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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

VII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 17 luglio 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Galan Giancarlo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE DELL'EDILIZIA SCOLASTICA IN ITALIA

Audizione di rappresentanti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Galan Giancarlo , Presidente ... 3 
Pallavicini Maria Pia , Direttore generale della direzione generale per l'edilizia statale e gli interventi speciali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ... 3 
Galan Giancarlo , Presidente ... 13 
D'Ottavio Umberto (PD)  ... 13 
Galan Giancarlo , Presidente ... 14 
Blazina Tamara (PD)  ... 14 
Galan Giancarlo , Presidente ... 15 
Ghizzoni Manuela (PD)  ... 15 
Rocchi Maria Grazia (PD)  ... 16 
Galan Giancarlo , Presidente ... 16 
Brescia Giuseppe (M5S)  ... 16 
Malisani Gianna (PD)  ... 17 
Ghizzoni Manuela , Presidente ... 17 
Malisani Gianna (PD)  ... 17 
Bossa Luisa (PD)  ... 17 
Pallavicini Maria Pia , Direttore generale della direzione generale per l'edilizia statale e gli interventi speciali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ... 18 
Bossa Luisa (PD)  ... 18 
Gallo Luigi (M5S)  ... 18 
Ghizzoni Manuela , Presidente ... 18 
Pallavicini Maria Pia , Direttore generale della direzione generale per l'edilizia statale e gli interventi speciali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ... 18 
Colucci Angelo , Funzionario della direzione generale per l'edilizia statale e gli interventi speciali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ... 20 
Gallo Luigi (M5S)  ... 21 
Colucci Angelo , Funzionario della direzione generale per l'edilizia statale e gli interventi speciali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ... 21 
Tedaldi Oletta , Dirigente presso la direzione generale per l'edilizia statale e gli interventi speciali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ... 21 
Ghizzoni Manuela , Presidente ... 22 

ALLEGATO: Documentazione consegnata dai rappresentanti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ... 23

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GALAN

  La seduta comincia alle 13.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione dell'edilizia scolastica in Italia, l'audizione di rappresentanti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Sono presenti la dottoressa Maria Pia Pallavicini, Direttore generale della direzione generale per l'edilizia statale e gli interventi speciali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la dottoressa Oletta Tedaldi, dirigente presso la medesima direzione generale, e l'ingegner Angelo Colucci, funzionario della stessa direzione generale, che ringrazio per essere intervenuti.
  Do la parola alla dottoressa Maria Pia Pallavicini.

