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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (VIII Camera e 8a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Martedì 20 settembre 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Realacci Ermete , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLO STATO DI ATTUAZIONE E SULLE IPOTESI DI MODIFICA DELLA NUOVA DISCIPLINA SUI CONTRATTI PUBBLICI

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI).
Realacci Ermete , Presidente ... 2 ,
Rabaiotti Gabriele , assessore ai lavori pubblici del comune di Milano ... 2 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 6 ,
Mariani Raffaella (PD)  ... 6 ,
Esposito Stefano  ... 7 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 8 ,
Dota Stefania , vice segretaria generale dell'ANCI ... 8 ,
Rabaiotti Gabriele , assessore ai lavori pubblici del comune di Milano ... 9 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 10 ,
Mariani Raffaella (PD)  ... 10 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 11 ,
Dota Stefania , vice segretaria generale dell'ANCI ... 11 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 11

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-Movimento PPA-Moderati: Misto-M.PPA-Mod.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA VIII COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
ERMETE REALACCI

  La seduta comincia alle 10.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sullo stato di attuazione e sulle ipotesi di modifica della nuova disciplina sui contratti pubblici, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI).
  L'indagine conoscitiva è svolta congiuntamente dalle Commissioni competenti della Camera e del Senato: saluto quindi il presidente Matteoli e i colleghi Mariani ed Esposito, relatori del disegno di legge delega di riordino complessivo della disciplina vigente in materia di contratti pubblici, approvato dai due rami del Parlamento, nonché del relativo schema di decreto legislativo sottoposto al parere parlamentare. Ieri abbiamo svolto una lunga serie di audizioni e sul tema abbiamo già audito sia il presidente Cantone che il ministro Delrio. Lo scopo di questa indagine conoscitiva è accompagnare l'applicazione della legge delega, sapendo che c'è un margine entro il quale si possono proporre modifiche in itinere e non dopo che il provvedimento è stato approvato. Ovviamente per noi è importante il punto di vista dell'ANCI: sono stati auditi numerosi soggetti, come emerge dai resoconti delle audizioni, come ad esempio l'ANCE, che ha ammorbidito il giudizio rispetto a quanto riportato sugli organi di stampa; ieri abbiamo audito gli Ordini professionali e adesso ascolteremo il punto di vista dell'ANCI e del comune di Milano, caratterizzato, rispetto all'insieme dei comuni italiani, da una normativa più avanzata dal punto di vista urbanistico.
  Lascio quindi la parola al dottor Rabaiotti, assessore ai lavori pubblici del comune di Milano.

