazio il Ministro per la sua relazione. Pongo una sola domanda. In questi giorni girano tante persone che dicono che il disegno di legge di stabilità manca di coraggio e che si potrebbero varare azioni molto più incisive in ordine alla riduzione della spesa. Premesso che io credo che nessuno abbia la bacchetta magica e che quindi bisogna essere realisti nel fare le cose, quando si chiede a queste persone che, invece, sembrano avere la bacchetta magica, dove si può tagliare, una delle questioni che viene normalmente, o comunque spesso citata, è quella dei costi standard. Basterebbe applicare i costi standard e chissà che cosa succederebbe; potremmo migliorare il cuneo fiscale ed essere tutti più contenti.
  Naturalmente, però, la questione sta in termini molto diversi. I costi standard sono un processo che richiede tempo: i beni e servizi da prendere in considerazione sono tantissimi. Andando a vedere quello che avete scritto a pagina 9, per alcuni versi l'impressione che si ha è che moltissimo sia già stato fatto. La frase chiave è quella in cui dite che «già dal 2011 sono stati introdotti i prezzi standard di riferimento» e come «questi si siano rivelati uno strumento essenziale». Per quanto riguarda il grande capitolo degli acquisti di beni e servizi, quindi i prezzi standard già ci sono.
  Molto più complessa è la questione dei fabbisogni standard ai fini della ripartizione. Per quello che riguarda l'acquisto di beni e servizi, una volta fissati i prezzi standard il meccanismo dovrebbe funzionare e, quindi, si potrebbero in futuro allocare meglio le risorse in base agli indicatori di efficienza e appropriatezza.
  Passo alla domanda: che valutazione può dare la Ragioneria generale – è proprio un tema da Ragioneria generale – su una migliore e più sollecita attuazione dei costi e dei fabbisogni standard in ordine ai possibili risparmi di spesa pubblica ?
  Un'altra domanda è legata a questo stesso tema. L'onorevole Palese prima ha parlato della Consip. Una delle storie che vengono spesso raccontate è di accentrare tutto sulla Consip. Sappiamo tutti che questo è un tentativo che è stato fatto in passato e che si scontra contro il Titolo V della Costituzione.
  La mia domanda è la seguente: non è questo un buon motivo per premere rapidamente su tutt'altro fronte, ossia sul fronte delle riforme istituzionali e del Titolo V della Costituzione, per poter risparmiare grazie a una forte centralizzazione e razionalizzazione degli acquisti ? Oppure ci sono considerazioni che, alla luce dell'esperienza svolta, inducono a stare attenti, perché, centralizzando troppo, non necessariamente si risparmia ? Forse ci sono altri modi per risparmiare, senza necessariamente ricorrere all'accentramento in capo alla Consip.

  GIULIA GRILLO. Ringrazio il Ministro per la sua relazione. Io vorrei porre alcune domande, più che svolgere veri e propri interventi.
  Innanzitutto ne pongo una semplice e molto banale. Il pareggio di bilancio è stato introdotto in Costituzione nel 2012, ma anche l'articolo 32 della stessa, che tutela il diritto alla salute, rappresenta un diritto costituzionalmente garantito. Secondo lei, Ministro, tra questi due diritti – Pag. 17il diritto alla salute e il diritto al pareggio di bilancio – quale vince ? È una domanda. Poi lei risponderà.
  Passo a un'altra domanda. Lei scrive nella sua relazione, a pagina 3, la seguente frase: «In secondo luogo, come è accaduto in passato, all'aumento della speranza di vita verosimilmente si assocerà un miglioramento delle condizioni di salute e una riduzione dell'incidenza della disabilità per data classe di età e genere». La domanda è se, gentilmente, può indicarmi dove avete preso questi dati.
  Inoltre, sa che in Italia c’è una probabilità di ammalarsi di tumore pari ad 1 su 2 per gli uomini e ad 1 su 3 per le donne ? È un'altra domanda cui desidererei che lei fornisse una risposta.
  Un'altra osservazione: non si fa alcuna menzione, in questa relazione, al costo del fenomeno corruttivo della sanità sul bilancio dello Stato. Il Governo Monti aveva elaborato una relazione molto interessante che dimostrava, raccogliendo una serie di dati, che la corruzione in sanità rappresenta uno degli elementi di maggior peso nei miliardi che ci costa la corruzione in generale in Italia. Era stato anche evidenziato, per i pochi che hanno letto questa relazione, come il costo della corruzione in sanità fosse strettamente legato alla politicizzazione della sanità. Chiedo a lei se il suo Ministero ha preso in considerazione questi dati, di cui immagino sarete a conoscenza, e come ritenete che essi debbano essere considerati nell'ambito di una valutazione generale.
  Aggiungo un'altra valutazione, su cui mi associo alla collega Lenzi. Sappiamo che i ministeri ci costano in totale circa un miliardo al giorno: è mai possibile che, di fronte a un diritto costituzionalmente garantito dall'articolo 32 della Costituzione, noi riusciamo a scalfirlo, quando invece ci sono costi che probabilmente non servono a tutelare tale diritto ? È una domanda che le faccio. È solo un'ipotesi, lei poi eventualmente me la confermerà.