  MARIA PIA PALLAVICINI, Direttore generale della direzione generale per l'edilizia statale e gli interventi speciali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Buongiorno a tutti. Innanzitutto ritengo opportuno presentarmi. Come ha già comunicato il presidente, io sono il direttore generale della direzione generale per l'edilizia statale nell'ambito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  Al mio fianco sono presenti la dottoressa Oletta Tedaldi, dirigente responsabile della divisione che, tra le altre materie riguardanti l'edilizia demaniale, si occupa anche dell'edilizia scolastica, e l'ingegner Angelo Colucci, funzionario che si occupa direttamente dell'operatività dei programmi in materia di edilizia scolastica.
  Il documento che è stato predisposto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), e che mi accingo a illustrare, contiene un excursus storico-temporale delle iniziative e degli atti adottati dal Ministero stesso, per dare attuazione ai programmi in materia di edilizia scolastica, in linea con i compiti istituzionali riconosciuti al Ministero, e nel rispetto dei ruoli di tutti i soggetti interessati nel processo di realizzazione degli interventi in materia.
  Vengono altresì fornite delle informazioni sullo stato di attuazione dei programmi e, sulla base dell'attività svolta, considerata l'esperienza acquisita sul campo, vengono rappresentate, in un'ottica propositiva, le criticità ad oggi riscontrate.
  In questi anni la direzione, tra le altre attività in materia di edilizia demaniale, si è occupata anche dell'edilizia scolastica. I principali filoni di intervento sono tre. Inizierei illustrando quanto rientra nell'ambito Pag. 4della legge n. 289 del 2002, che ha dato origine a due programmi stralcio e a una rimodulazione degli stessi.
  La norma contenuta nella legge 27 dicembre 2002, n. 289 prende spunto dal tragico accadimento del 31 ottobre 2002 – il crollo di una scuola a San Giuliano di Puglia – che ha evidenziato, in primis, la necessità di un intervento statale volto a ridurre la riscontrata vulnerabilità degli edifici scolastici.
  Pertanto la predetta legge, nell'ambito del programma di infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443 del 2001, ritiene di ricomprendere gli interventi straordinari di ricostruzione delle aree danneggiate da eventi sismici, ed inserisce per la prima volta un piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici.
  La norma rinvia direttamente e espressamente al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (il soggetto istituzionale che lo affianca in tutta la sua operatività), la presentazione al CIPE di un piano straordinario di messa in sicurezza, previo parere favorevole della Conferenza unificata.
  A seguito di quest'evento sismico, il Ministero, in linea con la sua missione istituzionale, in sostanziale collaborazione con il MIUR e con il Dipartimento della Protezione civile, utilizzando i dati dell'anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica al momento disponibili, forniti dal MIUR stesso, considerata la numerosità e la dispersione degli edifici coinvolti, e attesa la mancanza di studi omogenei che abbracciassero l'intero patrimonio scolastico, ha comunque proceduto a una stima del fabbisogno finanziario, mediante estrapolazione di indicatori e parametri sintetici, sulla base dei rilievi disponibili, con una successiva estensione ai dati complessivi.
  Vedremo in seguito che in questo compito il Ministero è stato affiancato da una commissione tecnica, composta dai rappresentanti di tutte le amministrazioni – centrali e locali – interessate, e dai tecnici del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Quest'organismo ha partecipato in maniera fattiva alla formazione del primo programma stralcio, concorrendo a formulare regole e indicazioni in base alle quali le regioni stesse hanno selezionato gli interventi.
  Dall'elaborazione tecnica condotta con la commissione citata, con riferimento alla riclassificazione sismica contenuta nell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3274 del 2003, si è quindi stimato un fabbisogno finanziario così distinto: 1,6 miliardi di euro per il miglioramento degli edifici scolastici ricadenti nella prima zona sismica; 7,5 miliardi di euro per il miglioramento degli edifici scolastici della seconda zona e 3,9 miliardi di euro per il miglioramento degli edifici scolastici ricadenti nella terza zona, per un totale di circa 13 miliardi di euro.
  Questo predetto fabbisogno viene sottoposto all'attenzione degli organi di governo che, tenuto presente il contesto economico generale del Paese, e dopo una verifica di compatibilità con la finanza pubblica, con l'articolo 3, comma 91, della legge n. 350 del 2003 destinano per la prima volta al piano straordinario un importo non inferiore al 10 per cento delle risorse di cui all'articolo 13, comma 1, della legge obiettivo n. 166 del 2002, disponibili dal 1 gennaio 2004.
  Considerate queste linee-guida prodotte nel modo che ho illustrato, nel dicembre 2003 il Ministero ripartisce su base regionale le risorse economiche, tenendo conto della pericolosità sismica del territorio, e richiede direttamente alle regioni di farsi carico d'individuare, entro il febbraio 2004, gli edifici scolastici da includere nel programma. A seguito di questa richiesta, le regioni indicano complessivamente un totale di 738 interventi, per un importo di oltre 193 milioni di euro.
  Questo primo programma stralcio approda poi al CIPE, che con la delibera n. 102 del 20 dicembre 2004, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'11 agosto 2005, approva il programma.
  Io mi permetto di riportare nel dettaglio questi dati temporali, per rendere Pag. 5un'idea dell'esposizione temporale alla quale abbiamo dovuto ovviare in alcuni modi, con il ritardo che vedremo.
  A pagina 5 della documentazione depositata è riportata una tabella di ripartizione delle risorse, con i criteri che ho illustrato prima. Tra l'altro, aderendo a una precisa richiesta delle regioni in ordine a modalità e procedure di attuazione omogenee da individuarsi, con l'intesa istituzionale del 13 ottobre 2005, raggiunta in Conferenza unificata, vengono regolamentati i rapporti fra lo Stato, le regioni e gli enti locali, attuatori dell'intervento, e vengono definite le procedure di attuazione.
  Nelle pagine 7 e 8 della nota depositata diamo conto dello stato di attuazione di questo primo stralcio al 31 dicembre 2012, confermando che – come ci è richiesto – noi produciamo semestralmente l'avanzamento del programma, essendo in fase di chiusura il rilevamento semestrale al 30 giugno 2013. Quelli riportati sono quindi dati che si riferiscono alla fine del 2012.
  Per una lettura agevole, specifico che con riferimento alla fase 4, indicata nella tabella di pagina 7, in relazione al documento di attuazione protocollato – questi sono i riferimenti per noi fondamentali – si dà atto di 607 convenzioni e interventi perfezionati, per un importo di circa 150 milioni di euro, di cui troviamo l'esposizione nel dettaglio a pagina 8 della medesima nota, dove vediamo la stipula del contratto di prestito o di mutuo. Infatti, parliamo delle risorse afferenti alla legge obiettivo, e quindi di limiti di impegno la cui attivazione richiede la stipula di mutui. Siamo a 588 interventi, per un totale di 151 milioni di euro e di 228 lavori ultimati.
  Alle pagine 5 e 6 del documento abbiamo – io e i miei collaboratori, in ragione della nostra esperienza acquisita nel corso della fase operativa – evidenziato alcune criticità che hanno inciso in maniera negativa sull'attuazione del programma.
  In particolare, come ho già accennato, la natura finanziaria delle risorse prevede dei limiti di impegno quindicennali, che determinano la necessità che gli enti territoriali attuatori – comuni e province – contraggano uno specifico mutuo, con oneri di ammortamento a carico dello Stato. Infatti, la legge finanziaria del 2007 introduce l'obbligatorietà dell'autorizzazione preventiva all'utilizzo di questi contributi pluriennali, avendo ciò impedito, di fatto, per la maggior parte degli enti attuatori, la stipula di contratti di mutuo per circa un anno. Nel 2007 erano stati stipulati solo 30 mutui. La legge finanziaria del 2007 ha quindi fortemente limitato e rallentato la stipula.
  L'utilizzo di questi contributi a favore delle amministrazione ricomprese nel primo programma è stato autorizzato con il decreto interministeriale del 6 settembre 2007, e con il successivo schema di contratto di mutuo approvato dal Ministero dell'economia e delle finanze nel dicembre 2007. Ciò ha comportato che solo a decorrere da questa data gli enti attuatori hanno avuto la possibilità di contrarre i prestiti, per i progetti per i quali non era stato stipulato il mutuo prima dell'entrata in vigore della citata legge finanziaria. Come ho detto, avevamo solo 30 soggetti che avevano stipulato un mutuo al di fuori della legge finanziaria 2007.
  Un'altra criticità è rappresentata dai ritardi delle regioni nella fase di rilascio dell'attestazione di coerenza dei progetti con le finalità del Piano, spesso imputabili a una carente, o addirittura assente, progettazione delle opere programmate. Questa circostanza, di fatto, ha comportato la predisposizione di integrazioni e modifiche, per non idoneità della stessa progettazione preliminare.
  Ci sono inoltre stati ritardi degli enti attuatori nella fase di aggiudicazione delle opere. Infatti la destinazione degli immobili pubblici ad edifici scolastici determina l'esigenza di conciliare lo svolgimento di queste attività didattiche con l'attività di cantiere, preferibilmente limitando quest'ultima al periodo estivo.
  Infine, ci sono stati ritardi degli enti attuatori nella fase di attuazione o avvio degli interventi, che hanno prodotto richieste Pag. 6di proroga dei tempi delle erogazioni finanziarie, anche in relazione ai vincoli imposti dal Patto di stabilità.
  Passerei all'illustrazione del secondo programma stralcio, che si riferisce sempre alla legge n. 289 del 2002, che trova il parere favorevole della Conferenza unificata nelle sedute dell'8 e 16 novembre 2006, e del CIPE con la delibera del 17 novembre 2006, anche questa pubblicata nell'aprile 2007.
  Il secondo programma ha un valore di 295 milioni di euro, per 876 interventi, la cui ripartizione è sinteticamente riportata nella relazione depositata. L'attuazione di questo secondo programma ha evidenziato il persistere delle stesse criticità – ritardi nell'avviamento, nello svolgimento e nella conclusione degli interventi – e delle stesse situazioni emerse nel primo.
  Le pagine 10 e 11 del documento riportano in maniera sommaria – qualora fosse necessario, io e i miei collaboratori potremmo entrare nel dettaglio – lo stato di attuazione del secondo programma stralcio, che individua 687 degli oltre 800 interventi che hanno raggiunto la fase propedeutica finale, che consente l'avvio dei lavori. Di ciò troviamo esposizione a pagina 11, dove si riportano 637 interventi con il mutuo già stipulato, e quindi in fase di esecuzione, dei quali solo 188 sono stati ultimati.
  Per la necessità di adeguare la predisposizione dei due programmi stralcio adottati all'evolversi delle concrete necessità di volta in volta manifestate, soprattutto in sede di attuazione degli interventi, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con il MIUR, e su istanza diretta delle regioni, formula proposte al CIPE, che adotta delibere di modifica e di rimodulazione del primo e del secondo programma, che troviamo in forma sintetica a pagina 13, con un primo programma stralcio di rimodulazione dell'importo totale di oltre 13 milioni di euro.
  Alle pagine successive troviamo lo stato di avanzamento al 31 dicembre 2012 degli interventi del primo programma stralcio di rimodulazione in corso di aggiornamento al giugno 2013. Quest'esposizione attiene al primo e al secondo programma di quella legge n. 289 del 2002.
  Un altro aspetto che la direzione generale per l'edilizia statale e per gli interventi speciali si è trovata ad affrontare riguarda il terzo programma stralcio, o meglio l'attuazione della risoluzione delle Commissioni riunite V e VII della Camera n. 8-00143 del 2 agosto 2011. Il Governo, allo scopo di proseguire l'azione di messa in sicurezza degli edifici scolastici, ha disposto un finanziamento a regime di questo piano, attraverso l'adozione dell'articolo 7-bis del decreto-legge n. 137 del 2008. Io ho riportato i dati relativi al decreto-legge. Questa norma ha previsto che, a decorrere dall'entrata in vigore della legge di conversione, al piano straordinario per la messa in sicurezza degli edifici scolastici di cui alla legge n. 289 del 2002 – questo richiamo è opportuno, perché la legge n. 289 ci riporta nell'ambito della sismicità degli edifici – venga destinato un importo non inferiore al 5 per cento delle risorse stanziate per il programma delle infrastrutture strategiche.
  Nel dicembre 2008 il CIPE adotta una delibera e mette a disposizione del terzo programma stralcio due contributi quindicennali, a valere sulle risorse della legge obiettivo, rispettivamente di 3 e 7,5 milioni di euro annui, a decorrere dal 2009 e dal 2010, con uno sviluppo attualizzato di circa 110-112 milioni di euro. Il CIPE subordina l'assegnazione di queste risorse alla presentazione al CIPE stesso di un terzo programma stralcio, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti d'intesa con il MIUR.
  In questi termini, i due Ministeri presentano alla Conferenza unificata dell'ottobre 2010 una proposta per il terzo programma stralcio, che in sede di Conferenza unificata il Governo stesso ritira per ulteriori approfondimenti.
  Nel frattempo interviene il comma 239, dell'articolo 2 della legge finanziaria del 2010 – legge n. 191 del 2009 – che dispone che entro il 30 giugno del 2010, previa approvazione di un apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari Pag. 7competenti, vengano individuati gli interventi di adeguamento sismico e messa in sicurezza degli edifici di immediata realizzabilità, fino all'importo di 300 milioni di euro, con la relativa ripartizione degli importi tra gli enti territoriali interessati, nell'ambito delle misure e con le modalità previste all'articolo 7-bis del citato decreto-legge n. 137 del 2008.
  In attuazione di quanto disposto in seduta congiunta dalle Commissioni V e VII della Camera dei deputati, viene approvata la risoluzione n. 8-00099 del 25 novembre 2010, che successivamente, il 2 agosto 2011, come anticipato, viene modificata dalle stesse Commissioni in seduta congiunta, che approvano una nuova risoluzione – appunto la n. 8-00143 – variando l'elenco degli interventi. La nuova risoluzione prevede tra l'altro che gli interventi debbano ricevere attuazione, previa adozione di apposito decreto interministeriale, senza necessità – in deroga a quanto previsto dalla norma della legge n. 289 del 2002 – di sottoporre i medesimi interventi all'approvazione del CIPE, considerato che questo organo, in ottemperanza al citato articolo 2, comma 239, della legge n. 191 del 2009, non potrebbe che confermare gli interventi individuati in ambito parlamentare. In tale atto vengono individuati espressamente 989 interventi e il relativo importo da finanziare, per un totale di 111,8 milioni di euro.
  La sua attuazione ha determinato da subito delle difficoltà. Io ho riportato sinteticamente nella nota tre punti principali, che a oggi non hanno ancora trovato una soluzione definitiva. Nell'immediato occorre dire che il Ministero, per quanto l'esposizione portava a certe criticità, ha impegnato direttamente le risorse, in modo che strada facendo, con tutti gli altri soggetti interessati – in particolare Ministero dell'economia e delle finanze e MIUR –, si potessero trovare e superare le eventuali criticità.
  Sono state, in particolare, individuate insufficienti identificazioni dei beneficiari del finanziamento. Infatti, uno dei primi problemi che il Ministero dell'economia e delle finanze ci rilevò riguardava la titolarità di chi poteva contrarre il mutuo, qualora la scuola, l'istituto e l'edificio non investissero la titolarità pubblica. Questo problema riguardava gli istituti paritari e le scuole pubbliche allocate in edifici di proprietà privata.
  Un altro aspetto era la modesta entità dei finanziamenti, in rapporto all'obbligo della norma riguardante l'adeguamento sismico. Ricordiamo che tutto risale alla legge n. 289 del 2002 e alla natura delle risorse della legge obiettivo, che implicano limiti di impegno e l'obbligatorietà di stipulare mutui per l'attivazione delle risorse.
  Questo quadro normativo sinteticamente descritto viene successivamente modificato e integrato con il decreto-legge n. 201 del 2011, in particolare con il comma 5-bis dell'articolo 30, dove, nel tentativo di superare le difficoltà operative, viene attribuita al Governo l'obbligatorietà di dare attuazione all'atto di indirizzo approvato dalle Commissioni parlamentari competenti, e quindi di adottare gli atti necessari all'erogazione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione.
  In tal senso, in un arco temporale che si conclude nell'ottobre 2012, i Ministeri predispongono il decreto interministeriale che approva il programma e disciplina le modalità attuative. Con la sua pubblicazione, i soggetti elencati nella risoluzione sanno di essere destinatari di un finanziamento pubblico. Inoltre, per consentire l'attivazione anche nei confronti di soggetti privati, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha interessato il Consiglio di Stato che, a oggi, non ha ancora reso il parere definitivo.
  Nonostante tutte queste difficoltà, la procedura di attuazione della risoluzione – da parte del Ministero – è ora in corso, anche se, da parte degli enti attuatori, ANCI e UPI, con i quali abbiamo instaurato da subito un rapporto diretto, pervengono richieste di chiarimenti, per le quali si è reso opportuno aprire un tavolo tecnico, finalizzato a proporre, ove fosse possibile, una modifica al decreto interministeriale in alcune sue parti, come – ad Pag. 8esempio – con riferimento ai termini perentori per manifestare l'interesse al finanziamento, che hanno creato dei problemi.
  Dato che vi è l'interesse di conservare comunque la possibilità di realizzare l'intervento, facendo questa modifica, forse è possibile venire incontro alle esigenze degli enti. Sarebbe altresì opportuna una rimodulazione delle opere ammesse al contributo, per la quale, trattandosi di una variante al programma, potrebbe forse essere necessario un nuovo pronunciamento delle Commissioni della Camera dei deputati che hanno formulato il programma stesso. Infatti, dato il tempo estremamente prolungato tra l'individuazione dell'intervento e la sua attuazione, in alcuni casi le esigenze si sono modificate, pur permanendo la necessità dell'intervento.
  A oggi, anche nel quadro di queste difficoltà, risultano pervenute 787 manifestazioni di interesse. È ancora in corso, ma in fase avanzata, l'istruttoria di ammissibilità. La tabella di pagina 19 della nota depositata riporta il confronto fra interventi programmati e manifestazioni di interesse pervenute per regione.
