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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare per le questioni regionali

Resoconto stenografico



Seduta n. 17 di Giovedì 9 giugno 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE FORME DI RACCORDO TRA LO STATO E LE AUTONOMIE TERRITORIALI, CON PARTICOLARE RIGUARDO AL «SISTEMA DELLE CONFERENZE»

Audizione dei professori Jörg Luther e Anna Mastromarino.
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 2 
Luther Jörg , Professore ordinario di istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli studi di Torino. ... 2 
Mastromarino Anna , Professoressa associata di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi di Torino ... 5 
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 8

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANPIERO D'ALIA

  La seduta comincia alle 8.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione dei professori Jörg Luther e Anna Mastromarino.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al ’sistema delle conferenze’, l'audizione dei professori Jörg Luther e Anna Mastromarino.
  Nel ringraziare i presenti per la loro disponibilità, do la parola ai nostri ospiti affinché svolgano le rispettive relazioni.

  JÖRG LUTHER, Professore ordinario di istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli studi di Torino. Ringrazio il presidente per l'onore di questa audizione che ci pone al servizio non solo delle istituzioni, ma anche del cittadino, che deve valutare, in occasione del prossimo referendum sulle riforme costituzionali, le conseguenze della sua scelta politica.
  Chiedo scusa se i tempi della scienza sono più lenti dei tempi della politica. Avevo preparato un intervento da studioso di istituzioni di diritto pubblico e solo in un secondo momento ho integrato i profili comparati. Purtroppo la comparazione richiede più tempo per l'acquisizione di informazioni e, quindi, per ora posso presentare soltanto un paragrafo estremamente schematico. Mi impegno, tuttavia, ad integrare quanto prima la mia relazione, che cercherò di orientare con riguardo alle tradizioni parlamentari tedesche, dove i professori dispongono di un proprio apparato e redigono relazioni in media dalle cinquanta pagine in su.
  Io cercherò di essere più sintetico. Mi limito ai profili comparati. La prima questione nel panorama comparatistico è se abbia senso la figura dei senatori-presidenti. Io non so se i commissari hanno avuto informazioni giornalistiche sul «progetto Lebreton» in Francia. L'anno scorso, Claudy Lebreton è stato incaricato dal Primo ministro francese Valls e pochi giorni fa ha consegnato un progetto di riforma elettorale del Senato francese che prevede l'istituzione di un nuovo conseil des collectivités. Attualmente questo progetto non è ancora pubblico e quindi posso dire poco. La Commissione saprà, inoltre, della nuova legge sulle incompatibilità che entrerà in vigore nel 2017. I due o tre presidenti degli esecutivi regionali che finora hanno fatto parte del Senato francese probabilmente non ci saranno più, a meno che la riforma elettorale non cambi.
  Se il primo modello di riferimento è quello francese, il secondo è quello austriaco. In Austria i Presidenti dei Länder, i Landeshauptmänner, hanno diritto di parola garantito da una norma costituzionale. Da ciò si può desumere che non possono far parte del Bundesrat. Il senso del diritto di parola è quello di correggere eventuali rappresentazioni errate degli interessi degli Pag. 3enti territoriali. Come questo venga effettuato nella prassi ci è difficile valutare per il problema generale di non avere, nelle istituzioni federali, atti e resoconti stenografici dettagliati. La pubblicità degli atti delle seconde Camere nei contesti federali è attenuata e non corrisponde al livello elevato italiano.
  Questo vale anche per la Germania. Nel modello tedesco i presidenti fanno parte non solo del plenum del Bundesrat, ma sono anche molto presenti nelle Commissioni, soprattutto nella Europakammer. Lì il sistema è ancora più complesso. La Costituzione prevede che vi sia una Chambre d'Europe, ma esiste anche una Commissione. La Chambre si riunisce in sedute pubbliche, mentre la Commissione e gli esperti si riuniscono in seduta segreta, il che complica ulteriormente questi aspetti.
  L'importante, però, è che la partecipazione dei Presidenti ai lavori impedisce al Bundesrat di articolarsi in gruppi politici. La rappresentanza territoriale si imprime anche nell'organizzazione interna del Bundesrat ed evita la formazione di gruppi partitici, che invece abbiamo nel modello austriaco.
  Questi sono i modelli di riferimento, ciò che il «supermercato» della comparazione in questo momento offre. La specialità tedesca è il diritto di sostituzione dei Presidenti e dei ministri previsto da norme costituzionali. Avere dei sostituti e portare con sé eccezionalmente dei collaboratori alle riunioni rende fattibile coniugare il lavoro di presidente del Land e il lavoro di consigliere del Bundesrat.
