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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

XIV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Martedì 30 settembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bordo Michele , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ATTUAZIONE E L'EFFICACIA DELLE POLITICHE DELL'UE IN ITALIA

Audizione del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Graziano Delrio.
Bordo Michele , Presidente ... 3 
Delrio Graziano , Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri ... 3 
Bordo Michele , Presidente ... 11 
Nesci Dalila (M5S)  ... 11 
Manfredi Massimiliano (PD)  ... 12 
Buttiglione Rocco (PI)  ... 13 
Galgano Adriana (SCpI)  ... 15 
Palese Rocco (FI-PdL)  ... 15 
Berlinghieri Marina (PD)  ... 17 
Occhiuto Roberto (FI-PdL)  ... 18 
Schirò Gea (PI)  ... 19 
Bordo Michele , Presidente ... 20 
Delrio Graziano , Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri ... 21 
Schirò Gea (PI)  ... 24 
Delrio Graziano , Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri ... 24 
Bordo Michele , Presidente ... 26

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Libertà e Diritti-Socialisti europei (LED): Misto-LED.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MICHELE BORDO

  La seduta comincia alle 14.05.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-TV e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Graziano Delrio.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno della XIV Commissione reca l'audizione del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Graziano Delrio, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'attuazione e sull'efficacia delle politiche dell'UE in Italia.
  Do il benvenuto al Sottosegretario Delrio a nome della XIV Commissione.
  L'indagine conoscitiva avviata dalla XIV Commissione si è sinora dedicata al tema della gestione dei Fondi strutturali e di investimento, ambito nel quale il nostro Paese registra difficoltà preoccupanti, con riferimento alla capacità sia di programmazione, sia di utilizzo tempestivo ed efficace delle risorse ad esso destinate dal bilancio dell'Unione. A differenza di altri Stati membri l'Italia non sembra essere riuscita ad avvalersi dei fondi della politica di coesione per ridurre i ritardi di sviluppo di ampie aree del Paese e ammodernare il proprio sistema produttivo.
  Ringrazio il Sottosegretario Delrio per la disponibilità che ha dato ad essere sentito oggi in modo specifico sulla gestione dei Fondi strutturali e di investimento europei, rispetto ai quali, come voi sapete, visto che stiamo facendo un'indagine conoscitiva sull'efficacia delle politiche europee nel nostro Paese e, in modo particolare sull'efficacia che hanno avuto nel corso degli anni i fondi strutturali, noi abbiamo accumulato, specialmente nel corso degli anni scorsi, notevoli ritardi nella spesa. Ci sono regioni che sono molto indietro e regioni che sono un po’ più avanti.
  Noi vorremmo dedicare a questo tema anche l'incontro di oggi, con particolare riferimento allo schema di accordo per l'utilizzo dei fondi strutturali, relativo al periodo 2014-2020, schema che, come è noto, è stato trasmesso dal Governo alla Commissione europea per la sua approvazione definitiva.
  Do subito la parola al Sottosegretario Delrio. Poi apriremo la discussione, come abbiamo sempre fatto.