  GABRIELE RABAIOTTI, assessore ai lavori pubblici del comune di Milano. Grazie, presidente, buongiorno a tutti e grazie di questa opportunità e di questo invito. Abbiamo predisposto una nota che mi soffermerei a leggere per permettere di seguire con ordine.
  L'ANCI conferma il parere sostanzialmente positivo e l'apprezzamento per il poderoso lavoro svolto dal Governo e dall'ANAC nel dare attuazione, attraverso l'approvazione del decreto legislativo n. 50 del 2016, ad una riforma importante del settore, che a ragione è definita «copernicana», di cui condivide l'impianto generale e i fondamentali obiettivi, primo fra tutti quello di essere uno strumento per il rilancio degli investimenti e della ripresa economica del nostro Paese.
  Fatta questa doverosa premessa, si sottolinea come già in sede di espressione del parere presso la Conferenza unificata l'ANCI ha espresso la sua preoccupazione e i suoi dubbi sulla scelta di un periodo transitorio, che si riteneva inadeguato rispetto all'imponente mole di decreti attuativi Pag. 3 – sicuramente più di 50, pare addirittura 65 – che avrebbe dovuto completare il quadro regolatorio del nuovo Codice su temi non marginali.
  Tale preoccupazione fu espressa, peraltro, già dal Consiglio di Stato nel parere reso il 1° aprile 2016, in cui si osservò che l'obiettivo di una regolamentazione sintetica e unitaria, chiaramente conoscibile, rischia di perdersi nella moltiplicazione dei dispositivi attuativi. È evidente che la scommessa del nuovo Codice potrà essere vinta solo se la fase di adozione di tali atti avverrà in modo tempestivo, ordinato e coordinato.
  Purtroppo, nonostante l'imponente lavoro dell'ANAC e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, fra i primi, registriamo un ritardo nella definizione di quell'impianto di regole e di princìpi sottesi alla riforma e dalla stessa richiamati e un rallentamento delle opere pubbliche, dovuto al fatto che vi siano ancora incertezze sulla puntuale definizione del nuovo impianto regolatorio degli appalti pubblici. Si pensi, in primis, al decreto sulle qualificazioni delle stazioni appaltanti non ancora emanato e determinante nelle scelte organizzative e gestionali dei comuni che ambiscono ad essere autonomi, nonché per le aggregazioni già esistenti, che potrebbero evolversi e mettere a frutto l'esperienza fin qui maturata; in secondo luogo, si pensi al decreto sulla definizione dei livelli di progettazione, nonché alle incertezze interpretative sorte a seguito dei pareri del Consiglio di Stato e di queste Commissioni sui compiti e requisiti professionali del RUP e dei servizi di ingegneria e architettura, espressi lo scorso mese di agosto, nonché, infine, al recentissimo parere del Consiglio di Stato sulle linee guida dell'ANAC in materia di appalti sotto soglia.
  Proprio in materia di appalti sotto soglia e delle cosiddette «spese in economia», ormai abrogate come oggetto di specifica disciplina regolamentare da parte degli enti locali, prendiamo atto del parere del Consiglio di Stato sul carattere non vincolante delle linee guida dell'ANAC sulla materia e del recupero di autonomia da parte dei comuni.
  Condividiamo e sosteniamo, invece, le richieste di riformulazione pervenute all'ANAC sia dal Consiglio di Stato che dalle Commissioni riunite Lavori pubblici del Senato e Ambiente della Camera dei deputati, e auspichiamo un accoglimento delle stesse in merito ai requisiti professionali richiesti per il RUP anche per contratti di importo significativo, valutando l'ipotesi di poter continuare a utilizzare la specifica competenza acquisita all'interno delle stazioni appaltanti da figure professionali in possesso di diploma. Ciò tenendo conto del fatto che, soprattutto nei comuni di piccole e di medie dimensioni, tali figure professionali sono molto ricorrenti.
  Dopo questa breve descrizione del quadro generale sullo stato di attuazione del nuovo Codice, crediamo si evinca bene come permanga un certo disorientamento da parte degli operatori locali, che sta generando innegabilmente un rallentamento delle procedure di gara. Crediamo, dunque, che sia il momento di accelerare su una definizione univoca delle nuove regole, che diano stabilità e coerenza ai princìpi di trasparenza e semplificazione del nuovo impianto normativo, e di avviare, sui punti di caduta maggiormente critici, una riflessione seria in merito all'opportunità di sfruttare il tempo previsto dalla legge delega per apporre i necessari correttivi.
  È necessario, infatti, che una revisione normativa così imponente e complessa sia adeguatamente e costantemente accompagnata e monitorata nelle sue fasi di attuazione, nel comune intento di non perdere l'occasione di una riforma che non può non mettere al centro della sua attenzione il ruolo dei comuni e delle città metropolitane nella ripresa degli investimenti e nella realizzazione di opere pubbliche.
  La cabina di regia di recente costituzione potrà dare in tal senso un impulso importante e per questo diamo sin d'ora la massima disponibilità al confronto e alla collaborazione istituzionale. Con questo spirito forniamo un contributo relativo ai punti di maggiore criticità segnalati dai comuni e che possono essere risolti anche prima del varo del decreto correttivo.
  Il primo aspetto riguarda gli appalti in materia di lavori pubblici, il progetto esecutivo per manutenzioni ordinarie. La criticità Pag. 4 nasce dal fatto che l'articolo 105 del Regolamento di attuazione del precedente Codice, n. 207 del 2010, consentiva, per i lavori di manutenzione, di prescindere dalla redazione del progetto esecutivo, permettendo di bandire la gara per l'affidamento con il livello di progettazione definitiva. Unica eccezione erano i lavori di manutenzione che prevedevano il rinnovo o la sostituzione di parti strutturali delle opere, dove era obbligatoria la redazione del progetto esecutivo.
  Con l'entrata in vigore del nuovo Codice, l'articolo 105 è stato abrogato e non sopravvive neanche in regime transitorio. È inoltre previsto espressamente che per gli appalti di lavori venga posto a base di gara il progetto esecutivo e, come sappiamo, è vietato l'appalto integrato.
  Poiché la stragrande maggioranza degli appalti di lavori banditi dalle stazioni appaltanti riguarda proprio la manutenzione del proprio patrimonio esistente (il 75-80 per cento delle opere grava su questo capitolo), l'entrata in vigore del nuovo Codice degli appalti ha praticamente paralizzato la pubblicazione di appalti di lavori. Le stazioni appaltanti, infatti, prima di procedere alla pubblicazione del bando hanno dovuto procedere alla redazione del progetto esecutivo, che, essendo caratterizzata da un più alto livello di dettaglio, necessita di tempi di redazione più lunghi dei precedenti livelli.
  I piccoli e medi comuni si sono trovati, in alcuni casi, nell'impossibilità di progettare internamente per l'assenza di figure tecniche con competenze adeguate. In quest'ultimo caso, peraltro, si rendeva necessario procedere prima all'individuazione di un progettista esterno tramite procedura ai sensi degli articoli 36 o 157, a seconda del valore posto a base di gara, e tenendo presente che il Codice prevede obbligatoriamente il ricorso al criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa per gli appalti di servizi di ingegneria per importi superiori ai 40.000 euro.
