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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

XIV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Mercoledì 1 ottobre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bordo Michele , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ATTUAZIONE E L'EFFICACIA DELLE POLITICHE UE IN ITALIA

Audizione del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega agli affari europei, Sandro Gozi.
Bordo Michele , Presidente ... 3 
Gozi Sandro (PD) , Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega agli affari europei ... 4 
Bordo Michele , Presidente ... 9 
Galgano Adriana (SCpI)  ... 9 
Buttiglione Rocco (PI)  ... 10 
Gozi Sandro (PD) , Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega agli affari europei (fuori microfono) ... 11 
Buttiglione Rocco (PI)  ... 11 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 11 
Berlinghieri Marina (PD)  ... 11 
Kronbichler Florian (SEL)  ... 12 
Bordo Michele , Presidente ... 12 
Gozi Sandro (PD) , Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega agli affari europei ... 12 
Bordo Michele , Presidente ... 16 

Audizione del presidente Pietro Russo, componente italiano della Corte dei conti europea:
Bordo Michele , Presidente ... 16 
Russo Pietro , Componente italiano della Corte dei conti europea ... 17 
Bordo Michele , Presidente ... 23 
Russo Pietro , Componente italiano della Corte dei conti europea ... 23 
Bordo Michele , Presidente ... 24 
Galgano Adriana (SCpI)  ... 24 
Albini Tea (PD)  ... 24 
Pinna Paola (M5S)  ... 25 
Bordo Michele , Presidente ... 25 
Russo Pietro , Componente italiano della Corte dei conti europea ... 25 
Galgano Adriana (SCpI)  ... 27 
Russo Pietro , Componente italiano della Corte dei conti europea ... 27 
Galgano Adriana (SCpI)  ... 27 
Russo Pietro , Componente italiano della Corte dei conti europea ... 27 
Bordo Michele , Presidente ... 27

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Libertà e Diritti-Socialisti europei (LED): Misto-LED.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MICHELE BORDO

  La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva diretta sul canale satellitare della Camera dei deputati e sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega agli affari europei, Sandro Gozi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'attuazione e l'efficacia delle politiche UE in Italia, l'audizione del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega agli affari europei, Sandro Gozi.
  Ringrazio il sottosegretario Gozi per l'audizione odierna, svolta nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'attuazione e l'efficacia delle politiche UE in Italia, nel corso della quale vorremmo approfondire in particolare le questioni relative allo stato di conformità dell'ordinamento italiano a quello dell'Unione europea.
  Diamo anzitutto atto al sottosegretario, alla nostra Commissione e al Parlamento dell'ottimo lavoro svolto sinora, che ha comportato la chiusura di molte infrazioni pendenti in capo al nostro Paese.
  Al tempo stesso, tuttavia, non possiamo ignorare – lo ricordava già ieri il sottosegretario nel corso di un'altra audizione – che le procedure di infrazione pendenti nei confronti dell'Italia sono ancora circa un centinaio e costituiscono obiettivamente uno dei profili di maggiore criticità nella partecipazione dell'Italia all'Unione europea.
  Com’è noto, la legge n. 234 del 2012 ha rafforzato e ampliato gli obblighi informativi del Governo verso le Camere proprio con riferimento alle procedure di precontenzioso e contenzioso. In particolare, gli articoli 14 e 15 della citata legge prevedono la trasmissione alle Camere di informazioni, sia generali e periodiche sia circostanziate a specifici casi pendenti, nonché la comunicazione dell'avvio di nuove procedure di infrazione avviate e delle azioni che il Governo intende assumere.
  La nostra Commissione, sulla base di questi riferimenti, intende analizzare sistematicamente i flussi informativi previsti da tali disposizioni e interloquire regolarmente con i rappresentanti del Governo per stimolare e individuare soluzioni tempestive e adeguate al fine di superare i casi di procedure di infrazione ancora pendenti nei confronti del nostro Paese. A questo scopo, la cooperazione tra la nostra Commissione e il Dipartimento per le politiche europee è assolutamente essenziale.
  Vorrei, inoltre, cogliere l'occasione per chiedere al sottosegretario Gozi informazioni su una recente iniziativa della Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea che riveste specifica e diretta rilevanza per il Parlamento italiano e soprattutto per questa Commissione.
  Abbiamo appreso – a dire il vero, su segnalazione di altri Parlamenti nazionali avvertiti dai rispettivi Governi – della Pag. 4convocazione, da parte del Governo italiano, del Gruppo degli Amici della Presidenza sul miglioramento del funzionamento dell'Unione europea. Ci risulta che il 25 settembre il Gruppo si sia occupato proprio della questione del ruolo dei Parlamenti nazionali.
  La pregherei di fornirci informazioni circostanziate in proposito, al fine di avviare uno stabile raccordo su tale tema con le Camere sul modello di quanto è avvenuto o sta avvenendo in altri Stati membri dell'Unione europea.
  Do quindi immediatamente la parola al sottosegretario Gozi per il suo intervento.