  GRAZIANO DELRIO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, presidente. Sono molto contento di partecipare a questo dibattito sull'attuazione e sull'efficacia delle politiche dell'Unione europea, nonché sugli effetti che i cicli di programmazione inducono dentro il nostro sistema Paese.
  Poiché abbiamo già ragionato, nella precedente occasione, anche dello status dei negoziati, cioè dell'attuazione 2007-2013, oggi proverò a dare più contezza rispetto al nuovo programma di accordi di partenariato. L'analisi delle caratteristiche Pag. 4del nuovo programma di partenariato, caratteristiche che abbiamo a mano a mano implementato e migliorato, consente, a mio avviso, di focalizzarci anche sulle principali criticità che hanno caratterizzato il settennato precedente. Si tratta di criticità relative alla dispersione delle risorse in mille progetti, alla mancata presenza di condizionalità ex ante necessarie per avere efficacia ed efficienza, nonché, in particolar modo, al tema della capacità amministrativa.
  In questi giorni abbiamo inviato la versione definitiva dell'accordo di partenariato alla Commissione europea, il quale chiude un negoziato formale che era stato iniziato già dal Governo precedente, più di un anno fa. Tale negoziato aveva trovato questo Governo in possesso dei documenti di base di uno schema di accordo che noi abbiamo poi provveduto, come sapete, a inviare, mi pare in aprile, in prima versione, per evitare ritardi nell'analisi e nell'interlocuzione.
  Come sapete, le osservazioni sull'accordo di partenariato sono osservazioni normali. L'interlocuzione con la Commissione europea è normale in tutti i Paesi. È stata fatta molta letteratura sulle 300 osservazioni e più che sono state mosse all'Italia, ma altrettante ne sono state rivolte agli altri Paesi. Questo fa parte di una normale interlocuzione. È il contenuto di queste osservazioni a essere rilevante.
  Pertanto, anche dopo gli incontri che sono stati fatti col Parlamento – come ricordate, io vi mandai copia della bozza dell'accordo di programma, com'era doveroso – anche dopo la base delle discussioni fatte con Camera e Senato, noi abbiamo proceduto a operare le scelte definitive.
  Possiamo dire che in questo momento l'accordo è chiuso e che richiederà un paio di settimane, crediamo, prima di essere formalizzato come recepimento da parte della Commissione. L'Italia è in linea con i tempi che la Commissione si è fissata e con le raccomandazioni che ci erano state fatte di terminare l'invio prima della scadenza dell'attuale Commissione.
  Che cosa contiene l'accordo e quali sono le questioni più importanti, che sicuramente sono oggetto anche dell'attenzione del Parlamento, per rendere più efficaci i fondi comunitari ?
  In primo luogo, si tratta di concentrare le risorse e di avere priorità di investimento. La concentrazione delle risorse è definita dai Regolamenti comunitari. Per esempio, vi sono dei limiti minimi che vanno rispettati per stanziare risorse su un obiettivo tematico o su un altro. Ci sono 11 obiettivi tematici comuni, come sapete, e la scelta che ha fatto l'Italia è di porre l'attenzione in primo luogo ai temi della ricerca e dell'innovazione del sistema produttivo, ossia agli obiettivi 1 e 3.
  Questi due obiettivi insieme valgono quasi 9 miliardi di euro, se ricordo bene. Valgono 8 miliardi e 900 milioni di euro, una quantità di denaro notevole. Sto parlando solo di risorse europee, da aggiungere al cofinanziamento. Come sapete, noi abbiamo una quota di cofinanziamento stabilita in 24 miliardi di euro, più un 30 per cento di cofinanziamento erogato dalle regioni, più altri 7,5 miliardi di euro aggiuntivi. Ai 31 miliardi di euro vanno, quindi, aggiunti altri 32 miliardi di euro di cofinanziamento nazionale.
  Intendiamo, pertanto, concentrare le risorse sugli obiettivi tematici 1 e 3, che sono accompagnati dalle cosiddette Strategie nazionali di specializzazione intelligente. In proposito, a onor del vero, abbiamo avuto un po’ di difficoltà. Il Paese ha una difficoltà seria, che è quella di non avere Piani strategici di sviluppo settoriale. Se voi leggete l'accordo di partenariato francese, troverete che vi è scritto che si faranno determinate azioni come riferito nel Piano strategico della logistica, nel Piano degli aeroporti o nel Piano della portualità.
  Questo è uno degli elementi su cui anch'io concentrerò molto la mia attenzione nei prossimi mesi. Noi siamo obbligati a predisporre dei Piani strategici, il che fa parte delle cosiddette condizionalità ex ante, ed entro il 2016 ad avere una serie Pag. 5di Piani strategici settoriali, in maniera da evitare improvvisazione e frammentazione di progettazione.
  La mia intenzione è quella di accelerare tutte le procedure relative all'adozione di Piani strategici settoriali, in maniera da avere soddisfatto completamente entro l'anno prossimo, tutte le condizionalità ex ante.
  Questo credo sia uno degli elementi più importanti per evitare tutti i problemi che abbiamo avuto prima. Per esempio, sugli FSE nella programmazione 2007-2013, abbiamo avuto 700.000 progetti. È giusto che la formazione sia adattata anche al territorio, ma 700.000 progetti sono una quantità enorme anche solo da concepire.
  È stato detto che eravamo già arrivati a concentrarci su 50 azioni. Forse vi è stato riferito anche in questa Commissione. In realtà, il quadro che troviamo è questo. Da questo punto di vista, quindi, veniamo da una grossa frammentazione e la concentrazione delle risorse è uno degli elementi più importanti.
  In quest'ottica, per esempio, è decisivo completare i Piani per la banda ultralarga, che fa parte dell'obiettivo tematico 2, come sapete, e utilizzare quelli già predisposti per gli obiettivi tematici 4, 5 e 6, cioè gli obiettivi che riguardano la tutela degli asset naturali, le misure di adattamento ai cambiamenti climatici e via elencando.
  Abbiamo anche stanziato una grande quantità di denaro, vista la situazione italiana, sull'obiettivo tematico 8, che è quello dell'occupazione – oltre 4 miliardi di euro – e 3,2 miliardi di euro sull'inclusione sociale. Parliamo di azioni molto importanti per il rafforzamento dei processi di inclusione attiva nel mercato del lavoro.
  È chiaro che questi fondi saranno decisivi anche nel successo delle strategie di riforma che il Paese vuole attuare e che sta attuando. Come sapete, quello delle riforme è un tema che fa parte delle raccomandazioni, ossia delle Country-specific Recommendation, fatte dall'Europa all'Italia e, quindi, è un altro degli elementi che vengono considerati condizionali per il successo dell'impiego dei fondi europei.
  Parlavo di un'importante allocazione di risorse sugli obiettivi 8 e 9 e di un'allocazione altrettanto importante di risorse sull'obiettivo dell'istruzione e formazione. Cercherò poi di entrare nei vari argomenti anche grazie alle vostre domande, ma anche su questo tema c’è una grossa concentrazione di risorse, dedicate soprattutto al tema della formazione professionale e, quindi, dell'istruzione e dell'inserimento progressivo nel mercato del lavoro, nonché alla lotta alla dispersione scolastica, in particolar modo.
  Teniamo presente che la scelta politica genericamente intesa di tutto l'accordo di partenariato è quella di non mettere soldi sulle infrastrutture. Ci saranno anche risorse per Piani di edilizia scolastica o per la scuola dell'infanzia, ma sempre in misura molto minore rispetto alla grande mole di risorse destinata alle cosiddette politiche più attive, più di software che non di hardware. Questo è un primo quadro sugli obiettivi tematici.
  La seconda questione che volevo sottolineare è che insieme agli obiettivi tematici abbiamo due tipi di strategie, di cui una governata dall'agenda urbana. Troverete per le città azioni in tre ambiti, dalla promozione dei servizi cittadini e degli utilizzatori – il tema delle smart cities – all'inclusione sociale, che ovviamente nelle metropoli è uno dei temi più delicati, molto più che in altre zone. Per questo tema c’è un programma a regia nazionale di natura sperimentale. Insieme a questo nelle città metropolitane ci sarà anche la grande scommessa dell'obiettivo tematico 3 e dell'obiettivo tematico 1 su ricerca e innovazione. Questo è il tema dell'agenda urbana.
  Si sa che nelle città si svolge la gran parte della ricerca innovativa, che nelle città c’è la possibilità di produrre posti di lavoro più facilmente che altrove e, quindi, c’è anche un'attenzione, per la prima volta, alle aree urbane. Questa è un'azione Pag. 6sperimentale e un po’ delicata, perché abbiamo 9 città metropolitane, ma è una scommessa molto interessante.
  La seconda parte delle strategie trasversali, cioè non verticali come negli obiettivi tematici, è quella relativa alla strategia per le aree interne. Questa strategia riguarda tutte le aree più lontane dai servizi di base. Si cerca di dare, con questa strategia, una competitività sostenibile a queste aree. Il tema è il contrasto del declino demografico, nonché il mantenimento dei servizi di base e lo sviluppo economico locale. In questi due elementi è previsto il coinvolgimento praticamente di tutti gli obiettivi tematici e dei due fondi principali, l'FSE e il FESR, che alimentano l'accordo di partenariato.
  Questo accordo di partenariato prevede anche alcune innovazioni che abbiamo introdotto e che io vorrei sottolineare. La prima innovazione importante è che, ancorché non previsto dai Regolamenti comunitari, noi abbiamo allegato uno schema di risultati attesi e azioni. Per ogni campo di intervento abbiamo cercato di fornire una griglia di risultati attesi e di azioni, griglia che voi avete sicuramente visto. Gli investimenti devono tendere a questi risultati attesi. Credo che ciò porti anche a una maggiore chiarezza e a una minore frammentazione.
  Ora è partito il processo di negoziazione. Lo status è questo: non solo abbiamo chiuso l'accordo di partenariato e vediamo le ultime questioni, ma abbiamo anche inviato tutti i programmi. L'Italia è il Paese che ha più programmi operativi in assoluto in Europa, perché abbiamo i programmi regionali, i POR, e poi abbiamo i programmi nazionali.
  Poiché i POR sono quasi tutti plurifondo – mi riferisco a FSE e FESR, ossia al Fondo sociale europeo e al Fondo europeo di sviluppo regionale – ciò comporta la moltiplicazione per due. Sono solo tre le regioni che hanno scelto di usare un monofondo. Abbiamo poi 11 programmi nazionali, il che significa che abbiamo 51 programmi complessivi. Questo è un grande problema, da un dato punto di vista. Il federalismo è complicato.
  Abbiamo spedito, però, tutti i programmi. C’è solo un problema relativo al FESR definitivo della Campania. Abbiamo 11 programmi nazionali, 6 che intervengono in tutto il territorio nazionale e l'occupazione dei giovani, che ha un finanziamento dedicato anche da un programma specifico dell'Unione, la Youth Guarantee. Peraltro, è anche compito nostro verificare come stia procedendo questo programma.
  Pertanto, scuola, occupazione, giovani, inclusione, città metropolitane e governance sono i sei programmi nazionali. Ci sono sei programmi su tutto il territorio. Due intervengono nelle regioni meno sviluppate, nelle regioni in transizione, uno riguarda ricerca e innovazione e impresa e competitività e poi ci sono tre programmi che intervengono solo nelle regioni meno sviluppate e sono quelli delle infrastrutture reti e della cultura della legalità. Il quadro è complesso, ma questa è la situazione che abbiamo.
  Vi sono anche due programmi nazionali sul FEASR, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, e uno sul FEAMP, sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca. Abbiamo una notevole complessità di situazioni.
  Le risorse comunitarie del FEASR, ossia del Fondo europeo per lo sviluppo rurale, sono di 10 miliardi di euro, una mole di denaro interessante. Quasi 540 milioni di euro sono disponibili, invece, per il tema del FEAMP. Abbiamo una quantità di risorse notevole e una complessità di programmi altrettanto notevole. Lo schema risultati e azioni è, quindi, molto importante.
  La seconda novità che tiene un po’ ad unità la questione è tutto il tema che vi ho già accennato delle condizionalità ex ante. La Commissione ha stabilito quali sono i prerequisiti perché un'azione diventi efficace, ossia perché una spesa sia efficace.
  Dentro questo ci sono il tema dei Piani e il documento organizzativo, istituzionale e normativo rispetto a standard di livello europeo, per esempio in materia di appalti e di aiuti di Stato. Dobbiamo adeguarci Pag. 7agli standard europei per poter avere efficacia dei fondi europei sia sugli aiuti di Stato, sia sugli appalti pubblici.
  Tutto questo, teoricamente, ha una scadenza, che vi ho già comunicato prima, ossia il 31 dicembre 2016. In realtà, però, ripeto, l'ambizione che ci vogliamo dare è quella di concludere tutto con ampio anticipo, perché questo serve anche sulle politiche ordinarie, ovviamente. Serve per l'allocazione anche delle politiche ordinarie.
  Questi 13 Piani di azione sono in tema di ricerca e innovazione, di infrastrutture per la ricerca, di banda larga, di efficienza energetica e di trasporti. C’è una serie di 13 Piani che sono elencati e che diventano la nostra traccia di lavoro complessiva.
  Questo è il quadro a grandi linee. Posso entrare più nel dettaglio di ogni singolo programma se lo desidera, presidente, altrimenti posso proseguire con un discorso più generico. Se volete, in linea di massima vi posso riassumere, all'interno dell'obiettivo tematico, quali sono gli obiettivi Paese più significativi.
  Parto dal tema della ricerca e sviluppo. Gli obiettivi tematici 1 e 3 comprendono il tema della Strategia di specializzazione intelligente, la strategia delle cosiddette tre S, la Smart Specialisation Strategy, che la Commissione chiede esplicitamente. Tale strategia affronta la pianificazione strategica territoriale, cioè l'individuazione, sempre grazie al metodo del partenariato, ossia coinvolgendo gli attori locali, le Confindustrie, i sindacati, il terzo settore e via elencando, di una pianificazione dal basso, in cui si identificano fattori competitivi e fattori che io definisco igienici.
  Per avere fattori competitivi, infatti, si deve comunque avere una base comune di qualità. Non si può pensare alla competitività delle grandi industrie se i rifiuti stanno per strada, se non arriva l'acqua e se non arriva costantemente la luce. Ci sono, quindi, fattori igienici e fattori competitivi.
  La specializzazione intelligente ha l'ambizione di coinvolgere in questi programmi di competitività specifica i territori. Facciamo un esempio. In Sicilia si può pensare allo sviluppo nel territorio trapanese solamente in un'ottica di sviluppo del turismo e dell'agricoltura, nonché di collegamenti strategici con l'aeroporto, che è vicino. È chiaro che l'incremento del turismo che abbiamo osservato nel trapanese nell'ultimo anno e mezzo dipende dallo sviluppo dell'aeroporto.
  Ci sono fattori che rendono i territori competitivi. Da questo punto di vista il turismo pugliese, per esempio, rispetto al turismo di Palma di Maiorca è molto penalizzato dal fatto che Brindisi abbia – credo – solo due voli low-cost giornalieri, mentre Palma di Maiorca ne ha 24. Questo vuol dire che il turismo da ottobre a dicembre potrebbe continuare, ma non continua per queste scelte.
  Abbiamo bisogno, cioè, di mettere insieme gli elementi che diminuiscono la competitività specifica di un territorio e di fare dei programmi di pianificazione strategica, tenendo presente che noi siamo al 16o posto nella UE per le performance innovative e che, quindi, siamo degli innovatori piuttosto moderati. Abbiamo notevoli difficoltà.
  C’è bisogno di una strategia nazionale della ricerca e di un Piano di infrastrutture strategiche di ricerca e c’è bisogno che i territori interpretino queste cose non in maniera uniforme o duplicandole, ma interpretando la specificità territoriale per trovare i fattori più rilevanti dello sviluppo. Questa è la chiave. I fondi della ricerca vanno soprattutto a impattare sulla capacità innovativa del sistema imprenditoriale e su alcune specializzazioni specifiche.
  L'obiettivo tematico 2 ha, invece, come titolo «Migliorare l'accesso alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, nonché l'impiego delle medesime». È evidente che qui si pone un tema di infrastrutturazione di banda larga.
  Voi sapete che noi abbiamo l'obiettivo dei 30 mega e poi dei 100 mega al 50 per cento. Questi due obiettivi erano irraggiungibili con l'attuale dotazione di risorse, ragion per cui le risorse vanno stanziate stimolando, da un lato, gli investitori privati a fare i loro investimenti, Pag. 8come abbiamo fatto negli ultimi provvedimenti e nei decreti come il cosiddetto «sblocca Italia», e, dall'altro, prevedendo, specialmente per le zone cosiddette bianche, di difficoltà, un investimento pubblico.
  Anche su questo punto abbiamo discusso a lungo, perché la Commissione chiedeva un impegno più serio di cofinanziamento da parte del sistema Paese. Abbiamo impiegato una settimana o dieci giorni in più proprio per discutere di questa questione. Vi è, quindi, una necessità di potenziamento della domanda di utilizzo delle tecnologie e delle loro applicazioni.
  Sulla competitività delle piccole e medie imprese c’è sempre il tema della specializzazione intelligente, che è trasversale a entrambi i programmi. C’è poi il tema di migliorare la qualità complessiva delle nostre imprese e la loro capacità di export e innovazione. Anche qui gli strumenti saranno territorialmente più mirati e concentrati su alcune filiere.
  L'analisi del periodo 2007-2013 ha mostrato che sono state fatte incentivazioni troppo ampie, con troppi strumenti, che spesso sono rimasti inutilizzati. Alcuni strumenti che, invece, hanno aiutato e che hanno funzionato, tipo gli strumenti di garanzia – il Fondo di garanzia ha funzionato – si possono semplificare.
  Come forse vi avevo già detto nella scorsa occasione, io sono per concentrare su pochi strumenti il flusso dei fondi. Se abbiamo un solo Fondo di garanzia, un solo strumento, e abbiamo due o tre soggetti esecutori in-house di alcuni progetti, riusciamo a lavorare. Se uno strumento funziona, va usato fino in fondo. Non va moltiplicato lo strumento.
  Spesso si pensa che il problema sia la moltiplicazione dei progetti. Sarà perché io sono un inguaribile autonomista, ma penso che la moltiplicazione dei progetti possa anche essere un segno di efficacia e di efficienza se gli strumenti sono comuni. Se ogni progetto porta con sé un suo strumento finanziario, un suo strumento di rendicontazione, un suo strumento burocratico, è evidente che non funziona. Non è detto che si debbano inibire i progetti. Forse è meglio concentrarci sull'inibire la moltiplicazione di strumenti.
  Dentro questo terzo obiettivo tematico noi abbiamo un tema che io considero molto importante e strategico, ossia l'incremento dell'attività delle imprese sociali e la dimensione dell'economia sociale intesa come uno degli elementi più impattanti anche in termini occupazionali. Facciamo una scelta piuttosto strategica su questo tema.
  Rapidamente vado agli altri obiettivi tematici. L'obiettivo tematico 4 riguarda il tema, come sapete, della riduzione delle emissioni di carbonio e di un'economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori. Ovviamente qui si pone la questione, da un lato, delle smart cities e, dall'altro, del trasporto pubblico, insieme al tema del massimizzare gli impatti di riduzione dei costi energetici, da un lato, e a quello di dare priorità a interventi che potenzino la mobilità pubblica, la mobilità collettiva, dall'altro.
  Abbiamo consegnato un Piano di efficientamento energetico. Il Piano c’è ed è stato consegnato da poco all'Unione europea sulla base dell'esecuzione della direttiva.
  Sul trasporto pubblico locale abbiamo ancora molto da lavorare in termini di trasporto pubblico sostenibile. Qui c’è anche la novità del risparmio energetico per le imprese e dell'investimento, soprattutto nelle regioni meno sviluppate, sulle smart grid, cioè sulle reti di distribuzione intelligente, che sono ancora molto carenti nelle regioni meno sviluppate. Questo obiettivo tematico vale 3 miliardi e 100 milioni di euro di finanziamento europeo, mentre l'obiettivo 5 vale 812 milioni di euro.
  L'obiettivo tematico 5 è quello relativo al cambiamento climatico. In materia ci sono meno risorse perché la scelta del Governo è coerente con quella già fatta in precedenza di concentrare su questo settore le risorse dell'FSC, ossia del Fondo per lo sviluppo e la coesione. Le risorse FSC sono quelle più deputate all'infrastrutturazione Pag. 9e agli interventi di presidio del territorio e di prevenzione del dissesto e del rischio idrogeologico.
  Noi continuiamo a ritenere che la divisione delle due filiere di finanziamento sia efficace in questa maniera. In realtà, è efficace per modo di dire. L'FSC non si spende, non si sta spendendo. Ci sono un mucchio di soldi sul dissesto idrogeologico non ancora spesi e questo è il motivo per cui è stata costituita l'unità di missione a Palazzo Chigi, ossia per coordinare e far partire le attività. Questo è il motivo per cui abbiamo nominato i commissari. Abbiamo analizzato i problemi che sono rimasti sul tavolo.
  L'obiettivo tematico 6 è quello relativo alla disponibilità di servizi ambientali, ovvero acqua, rifiuti e servizi pubblici essenziali in più, con la disponibilità e la promozione delle risorse culturali e naturali.
  Per gli asset naturali c’è una strategia che noi abbiamo già, la Strategia nazionale per la biodiversità, approvata nel 2010.
  Per il tema dell'aspetto culturale c’è da fare una precisazione: noi abbiamo ancora sulla programmazione 2007-2013 un'ampia disponibilità di fondi non utilizzati relativi ai programmi attrattori culturali, purtroppo.
  Come sapete, abbiamo riprogrammato, sulla base anche dell'esperienza che ci siamo fatti amministrativamente, il Piano di azione su Pompei – adesso vedremo se questa riprogrammazione ha esito – moltiplicando le Commissioni di gara e la frequenza delle gare. Tuttavia, questo è uno dei programmi nazionali 2007-2013 su cui si rischia il maggior disimpegno. Quello di mettere molte risorse sui patrimoni culturali in assenza di una spesa efficace nel settennato precedente è un tema che ci dobbiamo porre. Intanto si continui a spendere quello che c’è.
  Tenete presente che è stato fatto un ragionamento che io condivido fino a mezzogiorno, nel senso che il settennato 2014-2020 parte con un anno di ritardo, cioè partirà nel 2015. È chiaro che è così, ma i Regolamenti sono arrivati a dicembre 2013. I Regolamenti su cui bisognava costruire la struttura dell'accordo sono arrivati a dicembre 2013. Noi abbiamo corso, io credo. Francamente, abbiamo corso molto, perché abbiamo presentato tutti i programmi.
  Io non do proroghe, come sapete, come principio. Quando si dice che ci diamo una data, ci diamo una data. Questo non mi procura moltissimi amici in alcune situazioni, ma io non do proroghe. Se si dice che si rispetta la data, la si rispetta. Ciò vale per gli impegni che prendo io con Bruxelles e vale per gli impegni che le regioni prendono con me.
  Questo, però, è un tema molto serio. Noi avremo nei prossimi 15 mesi – io l'ho detto ripetutamente: non può esserci un piagnisteo nel dire che non ci sono sufficienti risorse nel 2014 perché la programmazione parte con sei mesi di ritardo – più di 15 miliardi di euro da spendere nelle regioni del Sud. Sto parlando solo delle regioni convergenza. Poi abbiamo tutti soldi dell'FSC impegnati e non spesi e, infine, tutti i soldi del Piano di azione e coesione impegnati e non spesi.
  Ciò significa che, teoricamente, la fine della programmazione, ammesso che valga per tutti i settennati, nel 2015 vedrà 15 miliardi di euro più altri (vuoto per pieno) 8-9, per un totale di 25-30 miliardi di euro a disposizione concentrati in alcune regioni. Sono due punti di PIL. Non so se mi spiego.
  Non abbiamo, quindi, un problema di risorse nell'immediato. Abbiamo un problema di esecuzione. Bisogna tirarsi su le maniche e provare a far partire questi cantieri e a fare le cose che vanno fatte. Bisogna fare un po’ meno filosofia nell'attuazione del vecchio programma. Nella nuova la facciamo, facciamo scelte strategiche e cerchiamo di orientarci, ma nell'esecuzione del vecchio programma bisogna portare a casa i progetti, altrimenti avviene il disimpegno e il disimpegno non è affatto improbabile in queste condizioni.
  Questo nonostante abbiamo messo su le task force e il monitoraggio sui singoli progetti. È stato fatto uno sforzo straordinario da parte del dipartimento. La dottoressa De Luca, che è qui e che Pag. 10ringrazio, ha fatto uno sforzo straordinario. Adesso partirà operativamente l'Agenzia e, quindi, saremo in condizione di avere più forza nell'operatività. Tuttavia, non esiste un problema di risorse. Mi sembra di poter dire che con 20 miliardi di euro in un anno e mezzo si ribalta il mondo, teoricamente.
  Vado rapidamente all'obiettivo 7. Sempre per gli stessi motivi che vi ho detto prima tale obiettivo ha «solo» 2,4 miliardi di euro ed è quello dedicato alla mobilità sostenibile delle persone e delle merci. Qui abbiamo messo i soldi specialmente su alcuni grandi progetti ferroviari e su alcune direttrici ferroviarie interne al Mezzogiorno. Dobbiamo completare le grandi direttrici ferroviarie – questo è il punto chiave – Sicilia, Calabria e Napoli-Bari. Dobbiamo assolutamente arrivare in fondo a questa dotazione infrastrutturale strategica. Questo è uno dei temi. Ci sono anche per questo molte risorse anche dagli altri canali.
  Concludo con il tema dell'occupazione e della scuola. Promuovere l'occupazione sostenibile è l'obiettivo tematico 8. Voi sapete che l'obiettivo nazionale fissato nell'ambito della Strategia 2020 è di avere un tasso di occupazione al 67-69 per cento. Io non sono un economista, ma mi sembra che il tasso di occupazione, anche a detta di molti economisti, sia molto più rilevante rispetto al tasso di disoccupazione, ovviamente, perché rappresenta la percentuale di forza lavoro che è realmente impiegata. La percentuale di disoccupazione può addirittura salire in periodi di alta occupazione, perché molta più gente si iscrive ai Centri per l'impiego e alle liste.
  Sull'occupazione noi dovremmo andare al 67-69 per cento, ma siamo, secondo dati ISTAT di questa mattinata – forse li avete visti – al 55,7. Siamo lontanissimi e questo è uno dei motivi di bassa produttività del nostro sistema: la bassa percentuale di occupati. Il tema è di fare moltissime azioni di sistema per introdurre più gente possibile dentro il ciclo produttivo e, quindi, accompagnare gli individui nella relazione con il mercato del lavoro.
  Vi ho già detto prima dell'impegno sul tema della formazione professionale e su quello della dispersione scolastica.
  Questo è il quadro. Tenevo a sottolineare, da ultimo, presidente, la questione dell'altra condizione che ci hanno detto essere veramente limitante per un uso efficace ed efficiente dei fondi in Italia: la capacità amministrativa.
  La capacità amministrativa è il primo punto nell'analisi dei nostri difetti. Per questo motivo noi abbiamo predisposto – sono finiti anche questi in contemporanea con l'accordo di partenariato – i cosiddetti Piani di rafforzamento amministrativo (PRA). Questi Piani richiedono ad ogni autorità di gestione la documentazione della forza lavoro, del personale, delle capacità tecniche e della struttura organizzativa per portare a termine il compito che si propongono di avere.
  Questi Piani di rafforzamento amministrativo sono, a loro volta, un elemento molto importante per l'efficacia dei fondi, perché rappresentano una delle risposte più rilevanti che l'Italia deve fornire e che può fornire.
  Sottolineo che, mentre sull'accordo di partenariato la negoziazione si è conclusa, sui Piani operativi regionali e sui fondi nazionali la negoziazione comincia e che l'intenzione del Governo, la mia intenzione, è quella di seguire la trattativa per ridurre molto le azioni e i risultati attesi, ossia per ridurre e asciugare sempre di più lo schema risultati attesi e azioni e verificare fino in fondo l'esistenza, oltre che delle condizionalità ex ante e, quindi, dei Piani strategici di settore, anche delle condizioni amministrative per la gestione.
  Dal mio punto di vista, ci dovranno essere task force non solo per controllare se partano i cantieri delle scuole o i cantieri del dissesto idrogeologico, ma anche task force che vadano a verificare come sia organizzato un ufficio che gestisce fondi rilevanti come questi.
  Il problema non esiste solo nelle regioni, ma anche nei ministeri. Una bassa capacità di spesa è anche prerogativa delle autorità di gestione centrali. Non c’è solo un problema di regioni. È chiaro che Pag. 11magari qualche regione fa più fatica, ma i ministeri hanno una grandissima difficoltà a loro volta a spendere in tempo.
  Io mi fermerei qui, ma immagino che poi avremo modo di tornare su altre questioni che ho trascurato.