  Quanto alla Consip, sicuramente ha un ruolo e potrà averne uno importante nella gestione dei costi, ma in merito mi devo associare al primo intervento che è stato fatto dal collega Palese. Se in Italia continuano a mancare le cose basilari, ovvero i controlli e le sanzioni – sono questioni semplicissime – se non abbiamo i controlli, dopo che standardizziamo qualunque cosa, io veramente mi e vi chiedo: chi va a controllare se noi utilizziamo veramente questi standard ? È quello che diceva anche la collega del gruppo di SEL: i numeri e i dati scritti in un foglio bianco sono un conto, le realtà che viviamo sono un altro. Una persona come me, per esempio, che viene dalla Sicilia, da una città come Catania, dove notoriamente la politica sulla sanità ha costruito la sua egemonia, il suo feudo, la sua spartizione di potere, dove ci sono direttori generali che continuano a comprare macchinari perfettamente inutili, che costano milioni di euro, si chiede: chi interviene su questo ? Spieghiamo poi ai cittadini che si ammalano 1 su 2 o 1 su 3 di tumore che devono fare la TAC a un anno, perché non c’è posto in ospedale. Spieghiamo loro che il direttore generale può comprare tutto quello che vuole, perché nessuno lo controlla.
  Mi scusi, ma se non diciamo queste cose qui, sinceramente non so proprio dove le dobbiamo dire. Del resto, dalle tabelle che voi avete allegato risulta evidente che la spesa sanitaria privata è l'unica voce che aumenta sempre e costantemente. Forse lei sarà del resto informato del fatto che Emergency adesso apre i suoi centri al Sud, anziché continuare ad aprirli in Africa. Stiamo parlando di un diritto costituzionalmente garantito. E chissà che il famoso Comitato che si dovrà insediare per la riforma della Costituzione, che la maggioranza ha voluto, non vada a toccare anche questo.
  Ricordiamo comunque che, per esempio, continuano a esserci sprechi assurdi, come le auto blu in sanità. Non c’è un motivo per cui ci debbano essere 19 mila auto blu: a che cosa servono e a chi, quando non ci sono le ambulanze, anzi, quando le ambulanze vengono gestite da sistemi che sono, come sappiamo, al limite della delinquenzialità ?Pag. 18
  Sono tutte osservazioni, Ministro, su cui io chiedo, possibilmente, una sua valutazione e una sua risposta.

  PAOLA BINETTI. La prima considerazione che voglio fare, che è emersa anche da tante osservazioni dei colleghi, è che, a fronte di una relazione esaustiva nella ricchezza dei dati che, in un certo senso, appare sostanzialmente ottimistica rispetto alla prospettiva del controllo dei costi e anche alla possibilità di avere, non voglio dire un risanamento, ma comunque una normalizzazione dei bilanci, esiste la percezione diffusa in tutto il Paese che la qualità della sanità si stia riducendo.
  Mentre, da un lato, abbiamo una visione burocratico-istituzionale, che razionalizza i processi e li legge nel modo più colto e raffinato possibile, dall'altro, i cittadini si trovano in una situazione in cui si sentono stretti. Noi lo sentiamo dire, ma non sono solo parole e non è nemmeno un discorso pietistico. Troviamo anziani che smettono di curarsi e persone che hanno difficoltà ad accedere al costo dei ticket previsti.
  Soprattutto, però, mi sembra che, nella prospettiva sostanzialmente positiva, chiara e lucida che lei ci ha reso con questa relazione, manchi l'aspetto sociale. Teniamo conto che questo è un discorso che abbiamo affrontato anche oggi in Commissione affari sociali e che si rivolge a una Commissione che non si occupa solo di sanità, ma anche di sociale. Attraverso la valutazione dei costi del sociale noi abbiamo la misura vera delle difficoltà a cui vanno incontro pazienti cronici, anziani e disabili.
  Tutto questo tipo di costo evidentemente non è nemmeno preso in considerazione, perché dalle ultime leggi di stabilità siamo stati educati e abituati ai tagli. Non so se sia stato veramente l'elemento determinante, ma sembra che, dopo la morte di un giovane paziente affetto da SLA, l'altro giorno, fuori dal Ministero, si sia deciso di reinserire il Fondo per la non autosufficienza. Probabilmente non c’è un rapporto strettamente deterministico, era già nell'aria che il reinserimento di tale Fondo rappresentasse una questione di stretta giustizia, tuttavia c’è stato bisogno di un evento eclatante perché tutto ciò esplodesse.
  Non c’è, dunque, la consapevolezza che in sanità una parte importante dei costi è rappresentata dalla corrispondente componente sociale. Questo probabilmente rappresenta la ragione per cui il paziente anziano si sente, in ogni caso, in crisi di mancata tutela per quanto riguarda la sua salute.
  Lei prima ha fatto un'osservazione tutto sommato interessante, affermando che andiamo non soltanto verso un processo di aumento dell'età media, un processo di invecchiamento, ma anche verso un processo di invecchiamento positivo. Fortunatamente, non è detto che, allungando l'età, ogni anno che si aggiunge rappresenti un costo per la sanità, perché probabilmente migliorano la qualità della vita e le nostre condizioni.
  Non c’è dubbio che l'aumento dell'età comporti un aggravio dei costi dell'ultimo anno di vita – anche questo è noto – ma anche l'emergere maggiore di alcune patologie, come i tumori, le fratture o le disabilità dell'anziano, che sono un tipico costo che pone una serie di interrogativi importanti, di cui c’è bisogno di dare ragione. Diversamente, citiamo alcuni numeri, ma non rispondiamo ai bisogni reali delle persone.