  Qualche collega in precedenti audizioni diceva che questo si potrebbe fare anche in Italia. Io dubito che si possa fare con una norma regolamentare. Ribadisco che in Germania per ottenere questo assetto è stata necessaria una norma costituzionale. Semmai, sarebbe necessaria una riforma della riforma.
  Nelle altre esperienze, con l'eccezione della Francia, tendenzialmente non abbiamo rappresentanti degli esecutivi delle Regioni nelle seconde Camere. Non abbiamo norme di incompatibilità che lo escludano, ma la tendenza è quella, che si è manifestata anche negli Stati Uniti, di privilegiare gli ex Presidenti, facendo tesoro delle esperienze accumulate da chi ha guidato un esecutivo per valutare meglio le leggi nel loro impatto sul territorio.
  Aggiungo che non c'è un'esperienza di listino dei Presidenti. Anche su questo nella mia memoria cercherò di motivare meglio i miei dubbi di costituzionalità circa un listino dei Presidenti rispetto alla legge costituzionale in fieri. Vedo incompatibilità sia con il ruolo del Consiglio regionale, che è il dominus della procedura, sia con la libertà di scelta del corpo elettorale. Secondo me, così come disegnata, la riforma escluderebbe un ruolo dominante. Non esclude indicazioni o orientamenti dei presidenti, ma esclude quelli che gli inglesi chiamano constraints, cioè regole che incidano in modo coercitivo sulla scelta stessa.
  In secondo luogo, per quanto riguarda i raccordi nonché la nozione di raccordo, che è una specialità sia del linguaggio eminentemente tecnico sia del linguaggio giuridico italiano, le funzioni di raccordo non riguardano necessariamente solo le funzioni legislative. Sono sviluppate, così come lo è la nozione stessa, anche e soprattutto con riferimento a funzioni esecutive, cioè tanto amministrative quanto politiche e di governo.
  Abbiamo alcune esperienze. Per quanto riguarda la Germania, segnalo innanzitutto una delibera della Conferenza dei Presidenti, la Ministerpräsidentenkonferenz, una sorta di autolimitazione con la quale nel 1998 questa Conferenza ha deciso di non occuparsi delle questioni pendenti presso il Bundesrat. Questo vuol dire che si riconosce un primato al Bundesrat e alle sue attività e funzioni rispetto a quelle del ’sistema delle conferenze’.
  In Austria segnalo un'ulteriore norma costituzionale – come dice l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD), la tendenza austriaca è ad avere una eccessiva densità normativa – che prevede addirittura una Commissione, composta da delegati del Bundesrat, della Conferenza dei Presidenti dei Länder (Landeshauptleutekonferenz) e delle due associazioni di grandi città (Städtebund) e comuni Pag. 4 (Gemeindebund), che in Austria sono separate, la quale si occupa di una questione secondaria, ma non tanto, e cioè della retribuzione dei funzionari che assumono cariche politiche; tale Commissione ha, cioè, competenza sul trattamento economico di coloro che diventano la cerniera tra potere esecutivo, amministrazione e potere politico Come vedete, si tratta di una norma di dettaglio.
  Sul resto tutto tace, ma c'è una percepita ipertrofia e sovrapposizione di attività. Un report dell'OECD del 2010 incoraggia il coordinamento per migliorare la qualità della normazione, ma richiede all'Austria di rafforzare gli elementi di monitoraggio dell'implementazione delle leggi. È aspetto, secondo me, anche per la scelta di quante funzioni di raccordo amministrativo dovranno essere assunte dal futuro Senato in Italia.
  Infine, raccomando vivamente di osservare l'esperienza svizzera. La Svizzera non solo ha la migliore disciplina costituzionale dei rapporti e della leale collaborazione a tutti i livelli – la multilevel governance – ma ha anche la migliore prassi di trasparenza. Rispetto alla domanda di trasparenza, online si trovano i regolamenti interni delle conferenze, le relazioni annuali sulle attività, la composizione, nome per nome, di comitati, commissioni e sottocommissioni e tutte quelle informazioni che, allo stato attuale, perfino per lo scienziato sono sostanzialmente irreperibili in Italia. Le Conferenze in Italia sono una grande «black box» e questo è un problema.