  SANDRO GOZI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega agli affari europei. Grazie, presidente. È un vero piacere essere qui e vi ringrazio per l'opportunità che mi offrite di confrontarmi con voi.
  La ringrazio anche, presidente, per la sua domanda aggiuntiva, anzi ne approfitto per manifestare di nuovo la mia piena disponibilità a venire regolarmente in Commissione, se da voi convocato, a informarvi sullo stato di attuazione del semestre europeo e, in generale, su come viene attuata la politica europea dell'Italia.
  Certamente approfitterò di quest'occasione per informarvi del Gruppo degli Amici della Presidenza, relativo al funzionamento dell'Unione europea. Confermo poi che, se voleste svolgere un'audizione sulla valutazione generale – siamo quasi a metà – del semestre europeo, vi è la piena disponibilità mia e del Governo; anzi, ritengo che si tratti di un'occasione molto utile. Sta a voi decidere.
  Concentrerò il mio intervento in due parti: la prima è relativa alle infrazioni, la seconda riguarda la domanda aggiuntiva su un'iniziativa che il Governo ha intrapreso durante il semestre europeo in merito alle istituzioni dell'Unione europea.
  Anche il Governo apprezza molto la buona cooperazione instauratasi tra Parlamento e Governo al fine di perseguire un obiettivo comune, di grandissima rilevanza, che riguarda ragioni di credibilità, di coerenza e, per alcuni aspetti, di legalità, ossia la riduzione delle violazioni del diritto dell'Unione europea da parte della Repubblica italiana.
  Parlo di violazioni del diritto dell'Unione europea e non di infrazioni perché lo spettro delle infrazioni è, in realtà, più ampio rispetto a quello delle violazioni del diritto dell'Unione europea.
  In premessa – voglio dirlo – confermo, da una parte, il dato che lei, presidente, ha fornito. Per ora siamo finalmente, come direbbero gli economisti, ma in questo caso in positivo, al double digit, ossia alla doppia cifra e non alla tripla cifra, perché siamo scesi da centoventi a novantanove procedure di infrazione. La doppia cifra in diritto dell'Unione europea è una buona notizia.
  È evidente che si procede per gradi per quanto riguarda il nostro lavoro come Italia, perché si risponde a una serie di procedure di infrazione nel momento in cui entra in vigore e viene attuata una legge europea. In un dato momento possono esserci, per esempio, venti procedure di infrazione che magari vengono ridotte per l'avvio di dieci procedure EU Pilot.
  Così lavora la Commissione europea. Regolarmente, durante l'anno, la Commissione tiene delle riunioni ad hoc in cui avvia una serie di accertamenti precontenzioso, le cosiddette EU Pilot, o un pacchetto di infrazioni. È per questo motivo che abbiamo delle riduzioni molto importanti del numero di infrazioni, poi degli aumenti e poi ancora delle riduzioni. Questa è la dinamica.
  L'aspetto di cui dobbiamo essere soddisfatti è che abbiamo innescato una tendenza positiva al ribasso delle infrazioni. Si è, infatti, passati da centoventi a novantanove procedure di infrazione – ricordo che su questo segmento di attività il Governo è attivo dal 1o marzo – e questa mi sembra una notizia positiva, che ci deve spingere ad aumentare gli sforzi.
  Da questo punto di vista, già ieri abbiamo avuto occasione di discutere della legge europea 2013 bis. Ripeto che, proprio perché essa risponde alle infrazioni, è auspicabile ed è necessario per il Governo che il disegno di legge venga approvato Pag. 5molto rapidamente dal Parlamento, perché ci consentirebbe ulteriormente di ridurre il numero di infrazioni. Ci sono, infatti, almeno otto procedure di infrazioni che verrebbero chiuse se la Camera decidesse di adottare in terza lettura, in via definitiva, il testo del provvedimento come licenziato dal Senato.
  Ricordo che stiamo rispettando l'impegno relativo ai testi normativi da adottare nel corso del semestre europeo, di cui avevamo parlato, e che prevedeva l'adozione di quattro-cinque atti: la legge di delegazione 2013, ora approvata in via definitiva al Senato; la legge europea 2013-bis, che è in discussione alla Camera e di cui è auspicabile l'adozione in via definitiva senza modifiche; la legge di delegazione 2014, già approvata dal Governo e trasmessa alla Conferenza Stato-regioni per valutazione; la legge europea 2014, sulla quale stiamo lavorando per definirne la struttura di base.
  Questo è un programma di impegni legato al semestre europeo, su cui è assolutamente necessario proseguire la nostra forte cooperazione. Anche da questo punto di vista c’è piena disponibilità ad approfondire alcuni aspetti che vedrete nel disegno di legge di delegazione europea 2014.
  Queste sono le cifre e si tratta di cifre positive. L'ho già detto in questa Commissione: non sarò soddisfatto fintanto che tutte le infrazioni su cui riteniamo che vi sia effettiva violazione del diritto dell'Unione europea non saranno eliminate.
  Parlo di quelle in particolare perché ci sono, invece, alcune procedure di contenzioso che l'Italia porta avanti fino alla Corte di giustizia europea, per le quali, come accade nelle cause in tribunale, l'Italia pensa di aver ragione e ritiene che la Commissione europea abbia torto.
  Le procedure di infrazione non sono, infatti, delle sentenze di condanna. Con esse si instaura un contenzioso tra la Repubblica italiana, nel nostro caso, e la Commissione europea, in cui uno Stato è anche libero di portare avanti, anzi deve portare avanti la sua posizione fino alla sentenza definitiva, se pensa che la sua interpretazione di come venga attuata o di come non venga violata una norma europea in Italia sia quella giusta e che sia sbagliata quella della Commissione europea.
  Per questo vi dico che non è neppure auspicabile affermare che dovremo arrivare ad azzerare tutte le procedure di infrazione, perché ci sono delle procedure di contenzioso sulle quali uno Stato membro ha il diritto e il dovere di fare valere le proprie posizioni.
  Certo, quelle che occorre abbattere in maniera radicale – l'ho già detto – sono le procedure di infrazione per mancato recepimento di direttive europee. Quelle, sì, sono il risultato dell'incoerenza e dell'inerzia di uno Stato membro, soprattutto perché una gran parte di esse potrebbero essere adottate con decreto ministeriale e, quindi, sono effetto di inerzia amministrativa. È assolutamente paradossale che uno Stato membro che negozia una direttiva, che fa valere le proprie posizioni durante il negoziato, che magari vota in maniera favorevole – ma, anche se votasse in maniera contraria, se la direttiva entra in vigore, è legge per tutti – poi, dopo aver fatto questo lavoro di negoziato e di voto della direttiva, si faccia avviare la procedura di infrazione per mancato recepimento.
  Noi abbiamo ridotto significativamente le procedure di infrazione per mancato recepimento di direttive europee. Tuttavia non bisogna solo ridurle, ma progressivamente azzerarle. Quello su cui dobbiamo fare la differenza rispetto al passato – e abbiamo cominciato a farlo; starà poi a voi giudicare come il Governo stia svolgendo la sua politica europea, ma noi riteniamo di avere cominciato a farlo – è che dobbiamo essere dei negoziatori europei molto più esigenti.
  Mentre nel passato, anche recente, siamo stati dei negoziatori europei o distratti o troppo accondiscendenti, dobbiamo diventare ora molto esigenti nei negoziati prima che le decisioni europee vengano prese e, al contempo, dobbiamo essere degli esecutori molto più efficienti.Pag. 6
  In altre parole, dopo il negoziato, dopo che abbiamo fatto valere le nostre posizioni, dopo che abbiamo influenzato, per quanto possibile, nell'interesse nazionale la normativa europea da adottare, dobbiamo essere molto efficaci nella sua attuazione. Pertanto, dobbiamo assolutamente eliminare le procedure di infrazione per mancato recepimento di direttive.
  Ci sono, quindi, due tipologie di infrazione della normativa europea e, sulla seconda, quella per mancato recepimento, occorre assolutamente lavorare. Questo in parte dipende dal lavoro comune, ossia dipende da quanto saremo efficaci e rapidi nell'adottare le varie leggi di delegazione europea. È, infatti, proprio in gran parte la legge di delegazione europea, quando la direttiva deve essere recepita in via legislativa, che ci permette di raggiungere l'obiettivo dell'azzeramento delle procedure di infrazione. In parte sta, invece, al Governo e ai singoli ministri essere molto esigenti con la propria amministrazione nei casi in cui – e sono un gran numero – le direttive possono essere recepite per via di un decreto ministeriale.
  Sono, dunque, due i livelli su cui operare: il primo riguarda una forte cooperazione, come quella che stiamo attuando oggi; il secondo riguarda certamente un'azione di pressione e di controllo del Governo, ma soprattutto la necessità di accelerare e di sensibilizzare ancora una cultura amministrativa europea. Vi è, infatti ancora, presidente, in questo Paese, la necessità di creare una vera cultura europea amministrativa. È paradossale scoprirlo, ma vi confermo che è così.
  Occorre poi accelerare, all'interno delle singole amministrazioni, anche regionali – e introduco così il tema – i meccanismi di recepimento in via amministrativa delle direttive europee.
  Anche sul fronte dei meccanismi regionali di recepimento della normativa europea – ne abbiamo già parlato – la percentuale delle procedure di infrazione mi sembra si sia ridotta. Se sbaglio mi correggerò, ma mi sembra che il 14 per cento del totale delle infrazioni pendenti non dipenda dall'amministrazione centrale, bensì dalle regioni e dagli enti locali.
  Certamente vi è un problema nella ripartizione delle competenze tra Stato e regioni ed è necessario spingere tutte le regioni ad attuare la normativa europea nei tempi previsti dalla legge. Vi sono, infatti, alcune regioni che sono molto avanti, che hanno ormai adottato lo strumento della legge cosiddetta comunitaria, come si chiamava la nostra prima legge di delegazione europea, e che quindi esercitano un'attività molto efficace, con ritmi importanti, nel recepimento delle direttive europee. Altre regioni, invece, sono più in ritardo.
  Anche con riguardo a questo aspetto dobbiamo portare avanti un'attività di sensibilizzazione e di pressione, sia come Governo sia come Parlamento, per affrontare il tema della corretta attuazione della normativa europea.
  Si tratta di un problema che riguarda non solo l'Italia. Il livello fisiologico di infrazioni a cui dovremmo tentare di arrivare è quello tra le sessanta e le ottanta procedure, che è il livello fisiologico dei grandi Stati membri a struttura federale o a struttura regionale avanzata.
  Se considerate i dati della Germania, della Spagna e anche della Francia, in cui le regioni hanno competenza particolarmente sviluppata, noterete che questo è il livello medio, per le varie ragioni di cui ho parlato prima, ed è quello a cui dovremmo poter arrivare noi se continuiamo in questa forte cooperazione tra Governo e Parlamento.
  Questi sono i dati e la situazione attuale. Per quanto riguardo ciò che ha fatto il Governo sin dall'inizio, ho già citato il buon lavoro e la buona cooperazione che ci sono stati tra Governo e Parlamento. Abbiamo, inoltre, svolto – ed è parte del lavoro necessario per migliorare il grado di adeguamento dell'ordinamento italiano all'Unione europea e per essere più efficaci rispetto alle infrazioni – un'operazione assolutamente necessaria, che può sembrare banale ma che banale non è, ossia Pag. 7abbiamo attuato ormai quasi pienamente – ci sono solo alcuni aspetti di dettaglio – la legge n. 234 del 2012.
  Si tratta di una legge di iniziativa parlamentare, nata in questa Commissione all'inizio della scorsa legislatura su iniziativa di vari gruppi politici dell'allora maggioranza e dell'allora opposizione, che ha avuto un iter molto lungo al Senato e che, però, per fortuna, è ritornata alla Camera in tempo utile per essere approvata prima della fine della scorsa legislatura. Tuttavia, è una legge che ho trovato in gran parte non attuata.
  Credo, invece, che questa attuazione dovesse essere assolutamente prioritaria, proprio perché – e vari membri di questa Commissione che lo erano già nella scorsa legislatura lo sanno bene – gran parte di quella legge mira proprio a rendere più efficace la parte interna della politica europea, cioè il modo in cui l'Italia si adegua ai princìpi, alle norme e alle direttive europee.
  Abbiamo creato ormai dappertutto i nuclei di valutazione degli atti dell'Unione europea, che – lo ricordo ai colleghi – sono praticamente delle cellule di diritto europeo presso i singoli ministeri. Tali nuclei non esistevano prima dell'adozione della legge n. 234 del 2012 e servono molto sia per avere un punto di contatto all'interno delle singole amministrazioni e dei singoli ministeri per quanto riguarda il diritto dell'Unione europea, e quindi le procedure di infrazione, sia alla Presidenza del Consiglio dei ministri per avere dei punti di contatto certi nell'attività di coordinamento che è assolutamente necessaria non solo per fare meglio la politica europea dell'Italia, ma anche per gestire meglio il recepimento delle direttive e la gestione delle varie procedure di infrazione. Tale gestione richiede un lavoro tecnico molto intenso tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Dipartimento delle politiche europee, in cui vi è una struttura di missione ad hoc per le infrazioni, e i singoli ministeri.
  Questi nuclei sono stati creati praticamente dappertutto. Abbiamo attivato il Comitato interministeriale per gli affari europei, che io presiedo su delega del Presidente del Consiglio dei ministri, al quale – lo dico con soddisfazione – hanno partecipato quasi sempre i ministri. Si tratta, quindi, veramente di un Comitato interministeriale e ciò dimostra anche la sensibilità dei singoli ministri di questo Governo sul tema della politica europea e, in particolare, sul quello relativo alle procedure di infrazione.
  Nell'ambito del Comitato interministeriale per gli affari europei abbiamo sempre, in ogni riunione, affrontato la situazione dell'Italia in campo di infrazioni, esaminato quelle più gravi e lavorato per la necessaria attività di coordinamento che ci ha permesso e che ci deve permettere di affrontare in maniera più efficace la questione.
  Siamo in via di definizione completa. Abbiamo adottato un regolamento ad hoc relativo a un tema che sembra essere distinto dalle infrazioni, ma che in realtà non lo è, ossia quello degli esperti nazionali distaccati, di quei funzionari italiani che sono distaccati presso le istituzioni europee, in generale presso la Commissione europea, e che stanno lì fino a quattro anni e poi tornano in Italia.
  Si tratta di esperti il cui know-how in campo di diritto dell'Unione europea è di grande rilevanza e va utilizzato al meglio al momento del rientro. Certamente è utile per l'amministrazione italiana gestire in maniera più efficace questa rete di esperti nazionali, sia quando si trovano a Bruxelles sia quando tornano in Italia, in quanto essi hanno delle competenze, settore per settore, che sono molto utili anche per gestire il tema delle infrazioni. Questo è un'altra questione a cui erano molto sensibili i vari gruppi politici quando elaborammo la legge n. 234 del 2012, che noi stiamo attuando.
  Per quanto riguarda poi quello che si poteva fare già prima, ma che non è mai stato fatto, soprattutto nel rapporto tra Stato e regioni, per la prima volta questo Governo ha usato gli strumenti che gli sono propri, come la diffida e il potere sostitutivo dello Stato nei confronti delle regioni per affrontare alcune infrazioni.Pag. 8
  Ricordo, a titolo di esempio, che la Commissione, il 23 luglio scorso, ha archiviato una procedura di infrazione relativa alla prevenzione e alla riduzione integrate dell'inquinamento degli impianti idrici esistenti. È un risultato raggiunto grazie alla diffida che il Governo ha rivolto alla regione Sicilia, nell'esercizio dei poteri sostitutivi, con una delibera del 13 giugno. Solo il fatto di diffidare e di minacciare l'esercizio di poteri sostitutivi – questo accadeva per la prima volta, non era mai accaduto prima – ha avuto l'effetto positivo di chiudere la procedura d'infrazione.
  Continueremo, dunque, ad avvalerci di tutti i poteri, sia di quelli nuovi che la legge n. 234 del 2012 ci ha attribuito sia di quelli vecchi che, forse perché non era stato necessario farlo, non erano mai stati esercitati prima, per assicurare anche nei rapporti tra Stato e regioni il massimo adempimento nella massima efficacia.
  Presidente, l'altro aspetto che volevo segnalare, e che credo sia utile per i vostri lavori nel quadro di questa indagine conoscitiva, riguarda alcuni punti sensibili.
  Il punto più sensibile, legato anche alla ripartizione di competenze fra Stato e regioni, è il tema dell'ambiente. È quello il settore in cui siamo più esposti, in cui abbiamo i casi di infrazione più difficili. Vi sono, infatti, diciannove procedure di infrazione aperte in campo ambientale.
  Certamente il campo dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è quello più delicato e più difficile, in cui dobbiamo intensificare la nostra azione. Si tratta di casi anche politicamente molto sensibili. Su alcuni stiamo avanzando grazie non solo alla legge europea, ma anche ai decreti che sono stati adottati in questi mesi; su altri, invece, abbiamo un contenzioso aperto di notevole difficoltà.
  Presidente, questo è il quadro della situazione attuale. Ovviamente sono ben disposto, per quanto posso, a rispondere a tutte le vostre domande. Vi svelo una cosa, però: non conosco le novantanove procedure d'infrazione a memoria, ma sono ben disponibile a fornire tutte le informazioni, se per caso non avessi le risposte oggi.
  Il secondo punto dell'audizione riguarda il Gruppo degli Amici della Presidenza sul funzionamento dell'Unione europea. Passo quindi all'altro tema su cui lei, presidente, mi ha chiesto di informarvi.
  Abbiamo individuato nel tema delle Istituzioni dell'Unione europea una grande priorità del semestre europeo di presidenza dell'Italia. La nostra valutazione è che il sistema istituzionale dell'Unione europea oggi, così com’è, non funzioni in maniera efficace. Riteniamo che, anche alla luce delle evoluzioni molto rapide, legate certamente anche alla necessità di rispondere alla crisi economica e finanziaria, si sia avanzato molto in campo monetario, in campo economico, in campo di governance, ma che a questi sviluppi – penso al semestre europeo, al Two-Pack, al Six-Pack e a tutte le procedure macroeconomiche – non sia corrisposto un altrettanto adeguato avanzamento e adattamento del sistema delle istituzioni.
  Riteniamo che ci sia bisogno di una migliore cooperazione tra le istituzioni e di un maggiore controllo democratico sia a livello nazionale sia a livello europeo. Riteniamo anche che, in realtà, dobbiamo, in un primo momento, e il momento per noi è questo, sfruttare pienamente il potenziale del Trattato di Lisbona. Ci sono, infatti, vari aspetti del Trattato di Lisbona che devono essere ancora attuati e che andrebbero attuati in maniera molto rapida.
  La valutazione del Governo è che comunque nell'arco della legislatura – e sottolineo bene che ciò dovrà avvenire nell'arco della legislatura, non nell'arco del nostro semestre europeo – dovrà porsi anche il tema dei limiti attuali dei Trattati e, quindi, anche della revisione delle modalità attuali di funzionamento delle Istituzioni e della valutazione su come farle funzionare meglio a Trattati costanti, come si dice in gergo, cioè senza modificare i Trattati stessi. Tutto ciò, a nostro modo di vedere, molto probabilmente incontrerà dei limiti che andranno affrontati, nell'arco della legislatura, con la revisione dei Trattati.Pag. 9
  Su questo abbiamo fatto una grandissima fatica, perché l'Italia è, credo, insieme al Belgio, l'unico Paese che ritiene – devo dire dopo vari anni in cui anche in Italia gli addetti ai lavori facevano un po’ fatica a parlarne – che la questione istituzionale sia una delle questioni fondamentali. Ritiene, cioè, che occorra rapidamente utilizzare tutto quello che c’è di utilizzabile nel Trattato di Lisbona e anche che occorra – ed è auspicabile, dal nostro punto di vista, che lo faccia per primo il Parlamento europeo, sulla base dell'articolo 48, visto che ha potere di iniziativa – porre il tema di quali innovazioni istituzionali siano necessarie nella legislatura che va dal 2014 al 2019.
  È stato molto difficile rendere possibile la creazione di un Gruppo degli Amici della Presidenza, come viene definito nel gergo di Bruxelles, cioè di un gruppo di esperti che per i vari Paesi valuta le seguenti questioni: come funzionano le istituzioni oggi; come migliorare la cooperazione tra le istituzioni, in particolare tra Consiglio dei ministri, Commissione e Parlamento europeo; come migliorare l'attuazione dei princìpi di sussidiarietà, proporzionalità, trasparenza e attribuzione; come migliorare la partecipazione, soprattutto in temi come quello della governance economica, dei Parlamenti nazionali e del Parlamento europeo; come assicurare una migliore informazione, da parte della Commissione europea e dei Parlamenti nazionali, nelle materie di competenza della Commissione; come utilizzare meglio, in maniera più efficace, meno burocratica e più politica, le varie procedure, quali il cartellino giallo, il cartellino arancione, le procedure di allerta precoce, ossia tutte quelle procedure che permettono ai Parlamenti nazionali di avere un impatto, un ruolo, un'influenza sui processi legislativi europei.
  Questi sono i primi temi che sono stati discussi dai nostri esperti e di cui ho riferito al Consiglio Affari generali lunedì scorso. Proseguiremo i lavori durante tutto il semestre europeo e certamente vi confermo la piena disponibilità a venire a informarvi sul seguito dei lavori. Sarebbe auspicabile che, sulla base di questi lavori, si potesse avviare almeno il tema di un nuovo accordo interistituzionale tra Consiglio dei ministri, Parlamento europeo e Commissione europea per cooperare meglio e attuare completamente il Trattato di Lisbona. Già questo potrebbe essere un risultato importante. La presidente preparerà un rapporto che verrà presentato al Consiglio affari generali e, auspicabilmente, trasmesso anche al Consiglio europeo alla fine del semestre.
  Ripeto, confermo la mia piena disponibilità a informarvi sul prosieguo dei lavori e, a ogni singola riunione del Gruppo degli Amici della Presidenza sul funzionamento dell'Unione europea, a informare il Parlamento italiano sullo stato di avanzamento dei lavori.

  PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario Gozi per il suo intervento. Cominciamo la discussione. Avverto che alle 15 abbiamo un'altra audizione e che, quindi, sarò rigoroso nel rispetto dei tempi che ci diamo e che, secondo me, non potranno superare i 2-3 minuti per intervento.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ADRIANA GALGANO. Grazie, presidente. Grazie, sottosegretario. Abbiamo apprezzato molti punti della sua relazione, soprattutto quello sul lavoro finalizzato all'applicazione della legge n. 234 del 2012, che è veramente indispensabile. Voglio fare alcune osservazioni sulle procedure di infrazione.
  Una parte delle procedure di infrazione, o comunque delle ragioni per cui tali procedure vengono avviate, è dovuta al mancato recepimento delle direttive europee. Dal mio punto di vista, sarebbe molto utile favorire a Bruxelles l'utilizzo di regolamenti, anziché di direttive, perché il regolamento viene immediatamente applicato. Noi avremmo due vantaggi: il primo, dato dal fatto che tutti i Paesi europei applicherebbero il regolamento contemporaneamente; il secondo, derivante dalla circostanza che il regolamento verrebbe Pag. 10inserito automaticamente nella nostra normativa, senza bisogno di recepimento.
  Questo è il primo punto, che ne comporta immediatamente un altro, ovvero il fatto che sarebbe importante avere nostri esperti che partecipino ai lavori delle commissioni in cui vengono determinati regolamenti e normative. Da quanto risulta dal contatto con altri deputati stranieri, questo viene fatto dagli altri Paesi, i quali, presenziando nelle commissioni, influenzano l'elaborazione delle direttive.
  Ciò significa che, se – faccio un esempio un po’ paradossale – viene approvata una direttiva in cui si prevede che non si possa fare rumore dalle 8 di sera fino alle 6 di mattina, è chiaro che in tal caso vi è stata molto più l'influenza dei Paesi del Nord rispetto ai Paesi del Sud, dove notoriamente si lavora molto di più fino a tardi. Un aspetto molto importante, quindi, è il fatto che sia garantita la partecipazione di nostri esperti nelle sede in cui si procede alla costruzione della normativa europea.
  Vi è poi un'altra questione sulla quale abbiamo più volte sollecitato la presidenza, che riguarda la procedura di infrazione relativa alle discariche abusive, che è stata aperta nel 2003; leggendo i giornali e da contatti con Bruxelles abbiamo infatti appreso che si sta per concludere.
  A tal riguardo, ho una domanda molto concreta da porre. Desideriamo essere aggiornati su quando e cosa accadrà, perché il rischio per il nostro Paese è molto elevato. La multa, da quello che si apprende da fonti di stampa, può essere di 40 milioni di euro, più 256 mila euro al giorno, finché non faremo quanto richiesto per superare la procedura di infrazione. Da lei vorremmo sapere qual è la probabilità che verremo condannati e che cosa possiamo fare per evitare eventualmente la condanna.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Ringrazio sentitamente il sottosegretario per la relazione puntuale e carica di contenuti che ha svolto. Come lui può immaginare, suonava come musica alle mie orecchie.
  Mi permetto solo un piccolo puntiglio. Mi sembra che sia il CIACE sia i Nuclei di valutazione fossero già contenuti nella legge n. 11 del 2005, anche se, ovviamente, sono stati ripresi e rafforzati nella legge n. 234 del 2012.
  Passando, invece, a una serie di domande, osservo che questo semestre di presidenza è un semestre, per alcuni aspetti, «scalognato», perché in esso sono previste le elezioni e la formazione della nuova Commissione europea. La possibilità di intervenire per dare priorità a qualche direttiva che a noi interessa di più evidentemente non c’è, né si può usufruire dei vantaggi marginali usuali per le presidenze.
  Questo è anche, però, un semestre fortunato, perché si può intervenire nella formulazione del programma della Commissione europea e si possono lanciare idee di lungo periodo.
  Tutto ciò premesso, vorrei capire se il Governo al prossimo Consiglio europeo, che, se non mi sbaglio, si svolgerà l'8 ottobre, abbia intenzione di fare una proposta concreta per la realizzazione dei partenariati per la crescita e l'occupazione, prima chiamati contractual arrangements, per i quali c’è un impegno a presentare una proposta entro quest'anno, ossia entro il 2014.
  Sarebbe una grande occasione per realizzare quello scambio di riforme contro sostegni, non necessariamente solo il consenso a smarginare un po’ sugli impegni di deficit, ma anche sostegni più diretti. Pensate soltanto a una garanzia data non direttamente dalla Commissione europea, che non la può dare, ma magari tramite la BEI, su quote di debito pubblico italiano usate per pagare le riforme. Ciò significherebbe un abbattimento del tasso di interesse dal 2,5 per cento all'1 per cento e, quindi, un risparmio considerevole.
  Stiamo lavorando a una proposta ? Sarebbe opportuno che avessimo in tale occasione una proposta. È una questione che ci interessa. Siamo tenuti a presentare una proposta perché a dicembre del 2013 il Consiglio si è impegnato in tal senso, quindi presentiamola.Pag. 11
  In secondo luogo, abbiamo una serie di scadenze su Fiscal Compact, Six-Pack, Two-Pack e bilancio dell'Unione europea. Il bilancio dell'Unione ha una clausola di revisione incorporata al 2016; il Six-Pack ne ha di fatto una incorporata al 2018, almeno la direttiva centrale del Six-Pack; il Fiscal Compact ne ha una incorporata, a sua volta, mi pare al 14 dicembre del 2018. È evidente che tali clausole non si possono rivedere separatamente e che sarebbe utile accorpare la revisione al 2016 in modo da farla coincidere con la revisione del bilancio dell'Unione europea.
  In questa occasione si possono costruire i margini di flessibilità opportuni. Intervenire sul Patto di stabilità e crescita è una follia: non è possibile, ha rango costituzionale, è scritto nei Trattati e poi non ce n’è bisogno perché è tanto flessibile quanto necessario. Vanno, invece, rivisti tutti quelli che sono strumenti provvisori.
  Nella discussione potrebbero entrare anche le conclusioni della Commissione Monti. Sta lavorando la Commissione Monti ? Conclude ? Sarebbe interessante saperlo.

  SANDRO GOZI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega agli affari europei (fuori microfono). Bisognerebbe chiederlo al suo presidente.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Ho capito, ma qualcuno lo solleciti, perbacco, perché è la Commissione che sta studiando le risorse proprie dell'Unione europea. Noi abbiamo bisogno di costituire un fondo che serva a finanziare, non solo per l'Italia ma per tutta l'Unione europea, le infrastrutture materiali e immateriali dell'economia della conoscenza. Abbiamo bisogno di 1.200 miliardi di investimenti nell'arco di quattro o cinque anni.
  Se passa questo, se scatta questo, se l'Unione europea fa questo, è come se noi avessimo la possibilità per cui, mettiamo, su 200 miliardi di euro all'Italia ne toccherebbero 24-25 o una cifra simile. Sarebbe come fare un punto e mezzo di sfondamento dei limiti non a carico nostro, ma a carico dell'Unione europea, senza violare alcun Trattato. Facciamo una proposta su questo. Ce n’è bisogno.
  Vedo, inoltre, che alcune azioni che da tempo cerco di mettere in circolazione stanno camminando. Ne ha parlato Juncker con la Merkel recentemente. L'ESM a che serve ? Quelle risorse non possono più utilmente essere utilizzate, almeno in parte, facendole convergere veramente dentro un Piano per lo sviluppo e l'occupazione ?

  STEFANO VIGNAROLI. Io sposo in pieno le considerazioni dell'onorevole Galgano e vado oltre. Oltre a voler conoscere le percentuali e le probabilità di condanna, visto che la legge n. 234 del 2012 attribuisce maggiore importanza anche al ruolo parlamentare, rilevo, purtroppo, che le informazioni che abbiamo per portare un nostro contributo sono veramente ridotte al minimo.
  Faccio un esempio per quanto riguarda la procedura di infrazione su Malagrotta, in merito alla quale non conosco la vostra linea difensiva alla Corte di giustizia europea; oppure riguardo alla procedura di infrazione delle discariche, per la quale non so nemmeno quali siano i siti. Mi si dice che siano due in Sicilia e basta. Il nostro contributo è ridotto all'osso. Avere informazioni dettagliate è importante anche per portare il nostro contributo.
  Presso la Commissione di inchiesta sul ciclo illecito dei rifiuti, come vicepresidente, chiederò, visto che sta partendo adesso, di aprire un filone anche, per esempio, sulle procedure d'infrazione sulle discariche. È necessario, però, avere informazioni vere e non soltanto di circostanza.

