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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

XIII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Giovedì 11 dicembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sani Luca , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE RICADUTE SUL SISTEMA AGROALIMENTARE ITALIANO DELL'ACCORDO DI PARTENARIATO TRANSATLANTICO SU COMMERCIO E INVESTIMENTI (TTIP)

Audizione di Paolo De Castro, relatore permanente per i profili di competenza agricola dell'Accordo di partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP) del Parlamento europeo.
Sani Luca , Presidente ... 3 
De Castro Paolo , Relatore permanente per i profili di competenza agricola dell'Accordo di partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP) del Parlamento europeo ... 3 
Sani Luca , Presidente ... 6 
Gallinella Filippo (M5S)  ... 6 
Catania Mario (SCpI)  ... 7 
L'Abbate Giuseppe (M5S)  ... 7 
Zaccagnini Adriano (SEL)  ... 8 
Romanini Giuseppe (PD)  ... 9 
Cova Paolo (PD)  ... 10 
Bordo Franco (SEL)  ... 10 
Bernini Massimiliano (M5S)  ... 11 
Taricco Mino (PD)  ... 11 
Zanin Giorgio (PD)  ... 12 
Dal Moro Gian Pietro (PD)  ... 12 
Russo Paolo (FI-PdL)  ... 13 
Oliverio Nicodemo Nazzareno (PD)  ... 14 
Sani Luca , Presidente ... 15 
De Castro Paolo , Relatore permanente per i profili di competenza agricola dell'Accordo di partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP) del Parlamento europeo ... 15 
Sani Luca , Presidente ... 19 

ALLEGATO: Nota di approfondimento consegnata dall'onorevole Paolo De Castro, Relatore permanente per i profili di competenza agricola dell'Accordo di partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP) del Parlamento europeo ... 20

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCA SANI

  La seduta comincia alle 9.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Paolo De Castro, relatore permanente per i profili di competenza agricola dell'Accordo di partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP) del Parlamento europeo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle ricadute sul sistema agroalimentare italiano dell'accordo di partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP), di Paolo De Castro, relatore permanente per i profili di competenza agricola dell'Accordo di partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP) del Parlamento europeo.
  L'onorevole De Castro è accompagnato dalla dottoressa Viviana Spadoni.
  Cedo, dunque, immediatamente la parola al collega De Castro, al cui intervento faranno seguito eventuali domande da parte dei commissari.