  Faccio solo un brevissimo cenno ai raccordi con l'Unione europea. La prassi tedesca e, dal 2015, anche austriaca è il riconoscimento agli europarlamentari del diritto di parola nelle seconde Camere e non solo di presenza o occasionale invito. Devo verificare meglio, ma credo esista un concorso nella nomina dei membri nazionali del Comitato delle regioni e del Congresso dei poteri locali e regionali dell'Unione europea e del Consiglio d'Europa. È un ulteriore raccordo indispensabile.
  Vorrei concludere con ciò che ho scritto nella premessa. La riforma costituzionale delinea il nuovo Senato della Repubblica con norme di principio relative alla sua funzione e alla sua struttura, statuendo una riserva di legge e una disciplina transitoria solo per l'elezione dei senatori. Dal punto di vista del diritto costituzionale, si crea un nuovo modello di bicameralismo imperfetto.
  Dal punto di vista del diritto comparato, il modello più vicino, per composizione ma anche per funzioni, appare il Bundesrat austriaco, del quale si discute, peraltro, l'eventuale sostituzione con i Parlamenti regionali messi «in rete», trasferendo loro tutte le competenze, o, piuttosto, l'eventuale trasferimento di tutte le sue funzioni alla Conferenza dei Presidenti dei Länder. Tra parentesi, si segnala che il Partito della libertà austriaco (FPÖ), ha una posizione intermedia tra queste due posizioni dei socialdemocratici e dei popolari.
  Le funzioni del Senato riformato divergono da quelle della Camera non solo per l'aggettivo «territoriale», per le funzioni di rappresentanza e per quelle di raccordo, ma anche per le altre funzioni aggiuntive, che io proporrei di considerare speciali o strumentali e accessorie rispetto a quelle di rappresentanza e raccordo.
  La riforma costituzionale – mi preme dirlo –, al di là del problema se priverà le Camere della loro residua legittimazione costituzionale, sicuramente delegittimerebbe, con l'attivazione del nuovo Senato, anche l'attuale sistema delle Conferenze. De constitutione ferenda, la legittimazione democratica attenuata del Senato deriverebbe, almeno in parte, da organi percepiti in crisi di legittimazione. Sarebbe inferiore a quella della Camera dei deputati, ma sempre superiore a quella del ’sistema delle conferenze’, cioè a un organismo governativo non istituito per volontà della Costituzione riformata, non sempre composto da membri eletti direttamente dalle proprie constituency e finora non in grado di assicurare una pubblicità adeguata dei propri atti né una responsabilità democratica effettiva dei propri membri dinanzi ai Consigli regionali e comunali.
  Per rispettare lo spirito innovatore della riforma, il ’sistema delle conferenze’ non andrebbe necessariamente «rottamato», ma Pag. 5decisamente innovato, semplificato e responsabilizzato. Il diritto comparato offre un menù di dispositivi normativi e pratici che possono servire a tali scopi. Le scelte possono essere fatte nella prassi o con norme regolamentari, ma servirebbe una legge organica (articolo 117, secondo comma, lettera f), della Costituzione) sia per il Senato sia per il ’sistema delle conferenze’, legge che, purtroppo, sarà bicamerale solo nelle parti che riguardano i raccordi europei.

  ANNA MASTROMARINO, Professoressa associata di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi di Torino. Buongiorno. Mi unisco anch'io ai ringraziamenti per questo invito. Per noi è sempre un'occasione importante quella di poter saggiare un aspetto pratico di ciò di cui ci occupiamo tutti giorni dal punto di vista teorico.
  All'inizio della prossima settimana sarò in grado di consegnare una relazione scritta. Tenterò di partire dal dato italiano per spaziare poi nel diritto comparato perché lo ritengo utile per riuscire a renderci conto, dal mio punto di vista di costituzionalista, di quali siano i punti critici e quali siano i punti sui quali il diritto comparato può davvero aiutarci.
  Per rispondere ai quesiti che mi sono stati sottoposti, tenterò di fare un discorso unitario che ripercorre lo schema che avete indicato. Se è più agevole, perché si tratta di un percorso consolidato, tentare di fare una valutazione di quello che è stato sinora il lavoro della Conferenza Stato-Regioni, è più difficile riuscire a capire che cosa accadrà. L'entrata in vigore della riforma è incerta, dal momento che attende una conferma da parte degli elettori, ma, anche qualora entrasse in vigore, sono molti gli aspetti che necessitano di una successiva attuazione.
