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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare per le questioni regionali

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Martedì 12 maggio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

D'Alia Gianpiero , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROBLEMATICHE CONCERNENTI L'ATTUAZIONE DEGLI STATUTI DELLE REGIONI AD AUTONOMIA SPECIALE, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AL RUOLO DELLE COMMISSIONI PARITETICHE PREVISTE DAGLI STATUTI MEDESIMI

Audizione del Sottosegretario di Stato agli affari regionali e alle autonomie, Gianclaudio Bressa, e del Presidente del Consiglio nazionale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI), Enzo Bianco.
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 3 
Bianco Enzo , Presidente del Consiglio nazionale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) ... 3 
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 6 
Orrù Pamela Giacoma Giovanna  ... 6 
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 7 
Bianco Enzo , Presidente del Consiglio nazionale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) ... 7 
Orrù Pamela Giacoma Giovanna  ... 7 
Bianco Enzo , Presidente del Consiglio nazionale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) ... 7 
Kronbichler Florian (SEL)  ... 8 
Dalla Zuanna Gianpiero  ... 8 
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 8 
Bianco Enzo , Presidente del Consiglio nazionale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) ... 8 
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 9 
Bianco Enzo , Presidente del Consiglio nazionale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) ... 9 
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 10

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANPIERO D'ALIA

  La seduta comincia alle 10.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Sottosegretario di Stato agli affari regionali e alle autonomie, Gianclaudio Bressa, e del Presidente del Consiglio nazionale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI), Enzo Bianco.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Sottosegretario di Stato agli affari regionali e alle autonomie, Gianclaudio Bressa, e del Presidente del Consiglio nazionale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI), Enzo Bianco.
  Comunico che il Sottosegretario Gianclaudio Bressa è impossibilitato a partecipare alla seduta odierna. Ringrazio sentitamente il Presidente Bianco per la disponibilità dimostrata e gli do la parola.