  Sulla base del decreto interministeriale, il contributo concesso agli enti viene erogato in parte – per il 30 per cento – direttamente dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, e in parte – per il 70 per cento – da un istituto finanziatore individuato dall'ente per l'accensione del mutuo a totale carico dello Stato. Questa formula «mista», in considerazione degli importi, estremamente contenuti, crea dei problemi.
  Nonostante questo, ad oggi, siamo riusciti a erogare un importo di 384.000 euro nei confronti di otto destinatari dell'intervento. Questo numero può apparire estremamente ridotto, ma bisogna considerare che le problematiche sono andate crescendo.
  Un altro filone di cui la nostra direzione si occupa, in materia di edilizia scolastica, è determinato dall'erogazione degli ex fondi FAS, ora denominato «Fondo per lo sviluppo e la coesione». Con questi fondi sono stati finanziati due piani stralcio, attinenti alla messa in sicurezza di edifici scolastici, legata questa – diversamente dai piani precedenti – alla vulnerabilità degli stessi, dovuta anche ad aspetti non strutturali.
  Il primo piano viene approvato con la delibera CIPE n. 32 del 13 maggio 2010, pubblicata nel settembre del 2010. L'importo è di oltre 358 milioni di euro e gli interventi sono 1.706. Il secondo piano attiene invece alla delibera CIPE n. 6 del 20 gennaio 2012, per un importo di 259 milioni di euro e per la realizzazione di 1.809 interventi.
  Prima di riferire lo stato di attuazione di questi piani, è opportuno ripercorrere, seppur brevemente, l'iter che ha portato alla loro definizione, anche per chiarire il ruolo svolto dalle amministrazioni centrali e locali interessate alla realizzazione.
  Anche questo filone si richiama al tragico evento che è avvenuto, nel novembre 2008, al liceo scientifico Darwin di Rivoli, in provincia di Torino, che ha riportato ancora una volta l'attenzione dell'opinione pubblica sull'emergenza dell'edilizia scolastica. A seguito di questo tragico accadimento, il decreto-legge n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009, riconosce, all'articolo 18, che la messa in sicurezza delle scuole è una priorità nazionale, e destina al Fondo infrastrutture, istituito nel 2008, una quota delle risorse nazionali disponibili sul Fondo FAS. In attuazione di questo, il CIPE stesso, con la sua delibera n. 3 del 6 marzo 2009, destina all'edilizia scolastica 1.000 milioni di euro dei 5.000 milioni assegnati al Fondo infrastrutture.
  Si ricorda, come ho accennato prima, che l'accadimento di Rivoli ha evidenziato un'ulteriore fonte di rischio connessa alla vulnerabilità degli elementi di tipo non strutturale. Sulla scorta di questo drammatico avvenimento, e del radicato e persistente convincimento dell'assoluta necessità di garantire la sicurezza degli edifici scolastici, il Ministero, insieme al Ministero dell'interno, al MIUR, alla Protezione civile, alle regioni, alle province e ai comuni, Pag. 9si è fatto copromotore di un'intesa sancita in sede di Conferenza unificata il 28 gennaio 2009, con la quale vengono emanati gli indirizzi per prevenire e fronteggiare eventuali situazioni di rischio connesse alla vulnerabilità di elementi, anche non strutturali, degli edifici scolastici.
  Quest'intesa definisce le modalità di verifica dei circa 43.000 edifici scolastici sul territorio nazionale, e istituisce presso ogni regione e provincia autonoma dei gruppi di lavoro, presieduti da rappresentanti della stessa regione o provincia autonoma, e formati da esponenti degli enti locali, del Ministero nelle sue articolazioni periferiche, del MIUR, dell'UPI e dell'ANCI.
  L'intesa istituisce inoltre squadre tecniche composte da almeno due unità, di cui una appartenente ai provveditorati interregionali del nostro Ministero, e l'altra relativa agli ambiti territoriali, in servizio presso le province, i comuni o le regioni. Il compito di queste squadre tecniche è stato quello di effettuare dei sopralluoghi nelle istituzioni scolastiche diretti all'individuazione di situazioni di rischio connesse alla vulnerabilità di impianti ed elementi di carattere non strutturale, programmandone le attività anche sul piano temporale.
  Questi sopralluoghi sono stati condotti a livello nazionale sulla base di una scheda di rilievo delle vulnerabilità, con il vaglio della Conferenza unificata, e con il coordinamento del gruppo di lavoro regionale, assicurando la priorità agli edifici indicati dal nostro Ministero o dal MIUR, e a quelli per i quali erano già state evidenziate delle situazioni di pericolo, a seguito di segnalazioni provenienti dai dirigenti scolastici e dai responsabili del servizio di prevenzione e protezione.
  L'intesa ha previsto anche che gli esiti e le informazioni acquisite nel corso delle verifiche fossero resi disponibili a tutte le amministrazioni interessate – regioni, comuni e i Ministeri interessati – le quali avrebbero dovuto tenerne conto ai fini della programmazione dei relativi interventi.
  Inoltre, la Conferenza unificata stessa ha istituito presso la propria sede un tavolo che ha continuamente monitorato l'avanzamento delle attività di verifica.
  Sulla base delle prime risultanze, degli oltre 43.000 sopralluoghi programmati, che hanno consentito di constatare una significativa e diffusa vulnerabilità degli edifici scolastici, nonché delle istanze pervenute dai gruppi di coordinamento regionale, i due Ministeri interessati hanno attivato un'azione di raccolta di questi fabbisogni, che a inizio del 2010 ammontavano a circa 7.000 richieste. Era quindi possibile arrivare a un primo prodotto e i due Ministeri hanno assunto così l'iniziativa di comporre un primo piano stralcio di interventi, finalizzato alla rimozione immediata delle situazioni di pericolo, tenendo presente – come criteri oggettivi a cui riferirsi – la ripartizione regionale del patrimonio scolastico e della relativa popolazione scolastica.
  Il 29 aprile 2010 questo piano riceve il parere favorevole della Conferenza unificata, e in tale sede vengono apportate alcune modifiche e integrazioni. Si perviene così alla definitiva stesura, che prevede l'utilizzo di 358,422 milioni di euro, destinandoli alla realizzazione di 1.706 interventi. Il 13 maggio 2010, il CIPE – con la delibera n. 32 già citata – approva tale piano.
  Entrando nel merito dell'attuazione, a oggi, risultano stipulate 1.640 convenzioni. Ricordo che la delibera CIPE conteneva già lo schema di convenzione madre – tra ente e Ministero – nonché, ove l'ente attuatore (comune o provincia titolare dell'istituto scolastico) avesse aderito, la convenzione che consentiva al provveditorato di svolgere le funzioni di stazione appaltante, lasciando piena libertà al titolare (comune o provincia) di utilizzare o meno questa possibilità.
  Ci sono quindi, per questo primo piano stralcio, 1.640 interventi convenzionati, corrispondenti a un valore di circa 350 milioni di euro, pari al 98 per cento del totale dei fondi destinati al piano. Riporto questi dati nella tabella di pagina 23 del documento depositato.Pag. 10
  Si segnala che per raggiungere l'importo di 358 milioni di euro, al fine di evitare la loro caduta in economia, dato che eravamo alla chiusura dell'esercito finanziario 2012 – in seguito dirò quando queste risorse sono state messe a disposizione del Ministero per consentire la procedura di impegno e di assegnazione delle stesse – i residui 8 milioni di euro del piano sono stati utilizzati per approvare 34 convenzioni di uguale valore, già perfezionate e già disponibili, e rientranti nel secondo stralcio, che all'epoca era ancora privo di copertura.
  A oggi abbiamo materialmente trasferito ai soggetti beneficiari più di 102 milioni di euro per 1.102 provvedimenti adottati.
  Passo ora a illustrare le problematiche che sono state evidenziate nel corso dell'attuazione. In particolare, in merito a questo piano si porta in rilievo, in quanto ne ha condizionato significativamente la tempistica, l'ampia forbice temporale tra la data di approvazione della delibera CIPE n. 32 – 13 maggio 2010 – e la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale avvenuta il 14 settembre 2010. Questo ha inevitabilmente condizionato l'inizio delle procedure per l'istituzione dell'apposito capitolo di spesa nell'ambito del bilancio del MIT, sul quale far confluire le risorse provenienti dai Fondi FAS. Ricordo che i Fondi FAS sono messi a disposizione a seguito di un provvedimento di variazione di bilancio da parte del Ministero dell'economia e delle finanze. Dato che quest'avviamento è necessariamente subordinato alla pubblicazione della delibera di approvazione del piano, il capitolo è stato istituito solo alla fine del 2010. Per effetto di questo ritardo, in corrispondenza della chiusura dell'esercizio 2010 è stato impossibile adottare provvedimenti di spesa entro tale anno, nonostante il fatto che, dalla data di certezza degli atti abbiamo iniziato a raccogliere le convenzioni.
  I primi fondi che sono stati messi a disposizione – per consentire l'attuazione degli interventi – ammontano a una quota parte dei 358 milioni di euro. Premetto che la delibera CIPE n. 32 del 2010 conteneva l'intero piano, generando automaticamente con la sua pubblicazione forti aspettative nei confronti dei soggetti che erano elencati in questo programma, del quale si era data pubblicità. I primi fondi, per un importo complessivo di soli 161 milioni di euro, vengono resi disponibili nel dicembre del 2010. Di conseguenza, soltanto da questa data è stato possibile avviare le attività di impegno contabile, che si sono concluse nel 2011.
  Segnalo che la messa a disposizione delle risorse, a fine dell'esercizio finanziario del 2010, ha fatto sì che le risorse venissero ritirate dal MEF stesso, per poi essere rimesse a disposizione, a seguito di un'attivazione da parte del Ministero. Ciò ha impegnato circa due mesi. L'attuazione del programma ha poi subìto un ulteriore rallentamento durante l'attribuzione, in termini di competenza, dell'importo residuo di 196 milioni di euro, necessario per completare il piano. L'assegnazione di questi fondi – in termini di competenza – è intervenuta solo tra la fine di ottobre e i primi di novembre del 2012. Nelle poche settimane che mancavano alla chiusura dell'esercizio finanziario 2012 si è proceduto al relativo impegno contabile, giungendo così, alla chiusura dell'esercizio finanziario, ad assumere decreti per 893 interventi, per un importo di oltre 196 milioni di euro.
  Un'altra caratteristica è determinata dal fatto che dal gennaio 2013 queste risorse che ho ricordato sono cadute in perenzione, perché la loro assegnazione è avvenuta in termini cosiddetti «di residui contabili». Prima ancora della loro attivazione, queste risorse sono cadute in perenzione e la loro reiscrizione richiede un lungo e complesso iter. Ancora oggi queste risorse non sono materialmente disponibili, ma sappiamo che il provvedimento è in fase di completamento, e quindi è presumibile che entro l'estate vengano messe a disposizione.
  Con la loro messa a disposizione, la struttura dovrà rapidamente assumere gli impegni per tutte le risorse, consentendo poi l'avvio. Premetto che, oltre all'impegno contabile, è possibile procedere a un'assegnazione Pag. 11diretta di liquidità di risorse sulla base delle convenzioni a oggi in possesso, che consenta l'immediato trasferimento del 45 per cento dell'importo a titolo di anticipazione. Nei prossimi mesi, il Ministero sarà quindi chiamato ad adottare questi atti.
  La proposta del secondo piano stralcio di interventi, adottata dalla delibera CIPE n. 6 del 20 gennaio 2012, è stata formalizzata dal Ministero di concerto con il MIUR. L'individuazione degli interventi è stata effettuata attraverso un processo di sostanziale concertazione tra regioni e soggetti interessati, in quanto anche questa proposta di piano si è basata sulle risultanze dei sopralluoghi suddetti.
  Questo secondo piano è prioritariamente dedicato alle otto regioni meridionali, in ragione della necessità di rispettare le percentuali di utilizzo previsto per l'impiego dei fondi FAS e della maggiore vulnerabilità degli edifici rilevata.
  Originariamente la proposta conteneva 1.972 interventi, per un importo complessivo di 397,871 milioni di euro, che però è stato ridotto direttamente in sede CIPE, con le indicazioni pervenute dalle regioni, a 259 milioni, per un totale di 1.809 interventi.
  Il prospetto che troviamo a pagina 26 della documentazione consegnata riassume su scala regionale la composizione del secondo programma e mette in evidenza la rimodulazione operata sulle formali indicazioni delle regioni dai 397 ai 259 milioni di euro.
  Per quanto riguarda lo stato di attuazione di questo secondo piano stralcio, come abbiamo detto, le risorse sono state rese disponibili solo nel giugno 2013, unitamente al 45 per cento della relativa cassa corrispondente alla prima erogazione. Nell'anno corrente, come ho detto, noi dovremo procedere all'impegno e al trasferimento di queste risorse.
  A oggi delle 1.809 convenzioni, ne sono state verificate 940, per un valore di circa 130 milioni di euro, e sono in fase di controllo altre 153 convenzioni. Delle 1.809, quindi, sono già pervenute a questo Ministero più di 1.000 convenzioni.
  Riporto brevemente l'iter di erogazione delle risorse. Abbiamo visto che gli enti attuatori sottoscrivono con il MIT e con il MIUR un'apposita convenzione, che è già approvata e predisposta in forma schematica, ed è a disposizione di ogni singolo comune. Dopo la registrazione di questa convenzione da parte degli organi di controllo, viene emesso il decreto di impegno, pari al finanziamento, a favore dell'ente proprietario. La stessa convenzione prevede che il finanziamento venga erogato attraverso due rate di acconto, ognuna pari al 45 per cento dell'importo, ed una rata di saldo pari al 10 per cento.
  Come ho detto, la convenzione prevede anche la facoltà per gli enti attuatori di avvalersi delle strutture dei provveditorati, per l'espletamento di tutte le attività tecniche connesse con la realizzazione dell'intervento, dalla progettazione all'assistenza nella procedura di affidamento o di esecuzione. L'avvalimento è senz'altro una facoltà. Dalle analisi e dai confronti che noi abbiamo potuto condurre su un campione di interventi ultimati, ricompresi nella linea di finanziamento della legge n. 289 del 2002, che sono riportati nelle prime pagine del documento, è emerso infatti che la fase di progettazione e approvazione dell'intervento ha impegnato gli enti locali per oltre 400 giorni, pari al 30 per cento della durata media del finanziamento. Attraverso l'avvalimento di strutture già predisposte per queste esigenze, forse è possibile, ove richiesto, ridurre questa tempistica.
  Ho integrato il documento con delle informazioni recenti, che non mi risulta fossero riportate nella richiesta della Commissione. Il CIPE, con la delibera n. 148 del 21 dicembre 2012, sulla base di alcuni sopralluoghi e verifiche in loco, effettuati dall'UVER – l'ufficio di valutazione che opera presso il CIPE – ha deciso il definanziamento di alcuni interventi su edifici ospitanti scuole parificate o private, o non più adibiti a uso scolastico, nonché la sospensione del trasferimento delle risorse per gli interventi su edifici ospitanti scuole pubbliche, ma di proprietà privata. È opportuno richiamare e considerare questa Pag. 12delibera, anche alla luce dell'attuazione della risoluzione n. 8-00143 che riporta in parte queste caratteristiche, sulle quali, in maniera autonoma, il CIPE ha adottato una posizione. Questa sospensione è stata disposta nelle more del completamento da parte delle competenti amministrazioni dei necessari approfondimenti di carattere tecnico, relativi all'imputazione degli oneri di manutenzione straordinaria, connessi con la messa in sicurezza degli edifici, anche con riferimento a quanto eventualmente previsto nei relativi contratti di locazione vigenti tra gli enti stessi e la proprietà degli immobili. Ciò è avvenuto a seguito degli incontri che noi abbiamo avuto con il CIPE stesso e con l'UVER, che paventava danni erariali, in conseguenza della destinazione di risorse pubbliche a favore di edifici non di proprietà pubblica.
  Da qui emerge la necessità, in fase di approfondimento e di verifica, di acquisire eventualmente i contratti di locazione tra l'ente e il proprietario dell'edificio dove si svolge l'attività scolastica, per avere contezza esatta degli oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria. Aderendo a questa decisione, il Ministero ha avviato un'attività ricognitiva per il tramite dei propri provveditorati.
  Oggi, per sei degli interventi che sono elencati in questa delibera, sarà necessario disporre il definanziamento; per 33 di essi è possibile rimuovere le condizioni di sospensione dei trasferimenti, e quindi potremo darne atto e continuare; infine, per un unico intervento sono ancora in corso gli accertamenti.
  Per quanto riguarda invece gli interventi per i quali la delibera ha disposto il finanziamento, si sono evidenziati due casi nei quali l'ente ha comunicato la persistenza della necessità di finanziamento, per cui – congiuntamente con il MIUR – si darà corso a un supplemento di istruttoria.
  Un ultimo aspetto che è evidenziato nel programma della presente indagine conoscitiva, predisposto dalla Commissione, riguarda la destinazione dei 1.000 milioni di euro dell'originario Fondo infrastrutture. Il CIPE, con la delibera n. 3 del 6 marzo 2009 stabilisce, a valere sui fondi FAS, l'impiego per l'edilizia scolastica di 1.000 milioni di euro dei 5.000 milioni destinati al Fondo infrastrutture. Su tale importo il CIPE ha successivamente e direttamente adottato gli atti con i quali ha utilizzato una quota parte di questi 1.000 milioni.
  Con la delibera CIPE n. 47 del 26 giugno 2009, c’è una prima assegnazione di 226 milioni di euro per la ricostruzione e la messa in sicurezza degli edifici scolastici danneggiati dagli eventi sismici in Abruzzo. Con la delibera n. 48, sempre del 26 giugno 2009, c’è l'assegnazione diretta al comune di Parma di 8,36 milioni di euro per l'intervento nella Scuola europea di Parma. Con la delibera n. 32 del 2010 si destinano 358 milioni di euro per l'edilizia scolastica. Con la delibera n. 103 del 2011 si stanziano 400.000 euro per la Scuola europea di Varese. Dopodiché abbiamo l'ultima tranche del programma stralcio di interventi urgenti sul patrimonio scolastico – proposto dal Ministero – di 397 milioni di euro.
  Con tutta l'elencazione che ho riportato, dei 1.000 milioni di euro, risulta programmato un importo complessivo di 991,453 milioni di euro. Tuttavia, negli anni successivi alla delibera CIPE n. 3 del 2009 sono stati disposti dei consistenti tagli ai fondi FAS (ora Fondo sviluppo e coesione) e, conseguentemente, alla quota parte del Fondo infrastrutture destinato alla messa in sicurezza degli edifici scolastici.
  Infine, cito il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, che a decorrere dal 2011 ha imposto la riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie delle missioni di spesa di ciascun ministero, tra le quali è compresa anche la missione di spesa «Sviluppo e riequilibrio territoriale» del Ministero dello sviluppo economico, alla quale afferisce il FAS; e la legge n. 183 del 2011 – legge di stabilità 2012 –, che in attuazione dell'articolo 10, comma 2, del decreto-legge n. 98 del 2011 dispone la riduzione degli stanziamenti Pag. 13relativi alle spese rimodulabili dei programmi dei Ministeri, tra cui le dotazioni del Fondo sviluppo e coesione.

  PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa Maria Pia Pallavicini per la sua relazione.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  UMBERTO D'OTTAVIO. Al di là della partecipazione, vorrei rassicurare i nostri ospiti che con convinzione noi abbiamo presentato e approvato queste richieste di audizioni in sede di indagine conoscitiva. Questa è la seconda audizione, e per quanto mi riguarda ho avuto una conferma ulteriore dell'importanza del lavoro che stiamo facendo. Per questa ragione, vorrei ringraziarvi per l'importante relazione scritta che ci avete consegnato, e anche per la sua lettura di questo lavoro.
  Mi sento di fare due considerazioni e una domanda. La prima considerazione è che questo documento rappresenta un'operazione di verità, e voi avete fatto bene a dire le cose come stanno, anche se ciò significa ammettere che le cose non stanno bene. Mi riferisco alla lentezza delle procedure, alle difficoltà che avete affrontato, e anche ai problemi di coordinamento con i vostri colleghi degli altri ministeri. Personalmente, da assessore della provincia di Torino, ho vissuto in modo particolare la vicenda del secondo stralcio: ci siamo sentiti più volte, per telefono, con l'ingegner Colucci.
  Dire che ci sono delle risorse, sapendo che quei soldi è meglio non spenderli, perché in realtà non ci sono, non è una bella comunicazione di fronte a una emergenza. La considerazione che faccio è che nella vostra relazione – che fa il paio con quella dei vostri colleghi del MIUR – quando si parla di edilizia scolastica, le date indicate sono scandite da tragedie. Questo non va affatto bene: ne dovrebbe bastare una per dichiarare – come è stato dichiarato – l'edilizia scolastica una priorità nazionale, e non deve ripetersi un'altra tragedia per capire che forse alcune cose potevano essere fatte prima o meglio.
  Io vi ringrazio per l'operazione di verità. Il bilancio di questi anni, di cui lei ha parlato nella sua relazione, è negativo. Rimane il fatto che l'edilizia scolastica è una priorità nazionale. Purtroppo permangono situazioni difficili, continuano a cadere soffitti, e non ci sono periodi nei quali non capita niente. Fortunatamente, non tutte le situazioni sfociano in tragedie che richiamano l'attenzione dei media.
  Il dato vero è che la situazione si è fatta ormai incresciosa e pericolosa, da quando dal 2009, proprio in seguito alla vicenda del liceo Darwin di Rivoli del novembre 2008, il Parlamento non se la sentì di prorogare ulteriormente la scadenza per la messa in sicurezza degli edifici scolastici. Vorrei far presente che fino al 2010, nonostante le normative per la sicurezza fossero chiare, in occasione della fine dell'anno il Parlamento inseriva una norma con cui prorogava di un ulteriore anno la scadenza per la messa in sicurezza. Di fatto, quindi, non avvenivano controlli, o comunque gli enti locali – i proprietari degli immobili – e i dirigenti responsabili se la cavavano.
  Oggi tutto questo non è più possibile: come abbiamo ricordato nella scorsa seduta, ormai abbiamo dirigenti degli uffici tecnici e dirigenti scolastici che sono continuamente sottoposti a procedimenti giudiziari, che, come sapete, sono anche penali, e non solo amministrativi. Da questo punto di vista, prima prendiamo in considerazione la possibilità di cambiare rotta, meglio è.
  Mi sembra evidente che le procedure siano troppo pesanti. Da un lato non si è in grado di fare i controlli che servono; dall'altro probabilmente la cosa migliore sarebbe dare i soldi ai proprietari, affinché realizzino l'intervento. Infatti, abbiamo visto che la complessità delle procedure rende questi interventi complicati.
  Faccio un'ulteriore considerazione. L'intesa del 2009, che ha obbligato la verifica di tutti i 43.000 edifici scolastici, aveva anche la necessità di fare una specie di graduatoria rispetto agli edifici. Molte regioni l'hanno stabilita, in ordine ad una serie di questioni, dalla sismicità fino agli Pag. 14impianti. Io sono convinto che non siano più necessari finanziamenti a pioggia, e che non si possa stabilire dal centro qual è la scuola che deve ricevere il contributo. Bisogna responsabilizzare gli enti locali, e in modo particolare le regioni, perché è giusto che la graduatoria venga fatta a quel livello.
  Concludo con una domanda. All'ultima pagina della sua relazione è citata la legge di stabilità 2012, che ha introdotto modifiche che incidono in questo settore, di cui abbiamo parlato anche in occasione dell'incontro con i colleghi del MIUR. La creazione del Fondo unico per l'edilizia scolastica – di cui all'articolo 11, comma 4-sexies, del decreto-legge n. 179 del 2012 – presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca cambierà le vostre responsabilità ? In altre parole, il fatto che i finanziamenti destinati all'edilizia scolastica trovino conferimento nel pertinente capitolo del Ministero dell'istruzione cambierà le vostra responsabilità, oppure non cambierà nulla nel vostro lavoro ? Il fatto che i fondi vengano assegnati serve per ridurre le procedure burocratiche oppure le procedure burocratiche rimangono le stesse ?
  Mi limito a questa domanda, ma vi pregherei di tenere conto delle considerazioni che ho espresso.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola agli altri colleghi, devo dire che questi dati mi hanno sconcertato, anche per la diversità dell'uso che le regioni hanno fatto di questi fondi.
  Do ora la parola agli altri deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  TAMARA BLAZINA. Io condivido pienamente l'esposizione del collega D'Ottavio. Aggiungo solo una breve considerazione.
  Sia la relazione di oggi che la precedente relazione del MIUR ci pongono una serie di domande, perché ci hanno reso partecipi della constatazione che si tratta di una materia molto complessa, e soprattutto che in questi anni c’è stata una stratificazione di competenze, momenti di decisione, piani e programmi.
  Mi sembra che manchi un quadro d'insieme della situazione dell'edilizia scolastica in questo nostro Paese. Quanti sono gli edifici che non sono adeguati alle norme di sicurezza ? Quali sono gli edifici che, rispetto al tema dell'innovazione e dell'ammodernamento, ci pongono allo stesso livello degli altri Paesi europei ?
  Penso che l'indagine conoscitiva che stiamo svolgendo dovrebbe servire anche a questo, per avere un'idea chiara della situazione e di che cosa avremmo bisogno. Mi pare di capire che in questo momento non abbiamo bisogno di ulteriori fondi, se non si riescono almeno a concludere i piani datati.
  Mi sembra anche di poter dire che forse avremmo bisogno di qualche intervento legislativo, soprattutto nella direzione di maggiore semplificazione e coordinamento delle competenze. Altrimenti, mi sembra che si sprechino tempo e risorse, per poi correre dietro ai disagi che ci vengono continuamente mostrati.
  Ho anche una domanda. Avete una vigilanza su cosa succede dopo la firma delle convenzioni ? Mi risulta che le convenzioni firmate nel 2010 non abbiano avuto attuazione da parte degli enti preposti. Faccio un esempio banale, ma che è sintomatico di quello che io definirei un disastro. Una scuola del comune di San Pietro al Natisone, nella provincia di Udine, ha ottenuto il finanziamento nel 2010. Oggi siamo a metà del 2013, e non sono ancora partiti i lavori. Nel frattempo c’è stato un aumento esponenziale delle iscrizioni a questa scuola, che è l'unica scuola con insegnamento bilingue – sloveno e italiano – nella Regione Friuli-Venezia Giulia e in Italia, con tutta una serie di specificità. Oggi, quando dovrebbe partire il bando per l'assegnazione dei lavori, ci si accorge che la scuola, così come è stata progettata, non sarà assolutamente in grado gli accogliere tutte le sezioni e tutti i gradi di insegnamento.
  A questo punto mi chiedo innanzitutto se c’è un controllo rispetto all'attuazione dei programmi, anche da parte degli enti Pag. 15preposti. In secondo luogo, mi chiedo se c’è la possibilità di cambiare le destinazioni. Nel caso citato c’è un problema particolare: c’è una scuola vuota che, con un piccolo riadattamento, potrebbe essere utilizzata. Vorrei dunque sapere se, quando le convenzioni sono già poste in essere, c’è la possibilità di un cambio di destinazione dei fondi.