  In alcuni casi, poi, in presenza di manutenzione ordinaria cosiddetta «a chiamata», cioè relativa ad operazioni connesse al verificarsi dell'evento che causa l'obbligo di intervenire, risulta difficile immaginare un progetto esecutivo. Si pensi alla manutenzione ordinaria degli edifici scolastici, dove il progettista non sarà mai in grado di prevedere esattamente dove sarà necessario provvedere alla sostituzione di un vetro, dove si intaseranno i pluviali o vi saranno infiltrazioni per perdita d'acqua e, conseguentemente, quale tipo di vetro dovrà essere cambiato o quale tipo di intervento dovrà essere realizzato per eliminare la perdita.
  Nel caso, poi, di manutenzione ordinaria delle strade, altro capitolo importante che si sostanzia nel richiudere le buche (scusate la banalità) formatesi sul manto stradale, è praticamente impossibile pensare a una progettazione esecutiva, per come questa è sempre stata intesa dal punto di vista tecnico.
  Per questi motivi, le stazioni appaltanti stanno facendo adeguate valutazioni sull'opportunità di modificare questi appalti in accordi quadro. Anche questa soluzione, però, non è di facile applicazione, considerato che i singoli ordini (la sostituzione del vetro, la copertura di una buca) costituiscono autonomi contratti operativi, potremmo dire autonomi appalti, che derivano dall'accordo quadro originario e per i quali è necessario prendere singoli CIG, gestire autonomamente la contabilità, i pagamenti, i collaudi, moltiplicando così le attività connesse all'attuazione del mandato stesso.
  Una soluzione al problema potrebbe essere quella di inserire nell'emanando decreto, di cui all'articolo 23, comma 3, del Codice, sui contenuti della progettazione nei tre livelli progettuali, un livello di progettazione esecutiva semplificata per le manutenzioni ordinarie del patrimonio dell'ente locale, dando evidenza e opportuna traduzione tecnica agli aspetti inerenti ai requisiti, ai contenuti prestazionali e ai requisiti e ai contenuti di qualità attesi.
  Il secondo punto attiene ai livelli di progettazione. La criticità finora riscontrata è, nell'attesa del succitato ed emanando decreto, relativa alla definizione dei contenuti dei tre livelli progettuali, che sta inducendo le stazioni appaltanti ad attendere Pag. 5 prima di iniziare la lunga attività di elaborazione del non meglio definito progetto esecutivo. La preoccupazione, infatti, è quella di evitare di ripetere nel breve periodo la progettazione o di aver dato tramite gara un incarico di progettazione che non risponde più alla futura normativa. Su questo occorre un'accelerazione da parte del Governo e l'accoglimento, tra l'altro, di quanto proposto al punto precedente sul cosiddetto «livello di progettazione semplificata», previsto per le manutenzioni ordinarie.
  Vi è poi il tema dei collaudi, sui quali la criticità emersa attiene alla formulazione dell'articolo 102, comma 8, del nuovo Codice, per cui non è possibile prevedere per gli appalti di minore importo il certificato di regolare esecuzione, considerata l'assenza di tale decreto. È vero che l'articolo 102 rimanda ad un regime transitorio, ma le norme rimaste in vigore del decreto del presidente della Repubblica n. 207 del 2010 non disciplinano i casi in cui il certificato di collaudo può essere sostituito dal certificato di regolare esecuzione. Tale disciplina era infatti prevista dall'articolo 141 del decreto-legge n. 163 del 2016, ora abrogato e, pertanto, per poter procedere con il certificato di regolare esecuzione in sostituzione del certificato di collaudo bisognerà attendere il precitato decreto, che indicherà i casi in cui tale interpretazione trova conferma nelle linee guida ANAC.
  Con riferimento agli appalti di forniture e servizi, la situazione è meno critica, in quanto la maggior parte delle stazioni appaltanti è in grado, con qualche difficoltà, di redigere i capitolati di gara. Le criticità si sostanziano nell'obbligo di redazione di un progetto, così come richiesto all'articolo 23, commi 14 e 15, del Codice degli appalti, e nell'incertezza relativa alle linee guida ANAC, di cui si è già detto e in relazione alle quali si ribadisce la necessità di unitarietà e di un'accelerazione nei tempi di emanazione.
  Il rischio, come per gli appalti relativi a lavori, è quello di prevedere nel capitolato di gara disposizioni che al momento dell'aggiudicazione e dell'esecuzione possano risultare in contrasto con le definitive linee guida dell'ANAC.
  La vera criticità su questo capitolo è rappresentata dalla obbligatoria programmazione biennale degli acquisti. Si coglie l'occasione per chiarire definitivamente la non applicabilità ai servizi sociali specifici, di cui all'allegato 9 del Codice, delle disposizioni sull'obbligo di centralizzazione previste per i comuni non capoluogo, come peraltro, nella vigenza del decreto legislativo n. 163 del 2006, aveva già chiarito l'ANAC con proprie determinazioni, nonché di qualificazione delle stazioni appaltanti. Ciò, a nostro avviso, è desumibile per la peculiarità dell'oggetto di tali appalti e per un'interpretazione del dato letterale, di cui all'articolo 140, che prevede che gli appalti dei servizi sociali e speciali di cui all'allegato IX sono aggiudicati in applicazione degli articoli 142, 143 e 144, salvo quanto disposto dallo stesso articolo.
  In merito alle centrali uniche di committenza, evidenzio che con il nuovo Codice degli appalti il tema della centralizzazione degli acquisti viene messo in relazione alla qualificazione delle stazioni appaltanti, con l'obiettivo di superare un approccio formale procedurale, per privilegiare, al contrario, aspetti più di carattere sostanziale, basati su modelli organizzativi e aggregazioni mediante centrali di committenza, adeguati non solo a svolgere le procedure di gara, ma anche a programmare, progettare ed eseguire.
  Questa è una sfida importante, perché in un sistema di rete di centrali di committenza un ruolo importante può essere svolto proprio dalle aggregazioni tra amministrazioni comunali, con riferimento sia alle procedure gestite da altre centrali di committenza, i cosiddetti «soggetti aggregatori», ai quali i comuni devono obbligatoriamente rivolgersi, agevolando le procedure di acquisizione mediante un'efficace ed efficiente programmazione per i beni e i servizi, sia alle procedure relative alle categorie merceologiche che rimangono in capo alle singole stazioni appaltanti, che possono essere acquisite, in un'ottica sovracomunale, dalle aggregazioni qualificate tra comuni, in modo tale da affiancare i Pag. 6soggetti aggregatori nel perseguire gli obiettivi di razionalizzazione della spesa pubblica, garantendo il mantenimento di un mercato locale degli operatori economici.
  L'implementazione dei modelli di aggregazione qualificati dei comuni deve essere un obiettivo condiviso con il Governo attraverso la messa in campo di forme di analisi, supporto e monitoraggio dei nuovi assetti di governance, che sappiano rispondere agli obiettivi che l'Unione europea ci impone in materia di appalti e che devono trovare nell'ANCI e nella rete delle centrali di committenza comunali i necessari interlocutori e protagonisti.
  A tal fine, l'inserimento dei soggetti aggregatori, di cui all'articolo 9, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014 e, quindi, delle città metropolitane tra i soggetti qualificati di diritto ex articolo 38, comma 1, rappresenterebbe un primo passaggio significativo.