  ENZO BIANCO, Presidente del Consiglio nazionale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI). Presidente, onorevoli parlamentari, sono io che ringrazio di cuore la Commissione per avermi offerto la possibilità e l'opportunità di esporre le mie valutazioni, frutto prevalentemente di un'esperienza personale lunga e intensa in questa materia. Affinché la Commissione possa tenerne conto nei suoi lavori, mi permetto solo di dire che avverto un'assoluta necessità che il legislatore intervenga, ovviamente nelle modalità che riterrà opportune, su una materia che è molto delicata.
  Io non ho titoli accademici, ragion per cui il presidente mi consentirà di non entrare nelle dotte dissertazioni con cui voi avete avuto l'opportunità di approfondire il tema nel corso delle precedenti audizioni. Credo che per la Commissione potrebbe essere più utile un'esperienza personale, vissuta intensamente, nella materia delle autonomie regionali e locali.
  Se me lo consente, presidente, vorrei ricordare ai parlamentari componenti della Commissione la mia storia personale. Io sono stato eletto sindaco di Catania la prima volta nel 1988, quando l'elezione del sindaco era effettuata da parte del consiglio comunale: essendo rimasto in carica per diciotto mesi, il mio mandato è stato uno dei più duraturi della storia della città prima dell'introduzione dell'elezione diretta. La vita media delle amministrazioni comunali in Italia, lo ricordo, in quel periodo era di undici mesi. Nella mia città questa vita media era ancora più bassa, ossia pari a sei mesi. Immaginate, quindi, il carico di progettualità che un sindaco aveva nel momento in cui veniva eletto. La massima ambizione era quella di «riscaldare la sedia» per sei mesi.
  In seguito, ho avuto una brevissima esperienza in Sicilia, per circa sei mesi, come componente dell'Assemblea regionale, ossia come deputato regionale.
  Nel 1992 sono stato poi eletto alla Camera dei deputati e sono stato membro Pag. 4della Commissione affari costituzionali. Sono stato poi eletto al Senato, dove ho ricoperto anche la carica di presidente della Commissione affari costituzionali.
  Nel 1999, durante il Governo D'Alema II, e poi nel Governo Amato II, sono stato Ministro dell'interno e mi è stato conferito l'incarico per il coordinamento della protezione civile. In seguito, sono stato eletto al Senato, sempre come componente della Commissione affari costituzionali.
  Da quasi due anni sono tornato a fare il sindaco della mia città, Catania, e sono attualmente presidente del Consiglio nazionale dell'ANCI. Ricordo che ho rivestito la carica di presidente dell'ANCI nel periodo 1995-1999. La mia è stata, quindi, una vita spesa quasi integralmente nel campo del governo del sistema delle autonomie.
  Presidente, naturalmente io esporrò posizioni personali, perché su questo argomento non ho riunito il Consiglio nazionale dell'ANCI. Conosco, però, le valutazioni di molti dei miei colleghi, tra cui anche amministratori locali di regioni a Statuto speciale, e so che la mia posizione e le mie valutazioni non sono solo personali, ma sono condivise da molti amministratori locali.
  Scusate se utilizzo un linguaggio «atecnico», ma la notte mi capita spesso di sognare di essere sindaco di una regione a Statuto ordinario. Sulla base della lunga esperienza che ho maturato negli anni, ritengo che, particolarmente, ma non esclusivamente, nella regione di cui la mia città fa parte e in cui io sono nato, la specialità dello Statuto in molte materie, in particolare in quelle relative alla funzione ordinamentale in materia di enti locali, ha fatto sì che questa opportunità straordinaria connessa alla specialità dello Statuto sia stata gestita e utilizzata in modo talmente inappropriato da diventare molte volte un handicap.
  Vi riporto un esempio concreto e immediato di ciò a cui mi riferisco. Catania è un comune, al momento, di 315.000 abitanti. In realtà, sino a vent'anni fa il comune aveva 440.000 abitanti. Esso ha subìto apparentemente un fenomeno di abbandono, ma in realtà è molto cresciuto, perché nel frattempo ha assorbito i comuni della prima, seconda e terza cintura, ragion per cui la conurbazione unitaria che si vede quando si atterra all'aeroporto di Fontanarossa è una conurbazione di circa 750.000 abitanti, che va praticamente dal paese di Nicolosi, che si trova sull'Etna, quasi a 800 metri di altezza, sino a comuni che si collocano a est, a ovest e a nord.
  Secondo i parametri della cosiddetta «legge Delrio», che, come sapete, fanno coincidere la città metropolitana con l'ambito provinciale, la popolazione della città metropolitana di Catania è pari a 1.250.000 abitanti circa. Catania è, quindi, per popolazione, la settima città metropolitana d'Italia, più grande di molte città capoluogo di regione, ed è la più grande città non capoluogo di regione.
  I miei colleghi membri dell'ANCI e del Coordinamento delle città metropolitane, essendo stata istituita la città metropolitana di Catania, insieme a quelle di Palermo e di Messina, qualche mese prima che fosse approvata la legge Delrio, si trovano in una condizione in cui tutto è assolutamente fermo e bloccato. Catania è diventata città metropolitana, ma le norme di attuazione che avrebbero dovuto prevedere le modalità di governance e le competenze non sono state più varate dall'Assemblea regionale.
  Pertanto, mentre il collega sindaco di Bari, o di Napoli, o di Firenze, in questo momento ha già costituito la sua città metropolitana, con il suo consiglio, redigendo anche lo statuto e affrontando numerosi problemi delicatissimi, relativi anche al personale, noi sostanzialmente siamo al punto di partenza.
  A questo si aggiunge il fatto che non ci sono più le province, che sono state sostituite da liberi consorzi comunali, e che, ogni tre mesi, un commissario ne sostituisce un altro. A volte, tale commissario è un prefetto in pensione, ma molto spesso si tratta di un dipendente della stessa regione che amministra una provincia di 1.250.000 abitanti senza alcuna legittimazione democratica e senza alcun orizzonte Pag. 5temporale di investimento. Cosa volete che faccia un commissario che rimane in carica per tre mesi ? Questa situazione si protrae a tempo indeterminato.
  Questo non è l'unico esempio che potrei riportarvi, ma ci troviamo spesso a non recepire le modifiche e le riforme, nonostante i principi contenuti nella cosiddetta legge Delrio siano stati definiti come «principi di grande riforma». In questa materia, come sapete, nonostante le regioni a Statuto speciale, che hanno competenze in materia ordinamentale, abbiano l'obbligo di uniformarsi ai princìpi generali della legge, sostanzialmente oggi le province siciliane e le città metropolitane sono nella stessa condizione.