  PRESIDENTE. Mi domando cosa avrebbe detto il collega Buonanno, che ora non è presente, se avesse visto la tabella di pagina 5, che descrive la ripartizione delle risorse per regione del primo programma stralcio, in cui c’è scritto: Sicilia 32 milioni di euro, Campania 35 milioni, Calabria 35 milioni, Lombardia 853.000 euro ! Essendo assente lui, lo sostituisco per un attimo. Mi dicono che c’è una ragione, ma bisognerebbe spiegarla.

  MANUELA GHIZZONI. Buongiorno e grazie ai nostri ospiti, anche per la quantità di dati che ci hanno voluto fornire, che in questi anni, da questi stessi banchi e in altre occasioni, il Partito Democratico aveva chiesto. A nostro parere, senza la conoscenza di questi dati non si possono governare i fenomeni.
  Dopo aver ascoltato l'illustrazione di questa relazione – la leggerò in seguito con più attenzione – mi pare già di poter dire che questi dati avvalorano un'opinione – che in realtà è più che un'opinione – secondo cui a oggi nell'edilizia scolastica, un settore molto sensibile che raccoglie materialmente il futuro del nostro Paese, bisogna intervenire con ordinarietà, programmazione e continuità, e non con valanghe occasionali di risorse, che poi non si riescono a gestire. Io ho questa impressione. Naturalmente lo dico con il massimo rispetto del lavoro che voi avete svolto nel dipanare matasse complicate. Temo che, numeri alla mano, questi piani straordinari di interventi non abbiano raggiunto gli obiettivi perseguiti.
  C’è stato l'intervento sull'antisismica, che giustifica il fatto che – come mostrato nella prima tabella – sono state privilegiate alcune regioni e non altre. Dopo molti anni abbiamo capito sulla nostra pelle che l'Emilia-Romagna e la cosiddetta Padania non costituiscono un tappeto elastico, ma possono anch'esse essere luogo di danni eccezionali.
  Al di là di questo, forse sbaglio a chiederlo a voi, che siete stati attuatori di processi, però sento il bisogno di avere un parere, anche da parte vostra, sulla seguente questione: non conviene abbandonare questi metodi fortemente centralizzati, che per essere attuati hanno impiegato anni ? In alcuni casi sono dovute intervenire più norme a chiarire quelle precedenti.
  Mi chiedo se, conclusi questi processi che dobbiamo arrivare a chiudere, non convenga, anziché centralizzare come è stato fatto negli ultimi anni, finanziare leggi ordinarie, come la legge n. 23 del 1996, la cosiddetta «legge Masini», che a suo tempo aveva dato buoni risultati, perché aiutava la programmazione. Sicuramente ha dato migliori risultati in certe aree più che in altre, ma in questo caso si potrebbe intervenire con provvedimenti sanzionatori per chi non utilizza le risorse messe a disposizione dalla legge.
  Come ci hanno ricordato i vostri omologhi del Ministero dell'istruzione, e come ha affermato il CIPE, l'ultimo rifinanziamento della legge Masini, cofinanziato da Regioni ed enti locali, previsto dalla legge finanziaria 2007, ha portato un impegno dello Stato di 250 milioni di euro sul triennio 2007-2009, ma ha movimentato 900 milioni di euro.
  È anche vero – e su questo credo di incontrare l'opinione di tutti i colleghi – che se non liberiamo i soggetti proprietari – soprattutto province e comuni – dai vincoli del Patto di stabilità, questi si troveranno nella difficoltà di non poter spendere queste risorse.
  Noi ci stiamo avvicinando ad alcuni problemi, anche ai fini della redazione di una relazione a conclusione di quest'indagine conoscitiva. Mi piacerebbe sentire la vostra opinione, alla luce della vostra esperienza, su come tornare a un'ordinarietà di finanziamenti, che consenta una programmazione pacata di interventi, che Pag. 16siano per l'antisismica, per la sicurezza in generale o contro le barriere architettoniche. Infatti, dobbiamo ancora risolvere questi problemi nell'edilizia scolastica.
  Ho apprezzato, in particolar modo, la vostra segnalazione dei problemi incontrati nell'attuazione dei singoli piani straordinari. Mi piacerebbe avere una vostra opinione più generale sul tema dell'edilizia scolastica, tema per noi di rilevante importanza.

