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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare per le questioni regionali

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Mercoledì 28 maggio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Balduzzi Renato , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE QUESTIONI CONNESSE AL REGIONALISMO AD AUTONOMIA DIFFERENZIATA

Audizione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Maria Carmela Lanzetta.
Balduzzi Renato , Presidente ... 3 
Lanzetta Maria Carmela , Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 3 
Balduzzi Renato , Presidente ... 5 
Kronbichler Florian (SEL)  ... 5 
Balduzzi Renato , Presidente ... 5

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE RENATO BALDUZZI

  La seduta comincia alle 15.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Maria Carmela Lanzetta.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle questioni connesse al regionalismo ad autonomia differenziata, l'audizione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Maria Carmela Lanzetta.
  Do la parola al Ministro per lo svolgimento della relazione.

  MARIA CARMELA LANZETTA, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Innanzitutto, vi ringrazio per l'opportunità di poter esprimere in questa sede, in maniera più ampia di quanto abbia potuto fare in occasione dell'audizione sulle linee programmatiche, la mia visione e i miei intendimenti in materia di cosiddetto «federalismo differenziato». Si tratta di un ambito che, con particolare riferimento ai rapporti con le regioni a statuto speciale, rappresenta una parte assai rilevante delle funzioni a me delegate, che avrò modo di illustrare e che è mia intenzione valorizzare ulteriormente.
  Ritengo, infatti, sia auspicabile, nella stagione di riforme che si sta intraprendendo, superare l'attuale assetto eccessivamente uniforme quanto alle competenze attribuite alle regioni a statuto ordinario – che è tra i fattori, secondo molti, dell'ulteriore divario che nell'ultimo decennio si è prodotto tra regioni meridionali e settentrionali – a favore di modelli più rispondenti alle reali caratteristiche e capacità dei diversi territori.
  Mi soffermerò, in particolare, sul tema delle regioni a statuto speciale e su quello dei meccanismi di attribuzione di funzioni ulteriori per le altre.
  Per quanto riguarda il primo argomento, è noto come il riconoscimento di forme speciali di autonomia ad alcune regioni sia stato determinato, nell'immediato dopoguerra, da risalenti ragioni storiche e identitarie, nonché di diritto internazionale per quanto riguarda la provincia di Bolzano. A più di sessant'anni dall'adozione della maggior parte degli statuti «speciali», un bilancio del loro funzionamento è da ritenersi comunque positivo, anche se con differenze tra le diverse esperienze.
  In termini sia di sviluppo ed effettivo esercizio dei profili di autonomia sia di crescita economica, i risultati più rilevanti appaiono essere stati raggiunti nelle tre regioni settentrionali. Questo è un dato su cui è giusto interrogarsi per comprenderne le cause e individuare specifiche modalità di intervento. Negli ultimi anni, inoltre, in particolare a seguito della difficile situazione Pag. 4economica, si è sviluppata una riflessione sulla persistenza delle ragioni di tale specialità.
  Al riguardo, ritengo che un mantenimento dell'attuale situazione di differenziazione sia condivisibile, pure in un quadro complessivo di riduzione delle spese pubbliche e nel rispetto di quelle che il presidente Balduzzi, in una precedente audizione, ha giustamente definito «doveri costituzionali di solidarietà».
  Come emerso, infatti, anche nel corso di questa indagine conoscitiva, la natura speciale non può essere di per sé giustificazione per una sovradotazione di risorse, ma occorre ragionare in termini di equità nazionale, assicurando a tutti i cittadini della Repubblica, a parità di altre condizioni, uguale ammontare di risorse pubbliche, solo diversamente distribuite tra intervento diretto dello Stato e risorse gestite dalle autonomie.
  È questa, del resto, la strada intrapresa negli ultimi anni, per cui le regioni a statuto speciale stanno contribuendo in maniera consistente alla riduzione della spesa pubblica. Peraltro, nel generale processo di riforma in corso, sarebbe fortemente auspicabile una nuova «stagione statutaria», anche in considerazione delle novità che deriverebbero dall'approvazione della riforma costituzionale all'esame del Senato, che ridefinisca, aggiornandolo, il quadro di riferimento degli statuti speciali, nella direzione di quella che è stata anche in questa sede definita la «specialità responsabile».
  Penso a una nuova stagione statutaria, frutto di una rinnovata concertazione bilaterale tra Stato e singole regioni a statuto speciale, volta, da un lato, a superare alcuni assetti oramai antiquati – come la figura del Commissario di Governo, ancora previsto per la Regione Siciliana – e, dall'altro, a promuovere ulteriori competenze e funzioni al passo con i tempi.
  Con l'occasione, a ulteriore riprova della rilevanza che il Governo, in generale, ed io personalmente attribuiamo al confronto con tali regioni, segnalo che proprio in questi giorni si sta completando la ridefinizione della composizione delle commissioni paritetiche incaricate di predisporre la normativa di attuazione degli statuti speciali. In particolare, ieri è stata costituita quella per la Valle d'Aosta.
  Per quanto riguarda, invece, l'attribuzione di competenze ulteriori alle regioni a statuto ordinario, è noto che con la riforma del 2001 – peraltro rispondendo a indicazioni risalenti ai lavori della Commissione bicamerale per le riforme istituzionali presieduta dall'onorevole D'Alema – è stata prevista, al terzo comma dell'articolo 116, la possibilità che le regioni a statuto ordinario possano negoziare con lo Stato ulteriori forme e condizioni di autonomia, con riguardo alle materie di legislazione concorrente e ad alcune materie di legislazione esclusiva statale.
  Purtroppo, tale norma non ha ancora conosciuto attuazione, nonostante alcuni tentativi in questo senso da parte delle regioni Toscana, Piemonte e, soprattutto tra il 2006 e il 2008, Lombardia e Veneto. Ciò è avvenuto, in parte, a causa della tortuosità del procedimento delineato, prevedendosi un'iniziativa della regione interessata, il coinvolgimento degli enti locali, un'intesa tra Stato e regione interessata e l'approvazione di una legge a maggioranza assoluta dei componenti delle Camere. A mio avviso, però, ciò è accaduto soprattutto per responsabilità della politica, che è stata incapace di cogliere l'opportunità offerta dal testo costituzionale, a causa, in primo luogo, del clima conflittuale dell'ultimo decennio, che non ha favorito un più sereno confronto tra livelli di governo. Questo, quindi, è un errore da non ripetere.
  In questa prospettiva, nonostante la mancata attuazione della disposizione in esame, il Governo Renzi ha inteso proseguire con rinnovata convinzione per la strada del «federalismo differenziato», prevedendo nel testo di riforma costituzionale attualmente all'esame del Senato la facoltà di delegare a una o più regioni l'esercizio della funzione legislativa nelle materie di competenza esclusiva statale, Pag. 5con eventuale attribuzione anche di ulteriori competenze amministrative.
  Peraltro, su tale disposizione – attuale quinto comma dell'articolo 117 della proposta governativa – è in corso una riflessione, alla quale anch'io sto contribuendo, finalizzata a definirne una formulazione che, senza eccessivi aggravamenti procedurali, consenta la massima estensione possibile. Come, infatti, dimostrano alcuni esempi internazionali – in primo luogo l'esperienza spagnola – con gli eccellenti risultati avuti anche in termini di crescita economica in alcune regioni, ritengo condivisibile il modello di un «federalismo asimmetrico» che, secondo i princìpi costituzionali di differenziazione e adeguatezza, consenta di svolgere le funzioni pubbliche al livello più efficiente per i cittadini.
  In questa prospettiva, è giusto che le regioni che sono in grado possano richiedere allo Stato di svolge da sé funzioni ulteriori, magari delegandole ai propri comuni.
  È, però, d'altro canto, vero – questa è l'altra faccia del federalismo differenziato – che per le regioni in difficoltà è dovere dello Stato, oltre che interesse generale per una crescita collettiva, intervenire con azioni di ausilio e sostegno, non solo economico, in particolare in alcuni territori, di tutela della legalità, di assistenza tecnica e di affiancamento in ambito amministrativo.
  In conclusione, penso che quella della riforma costituzionale in discussione sia un'occasione da non perdere per ridisegnare un riparto di competenze tra Stato e varie regioni più adeguato alle specifiche situazioni. Un modello caratterizzato da maggiore flessibilità, in cui i territori più dinamici siano lasciati liberi di gestire direttamente, come recentemente avvenuto per la delega di funzioni in materia di agenzie fiscali prevista dall'ultima legge di stabilità, ma quelli più deboli non siano lasciati soli.