  PRESIDENTE. Grazie, sottosegretario. Cominciamo subito il giro degli interventi.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DALILA NESCI. Grazie per la parola e grazie anche al sottosegretario per la sua presenza. Svolgo solo una breve premessa di metodo. Vorrei chiedere se fosse possibile, per le prossime volte, riuscire a capire prima quale sarà l'argomento su cui si concentrerà il sottosegretario, in modo da poter agevolare il lavoro di tutti e da non dover sempre trattare alcuni temi in maniera più superficiale e altri in maniera più approfondita.
  Innanzitutto non possiamo che rilevare che fra i primi responsabili del mancato utilizzo dei fondi strutturali c’è proprio lei, signor Sottosegretario Delrio, sia come ex ministro degli affari regionali, sia oggi, come sottosegretario.
  Per fortuna non ci abituiamo mai a sentire sempre buone intenzioni per il futuro. Non possiamo non parlare di come fino ad oggi siano stati utilizzati i fondi strutturali europei, o meglio di come non siano stati utilizzati. L'attuazione efficace e anche efficiente delle politiche europee passa proprio dall'utilizzo di questi fondi, che sono essenziali per molte regioni, soprattutto per quelle del Sud.
  Lei ha parlato della necessità di dare un'esecuzione veloce ai cantieri sparsi per l'Italia e ha parlato di capacità amministrativa, ma io vorrei sapere da lei in che modo state mantenendo le interazioni fra le Istituzioni europee ed enti come le regioni, visto che ci sono regioni che agiscono nell'illegalità diffusa o comunque attraverso atti illegittimi.
  Un esempio che va fatto è quello della Calabria, perché in quella regione bisogna ancora spendere 2 miliardi di euro. In Calabria c’è un assessore al bilancio, l'assessore Mancini, che, con un verbale integrativo, che vorrei sottolineare essere privo di qualsiasi istruttoria e presupposto di un atto, ha modificato l'autorità di gestione del programma operativo FESR 2007-2013. Vorrei sapere come possa essere legittima un'azione del genere, proprio alla luce della necessità, come ha detto lei, di avere anche amministratori a livello locale, regionale e nazionale che sappiano effettivamente gestire e utilizzare questi fondi.
  È una denuncia che ho fatto anche direttamente. Spero che lei, nell'ambito delle sue competenze, voglia agire anche in questo senso.
  Sappiamo anche che sull'Italia – noi ne siamo convinti – pende un vero e proprio commissariamento ombra da parte della troika e non possiamo che ribadire il fatto che questo Governo non avrà mai la forza e l'autorevolezza di opporsi a politiche europee che hanno letteralmente messo il cappio al collo degli italiani.
  Parlando sempre di attuazione delle politiche, abbiamo visto un suo non soffermarsi, evidentemente perché non lo riteneva opportuno in questo momento, sull'argomento delle procedure di infrazione. Anche ultimamente noi abbiamo chiesto al presidente della nostra Commissione di soffermarci su queste problematiche, in modo che questa Commissione possa al più presto portare un contributo per superare le procedure di infrazione, che rimangono sempre un centinaio. Diminuiscono di qualche decina a seconda che si parli di Governo Letta o di Governo Renzi, ma rimaniamo sempre lì.
  Perché dobbiamo soffermarci sulle procedure di infrazione ? Perché sotto il profilo dell'economia reale e dello sviluppo ci sono infrazioni che valgono e pesano più di altre. Sappiamo tutti di cosa parliamo, ovvero dell'infrazione aperta per il mancato pagamento dei debiti che la pubblica amministrazione ha nei confronti delle imprese. Poiché si parla di oltre 30 miliardi di euro che ancora devono essere pagati alle imprese e visto che poi parliamo di innovazione e di aiuto alle imprese, Pag. 12ricordo che in realtà per primi non riusciamo ad adempiere a debiti che lo Stato ha nei confronti di molte imprese italiane.
  Apro un inciso anche politico. C’è la decisione di inviare a Roma la lettera di messa in mora, cosa comunicataci dall'allora Commissario Antonio Tajani. Sicuramente può essere stata una mossa politica viziata dall'eventuale riconferma di Tajani, che è venuta meno, ma questo non esclude che l'Italia vanti delle performance assolutamente negative nelle fattispecie di cui parlavo. Poiché il nostro premier Renzi ha detto che entro il 21 settembre sarebbero stati pagati tutti i debiti alle imprese italiane e tutto questo ancora non è avvenuto, vorrei capire anche su questo fronte come vi muoverete.
  Noi siamo molto preoccupati anche per l'andamento di questo semestre europeo, perché, a pochi mesi dalla fine, ancora non sono stati raggiunti gli obiettivi che si prefissava il vostro Governo. Parlo di made in Italy e dell'immigrazione, che si è risolta in una semplice sostituzione fra Mare Nostrum e Frontex Plus, la quale non ha nemmeno le risorse necessarie per essere utilizzata al meglio.
  C’è una questione collegata ai fondi strutturali che dimenticavo di citare. Lei ha parlato anche di cofinanziamento di questi fondi strutturali e di somme ingenti di cofinanziamento nazionale, ma anche di cofinanziamento regionale. Vorremmo capire come riusciremo a trovare i soldi per il cofinanziamento se questi non saranno scomputati dal parametro del 3 per cento.
  Lei timidamente ha alcune volte citato questo sblocco del 3 per cento. Ho visto che oggi non l'ha ripetuto. Evidentemente pensa che quella operazione non sarà fattibile, ma soprattutto, poiché lo ripetete già da mesi, forse ormai da un anno, non avverrà mai. L'avete sbandierato come argomento prima delle elezioni europee evidentemente proprio per far credere qualcosa agli elettori, perché gli italiani vedono nei fondi strutturali uno dei modi per uscire dal sottosviluppo, in particolare nelle regioni del Sud.
  Quando lei parla di capacità amministrativa, andate a parlare, per favore, con i vostri sindaci e con i vostri amministratori che ci sono in tutt'Italia e chiedete conto del loro operato.
  Grazie.