  PAOLO DE CASTRO, Relatore permanente per i profili di competenza agricola dell'Accordo di partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP) del Parlamento europeo. Ringrazio il presidente e tutti i colleghi. D'accordo col presidente, la mia sarà un'introduzione all'audizione abbastanza breve, anche perché sono venuto con un documento che raccoglie i principali numeri intorno al TTIP, Transatlantic Trade Investment Partnership, il nome cui ci stiamo abituando e che individua l'accordo commerciale tra Stati Uniti e Unione europea, naturalmente per quanto riguarda i profili del settore agricolo alimentare. Sapete bene, infatti, che l'accordo riguarda tutto lo scambio di beni e servizi. Dicevo che l'introduzione sarà breve, perché vorrei dare più spazio possibile alle domande, considerando anche la vostra agenda e il tempo a nostra disposizione.
  Vengo a tre punti introduttivi fondamentali.
  Anzitutto dobbiamo ricordare che, qualora si raggiungesse un accordo tra i negoziatori – sapete che per noi la responsabilità politica della Commissione Juncker spetta al commissario Malmström, mentre dall'altra parte negozia il Governo Obama, il Governo degli Stati Uniti –, il Congresso americano e il Parlamento europeo hanno potere di veto. Quindi, al termine del negoziato, qualora si raggiunga l'accordo, ci sarà un voto delle Commissioni e un voto d'Aula. Nulla può essere messo in pratica senza il voto del Parlamento europeo. È importante ricordarlo, altrimenti, visto anche il modo poco trasparente con cui è stato gestito fino a oggi l'accordo, si potrebbe intendere quasi che ci siano alcuni interessi nascosti di negoziatori senza che ci sia un vero e proprio Pag. 4controllo democratico. Il controllo democratico è assicurato dal voto dell'Aula.
  Vi fa seguito il voto di ratifica di tutti i Parlamenti nazionali. Evidentemente, ci sarà anche un voto nell'Assemblea del nostro Parlamento. È fondamentale ricordarlo in premessa vista la sensibilità al tema Stati Uniti, visti anche alcuni approcci un po’ più radicali contro l'accordo, a prescindere, cioè senza neanche entrare nel merito dell'accordo stesso. Sono contro l'accordo alcuni gruppi politici del Parlamento europeo, che si sono espressi in maniera assolutamente chiara, come il Front National della destra, ma anche nella Sinistra unitaria europea (GUE) sono contrari a prescindere, come hanno dichiarato.
  Noi, invece, vogliamo lavorare, negoziare, vedere cosa riusciranno a fare i negoziatori e, al termine dell'accordo, esprimere un voto, positivo, se i negoziatori ci avranno convinti, o negativo. Questo è fondamentale. Il tema del controllo democratico diventerebbe, infatti, un problema centrale se ci fosse una delega in bianco a degli uffici, a funzionari, a tecnici che in qualche modo rappresentassero gli interessi dell'Unione europea.
  Il secondo elemento importante da chiarire sin da subito riguarda la materia degli standard di qualità delle nostre produzioni agroalimentari, come ad esempio il tema sempre molto caldo, tra l'altro di estrema attualità – come sapete, stiamo cambiando la norma a livello europeo – degli organismi geneticamente modificati (OGM).
  L'accordo non riguarda questo tema, cioè non c’è nel mandato negoziale né c’è volontà di modificare, all'interno dell'accordo, gli schemi che abbiamo approvato e che sono in vigore nell'Unione europea. E questo si riferisce a tutti i sistemi di qualità, come anche quelli legati al benessere animale e a quelle norme, di cui noi europei siamo orgogliosi e che non sono oggetto di negoziato.
  Che cos’è, quindi, oggetto del negoziato ? Oggetto del negoziato sono tutte le limitazioni e le barriere tariffarie e non tariffarie e sanitarie dell'accesso al mercato. È su questo, evidentemente, che i negoziatori si stanno applicando.
  Nel nostro caso specifico, cioè del settore agroalimentare, a fianco al tema importantissimo dell'accesso al mercato, evidentemente c’è anche l'importantissimo tema delle indicazioni geografiche, sulle quali la discussione è articolata e che dovremmo imparare anche noi ad articolare in maniera distinta tra produzioni certificate che vengono evocate attraverso un richiamo con una bandierina o con un nome simile, come il Parmesan rispetto al Parmigiano, e casi in cui invece c’è un marchio registrato negli Stati Uniti esattamente con il nome della nostra DOP o IGP o produzione certificata. Evidentemente, la strada negoziale è completamente diversa.
  Nel caso specifico di un marchio registrato, ricadremmo in quella fattispecie che probabilmente molti di voi conoscono e che, lasciatemi dire, è stata uno dei successi dell'accordo col Canada, dove avevamo per il prosciutto di Parma DOP un'azienda canadese che ne aveva registrato il marchio, per cui i nostri produttori di prosciutto di Parma non potevano entrare in quel mercato. È una storia vecchissima, che l'onorevole Mario Catania ricorderà da molti anni, ma purtroppo i nostri produttori per questi decenni hanno dovuto cambiare nome.
  In quell'accordo commerciale, abbiamo risolto questo problema, quindi per i nostri produttori, quando sarà ultimato il processo di ratifica di quell'accordo – l'abbiamo votato in Parlamento europeo, ma è in fase di ratifica – avremo risolto questo problema. Quindi, per la fattispecie delle indicazioni geografiche, c’è una parte che riguarda marchi che sono stati copiati e registrati, come nel caso tipo del prosciutto di Parma, e sui quali evidentemente quest'accordo con gli Stati Uniti potrebbe trovare soluzioni analoghe a quelle trovate per il Canada.
  La seconda fattispecie riguarda le produzioni DOP e IGP, quindi sempre marchi registrati, che non sono stati registrati, ma che sono utilizzati, come nel caso di molti Pag. 5formaggi. È regolarmente venduto, per esempio, l'Asiago, esattamente con la stessa nostra denominazione, ma non è registrato. Non c’è, quindi, un copyright internazionale, una legge internazionale che tuteli il produttore americano che ha fatto la registrazione. Questa è una seconda fattispecie sulla quale, evidentemente, bisognerà trovare una soluzione diversa dalla precedente, che è più grave, perché lì c’è una tutela giuridica che va smontata. Sotto questo profilo, invito anche la Commissione agricoltura a incentivare un'analisi attenta di tutte queste fattispecie, perché – ahimè – ancora puntualmente non le conosciamo e sarebbe opportuno sapere esattamente quali siano per il mercato degli Stati Uniti i prodotti che si trovano all'interno di questa fattispecie.
  Il terzo caso è molto più volatile, difficile da aggredire ed è quello delle evocazioni di nomi. Non c’è un nome esattamente copiato né registrato né sul mercato, ma c’è la bandierina o il nome che più o meno ricorda l'originale. Ovviamente, il lavoro dei negoziatori è molto incentrato sul tema dell'etichettatura. Se vorrete, potremo tornarci.
  Il trattato transatlantico riguarda, quindi, prevalentemente le barriere tariffarie, i dazi che pagano le nostre produzioni quando entrano in quel mercato e quelli che pagano le produzioni americane quando entrano nel mercato europeo; riguarda il cosiddetto accordo sugli SPS (Sanitary and Phytosanitary Standard), cioè sulle barriere fitosanitarie, che dal punto di vista europeo sono più importanti dei dazi. Mentre, infatti, noi abbiamo dazi molto alti per le importazioni americane, per noi le problematiche fitosanitarie, come potete vedere nel documento consegnato alla Commissione, che spero possiate sfogliare tutti – è un documento di lavoro, quindi non ci sono dettagli particolarmente complicati, è un'analisi molto semplice dell'elenco delle barriere – sono veramente tante. La più simbolica di tutte riguarda la listeria, con il blocco dell'industria salumiera italiana ed europea, i cui prodotti non possono entrare negli Stati Uniti perché la Food and Drug Administration non autorizza produzioni di carne di maiale stagionato, in quanto la presenza di questo batterio ne impedisce, secondo la legge americana, il consumo.
  Abbiamo problemi fitosanitari per l'olio extravergine di oliva, per i residui di prodotti fitosanitari riscontrati nell'olio che bloccano le nostre esportazioni. Abbiamo problemi nel caso della pasta per alcuni Stati americani che obbligano l'addizione di vitamine nel prodotto. Ci sono problemi per le accise per il vino, nonché difficoltà per quanto riguarda i sistemi di etichettatura. Abbiamo una serie di limitazione e di barriere: tariffarie ma soprattutto non tariffarie.
  Anche in questo caso mi permetto di sottolineare che su questo capitolo è molto importante un'analisi settore per settore, filiera per filiera, perché – ahimè – ancora non sono esattamente note, nella filiera agroalimentare italiana, le limitazioni di tutte le barriere sanitarie e fitosanitarie, ma anche proprio le quote d'accesso, come nel caso dei formaggi, questione complicatissima.
  Chi di voi si è divertito a guardare la normativa sull'esportazione di formaggi negli Stati Uniti, sa che è veramente molto complicata. C’è un diritto all'importazione che ha un'entità fisica, quindi c’è una quota, che non può essere superata. Qualora si superi quella quota, scatta un dazio molto più alto di quello ordinario. I diritti all'importazione sono addirittura ereditari, non si possono comprare, bisogna fare delle richieste molto complicate. Questo limita certamente l'accesso ai nostri formaggi, oltre al noto problema di formaggi fatti con latte crudo, che, come sapete, riguardano un'altra barriera sanitaria.
  Gli operatori dicono che ultimamente non c’è più la limitazione così forte che c’è stata negli anni precedenti, ma non c’è nessuna dichiarazione da parte della Food and Drug Administration che l'abbia autorizzata: quindi in qualunque momento potrebbero dire alt ai formaggi, come il nostro Grana Padano o il Parmigiano Pag. 6Reggiano, che potrebbero essere bloccati. Questi sono i temi principali della discussione in atto tra i negoziatori.
  Naturalmente un'altra considerazione, poi mi fermo in questa premessa, riguarda i numeri. Credo che anche questi siano importanti da sottolineare. Stiamo parlando di un interscambio che vede l'Europa con un saldo attivo nella bilancia commerciale agroalimentare Stati Uniti – Europa. Qui ci sono anche delle tabelle con le varie filiere, ma in linea di massima l'Europa esporta circa 17 miliardi di euro di prodotti alimentari e ne importa dagli Stati Uniti circa 9-10 miliardi. Abbiamo, quindi, un saldo attivo intorno a quasi 7 miliardi di euro, comunque più di 6.
  Il fatto importante, però, da rilevare in questi numeri è che, mentre le esportazioni europee verso gli Stati Uniti stanno aumentando in maniera significativa, negli ultimi dieci anni sono aumentate del 40 per cento, le importazioni da circa una ventina d'anni sono rimaste più o meno stabili intorno a 9-10 miliardi e si tratta di prodotti quasi tutti legati alle materie prime: grano, mais, soia e così via.
  Evidentemente, questo ci fa capire che i prodotti di alto valore aggiunto tipici delle agricolture del Sud dell'Europa oggi sono i principali prodotti che l'Europa esporta: vino innanzitutto, con più di 2,5 miliardi, olio extravergine di oliva, conserve, pasta, formaggi e altri prodotti finiti di alto valore, con questo trend di crescita. È evidente, dunque, che nella trattativa gli Stati Uniti sono molto interessati alla riduzione dei dazi, perché sono molto più alti i nostri, mentre noi siamo molto più interessati alla riduzione o magari all'eliminazione di barriere sanitarie che impediscono alle nostre produzioni di entrare in quel mercato.
  Voglio fermarmi qui, presidente, perché abbiamo poco tempo e avremo delle domande specifiche. Il tema, ovviamente, è complesso, con tante sfaccettature. Riguarda l'intero scambio commerciale di beni e servizi. Anche qui, quindi, oltre alle difficoltà, che potete immaginare da quanto vi ho detto, tra Nord e Sud dell'Europa, per l'atteggiamento più offensivo e più difensivo a seconda degli Stati, c’è anche un problema che riguarda gli altri settori commerciali in cui ovviamente ci sono interessi.
  Penso all'industria dell'auto, al tessile, agli standard per i trasporti e così via, quindi una materia molto complicata, ma che, con le premesse che vi ho fatto, credo meriti un'attenzione specifica per le opportunità di un mercato di 320 milioni di abitanti, con un reddito pro capite di circa il 50 per cento più alto del nostro e con un amore spassionato per il made in Italy – mettendomi il cappello più italiano e meno europeo. Credo sia opportuno guardarvi con molta attenzione.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole De Castro.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FILIPPO GALLINELLA. Ringrazio l'onorevole De Castro. Voglio fare una prima domanda sulla questione che è stata sollevata per prima, ovvero la mancanza di trasparenza che c’è stata fino adesso. Il commissario al commercio Malmström ha detto che darà disponibilità agli eurodeputati di controllare le future relazioni e documenti relativi al negoziato. Vorrei sapere se vi sia anche l'idea di inviare in maniera diretta le relazioni anche ai Parlamenti nazionali, senza che dobbiamo per forza cercarle nel sito Internet dell'Unione europea. In questo modo, se va in porto il progetto, la relazione che dovremmo preparare sul TTIP potrebbe essere arricchita anche di futuri sviluppi.
  Vorrei, inoltre, sapere quale sia a livello dell'Unione la sensibilità sull'Investor-state dispute settlement (ISDS), che so che riguarda un po’ tutto il negoziato.
  Relativamente al settore agroalimentare, vorrei chiedere quale è la linea dell'Italia o dell'Unione relativamente alle modalità dell'inclusione per le denominazioni d'origine. Sull'accordo col Canada, per esempio, ne erano state salvaguardate circa 150: non so quale sarà la linea per questo trattato, se sarà in base al fatturato Pag. 7delle DOP e delle IGP. Vorrei avere delle linee guida di indirizzo su questo.
  Ha anche parlato, giustamente, del fatto che si abbattono i dazi e i controlli fitosanitari: è stata fatta una stima su quanto costano i dazi agli USA e quanto costano le barriere fitosanitarie all'Unione europea ? Vediamo infatti che questo trattato è un po’ più spinto dagli USA, quindi magari loro hanno più interesse a un mercato di sbocco, che è quello europeo, mentre dalla sua relazione si è percepito che a noi conviene più aprire al mercato degli Stati Uniti, laddove comunque ancora c’è un saldo netto, per cui si potrebbe anche lavorare diversamente per quanto riguarda i prodotti agroalimentari.
  Sull'etichettatura e il benessere animale, nello scambio di questi prodotti, vorrei capire come si allineeranno i sistemi di etichettatura, se ci saranno o meno. Noi abbiamo un regolamento nuovo e non so se l'importazione di prodotti dovrà adattarvisi o meno.