  MARIA GRAZIA ROCCHI. Anch'io ringrazio i rappresentanti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la relazione molto dettagliata. Non nego che avrò bisogno di metabolizzarla per poter estrarre i dati più significativi.
  Concordo con quanto diceva l'onorevole Ghizzoni rispetto all'esigenza di modificare gli approcci relativi all'edilizia scolastica.
  Mentre parlavate, facevo una riflessione. Questa mattina, congiuntamente alla Commissione trasporti, abbiamo ascoltato in audizione rappresentanti dell'AGCOM, che ci dicevano quanto sia importante l'educazione dei nostri giovani. Mi domando, anche da dirigente scolastico – quale sono stata – come si faccia a veicolare un sufficiente grado di educazione alla legalità in certe strutture, quando noi per primi diamo l'idea dell'impossibilità di garantire un sistema di legalità. Su questa riflessione dovremmo uniformare tutto il nostro agire, noi come legislatori e gli altri come amministratori.
  Dalla relazione del MIUR, così come dalla vostra, emergono delle criticità, che forse sentiremo anche dalle relazioni dei rappresentanti degli enti locali. Innanzitutto c’è un approccio eccessivamente emergenziale al problema dell'edilizia scolastica: ci si muove sotto l'onda dei fatti che determinano tragedie. Questo è un approccio che ovviamente va modificato. Legati all'emergenza, diamo delle risposte in chiave emergenziale e mai in chiave strutturale. Questo non ci porta ad affrontare le criticità sottostanti, che ci impediscono di rispondere all'emergenza, oltre che all'ordinarietà.
  Voi avete rilevato molto bene le criticità e penso che nel vostro ruolo siate anche un po’ vittime di situazioni che non consentono il fluire regolare delle risorse, lì dove dovrebbero arrivare.
  A mio avviso, l'emergenzialità è la prima causa dell'impossibilità di portare a compimento, in maniera ordinata e ordinaria, gli interventi sull'edilizia scolastica. Un altro elemento è l'eccesso di normative che riguardano l'appalto. Oggi, dal momento in cui si realizza il piano attuativo, al momento in cui si può dare il via ai lavori, la macchina dell'appalto blocca qualsiasi possibilità di accedere celermente al finanziamento.
  È ovvio che, quando si porta a compimento, l'intervento molto spesso è tardivo e non più in linea con i fabbisogni di quel territorio, di quella realtà scolastica e di quella messa in sicurezza, perché le situazioni sono cambiate.
  C’è bisogno di un nuovo radicale approccio di semplificazione e decentramento dell'iniziativa, e soprattutto di un serio monitoraggio degli interventi. Non si può avere un monitoraggio solo quando la VII Commissione decide di realizzare un'indagine conoscitiva. Penso che, in tanti anni, questo sia uno dei primi monitoraggi completi ed esaustivi che riusciamo a ottenere rispetto al livello di attuazione degli interventi, e di ciò vi ringrazio ancora. Questo è un elemento che ci preoccupa: un progetto ha bisogno sempre e comunque di monitoraggi, in itinere e in fase di complemento delle iniziative.

  PRESIDENTE. Prima di lasciare la presidenza alla collega Ghizzoni, intendo ringraziare i nostri ospiti per la loro partecipazione all'audizione odierna e per la documentazione che ci hanno fornito.

  GIUSEPPE BRESCIA. Ringrazio anch'io per l'apporto che ci avete dato. Noi del Movimento 5 Stelle, ovviamente, ci prendiamo l'impegno di studiare i dati che abbiamo ricevuto, perché abbiamo l'intenzione di contribuire alla realizzazione di tutti gli atti necessari per risolvere questo problema, che è strutturale.Pag. 17
  Condividiamo la posizione espressa dai colleghi del Partito Democratico: ad un problema di questo tipo non possono essere fornite delle soluzioni di tipo emergenziale; va fatta una programmazione seria e vanno studiate le misure in maniera strutturale.
  Con la massima umiltà, vogliamo dire che noi, non avendo esperienza come dirigenti delle scuole, ci approcciamo a questo tema con la massima umiltà e con spirito di collaborazione, anche per la realizzazione della relazione conclusiva.
  Insieme a tutti i deputati del mio Gruppo che lo vorranno, io mi propongo di partecipare personalmente allo studio e alla realizzazione di questa relazione, per trovare le soluzioni migliori. Credo che, mai come in quest'occasione, la tematica sia di interesse trasversale e non possa avere bandiere. L'unico nostro obiettivo deve essere quello di trovare le soluzioni migliori per la risoluzione di questo problema.
  Concludo, ribadendo che siamo pienamente disponibili a collaborare.