  MASSIMILIANO MANFREDI. Pongo due richieste di chiarimento e una valutazione.
  Innanzitutto apprezzo che ci sia questa decisione da parte del Governo di centralizzare una parte della spesa. Ritengo infatti che uno dei problemi sia quello della parcellizzazione, che però non è dovuto soltanto a elementi amministrativi o a tendenze geografiche. C’è una tendenza negativa nel Mezzogiorno, ma l'ultimo report dimostra che la regione in cui c’è la maggiore parcellizzazione di interventi è la Lombardia. La seconda è la Campania e la terza la Calabria.
  Al fondo credo che ci sia, come diceva bene il sottosegretario, la mancanza di un Piano strategico di azione a monte.
  Pertanto, ridurre il numero degli interventi con una parte di centralizzazione è, secondo me, il modo per affrontare questa discussione. Il tema non è la quantità delle risorse, ma il modo in cui si spendono. Sinceramente non è neanche più un elemento qualitativo la quantità della spesa, ma è la qualità stessa della spesa l'elemento che consente di fare il salto.
  Affronto tre punti molto rapidamente. Io apprezzo la scelta di centralizzare sull'obiettivo 3, soprattutto per le regioni del Centro-Sud, un rafforzamento su ricerca e innovazione per 9 miliardi di euro.
  Il primo chiarimento che chiedo al Sottosegretario Delrio, che si stava impegnando su questo tema, è il seguente: all'interno di questa misura e con il Fondo di coesione nazionale siamo in grado di poter mettere in campo il meccanismo del credito d'imposta per ricerca e innovazione nel Mezzogiorno a cui lei stava lavorando e su cui c'era una discussione a Bruxelles in merito alle tipologie di risorse da poter utilizzare ?
  Come secondo elemento che volevo sottolineare, io credo che sia positivo un asse Pag. 13trasversale sulle città metropolitane nel momento in cui si costituiscono, altrimenti questa diventa una discussione meramente di voti ponderati e di assetto istituzionale. Credo, però, che, proprio per non passare dagli errori che sono stati fatti dalle regioni, dato che le regioni metropolitane saranno soggetto attuatore diretto – ricordiamolo – per i fondi europei e, quindi, una parte veramente molto positiva, troviamo il modo, ma per questo non serve una norma, bensì un patto politico, per far sì che, quando le costituiamo, oltre ad eleggere i Paesi ponderati, definiamo il cosiddetto Piano strategico delle città metropolitane, dato che in molte province non l'abbiamo fatto. Diversamente questa possibilità potrebbe essere il ritorno di un errore, fatto dalle regioni, di una parcellizzazione.
  La terza e ultima domanda riguarda i lavori dello «sblocca Italia». Volevo avere una conferma che la misura prevista dall'articolo 12 dello «sblocca Italia», che riguarda la centralizzazione di alcune risorse con l'utilizzo dei poteri sostitutivi, sia una misura varata, come gli uffici ci hanno detto, innanzitutto per evitare che alcune regioni perdano i fondi – penso alla Campania, che dovrebbe perdere 3,9 miliardi di euro – ma che rimangano poi nella riformulazione sia il vincolo territoriale, sia il vincolo di utilizzo.
  Credo che sia così, però, dato che questo era emerso durante il dibattito che abbiamo avuto nell'incardinamento sullo sblocca Italia, era utile, approfittando della presenza del Sottosegretario, poterlo sapere.
  C’è poi un'altra misura che riguarda i fondi europei e la rimodulazione per gli ammortizzatori sociali. Volevo sapere se sia vera anche la notizia che la erogazione sia proporzionata al bacino dei cassintegrati, in maniera tale da avere un riparto proporzionale rispetto alle risorse.
  Grazie.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie, signor presidente. Grazie, sottosegretario. La ringrazio soprattutto per le ultime cose che ha detto.
  Io la inviterei ad andare ancora oltre. Noi abbiamo un grave problema di carenza di capacità amministrativa da parte dei comuni, delle province, delle regioni, dell'amministrazione dello Stato e – lasciate che lo dica – anche del Parlamento. Abbiamo bisogno di giuristi europei, abbiamo bisogno di esperti di organizzazione europea e non credo che basti creare una task force. Bisogna fare dei concorsi e assumere delle persone. Bisogna vigilare acché si assumano persone competenti e capaci e i concorsi non siano manipolati.
  Il dato di base è che – chiedo perdono al mio collega pugliese, ma io ho questa impressione – molte regioni non abbiano le strutture amministrative di base che le mettano in grado di gestire il rapporto con l'autorità europea.
  Non basta una task force. Io sono diffidente del metodo delle task force, perché le task force devono risolvere il problema di spendere quei soldi adesso e, invece, c’è un problema di qualità della spesa. Il metodo delle task force finisce in genere con il fare tanti programmi sponda, cioè tanti programmi i quali non servono a colmare il differenziale di sviluppo, ma con i quali noi facciamo pagare all'Unione europea spese ordinarie che avrebbe dovuto pagare lo Stato.
  Io inviterei su questo a fare una riflessione. So che non esistono i tempi per cambiare radicalmente le cose, ma invito almeno a porsi il problema in vista della gestione del prossimo settennio con il quale dobbiamo confrontarci.
  Sento voci per le quali ci farebbero un grande favore riducendo la quota di cofinanziamento dello Stato italiano. Capisco che la situazione finanziaria del Paese non sia allegra, ma vorrei che fossimo consapevoli che questo significa togliere risorse alle regioni in ritardo di sviluppo. Se si arrivasse a una simile decisione, questo significherebbe togliere risorse alle regioni in ritardo di sviluppo.
  Dal punto di vista pratico la situazione non è gravissima per le ragioni che ho detto prima, perché, se poi le risorse vanno usate per spesa ordinaria, il toglierle o il tenerle non fa una grandissima Pag. 14differenza. Dal punto di vista del metodo, però, nonché come dato politico, questo sarebbe molto grave. Noi dovremmo, invece, fare il contrario, cioè aumentare di fatto l'erogazione di risorse per colmare il ritardo di sviluppo, avendo cura di evitare che si attuino programmi sponda e che le risorse vengano spese per fare cose che in ogni caso lo Stato avrebbe dovuto fare e che non sono spesa aggiuntiva.
  Sempre a proposito di questo livello di metodo, lei non ne ha parlato, giustamente, perché è una questione che, di nuovo, si proietta nel futuro. Io credo che, se noi non riusciamo a spendere, un motivo sia l'inadeguatezza delle amministrazioni locali, ma anche il metodo di erogazione delle risorse.
  Noi abbiamo puntato molto sull'ordinamento regionale. Capisco i suoi sentimenti di autonomista, ma in Spagna le risorse le spendono subito e bene perché sono drammaticamente centralizzate su alcuni grandi programmi nei quali è importante che le regioni in ritardo di sviluppo siano, invece, avanti al resto del Paese.
  Nel momento in cui finisce l'epoca dell'industrializzazione e il futuro sarà determinato dalle infrastrutture dell'economia della conoscenza, collocare infrastrutture di economia della conoscenza al Sud significa creare le condizioni per un drammatico cambiamento della geografia economica del Paese. È quello che è successo in Germania. Una volta la forza era nella Ruhr, nel Nordrhein-Westfalen. Da quando hanno fatto questi interventi la forza è andata a Sud. È andata in Baviera e nel Baden-Württemberg.
  Una visione così io non riesco a vederla nelle cose che lei ci ha detto, peraltro pregevoli. Questo, però, implica un cambiamento del metodo. Vogliamo mantenere una struttura federale ? Facciamo un Comitato dei presidenti delle regioni che definiscano le priorità e un ministro che le gestisca. Fitto fece una cosa del genere. La proposta non è morta, ma non è neanche decollata. È lì tra la vita e la morte. T.S. Eliot dice che «tra la concezione e l'esecuzione cade l'ombra».
  Un problema particolare, ma importante è Pompei. Noi abbiamo bisogno di due cose, a mio parere. Una è la revisione della legge sugli appalti, che è eccessivamente garantista in generale e che viene saltata poi sistematicamente quando bisogna fare qualche cosa. Facciamo una normativa ordinaria che sia applicabile e che non abbia bisogno di dar vita a normative di eccezione ogni volta che vogliamo fare qualcosa.
  Nel caso di Pompei c’è un'altra questione ancora. Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo è in grado di spendere forse la metà dei fondi che gli vengono erogati. Si è fatta una grande campagna sui fondi, dicendo che mancano i soldi. Non è vero: non siamo in grado di spendere quelli che ci sono.
  La prima necessità è rivedere il problema del personale. Abbiamo degli architetti e degli archeologi molto bravi che non sanno fare un appalto e abbiamo degli amministrativi molto bravi che non sanno fare un appalto per i beni culturali.
  In terzo luogo, non abbiamo una normativa specifica per gli appalti sui beni culturali. Qui vale il principio dell'eccezione culturale, che l'Unione europea ha riconosciuto e che ci consente di formulare delle norme le quali siano mirate all'appalto per le opere d'arte. Il principio della libera concorrenza non sempre è applicabile. Io devo affidare il lavoro a uno di cui mi fido, ma non ce ne sono dieci che vengono e chiedono. No, spesso è tanto se ne trovo uno che sia in grado di farlo.
  Rivedere il tema dell'eccezione culturale e l'organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo anche con il ripensamento di figure professionali che abbiano competenze tecniche, ma anche amministrative, mi pare fondamentale se vogliamo metterci in grado di affrontare l'emergenza grave che oggi abbiamo in questo settore.
  Grazie comunque per la precisione e la decisione con la quale ha prospettato i problemi. Mi fermo qui, anche se ci sarebbero molte cose da dire sulla discussione corrente.