  MARIO CATANIA. Un ringraziamento particolare all'onorevole De Castro, che, come sempre, è impeccabile nell'illustrazione di tematiche anche molto complesse come questa. Un ringraziamento anche per il paper di riflessione e di documentazione che ci ha portato, anche questo ho già colto estremamente esaustivo.
  Credo che di fronte a questo negoziato ci sia in Italia e nel mondo agroalimentare un atteggiamento non del tutto soppesato e ponderato. Anche tra i colleghi in quest'Aula in diverse occasioni ho colto dei timori, delle resistenze, delle perplessità, anche forti, relative al negoziato in questione, in una certa misura anche nell'intervento del collega Gallinella c’è l'eco di una preoccupazione riguardo a quello che potrebbe essere il risultato di questa dinamica negoziale.
  Credo che questo non sia casuale rispetto a quanto è successo in passato. Il mondo agroalimentare italiano è abituato a negoziazioni internazionali, che hanno avuto effetti spesso pesanti sul nostro sistema produttivo. Penso a tutti gli accordi negoziati con i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo, come anche ai negoziati, anche non conclusi, con le realtà latino americane, i Paesi del Sud America e via dicendo.
  Qui, però, – ed è su questo che prego il presidente De Castro di essere ancora più convincente e autorevole di quanto non possa essere io – c’è un dato totalmente diverso: chi sa leggere la realtà produttiva commerciale dell'Europa e degli Stati Uniti, riesce a cogliere con tutta evidenza come, in effetti, in questo negoziato chi ha tutto da guadagnare nelle dinamiche agroalimentari è l'Europa e non gli Stati Uniti. Questi non hanno oggettivamente, in direzione dell'Europa, particolari potenzialità esportative, se non forse rispetto ad alcuni segmenti del sistema produttivo americano, che però sono comunque limitati, a basso valore aggiunto, sui quali adesso non mi soffermerò. L'Europa, invece, ha con tutta evidenza, rispetto al mercato americano, delle potenzialità enormi e le ha in una serie di filiere ad alto valore aggiunto, dove noi siamo particolarmente presenti come Paese.
  Credo che sarebbe molto utile che il presidente De Castro tornasse su questi temi per rassicurare tutti noi che un negoziato svolto dalla Commissione europea e poi approvato dal Parlamento europeo con la dovuta attenzione, avendo ben presente quei tre o quattro punti delicati, la protezione delle denominazioni e delle indicazioni geografiche europee, gli ormoni, gli OGM, su cui il presidente De Castro ha già riferito, e così via, un negoziato ben condotto è una volta tanto per il sistema agroalimentare europeo, per quello italiano in particolare, positivo, perché può avere degli affetti enormemente positivi sul nostro sistema produttivo.

  GIUSEPPE L'ABBATE. Ringrazio il presidente De Castro. Avrei un paio di domande in merito innanzitutto allo studio del Comitato degli esperti per la politica della ricerca (CEPR), il più ottimistico, secondo il quale con il TTIP si avrà una crescita del PIL dello 0,48 per cento spalmato su 13 anni. Se, quindi, domani mattina dovesse essere approvato l'accordo, Pag. 8l'anno prossimo la crescita europea passerebbe dall'1,35 all'1,38 per cento. Dunque vi sono rischi notevoli con benefìci in termini economici abbastanza irrisori. La domanda è questa: c’è uno studio, o il presidente ha dei dati, che quantifichino gli eventuali svantaggi, dato che non c’è alcuna quantificazione degli svantaggi e si parla solo di vantaggi ? Degli svantaggi, infatti, non ho personalmente trovato alcuna quantificazione.
  Inoltre, vorrei chiedere se con il TTIP non ci sia il rischio che negli Stati europei sia affossata la domanda interna, e che quindi comincino a commercializzare di più con gli Stati Uniti. Questo porterebbe a uno squilibrio nella bilancia dei pagamenti, e quindi a un forte indebitamento da parte degli Stati europei con gli USA. Non vede questo rischio ? Si ripeterebbe un po’ la storia dell'effetto centro-periferia che si è avuta con l'euro, laddove i Paesi più deboli si sono fortemente indebitati con i Paesi più forti.
  Un'altra questione è sempre legata all'ambito economico: con questo trattato andiamo ad agganciarci maggiormente all'economia statunitense, quindi in caso di shock economico degli USA, c’è il rischio che questo si tiri dietro l'intera Europa, dato che abbiamo pochi strumenti di intervento a livello monetario, e si porti l'intera Unione europea in una forte crisi.

  ADRIANO ZACCAGNINI. Ringrazio per le informazioni che ci sono state fornite. Credo che il quadro del TTIP ora si stia diradando un po’ dalle nebbie, ma è un quadro abbastanza confuso. Come lei sottolineava, c’è stata poca trasparenza. Dice che il controllo democratico è assicurato dal voto dell'Assemblea, ma credo che ci siano anche vari altri passaggi di democrazia partecipativa o, comunque, di controllo che non sono stati fatti adeguatamente. Può essere fino a oggi descritto come un trattato in cui gli accordi sono fatti sostanzialmente in segreto.
  Ora il mandato è stato reso pubblico, ma è poca roba. Noi parlamentari non possiamo accedere, se non a Bruxelles, a quella stanza, a quella biblioteca, dove ci sono i report dei round negoziali. Credo che sia una limitazione troppo grande. Abbiamo chiesto che almeno in tutte le capitali europee questo sia possibile. Lei si rende conto che è normale poi che ci siano delle polemiche molto forti. La trasparenza è un passaggio che, innanzitutto, va chiarito e migliorato.
  Riguardo alle valutazioni di impatto che ci sono state fornite, come accennava il collega, lo 0,5 del PIL entro il 2027 è poca cosa rispetto al modello di sviluppo che si creerebbe, con gli svantaggi in primis sull'occupazione. L'occupazione del mondo agricolo avrebbe delle ripercussioni pesantissime. Sappiamo che dopo qualsiasi deregolamentazione del mercato – il TTIP è una deregolamentazione, che può essere buona o cattiva in alcuni settori, ma lo è – c’è sempre un calo dell'occupazione e la difficile riallocazione delle risorse umane.
  Nel quadro generale, il TTIP ha poi delle falle molto pesanti. La mia domanda specifica è anche sull'ISDS, sugli arbitrati internazionali: come potrebbero non essere delle minacce alle istituzioni ? Gli arbitrati internazionali esterni sono una vera e propria minaccia alle istituzioni democratiche: tre avvocati scelti da una lista di 300 tra i migliori studi legali del mondo che collaborano con le lobby che decidono se una multinazionale o uno Stato sovrano debbano pagare.
  A quel punto, se lo Stato sovrano paga, sono ovviamente i cittadini, i contribuenti a pagare, come nei casi Veolia, Vattenfall, Philip Morris e possiamo citarne ormai decine, purtroppo, di questi casi, anche per i Paesi europei, che li hanno già subiti in seguito a trattati bilaterali, perché sono già presenti questi arbitrati internazionali: cosa pensa di questo ? Per fortuna, ci sono dei Paesi europei che hanno una posizione contraria al momento.
  Riguardo agli standard, mi auguro che nei documenti ci siano maggiori dettagli tecnici. È stata un po’ grossolana, secondo me, la presentazione, in particolare riguardo alle indicazioni geografiche tipiche, Pag. 9che ha detto essere già presenti nell'accordo col Canada, nel CETA (EU – Canada Trade Agreement).
  In questa prima sperimentazione con il Canada di mutuo riconoscimento tra prodotti autenticati e marchi registrati, possiamo già vedere dei chiaroscuri. In particolare, chi in Europa vedrà importare il prosciutto Italian style a prezzo più che accessibile, visto che il trattato prevede una reciprocità negli scambi, difficilmente si farà scrupolo di acquistare il prosciutto canadese o meno, soprattutto, se quello sarà fornito al 3 per 2 o al 5 per 7 al supermercato.
  Privilegiare l’export per quattro, cinque o dieci grandi prodotti impedisce uno sviluppo differente del mercato, della distribuzione europea, soprattutto del prodotto offerto al cittadino da noi, in Italia. Tutte le aziende che, ad esempio, producono prosciutto crudo, ma che non hanno un marchio riconosciuto, subiranno ripercussioni evidentemente negative per l'invasione di prodotti statunitensi.
  Tra l'altro, non è specificato come saranno bloccati, controllati e, soprattutto, chi controllerà quest'invasione, quest'inondazione di prodotti agroalimentari statunitensi. Sappiamo che sono prodotti con disciplinari completamente differenti, per non parlare della questione OGM, che non è quella della coltivazione, come sappiamo bene in Europa, visti anche i risultati ottenuti in queste settimane, ma è quella della mangimistica: il 70 per cento di prodotti impacchettati negli Stati Uniti è OGM. Ribadisco, il 70 per cento dei prodotti impacchettati negli Stati Uniti. Di fronte a questi numeri, è un po’ difficile pensare che non ci sia un abbassamento delle garanzie per i prodotti e della tutela per la salute dei consumatori europei.
  Mi chiedo, appunto, se i benefìci ventilati e sbandierati non siano veramente un risultato marginale, soprattutto rispetto a quello dell'occupazione, ma pensiamo addirittura al settore dei servizi: la Walmart potrebbe arrivare e prendere l'appalto delle mense, sempre per rimanere in agroalimentare, delle scuole dei nostri figli o aprire ospedali pubblici. È stato confermato che ancora si tratta all'interno del negoziato se aprire ai servizi in maniera generalizzata, come ha confermato il Ministro del commercio inglese.
  Concludo. Di fronte a questi svantaggi, i benefìci sembrano essere marginali e vorremmo, se possibile, avere anche delle valutazioni di impatto maggiori, più chiare, più definite, perché finora sono abbastanza grossolane e superficiali e, soprattutto, sembrano di parte, non fatte per una reale valutazione di impatto tra costi e benefici.