  MARINA BERLINGHIERI. Grazie, presidente. Il mio intervento sarà altrettanto breve. Mi premeva ringraziare il sottosegretario Gozi per la sua disponibilità, che non mettevamo in dubbio, a lavorare con noi e a continuare questo rapporto molto stretto, che è proprio necessario, tra Governo e Parlamento per raggiungere gli obiettivi di cui si è parlato prima.Pag. 12
  Noi stiamo facendo una serie di audizioni. Ieri abbiamo ascoltato il sottosegretario Delrio su tutta una serie di questioni che si tengono insieme l'una con l'altra e che hanno come filo conduttore questo rapporto molto forte tra l'azione parlamentare e l'azione del Governo per arrivare a far sì che il nostro Paese possa davvero essere un interlocutore credibile nei confronti dell'Unione europea. Questo proprio perché si raggiungerebbero quei due aspetti che così bene ha messo in evidenza il sottosegretario Gozi, ossia l'essere negoziatore esigente dapprima, ma anche esecutore efficace ed efficiente poi. Questo si può fare soltanto con un rapporto molto stretto.
  Rispetto alle cose che sono state dette prima dal collega, da un anno e mezzo a questa parte – sono qui solo da questo tempo –, ho visto grandi passi avanti anche in merito alla consapevolezza dell'importanza strategica che hanno, per il nostro Paese, politiche europee efficienti ed efficaci.
  Pertanto, a nome anche di tutto il gruppo del Partito Democratico, la ringrazio per questa presenza.

  FLORIAN KRONBICHLER. Sottosegretario, parlando dell'infrazione soprattutto per mancato recepimento di direttive europee, lei ha scaricato la colpa soprattutto sulle regioni. Può darsi che questa sia addirittura la ragione per la quale adesso, nell'ambito della riforma del Titolo V della Costituzione, le regioni vengano esautorate.
  Ritengo sintomatico, inoltre, che lei non abbia menzionato per nulla il problema attuale, proprio di questi giorni, del TTIP, ossia dell'accordo con il Canada. È vero che proprio l'Italia, se paragoniamo il nostro dibattito pubblico con quello svoltosi in altri Paesi, non ne discute. Poiché si parla spesso della mancanza di trasparenza o di dibattito aperto, mi chiedo se questa sia una strategia del Governo.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola al sottosegretario, vorrei concentrarmi su una delle questioni che è emersa maggiormente nel dibattito e che fa parte della discussione che facciamo tra di noi ormai da molto tempo.
  Il nostro, come sappiamo, è il Paese che ha il più alto numero di procedure di infrazione, molte dovute al fatto che siamo incapaci di recepire l'ordinamento comunitario, anche perché partecipiamo poco alla fase ascendente, a differenza di altri Paesi. L'onorevole Galgano ha fatto un esempio particolare e io potrei farne molti altri, anche concreti, rispetto al fatto che su alcune decisioni esercitano un'influenza maggiore i Paesi del Nord rispetto a quelli del Sud.
  Io mi pongo sempre il problema: qual è la nostra difficoltà a partecipare sin dall'inizio a tutte le fasi, alla fase ascendente e alla fase di costruzione del diritto europeo, per prevenire le procedure, per influire, influenzare e condizionare molto di più le scelte che si fanno a livello europeo ? Rispetto a questo, quando sarà possibile prendere atto che c’è un'inversione di rotta, atteso peraltro che noi siamo non solo i fondatori, ma anche quelli che giustamente, ma spesso a parole, insistono molto sull'importanza che l'Europa ha rispetto alle scelte che riguardano la vita di tutti i giorni di ciascuno di noi ?
  Do la parola al sottosegretario Gozi per la replica.

  SANDRO GOZI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega agli affari europei. Grazie, presidente. Procedendo nell'ordine, la collega Galgano chiedeva perché non favorire i regolamenti anziché le direttive. A me sembra che questo possa essere utile per alcuni aspetti, mentre per altri è un profondo atto di sfiducia nei confronti delle capacità dei singoli Stati membri di scegliere le modalità e i modi in cui recepire alcune direttive.
  Ritengo che certamente per alcuni aspetti il regolamento possa avere più efficacia. Ritengo anche, però, che lo strumento della direttiva sia lo strumento equilibrato per eccellenza. Lo strumento della direttiva, infatti, sancisce gli obiettivi Pag. 13comuni e rispetta la diversità amministrativa, e anche di cultura amministrativa, dei singoli Stati membri, che devono essere liberi di scegliere le modalità di recepimento.
  Il punto è essere efficaci nella scelta di tali modalità. Il punto è avere negoziato bene prima, avere chiaro il proprio interesse nazionale e avere un'idea un po’ più precisa – ho cominciato a chiederlo al Comitato interministeriale – dell'impatto che alcune decisioni possono avere sul sistema italiano. Se noi riusciamo a fare questo, che rappresenta una riforma strutturale, possiamo anche avere meno paura delle direttive.
  Per alcuni aspetti, quindi, spero che la Commissione europea entrante faccia un migliore uso delle sue prerogative. La mia valutazione sulla Commissione uscente è che sia stata una Commissione poco coraggiosa, anche nella scelta degli strumenti legislativi. Si sono sempre privilegiati strumenti non vincolanti rispetto agli strumenti legislativi e, tra gli strumenti legislativi, sono state adottate sempre direttive molto ampie, anziché regolamenti, laddove, in alcuni casi, è necessario avere il regolamento. È necessario adottare il regolamento per avere una piena efficacia della norma e anche per avere quell'omogeneità, all'interno soprattutto del mercato unico, che è assolutamente necessaria per la sua completa realizzazione.
  Direi, quindi, che ci sono casi e casi. In alcuni casi credo che la Commissione europea avrebbe dovuto fare un maggiore utilizzo dei regolamenti. In generale, ritengo che la direttiva sia un buono strumento, ma che si debba essere all'altezza delle direttive, nel senso che si tratta di uno strumento che richiede un'efficacia del sistema amministrativo dello Stato membro.
  Sulle discariche abusive, posto che non posso dirvi cosa deciderà la Corte di giustizia europea, il punto è il seguente: la Commissione ritiene che abbiano operato, e questo lo sappiamo tutti, una serie di discariche funzionanti illegalmente, fuori dal controllo delle autorità pubbliche e, ovviamente, contrarie soprattutto a due direttive, la direttiva rifiuti e, per alcune regioni note alle cronache del nostro Paese, la direttiva rifiuti pericolosi.
  Questi sono i motivi per cui è stata aperta la procedura d'infrazione e per cui si è arrivati alla sentenza di condanna. Questi sono i motivi per cui il 6 maggio del 2013 la Commissione ha notificato all'Italia un ricorso ex articolo 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ritenendo non eseguita la prima sentenza di condanna e, quindi, chiedendo alla Corte di comminare sanzioni pecuniarie per la mancata esecuzione, da parte dell'Italia, della prima sentenza di condanna.
  Quello che è stato proposto, ahinoi – ma spero che risolveremo in maniera diversa –, è di comminare sanzioni pecuniarie maggiori rispetto a quelle che lei ha letto sui giornali. La Commissione ha chiesto, infatti, di comminare contro l'Italia sanzioni pecuniarie pari a una somma forfettaria di circa 61 milioni di euro e a una penalità di mora giornaliera di 256.819,2 euro.
  Cosa ha risposto l'Italia, già nel 2013 ? L'Italia, in particolare il 20 luglio 2013, ha presentato un controricorso rispetto a questo nuovo ricorso della Commissione europea, in cui si sostiene che i duecentodiciotto siti, inizialmente individuati e indicati dalla Commissione come causa delle violazioni delle due direttive di cui vi ho parlato, sono disattivati, chiusi e che, quindi, la violazione non sarebbe più sussistente.
  Questo è accaduto nel 2013, ma sempre nello stesso anno, il 17 settembre, la Commissione europea ha replicato all'Italia che la documentazione che era stata prodotta dall'Italia in quel momento non era sufficiente. Adesso il Governo ha inviato una nuova documentazione alla Commissione europea, che il Governo ritiene sufficiente, per dimostrare, anche di fronte alla Commissione e alla Corte, che questi duecentodiciotto siti sono stati effettivamente disattivati.
  Questo è lo stato attuale della procedura. Spero di avervi fornito le informazioni che aspettavate.Pag. 14
  Onorevole Buttiglione, i Nuclei – lei lo sa bene perché è stata inizialmente un'idea soprattutto sua e di un altro membro della Commissione XIV della scorsa legislatura – non erano previsti nella legge che ha citato. I Nuclei di valutazione degli atti dell'Unione europea sono un'innovazione della legge n. 234 del 2012, innovazione che, però, era rimasta sulla carta e che, invece, adesso è nell'amministrazione. Credo che questo sia un buon risultato, di cui il Parlamento e soprattutto, lasciatemelo dire, la Camera dei deputati debbano essere soddisfatti.
  Non ho detto che prima il CIACE non esistesse. Ho detto che il Comitato interministeriale per gli affari europei da diversi anni non dava segni di vita. Noi l'abbiamo riattivato, l'abbiamo svegliato, è uscito dal coma, scegliete voi il termine migliore. Questo per rispondere alla sua prima domanda.
  Passando alla seconda domanda, è vero che il semestre di presidenza è un semestre di transizione. Non abbiamo scelto noi di avere il semestre in questo momento. Abbiamo una Commissione uscente e una Commissione entrante. È vero che il grado di attività legislativa dell'Unione europea, con una Commissione che è ormai in uscita e una che non è ancora entrata, è più basso. Ciononostante, ci sono dei pacchetti legislativi molto rilevanti su cui stiamo lavorando e che contiamo di chiudere.
  Il pacchetto Telecom, per esempio, è il pilastro del mercato unico digitale. Noi vorremmo, se non chiudere il pacchetto – è possibile, non dico che sarà sicuro, ma è possibile – condurre molto avanti il negoziato su questo tema, che per noi è una grande priorità, essendo l'Agenda digitale una grande priorità.
  Sui segreti commerciali, aspetto molto rilevante per le piccole e medie imprese, contiamo di poter arrivare a una decisione finale durante il semestre. Ci vorrebbe un po’ di tempo a ricordarli tutti, ma vi sono alcune questioni legislative rilevanti che potremo portare avanti. È evidente che il nostro è un semestre deliberatamente, per natura e per scelta, politico. Così l'abbiamo interpretato, così abbiamo elaborato il nostro programma e così l'abbiamo preparato prima che si avviasse formalmente il 1o luglio.
  Riteniamo che in questo semestre debbano essere posti dei grandi temi politici che devono caratterizzare la nuova legislatura. Per questo abbiamo affrontato il tema del funzionamento delle istituzioni dell'Unione europea, su cui ho già risposto su sollecitazione del presidente.
  Per questo abbiamo posto il tema, che oggi è un tema di dibattito europeo – e arrivo a rispondere in dettaglio –, della migliore attuazione del Patto di stabilità e crescita, nonché del Fiscal Compact. Se si batte oggi in Europa, non solo sui giornali italiani, se c’è un dibattito aperto in Europa sul tema della flessibilità, lasciatemelo dire, questo avviene su spinta del Governo italiano. Non è una cosa che ci raccontiamo noi, è una cosa che viene dibattuta tra Governi, tra Capi di Stato e di Governo, tra ministri, al Consiglio Ecofin, al Consiglio affari generali, al Consiglio competitività.
  Il punto di un'attuazione più intelligente e più favorevole alla crescita del Patto di stabilità e crescita è di cominciare finalmente a usare e a sfruttare pienamente le clausole di flessibilità legate alle riforme strutturali, alla politica di coesione, alle circostanze eccezionali in cui ci troviamo.
  Sottoscrivo, ovviamente, le parole che il Ministro Padoan ha pronunciato di fronte alla Conferenza degli organi specializzati dei Parlamenti nazionali, ossia il fatto che siamo in una gravissima crisi economica e sociale, in cui si trova non solo l'Italia ma anche tutta la zona euro, e che questo richiede un'applicazione molto più favorevole alla crescita delle norme esistenti del Patto di stabilità e crescita.
  Guardate, ognuno di noi è libero, ovviamente, di pensare e dire quello che vuole del Presidente del Consiglio dei ministri e di questo Governo, ma questo tema è stato posto e imposto dal Governo italiano sulla scena europea ed è un tema su cui dobbiamo assolutamente continuare a lavorare.Pag. 15
  Del resto, anche la relazione che il Governo, in particolare il Ministro Padoan, ha inviato ieri alla Commissione europea è coerente col Documento di economia e finanza di aprile 2014 e con la Nota di aggiornamento del DEF 2014 e applica di fatto la clausola delle circostanze economiche eccezionali al caso italiano.
  È un dibattito aperto, un dibattito, come tutti i dibattiti europei seri, molto difficile, su cui bisogna confrontarsi con alcuni Governi e anche, direi, con alcuni vecchi e nuovi commissari che sembrano pensarla in maniera diversa. Dobbiamo vedere come trovare un accordo positivo.
  Il Governo Renzi e il sottoscritto, sin dall'inizio, hanno parlato di partenariati per la crescita e l'occupazione. Devo dire – queste non sono parole mie, ma sono parole che mi sono state riferite da tante delegazioni – che il modo non del tutto efficace, diciamo così, con cui il tema dei contractual arrangements è stato posto nel dicembre 2013 ha reso estremamente difficile oggi riprendere lo strumento.
  Da una parte, ci sono i Paesi più favorevoli alla stabilità, i cosiddetti rigoristi, che dicono: attenzione, non vorremmo dover firmare delle cambiali in bianco per lasciare, in realtà, i Paesi sforare, fare quello che vogliono e non rispettare regole che altri hanno rispettato. Dall'altra, ci sono alcuni Paesi che vogliono applicare in maniera più efficace la flessibilità e che non vogliono uno strumento specifico bilaterale perché dicono, in primo luogo, che potrebbe introdurre vincoli esterni aggiuntivi e, in secondo luogo, che in un negoziato bilaterale un Paese in crisi spesso è debole e non riesce a fare valere le proprie riforme e i propri interessi.
  Tuttavia, il contenuto politico dei partenariati è il dibattito sulla flessibilità che noi abbiamo posto. Il contenuto politico che questi partenariati dovrebbero avere sta nel fatto che dobbiamo avviare un'attuazione delle politiche europee che permetta una maggiore sinergia tra le riforme strutturali che ogni Stato membro deve fare nel suo interesse, nonché un'attuazione più favorevole a queste riforme e al Patto di stabilità e crescita, che è, in realtà, il vero contenuto politico dei partenariati. Ciò è esattamente quello che noi stiamo portando avanti.
  L'accordo non è contrattualistico per le ragioni che ho detto prima, ossia perché sia i Paesi rigoristi sia i Paesi favorevoli non vogliono un rapporto contrattuale bilaterale al momento. Ripeto, il contenuto politico – lo ripeto tre volte, presidente, perché vorrei essere chiaro – delle sinergie tra riforme strutturali e applicazione più favorevole alla crescita del Patto di stabilità e crescita, che dovrebbe essere il contenuto prima dei contractual arrangements e ora dei partenariati, rappresenta la priorità del Governo italiano ed è il dibattito che il Presidente Renzi sta portando avanti in Europa. È esattamente questo.
  Ho visto, anche nei miei contatti con le delegazioni degli Stati membri, che quel rinvio a ottobre sui partenariati è stato ovviamente letto favorevolmente. Mi sembra molto difficile riprendere lo strumento.
  A parte il fatto che, onorevole Buttiglione, l'impegno è del Presidente Van Rompuy. Noi, ovviamente, abbiamo posto a Van Rompuy il tema dei partenariati. L'abbiamo posto, ma non mi sembra che ci siano le condizioni per chiudere un accordo sui partenariati in ottobre, e non per la posizione dell'Italia, posto che, ripeto, a noi interessa il contenuto e quel contenuto lo stiamo portando avanti.
  Presidente, vado rapidamente sulle altre domande per rispondere a tutti. So che ho sforato di qualche minuto.
  Quanto alle risorse proprie, collega Buttiglione, dei lavori bisogna chiedere al presidente del Gruppo sulle risorse proprie dell'Unione europea. Noi stimoliamo la questione, ma non è competenza del Governo italiano, bensì della Commissione europea.
  A proposito del tema della revisione del bilancio del 2016 e di utilizzare i risultati del Gruppo sulle risorse proprie dell'Unione europea per affrontare in maniera più efficace il dibattito sulla revisione del bilancio del 2016 siamo assolutamente Pag. 16d'accordo. Siamo d'accordo abbiamo già posto la questione. Addirittura vorremmo verificare se ci possano essere le condizioni per iniziare una discussione, dato che si tratta di un quadro finanziario multi annuale, sulla revisione anche durante il nostro semestre, almeno in sede di Consiglio affari generali. Non posso dirle oggi che lo faremo, ma stiamo verificando la possibilità di farlo.
  Devo dire che tante delegazioni, anche di alcuni grandi Paesi, non sono lungimiranti come lei è stato oggi, e questo non dipende dall'Italia. L'Italia può porre tutti questi temi, può lavorare, ma siamo ventotto Stati membri e, se alcuni Paesi chiave su temi che richiedono l'unanimità continuano a dire che non è la direzione giusta, è difficile fare la differenza.
  Passando a un altro tema, al Consiglio europeo di dicembre dovremo fare la prima valutazione – e su questo abbiamo ottenuto l'impegno di Juncker – sull'attuazione del Two-Pack e del Six-Pack. Quello sarà un altro momento per porre tutti i temi che lei ha segnalato, e lo faremo.
  Al collega Vignaroli ricordo innanzitutto che, con riguardo all'attuazione della legge n. 234 del 2012, stiamo attuando anche gli articoli di tale legge che prevedono delle informazioni regolari alle Camere: secondo l'articolo 15, comma 2, della legge n. 234 del 2012, entro venti giorni dall'apertura delle infrazioni il Governo trasmette le informazioni relative alle Camere. Siamo sempre disponibili per quanto riguarda le procedure di infrazione, sia ex articolo 258 sia ex articolo 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, a venire a informare le Camere sullo stato della procedura.
  All'onorevole Kronbichler dico che non ho scaricato la responsabilità sulle regioni. Sono in disaccordo col suo intervento. Ho detto che il 14 per cento delle infrazioni italiane deriva da inadempienze regionali. Ho detto questo.
  La invito a porre il tema al Ministro Boschi sulle riforme costituzionali.
  Del TTIP non ho parlato non per strategia, ma perché oggi l'audizione è sulle infrazioni e non sui negoziati commerciali. Se volete che il Governo vi informi sui negoziati commerciali, io e il Viceministro Calenda saremo ben lieti di venire a informarvi su questo argomento.

  PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario Gozi per l'intervento di oggi. Lo salutiamo. Avremo modo di incontrarci in qualche altra circostanza che abbiamo già messo in programma.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta, sospesa alle 15.05, è ripresa alle 15.10.

Audizione del Presidente Pietro Russo, componente italiano della Corte dei conti europea.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'attuazione e l'efficacia delle politiche UE in Italia, l'audizione del Presidente Pietro Russo, componente italiano della Corte dei conti europea.
  Ringrazio il Presidente Russo per l'audizione di oggi, che svolgiamo nell'ambito dell'indagine conoscitiva che abbiamo promosso sull'attuazione e l'efficacia delle politiche dell'Unione europea nel nostro Paese.
  Attribuiamo particolare rilievo, presidente, al suo intervento, in quanto le valutazioni della Corte dei conti europea, insieme a quelle della Corte dei conti del nostro Paese, sulla legittimità e regolarità dell'esecuzione del bilancio europeo, nonché sulla gestione della spesa comunitaria nel nostro Paese, offrono a noi spunti molto importanti ai fini dell'indagine che stiamo compiendo.
  In particolare, noi vogliamo verificare come siano stati utilizzati gli stanziamenti che sono eseguiti in gestione concorrente tra la Commissione e gli Stati membri e che rappresentano circa il 76 per cento del bilancio europeo. Essi sono legati a settori di grande rilevanza, come la politica di coesione, unitamente, peraltro, a una consistente Pag. 17quota di cofinanziamento nazionale. Ne parlavamo ieri in un'audizione con il Sottosegretario Delrio.
  Purtroppo, il controllo politico della gestione della spesa pubblica costituisce una delle funzioni parlamentari spesso sottovalutate. Con l'indagine che stiamo facendo noi vorremmo provare a colmare questa lacuna, prendendo atto che il difficile contesto economico e finanziario nel quale, purtroppo, viviamo e i vincoli di finanza pubblica che sono stabiliti a livello europeo rendono ancora più preziose le risorse che vengono erogate dal bilancio europeo a livello nazionale.
  Infatti, proprio ieri, per la verità, ci ha preoccupato quanto detto dal Sottosegretario Delrio circa la possibilità, per esempio relativamente ai fondi europei che ancora dobbiamo spendere del ciclo 2007-2013, di correre il rischio di perderne una parte attraverso il cosiddetto disimpegno automatico. Il sottosegretario faceva riferimento a circa 15 miliardi di euro. Ciò sarebbe una conseguenza molto pesante per il nostro Paese, atteso che ormai le risorse europee sono forse le uniche di cui disponiamo da spendere per realizzare interventi pubblici.
  Detto questo, non aggiungo altro e cedo subito la parola al Presidente Russo per il suo intervento.