  Nel caso in cui entrasse in vigore e dovesse essere successivamente attuata, credo che l'elemento che potrebbe condizionare maggiormente la nuova eventuale veste della Conferenza Stato-Regioni sia il metodo di selezione dei senatori. Due sono gli elementi determinanti, a mio parere. Da una parte, c'è il grado di partecipazione degli elettori alla selezione dei senatori. Dall'altra, c'è la partecipazione o meno dei Presidenti regionali al Senato. Questi due elementi, nel contesto comparato, determineranno il ruolo delle conferenze e la loro eventuale ristrutturazione.
  Per quanto riguarda il primo punto, cioè il grado di partecipazione degli elettori alla selezione dei senatori, ho già sostenuto in altri scritti, ai quali troverete il riferimento nella relazione che trasmetterò alla Commissione, la necessità di salvaguardare l'idea di elezione indiretta attraverso, però, una procedura mista, affiancando, cioè, al sistema elettorale regionale un «listino», che non deve essere necessariamente del Presidente, ma che deve essere collegato alla lista.
  In questo modo si salvaguarderebbe l'idea della riforma di permettere una designazione da parte degli elettori, mantenendo un minimo intervento dell'elettore, ma si salvaguarderebbe anche il senso di unità che dovrebbe legare il Senato alla Regione e all'attività di governo.
  È impossibile, a mio parere, immaginare una trasformazione della cultura del decentramento italiana talmente rapida da produrre immediatamente una trasformazione delle elezioni in senso indiretto. Secondo me, va tenuto conto dell'attuale sistema politico e partitico regionale e la trasformazione va accompagnata in questo senso.
  Per quel che concerne il secondo punto, cioè la partecipazione o meno dei Presidenti regionali al Senato, parto da una convinzione che mi induce a considerare opportuno che i Presidenti regionali non entrino a far parte del futuro Senato, lasciando ai consiglieri i seggi della Camera alta. Per chiarire il fondamento di codesta affermazione, è necessario che io allarghi il focus del mio ragionamento sino a toccare uno dei punti che considero fondamentali e cioè la definizione dei rapporti tra Senato e ’sistema delle conferenze’, con particolare riguardo alla loro coesistenza funzionale.
  La trasformazione della seconda Camera in un organo di rappresentanza delle istituzioni territoriali non smentisce e, anzi, a mio parere rafforza l'idea dell'esistenza Pag. 6di un circuito intergovernativo. A maggior ragione, io credo che il circuito delle conferenze italiano, pur condividendo le critiche e le preoccupazioni del collega circa la necessità di una maggiore trasparenza, abbia dato prova, nei momenti di crisi, della capacità di dare un senso alla rappresentanza regionale, anche al di là dei diktat di partito. C'è stato il tentativo, secondo me, di rendere quel luogo un luogo del diritto regionale. Questo va riconosciuto.
  La metamorfosi del Senato in organo a vocazione territoriale, quindi, non dovrebbe porsi come un'alternativa alle conferenze, ma come una integrazione. I due organi dovrebbero trovare una maniera per lavorare concordemente.
  Questa mia idea deriva da un'analisi del diritto comparato. Tanto nei processi di decentramento aggregativi, cioè quelli che partono da diversi Stati che si fondono, nella migliore delle ipotesi, in uno Stato federale, tanto nei processi disaggregativi, cioè quelli che, partendo da uno Stato unitario regionale, vanno verso nuove forme di decentramento, si nota una convergenza.
  Mentre nel primo tipo di processo il Senato diventa la priorità e il luogo da costruire per la rappresentanza territoriale e solo successivamente entrano in gioco le conferenze per tentare di creare un raccordo tra i diversi Stati, nella seconda tipologia di processo la necessità di introdurre subito le conferenze, che permettano la continuità durante il periodo del decentramento, viene poi accompagnata da una rivendicazione di rappresentanza politica delle entità decentrate, che assumono una maturità che permette loro di influire di più a livello nazionale.
  Che si parta da un punto o dall'altro, il diritto comparato ci insegna che questi due organi, a un certo momento, vengono considerati entrambi necessari e verso questo orientamento penso si debba andare. Credo, dunque, che in questo senso sia necessario: adoperarsi per un'azione di differenziazione per quel che concerne la vocazione funzionale dell'uno e dell'altro organo; compiere una razionalizzazione dei criteri di assegnazione delle competenze; provvedere al riordino delle strutture del ’sistema delle conferenze’.