  GIUSEPPE ROMANINI. Ringrazio anch'io l'onorevole De Castro per quest'opportunità che ci dà, anche per l'importante mandato che ha ricevuto dal Parlamento europeo per seguire tutta la parte che riguarda gli aspetti agricoli del TTIP.
  Onorevole De Castro, penso che qui abbiamo un po’ una rappresentazione di quello che è la società. Anche in questa Commissione abbiamo sentito le preoccupazioni vive che ci sono rispetto a quel che si dice del TTIP. Le informazioni hanno cominciato a girare e si è chiarito, secondo me abbastanza bene, che non sono messi in dubbio gli standard di qualità a cui siamo abituati, soprattutto gli aspetti fitosanitari, della sicurezza alimentare, che non è in discussione l'OGM, e penso di essermi formato l'idea anch'io, come l'onorevole Catania, che per l'Europa, ma soprattutto per l'Italia e i Paesi del Sud Europa, questo accordo darà delle possibilità aggiuntive alla nostra economia, alla nostra agricoltura e all'agroindustria.
  È, però, evidente questo aspetto di comunicazione. Nonostante oggi le cose si comincino a leggere, a essere diffuse, nonostante i passaggi che ci saranno, e che ci ha ben illustrato, del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali, penso che un'attività di grande comunicazione su come stanno andando le cose, dove va a parare il TTIP, sia uno sforzo che il nostro Governo deve compiere.
  Abbiamo ascoltato poche settimane fa qui al Parlamento il premio Nobel Joseph Stiglitz, che ha fatto del «terrorismo» sul trattato, sostanzialmente dicendoci che Pag. 10stiamo scambiando salute e benessere per crescita economica. È evidente che questo va contro la politica che stiamo perseguendo da anni. Penso che l'aspetto comunicativo sia fondamentale, altrimenti, nonostante giudichi questa un'opportunità, se non si lavorerà sulla comunicazione, una comunicazione di verità, cioè di far sapere alla gente, di creare dei momenti di conoscenza, questo risultato non si potrà portare a casa.
  Uno degli aspetti più critici è senz'altro quello che riguarda gli arbitrati internazionali, che stanno preoccupando tantissimo, anche se devo dire che su questo aspetto il viceministro Calenda, due settimane fa, ha molto ben chiarito di cosa si tratti. Se, però, questa è la percezione in Italia a livello di Commissione Agricoltura del Parlamento, è evidente che abbiamo un problema di comunicazione di carattere più generale sul quale credo bisognerà investire molto.

  PAOLO COVA. Ringrazio l'onorevole De Castro. Cercherò di essere sintetico. Uno dei primi temi è quello che riguarda gli ormoni e le carni trattate in America e vietate attualmente in Italia, l'uso della somatotropina nel latte, e se permangano il vincolo e il blocco delle importazioni delle carni trattate con anabolizzanti da parte dell'America. Credo che questo sia uno dei temi estremamente delicati, perché riguarda anche tutto l'aspetto delle aziende farmaceutiche che hanno interesse a vendere farmaci anabolizzanti e a portarli in Italia. Bisogna capire la normativa e, soprattutto, se ci sia qualche deroga all'importazione dall'America di carne non trattata e con quale tipo di etichettatura e di caratteristica sia poi venduta all'interno del mercato europeo.
  L'altro tema è quello della somatotropina e dell'uso che ne viene fatto per il latte, la sua regolamentazione.
  L'altro aspetto è quello della BSE e dei vincoli che ha l'Europa nei confronti dell'America, i vincoli che ci sono posti. Dopo tutti questi anni, in cui anche l'Unione europea ha detto che non c’è un problema di zoonosi da parte delle carni con la presenza della BSE, ha ancora senso questo vincolo ? È solo un vincolo sanitario di preoccupazione da parte degli Stati Uniti di non avere animali o c’è anche un problema sanitario di zoonosi ? Credo che vada affrontato in modo più deciso, anche perché un po’ vincola alcune nostre esportazioni.
  L'ultima osservazione, in modo un po’ veloce, riguarda la genetica: c’è qualche capitolo, qualche argomento riguardo l'importazione ed esportazione e quali accordi riguardo alla genetica, soprattutto per la parte animale e zootecnico ?

  FRANCO BORDO. Andrò per punti per maggior sintesi.
  Onorevole De Castro, mi permetta innanzitutto di dirle che il gruppo della sinistra unitaria europea (GUE) non ha una posizione preconcetta e predefinita. Ha assunto una posizione decisamente critica nei confronti del trattato in corso proprio per via della scarsa informazione e trasparenza rispetto all'argomento, su cui ultimamente si sta cercando di recuperare. Sono le organizzazioni professionali e di categoria che nel nostro Paese hanno prima di tutto sollevato una forte preoccupazione.
  Ovviamente, tutti guardiamo con interesse al fatto che possano aumentare le esportazioni da parte del nostro Paese, ma quando organizzazioni professionali e associazioni dei consumatori ci richiamano al principio di precauzione, sulla questione degli OGM, dichiarare semplicemente, non da parte sua, ma come pure è stato fatto, che gli OGM sono fuori dal TTIP, ci dice tutto e non ci dice niente.
  Relativamente al rischio di messa in discussione delle regole del sistema sanitario e fitosanitario, vorrei soltanto leggere, giusto per non farla lunga, la parte in cui il direttore di un importante consorzio, il Consorzio Grana Padano, dice che il problema nasce dal fatto che negli USA non è riconosciuto il prodotto DOP: «Ciò che preoccupa noi produttori è che vogliono utilizzare i nostri marchi e i nostri nomi banalizzandone la qualità».Pag. 11
  Penso che queste non siano, per richiamare anche il nostro collega, frasi che portano dichiarazioni che fanno rima con «terrorismo», ma che si parli di una preoccupazione molto elevata. Se invece ci appiattiamo, potrei dire che si va verso il «collaborazionismo».
  Finite le battute, come e quando definiamo, prima di tutto in Europa, questa vicenda dell’Italian sounding e insieme la questione dell'etichettatura ? Dobbiamo avere chiaro un sistema di etichettatura che difenda innanzitutto il diritto del consumatore e, contemporaneamente, quelli dei produttori, degli allevatori e degli agricoltori. Se su questo non abbiamo chiaro dove andiamo in Europa, all'interno dell'Europa innanzitutto, con un sistema di etichettatura condiviso e chiaro, che però non sia al ribasso rispetto alle condizioni attuali e alle problematiche che stiamo vivendo in Italia, rischiamo di andare a un accordo con gli USA su questa partita, ripeto, al ribasso, che creerà molta confusione e permetterà molta più invasione di prodotto scadente che non l'esportazione di prodotti di qualità.

  MASSIMILIANO BERNINI. Ringrazio l'onorevole De Castro, per il quale ho una domanda flash. Nella relazione che ci ha fornito in conclusione ci sono quattro punti. Il secondo in qualche modo ha colto la mia attenzione e lo leggo brevemente: «I princìpi su cui si basano i livelli di protezione dei cittadini non sono oggetto di discussione. L'obiettivo è superare ostacoli al commercio che non ledono questi princìpi. Ad esempio, il tema degli OGM come della carne agli ormoni non rientrano nei temi del negoziato».
  Benissimo, condivido questo punto, anche se un po’ fumoso, ma poi nel corso della presentazione di questa relazione ha parlato di importazione dagli USA di prodotti a basso valore aggiunto e ha citato l'esempio della soia. Ora, è risaputo che la soia coltivata in tutto il mondo è prevalentemente transgenica, quindi si tratta di un prodotto geneticamente modificato, di un OGM: non ravvisa una contraddizione tra quello che lei, appunto, ha dichiarato e il secondo punto conclusivo della relazione ?