Pag. 15

  ADRIANA GALGANO. Grazie, signor presidente. Sottosegretario, ho apprezzato due punti della sua relazione: il fatto di andare veloci e la programmazione.
  L'andare veloci è una necessità. Io vorrei riflettere insieme a voi sul fatto che siamo a settembre del 2014, i fondi sono per il 2014-2020 e i Piani non sono stati ancora approvati. Questa non è responsabilità solo del Governo italiano, certamente c’è anche una responsabilità europea. Non è che in Europa vada tutto bene e che noi siamo incapaci. Noi dobbiamo essere capaci di spingere per quello che riguarda il nostro Paese, ma anche di fare da stimolo, perché certamente l'Europa da qui, vista bene, sembra un po’ vecchia e un po’ lenta. Questa è la prima considerazione.
  La seconda considerazione è sui Piani di investimento di cui lei ci ha parlato. Sono molto importanti. Io, però, le chiedo come possiamo essere certi che poi le risorse che sono state destinate, per esempio, alla banda ultralarga vadano alla banda ultralarga.
  Nel settennato precedente è successo che ci fossero finanziamenti per queste attività e altre e che poi le regioni siano andate a Bruxelles a negoziare la distrazione di fondi da un capitolo di spesa a un altro. Noi dovremmo avere delle misure per far sì che poi effettivamente i Piani siano realizzati.
  La terza osservazione è rispetto al Patto di stabilità. La mia casella della Camera riceve diverse e-mail di aziende che chiedono come mai siano stati bloccati i pagamenti anche se i comuni hanno ricevuto i soldi da Bruxelles. Ritorniamo al Patto di stabilità. Che prospettive ci sono per riuscire a togliere dal Patto di stabilità gli investimenti ?
  Come quarto e ultimo punto, a che punto è l'Agenzia della coesione, che dovrebbe avere un grande ruolo nel supportare chi non riesce a spendere ?
  Grazie.

  ROCCO PALESE. Grazie, presidente. A me fa piacere e ritengo utilissima questa iniziativa di illustrazione per fare il punto insieme alla Commissione e al Parlamento.
  Noi abbiamo due gravissimi problemi. Uno è sul 2007-2013. Non c’è dubbio che andrebbero intensificati i lavori per vedere di salvare il salvabile rispetto alle risorse, perché sicuramente rischiamo grosso con il definanziamento.
  Non aggiungo niente rispetto a quello che diceva poco fa la collega Galgano, ma si inizia già con un anno di ritardo sul 2007-2014. Qui non si tratta, ministro, di chiedere deroghe rispetto alle scadenze. È la Comunità europea che dovrebbe prendere atto che l'N+2 sulla spesa definitiva o gli step che ci sono nel corso del programma dovrebbero essere aumentati di un anno. C’è poco da fare. Questo nell'interesse non di prendere tempo e di dilazionare la spesa nelle situazioni che si sono determinate.
  Sul problema specifico del programma, anni fa, quando c’è stata Agenda 2000, partì tutto con le 100 idee di Catania. Qui siamo alla metà, a 51 programmi. Secondo me, sono troppi e dispersivi. Occorre per forza di cose cercare il più possibile di concentrarli. Io accolgo con estremo favore tutte le iniziative che il Governo prende, insieme probabilmente al territorio, e nell'interesse del territorio, di regioni e comuni, per la concentrazione delle risorse su assi importanti.
  Non può sfuggire una considerazione, cioè che le regioni obiettivo 1, se sommiamo tutte le risorse loro destinate, avremmo potuto coprirle d'oro. Non possiamo non partire da questa considerazione.
  Le cose che non vanno sono veramente tante. Non sto qui a elencare questioni che sono patrimonio di tutti, ma non c’è dubbio che l'elemento principale per chi è stato qualche anno in trincea come me sia la governance, la parte amministrativa. Non immaginavo che anche il livello centrale, anno dopo anno, nel contesto dei ministeri, precipitasse nelle stesse condizioni di tanti comuni e di tante regioni.
  Non occorre solo la capacità amministrativa e tecnica. Soprattutto sulle grandi infrastrutture e anche sulle opere pubbliche, con riferimento al sistema autorizzativo, Pag. 16è possibile che non si riesca ad avere una norma nazionale forte per poter realizzare un'opera ? È sufficiente che il più piccolo dei comitati intervenga perché si blocchi tutto. Si tratta di una situazione non più sostenibile.
  L'altro elemento è il contenzioso. Anche quando si fanno le gare, queste hanno un ritardo enorme. È vero che c’è il problema del Patto di stabilità, ma il Patto di stabilità spesso e volentieri sta diventando anche un pretesto e una scusa per molte amministrazioni. Non hanno voglia di lavorare, non hanno voglia di fare i pagamenti e il Patto di stabilità è ormai la scusa. È un problema reale che c’è, ma che viene amplificato fino all'ennesima potenza per chi non ha voglia di lavorare, per chi non ha voglia di fare, oppure per chi ha voglia di fare altre scelte sulla spesa.
  Il Patto di stabilità non è un dogma. C’è chi sceglie di fare alcune spese, compreso il Governo, e chi sceglie di farne altre. Anche su questo bisognerebbe forse mettere – io non amo i vincoli – qualche indirizzo prioritario rispetto alle amministrazioni decentrate, nel contesto della spesa, soprattutto per il Patto di stabilità di cassa. È fin troppo evidente che vadano in via prioritaria tante altre spese, giuste o sbagliate che siano – io non lo so – di natura ordinaria. Sicuramente, però, va determinato questo fatto.
  Io ho una grandissima preoccupazione sul Fondo sociale europeo. A proposito del Fondo sociale europeo, guardate il decentramento che c’è stato nel suo utilizzo negli anni, soprattutto nelle regioni del Sud. Si tratta di circa 200 milioni di euro l'anno per regione, grosso modo. L'FSE viene utilizzato in una maniera dissennata senza precedenti.
  Le regioni avevano fatto qualche piccolo passo avanti rispetto al coniugarsi con le università, con la ricerca, con il mercato del lavoro e con le aziende, ma il passaggio alle province delle funzioni è stato devastante. Si è tornati a 30-40 anni fa, quando erano i consiglieri regionali che individuavano i formatori, i quali avevano bisogno loro di formazione, di tutor e via discorrendo. Si è passati, ancora peggio, ai consiglieri provinciali.
  Ministro, sul Fondo sociale europeo occorre una grande attenzione, perché è una grande speranza. L'importante è che non sia dilapidato, dissipato e truffato in tutti i modi, così come è stato negli anni, indipendentemente dalle amministrazioni.
  L'altro problema – mi avvio alla conclusione, anche se le questioni sono tante – è che io mi auguro che l'Agenzia possa rappresentare una soluzione seria e che le regioni, soprattutto quelle dell'obiettivo 1, comprendano fino in fondo quanto sarebbe utile e necessario cercare di comune accordo di far funzionare le cose e soprattutto di non perdere risorse.
  Lei ha riferito che ci sono per il 2007-2014, compreso il Piano di sviluppo rurale e quello della pesca, 150 miliardi di euro. Tra impegni giuridicamente vincolanti e spese ci sono da aggiungere ancora sul 2007-2013 grosso modo altri 25-30 miliardi di euro. Sono 180 miliardi di euro in sette anni. Non sono pochi. Sono le uniche risorse, forse le uniche speranze vere per il Paese e per la crescita.
  Io penso che ci debba essere una grande regia da parte dell'Agenzia e del Governo e una grande presa di posizione. Adesso si è fatto l'articolo 12 e lo si sperimenta, ma, secondo me, bisogna fare un elenco molto più lungo e molto più profondo di infrastrutture rispetto a questo.
  Si è molto discusso – e chiudo veramente – sul problema del cofinanziamento al 2014-2020. L'attuale legge finanziaria stanzia 54 miliardi di euro.
  Rispetto alla situazione del Paese è patrimonio comune la preoccupazione rilevante rispetto a un cofinanziamento ridotto dal 50 al 26 per cento, ossia a quello che i conti dello Stato consentiranno in tempo di necessità soprattutto in merito non tanto alla parte di competenza del bilancio, quanto soprattutto alla cassa, all'erogazione, che è il vero problema. L'importante è che normativamente ci sia un vincolo preciso e che si tratti di uno Pag. 17spostamento temporaneo rispetto al cofinanziamento delle regioni dell'obiettivo 1.
  Se si dà certezza attraverso norma, io non immagino che possano esserci perplessità. Quelle può darsi che rimangano sempre, ma rispetto a una certezza vera, visto che c’è una massa di risorse che, come cassa, non vengono spese – chi dice per il Patto, chi perché non c’è la fine dei lavori, chi perché ci sono stati impedimenti – sulla competenza tali risorse possono tranquillamente rimanere. Se rimangono sulla competenza e la cassa viene erogata, può funzionare.
  D'altro canto, è lo stesso sistema che utilizza la Cassa depositi e prestiti per la realizzazione dell'edilizia sanitaria e per gli stati di avanzamento. Se c’è normativamente questo tipo di vincolo, io penso che non dovrebbero esserci problemi. La competenza rimane fissata e la cassa eroga a mano a mano che c’è il fabbisogno rispetto all'erogazione.