  PRESIDENTE. Grazie per la nota puntuale. Personalmente, mi ha fatto piacere che non abbiate sollevato il tema del massimo ribasso, che all'inizio era stato presentato in un certo modo e che credo ponga a tutti, anche all'ANCI, un problema di formazione dei tecnici, perché purtroppo, in passato, molte gare al massimo ribasso venivano fatte anche perché non si era in grado di scrivere l'appalto in maniera diversa.
  Lascio la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  RAFFAELLA MARIANI. Grazie, assessore, per la nota molto dettagliata, che ci servirà per approfondire le questioni che avete sollevato. Mi interesserebbe capire meglio il vostro suggerimento sulla declinazione del progetto esecutivo per le manutenzioni. Dal nostro punto di vista, il tema poteva essere già interpretabile in quella direzione: ovviamente per la manutenzione, per coprire le buche o per lavori di qualità inferiore alla media costruzione, un progetto esecutivo non comporta uno sforzo di implementazione e di tempo come quello occorrente per costruire un edificio, un fabbricato o una struttura complessa.
  In questo senso, quindi, non riusciamo a capire qual è l'elemento di blocco, perché, se occorre fare un progetto esecutivo per la manutenzione, si tratterà di un progetto esecutivo già di per sé semplificato e, quindi, non riusciamo a capire perché oggi non sia possibile farlo.
  Riguardo al tema sollevato dei decreti attuativi che riguardano la declinazione delle linee guida per la progettazione, in capo al Consiglio Superiore dei lavori pubblici, noi abbiamo sollecitato il Ministro Delrio anche in occasione dell'indagine conoscitiva che la Commissione sta svolgendo sulle politiche di prevenzione antisismica e sui modelli di ricostruzione a seguito di eventi sismici che hanno colpito l'Italia centrale, in relazione alla normativa tecnica in procinto di essere emanata: abbiamo chiesto che in questo senso sia svolto un attento incrocio della normativa e consideriamo opportuno che i decreti siano emanati al più presto.
  L'altra questione riguarda le centrali uniche di committenza: l'aggregazione delle centrali prescinde anche dal Codice, che ha voluto indicare, a seconda delle competenze, nelle centrali di committenza il centro di aggregazione, previsto dall'ordinamento anche con riferimento alla riorganizzazione degli enti locali, che di fatto si è cercato sempre di rinviare.
  Noi abbiamo scelto consapevolmente di non prevedere in automatico il riconoscimento della qualificazione per le aree metropolitane, intendendo che nell'occasione della definizione delle centrali di aggregazione metropolitane si dovesse comunque testare la competenza dei comuni e la loro riorganizzazione. Darlo per acquisito a prescindere (sinceramente avevamo posto un po'di resistenza anche per i provveditorati alle opere pubbliche del Ministero) ci sembrava potesse esimere le amministrazioni da un lavoro attento di composizione di tutte le competenze e professionalità che hanno. Questo è stato lo spirito del nostro lavoro e in questo senso riteniamo che ANAC debba emanare la linea guida fondamentale il più velocemente possibile, ponendo attenzione a comporre quella facilità di aggregazione che in questi anni non Pag. 7c'è stata, per motivi, immagino, politici e difficoltà delle amministrazioni a stare insieme, più che per aspetti tecnici che si possono sempre originare.