  MINO TARICCO. Anch'io ringrazio l'onorevole De Castro per la puntualità che, come sempre, contraddistingue i suoi interventi. Molte cose e osservazioni puntuali su questioni che devono essere al centro dell'attenzione in questo negoziato sono state già dette dai colleghi, per cui non mi soffermerò su questo.
  Credo che, quanto meno in questi ultimi periodi, siano stati fatti tanti passi avanti, in termini anche di trasparenza. Oggi, sono facilmente accessibili da chiunque i documenti sul sito dell'Unione europea, anche in italiano, sulle schede di avanzamento lavori, per cui c’è un livello di accesso ai dati assolutamente ampio.
  In questo senso, però, il mio intervento vuole recuperare cose già dette dal collega Romanini, e cioè che è necessario riflettere su come dare il massimo di esplicitazione ai dati esistenti, anche alla luce di una considerazione. Credo che questo trattato possa essere uno strumento importante per offrire prospettive soprattutto ai prodotti di qualità dei nostri territori.
  Oltretutto, se è vero che dovremmo trovare un accordo, definirei quello del TTIP un accordo di regolamentazione condivisa, nel senso che oggi comunque siamo in un quadro nel quale stiamo faticando con i nostri prodotti. Se fossimo oggi in una situazione per cui le nostre DOP e il nostro Parmigiano avessero facilità di riconoscimento da parte degli Stati Uniti e questo accordo mettesse in discussione questa facilità di riconoscimento, capirei una serie di questioni, ma oggi non siamo in questa situazione.
  Credo, allora, che l'accordo sia l'opportunità per fare un grande passo avanti in questa direzione. Questo va spiegato. Anche in tanti interventi che si sentono in quest'aula, si ha la sensazione che oggi vada tutto benissimo, e che l'accordo lo mette a rischio. Non mi pare che questo sia il quadro, almeno per il rapporto che ci proviene da parte dei mondi economici interessati da questa vicenda.Pag. 12
  Da questo punto di vista, quindi, credo che sia molto importante utilizzare tutti gli strumenti informativi, anche perché, come dicevo, vi è una questione temporale giustamente già illustrata in altri incontri: quest'accordo incontra oggettivamente molti freni nell'opinione pubblica europea per tutta la mala informazione che è stata fatta intorno, ma anche una scadenza temporale legata alle presidenziali degli Stati Uniti.
  O riusciamo a chiudere quest'accordo entro il 2015 o rischia di essere veramente una di quelle partite che non sappiamo quando e come potrà essere riconsiderata. È abbastanza evidente che nel 2016 sarà praticamente impossibile che quest'accordo, se non perfezionato e affinato prima, possa arrivare a conclusione, e quindi rischiamo di parlarne nel 2017, nel 2018, il che rischia veramente di vanificare la bontà dell'intervento. Bisogna fare, quindi, grande attenzione al tema della comunicazione e dell'informazione, perché l'opinione pubblica sarà importante per arrivare in tempo in questa partita.

  GIORGIO ZANIN. Anch'io mi unisco al ringraziamento. Due sono gli appunti per cercare di stare su questioni che finora non sono state toccate.
  Quello che abbiamo fin qui sviluppato prevalentemente nelle nostre discussioni è un punto di vista del «conviene a chi». Io vorrei porre questo «conviene a chi» in un termine o con un profilo nuovo. Sappiamo che le transazioni economiche hanno un impatto anche di carattere ecologico e vorrei capire se nell'ambito di questo TTIP si è pensato mai che l'aumento delle transazioni economiche da un oceano all'altro ha un impatto ecologico che può anche non convenire al pianeta. Anche questo mi sembra un punto di vista interessante che dovremmo considerare.
  È chiaro che questo vale per tutte le merci, ma ancor di più per quelle a carattere agroalimentare, che peraltro nel nostro Paese da molto tempo sono al centro anche di una discussione relativa al valore aggiunto che realizzano, nella misura in cui portano qui flussi di turismo. Ieri, c’è stato un intervento particolarmente importante sul Corriere, ancora una volta sulla questione del turismo: ritengo che questi siano elementi su cui l'Italia possa o debba fare anche una riflessione aggiuntiva.
  In secondo luogo, sul tema del valore aggiunto, è evidente che la transazione economica oltreoceanica sui freschi non ha molto senso. Parliamo del mondo agricolo: il valore aggiunto è quello della trasformazione. Tra queste categorie, negli allegati che ci ha consegnato, ho visto giustamente riportato l'elemento di appesantimento che riguarda le bevande alcoliche, gli spirits in generale, che sono a mio giudizio il settore che più di altri potrà o potrebbe in teoria beneficiare di questa nuova transazione.
  Ricordiamoci che nel made in Italy abbiamo a disposizione una lunga serie di prodotti che sono effettivamente made in Italy. Ricordo il limoncello e, in particolare, da buon friulano, le chiedo se il tema della grappa, che vedo qui in qualche maniera doppiamente tartassato, non sia un aspetto, in particolare rispetto alla gradazione, da appianare nell'ambito del TTIP. Lo dico cercando di mettere in evidenza gli aspetti su cui dobbiamo costruire e penso che lei sia la persona più indicata per far leva a questo riguardo.

  GIAN PIETRO DAL MORO. Mi complimento anch'io per l'intervento del presidente De Castro, come sempre puntuale. Però, come altri miei colleghi hanno già anticipato, respiro sempre un clima di sospetto attorno a questo momento: si respira quest'aria di sospetto molto forte, che corre il rischio di appesantirla, e rendere difficile cogliere un'occasione che possiamo avere. Allora, proviamo a ribaltare la piramide.
  In questi anni, ci siamo sempre lamentati perché la globalizzazione è un problema, ma il problema è la globalizzazione o la mancanza di regole nella globalizzazione ? Il problema è la mancanza di regole, non la globalizzazione. Se abbiamo invocato regole, nel momento in cui le definiamo, le regole diventano un problema ? Pag. 13Una delle due: o accettiamo una globalizzazione senza regole e rimaniamo nello status quo o, se cerchiamo di mettere delle regole, a quelle dobbiamo cercare di trovare una soluzione. Dico questo perché con tutte le difficoltà che ci sono, personalmente preferisco delle regole da poter contrastare, verificare e via dicendo, ma avere un punto fermo.
  Anche nel recente libro pubblicato dall'onorevole De Castro ci viene descritto che gli scenari agroalimentari nei prossimi anni cambieranno radicalmente, miliardi di persone modificheranno i loro consumi alimentari, cominceranno a mangiare carne, cambieranno gli equilibri agroalimentari nel mondo, l'Europa e l'Italia potrebbero trovarsi in difficoltà nei nuovi equilibri della geopolitica agroalimentare. In tutto questo, pensiamo di rinchiuderci nel fortino dell'identità rispetto a questi scenari della globalizzazione ? A me pare una posizione anacronistica, che ci mette in grande difficoltà.
  C’è poi una parte delle osservazioni che condivido, che è quella di essere trasparenti, il tema vero, come diceva l'onorevole Gallinella. Non fateci rincorrere. Io per esempio sono andato in una scuola a parlare della fame nel mondo, nelle classi quinte superiori, e mi aspettavo domande sui temi della siccità, della povertà e via dicendo, e invece ci sono stati tre studenti che mi hanno chiesto del TTIP, dicendomi questa cosa. Ho capito che è già partita un'onda e sappiamo che oggi in Europa sono 218 le associazioni che a vario titolo stanno immaginando una nuova apocalisse.
  Allora, il tema della comunicazione, dell'informazione e della trasparenza è un elemento fondamentale per il successo di quest'operazione. Se, però, ci mettiamo in una posizione culturale arretrata, da grandi benefìci potremmo averne solamente grandi conseguenze.
  Concludo con una riflessione. Siamo convinti che sarebbe meglio non fare niente ? Io penso che sarebbe molto peggio. Quindi buttiamo il cuore oltre l'ostacolo, guardiamo avanti e cerchiamo di stringere sulle regole in modo che ci sia trasparenza, informazione, e di fare le nostre battaglie. Questa situazione di preoccupazione eccessiva, secondo me, ci può porre dei grandi problemi e delle grandi difficoltà nei prossimi anni per la nostra piccola e grande Italia.