  PRESIDENTE. Rinnovo all'onorevole Ministro il nostro ringraziamento. Chiedo se ci siano degli interventi, precisando che il Ministro tornerà in data e orario da definire, per rispondere alle eventuali domande che saranno poste oggi.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FLORIAN KRONBICHLER. Signora Ministra, sono infondati i timori che con il suo Governo si aggiri lo spettro di un nuovo accentramento ? Questo termine «autonomie differenziate» mi sembra assolutamente nuovo e molto azzeccato, perché se non c’è differenza, non c’è autonomia, come hanno detto tanti dei nostri auditi in questa Commissione.
  Insomma, c’è la paura che, per mettere pace fra le regioni, si tolga un po’ alle province «a statuto speciale», in modo da pacificarle con le province confinanti. Al nord si sente, infatti, una certa insofferenza nei confronti delle autonomie. Inoltre, mi sembra un po’ strano valutare sempre quali siano le province o le regioni virtuose, mentre per le altre interviene lo Stato. È come se l'autonomia fosse non un diritto, bensì una grazia concessa.

  PRESIDENTE. Svolgo una segnalazione. È una riflessione ad alta voce, oltre che una domanda. In più occasioni, il Ministro Lanzetta, anche nella audizione sulle linee programmatiche, ha usato una particolare locuzione, in quel caso «federalismo dinamico», adesso «federalismo differenziato».
  Nella Commissione parlamentare per le questioni regionali, abbiamo, invece, la tendenza a parlare di «regionalismo», più che di «federalismo», forse perché, negli anni scorsi, si sono caricati di enfasi eccessiva i termini «federale», «federalismo», «federalista» e così via. A un certo punto, sembrava che tutto fosse federale, come il demanio. Ciò non ha fatto complessivamente bene alle autonomie, nel senso che abbiamo parlato forse esageratamente di federalismo, ma, alla fine, ci siamo ritrovati con un regionalismo più Pag. 6debole o, comunque, in una situazione in cui il mondo delle autonomie e delle regioni, in questa fase – dal punto di vista normativo e di fatto – non è certamente in una condizione di grande felicità. Per questo, come Commissione, normalmente, preferiamo parlare di «regionalismo». Questa è una considerazione che contiene, però, anche una domanda.
  Se non ci sono altri interventi, possiamo rimanere d'accordo che stabiliremo insieme al Ministro Lanzetta il giorno in cui poter concludere, in tempi ravvicinati, questa audizione, con la risposta del Ministro alle questioni poste.
  Ringrazio ulteriormente il Ministro per la gentilezza e l'impegno dimostrato e, rinviando ad altra data il seguito dell'audizione, dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 15.40.