  STEFANO ESPOSITO. Il dottor Rabaiotti ha parlato a più riprese, di autonomia delle amministrazioni: credo che siamo tutti d'accordo che una semplificazione delle stazioni appaltanti e una loro riduzione drastica sia uno dei punti fondamentali per la riuscita di questo nuovo Codice. Su questo capisco che ci sia poca disponibilità da parte dei comuni italiani, soprattutto quelli medi e piccoli, che sono la maggioranza, a rinunciare ai propri spazi, però a me interessa sapere se l'ANCI condivida la necessità di una drastica riduzione delle stazioni appaltanti, attraverso tutti gli strumenti che abbiamo messo in campo. Sappiamo perfettamente che il fallimento del precedente Codice e la creazione di una situazione di inefficienza nel settore degli appalti pubblici dipendono anche dal numero, di cui peraltro nessuno conosce esattamente l'entità, delle stazioni appaltanti italiane.
  Questo è un tema, perché poi ci sono le società partecipate, che fanno stazione appaltante per contro loro, ci sono comuni virtuosi, realtà virtuose e realtà meno virtuose: c'è concordia per andare verso un loro superamento, una loro aggregazione, ma sostanzialmente una loro riduzione. Io non ho capito l'opinione dell'ANCI su questo.
  Faccio un'ultima considerazione. Sono d'accordo nell'affrontare il tema dell'esecutivo semplificato, anch'io lo davo per scontato, però diciamoci con franchezza che quelle manutenzioni ordinarie sono uno degli elementi di criticità che abbiamo riscontrato in questi anni nella loro gestione sia dal punto di vista qualitativo, sia, purtroppo, in alcuni casi, dal punto di vista della trasparenza.
  Siamo quindi disponibili a semplificare, però credo che la semplificazione debba mantenere una cornice che garantisca su quelle manutenzioni l'efficacia dell'intervento e la trasparenza della procedura, visto che tutti gli anni vengono spesi molti soldi pubblici. Siamo quindi d'accordo sul confronto, però c'è bisogno che l'associazione dei comuni e le regioni riconoscano con grande franchezza che lavoriamo per lo stesso obiettivo: a lei, come a me, piacerebbe vivere in un Paese con caratteristiche diverse dal punto di vista storico, almeno su questo segmento, però noi abbiamo fatto uno sforzo, che voi peraltro riconoscete, e quei punti non vanno dimenticati.
  Io ho la percezione, che spero sia sbagliata, che molti degli ostacoli frapposti in alcune strutture che si occupano di appalti siano forzosi, perché, con i limiti che lei ha illustrato e la necessità di accelerare, sebbene l'ANAC abbia rispettato i tempi previsti, tranne nella parte della qualificazione delle stazioni appaltanti che sapevamo essere la parte più complessa, e abbia fatto già un lavoro molto importante, non vorrei che ci fosse una strumentalizzazione: siccome abbiamo visto molte amministrazioni ingegnarsi per superare le norme, andando oltre quanto previsto dal Codice degli appalti (se avete un monitoraggio mi interesserebbe averlo), abbiamo detto «basta» al massimo ribasso sugli appalti di servizi ad alta intensità di manodopera.
  Ci arrivano segnali che si cercano scorciatoie, quindi forse varrebbe la pena, in un rapporto più virtuoso di collaborazione, che su questo capitolo l'ANCI ci aiutasse, perché capisco che alcuni comuni e regioni sono sottoposti alla spending review, che si scarica sulla paga di chi lavora e quindi sulla qualità dei servizi, ma questo è un punto delicatissimo: l'ARPA Lombardia, infatti, ha fatto un appalto di servizi negli ospedali e siamo di nuovo al massimo ribasso e allo spezzettamento dei lotti.
  Proviamo a istituire, per quanto è possibile, un rapporto virtuoso: credo che sia giusto intervenire laddove ci siano limiti, buchi o cose non chiare in tempi rapidissimi, però capiamoci sull'obiettivo finale e sulla direzione. Anch'io apprezzo, come il presidente, che si sia chiusa la discussione sul massimo ribasso, sull'aumento delle soglie che erano state proposte, però attenzione a distinguere anche alcuni elementi di strumentalità che non sono in capo a voi, ma che sappiamo essere nell’humus.