  PAOLO RUSSO. Partirei dalle criticità di metodo rilevate e che obiettivamente possono minare l'impianto di un negoziato al quale pregiudizialmente guardiamo con tanto favore e attenzione quanto con preoccupazione.
  Ci sono quattro questioni di carattere specifico. Lascio ad altre sensibilità le analisi più geopolitiche e più orientate a vicende strategiche di carattere internazionale. Una prima vicenda è quella degli ormoni, che è stata già qui sollevata da altri autorevoli colleghi. In secondo luogo, vi è nell'ambito di questo trattato un capitolo specifico che riguarda una delle nostre straordinarie eccellenze, che è rappresentata dal vino ? Abbiamo su questo fronte una fidata condizione che potrà misurare ancor maggiori successi in quei mercati ?
  Inoltre, vengo agli OGM e alle etichettature in una chiave un po’ diversa da quella che ho ascoltato dai colleghi. Pensiamo che le due vicende siano collegate, nel senso che non ci interessano i prodotti OGM perché non ci interessano produzioni che hanno questo profilo per la tipicità del nostro Paese e per la tradizione delle nostre colture agricole, ma non crediamo che siano il male assoluto. Ci interessa soltanto che il combinato disposto di un'etichettatura che sia reale, efficace, chiara e inequivoca, indichi con trasparenza i prodotti, le produzioni e le origini.
  Altro aspetto collegato a questo dell'etichettatura è rappresentato dalla criticità che l'onorevole De Castro con molto garbo ha indicato e che ha chiamato una certa resistenza ai marchi negli Stati Uniti. La preoccupazione che vorremmo sollecitare è la seguente: qual è l'impronta agricola che si determina attraverso un'operazione importante, necessaria di nuovi mercati, più ampi mercati, più aperti mercati ? È un'operazione di un'impronta tutta sul Pag. 14fronte industriale o è un'operazione per il nostro Paese con un margine che inciderà sulla parte agricola ? Sulla parte agricola speriamo possa incidere su quella di qualità, alimentando queste filiere.
  Il dubbio, la preoccupazione è che, da una parte, la resistenza ai marchi, d'altra parte, la propensione naturale, legittima, giusta all’export comportino naturalmente per il nostro Paese maggiori volumi sul piano dell'esportazione, non sempre maggiore qualità, non sempre maggiore valore. Avremmo piacere che ci fosse maggiore attenzione su questo fronte, in modo da avere certezza che non si modifichi la prospettiva agricola del nostro Paese in funzione di un'esigenza di mercato, ma che rimanga quell'eccellenza straordinaria rappresentata dai prodotti a marchio.
  Insomma, apprezziamo straordinariamente lo sforzo che si va facendo sul fronte dell'apertura di nuovi mercati che possono rappresentare per il nostro Paese importanti aspettative, ma permangono per ora le preoccupazioni su quale sia l'incidenza reale nella modifica della prospettiva agricola tradizionale di qualità del nostro Paese.

  NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Farò un intervento europeo, molto ridotto nei tempi, perché è giusto dare la possibilità a tutti i colleghi di intervenire, ma vorrei innanzitutto fare un plauso al presidente De Castro che, per la sua autorevolezza a Bruxelles, ma anche a Roma, è stato nominato negoziatore dell'Unione europea per il trattato e anche per il fatto che è relatore di questo trattato di partenariato transatlantico. Vorrei ringraziarlo anche per lo sforzo, per l'impegno che sta mettendo in campo circa la trasparenza di questa condizione e di questa situazione di negoziato. So che ieri ha convocato un incontro al Parlamento europeo per valutare i rischi e le opportunità del negoziato e ho visto che le presenze, veramente autorevoli, hanno dato un contributo straordinario, eccezionale per questa vicenda.
  Ora, signor presidente, abbiamo già visto che il partenariato transatlantico ha l'obiettivo di rimuovere le barriere commerciali in una vasta gamma di settori economici per facilitare l'acquisto e la vendita di beni e servizi tra l'Europa e gli Stati Uniti. Oltre a ridurre le tariffe in tutti i settori, l'Unione europea e gli Stati Uniti vogliono affrontare il problema delle barriere doganali, come le differenze nei regolamenti tecnici, le norme e le procedure di omologazione.
  Spesso, queste rappresentano un aggravio inutile in termini di tempo e denaro per le società che vogliono vendere i loro prodotti su entrambi i mercati. Faccio un esempio classico: quando un'automobile è omologata in Europa, ha bisogno di un'ulteriore procedura di approvazione negli Stati Uniti, nonostante le norme della sicurezza italiane siano particolarmente simili. Per quanto riguarda, invece, i prodotti agroalimentari, è l'inverso. Prodotti italiani che hanno una certificazione elevata, che rappresentano veramente il made in Italy e di cui è estremamente garantita la genuinità, praticamente rischiano di non essere apprezzati, per quello che rappresentano, fuori. Insomma, non bisogna abbassare la guardia su questo settore, altrimenti rischiamo di buttare il bambino con l'acqua sporca.
  Su questo devo dire che c’è il rischio, che abbiamo visto anche in questa Commissione durante il dibattito che si è svolto stamattina, di trovarsi di fronte a due posizioni: una aperturista del mercato, che rappresenta questo trattato come una chance per rivitalizzare un'economia europea affievolita e che forse qualcuno pone in funzione anti-Russia, altri in funzione anti-Cina; un altro atteggiamento, anche questo sbagliato, di un'incarnazione della globalizzazione cattiva o del vampirismo delle multinazionali.
  La verità è che l'obiettivo di questo trattato è di innescare la ripresa economica su entrambe le sponde dell'Atlantico attraverso la semplificazione degli scambi commerciali. Quest'obiettivo è condivisibile in un periodo di grande stagnazione come quello che stiamo vivendo, ma la preoccupazione per le imprese agroalimentari italiane è la concorrenza. Allora, Pag. 15signor presidente, vorrei chiedere al presidente De Castro: l'agroalimentare italiano è pronto per cogliere l'opportunità di una maggiore apertura commerciale con gli Stati Uniti ? Sono tutelate pienamente le indicazioni geografiche o occorre qualche passaggio in più ?
  Sappiamo che in Italia vi è un livello altissimo di sicurezza alimentare ed è noto anche che il nostro sistema fornisce la più alta garanzia in termini di qualità e di ambiente, ma l'accordo rischia di abbassare gli standard alimentari in termini qualitativi e ambientali. È, quindi, necessario forse delineare un'agenda comune per definire gli standard agroalimentari ? Quali sono i vantaggi del trattato per l'agroalimentare italiano ? Quali sono i settori che si avvantaggiano maggiormente dalla semplificazione degli scambi commerciali ? Quali corrono maggiori rischi concorrenziali ?
  Vorrei fare un'ultima osservazione, collegata a quella che poc'anzi ha fornito il collega Taricco: siamo davanti a una scadenza, il 2015, per gli Stati Uniti, ma credo che già oggi si sia verificato un cambio tendenziale di maggioranza all'interno degli Stati Uniti. Questo crea problemi per lo svolgersi e la definizione del trattato o è tutto, rispetto agli obiettivi che abbiamo stabilito, in una fase di normalità ?
  Signor presidente, vorrei ulteriormente ringraziare il presidente De Castro per quest'attenzione e per il fatto che ci fa sentire anche protagonisti di questo trattato. È vero che abbiamo aperto quest'indagine conoscitiva, ma è anche vero che il presidente De Castro si è subito affrettato a dare la disponibilità proprio per darci elementi ulteriori per una riflessione più attenta da parte nostra. Anche per questo vorrei ringraziarlo.

  PRESIDENTE. Do ora la parola all'onorevole De Castro per la replica.