  MARINA BERLINGHIERI. Grazie per la presenza qui tra noi su un tema che tutti sappiamo essere importante. È già stato detto dai colleghi che mi hanno preceduto e da lei nella sua comunicazione come rispetto ai fondi strutturali, da un lato, ci sia la consapevolezza di un utilizzo – uso un termine forse un po’ forte – assolutamente scellerato nel passato e della necessità di cambiare modo e che, dall'altro lato, a tutti i livelli istituzionali, dai sindaci dei piccoli comuni a chi ha responsabilità di governo, ci si renda conto che noi abbiamo alcune criticità che dobbiamo affrontare per far sì che sia possibile utilizzare queste risorse proprio per quello che sono. Si tratta dell'unica possibilità che il nostro Paese ha oggi di innescare un volano per lo sviluppo e per l'economia.
  Io credo che, come è già stato detto in parte, i problemi nell'utilizzo dei fondi europei siano non solo il problema che il nostro Paese ha nell'utilizzare questi fondi, ma anche la spia di un problema più grande che noi abbiamo, che è quello di non avere una strategia di lungo periodo per lo sviluppo di questo Paese. In altre parole, noi non sappiamo che cosa fare di questo Paese, o forse non ci abbiamo mai pensato.
  Da questo sono derivate la polverizzazione, la frammentazione e anche l'incapacità di mettere le risorse a servizio di un progetto che potesse davvero innescare uno sviluppo sostenibile dal punto di vista dell'economia e della qualità della vita di ciascuno.
  Il fatto che lei ci abbia riferito che sono allo studio e si stanno per approntare dei Piani strategici nazionali sugli obiettivi io credo possa essere davvero un primo passo importante per riuscire a cambiare l'atteggiamento nei confronti di questo tema, che io ritengo sia cruciale.
  Dentro questo aspetto si innesta una questione che emergeva prima: il centralismo o l'autonomia. Io credo che sia sbagliato porla in modo così bipolare. Non vanno bene né il centralismo, né l'autonomia che noi abbiamo sperimentato. Il punto è trovare quella capacità per cui ci possa essere dentro una strategia nazionale di sviluppo dell'intero Paese una sorta di cabina di regia che possa non solo surrogare laddove si fa fatica, ma anche esercitare una sorta di «potere di controllo» rispetto alla conformità di ciò che si mette in campo e agli obiettivi strategici.
  Aggiungo anche un altro pezzo. Io avverto come un'esigenza fortissima nei territori di tutto il Paese, dal Nord al Sud, che si svolga anche un ruolo di accompagnamento nella lettura dei bisogni e nell'approntare i progetti. L'altro elemento che vedo mancante nel nostro Paese, oltre alla capacità amministrativa, è, infatti, la capacità di leggere i bisogni dei singoli territori, che sono molto diversi da regione a regione, da territorio a territorio, per far sì che ciò che si mette in campo possa davvero diventare un motore di sviluppo sostenibile nel tempo.
  Credo che questo lo possa fare solo una cabina di regia nazionale con delle competenze molto forti. Molto spesso capita a me, ma capiterà anche a voi, che si incontrino imprenditori, sindaci e amministratori di enti sovracomunali che fanno magari anche lo sforzo di provare a mettersi Pag. 18insieme e a ragionare, ma che si avverta tutta la fatica che fanno a provare a mettere a sistema dei progetti e dei percorsi che possano essere davvero lungimiranti.
  Da un lato, dunque, servono i Piani strategici nazionali, ma, dall'altro, io credo che sarebbe importante avere dentro quest'Agenzia, anche questa cabina di regia. Peraltro, io non ho ben capito – forse mi è sfuggito qualcosa; magari le chiedo se ci chiarisce anche questo aspetto – se l'Agenzia sia operativa, se esiste, o qual è lo stato dell'arte rispetto ad essa.
  Uno dei compiti che l'Agenzia dovrebbe avere, secondo me, dovrebbe essere anche quello dell'accompagnamento ai singoli territori nella lettura dei bisogni e nella progettazione. Chi lo fa per mestiere, chi è tecnico, spesso è molto bravo a fare i bandi, ma manca di quella visione politica che è, invece, sommamente necessaria per far sì che questi fondi diventino proprio un valore aggiunto per il Paese.
  Sul tema del cofinanziamento sarò forse un po’ brutale nelle domande, ma, poiché ci diciamo spesso che non siamo in grado di usare i fondi, osservo che questo è dovuto a tutte le cose che abbiamo detto anche prima, ma anche al fatto che spesso le quote di cofinanziamento sono complicate da mettere sul piatto e sul tavolo.
  Noi riusciremo ad avere le cifre e le somme della quota di cofinanziamento che ci sono richieste ? Qual è, da questo punto di vista, la nostra posizione ? Nelle notizie apparse sulla stampa si va da notizie che ci riferiscono che c’è il tentativo da parte del Governo italiano di chiedere lo scorporo dal Patto di stabilità, come veniva accennato prima, delle quote di cofinanziamento a notizie che, invece, ci riferiscono che il lavoro che si sta facendo è di una riduzione della quota di cofinanziamento.
  Le chiederei se riesce a illustrare qual è la strategia del Governo e, nel caso soprattutto della seconda scelta, che vede aspetti più problematici rispetto alla prima, quali sono le modalità che state eventualmente mettendo in campo rispetto anche a questo tema.
  Grazie.

  ROBERTO OCCHIUTO. Grazie, presidente. Intervengo molto velocemente, anche perché alcune delle domande sono state già rivolte molto puntualmente dai colleghi che mi hanno preceduto.
  Grazie, sottosegretario. L'audizione che questa Commissione sta facendo, come riferiva il presidente, riguarda l'efficacia della spesa dei fondi comunitari. Io credo che l'aspetto maggiormente di nostro interesse sia comprendere se nel nuovo accordo di partenariato e nel nuovo meccanismo di governance che sovrintende alla spesa di queste risorse lei, signor sottosegretario, rintraccia degli elementi di reale innovazione rispetto alle criticità contenute, per esempio, nella governance che ha regolato la spesa del programma 2007-2013.
  Nelle audizioni che hanno preceduto la sua è stato più volte posto l'accento sulla difficoltà di garantire questa spesa, attese le difficoltà a cofinanziarla. Più volte è stato posto l'accento anche sulla complessità delle procedure di spesa. Ricordo che il Ministro Barca si impegnò già presso la Commissione, nel tentativo – almeno, questo era l'auspicio, ma mi pare che i risultati non siano stati positivi – di semplificare le procedure di spesa. Spesso esse rendono davvero inefficace e lentissima la spesa di queste risorse.
  Anch'io, come il collega Palese, sono convinto che 51 programmi, ancorché afferenti a 11 obiettivi, siano probabilmente troppi e mi chiedo se non sia intenzione sua e del Governo valutare non solo la possibilità di concentrare gli strumenti, magari dando prevalenza a quelli automatici, che funzionano meglio perché lasciano meno spazio all'intermediazione burocratica e amministrativa – se c’è poca capacità amministrativa, forse uno strumento automatico è più utile degli organismi deputati a rafforzare la capacità amministrativa – ma anche prevedere una concentrazione degli organismi di gestione e di valutazione. Pag. 19
  Nella foga di spendere le risorse nel vecchio programma è successo che sia nata una vera e propria industria della valutazione. Probabilmente quota parte consistente di quelle risorse è stata utile prevalentemente a dare lavoro, anche precario, a valutatori e a dipartimenti universitari.
  La concentrazione degli strumenti, ma anche la concentrazione degli organismi, come l'assistenza tecnica e la valutazione: questa dovrebbe essere, secondo me, una finalità del Governo, magari da realizzare attraverso l'Agenzia.
  Sul Fondo sociale europeo faceva bene chi prima di me diceva di fare attenzione a come si spende, ma non solo: facciamo attenzione a come spendono le regioni attraverso la formazione. Anche questo settore andrebbe rivisto, magari pensando anche per la formazione a meccanismi tipo quello dei voucher.
  Attenzione, però, anche, a come il Governo nazionale utilizza i fondi. Io ricordo che quota parte consistente di queste risorse è sempre stata utilizzata per finanziare gli ammortizzatori sociali, anche al di fuori, anzi prevalentemente al di fuori, delle regioni obiettivo convergenza. Si fa così anche nel decreto «sblocca Italia», dove peraltro si cancella anche la norma in cui – ricorda il bonus Letta ? – si prevedeva la ripartizione secondo la regola, che dovrebbe essere aurea, dell'85-15 per cento. Attenzione, quindi, anche a come queste risorse vengono riprogrammate dal Governo.
  Faceva bene il collega che è intervenuto all'inizio a dire che la preoccupazione che abbiamo è anche in ordine al commissariamento. Il commissariamento è buona cosa rispetto alle regioni inadempienti, così come è buona cosa che il commissariamento si occupi di concentrare gli investimenti in maniera strategica, ma saremmo più tranquilli se ci fosse una norma, che oggi non c’è nello «sblocca Italia» laddove si prevede il commissariamento, che imponesse il vincolo di destinazione. Altrimenti queste risorse, che per l'articolo 119 della Costituzione dovrebbero essere aggiuntive, non solo non diventano aggiuntive, ma vengono spese come spesa ordinaria al di fuori delle regioni che dovrebbero utilizzarle per finalità pure apprezzabili, ma che sarebbero inappropriate rispetto all'uso di queste risorse.
  Aggiungo un'ultima considerazione sul cofinanziamento. Noi stiamo assistendo a tante dichiarazioni giornalistiche sulle intenzioni del Governo. Vorremmo che l'occasione, signor sottosegretario, fosse utile anche per dare a lei la possibilità di fare chiarezza qui alla Camera sulle reali intenzioni del Governo rispetto al cofinanziamento.
  Per inciso, le chiedo anche quali siano le previsioni per il disimpegno delle risorse del vecchio programma. Vorrei capire se sia intenzione del Governo procedere, e in che modo, e se ci sia intenzione di farlo magari scrivendo qualcosa nella legge di stabilità che da qui a qualche giorno dovrete presentare.