  Ci sono tre piccole questioni concrete che mi interessa sottolineare. La prima è che si parla, tra le varie misure positive assunte, del blocco del turnover. Noi sappiamo che, in realtà, per chi lo vive, il blocco del turnover è piuttosto drammatico, perlomeno per due elementi che mi permetto di sottolineare. Il primo è che il blocco del turnover fa sì che gli ospedali attingano spesso a personale di cooperative, per esempio di infermieri. Attingere alle cooperative significa attingere a un personale intrinsecamente precario e non funzionale alla struttura. La cooperativa garantisce il personale, ma non garantisce la continuità della persona, né il fatto che tale personale abbia acquisito lo stile di Pag. 19formazione e il modello di assistenza che rappresentano la nota caratteristica di un dato ospedale.
  Il blocco del turnover crea, in realtà, soluzioni e strutture che non so se costituiscano davvero un'economia, ma che, in ogni caso, non rappresentano una risposta positiva ai bisogni. Non vorrei che questo mio discorso potesse essere frainteso, ma spesso il personale infermieristico che arriva dalle cooperative viene da Paesi diversi dal nostro ed è un personale che magari conosce poco l'italiano, situazione di cui si lamentano frequentemente i malati.
  L'altra questione che, sempre con riguardo al blocco del turnover, mi interessa sottolineare è il tema dei giovani medici precari per molto tempo. Tutta la vasta gamma dei medici, a partire dagli annualisti, è, nella sua precarietà, esposta a una sorta di potenziale ricatto da parte dei primari. Questo sicuramente non giova nè alla serenità nè alla possibilità di assumere responsabilità diverse, come fare una famiglia e avere una casa. Si vive sempre con questa sorta di ipoteca che pende sulla testa e che non mi sembra garantisca un miglioramento oggettivo della competenza professionale di questi medici.
  L'altro riferimento è quello che si fa a pagina 9 della relazione, quando si parla della parziale illegittimità dell'uso del ticket da parte del Ministero, perché questi rientrano nella competenza delle regioni. Questo, però, crea anche una diversità nell'interpretazione dei ticket e nella possibilità di ricevere prestazioni diverse, a costi differenti, nelle diverse regioni.
  Inoltre, la storia, che giustamente citava prima la collega, per cui è possibile, a fronte di un ticket e con un incremento molto limitato, poter avere una prestazione quasi identica di quello che viene chiamato il privato sociale, ci dovrebbe far riflettere molto su quali siano i costi reali che vengono caricati sulle strutture, ma anche sui pazienti.
  Mi riferisco concretamente al fatto che, se è possibile, con un incremento leggero di costo, avere una velocizzazione delle analisi, è vero che, come diceva prima la collega Lenzi, si tratta di concorrenza sleale, tuttavia potremmo anche dire che è un bene che ci siano queste strutture, che in questo momento permettono di accorciare le code. Se si accorciano le code e le file d'attesa dei pazienti, è forse possibile anche riuscire a selezionare meglio le richieste caratterizzate da vere ragioni di urgenza rispetto a situazioni che potrebbero attendere.
  Occorre, quindi, svolgere una riflessione seria, che non guardi a queste realtà solo come se fossero forme di concorrenza sleale, ma che ci indichi come fanno queste strutture a sopravvivere. Perché queste strutture, che hanno un obiettivo che non sarà sicuramente di pura beneficenza ma quantomeno di parità di bilancio, riescono a sopravvivere in queste condizioni ? Cosa rende la gestione amministrativa di quella struttura meno onerosa, al punto che è possibile fornire servizi al paziente a costi ridotti ?
  Passo all'ultima considerazione, con la quale concludo l'intervento. Quando, a pagina 10 della relazione, si dice che la spesa sanitaria in rapporto al PIL in Italia è inferiore a quella di molti altri Paesi, non è detto che questo sia necessariamente un dato virtuoso. Non è detto che questo dato dimostri lo stato di salute del nostro sistema. Probabilmente bisognerebbe affermare che, se la spesa sanitaria in rapporto al PIL in Italia è inferiore, è vero quello che temiamo anche nei confronti della medicina transfrontaliera, ossia che alla fine le persone possono cercare soluzioni per la loro salute andando a farsi operare a Lione o a Salisburgo, ove si trovano alcune delle strutture a cui, per motivi diversi e anche per ragioni di prossimità, i pazienti si rivolgono. La qualità di assistenza viene garantita meglio, per esempio, nel settore ortopedico in un posto o nel settore fisiatrico in un altro e i costi sono piuttosto limitati.
  Credo che, a conti fatti, il pregio maggiore di questa indagine conoscitiva sia stato proprio quello di cercare di legare il tema del bilancio a quello della qualità della salute, senza considerarli come due binari paralleli che non si incontrano, ma Pag. 20come un unico modo di stimare il valore della salute non come un costo, bensì come una risorsa per il Paese.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA V COMMISSIONE FRANCESCO BOCCIA

  PRESIDENTE. Considerato che il Presidente Vargiu ha chiuso le iscrizioni a parlare, vorrei chiedere ai colleghi restanti di compiere uno sforzo ulteriore non solo in termini di sintesi, ma anche di formulazione delle domande dirette al Ministro, soprattutto sulla sostenibilità e sulla finanziabilità del sistema, alla luce delle valutazioni che molti colleghi hanno fatto e che emergono dal lavoro comune svolto in questi mesi.

  ANDREA CECCONI. Sarò breve, volevo porre solo alcune domande al Ministro. Credo che noi tutti qui dentro siamo convinti – mi auguro che lo sia anche lei – che non sia più possibile attuare tagli al Servizio sanitario nazionale, ed anzi sarebbe auspicabile avere per il futuro un incremento del Fondo.