  Non vi è dubbio che il primo punto, cioè la differenziazione delle funzioni, condizioni gli altri punti che ho indicato. Se è vero che questa riforma tenta, come io credo, nonostante le numerose critiche che le vengono mosse, di rivitalizzare il regionalismo italiano, superando l'anomalia di un bicameralismo perfetto e affidando alle entità territoriali uno spazio di rappresentanza parlamentare, anche al fine di integrare la dimensione nazionale con quella della sovranità territoriale, e se vogliamo provare a ottenere questo fine, è allora necessario che la nostra visione del Senato, di ciò che rappresenta e di ciò che è chiamato a fare cambi di trecentosessanta gradi.
  Io non mi sento di continuare a parlare di maggiore o minore rappresentanza democratica. Siamo davanti a un'altra cosa: siamo davanti a quello che nel diritto comparato è un organo di garanzia dell'autonomia territoriale, chiamato a fare altro rispetto alla mera rappresentanza politica. Se così è, allora la funzione del Senato è garantire l'autonomia territoriale, garantire il decentramento come principio generale del nostro ordinamento ex articolo 5 della Costituzione, promuovere l'autonomia e il suo esercizio, valorizzare le istanze territoriali in seno ai processi di decisione a livello nazionale.
  Questo significa che il Senato non deve intervenire solo nel momento in cui si svolgono procedimenti legislativi bicamerali obbligatori, ma anche in tutti quei processi in cui il suo ruolo è solo eventuale. Ciò può avvenire solo qualora i senatori stessi acquistino la consapevolezza del ruolo da svolgere, cioè il ruolo di garanti e tutori dell'autonomia.
  Faccio un esempio per tutti. Anche laddove si tratti di leggi che apparentemente non interessano le autonomie territoriali – immaginiamo una legge, per esempio, sul potere estero –, pretenderei che i senatori siano capaci di individuare immediatamente i rischi che da quella legge potrebbero discendere per le cooperazioni transfrontaliere delle Regioni. Io chiedo questa sensibilità, che mi pare tutt'altra rispetto a Pag. 7eventuali idee di rappresentanza del territorio in senso stretto.
  Serve un monitoraggio stretto e penso, per esempio, all'esperienza spagnola della cosiddetta Mesa o del Comité permanente, cioè un comitato interno al Senato che monitora continuamente l'attività della Camera bassa.
  Se questa è la funzione del Senato, siamo davanti a un ridimensionamento della funzione della Conferenza, un ridimensionamento che però non modifica la sua vocazione ad essere luogo di elaborazione di politiche concertate, che vagliano le soluzioni più accessibili tra le tante ritenute possibili rispetto alle politiche economiche contingenti e permettono la vera attuazione dell'indirizzo politico, che, ricordo, viene definito in altra sede.
  La differenziazione funzionale tra Senato e ’sistema delle conferenze, a mio parere, deve coincidere con la differenza che esiste tra la funzione legislativa e la funzione delle scelte politiche e di governo. Questa distinzione, che nella dottrina, secondo me, permane, nella pratica è andata scemando a causa di un'idea di «presidenzializzazione» della politica, per cui la decisione è di uno solo e gli organi legislativi sembrano accodarsi. A mio parere, rimane invece lo spazio per un Senato in grado di assumere decisioni di ordine politico. Non deve essere soltanto un organo di ratifica.
  Il Senato, dunque, non può essere il luogo dei Presidenti. Torno alla mia iniziale affermazione. I Presidenti hanno il mandato non di garantire l'autonomia, ma di rappresentare la loro Regione. È diverso il ruolo che devono ricoprire. Siccome per i senatori è previsto il divieto di mandato imperativo, essi non possono rappresentare le loro Regioni.
  Come rendere coerenti, allora, la funzione di rappresentanza e di attuazione del mandato regionale dei Presidenti di Regione e il Senato che dovrebbe, invece, operare nel senso dell'integrazione nazionale e della rappresentanza e garanzia delle autonomie? A me pare impossibile a priori, al di là delle opinioni, che condivido, sulla possibilità costituzionale che ciò avvenga. È una questione che riguarda le funzioni che vogliamo riconoscere al Senato. Come ricordava il collega, il Bundesrat non è compatibile con il modello italiano. Siamo in un'altra dimensione e dunque non possiamo rifarci a tale modello in questo senso.
  Quali sono, quindi, le competenze, se queste sono le funzioni? Le competenze sono le stesse che oggi ha la Conferenza, ma orientate allo svolgimento di una funzione completamente diversa. Vanno benissimo le funzioni di natura deliberativa e consultiva, soprattutto nelle materie in cui già è previsto l'obbligo di intervento della Conferenza, ma devono essere tutte raccordate alla funzione di rappresentanza e di integrazione del Senato. Se c'è conflitto, il conflitto è risolto a priori perché, mentre la funzione di raccordo del Senato è garantita costituzionalmente, quella delle conferenze non lo è ed, evidentemente, il conflitto è gestito a priori.