  GEA SCHIRÒ. Grazie, presidente. Sarò sintetica. È difficile dire meglio e di più di quello che hanno detto i colleghi che mi hanno preceduta.
  Procedo per punti, presentando altre sfaccettature di un argomento già affrontato dai colleghi: lo «sblocca Italia». Ne vorrei guardare un altro lato. Non rischiamo ogni tanto di avere una dicotomia, se non una contraddittorietà, su alcuni progetti ?
  Ho visto ad esempio che proprio all'articolo 1 del decreto-legge «Sblocca Italia» figura la famosa Napoli-Bari, che lei ha menzionato, e che fa parte del corridoio Helsinki-La Valletta. È un corridoio privilegiato, finanziato e messo in capo a Ferrovie dello Stato, come gestore.
  Mi domandavo: avendo noi l'Agenzia per la coesione, che dovrebbe gestire, distribuire e configurare la struttura, la redistribuzione dei fondi e il modo in cui farlo, non sarebbe utile una partecipazione dell'Agenzia, di cui domandava notizie la collega Galgano ?
  Le segnalo un bellissimo articolo su Il Sole 24 Ore di qualche tempo fa sull'Agenzia e sul suo funzionamento, e mi complimento Pag. 20in proposito con la dottoressa De Luca. Non rischiamo, però, di avere su questa partecipazione esclusiva di Ferrovie dello Stato, e dall'esclusione dell'Agenzia, un vulnus in alcuni progetti ?
  Inoltre, quanto resta, detto molto semplicemente, della vecchia programmazione del Ministro Trigilia, a cui il ministro ha lavorato molto ?
  Ritornando invece ai vari corridoi, lei citava proprio la Sicilia. Per esempio, sempre all'articolo 1 dello «sblocca Italia», si parla del collegamento ferroviario Catania-Messina-Palermo in quanto prioritario. Vi è in questo caso un problema di raddoppiamento, e ci sono ancora tutti gli appalti da fare. Non viene invece per nulla presa in considerazione una zona dove gli espropri sono già stati fatti, quale è quella relativa alla Siracusa-Gela-Agrigento, lungo tutta la costa meridionale della Sicilia. Mi sfugge la logica di questi interventi.
  Un altro problema che le pongo riguarda l'aeroporto, a proposito di reti di trasporto. Tenuto conto di tutte le critiche che si possono fare alla regione Sicilia, osservo che la ferrovia che va da Palermo a Trapani passa a 700 metri dall'aeroporto di Trapani. È una cosa anti-intuitiva, potendo collegare l'aeroporto al porto.
  Al punto 10 le rivolgo la stessa domanda che mi pongo ogni volta e che riguarda il sistema duale. Si tratta di investire nell'istruzione in Sicilia. La nostra assessora si è convinta a fare un progetto pilota sul modello del sistema trentino. Voi intendete investire ? Tutto quello che si è detto prima sulla formazione, sul lavoro e sulla mobilità dei lavoratori, senza un sistema di apprendistato che formi al cambiamento vale poco. Io credo molto, in generale, nella formazione e nell'organicità dei progetti.
  Come ultima questione, io non sono fondamentalmente d'accordo con il collega Buttiglione, qualora lei avesse mai preso in considerazione le sue preoccupazioni su Pompei. Non si possono confondere spese straordinarie e spese ordinarie, prima ancora occorre affrontare il problema della distinzione fra il restauro e la manutenzione. Occorre prima capire cosa sia la manutenzione ordinaria e solo successivamente si può pensare di usare queste centinaia di milioni di euro per focalizzarle su un unico progetto.
  Di base credo siano condivisibili le osservazioni fatte dai colleghi. Grazie.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola al sottosegretario faccio anch'io qualche breve considerazione, prendendo spunto anche da alcune sollecitazioni che sono arrivate nel corso della discussione.
  Quanto all'Agenzia per la coesione, io sono tra coloro che hanno condiviso la scelta che all'epoca il Governo fece di costituire un'Agenzia per la coesione che potesse in qualche circostanza, se necessario, anche sostituirsi alle regioni o comunque agli enti attuatori per colmare i ritardi accumulati nel corso del tempo.
  Abbiamo visto nell'utilizzo delle risorse che rispetto al ciclo 2000-2006, in cui avevamo fatto passi avanti anche significativi nell'utilizzo delle risorse della spesa, nel ciclo successivo, quello che si sta concludendo, abbiamo, invece, registrato un passo indietro molto, ma molto significativo.
  Poiché l'Agenzia per la coesione, si diceva, l'abbiamo fatta già da un po’, era interesse nostro capire se parte, quando parte, come parte, come sarà organizzata e in che modo e anche attraverso quali professionalità opererà. Chiedo attraverso quali professionalità, atteso che abbiamo detto che uno dei rilievi che più si muovono al nostro Paese da parte della Commissione europea è che molto spesso i ritardi siano dovuti anche all'incapacità della macchina amministrativa.
  Quando chiedo «attraverso quali professionalità» intendo comprendere se privilegeremo risorse interne ai ministeri, spostando figure e professionalità, oppure se, come si suggeriva, acquisiremo anche nuove professionalità. Forse c’è bisogno di avere anche figure fresche, che abbiano entusiasmo, per seguire una macchina così complicata come quella che sta intorno ai fondi europei.Pag. 21
  Il sottosegretario nella sua introduzione faceva riferimento ai ritardi accumulati e alla possibilità che entro il 2015 si possano perdere anche cospicue risorse che noi avevamo a disposizione relativamente al ciclo che si sta concludendo. Si faceva riferimento anche a una cifra di circa 15 miliardi di euro.
  Tuttavia, stiamo facendo uno sforzo enorme per poter spendere queste risorse e, anzi, dobbiamo dire che nell'ultimo anno e mezzo c’è stato un passo avanti notevole. Fino a un anno e mezzo fa avevamo un tasso di utilizzo e di spesa delle risorse molto più basso di quello che poi abbiamo avuto nell'ultimo anno e mezzo. Se non ricordo male, eravamo al 35-36 per cento e adesso siamo abbondantemente sopra il 50. C’è un passo avanti notevole. Tuttavia, corriamo il rischio di perdere una quota consistente di queste risorse.
  Rispetto a questo tema che notizie abbiamo ? Saremo in grado di spendere i fondi sui progetti e fino a che punto ?
  Sono inoltre emerse da moltissimi degli interventi notizie circa l'eventualità che il Governo potesse considerare anche di ridurre la quota di cofinanziamento nazionale. Anzi, noi abbiamo ascoltato anche in audizione qualcuno che teorizzava che, se le risorse europee noi decidessimo di non utilizzarle proprio, sarebbe meglio, così potremmo scegliere di utilizzare la quota di cofinanziamento nazionale per fare altro.
  La tesi è suffragata dal fatto che, secondo, per esempio, il professor Perotti, noi diamo all'Europa molto di più di quanto l'Europa ci restituisce. È come se il tema del rapporto tra noi e l'Europa fosse soltanto del tipo «contribuiamo e dobbiamo avere in cambio quanto diamo», come se l'appartenenza all'Europa fosse un do ut des e non il frutto di una scelta di stare assieme dentro un progetto dal quale evidentemente otteniamo tanti altri benefici.
  Dobbiamo, quindi, capire questo, atteso che c’è una convergenza trasversale, almeno dentro questa Commissione, ma penso anche dentro il Parlamento, circa il fatto che non si sia d'accordo rispetto all'eventualità di ridurre la quota di cofinanziamento. Vorremmo approfittare di questa circostanza perché su questo tema ci fosse una parola più chiara anche da parte del Governo.
  In ultimo, c’è un'altra questione che molto spesso non ci mette nelle condizioni di dire: «Concentriamo tutti gli sforzi per fare in modo che le risorse vengano utilizzate per fare interventi infrastrutturali significativi». L'Europa ci dice: «Voi non potete utilizzare le risorse anche e soprattutto per questi interventi perché avete sette anni a disposizione, ma per realizzare un'opera, una grande infrastruttura, ci mettete decenni, se va bene». Questo è frutto anche del fatto che probabilmente le leggi che regolano gli interventi e gli appalti da noi sono piuttosto complicate.
  Chiedevo, quindi, se per caso il Governo stesse pensando anche a una strada rispetto alle risorse che dobbiamo utilizzare nel prossimo ciclo per fare in modo che i tempi si possano dimezzare. Io, per esempio, quando ho fatto il relatore proprio sul parere da esprimere all'accordo di partenariato, dissi in quella circostanza che si poteva valutare la possibilità di utilizzare per gli interventi finanziati dalle risorse europee, per esempio, la strada della legge obiettivo. Se non può essere questa, quale può essere l'alternativa per fare in modo di arrivare puntuali con la spesa delle risorse e l'intervento da realizzare ?
  Grazie. Do la parola al Sottosegretario Delrio per la replica.

  GRAZIANO DELRIO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, presidente. Sono state sollevate diverse questioni, che però possono essere raggruppate sotto alcuni grandi capitoli.
  Non riesco a giudicare e non voglio entrare nel merito di alcuni argomenti che l'onorevole Nesci ha sollevato perché stiamo parlando di fondi europei e, quindi, sul resto lascio perdere.
  Il tema che sia stato eseguito un atto illegittimo con un cambio di autorità di Pag. 22gestione a livello della regione Calabria mi pare difficile, perché questo aspetto va comunque gestito e autorizzato anche dalla Commissione. Ci informiamo, ma mi sembra difficile che non sia stato valutato.
  Rispetto alla colpa che ci prendiamo, io non ho un problema a prendermi le colpe. Noi siamo in carica da marzo, con le deleghe da aprile. Io credo che il mio predecessore, il Ministro Trigilia, come anche il Ministro Barca, abbiano provato a fare un ottimo lavoro per cercare di recuperare ritardi che già si erano accumulati. Alla fine del 2011 e all'inizio del 2012 eravamo già in ritardo di due o tre anni rispetto all'approvazione. Se mi chiedete il perché, non è oggi la sede per analizzare tutto, ma l'Italia è partita quasi con tre anni di ritardo sulla programmazione dei fondi di questo settennato.
  Credo che i colleghi abbiano provato a fare tutto il possibile. La creazione, peraltro, del fondo di cofinanziamento, del fondo parallelo del Piano di azione e coesione, ha esattamente questo significato: è tesa a evitare di perdere il disimpegno.
  Come sapete, esiste la regola dell'N+2, per cui dopo due anni bisogna rendicontare, altrimenti si perdono le risorse. Per questo motivo Fabrizio Barca decise di ridurre il cofinanziamento, che era il 50 per cento per tutti, al 25 e creò un fondo parallelo di 11,4 miliardi di euro, il Piano di azione e coesione, che aveva il vincolo di rimanere nelle stesse regioni, ma aveva meno vincoli nella rendicontazione temporale.
  Di fatto le politiche di coesione oggi, a differenza che nel 2011, hanno tre pilastri su cui si basano: il Fondo per lo sviluppo e la coesione (ex FAS), il Piano di azione e coesione, in cui è confluito il cofinanziamento ridotto, e i fondi strutturali veri e propri.
  Quanto alle responsabilità, quando si governa, si prendono le colpe di chi c'era prima e anche i meriti di chi c'era prima e, quindi va bene, ci prendiamo questa responsabilità. Non è un problema che mi preoccupa. Sono più preoccupato di non perdere i fondi per dei territori che ne hanno profondamente bisogno.
  Io non ho omesso oggi di parlare del 3 per cento per una «dimenticanza» politica. Ne ho parlato la settimana scorsa a Bruxelles all'audizione in Commissione del Parlamento europeo in maniera molto chiara. Ritengo che, se l'Europa decide di fare un Piano di investimento perché il problema è la crescita, e decide che questo Piano di investimento per la crescita sia urgente e indispensabile, come ha detto il Presidente della Commissione, sia coerente considerare tutte le spese relative a programmi approvati dalla Commissione e dall'Unione europea come estranei al Patto di stabilità.
  Se questi 300 miliardi sono fuori e il finanziamento europeo è fuori, non si capisce perché il finanziamento regionale sia dentro. Qual è il motivo ? Se fossero progetti di cui la Commissione non ha il controllo, capirei, ma sono progetti monitorati. Voi sapete che ogni progetto è sul sito OpenCoesione. Lì potete guardare qualsiasi stato di avanzamento. Non c’è trucco, non c’è inganno, come si dice.
  Io sono assolutamente convinto che quello del cofinanziamento sia un tema che non risolve i problemi principali che abbiamo, perché oggi il problema del Patto di stabilità è concentrato nelle regioni del Nord e in una regione e mezzo del Sud, ossia nella Puglia e un po’ in Basilicata, dove può essere un leggero freno, ma nelle altre regioni, in Sicilia, Campania e Calabria, non c’è un problema di Patto. Ci sarebbe se ci fosse un'accelerazione della spesa molto forte, questo sì. A quel punto ci sarebbe da fare una scelta, ma magari ci trovassimo di fronte a questa situazione.
  La posizione del Governo è molto chiara. La negoziazione su questo punto è una negoziazione che può essere fatta con la nuova Commissione ed è chiaro a tutti che siamo in due mesi di transizione. Non ci siamo dimenticati dell'argomento. Crediamo che sia coerente. Se poi verrà concesso, questo non dipende solo dalla nostra «abilità».Pag. 23
  L'onorevole Manfredi ha sottolineato diverse cose su cui sono d'accordo. Molti dei vostri interventi io li condivido moltissimo. Credo che abbiate individuato davvero le problematiche cui siamo di fronte. La qualità della spesa è il primo problema.
  A proposito dei temi della ricerca e innovazione e dell'utilizzo di strumenti finanziari per l'assunzione di ricercatori, il Governo sa che sono elementi importanti. Più che sui fondi europei dovremmo ragionare sul programma complementare, cioè sul PAC e sull'FSC, perché la regolazione dei fondi europei non consente un grande utilizzo di questo strumento.
  È giustissimo anche aiutare le città metropolitane a non essere troppo ottimiste su questa capacità. Occorre cercare di trovare elementi unificanti e usare i poteri sostitutivi solamente nei casi eccezionali.
  Come sapete, il tema dei poteri sostitutivi è stato ribadito nello «sblocca Italia», ma era già presente in un precedente provvedimento legislativo che emanò il Governo Letta, quando io ero ministro degli affari regionali. Non gestivo, però, i fondi europei. Questo fu fatto già allora, ma non è stato poi applicato. È stato rafforzato un po’ questo potere sostitutivo nello «sblocca Italia», ma lo strumento principale che noi abbiamo – uso la parola «accompagnamento», che ha usato l'onorevole Berlinghieri e che io condivido molto – in relazione all'accompagnamento alla valutazione e all'eventuale sostituzione dell'autorità di gestione è compito dell'Agenzia.
  Faccio qui un inciso sull'Agenzia. Ad aprile non avevamo lo Statuto, non avevamo nulla. Abbiamo avviato lo Statuto, l'abbiamo elaborato, l'abbiamo approvato e abbiamo fatto partire a fine maggio la procedura di selezione trasparente per i candidati e i curricula. Abbiamo nominato a metà luglio la dottoressa Agrò. L'obiettivo era quello di arrivare all'inizio dell'autunno ad avere – il mio obiettivo è sempre stato questo – l'Agenzia, a cui sapete che va trasferita la gran parte del personale del DPS, che oggi ha raggiunto i 250 dipendenti. Almeno 200 dipendenti, teoricamente, vanno in Agenzia.
  Ci sono poi procedure di selezione del personale, per rispondere all'onorevole Buttiglione, che serviranno per i ministeri, ma queste richiedono, ovviamente, tempi più dilazionati, perché ci vogliono i criteri di trasferimento.
  La procedura è un po’ complessa, come sempre quando si avvicinano queste realtà e quando si deve fare una start-up di una cosa nuova. È un po’ complessa e comporta il regolamento di funzionamento e una serie di questioni, tra cui la costituzione di organi. È una questione un po’ complessa, ragion per cui, correndo molto, si può arrivare a un'operatività.
  Ricordiamoci, però, che l'Agenzia gestisce il 2014-2020. Non è deputata al periodo 2007-2013. Teniamo separate le cose, altrimenti rischiamo di fare una grossa confusione e anche di attribuire all'Agenzia responsabilità che non ha.
  L'Agenzia serve per il 2014-2020. Se partirà con l'approvazione dei Piani operativi regionali in piena operatività, va bene comunque. Io, però, sono intenzionato, per usarla da subito, ad accelerare molto le procedure. Stiamo studiando proprio in queste ore una procedura che consenta all'Agenzia di partire subito, avvalendosi il più possibile del personale senza fare la selezione dei 250 con la procedura e con i criteri. Cercheremo delle strade, ovviamente, solide per accelerare.
  Questo è il quadro dell'Agenzia. Avete individuato bene il fatto, in particolare l'onorevole Galgano, che in questo modo noi riusciamo a rafforzare la capacità amministrativa anche delle autorità di gestione, che ovviamente sono tante, l'ho detto anch'io. C’è una complessità notevole e lo capisco, ma in questo momento abbiamo bisogno che stiano al fianco delle Istituzioni.
  Da questo punto di vista, onorevole Schirò, non vedo come questo sia un vulnus rispetto al gestore. Può accompagnare il gestore FS.