  In merito alla Consip o agli altri provvedimenti che si dovranno mettere in atto, perlomeno per riallocare una spesa sanitaria che attualmente non è efficiente e nemmeno efficace, mi auguro che non vi venga la voglia, nel momento in cui si verificheranno alcuni risparmi in sanità, di prendere questi soldi e spostarli per abbattere la spesa complessiva del bilancio dello Stato. Vorrei la garanzia da parte del Ministero che tutti gli sforzi compiuti dal punto di vista sanitario per diminuire le spese su alcune componenti – quali beni, servizi, farmaci, dirigenza amministrativa – siano finalizzati a prendere la quota di capitale risparmiata e a reinvestirla in strutture, in personale e in tutto ciò che attualmente manca al sistema sanitario nazionale.
  Nel tempo sono state realizzate moltissime riforme della sanità; l'ultima è il cosiddetto «decreto Balduzzi» del precedente Governo, ma nel tempo ce ne sono state tante. Sotto l'attuale Governo non è stato ancora adottato alcun intervento importante in ambito sanitario, neanche con il disegno di legge di stabilità, tant’è che – a parte il blocco del turnover, la questione degli straordinari e la vacanza contrattuale dei dipendenti – la sanità non è stata toccata, non è stato fatto nulla né in perdita ma neanche in aggiunta.
  Io vorrei sapere dal Ministero, e dal Governo in generale, che cosa si sta facendo sulla sanità, perché attualmente le bocce sono ferme. Anche sul Patto della salute, sappiamo che sono in corso dei tavoli ma non sappiamo di preciso che cosa stanno elaborando, ne vedremo il risultato soltanto alla fine. Sappiamo che alcuni tavoli sono saltati, specialmente quelli sul terzo settore, e che ci sono stati alcuni problemi. Il Ministro Lorenzin è venuta nella precedente audizione a comunicarci qual è la sua direzione, ma che cosa effettivamente stiano producendo questi tavoli per il Patto della salute non ci è ancora dato sapere.
  Né ci è dato sapere se il Governo ha intenzione di varare, a breve o più in là, un decreto-legge in materia di sanità, vorrei anzi sapere se c’è qualcosa in ballo. Anche l'onorevole Quagliariello, in qualità di Ministro per le riforme, è andato in tv a spendersi sulla questione della riforma del Titolo V della Costituzione. Se fosse previsto un intervento anche sul Titolo V, con riferimento alle competenze regionali in sanità, non sarebbe male, visto che molti se lo aspettano.
  Aggiungo solo un altro paio di considerazioni. Ritornando sulle riforme, c’è un tema che non è mai stato toccato negli anni. Se ne è parlato tantissime volte, si è riproposto tantissime volte nel tempo, ma non è mai stato portato a casa: si tratta della questione dei LEA e del nomenclatore tariffario. Sono due aspetti che devono essere necessariamente affrontati: non è infatti più possibile tenere LEA vetusti, che non riguardano neanche nuove patologie o che per alcune patologie offrono una risposta eccessiva. Io mi aspetterei, almeno in questa legislatura, che finalmente si arrivasse alla discussione di Pag. 21una riallocazione, o comunque di una riformulazione dei livelli essenziali di assistenza. Lo stesso discorso vale per il nomenclatore tariffario, che sappiamo bene tutti essere una truffa ai danni dello Stato che rasenta l'indecente.
  Come ultima questione, nella sua relazione lei ha parlato di progresso tecnologico e di come sia necessario attuare un'informatizzazione, un processo di ammodernamento della sanità italiana, al fine anche di ottenere un risparmio effettivo sul bilancio sanitario. Anche noi crediamo che un'informatizzazione complessiva consenta di realizzare un servizio più efficiente e più economico per i cittadini. Il problema è che, da questo punto di vista, abbiamo un'Agenda digitale che sta diventando ormai una barzelletta: sono ormai mesi che tale organismo non opera ed è inefficace, né dispone di uno stanziamento adeguato; l'ultimo è stato fatto in riferimento alla questione del fascicolo sanitario elettronico, che non sappiamo neanche quando partirà. Considerando il fatto che ogni regione mantiene sempre la sua autonomia, non sappiamo neanche se sarà un fascicolo omogeneo e se avrà un costo omogeneo sul territorio.
  Vorrei sapere quanto voi puntate veramente sulla questione del progresso tecnologico. Sappiamo bene che l'Italia è un Paese che, dal digital divide in poi, ha grossi problemi di informatizzazione della pubblica amministrazione. A mio parere, da questo punto di vista non si sta facendo abbastanza e nemmeno con il disegno di legge di stabilità vengono stanziate risorse in favore del progresso tecnologico.

  MASSIMO ENRICO BARONI. Aggiungo alcune piccole osservazioni alle molte che sono state già fatte.
  La sua relazione, Ministro, recita che «nel confronto fra diversi modelli organizzativi e di finanziamento, è interessante notare come la spesa sanitaria complessiva assorba negli Stati Uniti una quota di PIL che risulta quasi il doppio di quanto mediamente riscontrato nei nostri Paesi europei. In questo caso, l'incidenza della spesa sanitaria sul PIL risulta significativamente superiore alla media europea anche limitatamente alla sola componente pubblica».
  Noi sappiamo che l'Italia e la Francia sono considerate Paesi con modelli di sistema sanitario ad alto e altissimo finanziamento pubblico. Questo, però, è un punto importante: non possiamo comparare le mele con le pere. Il problema è che negli Stati Uniti la spesa sanitaria incide sul PIL in maniera significativamente superiore. Ricordiamo che la spesa sanitaria negli Stati Uniti è finanziata all'85 per cento da parte delle assicurazioni – non vorremmo che fosse stato fatto un lapsus da parte del relatore – mentre in Italia è finanziata solo al 3 per cento da parte delle assicurazioni.