  Quanto all'attività di raccordo, secondo me, essa implica un'azione multilivello, ma implica anche un'attività di «raccordo nel raccordo». Poiché a entrambi gli organi, Senato e Conferenza, sono assegnate funzioni di raccordo, il raccordo diventa un metodo operativo e diventa «raccordo nel raccordo», cioè raccordo inter-organico, possibile attraverso l'ampliamento di un principio che voi stessi richiamate nei quesiti, quello della leale collaborazione.
  Non è un concetto da sottovalutare. Il diritto comparato fa un uso amplissimo del principio della leale collaborazione.
  Per me, i punti di riferimento sono il Belgio e la Svizzera. Il Belgio, essendo uno degli Stati multilivello più complicati che esistano, ha costruito attorno al principio di leale collaborazione, a cui farò più ampio riferimento nella mia relazione scritta e che loro chiamano loyauté fédérale, il pilastro per riuscire a coordinare i diversi enti decentrati e lo ha fatto arrivando a introdurre il principio di leale collaborazione nel blocco di costituzionalità, cioè prevedendo che la Corte costituzionale possa utilizzarlo come parametro di costituzionalità.
  Questo la nostra Corte costituzionale, in fondo, lo ha già fatto in più occasioni, attraverso un percorso di giurisprudenza Pag. 8costituzionale. Credo che questa sia la via da seguire. Quando la giurisprudenza fa riferimento alla lealtà costituzionale, alla lealtà federale o, come nella giurisprudenza svizzera, alla amitié confédérale, non si riferisce solo ai doveri di astensione. È più di una mera attenzione al criterio di riparto delle competenze. Ci sono anche doveri di facere. Ci sono doveri di collaborazione e di cooperazione e doveri di consultazione. Questo è il punto che rende possibile la cooperazione tra Senato e Conferenza.
  Vado verso la chiusura del mio intervento. Se questo è l'aspetto delle funzioni e delle competenze, allora in che senso possiamo intervenire? Innanzitutto, sono perfettamente d'accordo sul fatto che occorra un'emersione delle attività della Conferenza Stato-Regioni. Credo che il pregio della Conferenza, che è riconosciuto da tutti gli studiosi del diritto comparato, sia la sua informalità, che non deve necessariamente essere mancanza di trasparenza. Non deve passare questo messaggio. Un organo può mantenere una struttura informale ed essere comunque accessibile ai cittadini, perché sappiamo che lì si prendono molte delle decisioni che diventano attive dentro la Camera bassa e il Senato.
  Credo che la Conferenza debba conservare questa informalità, ma facendo emergere le sue attività. Si deve procedere alla riforma attraverso quei progetti – ne ho visti tanti – che non riescono mai ad arrivare alla fine. La ristrutturazione del sistema dovrebbe inglobare al suo interno la Conferenza Stato-Cttà ed enti locali o attraverso sedute integrate o attraverso un'articolazione interna in sezioni. Se è necessaria l'emersione delle attività della Conferenza, è necessario anche individuare una struttura più coerente.
  Non sono invece d'accordo con l'inglobamento del coordinamento delle Assemblee legislative. Non sono d'accordo con l'inglobamento né nella Conferenza né nel Senato. Infatti, l'inglobamento nel Senato è inutile, se ci sono i consiglieri, e anche quello nella Conferenza è inutile se questa è chiamata a fare altro. Il coordinamento con le Assemblee va fatto in altro luogo, cioè nei Consigli. Il coordinamento delle Assemblee legislative deve esserci, ma deve, a mio parere, rimanere a latere.
  Reputo, invece, necessaria l'individuazione di interventi concertati della Conferenza nei procedimenti del Senato, attraverso audizioni, sedute dedicate o interventi con diritto di parola, non di voto, dei Presidenti, sempre nell'ottica della leale collaborazione e del raccordo che, necessariamente, deve nascere tra i due organi.

  PRESIDENTE. Ringrazio i professori per le relazioni. Attendiamo i contributi scritti, che ci saranno molto utili essendo nella fase finale del nostro ciclo di audizioni e dovendo procedere alla redazione del testo conclusivo.
  Nessun collega chiedendo di intervenire, saluto gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 8.55.