  Mi permetto di dire – non è un giudizio, ma solo una valutazione personale e una sensazione – che nei disegni di legge in materia ordinamentale la vicinanza dell'organo legislativo e di governo al territorio fa sì che il legislatore regionale sia spesso molto influenzato da vicende particolaristiche e localistiche che attenuano l'impatto imparziale che dovrebbe avere.
  Mi spiego con un esempio. I disegni di legge che sono stati esaminati prevedevano che il sindaco della città metropolitana fosse eletto dall'Assemblea dei sindaci della provincia, naturalmente con un grave squilibrio in termini di popolazione tra i consigli comunali di piccolissimi o piccoli comuni e quelli delle grandi città.
  In molte altre materie si riscontra la delicatezza di tale questione. L'uso che abbiamo fatto della nostra specialità ha determinato un'elefantiasi della burocrazia. Parlare di elefantiasi è forse usare un eufemismo, perché noi abbiamo un numero di dipendenti e di dirigenti enormemente accresciuto, ma ciò, in qualche misura, avviene anche nelle altre regioni a Statuto speciale: il numero di dirigenti è impressionante, ragion per cui, un po’ per l'elefantiasi della burocrazia, un po’ per le tendenze legislative, vi è un'interferenza enorme della burocrazia regionale negli atti amministrativi gestionali, che, secondo il principio costituzionale della riforma del Titolo V, dovrebbero essere di esclusiva competenza dell'ente legato al territorio. Ci sono, invece, interferenze molto pesanti nella vita di ogni giorno, forse anche per giustificare l'elevato numero di dipendenti. Di fatto, quindi, non c’è atto amministrativo per il quale non si registrino interferenze ed è rilevante lo sforzo per difendere le prerogative costituzionali di autonomia previste per i comuni.
  Ad esempio, il mio programma elettorale in occasione delle elezioni prevedeva che non avrei proceduto alla revisione del Piano regolatore generale del comune di Catania, perché, essendo imminente il varo della città metropolitana, ritenevo che l'atto urbanistico del comune di Catania dovesse essere inserito in un più generale programma di urbanistica di previsione di tipo metropolitano. A cosa serve un Piano regolatore generale del comune all'interno di una città metropolitana ? Ho scelto, quindi, di elaborare un Regolamento edilizio, di fare una variante generale del centro storico e di rinviare l'approvazione del Piano regolatore a un momento successivo all'approvazione di un Piano metropolitano. Ebbene, la regione siciliana, interpretando a suo modo tale questione, mi ha diffidato, «minacciandomi» che avrebbe inviato un commissario per adottare un Piano regolatore generale comunale al di fuori di una logica di tipo metropolitano. Naturalmente, io ho fatto valere le mie buone ragioni e la questione si è bloccata, ma immaginate come ciò possa verificarsi in ogni campo, come nel settore del commercio e in molti altri che riguardano l'intera vita della città. Si verifica una lesione molto più forte e accentuata delle autonomie comunali e locali rispetto a quello che, sulla base della mia esperienza, capita nelle regioni a Statuto ordinario, dove la regione legifera, ma solo sulle materie su cui può delegare agli enti locali.
  Queste sono le considerazioni che ritenevo di mettere a vostra conoscenza. La mia personale idea è che in questo campo occorra continuare un processo riformatore che si è solo iniziato con l'approvazione della cosiddetta «legge Delrio». Personalmente, ritengo che il numero delle Pag. 6regioni, anche a Statuto ordinario, previste dall'ordinamento, sia eccessivamente elevato. Più alto è il numero delle regioni, più la tendenza a occuparsi di fatti gestionali e amministrativi, anziché di politiche di indirizzo, di coordinamento e di pianificazione generale, si accentua. Ripeto, è una mia personale valutazione, presidente.
  Allo stesso modo, devo dire che le ragioni storiche che portarono all'inserimento nella Costituzione italiana e, prima ancora, nelle leggi costituzionali che la prevedevano, della specialità dello Statuto, da quella della Valle d'Aosta, a quella della Sicilia a tutte le altre, oggi si sono enormemente attenuate. Le ragioni che portarono all'autonomia speciale del Friuli-Venezia Giulia, almeno quelle geopolitiche legate al Patto di Varsavia, non ci sono più. In Sicilia e in Sardegna vi erano fortissimi movimenti indipendentisti che spinsero per andare in quella direzione, ma oggi queste ragioni si sono attenuate.
  In conclusione, tale situazione rischia di essere ulteriormente accentuata con la tendenza che il legislatore costituzionale ha avviato anche nella fase attuale, quella di un'attenuazione dell'autonomia regionale, con l'assegnazione allo Stato centrale di alcune competenze. Forse la parola «attenuazione» è eccessiva, ma rende l'idea di una diverso equilibrio. Questa è una vicenda che non interessa le regioni a Statuto speciale, ragion per cui, paradossalmente, nel momento in cui le ragioni dell'autonomia speciale si sono attenuate, si va verso un'accentuazione della differenza tra le due velocità, quella dell'una e quella dell'altra.
  Aggiungo qualche considerazione finale sulla materia su cui specificamente mi era stato chiesto di riferire, rispetto alla quale, però, io non ho particolari conoscenze tecniche, se non quelle di un amministratore. La Sicilia non ha ancora provveduto a legiferare in materia di costi standard. Solo nell'ultima legge di stabilità, approvata qualche settimana fa, come il Presidente D'Alia ricorderà, è stata inserita una norma che prevede l'avvio di una procedura che porterà alla definizione dei costi standard. Anche su questa materia c’è obiettivamente un significativo ritardo, così come per le norme relative all'attuazione delle modalità di applicazione dello Statuto.
  In particolare, la specialità della regione siciliana ha conosciuto un momento di intensità maggiore anche rispetto a quella delle altre regioni a Statuto speciale. Ricordo che la Sicilia aveva una norma che prevedeva una Corte costituzionale siciliana, l'Alta Corte per la regione siciliana, sino all'inizio degli anni Settanta prevedeva, e prevede tuttora, la presenza a Palermo del Consiglio di Stato, ossia dell'organo di appello per i procedimenti amministrativi, con sede nella regione siciliana e con una parte significativa dei componenti nominati dal presidente della regione. Una tendenza accentuata, quindi, va in tale direzione e, naturalmente, provoca talvolta qualche problema.
  Signor presidente, queste sono le considerazioni che preliminarmente volevo sottoporre alla sua attenzione e a quella dei parlamentari presenti, ringraziandovi ancora una volta per l'onore che mi è stato concesso di riferire a questa Commissione.