Pag. 8

  PRESIDENTE. Siamo tutti d'accordo con il collega Esposito: il combinato disposto fra progettazione semplificata e massimo ribasso è pericoloso negli appalti pubblici, anche per la qualità dei lavori e dei servizi offerti ai cittadini, oltre che per altri aspetti.
  Do ora la parola ai rappresentanti dell'ANCI per la replica.

  STEFANIA DOTA, vice segretaria generale dell'ANCI. Riguardo agli aspetti più tecnici, provo a dare chiarimenti sull'illustrazione del nostro documento che ha svolto l'assessore ai lavori pubblici del comune di Milano.
  Comincio dalla fine, ossia dall'impulso e dall'impegno dell'associazione rispetto al processo di aggregazione obbligatoria delle stazioni appaltanti, che – vorrei ricordarlo – è stato sancito nel decreto-legge n. 66 del 2014, entrato in vigore nel mese di dicembre del 2015.
  Sono circa 60 le centrali uniche di committenza comunali, tutte le città metropolitane tranne Venezia sono soggetti aggregatori e siedono al tavolo dei soggetti aggregatori ex articolo 9, comma 2, del citato decreto-legge n. 66, quindi l'associazione, in una fase di non omogeneità delle norme perché doveva essere emanato il nuovo Codice, ha accompagnato questo processo, che, come ha ribadito alla fine l'assessore, è un processo in cui l'associazione crede e che vuole portare avanti, per consentire alle aggregazioni comunali di potersi qualificare e per consentire il salto di qualità alle centrali uniche di committenza comunali che siedono al tavolo dei soggetti aggregatori presso il Ministero dell'economia e delle finanze.
  Ecco perché non ci spieghiamo l'esclusione delle città metropolitane dalle stazioni appaltanti qualificate di diritto ex articolo 38, comma 1, a differenza dei soggetti aggregatori regionali che siedono con le città metropolitane allo stesso tavolo.
  Peraltro, nel corso degli incontri al MIT, abbiamo detto che comunque questa formulazione crea problemi, perché i soggetti aggregatori città metropolitane ex articolo 9, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014, in base alla legge di stabilità per il 2016, per le cinque categorie merceologiche individuate da apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri entrato in vigore il 9 agosto 2016, hanno ambito regionale: quindi, per assurdo, le città metropolitane sono qualificate di diritto soggetto aggregatore su base regionale per quelle cinque categorie merceologiche, mentre per le altre dovrebbero qualificarsi. Questa formulazione crea quindi un problema, che per noi si potrebbe risolvere interpretandola nel senso che tutti i soggetti aggregatori in base all'articolo 9, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014 possano essere considerati qualificati di diritto.
  Vi dirò di più: a mio avviso il percorso ormai è segnato, perché dal 9 agosto, per le cinque categorie merceologiche individuate nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 dicembre 2015, ogni anno sarà emanato un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che allargherà le maglie delle categorie merceologiche: tutti i comuni, anche quelli capoluogo, saranno obbligati al ricorso a centrali uniche di committenza o a procedure telematiche di acquisto Consip.
  Se crediamo nella capacità dei comuni di qualificarsi come soggetti aggregatori, come centrale unica di committenza, i comuni investiranno in questo percorso di aggregazione, ma dobbiamo crederci tutti, nel senso che, come più volte ribadito negli incontri con il Governo, le regioni, soggetti aggregatori, hanno deroghe specifiche per le assunzioni di personale dedicato alla funzione di stazione unica appaltante.
  Se vogliamo spingere per le aggregazioni e far sì che questa funzione venga svolta anche dalle città metropolitane per i comuni dell'ambito territoriale regionale, è chiaro che questa stessa deroga potrebbe essere attribuita anche alle città metropolitane come soggetti aggregatori.
  Rispetto alla progettazione esecutiva, il problema per noi non è il progetto esecutivo a base di gara, che per noi è superato. Noi abbiamo registrato oggettivamente un rallentamento, perché anche il comune di Milano ha avuto un rallentamento all'entrata in vigore del Codice: probabilmente è sfuggito il fatto che nel periodo transitorio era «saltata» la norma contenuta nel decreto Pag. 9 del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010: proprio questa norma, che consentiva soltanto per le manutenzioni ordinarie di procedere con la progettazione definitiva, non è più in vigore, per cui per tutte le progettazioni già esistenti a livello di progettazione definitiva e pronte per andare in gara, anche per il comune di Milano è stato necessario rivedere quel livello di progettazione.
  In cinque mesi, è chiaro che, essendo necessario rivederlo e in assenza di un decreto e di una definizione del nuovo livello di progettazione esecutiva, ciò ha creato incertezza. Ciò non vuol dire che questa incertezza non potesse essere fisiologica, però dobbiamo prenderne atto. Se fosse stata prevista anche nel periodo transitorio la non abrogazione di quell'articolo del Regolamento, probabilmente non si sarebbe verificato questo rallentamento, almeno per le manutenzioni ordinarie nella maggioranza dei comuni: i comuni, infatti, non sono tutti come Milano, e in un comune piccolo o medio, per di più aggregato ad altri comuni, piccoli o medi, questo ha causato necessariamente rallentamenti, perché comunque i progetti definitivi già pronti dovevano essere rivisti.
  L'ANCI nazionale, quindi, chiede di definire nel decreto, che sappiamo essere ormai in via di stesura definitiva, in base all'articolo 23, comma 3, del Codice dei contratti, un livello di progettazione per le manutenzioni ordinarie esecutivo, ma semplificato: forse così salveremmo anche i progetti definitivi già pronti per le manutenzioni.
  Ribadisco, quindi, la posizione dell'ANCI, che non è quella di tornare a prevedere che il progetto esecutivo non fosse necessario: ci dobbiamo infatti concentrare su una corretta attuazione, sulla definizione di un quadro generale che possa spingere la ripresa degli investimenti e quindi garantire certezze agli operatori per bandire nuove gare. Questa è l'unica nostra preoccupazione ed è la preoccupazione che aveva espresso anche l'assessore: si tratta di questioni squisitamente tecniche.