  Anche a fronte dell'ultima dichiarazione del Presidente Boccia, il quale aveva dichiarato nell'ultima audizione che avremmo difeso insieme la virtuosità organizzativa italiana, se la vogliamo considerare una virtuosità, dobbiamo distinguere le mele dalle pere. L'incidenza della spesa sanitaria degli USA sul PIL deriva dalla totale assenza di politiche di prevenzione primaria in termini di autocura, alimentazione e inversione dell'insicurezza sociale.
  Noi abbiamo politiche che prevedono la cura della sicurezza sociale, anche attraverso politiche di promozione della salute. L'abbiamo sempre fatto storicamente. I nostri consultori primari, con l'assistenza territoriale continuativa, che prima veniva assicurata, in particolare dai comuni e dai loro progetti terapeutici individualizzati, rappresentavano una forma di comunità; erano un modo per fare comunità, nonché per attivare uno scambio di abitudini sociali e di politiche di promozione della salute che rientravano in un circolo virtuoso.
  Io sono anche di cittadinanza americana. Mia sorella abita in America stabilmente e vede continuamente, nel momento in cui esce e va a fare la spesa, persone obese. L'unica eccezione è rappresentata dal fumo, cui gli statunitensi sono molto attenti, ma l'assenza della promozione della salute negli Stati Uniti è un business. Pag. 22In termini di malattie, questo business è legato ad abitudini ambientali che aumentano il business stesso.
  Bisogna dunque operare una distinzione. Poiché negli Stati Uniti pagano i privati, loro sono molto attenti a far uscire l'anziano immediatamente dall'ospedale, non appena ha risolto il problema dell'acuzie, e l'assicurazione paga per l'assistenza domiciliare. Noi abbiamo una tradizione italiana in cui il sistema sanitario si prende, o dovrebbe prendersi, cura del malato anche dopo, se non fosse che Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Ministero della salute si rimpallano la responsabilità, più o meno così: «Questo è compito tuo, col Fondo della non autosufficienza»; «No, è compito tuo, perché è previsto dalla legge che le unità sanitarie locali si prendano cura dell'assistenza continuativa sul territorio».
  Mi fermo qui. Ricordo per l'ennesima volta, non a lei, ma alle Commissioni che hanno seguito tutto questo percorso di audizioni, che una delle problematiche e delle inversioni culturali tuttora presenti in Italia è che le sub-acuzie e le post-acuzie vengono curate in ospedale, perché vengono fatti tagli a fronte di un'assenza di servizi territoriali.

  GIOVANNI MONCHIERO. Signor Ministro, grazie di essere qui. Capisco il suo iniziale imbarazzo. Mi rendo conto che quello della sanità è un tema estremamente complesso e che la visione che può averne il Ministero dell'economia e delle finanze è prevalentemente di compatibilità economica.
  Mi scuso per questa osservazione, che mi rendo conto essere non molto cortese, ma devo dire che nel contenuto la sua relazione è la riproposizione di quella che il dottor Massicci ha reso a queste Commissioni alcune settimane fa, addirittura con le stesse parole. Questo, per un certo aspetto, garantisce che vi è una sintonia fra l'alta burocrazia dello Stato e il Ministero. Per l'altro, però, denuncia un malessere che la Commissione affari sociali ha più volte evidenziato e che deriva dal fatto che ciò di cui soffre oggi la sanità italiana è un sistema di governance complessivo basato soltanto su valutazioni di tipo economico, senza che esista un'autorità realmente deputata a unificare la visione.
  Il fatto che la gestione sia affidata alle regioni e il finanziamento al Ministero dell'economia e delle finanze e che il Ministero della salute svolga una funzione più incentrata su prevenzione e valutazione di tipo medico, senza incidere costantemente nell'erogazione dei servizi, ha creato un meccanismo che ha una governance, a nostro parere, meritevole di qualche correzione.
  Alcuni colleghi hanno pensato che l'attuale difficoltà discenda dall'eccessivo spazio che la modifica del Titolo V della Costituzione ha concesso alle autonomie regionali in questa materia, con effetti non sempre accettabili sulla diversa qualità dei servizi nel nostro Paese. In ogni caso, che si incida o no sul Titolo V, una revisione del sistema complessivo di governance credo sia quanto mai opportuna, perché l'incidenza della presenza, pur urgente e comprensibile, del Ministro dell'economia e della finanze sulla sanità italiana in questi ultimi anni ha determinato effetti che non sono ottimistici quanto la sua relazione sembra fare intendere.
  Signor Ministro, io ritengo, invece, drammaticamente inquietante il dato, che giustamente noi tutti operatori della sanità esibiamo come un merito, che la spesa pro capite italiana sia molto più bassa di quella dei Paesi a noi vicini. La tabella che lei allega fa riferimento all'incidenza della spesa sanitaria sul PIL, ma la spesa sanitaria pro capite, che è un dato, secondo me, ben più significativo, è molto inferiore a quella della Francia, della Germania e di altri Paesi europei con i quali amiamo confrontarci.