  PRESIDENTE. Grazie al presidente Bianco.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PAMELA GIACOMA GIOVANNA ORRÙ. Grazie, presidente. Grazie al sindaco Bianco per essere venuto in audizione e per la sua testimonianza di vita.
  Noi siamo abituati ad ascoltare in audizione valutazioni oggettive sulle regioni a statuto speciale. È chiaro, però, che la sua esperienza di vita da sindaco, con tutte le applicazioni di norme e le difficoltà con lo Statuto e l'organo regione, ci impone una domanda, a questo punto.
  Si è capito che lei sarebbe favorevole all'abolizione dello Statuto speciale, ma è chiaro che si potrebbe anche trovare un'altra formula, ossia quella di esercitare Pag. 7le prerogative previste dallo Statuto. Fra l'eliminazione e l'esercizio delle specialità c’è una via di mezzo. Non dimentichiamo che in alcune altre regioni a Statuto speciale – come abbiamo avuto modo di ascoltare in audizione da diversi professori universitari – la specialità ha permesso loro di fare meglio e di distinguersi per tutto ciò che riguarda le competenze.
  Lei valuta proprio l'eliminazione, non l'eventualità di cercare di esercitare realmente queste prerogative ?

  PRESIDENTE. Do la parola al Presidente Bianco per la replica.