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  GEA SCHIRÒ. L'Agenzia, però, dovrebbe essere presente...

  GRAZIANO DELRIO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Ho capito. Scusi, ho sbagliato io a declinare la questione. Volevo dire esattamente il contrario di quello che ho detto. Ci siamo capiti. RFI, però, è uno degli attuatori più forti che abbiamo. Loro sono molto forti e, quindi, riescono a spendere i soldi perché sono molto attrezzati, per fortuna.
  Allo stesso modo, sono d'accordo sul fatto che sistemi che funzionano, come l'FSE, come il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese e come i sistemi di inclusione attiva e di rafforzamento del sistema duale del Trentino e di altre regioni, debbano diventare un patrimonio comune, perché questo è l'unico segreto del successo. È inutile che si continui a inventare ognuno delle strade di inserimento lavorativo quando con l'apprendistato e con Garanzia giovani abbiamo delle strade già delineate.
  Vengo al tema del cofinanziamento, l'altro grande tema che è stato sollevato. Prima vorrei dire che certamente noi abbiamo un problema anche di leggi sugli appalti e sui contenziosi. Il Consiglio dei ministri ha deciso, anche su mia sollecitazione, di adeguarsi sempre di più, come ci chiede l'Europa da tempo, alla regola del gold-plating: non si aggiungono nuove norme a quelle già esistenti. Se l'Europa dice che per poter fare un appalto regolare si ha bisogno di 1, 2, 3, 4, di solito noi ci mettiamo anche 5, 6, 7, 8, 9, 30, 40 e 50 e lo facciamo perché, secondo noi, evitiamo la corruzione. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.
  Il problema, secondo me, è di avere le regole europee, di farle applicare bene e di usare poi i controlli che si devono fare, ovviamente. Pertanto, noi andremo a una revisione del Codice degli appalti in questa direzione, del gold-plating, ossia della non ultronea immissione di norme oltre a quelle esistenti, che l'Europa raccomanda. Secondo me, questo è uno degli elementi in cui l'Europa fa molto bene ed è molto poco bizantina.
  Quanto al cofinanziamento, mi date l'occasione finalmente per chiarire questo punto, così mettiamo anche un punto finale sullo stato dell'arte. Lo stato dell'arte è che noi abbiamo in questo momento diverse regioni che sono in grave ritardo e che hanno gravi problemi. Lo status è quello che vi ho detto: rimangono da spendere 15 miliardi di euro nelle regioni del Sud, da certificare entro il 31 dicembre. Sto parlando di 15 miliardi di euro che sono inclusivi sia dei POR, sia dei PON. Questo è lo status al 20 settembre, sia dei PON, sia dei POR. Ci sono 15 miliardi di euro da spendere e ce ne sono altri 5 da spendere dentro alle regioni competitività. Questo significa che abbiamo 20 miliardi di euro da spendere.
  Io sono molto ottimista sul fatto che l'FSE e il FESR delle regioni competitività e anche di quelle transizione andrà a regime, mentre su quei 15 miliardi di euro abbiamo molte preoccupazioni. Questo è lo status.
  Questo nonostante siamo al cofinanziamento abbassato, attenzione: stiamo parlando del cofinanziamento già ridotto, perché l'esperienza è del 25 per cento. Vi ricordo che la soglia minima è il 20.
  Svolgo due considerazioni politiche, però, altrimenti non si capisce perché si facciano le scelte. Bisogna avere un orientamento politico. Si può poi condividerlo o meno. Io sono convintissimo che il divario Nord-Sud non si colmi con gli appelli alla buona volontà e basta. Io sono un profondo sostenitore del fatto che le comunità si debbano auto-organizzare, che la responsabilità personale sia un elemento insostituibile del successo dell'attività amministrativa e che non ci sia nessuna legge che possa far organizzare bene un ufficio se uno se ne frega di fare il suo dovere. Mi spiego ? Non c’è nessuna legge che possa costringere qualcuno a fare bene il suo dovere.
  Detto questo, io sono anche profondamente convinto che l'esperienza di tutti i Paesi che hanno colmato gap territoriali Pag. 25importanti sia l'esperienza di grandi investimenti pubblici. Ci vuole un grande investimento pubblico, che va fatto bene e va fatto sulle infrastrutture che rendono competitivo e auto-sostenibile lo sviluppo di un territorio. È evidente. Non bastano i soldi pubblici. Ci vogliono soldi pubblici investiti in infrastrutture che consentano lo sviluppo auto-propulsivo, non lo sviluppo mantenuto. Questo è evidente.
  La mole di denaro a disposizione è una mole sufficiente. Forse non è ai livelli di quella che la Germania impiegò per la Germania dell'Est, ma è comunque una mole di denaro utile e, in questa congiuntura economica, sufficiente per cambiare direzione allo sviluppo. Questa per me è l'analisi politica.
  Dobbiamo, però, anche avere la coscienza che tra perdere il denaro – diciamo così – e mantenerlo è meglio mantenerlo. Chi oggi invoca il 50 per cento di cofinanziamento sapendo che si espone a un rischio enorme, perché nel 2016 poi si deve dimostrare di aver spesi questi soldi, sta esponendo le regioni del Sud, che hanno bisogno di queste risorse e di mantenerle, a un grave rischio di disimpegno. C’è, infatti, tutta la programmazione vecchia da portare avanti e arriva la programmazione nuova. Regioni che hanno avuto una media di spesa di 500 milioni di euro all'anno possono di colpo nel 2015 fare 6 miliardi di euro di spesa ? Ma dove viviamo ? No. Ministeri che sono in ritardo e che sono al 60 per cento della spesa, invece che all'80 per cento, come in Polonia, possono di colpo migliorare la loro capacità amministrativa in questo senso ? No.
  Continuare a tenere il Piano di azione e coesione e farlo funzionare significa conservare le risorse al Sud. Chi ha detto il contrario l'ha detto perché non ha capito il meccanismo oppure lo dice in maniera strumentale. Se vogliamo citare per forza il fatto che c’è un Nord cattivo che sottrae risorse al Sud, va benissimo, si può dire tutto, ma questo è fuori da ogni logica e da ogni verità. Questo non è il punto. Il punto è che dobbiamo scegliere se rischiare di perdere le risorse o non rischiare di perderle.
  Dobbiamo giustamente, però, come avete suggerito, blindare queste risorse. Queste risorse sono da blindare con una legge che disponga che non facciano la fine dei fondi ex FAS, che servivano da bancomat per altre questioni. È giustissimo. Questo sì, questo è il punto. Ci dobbiamo fidare gli uni degli altri, ma alla fine è meglio mettere nero su bianco le condizioni.
  Stabilito, però, che nero su bianco rimanga alle regioni di appartenenza questa quota di cofinanziamento, è assurdo pensare – è poco realista, può dirlo solo uno che non ha mai amministrato nemmeno il condominio di casa sua – che la Calabria possa essere di colpo in grado di gestire moli di denaro come quelle che arriveranno nei prossimi 12 mesi.
  Questo è il punto. Mi spiace la brutalità con cui lo dico, ma questa è la verità. Non c’è alcun giudizio, ripeto. Questo riguarda anche le amministrazioni centrali, tant’è vero che il cofinanziamento del 25 per cento è su quasi tutti i programmi 2014-2020.
  Abbiamo tenuto il 50 per cento in Puglia e Basilicata perché io sono dell'idea che la loro situazione vada distinta. A chi ha dimostrato di essere in grado di farlo glielo lasciamo fare, perché è giusto che usi i fondi da subito. Per chi non ha dimostrato di essere in grado di farlo, però, è inutile che ci guardiamo e ci raccontiamo delle frottole. Questo vale per le autorità centrali e per quelle regionali. Non c’è alcun tema di discriminazione territoriale.
  Guardate che questo è un punto molto importante, perché noi rischiamo veramente di non riuscire a mantenere le risorse. Se le regioni che sono oggi incapaci tra sei mesi vengono e mi presentano 500 milioni di progetti già pronti e appaltabili da finanziare con il Piano di azione e coesione, c’è disponibilità. Non c’è un problema di bilancio.
  Accetto la sfida. Se vogliono spenderli tutti subito, che vengano e presentino i Pag. 26progetti. Noi abbiamo otto anni di ritardo su progetti considerati strategici. Uno viene e mi chiede «Mi dai i soldi per fare questa strada, che è strategica» e dopo 8 anni non è partita nemmeno la progettazione definitiva. Di che cosa stiamo parlando ? Mi viene a chiedere altri soldi ? Non funziona. Tutto qui.
  Questa è, brutalmente, la situazione che io vedo e credo, presidente, che lei da ultimo abbia riassunto tutti questi punti in maniera efficace. Io condivido la sua interlocuzione. Questa è la situazione. Ripeto, tutte queste cose vanno poi organizzate, vanno messe bene. Vanno fissati i criteri di utilizzo dell'FSC, va fissato bene il criterio di utilizzo della PAC e credo che vada definita bene anche tutta la qualità dei Programmi operativi regionali che andremo a guardare di volta in volta. Cercheremo di rafforzare i princìpi unitari di gestione di strumenti che anche voi avete suggerito. Comunque le vostre osservazioni credo ci aiuteranno anche a migliorare il nostro lavoro.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Sottosegretario Delrio e i colleghi e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.