  PIETRO RUSSO, Componente italiano della Corte dei conti europea. Grazie, Presidente Bordo. Buongiorno agli onorevoli membri della Commissione. Sono io che la ringrazio e che vi ringrazio per l'interesse mostrato per il lavoro della Corte dei conti europea e per offrirmi la possibilità di illustrarlo, almeno in parte, oggi.
  Con me c’è il dottor Puricella, nostro validissimo Capo unità italiano alla Corte europea, che lavora nella Sezione II e si occupa proprio della politica di coesione. Mi ha dato una mano anche a preparare la base del mio intervento. Se del caso, col suo permesso, presidente, gli cederò la parola su qualche argomento strettamente tecnico. Io mi occupo delle entrate dell'Unione. L'organo è collegiale e, quindi, naturalmente mi occupo anche della politica di coesione, ma il collega si occupa specificamente di quell'argomento. Pertanto, se c’è qualche punto molto particolare e tecnico, possiamo chiedere, eventualmente, se lei è d'accordo, il suo ausilio.
  Svolgo una premessa che magari potrà risultare pleonastica e ovvia, perché ne saprete anche più di me sui fondi strutturali. Nel corso di queste audizioni – per quello che capisco si tratta di una serie funzionale a questa indagine della Commissione – sicuramente questi argomenti saranno stati già trattati.
  Giusto per inquadrare meglio il contesto, sappiamo tutti che si tratta di strumenti concepiti, tanto per fare un richiamo all'obiettivo della vecchia programmazione che adesso, nella sua genericità, è stata sostituita da obiettivi più tematici, per ottenere la convergenza di tutte le aree dell'Unione verso lo stesso livello economico, lo stesso livello di PIL e, quindi, di vita, nonché un riequilibrio per altre aree che magari non hanno questa posizione così eclatante di sfavore, ma che rischiano, con le politiche del mercato interno e dell'apertura interna che vengono connaturate ai princìpi dei trattati dell'Unione, di avere un qualche squilibrio economico, invece che dei vantaggi. Questi fondi dovrebbero riequilibrare queste situazioni e imprimere un impulso alle aree meno sviluppate.
  Il Fondo sociale, che rispondeva a esigenze magari più «elementari», è più antico e risale addirittura al Trattato di Roma, mentre il Fondo per lo sviluppo regionale è molto più recente, perché è stato introdotto con un regolamento del 1975.
  Passando adesso più immediatamente al nocciolo della nostra conversazione, per quanto riguarda il nostro Paese, per la programmazione che si è appena chiusa, anche se, come lei accennava, presidente, andremo avanti fino a fine 2015, ma solo – questo lo dico adesso e poi ci torneremo, ma è importante chiarirlo; immagino che l'avranno fatto i rappresentanti del Governo – per i fondi già impegnati entro dicembre 2013, altrimenti non si potrà spendere più nulla, siamo proprio in una Pag. 18fase conclusiva. Questa non dovrebbe essere una fase di spesa, quanto di chiusura di quanto è già stato comunicato. Purtroppo, per l'Italia non è esattamente così, a quanto pare, ma ci torneremo.
  La programmazione 2007-2013 comprendeva il Quadro strategico nazionale, il documento di partenza che conteneva la strategia di questi fondi, ossia il Fondo sociale, il Fondo di sviluppo regionale e anche il Fondo per lo sviluppo agricolo, che era strutturato come un fondo strutturale. Ora il quadro è un po’ cambiato. Ci occupiamo soprattutto di Fondo di sviluppo regionale e di Fondo sociale.
  La strategia, come per tutti gli altri, anche per il nostro Paese, era contenuta, quindi, nel Quadro strategico nazionale, che prevedeva circa 28 miliardi di euro come contributo europeo, di cui circa 25 miliardi per le regioni dell'obiettivo convergenza, ovvero per le regioni più sfavorite, che in Italia erano Puglia, Calabria, Sicilia, Campania e Basilicata. Quest'ultima, però, era già in phasing out, ossia era già uscita da questa situazione e, quindi, beneficiava ancora di qualche misura di favore, ma meno spinta.
  C'erano, dunque, 25 miliardi per queste regioni, individuate dal fatto che il PIL pro capite fosse inferiore al 75 per cento del PIL medio dell'Unione europea. Il resto, per circa 3 miliardi, era per le regioni comprese nel cosiddetto obiettivo competitività.
  Questi importi, già importanti di per sé, devono essere sempre visti nell'ottica, secondo me più vasta, di considerare che il nostro Paese è da sempre un contribuente netto dell'Unione europea, ossia che ha sempre dato più di quanto abbia ricevuto.
  Questo squilibrio è leggermente diminuito negli ultimi anni, ma comunque nel 2013 c’è ancora un saldo negativo. Anche se questo discorso in sede europea non è esattamente politically correct, perché ci troviamo lì per partecipare e non per guadagnarci, i Paesi lo fanno eccome questo conto e, quindi, dovremmo farlo anche noi.
  Noi abbiamo un saldo negativo di 5,2 miliardi, che è anche ridotto rispetto agli anni precedenti. Nel primo trimestre del 2014 abbiamo un saldo negativo di 2,2 miliardi e nel secondo, stando ai dati, di 2,7 miliardi.
  Oltre alla crisi economica, come giustamente lei richiamava, presidente, c’è, dunque, anche questa considerazione che ci dovrebbe spingere a utilizzare al meglio questi fondi, perché in ogni caso noi diamo più di quanto abbiamo ricevuto.
  Come sapete, il sistema di cofinanziamento dei fondi strutturali in generale prevede una condivisione dei contributi: in linea di massima, semplificando, si tratta normalmente più o meno del 50 per cento di contributo europeo e del 50 per cento di finanziamento nazionale.
  Inizialmente, prima delle riprogrammazioni, di cui parleremo subito appresso, questo importo iniziale di 28,5 miliardi scendeva, in realtà, a circa 60 miliardi, tenuto conto anche del contributo nazionale.
  Dello stato dell'attuazione finanziaria vi hanno già parlato ampiamente, penso, il Sottosegretario Delrio e forse anche il Sottosegretario Gozi, che era qui poco fa. Non è affatto soddisfacente, perché gli ultimissimi dati della Commissione, che peraltro rispecchiano quelli del Governo italiano – in un'intervista recentissima a Il Sole 24 ore in agosto il Sottosegretario Delrio ha detto che le cifre sono quelle e, quindi, non c’è contestazione, mi pare – danno, per quanto riguarda i contributi europei per il Fondo di sviluppo regionale, quasi 21 miliardi, di cui 11,3 spesi adesso alla fine di settembre. Per il Fondo sociale va un po’ meglio, con 6,9 miliardi.
  La spesa va intesa come pagamenti, intendiamoci. Gli impegni non vengono presi in considerazione come spesa, altrimenti poi non si realizza quello che si deve fare, per tanti motivi che attengono al finanziamento più in dettaglio dei fondi. Magari poi potremmo approfondire, anche se forse non ci sarebbe il tempo.
  È importante, secondo me, stabilire questo principio, cioè che quello che conta è il pagamento, perché l'impegno può benissimo non essere seguito, in realtà, da un pagamento, dipendendo dal sistema di Pag. 19quel programma, dall'oggetto e da molte variabili che sono non sempre controllabili. Quello che importa, quindi, è il pagamento, che ci rende una percentuale complessiva, in base ai numeri che dicevo, del 58 per cento. È quello che mi pare abbia detto anche il Sottosegretario Delrio in quell'intervista.
  Si tratta di una percentuale – così bisogna definirla; non si può fare diversamente – del tutto insoddisfacente, perché siamo già, ripeto, a programmazione chiusa. Pertanto, quelli che si potranno spendere saranno soltanto i fondi impegnati a fine 2013. Ahimè, l'Italia, secondo me, non potrà chiudere spendendo il 100 per cento e non so neanche quanto si dovrà restituire. Dipenderà da questi ultimi mesi. Si dovrà vedere.
  Bisogna anche dire che peggio di noi hanno fatto solo i nuovi Paesi, i Paesi entrati nel 2004 e nel 2007, per i quali ci può essere qualche giustificazione sistemica evidente per la diversa storia e la diversa organizzazione anche politica fino a poco tempo fa. Sono giustificazioni che, però, non sono applicabili al nostro Paese, ragion per cui il risultato deve, purtroppo, essere classificato come del tutto insoddisfacente.
  Un'altra parentesi che mi sembra indispensabile aprire riguarda le competenze della Corte dei conti europea. Come lei sa, presidente, la Corte dei conti europea non si occupa specificamente dell'Italia. Le competenze della Corte sono delineate nel Trattato sul funzionamento dell'Unione e attualmente prevedono un controllo di legittimità e regolarità e di buona gestione finanziaria sull'esecuzione del bilancio dell'Unione da parte di tutti gli Stati membri. Non c’è una focalizzazione sul singolo Stato, né sui risultati della gestione del singolo Stato.
  Gli elementi direttamente deducibili dal lavoro della Corte dei conti europea non possono riguardare esclusivamente l'Italia, per natura non riguardano specificatamente l'Italia. Pertanto, quello che io potrò dire in questo senso, salvo considerazioni che però farò a titolo più che altro personale successivamente, riguarda una visione più generale.
  Noi abbiamo una dichiarazione DAS (Déclaration d'assurance), che è una sorta di certificazione sui conti dell'Unione. Lei si ricorderà che, quando abbiamo presentato il rapporto annuale, ne abbiamo parlato distesamente. Spero di parlarne ancora fra qualche mese, quando uscirà fra poco il nuovo rapporto.
  Tale DAS è il risultato del controllo di legittimità e regolarità su tutti i Paesi dell'Unione in base a un campione di operazioni finanziarie di gestione del bilancio individuato in maniera che sia rappresentativo del tutto e che possa contenere delle operazioni svolte in Italia, ma non necessariamente. Comunque sono in numero così ridotto che non possono essere, naturalmente, oggetto di un giudizio complessivo sulla gestione del Paese.
  Questo è, in sintesi, il contenuto del nostro rapporto annuale. È più un esame di grandi aree del bilancio a livello sistemico e di come funziona il controllo interno, ma anche questo riguarda la gestione da parte di tutti i Paesi delle varie politiche e non quello che fa specificamente l'Italia. I risultati non sono solo sull'Italia o dell'Italia.
  Ci sono poi i rapporti speciali di buona gestione finanziaria, che hanno un oggetto più specifico, ma che riguardano, a loro volta, programmi, sistemi o segmenti di politiche per come vengono attuate da tutti i Paesi membri, non dall'Italia in quanto tale. Da questi non possiamo ricavare risultati specifici che riguardino il nostro Paese.
  Detto ciò, naturalmente il controllo della Corte potrebbe e dovrebbe influire anche sui risultati della gestione dei fondi, non solo per l'Italia, ma anche per tutti i Paesi membri. Se emergono irregolarità nella gestione, che vengono poi segnalate, si mette in moto il sistema che le norme applicabili nelle regolamentazioni sui fondi strutturali prevedono, cioè l'autocorrezione dello Stato membro o, in mancanza, l'intervento della Commissione, che dovrebbe sospendere o cancellare programmi Pag. 20in caso di errori di sistema. Verrebbero meno così i contributi per lo Stato interessato dall'irregolarità.
  Dovrebbe esserci poi una funzione che per me è almeno altrettanto importante di quella di controllo di legittimità e regolarità e che è fondamentale per un'elementare ragione di democrazia e di civiltà giuridica, ma è almeno altrettanto importante la buona gestione. Non è importante solo che ci sia un rispetto formale delle norme. Bisogna anche essere efficienti, altrimenti, se tutto viene fatto in maniera legittima, ma non si spendono poi i soldi perché ci si arena in qualche punto della procedura, è come se non avessimo fatto nulla.
  In questo senso l'Italia, secondo me, non è tra i primi della classe. Il controllo della Corte, da questo punto di vista, che riguarda tutti gli Stati membri, ma anche il nostro Paese, può essere molto importante per stimolare, spronare e dare raccomandazioni sotto questo profilo che non riguardano solo norme giuridiche, ma anche norme finanziarie, tecniche e di organizzazione per ottenere una gestione migliore, più efficiente, più economica.
  Per quanto riguarda le irregolarità, lei si ricorderà quando abbiamo detto l'anno scorso, nel corso del rapporto annuale, che era risultato un tasso di errore nel nostro esame. Esaminato questo campione di transazioni finanziarie, la Corte, per dare la sua certificazione, si pronuncia in maniera positiva, negativa, o positiva con riserve, che è la cosa più normale – in genere è questo quello che si verificato – e indica poi una cifra che sarebbe il tasso di irregolarità generale riscontrato.
  Noi abbiamo riscontrato il 4,8 per cento l'anno scorso. Fra qualche mese avremo il nuovo rapporto e i nuovi risultati, che non credo, però, si discosteranno molto da questi, alla fine. In particolare, per il Fondo di sviluppo regionale c’è il 6,8 per cento di irregolarità e per il Fondo sociale il 3,2 per cento.
  Preciso immediatamente – questa è una cosa importante da dire – che di solito tra le irregolarità si comprendono anche le famose frodi. Il concetto di irregolarità, secondo la normativa europea, indica un'attività non conforme a una norma giuridica, che può essere colposa, nel senso di disorganizzazione e di cattiva gestione più o meno grave, o addirittura dolosa, nel qual caso si parla di frodi, perché entriamo nel campo del penale. Abbiamo, quindi, truffe, falsi e via elencando.
  Si tratta di attività che, in genere, sono messe in atto per compiere intenzionalmente atti legittimi contrari alle normative europee e che alla fine pregiudicano il bilancio dell'Unione europea perché sono volte a ottenere contributi che non si dovrebbero ricevere.
  Questo tasso di irregolarità onnicomprensivo – ho parlato del 6,8 per il Fondo di sviluppo regionale e del 3,2 per il Fondo sociale – riguarda anche l'Italia, perché è un discorso, ripeto, a largo spettro, che concerne tutti i Paesi membri.
  Per quanto riguarda il tipo di irregolarità che sono riscontrate nei fondi strutturali, in genere si tratta di inammissibilità delle spese, ossia di spese che non corrispondono alle categorie indicate nella regolamentazione e che sono in genere abbastanza specifiche e dettagliate (assistenza tecnica, personale, informatica). Sono spese che, presentate come appartenenti a una di queste categorie, in realtà risultano, al controllo della Corte dei conti, non tali e che, quindi, vengono dichiarate irregolari e illegittime.
  Un altro caso ricorrente è quello degli appalti. Gli appalti pubblici, non solo in Italia, sono un caso dolente della gestione dei fondi strutturali perché sono considerati una zona a rischio per quanto riguarda le irregolarità, sia per importi notevolissimi di denaro che circolano in questo settore, sia per la complessità della normativa. Lo stesso discorso si potrebbe ripetere, credo, anche a livello nazionale per quanto li riguarda.
  Tornando al rapporto dell'anno scorso, alla cui presentazione era presente il Presidente Bordo, per quanto riguarda le irregolarità, non tutti i casi poi trovati vi vengono trasfusi. Vengono calcolati per il tasso di errore, ma sono riportati secondo Pag. 21la rilevanza, anche per un motivo di spazio. L'unico caso che riguardava l'Italia era quello del POR Calabria, che aveva diversi problemi di legittimità, rientranti più o meno nella tipologia di cui dicevo poco fa.
  C’è poi un altro problema che riguarda in maniera notevole l'Italia, che è ai limiti della regolarità, tra l'irregolarità e la buona gestione, su cui poi tornerò alla fine, ed è quello di progetti coerenti, nel gergo della langue de bois dell'Unione europea. Si tratta di progetti che vengono sostituiti, non solo dall'Italia ovviamente, perché la normativa della vecchia programmazione lo consentiva, quando, per un motivo qualunque – normalmente perché la Commissione li ritiene non congrui per una ragione o l'altra – alcuni progetti inseriti nel programma devono essere cambiati.
  Poiché non c’è tempo di ricominciare tutto l’iter, si sostituiscono altri progetti con questi già iniziati o addirittura, in molti casi, già finiti o quasi, che consentono di spendere e di ricevere i contributi comunitari, ma non offrono la stessa affidabilità per quanto riguarda la selezione. Non si è partiti, infatti, dall'inizio considerandoli, ma sono stati inseriti per motivi di altro genere, anche se dovrebbero essere similari nell'oggetto e nello scopo.
  Inoltre, questa operazione libera delle risorse nazionali di cofinanziamento che non vengono più utilizzate, ma che bisogna vedere come vengono utilizzate. Dato per scontato che ritornano a essere impiegate nella programmazione, con la pressione del tempo e nella fretta magari non saranno più utilizzate in maniera efficace come avrebbero potuto esserlo se si fosse programmato correttamente dall'inizio.
  È un argomento un po’ delicato. Non è illegittimo, probabilmente rientra anche nella buona gestione, ma l'Italia è interessata in maniera piuttosto rilevante da questo fenomeno per quanto riguarda la programmazione 2007-2013.
  Questo risulta, in particolare, dalla relazione, che vi potrebbe interessare e che vi invito magari ad acquisire – la segnalo, se la Commissione non l'ha – della Sezione affari comunitari internazionali della Corte dei conti italiana n. 12 del 2011 sulla chiusura della programmazione 2000-2006. I problemi sono sempre quelli e, quindi, è ancora attuale. È un controllo coordinato, in questo caso, della Corte italiana con la Corte dei conti europea.
  Per quanto riguarda poi gli apprezzamenti specifici sulle politiche contenute nella certificazione, o DAS, della Corte dei conti europea, c’è un giudizio negativo che riguarda un po’ tutta la gestione, in tutti i Paesi membri per la verità, nell'ultimo rapporto, quello 2013. C’è un'insufficienza del controllo interno, sia per le autorità di gestione, sia per gli organismi intermedi.
  Anche secondo la Corte dei conti europea nell'ultimo rapporto si fa stato del fatto che il 56 per cento delle operazioni risultate irregolari nel Fondo di sviluppo regionale e il 67 per cento delle operazioni irregolari del Fondo sociale si sarebbero potute evitare se le autorità nazionali avessero agito correttamente. Le autorità nazionali competenti, infatti, erano in possesso, secondo la Corte, di informazioni tali da poter rilevare e correggere almeno parzialmente questi errori che si sono poi verificati.
  Le conclusioni sono state negative non solo per l'Italia, ma a livello generale. Sono state rilevate carenza degli indicatori, insufficiente attenzione alla performance e scarsa sostenibilità dei progetti, nel senso che i progetti vengono programmati in maniera carente e che c’è un alto rischio che vengano abbandonati e non completati.
  A questo proposito la relazione annuale 2013 della Sezione affari comunitari e internazionali della Corte dei conti italiana ha dato atto del controllo interno effettuato in tutte le regioni dalle autorità di audit, gli organismi autonomi compresi nell'amministrazione nazionale che rivedono quello che è stato fatto dalla stessa amministrazione in sede di gestione.
  Secondo i dati delle autorità di audit, i controlli interni in Italia erano sostanzialmente di livello soddisfacente. Il giudizio Pag. 22era positivo. Al massimo c'era qualcosa da rivedere in qualche caso, ma sostanzialmente il giudizio era positivo.
  Invece, la Corte dei conti europea ha recentemente fatto un audit, ancora una volta a livello generale – non riguardava soltanto l'Italia – nel 2013 sul cosiddetto single audit, cioè sull'utilizzazione da parte di un controllore degli elementi di un altro controllo precedente. Il risultato è che la Commissione ha utilizzato alla fine, per fornire i propri risultati, parecchi dati forniti da queste autorità di audit in tutti i Paesi membri, ritenendoli attendibili.
  Tuttavia, la Corte ha rifatto direttamente i controlli che avevano compiuto queste autorità in parecchi casi e in tutti ha trovato gravi errori e discordanze. Questo giudizio sull'Italia deve essere, quindi, preso con beneficio d'inventario, perché non è affatto detto che le autorità di audit, sia quelle regionali, sia quelle nazionali, siano del tutto attendibili. Non è il caso di prendere i risultati del loro controllo come assolutamente attendibili di per sé.
  Questo è il quadro per quanto riguarda il lavoro della Corte dei conti europea e, quando è il caso, anche della Corte dei conti italiana, che lavora in maniera coordinata.
  Aggiungo qualche altra considerazione che voi vi aspettate da me sulla base dei risultati così negativi della gestione fino adesso. Ripeto, però, che tengo a precisare che si tratta di considerazioni che farò, ma che non sono basate direttamente sul lavoro della Corte europea per i motivi che ho detto prima, bensì su dati ufficiali della Commissione o della nostra amministrazione oppure su opinioni di carattere anche personale.
  Il punto di partenza è, naturalmente, il risultato assolutamente negativo della gestione, di cui abbiamo detto. C’è una percentuale di pagamenti che sicuramente non è per nulla soddisfacente. Bisogna, però, per completezza di informazione, precisare, cosa che avranno ampiamente fatto i rappresentanti del Governo, che nel 2011 sono state prese misure per accelerare l'esecuzione dei programmi, soprattutto per l'obiettivo convergenza, mediante modifiche dei tassi di cofinanziamento e delle priorità negli assi, in genere alzando il tasso di cofinanziamento e ottenendo così un aumento del tasso di cofinanziamento comunitario. Di questo la Commissione ha dato atto nella sua relazione di attività annuale della cosiddetta DG Regio, ossia della politica regionale, nel 2011.
  Nel 2012 è stato attuato, in accordo con la Commissione, il Piano di azione e coesione, mediante il quale c’è stata una generale rimodulazione delle risorse nella programmazione 2007-2013 e sono state fatte tre differenti riprogrammazioni, modificando le priorità strategiche e riducendo, in alcuni casi, il tasso di cofinanziamento nazionale.
  Bisogna anche precisare, però, che, riducendo il tasso di cofinanziamento si abbassa certamente l'asticella e si rende l'obiettivo più raggiungibile, ma si realizza anche di meno. Risulta che le cose vadano meglio, ma perché si sono programmati meno soldi, cioè si è ridimensionato in maniera meno ambiziosa l'obiettivo iniziale.
  È vero che i dati sono più soddisfacenti da questo punto di vista, ma da quello dell'attuazione finanziaria si è realizzato di meno. Si sono sfruttati di meno i fondi comunitari e alla fine questo bisogna anche dirlo. Ciò ha comportato una riduzione del cofinanziamento nazionale di circa quasi 10 miliardi e alla fine, nel complesso, di 12 miliardi, tenuto conto anche del cofinanziamento da parte europea.
  La prima fase di riprogrammazione è stata a dicembre 2011, la seconda a maggio 2012 e la terza a dicembre 2012. Mediante queste risorse nazionali così liberate si intendeva intervenire su settori diventati nel frattempo più nevralgici rispetto alla programmazione iniziale, e precisamente occupazione e giovani, inclusione sociale e competenze professionali.
  Io non sono in grado – è ancora, credo, troppo presto per esprimere un giudizio – di tirare le somme sui risultati effettivi di questa riprogrammazione del Piano di azione coesione. C'era, però, anche un Pag. 23altro concetto nuovo interessante. Si diceva che quest'azione di riprogrammazione dovesse già preparare la nuova programmazione 2014-2020, cioè mettere in cantiere delle azioni che dovevano legarsi a quelle della nuova programmazione.
  A maggior ragione è ancora presto per esprimere un giudizio su questo, non ho i dati per poterlo fare. Suggerirei, però, alla Commissione di vigilare su questo tema, perché adesso che cominciano le nuove programmazioni bisognerà vedere se veramente questa riprogrammazione degli anni 2011, 2012 e 2013 servirà anche per andare meglio la prossima volta.
  Questo avrebbe dovuto essere, secondo quello che si è detto fin dall'inizio, il compito della nuova Agenzia della coesione, che avrebbe dovuto, peraltro, servire anche a fare questo raccordo. Poiché deve ancora entrare in funzione, in realtà, purtroppo è ancora un po’ presto per dire come andrà. È importante, però, secondo me, seguire questa vicenda anche sotto questo punto di vista.
  C’è qualche cosa che possiamo dire più in particolare sull'Italia per quanto riguarda qualche rapporto speciale specificatamente della Corte dei conti europea, che ha riguardato in gran parte l'Italia e che riguardava le infrastrutture di trasporto nei porti marittimi. Non è nuovissimo, perché è del 2012.
  Ci sono diversi casi, se vi interessano. Se abbiamo tempo, possiamo anche entrare più nel dettaglio.