  GABRIELE RABAIOTTI, assessore ai lavori pubblici del comune di Milano. Se è possibile fare qualche precisazione, è evidente che qualcuno potrebbe assumere una posizione strumentale diretta a bloccare e a mettere in crisi tutto il pacchetto, ma da parte dei comuni è molto complicato adottare questa posizione, perché per le opere pubbliche, il primo a essere coinvolto se a Milano la scuola non viene sistemata, se ci sono ancora tracce di amianto, se la buca c'è ancora, è il sottoscritto: credo, quindi, che difficilmente assumerò posizioni strumentali nel momento in cui mi rapporto con voi, nella fase di progressiva definizione del testo.
  Dico questo per sgombrare il campo da una serie di legittime e in parte misurate osservazioni sull'uso strumentale di alcune posizioni: non è il nostro caso e penso che l'ANCI abbia una posizione molto chiara su questo.
  Il secondo tema attiene a una riflessione più di principio che mi piacerebbe fare con voi non solo oggi, ma che si potrebbe sviluppare anche in seguito. Prima alcuni di voi ricordavano che il tema è legato a diversi problemi di manutenzioni straordinarie, fughe di denaro, moltiplicazione di stazioni appaltanti, procedure più o meno torbide: siamo quindi così convinti che, come si evincerebbe dal nuovo Codice, tutto il sistema si possa migliorare o si possa limitare questo rischio lavorando a monte?
  Noi oggi leggiamo un appesantimento a monte che impedisce di arrivare a valle o lo rende complicato, quando invece c'è meno attenzione del dovuto sulla sorveglianza nel momento in cui l'opera viene attuata o un lavoro viene sviluppato.
  Questo sistema, per noi, è diventato molto importante, perché a Milano siamo molto bravi a seguire la procedura, le progettazioni, le gare, le aggiudicazioni, ma entriamo in difficoltà quando il meccanismo ci porta ad avere imprese che hanno tempi lunghissimi, le mettiamo in mora – con processi molto complicati – e ce le ritroviamo magari vincitrici nella gara successiva, con varianti e riserve che ci hanno fatto sballare completamente il costo di quell'opera.
  Riusciamo quindi ad avere una posizione valida anche durante e dopo, relativa cioè alla sorveglianza rispetto alla qualità del Pag. 10prodotto atteso? La sola procedura ex ante, cioè le progettazioni e la procedura di gara, non risolvono il problema. Evidentemente, in altri comuni, la situazione potrebbe essere un'altra, però se volete una posizione secca e decisa del comune di Milano, noi siamo fermi in quel punto lì: ve lo dico con esperienza legata all'estremo ritardo di cantieri di scuole e ora che abbiamo aperto le scuole ci siamo trovati davanti questa onda di ritorno e di rigurgito che ci ha messo veramente in grandi difficoltà.
  La dimensione della procedura è, certo, importante, ma non nella sua complicazione e nella sua certezza. Altro è invece la sorveglianza in fase attuativa, che secondo me resta un nodo importante, come peraltro ci insegnano le assicurazioni e le banche (in alcuni modelli di leasing e project financing siamo costretti a dare soldi ad altri, ma prima di darli è necessario capire come sia sorvegliato l'intero processo). Questo è un aspetto sul quale volevo tornare a soffermarmi con voi.
  Sui servizi, come dicevo, l'unico nodo che ci mette un po'in crisi a Milano è legato alla programmazione biennale. Se volete possiamo fornirvi a titolo esemplificativo i numeri degli appalti a Milano; non voglio ricondurre la vicenda del blocco alla questione del nuovo Codice, perché il mese di agosto è stato evidentemente complicato: siamo usciti da Expo con un gigantesco carico di lavori per opere pubbliche e abbiamo eletto una nuova giunta.
  L'andamento è stato quindi il seguente: a gennaio nessun bando di gara, a febbraio 11, a marzo 6, ad aprile 16, tra maggio e settembre nessuno, per un importo lavori complessivo pari a 86 milioni di euro, 33 gare, tutte per ora maturate da gennaio ad aprile. Negli altri anni cosa succedeva? Nel 2015 il totale delle gare era 87 (adesso siamo a 33), per un importo di lavori complessivo pari a 149 milioni di euro (ora siamo arrivati a 86 e l'anno non è finito, però capite bene la situazione). Ho anche una tabella riassuntiva degli anni precedenti: nel 2014 sono stati pubblicati 126 appalti per 185 milioni di euro, nel 2013 ne abbiamo avuti 80, nel 2012, invece, 44 e, quindi, per molte ragioni vi è stato un andamento in netto calo.