  GIANNA MALISANI. Sarò molto veloce, perché condivido gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto. Io purtroppo sono sempre molto pragmatica, e diretta nell'esposizione. Anch'io studierò la relazione che ci avete distribuito, che in effetti è molto ricca di dati, anche rispetto alle osservazioni del presidente della Commissione, con riferimento alla ripartizione delle risorse nel corso degli anni.
  Rimango impressionata dalla disparità tra i fondi messi a disposizione in questi anni, la farraginosità delle procedure, e i ritorni effettivi sul territorio. Anch'io – come altri colleghi – provengo da un assessorato ai lavori pubblici e, quindi, vedo cosa arriva concretamente sul territorio.
  Vi chiedo se, oltre ai dati riguardanti i finanziamenti, anche alla luce dell'esperienza delle famose squadre tecniche che sono state sui territori, sarebbe possibile avere concretamente una fotografia della situazione italiana. Io ritengo che come Ministero dobbiate averla a disposizione, altrimenti è difficile capire le differenze tra regione e regione.
  Io provengo da un piccolo comune e quando sono arrivate le squadre tecniche, queste mi hanno chiesto i dati rispetto ai nostri edifici scolastici. Arrivo da una regione, il Friuli-Venezia Giulia, dove c’è stato un fortissimo terremoto, e quindi abbiamo esperienza sull'antisismica. Tutto sommato, i nostri edifici scolastici – vecchi e nuovi – non stanno così male.
  Io vorrei avere un quadro, anche rispetto alla distribuzione territoriale nelle varie regioni, di come stanno gli edifici scolastici in questo Paese. Sono molto felice che questa indagine conoscitiva sia stata messa in piedi, ma, oltre al dato finanziario, credo che sia importante capire dove stiamo intervenendo e su cosa. Io vorrei capire quanti edifici scolastici risalgono agli anni 1950 o 1960. Forse alcuni macrodati li abbiamo.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MANUELA GHIZZONI

  PRESIDENTE. Loro non hanno questi dati, ma l'anagrafe scolastica li ha.

  GIANNA MALISANI. Siccome il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti distribuisce i fondi, e dovrebbe avere anche un controllo sulle situazioni su cui interviene, a me interesserebbe avere, se è possibile, in base ai dati tecnici che avete, una fotografia di questo Paese dal punto di vista scolastico. Francamente non la posseggo ancora.

  LUISA BOSSA. Grazie per la relazione molto precisa. In questo contesto vorrei ricordare – mi spiace che il presidente sia andato via, e ce lo diciamo tra di noi – che la disposizione di cui all'articolo 80, comma 21, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003) nacque a seguito del terremoto di San Giuliano di Puglia. Ciò vuol dire che è una disposizione legislativa a uso sismico, cioè volta a rispondere a un problema di sicurezza dei territori e delle scuole, basti considerare la Pag. 18tabella della nota depositata e la posizione in cui si trova il Friuli-Venezia Giulia: mi pare che il Friuli non sia nè in Campania nè in Sicilia come regione. Bisogna essere attenti. Io credo che la distribuzione delle risorse sia avvenuta soprattutto in base ai problemi di sismicità e di sicurezza.

  MARIA PIA PALLAVICINI, Direttore generale della direzione generale per l'edilizia statale e gli interventi speciali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Solo ed esclusivamente.

  LUISA BOSSA. Solo ed esclusivamente. Mi ha risposto, e la ringrazio molto per questo.

  LUIGI GALLO. Guardavo le tabelle che sono riportate nella relazione depositata e mi sono accorto che in quasi tutte le tabelle la Campania e la Toscana risultano essere le regioni che hanno avuto più difficoltà a utilizzare tutti i fondi e ad assegnare l'esecuzione dei lavori con gare d'appalto. Mi chiedo se il Ministero sia riuscito a capire di chi sono le responsabilità e quali sono i motivi di questi ritardi e, se in pratica, c’è la possibilità d'intervenire rispetto a essi.
  Poiché quando si interviene nell'edilizia scolastica si approvano dei progetti generali dove – come abbiamo ascoltato nell'audizione scorsa – sono utilizzati anche i fondi europei per l'efficientamento energetico, si tratta di progetti che non intervengono solo sulla sicurezza, ma in forma globale. Com’è possibile riuscire a portare le best practice di alcune regioni o di alcuni comuni come esempio per tutti ? Non possiamo avere una disparità così forte anche in termini di attuazione nelle varie regioni, per cui alcune regioni devono accontentarsi delle imprese edili che hanno, con la possibilità di interventi magari meno qualificati rispetto ad altre.
  Mi chiedo anche se non ci siano delle problematiche rispetto alla questione delle gare d'appalto. Esiste un sistema farraginoso, magari anche garantista sotto alcuni punti di vista, che però rischia di essere facilmente eluso, attraverso la prassi del subappalto, scaricando le vere responsabilità ad altri soggetti.
  Infine, sulla questione del controllo dell'esecuzione dei lavori, sono d'accordo con chi mi ha preceduto: bisogna territorializzare gli interventi, in modo che ci sia un controllo diretto. Secondo me, e il Movimento 5 Stelle che adotta questa politica, questo controllo non dovrebbe essere svolto solo dagli enti locali. Dobbiamo rendere parte attiva anche i cittadini, le organizzazioni e le associazioni dei territori, che sono interessati in prima istanza, perché sono questioni che riguardano la vita quotidiana. Ci sono le associazioni studentesche, le famiglie interessate e diversi soggetti che potrebbero vigilare affinché i procedimenti si svolgano correttamente. Forse, bisogna integrare nel sistema anche la capacità di vigilanza delle organizzazioni informali, oltre a quella degli enti locali: bisogna dare un vero potere decisionale, di controllo e di vigilanza a queste organizzazioni e alla società civile in genere.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  MARIA PIA PALLAVICINI, Direttore generale della direzione generale per l'edilizia statale e gli interventi speciali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Io vorrei fare solo una riflessione che trae spunto dai vari interventi, sperando di essere abbastanza esaustiva.
  Noi siamo un organo squisitamente tecnico, e quindi a servizio delle amministrazioni che richiedono il nostro intervento. Di conseguenza, la scelta di dove e come intervenire nel modello scolastico compete al MIUR, così come altre amministrazioni – Ministero della giustizia e Ministero dell'interno – decidono come realizzare gli istituti penitenziari o le caserme. In seguito a questa scelta, noi interveniamo.
  Senz'altro questi programmi che ci vedono impegnati traggono origine da eventi straordinari, e come tali sono stati pensati e impostati. Ci si augura tutti che, superata Pag. 19l'emergenza, si entri in un regime di ordinarietà, dove le competenze siano già chiaramente individuate: la programmazione alle regioni e la titolarità degli interventi agli enti proprietari ossia comuni e province.
  L'esigenza d'intervento da parte dello Stato è determinata dall'eccezionalità e dall'elemento sicurezza che è stato evidenziato. Lo Stato si è dunque fatto carico di questa carenza, che negli anni è aumentata ed è stata riscontrata diffusamente a livello nazionale.
  La differenza tra i due programmi risiede anche nel fatto che le risorse che sono in corso di spesa con i fondi FAS hanno una maggiore fluidità. Noi abbiamo un rapporto diretto con i titolari – comuni e province – e, quindi, a volte il problema pratico dell'intervento o dell'affiancamento nella scelta delle modalità in cui procedere vengono direttamente risolti e superati. Questo ha facilitato.
  Tuttavia, c’è la tempistica delle risorse. Questo caso è emblematico. È a partire dalla delibera del CIPE n. 32 del 2010, che individua e indica direttamente la scuola, il comune e l'importo, che l'ente si sente titolare di quella risorsa, ma – al di là delle procedure messe in piedi – noi siamo nell'impossibilità di consentirgli di avviare l'intervento. Tutt'al più, a monte, nel momento in cui viene individuato l'intervento, si potrebbe consentire una certa flessibilità nell'intervento stesso.
  Noi abbiamo visto che, dal momento in cui l'intervento entra in un programma al momento in cui le risorse vengono messe a disposizione, è probabile che le esigenze si modifichino. Più di un soggetto si è fatto avanti dicendo che in precedenza aveva problemi di sicurezza, reale e certificata, e non poteva intervenire, mentre, dopo due anni, quando ha ricevuto le risorse per l'intervento, il problema si è aggravato, rendendo più economico abbattere e ricostruire, e ci ha chiesto se poteva utilizzare le risorse a questo scopo.
  Noi, da organo tecnico, siamo blindati, mentre, se i provvedimenti originari consentissero – a seguito di un monitoraggio, di una verifica e di un controllo – di avere questa flessibilità, forse la risposta potrebbe essere più immediata. Anche per quanto riguarda la natura dei fondi, non si tratterebbe più di mutui, che la disposizione della legge n. 289 del 2002 impone, e quindi il sovrapporsi di atti, ma di un trasferimento diretto sul conto corrente del comune. Noi abbiamo l'IBAN del comune: non posso immaginare una formula più diretta.
  Certamente, se le risorse ci vengono assegnate in termini di residui, e abbiamo due mesi per impegnarle contabilmente, queste cadono in perenzione, e noi ci dobbiamo inventare qualsiasi cosa per recuperarle e riassegnarle. Nel frattempo, l'esigenza reale di sicurezza permane. Tutto questo viene letto come una forte disfunzione, soprattutto dell'apparato centrale.
  C’è inoltre bisogno di una certezza della comunicazione. Mi riferisco sempre al programma da 358 milioni di euro, di cui alla delibera CIPE n. 32 del 13 maggio 2010. Se fosse stata data, fin da quel momento, la comunicazione della tempistica delle risorse, gli stessi soggetti forse si sarebbero organizzati e avrebbero previsto gli interventi, anche conciliandoli con l'attività didattica, che è fondamentale.
  Questo è ciò che posso riportare come esperienza diretta. Ho sentito più volte richiamare l'aspetto della centralità. La centralità riguarda le risorse, ma l'esigenza e la programmazione passano sempre dalle regioni e dall'ente proprietario – comune o provincia – che segnala alla regione la carenza. I gruppi tecnici erano gestiti e coordinati dalle regioni. Sia i provveditorati sia il Ministero erano a servizio di quest'attività di verifica.
  Vengo ora all'osservazione dell'onorevole D'Ottavio sul Fondo unico per l'edilizia scolastica. Dove vengono collocate le risorse importa poco; l'importante è come vengono spese e come vengono destinate. Certamente è bene non dimenticare il lavoro fatto e la ricchezza dell'esperienza sul campo, e non sovrapporre fonti diverse da quelle a oggi utilizzate, creando dei parallelismi. Quindi ben venga il Fondo unico, che – secondo noi – dalla legge Pag. 20n. 289 del 2002 già esisteva: c’è già il capitolo di spesa presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Se si vuole mettere le risorse presso il MIUR, questo non attiene certamente a una nostra scelta tecnica. Sicuramente, la capacità del Ministero deve essere tenuta in considerazione nel momento in cui si interviene.
  Vorrei fare una premessa sulle informazioni: noi semestralmente inviamo al CIPE una documentazione, anche più dettagliata. Questa è solo una minima parte degli elementi che noi semestralmente predisponiamo – in congiunzione con il MIUR – e che inviamo al CIPE. Quindi gli elementi sono, da sempre, a disposizione.