  ENZO BIANCO, Presidente del Consiglio nazionale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI). Grazie, presidente. Il giudizio che io mi sono permesso di riferire è sicuramente un giudizio drastico e me ne scuso. È un giudizio di parte, ma considerate che nasce da un'esperienza lunga, avendo io visto susseguirsi governi regionali di vario colore politico.

  PAMELA GIACOMA GIOVANNA ORRÙ. Scusi, presidente, avevamo compreso che la sua non fosse una valutazione sull'ultimo Governo, ma sull’ante.

  ENZO BIANCO, Presidente del Consiglio nazionale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI). Assolutamente, ci mancherebbe: è una lunga esperienza che mi ha profondamente determinato in questa convinzione. Se l'orientamento è quello di mantenere l'attuale numero delle regioni e la specialità attualmente prevista, sicuramente alcune cose possono e devono essere, secondo me, realizzate.
  Il primo punto qualificante di una riforma, che ritengo assolutamente indispensabile e che dovrebbe interessare tanto l'ordinamento costituzionale della Repubblica quanto l'ordinamento delle regioni è – uso anche qui un'espressione atecnica – una drastica «cura dimagrante». Immagino che sia assolutamente indispensabile dare una spinta molto forte perché anche nelle regioni a Statuto speciale si attenuino le competenze amministrative e gestionali, che sono presenti, in maniera imbarazzante, in ogni atto della vita della regione. Viceversa, bisogna dare una spinta perché l'attività della regione si trasformi gradatamente in attività di indirizzo, di coordinamento e di promozione, in tutto quello che rientra in questo ambito. È possibile farlo, ed è forse possibile anche, presidente, immaginare che il legislatore costituzionale o il Parlamento, ma soprattutto il legislatore regionale, intervengano o possano intervenire in quest'ambito rinsaldando e rendendo efficaci alcuni princìpi già contenuti nella Costituzione, che rimangono, però, largamente inattuati nelle regioni a Statuto ordinario. Ritengo che ciò sia assolutamente indispensabile. A questo punto occorre liberare le risorse: pensate solo alle risorse economiche. In qualche misura questo avviene anche nelle altre regioni, alcune delle quali ne fanno magari un migliore e un minore uso. Una crescita abnorme delle spese della regione dedicate al suo funzionamento è nella regola. Pensate a quante risorse potrebbero essere liberate se, anziché pagare stipendi ai dipendenti, noi potessimo sostenere politiche attive di sviluppo, cosa che qualche volta in Sicilia, peraltro, è stata fatta.
  Mi permetto di ricordare, presidente D'Alia, che nella seconda metà degli anni Novanta un complesso di circostanze spinse verso i patti territoriali, verso i programmi Urban dell'Unione europea e verso una serie di iniziative atte a sostenere una crescita dello sviluppo in Italia meridionale non solo in regioni a Statuto ordinario, ma anche in regioni a Statuto speciale. Il tasso di crescita del prodotto interno lordo di quelle regioni, per un dato numero di anni, è cresciuto più del tasso di crescita del PIL del sistema-Paese. La forbice si stava in qualche misura attenuando, con riferimento al Sud, naturalmente.
  Erano gli anni in cui le regioni intervenivano, ad esempio, per prevedere incentivi aggiuntivi e perfettamente in linea con Bruxelles, come il credito d'imposta ulteriore, come incentivi per i nuovi assunti con l'esenzione dal pagamento. Alcune Pag. 8misure andavano in questa direzione e le risorse venivano liberate dalla burocrazia o dall'uso dell'autonomia che si «autoalimentava» e venivano destinate a norme che sostenevano lo sviluppo. Questa è una strada che potrebbe essere ripresa anche mantenendo eventualmente la specialità dello Statuto.