  Questo è un dato inquietante, perché, secondo me, significa che il sistema è veramente arrivato ad avere la linea di galleggiamento che coincide con quella della respirazione e che un ulteriore innalzamento della linea del liquido in cui siamo immersi possa anche provocare la fine della sostenibilità del sistema.Pag. 23
  Se, da un lato, comprendo che la Ragioneria generale dello Stato sia orgogliosa dei risultati ottenuti in questi ultimi anni, cercando di responsabilizzare i gestori regionali e sub-regionali a tutti i livelli, credo, tuttavia, che il risultato ottenuto sia inquietante. Vorrei lasciare alla sua riflessione questa considerazione.

  GIAN LUIGI GIGLI. Grazie, Presidente. Grazie, signor Ministro. Data l'ora, eviterò accuratamente di ripetere le considerazioni fatte al dottor Massicci e al Ministro Lorenzin e tanto meno quelle già svolte adesso dai colleghi. Le pongo molto sinteticamente solo due domande.
  Prima mi consenta un brevissimo commento a un punto specifico della sua relazione. Si tratta di una questione che in parte è stata già accennata e che riguarda la visione un po’ ottimistica per cui, malgrado l'invecchiamento della popolazione, alcune dinamiche demografiche potrebbero, a suo giudizio, contenere significativamente la crescita della spesa sanitaria.
  A mio avviso, tale una visione è ottimistica. Ritengo, invece, che il problema dell'invecchiamento e delle patologie dell'invecchiamento caricherà il nostro sistema sanitario, a scadenza non molto lunga, di una serie di costi che non riguardano solo l'ultimo anno di vita, ma anche gli anni della vecchiaia in generale. In tali anni si sviluppano patologie che vanno, come è stato già ricordato, dai tumori, ai problemi di riduzione della capacità di mobilità, a tutto il dato delle malattie cerebrovascolari e, infine, soprattutto alle malattie neurodegenerative, che sono patologie tipiche dell'invecchiamento che provocano problemi di sostenibilità dal punto di vista del sistema sanitario, ma anche della tenuta sociale. Tale problema è reso ancor più drammatico dalla mancanza, alla base di quella che un tempo era la piramide della popolazione, della base stessa di questa piramide, con il tema della denatalità. Credo, dunque, che questa sia una visione ottimistica nel medio e non nel lungo termine.
  Vengo alle due brevissime domande. La prima è se, a suo giudizio, sia possibile fare qualcosa per ridurre significativamente una delle palle al piede del nostro sistema, che è quella dei contenziosi in sanità e, quindi, della spesa legata alla litigiosità, che sta facendo lievitare il nostro sistema. Voglio solo ricordare che una delle differenze, dal punto di vista del gap che ci separa in termini di spesa con gli Stati Uniti, è legata proprio a questo aspetto. Noi godevamo – per così dire – di un livello di litigiosità enormemente più basso e, invece, quello che sta accadendo ci sta portando, purtroppo, verso trend di tipo americano.
  La seconda domanda riguarda un tema che apparentemente non c'entra, ma che in realtà c'entra molto. Noi abbiamo oggi in discussione, alla Camera, il decreto-legge sulla scuola e sull'università e, nell'ambito di tale provvedimento, vi sono alcuni punti che riguardano un tema cruciale per la sanità dell'avvenire, ossia la possibilità della specializzazione medica.
  Questo tema, che si trova già oggi in una sofferenza estrema, andrà incontro, in assenza di una misura correttiva da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, a un fenomeno di carenza. Se i livelli di consapevolezza di ciò che questo tema rappresenta in termini di mina vagante non porteranno a una disponibilità maggiore di risorse, ossia a capire che questa è ormai una priorità del sistema, andremo incontro, in un arco di tempo relativamente breve, a una carenza che già tutti i trend statistici dimostrano evidente, cioè alla mancanza di possibilità di supplire a tutta una serie di vacanze che si vanno a determinare.
  Faccio un solo esempio, il più banale, che riguarda il pensionamento dei medici di medicina generale: se non cambiano i limiti del numero di assistiti che un medico di medicina generale può seguire, tra tre anni circa un milione di italiani non potrà, in teoria, nemmeno più avere il Pag. 24medico di base, perché verrebbe superata la quota dei 1.500 assistiti per ciascun medico di base.
  Quale sforzo – è questa la domanda – il Ministero dell'economia e delle finanze intende produrre in questo settore ? Lo ritiene una priorità e, quindi, un settore per il quale sia necessario trovare risorse aggiuntive, al di là di quelle che riusciremo a reperire con il poco risparmio legato al contenimento della durata delle specializzazioni ?

  PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Saccomanni per la replica. Se fosse in linea con il tempo usato dai colleghi, andremmo via domani mattina. Ci affidiamo alla sua sintesi.

  FABRIZIO SACCOMANNI, Ministro dell'economia e delle finanze. Premetto che vengo da una famiglia di medici. Forse mio padre si aspettava che facessi il medico anch'io e, invece, ho scelto una professione più difficile e sicuramente meno utile di quella che faceva lui.
  Ho imparato ancora altre cose dall'insieme dei vostri interventi. Mi rivolgo all'onorevole Monchiero, che mi ha lasciato uno spunto per ulteriori riflessioni. A molte delle considerazioni che sono state svolte in realtà non sono in grado di fornire una risposta, ma le prenderò come elementi di riflessione.
  Vorrei chiarire due o tre punti di carattere generale. Il primo riguarda il fatto che molte delle problematiche che voi avete sollevato sono tipiche del Ministro della salute. La divisione del lavoro all'interno del Governo è tale per cui io mi occupo dell'allocazione della spesa e poi lascio ai ministeri competenti di decidere come vogliono applicarla. Questo vale per tutti i ministeri, non solo per quello della salute, ma anche per quello della difesa, quello dell'istruzione, dell'università e della ricerca o quello delle infrastrutture e dei trasporti.