  PAOLO DE CASTRO, Relatore permanente per i profili di competenza agricola dell'Accordo di partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP) del Parlamento europeo. Ringrazio i colleghi. Cercherò di dare il massimo della soddisfazione, ovviamente compatibilmente col mio ruolo, che desidero subito precisare. Innanzitutto, vi chiedo scusa per la maniera un po’ superficiale e rapida dell'intervento introduttivo. Quello che vi ho fornito è solamente materiale che ha costruito il mio ufficio, quindi serve per avere un'idea di massima, ma naturalmente tutta la documentazione potrà essere ottenuta direttamente dai negoziatori.
  Oltretutto, il nuovo corso che la commissaria Malmström ha dato, in questo rispondo già a qualche sollecitazione, è proprio di rendere il più trasparente possibile, come avete detto in più di un intervento, non solo il mandato negoziale, ma anche i risultati dei round. Abbiamo fatto sette round negoziali e siamo in procinto di farne un ottavo, che si terrà tra la fine di gennaio e l'inizio di febbraio, in funzione delle nomine che ci saranno proprio per quel cambio di maggioranza evocato da Oliverio.
  La situazione, dunque, è in piena evoluzione. Qui richiamo gli interventi degli onorevoli Romanini, Taricco e anche Dal Moro: è importante il problema della comunicazione. Cerchiamo di entrare nel merito il più possibile. Naturalmente, non sono qui a convincervi o meno. Non sta a me. I negoziatori, come ho detto, sono i Governi, il Governo europeo è la Commissione, il Governo americano, oggi è Obama. Sono loro che negoziano. È proprio questa volontà di controllo democratico che ha spinto il Parlamento europeo a nominare ed eleggere, nelle Commissioni in cui c’è evidentemente maggiore attenzione e preoccupazione, dei rapporteur permanenti, dei relatori permanenti, il cui compito è di lavorare con i negoziatori, ma per trasferire l'informazione nelle Commissioni di merito.
  In sostanza, il nostro ruolo è proprio quello di verificare la bontà o la non bontà di come vanno i negoziati. Saremo noi, nel mio caso in Commissione agricoltura, altri in altre Commissioni, a dover convincere i colleghi a votare a favore o contro. Dovremo riferire dello stato d'avanzamento Pag. 16dei negoziati, perciò parteciperemo ai lavori negoziali, ma non da negoziatori, bensì da «controllori».
  Ho un'altra osservazione importante. Il controllo democratico, la comunicazione, sono tutte questioni di cui, è inutile che lo dica io, il Parlamento europeo fa la sua bandiera. Il problema è che quest'attività è svolta anche dagli Stati Uniti e dal Congresso. L'accordo è un accordo a due. Il Congresso americano vota e abbiamo un'altissima probabilità che voti contro, così come abbiamo un'altissima probabilità che questo negoziato sia proprio abbandonato, in virtù di maggiori interessi che il Congresso sta esprimendo, anche in maniera abbastanza forte negli ultimi mesi, riguardo a quell'altro negoziato, per gli Stati Uniti molto più importante in termini di volumi e di prospettiva, che è l'accordo Trans Pacific con Cina e Giappone.
  Evidentemente, al centro di quella cartina geografica, per gli Stati Uniti c’è il Pacifico, dove ci sono i maggiori interessi. Gli Stati Uniti, come è stato detto da diversi di voi, hanno da circa vent'anni lo stesso volume di esportazioni ed è molto poco probabile che aumentino le esportazioni di mais e soia, anche perché come fonte di approvvigionamento delle commodity, il ruolo dell'America latina, come ben sapete, è cresciuto notevolmente. Noi non ci approvvigioniamo più, come abbiamo fatto negli anni Settanta e Ottanta, prevalentemente e solamente dal Nord America, ma abbiamo un approvvigionamento europeo prevalentemente dal Sud America.
  Gli Stati Uniti, d'altro canto, non hanno più quella pressione competitiva che avevano negli anni Settanta e Ottanta nei confronti dell'Europa, perché oggi hanno una prateria di mercato che si chiama Cina, che già oggi importa molto più di quanto importi l'Europa in termini di materie prime. Dal punto di vista agricolo, quindi, è più un problema per gli Stati Uniti che non un'opportunità. È per l'Europa che potrebbe diventare un'opportunità. Non ho detto che lo sia.
  Ho trovato l'intervento di Taricco puntuale su questo punto e lo richiamo. Oggi le cose non vanno bene. Se, come immagino, nei prossimi mesi avrete opportunità di ascoltare i nostri rappresentanti del mondo dei prodotti DOP e IGP, l'associazione di Giuseppe Liberatore, di tutti i consorzi, vi diranno che le cose vanno male, non bene. Le cose vanno male. Quest'accordo, come ricordava l'onorevole Dal Moro, può essere un'occasione. Non è detto che lo sia, ma può essere un'occasione per migliorare la situazione.
  Consentitemi una piccola nota tecnica: tutto quello di cui oggi spesso ci troviamo a discutere, a partire dall’Italian sounding, attiene a norme che valgono all'interno dell'Europa, ma fuori dall'Europa non c’è assoluto controllo giuridico su queste norme. Gli Stati Uniti rispetteranno le loro norme, il Brasile rispetterà le sue. Non possiamo imporre le norme europee agli altri Paesi.
  Non c’è assolutamente nessuna possibilità diversa dai negoziati, quindi, di migliorare lo stato del riconoscimento dei marchi certificati che abbiamo. O lo facciamo, in sostanza, con questi negoziati o loro continueranno regolarmente a produrre, come hanno fatto in Canada per decenni, prosciutto di Parma. Addirittura – lo dico all'onorevole Romanini, che è parmigiano e lo saprà bene – il Consorzio del prosciutto di Parma perse la causa con l'azienda canadese sull'uso della famosa corona a cinque punte, il simbolo del prosciutto di Parma. Perse la causa che invece fu vinta dall'azienda canadese perché l'aveva registrato. C’è un copyright internazionale. Le regole di diritto internazionale, amici, sono quelle, non le cambiamo noi.
  Detto ciò, questa è un'opportunità. Ce la faremo ? Amici, vista la responsabilità del Parlamento europeo – ma richiamo anche la vostra perché attraverso il processo di ratifica dovrete giocare un ruolo attivo – sta a noi mettere in evidenza questi punti. Sta a noi mettere in fila le priorità.
  Consentitemi anche, visto questo clima – più d'uno l'ha evocato, come il collega Pag. 17Catania – di dire che è curioso che si chieda, mentre facciamo un accordo, cioè durante la negoziazione, una valutazione ex post. Dobbiamo fare le valutazioni quando avremo i numeri esatti dell'accordo e diremo se ci piace o meno. Se l'accordo non c’è, come posso fare una valutazione ex ante ? È curioso. Devo poter vedere. Se non c’è niente in quest'accordo, non risolviamo nulla sulle indicazioni geografiche, non avremo abbattuto nessuna barriera fitosanitaria, addirittura avremo preoccupazioni: amici, allora voteremo contro, ci abbiamo provato e sarà un'opportunità che avremo perso.
  Non è che se la situazione va avanti, come va avanti adesso, va bene. Se la situazione va avanti come va avanti, è male. Ci sono tante opportunità di mercato. Più volte è stata stimata l'entità di questi prodotti di evocazione. Credo l'abbia fatto proprio il Viceministro Calenda qui.
  Sulla trasparenza la direzione è assolutamente quella che avete voi stessi sottolineato. Mi pare che la conferenza stampa della Malmström qualche giorno fa a Strasburgo ne sia testimonianza. Ci sarà il massimo del coinvolgimento possibile. Già oggi i materiali dei round negoziali sono disponibili.
  Vengo a un rapido riferimento al sistema delle controversie. Credo che l'abbia fatto già Calenda, ma è veramente interessante il tipo di approccio, perché manifesta una contrarietà a prescindere. Abbiamo stimato, non solo in questa Commissione oggi, ma in Parlamento europeo, non meno di 150-160 deputati che sono contro a prescindere. Il Front National e alcuni altri gruppi, come quello della GUE, hanno detto esplicitamente che non negoziano, che sono contro a prescindere, quindi c’è poco da discutere. Il gruppo dei Verdi è largamente contro.
  È evidente che, da questo punto di vista, è curioso il fatto che si sia contro anche se l'accordo ancora non c’è. Non possiamo giudicarlo. Abbiamo giudicato il Canada dopo ben sette anni di negoziato. L'accordo col Canada è durato sette anni, abbiamo concluso quell'accordo e abbiamo iniziato a discutere se ci piacesse o meno e abbiamo convenuto, perché c’è stato un voto positivo, che ha avuto una larga maggioranza del Parlamento europeo. Dovremmo fare lo stesso percorso con questo, guardarlo dentro, guardare quel che c’è, capire se ci piace o meno e votare contro se delle questioni non sono state affrontate come volevamo.