  ANGELO COLUCCI, Funzionario della direzione generale per l'edilizia statale e gli interventi speciali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Si chiedevano chiarimenti su come fossero state generate quelle ripartizioni, per altro tutte concordate in sede di Conferenza unificata.
  Quelle ripartizioni, che afferiscono alla legge n. 289 del 2002, come è stato detto in qualche intervento, si riferivano al tentativo di ridurre la vulnerabilità di alcuni edifici rispetto al rischio di crollo da sisma. Come tali, erano destinate alle aree più vulnerabili da questo punto di vista. Entrando nel dettaglio numerico, queste ripartizioni erano legate «all'accelerazione al suolo» sismica dei comuni che ospitavano le scuole e all'estensione dell'area delle scuole stesse.
  A suo tempo, assieme al MIUR e alla Protezione civile, e con il conforto della Conferenza unificata, furono verificate, comune per comune, numerosità ed estensione dei singoli edifici che ospitavano le scuole, correlate alla pericolosità sismica, misurata attraverso l'accelerazione al suolo. Tali dati a suo tempo erano disponibili. Questi sono i risultati complessivi. Ora, non ricordo se si è tenuta una copia in dettaglio, perché i dati riguardanti 43.000 edifici occupano un certo spazio.
  Questo è il processo scientifico che ha portato a queste ripartizioni, ovviamente corrette da una serie di dati provenienti dalle regioni. Ricordo abbastanza dettagliatamente che c'era una proposta della regione Campania che faceva riferimento a stime di vulnerabilità degli edifici legati alla tipologia di costruzione, nonché all'anno di costruzione e alle norme all'epoca esistenti. Sono questi dati, che peraltro dovrebbero essere presenti – almeno in parte – negli atti della Conferenza unificata, che hanno generato queste tabelle, che ora sono più che altro storiche, perché si riferiscono a una programmazione passata.
  Questo rende ragione del fatto che aree a bassa pericolosità sismica abbiano a disposizione una quantità di risorse tendenzialmente inferiore. Ciò posto, però, c’è anche da evidenziare che, come è stato già detto, l'elenco degli interventi è stato individuato dalle regioni, e non centralmente dallo Stato, ovviamente sulla base di indirizzi e criteri condivisi. I criteri sono quelli che ho appena richiamato, ai quali si aggiunge la vetustà dell'edificio, collegata al fatto che le norme tecniche, nel tempo, hanno subìto una loro evoluzione e, quindi, sono diventate di volta in volta sempre più stringenti e garanti di una maggiore sicurezza. È stata inoltre considerata la tipologia strutturale, perché alcune tipologie sono più vulnerabili rispetto ad altre. Ulteriori criteri sono la numerosità, la grandezza, l'esposizione al rischio, in termini di popolazione scolastica interessata.
  Questi dati sono stati valutati dall'ente che li doveva possedere, cioè le regioni stesse, che erano e sono titolari della funzione di programmazione.
  In merito ai tempi di esecuzione, che sono stati richiamati in questi interventi relativi alla predetta legge n. 289 – ma si potrebbe fare lo stesso discorso a proposito dell'altro programma –, anche noi ci siamo posti il problema di valutare l'efficacia del nostro intervento, e abbiamo fatto alcune indagini statistiche, sulla base dei circa 6.000 interventi che abbiamo trattato. Ne è risultato un dato abbastanza significativo: oltre il 30 per cento del tempo è stato impegnato dalle attività di competenza esclusiva degli enti locali, che sono segnatamente la progettazione e l'appalto; Pag. 21circa un altro terzo è invece legato all'acquisizione dei finanziamenti, cioè a rendere concretamente disponibile la fonte finanziaria necessaria a realizzare gli interventi; infine, solo il terzo residuo è stato impegnato dalla parte burocratica complessiva, che comprende lo scambio di documenti e la stipula dei contratti fra le varie amministrazioni (che si chiami disciplinare o convenzione poco importa), dall'esecuzione dei lavori e dalla parte conclusiva (collaudo, approvazione degli atti finali e liquidazione complessiva).
  Questo è un dato che va tenuto presente in una logica di semplificazione. Torno a ripetere che i due terzi del tempo sono destinati ad attività collaterali alla realizzazione dell'opera, non necessariamente legate all'attività centrale. È quindi un problema diffuso su tutte le amministrazioni. Sono stato chiamato in causa direttamente dall'onorevole D'Ottavio: credo di ricordare che queste cose siano state ampiamente raccontate quando ci siamo sentiti.
  Mi si chiedeva dei ritardi in Campania e in Toscana, se ricordo bene. Noi seguiamo alcuni interventi, ovviamente per fasi standardizzate, e cerchiamo di risolvere – man mano che si presentano – le principali problematiche. Campania e Toscana, in misura maggiore di altri, hanno segnalato una grossa difficoltà – in capo soprattutto agli enti locali – nel predisporre una progettazione che fosse coerente con le finalità del programma.
  Le regioni non hanno approvato la progettazione che gli enti producevano, perché i progetti non rispettavano i requisiti, cioè non raggiungevano gli obiettivi che il programma aveva. Questi programmi, a differenza di quelli precedenti che abbiamo visto, sono programmi di opere, e hanno un obiettivo specifico da raggiungere. La progettazione, che parte dopo la programmazione, ha l'obbligo – in qualche misura – di raggiungere l'obiettivo preassegnato. Questa caratteristica, per motivi di volta in volta diversi, ma complessivamente analoghi, è stata raggiunta con grossa difficoltà in Toscana e in Campania. Devo dire che è un problema abbastanza diffuso, ma in percentuale è superiore in queste due regioni.
  La regione Campania ha avuto un'altra tipologia di problema, legata a difficoltà interne alla regione stessa, perché per un certo periodo di tempo non aveva una commissione operante che valutasse i progetti. Se ricordo bene, per circa un anno, non c’è stata un'istruttoria da parte della regione stessa. La risposta su questo punto è sufficiente ?

  LUIGI GALLO. Mi pare di aver capito dalla risposta che, siccome realizzavano progetti che non raggiungevano gli obiettivi, o mancava personale tecnico adeguato...

  ANGELO COLUCCI, Funzionario della direzione generale per l'edilizia statale e gli interventi speciali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Su questo si possono fare varie congetture. Una è sicuramente quella raccontata, ma è abbastanza difficile che abbia queste dimensioni statistiche. L'altra può essere invece individuata nella distanza fra la dotazione finanziaria del singolo intervento e l'obiettivo concreto dell'intervento stesso.

  OLETTA TEDALDI, Dirigente presso la direzione generale per l'edilizia statale e gli interventi speciali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. È chiaro che da questo emerge che bisogna rivedere tutto. Alcuni passaggi sono molto importanti.
  È evidente che quello che è stato detto della fase progettuale, ossia che porta via tantissimo tempo, è superabile solamente se la scelta degli interventi si opera laddove è già presente una fase progettuale, se non altro quella fase che normalmente si definisce «preliminare», e che ci permette in tempi abbastanza rapidi – credo in un anno – di arrivare ad una programmazione dell'opera pubblica.
  Dobbiamo sempre ricordarci che parliamo di opere pubbliche e, quindi, c’è un codice le cui norme dobbiamo rispettare, mentre molto spesso, purtroppo, il fatto di dover intervenire su situazioni emergenziali Pag. 22ci porta a individuare il comune, l'esigenza e le risorse, dovendo costruire il progetto sulle risorse. Questo si inserisce nel discorso fatto dal collega: molto spesso le risorse sono inadeguate. Quando non si riesce a raggiungere un obiettivo, ciò non avviene a causa di un'incapacità professionale, ma avviene perché mettere in sicurezza un edificio, arrivando a superare un rischio di indice sismico del 6,50 non è molto semplice con le risorse che questi programmi hanno posto in essere. Come abbiamo evidenziato, molto spesso solo con forme di cofinanziamento o partenariato si riesce a realizzare un intervento.
  Sicuramente, il fatto di partire da progetti che ci sono già ci potrebbe aiutare, riducendo i tempi, e dandoci anche la sicurezza che effettivamente stiamo finanziando interventi necessari.
  Questo s'inserisce all'interno di una programmazione a medio termine di un'attività di messa in sicurezza degli edifici e, quindi, di una conoscenza vasta della situazione, che passa chiaramente per un'anagrafe, che abbiamo e che deve essere aggiornata e mantenuta, per essere a disposizione in qualsiasi momento ci sia l'esigenza di partire con una programmazione.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti per la partecipazione all'audizione odierna.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dai rappresentanti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (vedi allegato).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.

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