  La spesa sanitaria, come ho riferito, aveva avuto un andamento piuttosto esplosivo, ritenuto non sostenibile. In un certo senso, la spesa sanitaria è stata il test di una strategia di spending review ante litteram, mirata al comparto della spesa sanitaria.
  Ripeto, non c’è alcuna soddisfazione particolare da parte né del Ministero, né della Ragioneria generale dello Stato, nel prendere atto che questi tagli di spesa hanno comportato problemi o hanno ridotto la percezione della qualità o della disponibilità dei servizi sanitari. Io credo che il Ministero dell'economia e delle finanze debba cercare di trovare criteri efficienti per ottenere determinati risultati. Le risorse non sono infinite. Abbiamo i problemi che ben conoscete e che mi avete sentito sicuramente esporre in tante sedi. Deve essere lasciato, a chi amministra il settore, il compito di decidere quali sono le priorità.
  Come Ministero finanziario, noi siamo molto colpiti dal fatto, da un lato, che ci siano esigenze non completamente soddisfatte e, dall'altro, che dagli stessi operatori della sanità venga la considerazione che gli sprechi sono giganteschi, ma anche che, come succede per altre questioni del nostro Paese, gli sprechi sono in realtà ben altri ed altrove presenti. Tuttavia, non si sa mai bene quali o dove siano questi sprechi, perché nessuno ammette di farne nel proprio specifico settore.
  Nell'adozione di queste metodologie di spending review ci siamo basati sulle pratiche vigenti anche a livello internazionale: abbiamo identificato le diverse categorie di spesa sanitaria ed abbiamo cercato di individuare le aree in cui gli sprechi erano forse maggiori.
  Veniamo anche da una stagione, che precede sicuramente il mio arrivo al Ministero, di tagli indiscriminati, uguali per tutti, lineari. Certamente il blocco del turnover rientra in una di queste categorie. Sono il primo a riconoscere che, se si arrivasse a una stagione in cui questo tipo di tagli e di controlli non si dovesse più applicare, sarebbe certamente un bene per tutti. Le storture che questi meccanismi provocano sono sicuramente gravi, tuttavia deve essere ben chiaro che alla fine una qualche forma di risparmio deve essere conseguita. Mi rivolgo a chi Pag. 25ipotizzava la necessità di un ritorno a ritmi di crescita della spesa sanitaria più elevati e in maniera non so se generalizzata, ma comunque più permissiva di quanto non sia avvenuto negli ultimi tempi.
  Ripeto, noi al Ministero dell'economia e delle finanze non siamo esperti di sanità ma guardiamo i dati e la letteratura che ci vengono prodotti. Alcuni dei dati che hanno tanto sorpreso l'onorevole Piazzoni sono del Ministero della salute. Mi riferisco a quello sulla correlazione inversa tra tagli della spesa e miglioramento della qualità. Io ne prendo atto. Posso anche capire che a prima vista questa possa sembrare quasi una contraddizione in termini, tuttavia, pur essendo abituato all'idea che a volte si sente dire, per cui chi più spende meno spende, osservo che in realtà non è proprio così. Chi più spende, spende di più. Punto e basta. E se i soldi non ci sono, questo non è un risultato positivo.
  Anche i dati che abbiamo citato sui confronti internazionali provengono dalla fonte OCSE. Io ho riferito, ma non come un fatto di merito, che spendiamo meno che in altri Paesi. È un dato di fatto che spendiamo, grossomodo, in linea con quanto spendono gli altri Paesi. Evidentemente veniamo da un tipo di tradizione molto giusta, che va preservata. Il dato di fondo, però, è che – ripeto – di fronte a una situazione di difficoltà della finanza pubblica, ogni comparto deve portare il suo contributo.
  Io credo che molti dei problemi specifici che sono stati menzionati nei diversi interventi che sono stati svolti siano senz'altro meritevoli di grande attenzione da parte nostra. Mi ha colpito il riferimento di alcuni tra coloro che sono intervenuti al fatto che ci troviamo di fronte a meccanismi per cui, da un lato, ci si lamenta per la presenza di tetti, limiti e piani di rientro selvaggi adottati senza alcuna considerazione di umanità e, dall'altro, per un'assenza di controlli e di sanzioni. Quello dei tetti, dei limiti o dei meccanismi di rientro è uno strumento di natura indiretta, poiché si lascia poi al soggetto a cui questi limiti si applicano il compito di allocare le risorse. Se dovessimo realizzare un sistema di controlli e di sanzioni a livello del singolo spreco di sanità e del singolo problema, dovremmo creare una macchina di controlli veramente mastodontica.
  È stato anche sollevato, ad esempio dagli onorevoli Lenzi e Giampaolo Galli, il problema dei costi standard, i quali non sono certamente il toccasana. L'onorevole Galli ricordava anche che i costi standard devono andare insieme con i fabbisogni. Io credo che ci sia uno spazio di miglioramento. Noi abbiamo indicato, nella relazione che vi ho illustrato, che per ora la valutazione dei costi standard riguarda 300 beni e servizi censiti e che la dovremo estendere a 450. È un significativo incremento che, però, non copre ancora l'universo delle tematiche di cui stiamo trattando. A pagina 7 viene indicato chiaramente questo obiettivo.
  Quanto alle questioni che ho sollevato, sia pure molto brevemente, nelle considerazioni finali, esiste un problema che attiene alla questione, a cui molti hanno fatto riferimento, dell'organizzazione tra lo Stato, le regioni e le realtà locali. Come Ministero, noi abbiamo da tempo sollecitato l'approvazione del regolamento concernente la definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera.