  PRESIDENTE. Nella curva gaussiana da lei illustrata si legge che vi è stato un avvenimento in particolare. Condivido le sue osservazioni, però è chiaro che noi non riusciremo a definire tutto il percorso dall'alto e, peraltro, le nuove regole che abbiamo fissato sono andate a incidere su una delle cose più criticabili della vecchia legge obiettivo, con il direttore dei lavori a carico del general contractor, che rispetto al tema posto rappresentava un problema, nel senso che diminuiva la capacità di controllo.
  Nella filosofia che abbiamo adottato, che però non è risolutiva – come diceva Diderot, non basta fare il bene, ma bisogna anche farlo bene – il tema del progetto definitivo e dell'offerta economicamente più vantaggiosa era in parte una garanzia rispetto a quel problema. Noi abbiamo ben chiaro che il combinato disposto della progettazione preliminare e del massimo ribasso apriva una strada, ma bisognava attrezzarsi per controllare le cose in corso d'opera: con questo meccanismo, però, i margini per le varianti in corso d'opera e per i contenziosi dovrebbero ridursi e, in ogni caso, c'è un deterrente se un soggetto è in grado di fare l'offerta economicamente più vantaggiosa. Capisco che si tratta di un problema non semplice, perché conosco le vicende italiane, non ultime quelle di Roma: spesso gli uffici comunali non sono in grado di scrivere un bando per l'offerta economicamente più vantaggiosa, e non lo fanno con dolo, ma per un problema di cambiamento più generale.

  RAFFAELLA MARIANI. Riguardo alla raccomandazione dell'assessore di monitorare anche le altre due fasi dopo l'affidamento, cioè quelle dell'esecuzione dell'appalto e del collaudo e controllo finale, secondo noi il decreto legislativo prevede tutti gli strumenti, frutto del cambio di filosofia che vogliamo applicare: sburocratizzare la parte di affidamento su cui si erano concentrati gli appalti pubblici nel nostro Paese e dare spazio, dignità e anche strumenti per le due fasi successive. Pag. 11
  Questo è stato il motivo dominante della nostra azione, tanto che, oltre alle scelte che il presidente richiamava, ci sono anche strumenti per la verifica e il controllo durante l'esecuzione, una maggior responsabilità del RUP anche in quella fase e addirittura la riorganizzazione degli incentivi, anche perché in quella fase si continui a lavorare da parte della stazione appaltante. In precedenza, il progetto, una volta consegnato, non era più figlio di nessuno. È indubbio che è un nuovo meccanismo, per la cui applicazione sarà necessario anche uno sforzo importante: in questo senso confidiamo che l'ANCI sia nostra alleata per costruirlo nel tempo e, in effetti, i tempi saranno necessari.

  PRESIDENTE. Chiedo se abbiate fatto presenti anche al Ministero e all'ANAC le questioni che adesso ci avete presentato.

  STEFANIA DOTA, vice segretaria generale dell'ANCI. Abbiamo avuto la massima collaborazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti rispetto alla problematica del progetto definitivo per le manutenzioni ordinarie: anche al Ministero abbiamo proposto questa soluzione, che auspichiamo possa essere tradotta in una semplificazione del progetto esecutivo soltanto rispetto alle manutenzioni ordinarie, riprendendo l'abrogato articolo 105 del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2014, così come all'ANAC abbiamo sollevato la questione relativa ai contratti sotto soglia e al RUP.
  Come ha già detto l'assessore, difficilmente i comuni piccoli, per la soglia individuata dall'ANAC, hanno all'interno professionalità: sosteniamo, quindi, la tesi di queste Commissioni e auspichiamo che ci sia un intervento correttivo, perché altrimenti molte stazioni appaltanti costituite tramite aggregazioni di piccoli comuni rischierebbero di trovarsi in difficoltà per la ricerca di un responsabile unico del procedimento.
  La maggior parte delle dotazioni organiche degli uffici tecnici dei piccoli comuni è fatta da geometri, da dipendenti che hanno il semplice diploma, ma hanno anni di professionalità alle spalle e, quindi – lo posso dire perché ho lavorato in un comune –, danno risposte più immediate di quanto potrebbero fare ingegneri o architetti.

  PRESIDENTE. Ricordo che abbiamo segnalato tale problema anche in passato. Ringrazio i soggetti auditi per la loro partecipazione e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.55.

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