  PRESIDENTE. Molto tempo ancora non ne abbiamo, perché alle 16 deve riprendere l'Aula.

  PIETRO RUSSO, Componente italiano della Corte dei conti europea. Allora procediamo direttamente. Eventualmente glielo possiamo fornire.
  Un'altra cosa che mi pare importante dire, tornando un attimo alle irregolarità, è che ci sono anche in questo contesto dei risultati eclatanti in negativo per l'Italia, perché nella relazione 2013 sulla protezione degli interessi finanziari della Commissione l'Italia è ai primissimi posti per le segnalazioni di irregolarità non intenzionali, non frodi, e ampiamente al primo posto nella segnalazione delle frodi.
  Per completezza ed equilibrio di informazione, però, tengo a dire che questo è anche il risultato di una politica che fa il nostro Paese e che non è seguita in tutti i Paesi dell'Unione europea. Nel nostro Paese normalmente, quando si comincia un'inchiesta di carattere penale, quando si tratta di questo tipo di attività dolosa, Guardia di finanza, Carabinieri, Polizia e Guardia forestale fanno immediatamente una denuncia all'Unione europea. Altri Paesi non fanno questo. Aspettano che ci sia una sentenza passata in giudicato o addirittura non fanno nemmeno denuncia, ma attuano correzioni finanziarie sul piano amministrativo, cercando di dare un'immagine il più possibile positiva di sé.
  Questo è stato riconosciuto perfino dalla Commissione in quest'anno, nella relazione che citavo, che è di luglio e che, quindi, è più che recente. Dice la Commissione che questo dato italiano che riguarda le frodi è probabilmente influenzato da un'interpretazione troppo rigorosa fatta in Italia delle normative sulle frodi.
  Lo dice la stessa Commissione europea, in questo caso, non lo diciamo noi. Bisogna essere coscienti del problema, che è gravissimo e va tenuto presente, sapendo però che l'Italia fa forse di più della media, mentre molti altri Paesi membri fanno meno della media in questo campo, per essere equanimi.
  Io avrei quasi chiuso, perché il tempo stringe. L'ultimo punto è quello della nuova programmazione. L'accordo di partenariato è in corso di approvazione. Ve ne avrà parlato, penso, il Sottosegretario Delrio. Questo documento ha sostituito nella nuova programmazione il Quadro strategico nazionale di cui dicevo prima ed è più stringente in un certo senso, perché impone di fissare un obiettivo strategico più completo, una strategia più completa e più dettagliata rispetto al passato.
  Inoltre, adesso ci sono degli obiettivi specifici tematici. Mentre prima c'erano degli obiettivi generali e generici, addirittura convergenze e competitività, adesso Pag. 24abbiamo obiettivi tematici molto specifici e, quindi, c’è un dibattito in corso, una dialettica con la Commissione, che ha fatto delle osservazioni – i documenti non sono pubblici – alla proposta di accordo di partenariato dell'Italia. Vedremo come questo discorso terminerà.
  Bisogna, però, sicuramente sfruttare questo momento per programmare una riorganizzazione della pubblica amministrazione. C’è un obiettivo tematico, il n. 11, della nuova programmazione che riguarda espressamente l'efficienza dell'amministrazione. Si può sfruttare anche il finanziamento europeo per questo scopo.
  Bisogna agganciarsi, immagino, a tutta l'onda delle riforme e dei provvedimenti a livello nazionale che sono in discussione e in via di approvazione – alcuni sono già approvati – sulla pubblica amministrazione per fare qualcosa che renda la prossima programmazione meglio gestita di quella precedente.
  Aggiungo un'ultimissima cosa, se ho ancora un secondo, perché è un'informazione utile. C’è un programma dell'Unione europea, che si chiama programma Jasper, che prevede l'assistenza tecnica gratuita. L'assistenza tecnica è da sempre un elemento che rientra nella programmazione dei fondi strutturali. Riguarda la consulenza e l’expertise di persone dotate di competenze specifiche in alcuni settori dell'informatica che possono aiutare la gestione. Tale attività è stata sempre finanziata. È una sorta di outsourcing delle amministrazioni pubbliche che normalmente ricorrono a consulenza esterna.
  Ora c’è la possibilità di avere l'assistenza tecnica gratuita gestita dalla BEI e dalla BERS, ma questo programma Jasper è stato richiesto dalla Commissione e limitato ai nuovi Paesi entrati nell'ultima infornata e alla Grecia.
  Io penso che il Governo italiano dovrebbe insistere perché questo programma sia allargato. Qualcuno della stessa BEI mi ha fatto questa segnalazione. Sarebbe opportuno perché c’è un'assistenza che non viene pagata e che è molto efficace. Dal momento che la percentuale di progetti accettati dalla Commissione con questo tipo di assistenza tecnica è altissima, le nostre regioni potrebbero averne, credo, un enorme beneficio.