  Io sono perfettamente accordo – non ricordo chi lo diceva – che a volte si possano generare più risparmi chiudendo un piccolo ospedale piuttosto che dieci posti-letto in dieci ospedali. Per quanto posso ricavare dalla mia esperienza familiare, i piccoli ospedali sono infatti più pericolosi, perché i medici non hanno sufficienti casistiche per gestire un determinato problema, il che può provocare danni. Un ospedale più grande è un posto in cui c’è una maggiore possibilità per i medici di avere un ampio spettro di malattie da curare.
  Ho sentito molti interventi che mi sembravano richiedere – mi esprimo in questo modo, in termini positivi – una maggiore Pag. 26collaborazione tra il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministero della salute, per avere input tecnici per quanto riguarda l'offerta di servizi sanitari e richieste da parte nostra.
  Da ultimo, mi pare che l'onorevole Gigli chiedesse qual è l'opinione del Ministero dell'economia e delle finanze sul problema se ci siano abbastanza medici e su che tipo di investimenti bisogna fare nel campo della sanità. Sono questioni che, nei colloqui che io e i miei colleghi abbiamo periodicamente con il Ministero della salute, terremo a mente, avendo però la consapevolezza che non siamo tecnici della materia e che possiamo solo porre domande per stimolare una riflessione.
  Quanto a progresso tecnologico e risparmi, l'onorevole Cecconi mi pare avesse giustamente sottolineato l'importanza di questo tema, esprimendosi però in modo piuttosto negativo su quanto è stato fatto nel campo dell'Agenda digitale.
  Io credo che l'Agenda digitale sia molto importante. Il Governo ha nominato una persona di alta competenza in materia e, come Ministero dell'economia e delle finanze, dal momento che controlliamo alcune società che gestiscono l'Agenda digitale, per esempio la Sogei, stiamo collaborando con la Presidenza del Consiglio e con il Commissario straordinario per l'Agenda digitale per creare una rete che dialoghi al suo interno.
  In realtà, il sistema italiano non è arretrato dal punto di vista delle basi dati o delle tecnologie dell'informazione. È un sistema in cui ci sono molte eccellenze, ma disconnesse, ragion per cui un cittadino non può entrare in un sistema informatico della pubblica amministrazione e chiedere informazioni sulla sua posizione contributiva pensionistica o indicazioni su come avviare un'impresa. Ci sono tante reti che bisogna collegare insieme. L'investimento forse è inferiore a quello che può sembrare. Si tratta, a volte, di superare alcune incapacità di dialogare e alcune distinzioni burocratiche che debbono sicuramente essere corrette.
  Sul problema dei ticket dobbiamo correggere un errore che ha tratto in inganno l'onorevole Binetti. In effetti, a pagina 9 della relazione scriviamo che la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l'esercizio da parte dello Stato della potestà in materia di ticket; in realtà, essa ha mosso un'osservazione relativamente all'uso dello strumento regolamentare. Dobbiamo senz'altro correggere questo punto.
  L'onorevole Palese, che aveva preso la parola per primo, mi sembrava essere tra coloro che ritengono che oggettivamente il volume di spesa sanitaria, tra pubblico e privato, sia molto elevato e che esistano aree di miglioramento.
  Anche a lui rispondo che i costi standard non sono una panacea. Controlli più capillari sono, però, molto più complicati da portare avanti. Quella della farmaceutica ospedaliera è certamente un'area in cui anche a noi è parso che ci fossero interventi da fare. Devo dire che nei colloqui preliminari che abbiamo avuto con il Ministero della salute ci è stato riconosciuto che questa è un'area problematica, ma sulla quale non era opportuno intervenire in sede di legge di stabilità. Potrei avere omesso taluni degli interrogativi posti, ma complessivamente mi pare di aver cercato di rispondere a tutte le questioni.
  Quanto al ruolo della Consip, credo che la Consip abbia alcuni chiari vantaggi per l'acquisto di alcuni tipi di beni di carattere più strumentale, come apparecchiature elettroniche e tecnologie di questo genere. Non so quanto possa essere utilizzata appieno, ma è senz'altro un tema che esplorerò, perché anche la Consip fa parte della famiglia di società che hanno a che vedere con il Ministero dell'economia e delle finanze.
  Passerò al Ministro Beatrice Lorenzin temi come quello della vetustà dei LEA e della nomenclatura tariffaria, su cui obiettivamente non sono in grado di fornire risposte.
  La palla al piede della litigiosità mi preoccupa, ma è un tema di carattere nazionale: siamo un popolo litigioso. Abbiamo creato un tribunale amministrativo in cui vengono portate tutte le liti più strane, con conseguenze, peraltro, spesso Pag. 27molto gravose per l'economia, perché vengono bloccati investimenti e decisioni. Ogni avanzamento di carriera nell'amministrazione pubblica ed ogni gara d'appalto vengono bloccati da ricorsi, non mi stupisce quindi che ci sia anche nella sanità un problema di questo genere.
  Forse a quest'ora non ho sufficiente lucidità per ricordare tutti gli interventi, ma ne ho preso nota.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per la relazione e per la replica ed i colleghi per il lavoro svolto. Nello strettissimo giro di poche settimane con il Presidente Vargiu convocheremo di nuovo le Commissioni per svolgere la valutazione finale del nostro lavoro e tirarne insieme le conclusioni.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 22.45.