  Questo vale anche per il sistema delle controversie, che è stato introdotto dall'Europa perché avevamo paura. Se l'impresa di uno Stato membro fa un investimento in uno Stato senza una robustezza democratica e il Governo di quel Paese decide di chiudere quelle attività o di espropriarle, è evidente che c’è un vulnus dal punto di vista degli interessi dell'impresa che va a fare l'investimento, ma è stato voluto da noi, proprio per garantire le imprese che vanno a investire.
  Adesso, di fronte agli Stati Uniti, che hanno evidentemente un sistema molto più robusto dal punto di vista dei tribunali amministrativi, ci preoccupa. Benissimo, modifichiamolo. Modifichiamolo, se abbiamo un approccio positivo, con la volontà di migliorare le cose che non ci piacciono: ci si mette lì e vediamo come si può fare. Lo stanno facendo i tedeschi. Proprio stamattina, mentre sono qui, si sta discutendo in Germania proprio sul sistema di correzione delle sedi estere o su quali possibili sistemi di correzione.
  Sull'entità degli scambi, ho parlato dei dati europei in questa breve nota e ci sono, ovviamente, anche i dati italiani: di quei 17 miliardi di euro circa, che sono le esportazioni agroalimentari europee, a spanne circa 3 miliardi di euro sono italiani, 2 miliardi 900 milioni; al contrario di quei 9-10 miliardi di euro di importazioni dagli Stati Uniti, un miliardo circa, poco meno, sono importazioni dell'Italia dagli Stati Uniti, che vuol dire che l'Italia ha circa 2 miliardi di euro all'anno di saldo attivo della bilancia commerciale Italia-Stati Uniti, 2 miliardi su circa 6, vuol dire che l'Italia da sola rappresenta circa un terzo del saldo attivo europeo.
  Questo deve farvi capire anche un'altra cosa: i Paesi del Sud dell'Europa hanno un Pag. 18estremo interesse, i Paesi del Nord dell'Europa no. Non aggiungo altro. È evidente anche nelle posizioni. State attenti a valutare anche chi parla e chi si dice a favore e contrario. Evidentemente, dietro ci sono interessi. Siamo noi che siamo interessati, la Spagna, la Francia, noi sistema agroalimentare titolare di quei 17 miliardi, che sono vino, pasta, olio, formaggi. Chi fa questi prodotti in Europa ? Chi li esporta ? L'Inghilterra, la Svezia, l'Olanda ? Mi pare di no. Questo è importante per entrare nella logica.
  Per quanto riguarda le stime, qui veramente vorrei dirvi con molta umiltà di fare attenzione a valutare quelle che circolano. Sono tutte stime fantasiose. Nessuno sa quale sarà il risultato del negoziato. Si dice che guadagneranno di più gli Stati Uniti, che guadagnerà di più l'Europa: sono tutte stime calcolate su ipotetici accordi che non ci sono. L'accordo si deve ancora fare e, come è stato ben ricordato, c’è una piccola finestra di opportunità rappresentata proprio dal termine del mandato della Presidenza Obama.
  Se, infatti, arriviamo ai primi mesi del 2016 senza avere ancora l'accordo, la questione è finita. Se ne parla nel 2017, quando evidentemente gli interessi dell'altro negoziato saranno molto più cresciuti, perché è stato appena lanciato, e a quel punto ahimè troveremo gli Stati Uniti molto meno disponibili ad affrontare quelle problematiche, per esempio, di controllo dei nostri marchi certificati o di barriere sanitarie che vorremmo eliminare rispetto a quanto li troviamo oggi, quando evidentemente invece c’è un interesse maggiore.
  Sugli ormoni rispondo a Russo e ad altri colleghi: come ho detto per gli OGM, la legislazione europea è chiara e non è in discussione, quindi alla carne agli ormoni è vietato l'ingresso in Europa. L'accordo non cambia queste conclusioni, come non cambia con gli OGM. Naturalmente, vedremo alla fine ed esprimeremo un voto. Avrete l'opportunità, avendo voi responsabilità di ratifica, di guardarlo dentro, di giudicarlo all'interno con tutti gli aspetti che possono essere in positivo o in negativo.
  Il collega Cova parlava di BSE. Questo è un tema interessante di cui approfitto: attenzione, gli Stati Uniti guardano al nostro sistema con preoccupazione. Noi abbiamo questa convinzione che il sistema europeo sia il migliore del mondo e siamo orgogliosi di questo. Tutti i nostri standard di qualità e tutti i meccanismi che abbiamo introdotto nella legislazione europea ci tutelano. Gli Stati Uniti sono orgogliosi del loro. Siamo noi ad aver avuto la BSE, non loro. Sono preoccupati. Ancora pongono molti problemi alle importazioni di carne proprio perché non si fidano del sistema europeo. Abbiamo quest'atteggiamento come se gli americani facessero le cose in maniera un po’ superficiale e noi, invece, fossimo rigorosi. Questo giudizio è lo stesso degli americani nei nostri confronti. Gli Stati Uniti sono preoccupati perché consumiamo olio d'oliva che ha residui di fitofarmaci, autorizzati nella legislazione europea e da loro no. Sono preoccupati e non consumano carne di prosciutto stagionato, anche se per noi è l'eccellenza dell'agroalimentare, ma per loro è da non consumare e vietata perché dannosa alla salute, perché contiene un batterio che fa male alla salute e per la loro legislazione è vietato.
  Attenzione, quindi, a quest'atteggiamento come se fossimo i depositari di ciò che è giusto. Stiamo parlando degli Stati Uniti, quindi di un Paese che ha una legislazione forte a tutela del consumatore.
  Detto ciò, non c’è dubbio che su alcune questioni ci sentiamo un po’ «presi in giro» e le giudichiamo barriere sanitarie in senso stretto e vorremmo cambiarle. Questa è l'occasione per farlo. Per esempio, sui residui di fitofarmaci, gli oli di semi negli Stati Uniti hanno più flessibilità dell'olio extravergine d'oliva. Qui il sospetto viene: quando si tratta di olio di semi, sono più tolleranti; quando si tratta di olio d'oliva, non sono tolleranti. Allora, entriamoci dentro e cerchiamo di venirne a capo o, quanto meno, di migliorare la situazione.Pag. 19
  Ripeto che non sono qui per convincervi, ma semplicemente per illustrare il processo negoziale e le tappe. Magari insieme in altre occasioni potremo tornarci. Soprattutto, potremo tornarci dopo il prossimo round, l'ottavo, perché capiremo meglio come questa nuova maggioranza repubblicana al Senato può cambiare o meno l'atteggiamento degli Stati Uniti nei confronti di quest'accordo. Ripeto che, come molti di voi avete detto, riguarda tutti i settori, quindi è chiaro che non sarà un esercizio semplice. Tra Stati Uniti ed Europa l'interscambio vale un terzo del commercio mondiale. Potete immaginare quanto sia importante e quanti siano gli interessi in gioco.
  Nel settore agroalimentare, credo che abbiamo il dovere di mettere in fila i nostri obiettivi negoziali. Il Viceministro Calenda ha fatto un ottimo lavoro gestendo il Consiglio dei ministri del commercio. Abbiamo giocato questo ruolo grazie alla Presidenza italiana, che scade il 31 dicembre, come va sottolineato: abbiamo potuto esercitare, per quanto riguarda sia la trasparenza sia i nostri interessi, un ruolo propulsivo forte.
  Adesso, le presidenze cambieranno, c’è la Lituania, il Lussemburgo. Dobbiamo essere pronti a mettere in fila i nostri interessi e a fare in modo che il Consiglio, parlando con Bercero, il capo dei negoziatori, e con tutta la squadra, possa dare più attenzione al ruolo degli interessi del Sud dell'Europa, soprattutto per quanto riguarda l'agroalimentare.
  Quanto alla comunicazione, ancora una volta non posso che dire che il problema è cruciale. È evidente che, se c’è un atteggiamento negativo a prescindere, come purtroppo nel Parlamento europeo si sta manifestando, questo non ci aiuta. È difficile che gli americani possano cambiare atteggiamento, essere più flessibili nei confronti dell'Europa, se sanno in partenza che la possibilità concreta di arrivare fino in fondo con un voto positivo del Parlamento è molto ridotta.
  Presidente, capisco di non aver risposto a tutto, ma mi fermo qui. Naturalmente, rinnovo la mia disponibilità, quando il presidente vorrà, a tornare in Commissione agricoltura.

  PRESIDENTE. Indubbiamente, seguiremo come Commissione Agricoltura, per quanto ci compete, l'evoluzione del negoziato.
  Penso che con l'audizione del presidente De Castro possiamo ritenere conclusa la parte riservata alle istituzioni. Anche rispetto alle indicazioni che venivano dall'intervento del presidente, direi che potremmo pensare ad alcuni soggetti del mondo della produzione, alle associazioni che si occupano di export, dei marchi e simili, per capire un po’ la loro opinione rispetto al negoziato.
  Nel frattempo, ringrazio il presidente De Castro per il prezioso contributo. La pubblicazione che ci ha consegnato sarà pubblicata in calce al resoconto della seduta odierna.
  Ricordo che l'onorevole De Castro è intervenuto in qualità di relatore permanente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo per il TTIP.
  Saluto di nuovo il presidente De Castro e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.35.

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