  PRESIDENTE. Grazie. Io non so se ci siano interventi, ma ci sarebbe lo spazio per fare un paio di interventi molto brevi.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ADRIANA GALGANO. Innanzitutto la ringrazio per la relazione e anche per averci detto che i problemi ci sono in tutti i Paesi. Questo per non indulgere nell'attitudine di autoflagellarci.
  Io ho due domande molto brevi. La prima è in relazione all'impegnato e a quanto noi effettivamente riusciremo a spendere dei fondi 2007-2013, se lei ha questa cifra.
  Passando alla seconda domanda, lei ha detto che uno dei problemi che voi avete ravvisato, come Corte europea, su tutti i Paesi è la scarsa attenzione alla performance. Le chiedo di farci alcuni esempi, in modo che noi si comprenda bene che cosa significa «scarsa attenzione alla performance».
  Grazie.

  TEA ALBINI. Io vorrei porre l'accento su una questione che emergeva dall'intervento che ha fatto il presidente relativamente all'utilizzazione e ai problemi che ci sono da parte degli enti a utilizzare i fondi.
  Uno dei problemi principali io credo riguardi il discorso del cofinanziamento, quando gli investimenti incidono sul Patto di stabilità interno ai singoli enti. Finché gli investimenti stanno nel Patto, diventa difficile provvedere a un cofinanziamento che abbia un senso pregnante. Diventa molto difficile. Io credo che questo, come abbiamo detto anche al Sottosegretario Delrio, sia uno dei problemi maggiori, almeno per quanto riguarda l'Italia.
  Quanto all'altro punto, io credo che praticamente ogni singola regione abbia un modo diverso di comportarsi rispetto Pag. 25alla formulazione dei bandi e alla gestione degli stessi. Questo mette in difficoltà innanzitutto gli enti locali, che non sempre sono in condizione nello stesso modo di recepire normative regionali. D'altra parte, anche le imprese che partecipano alla realizzazione del progetto hanno comportamenti diversi nelle singole regioni.
  Io ritengo, ma questa è una provocazione del tutto gratuita che faccio, che forse prima delle province andassero eliminate le regioni. È una mia opinione personale, che lascia il tempo che trova. La dico perché lo penso davvero.
  Questi due punti, cioè la diversità dei comportamenti fra le regioni e il primo punto che riferivo, ossia la questione del tappo che viene messo sugli investimenti in virtù del mantenimento all'interno del Patto di stabilità, vorrei sapere se sono rilevati anche dalla Corte dei conti.
  Grazie.

  PAOLA PINNA. Io volevo chiedere, andando molto sul pratico, un esempio di fondi che vengono dirottati da una misura a un'altra proprio a pochi giorni dalla scadenza del settennato. A fine 2013, a dicembre, si spostano 14 milioni di euro, per esempio, dalla scuola digitale all'assunzione di soggetti svantaggiati e molto svantaggiati con credito d'imposta. Praticamente si tratta di finanziamenti a pioggia, perché probabilmente avrebbero assunto ugualmente anche senza questo aiuto.
  Questo, per esempio, può essere considerato un errore ? Questo spostamento di fondi viene semplicemente autorizzato dallo Stato o ha bisogno di passare per la Commissione europea e, quindi, di essere rinegoziato ? Dalla prossima programmazione sarà ancora possibile adottare questi escamotage ?
  Ancora, in molte regioni alcune misure sono gestite da enti che poi all'interno hanno altri soggetti che ne sono i beneficiari. La regione ha sia l'ente gestore, sia l'ente beneficiario e poi magari ha pure quello che fa l’audit. C’è qualche proposta per uscire da questo sistema, che sappiamo cosa produce ? La Corte dei conti ha fatto proposte effettive per migliorare questi problemi ?
  Inoltre, avete anche i dati disaggregati per Paese sui tassi di errore ?
  Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola al Presidente Russo per la replica. Abbiamo ancora a disposizione sei o sette minuti. Grazie.

  PIETRO RUSSO, Componente italiano della Corte dei conti europea. Grazie delle domande, molto interessanti, che richiederebbero un discorso molto più lungo.
  Magari conoscessi la spesa che riuscirà a fare l'Italia. Mi auguro che sappiano i rappresentanti del Governo più o meno quello che riusciranno a spendere. Vedremo. Non ho proprio i dati per poter rispondere. Dico solo che siamo in una situazione poco piacevole, perché siamo molto indietro e che, quindi, ora si deve correre e cercare di spendere il più possibile, nella legalità, ovviamente, perché il tempo stringe, sempre su fondi impegnati nel 2013. Francamente su questo non ho alcun elemento per poter fare una previsione.
  Per quanto riguarda la scarsa attenzione alla performance, questo è un rilievo di carattere generale che la Corte dei conti europea fa non solo all'esecuzione della regolamentazione, ai controlli interni, ma anche alla stessa regolamentazione.
  Le dico subito più in dettaglio qual è il contenuto, ma devo dire che l'Italia, un po’ paradossalmente, forse è proprio un Paese cui questo rilievo si attaglia meno, perché il concetto generale della critica è che si bada di più al rispetto formale delle norme giuridiche e al dato finale, per cui si dimostra di avere speso il più possibile, che all'efficienza della spesa.
  Purtroppo, da noi siamo ancora al livello precedente perché non riusciamo a spendere, ragion per cui questa critica verso l'Italia deve essere forse preceduta da un incoraggiamento a spendere.
  Attenzione alla performance vuol dire che prima di spendere a tutti i costi rapidamente occorre assicurarsi che abbiamo Pag. 26programmato bene. Noi non spendiamo né rapidamente, né lentamente. Siamo al 58 per cento e, quindi, siamo ancora un po’ più indietro. C’è questa situazione un po’ paradossale.
  Quanto al Patto di stabilità, non ne sono sicuro, ma mi sembra che qualcosa sia stato escluso dal Patto di stabilità interno per quanto riguarda spese che abbiano attinenza con i fondi europei. In ogni caso è un problema nostro. L'Unione europea non si può fare carico del fatto che l'Italia non riesca a fare il pareggio di bilancio. Se c’è una regola generale e noi abbiamo messo quella interna per rispettare quella generale, purtroppo dobbiamo poi conformarci. Spetta a noi poi gestire all'interno e vedere se riusciamo a liberare delle spese e a quadrare i conti. Se non ce la facciamo, purtroppo, all'esterno non possono aiutarci in questo senso.
  Per quanto riguarda le regioni, personalmente, come opinione molto personale, io sono più che d'accordo con lei. Anzi, una delle principali motivazioni, se si capisce bene, dell'istituzione dell'Agenzia è proprio quella.
  Resta da vedere se le regioni saranno d'accordo e se quest'Agenzia potrà veramente, nella realtà, compiere quest'attività di coordinamento e di omogeneizzazione che sarebbe quanto mai opportuna e necessaria e a cui lei faceva cenno.
  Per quanto riguarda lo specifico tema del trasferimento di fondi, credo che ci voglia sempre e comunque la discussione – mi rivolgo al dottor Puricella, che pratica più di me la regolamentazione specifica sui fondi strutturali – e che la riprogrammazione debba essere sempre approvata dalla Commissione, a meno che non si resti nello stesso asse.
  Lo fanno tutti i Paesi. Questo è un sistema per cui, quando si vede che non si riesce a spendere, si è in ritardo o ci sono progetti bloccati in un dato settore, si passa a un altro per poter sfruttare le risorse. Finché ciò è fatto in maniera trasparente e con una programmazione seria, può anche essere una cosa buona. Se, invece, come diceva lei, fosse un escamotage per spendere a tutti i costi, anche facendo rientrare spese che non sono teoricamente ammissibili secondo la regolamentazione o che comunque non sono utili, il discorso cambia.
  Come principio, è un'operazione legittima, ma c’è un Comitato di sorveglianza, composto di rappresentanti della Commissione e dello Stato membro, che si riunisce periodicamente e segue passo per passo la gestione dei fondi. Dovrebbe essere chiamato in causa. Non si può fare in maniera occulta o senza che qualcuno se ne accorga in realtà.
  Per quanto riguarda il problema, cui lei accennava, della concentrazione in sede regionale del beneficiario finale e dell'autorità di audit, è il sistema nostro che è fatto così. La regolamentazione europea prevede che questi fondi vadano a determinate categorie di beneficiari e che ci sia un'autorità di audit a livello di controllo interno, nell'ambito della nostra amministrazione, il cui unico requisito sia l'assoluta indipendenza dall'autorità che gestisce i fondi, per motivi ovvi. Sta poi a ogni Paese organizzarla come meglio crede.
  Nel nostro Paese l'elemento di trasmissione principale di questi fondi sono le regioni e, quindi, ne deriva automaticamente che l'autorità di audit venga costituita normalmente a livello regionale. Non sempre è così, perché ci sono regioni, mi pare, che hanno esternalizzato il controllo a società di revisione dei conti esterne. È una decisione presa da regione e regione. L'importante, ancora una volta, è che l'autorità sia efficiente e soprattutto indipendente e trasparente. Che sia anche regionale ci potrebbe anche stare, ma bisogna vedere come le norme vengono attuate.
  Il beneficiario regionale potrebbe essere qualche ente che opera nella cerchia regionale. Ancora una volta bisogna vedere caso per caso. Ci potrebbe essere un caso di conflitto di interessi, ma potrebbe anche essere un'opportuna inclusione di un soggetto che fa spese utili nel circuito dei fondi. Fornire una risposta generale non credo sia possibile.

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  ADRIANA GALGANO. Mi scusi, intanto è arrivato il messaggio che l'Aula inizia alle 16.05. Ho solo una richiesta di precisazione. Non ho capito bene: la scarsa attenzione alla performance è il fatto che si tende a spendere, invece che a spendere in maniera efficiente, oppure a raggiungere l'obiettivo ? Sono due cose completamente diverse.

  PIETRO RUSSO, Componente italiano della Corte dei conti europea. Si tende a spendere a prescindere dall'obiettivo, ossia a dimostrare che si è speso tutto nel periodo previsto.

  ADRIANA GALGANO. Invece di documentare l'obiettivo ?

  PIETRO RUSSO, Componente italiano della Corte dei conti europea. Invece di avere presente soprattutto l'obiettivo, il che potrebbe anche, in alcuni casi, rallentare la spesa, perché occorre una programmazione più accurata o bisogna ripensare qualcosa. La preoccupazione principale è spendere i soldi che sono a disposizione comunque. L'Italia, però, purtroppo non lo fa, perché siamo al 58 per cento. Non abbiamo avuto questa preoccupazione di spendere. Ce l'abbiamo adesso, quando forse è un po’ tardi.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente Russo per il suo intervento e voi tutti per la presenza.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.