  FLORIAN KRONBICHLER. Collegandomi all'intervento della collega Orrù, signor sindaco, lei, con il suo giudizio disincantato sull'autonomia regionale, vede la regione come un «rottame», un elemento di impedimento e di disturbo nella buona amministrazione.
  Io non voglio cantare le lodi della nostra autonomia, che è agli antipodi della vostra, ma lei, in pratica, sostiene l'impossibilità di riformare o di avere una buona gestione dell'autonomia speciale nella sua regione. Ma ciò è molto diverso dal pensare che l'unico modo per risolvere la questione sia la soppressione di questa specialità. Si è sempre ritenuto che la Sicilia almeno avrebbe qualche ragione per mantenerla. Quella storica si è esaurita, come penso anch'io, ma perché non far funzionare questa regione ?
  Soprattutto, non si può fare delle specialità un tutt'uno. Per le altre regioni, soprattutto la sua, la Sicilia, viene sempre portata, addirittura dal Presidente del Consiglio, come esempio per giustificare la riforma costituzionale del Titolo V, che sopprime le competenze del comune. È tutto vero: ci sono diverse amministrazioni, ma una buona autonomia e un buon federalismo richiedono, ovviamente, che lo Stato centrale si ritiri da talune competenze. Questa per lei non è una via da percorrere ?

  GIANPIERO DALLA ZUANNA. L'intervento del presidente Bianco, per alcuni versi, è scioccante, specialmente se si pensa all'autorevolezza di chi lo ha pronunciato. Pertanto, vorrei chiedere alcuni approfondimenti.
  Ad esempio, io ritengo a priori che un'autonomia delle regioni sia importante. Se pensiamo che l'aspetto di tipo ordinamentale debba essere gestito dallo Stato, io rimango perplesso. Non so, infatti, se il settore che in Italia è stato maggiormente gestito dallo Stato e in cui le regioni non hanno voce in capitolo, ossia la giustizia, funzioni bene. Il percorso verso una statalizzazione, di per sé, non è garanzia di miglioramento.
  Le chiederei, quindi, di approfondire il discorso legato al potere di surroga da parte dello Stato nei confronti delle regioni. A me sembra che – mi riferisco a quanto accaduto in Sicilia, se non ricordo male, con riferimento ai depuratori – quando la regione non è in grado, per qualsiasi motivo, di gestire attività che sarebbe suo dovere svolgere, lo Stato debba intervenire anche in modo pesante. Questa potrebbe essere una via intermedia, sulla quale mi farebbe piacere ascoltare la sua opinione.

  PRESIDENTE. Do ora la parola al presidente Bianco per la replica.

  ENZO BIANCO, Presidente del Consiglio nazionale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI). Io mi scuso: non vorrei aver dato l'impressione di sostenere una posizione antiregionalista e favorevole a uno Stato centralista. A proposito delle regioni e del federalismo regionale, io sono stato convinto sostenitore di un processo di crescita dell'autonomia, di tutte le autonomie.
  Personalmente, però, credo che il numero delle regioni oggi presente in Italia sia eccessivo rispetto a un vero federalismo. Se devono crescere i poteri delle regioni, immagino regioni che abbiano una dimensione, anche quantitativa, tale che giustifichino tale aumento di poteri. Ci sono alcune regioni che sono più piccole della mia città: questa potrebbe essere una questione da considerare.
  Personalmente, poi, ritengo anche che per alcune realtà la specialità dello Statuto si giustifichi pienamente. Penso, ad esempio, al Südtirol-Alto Adige, dove devono Pag. 9essere tenuti presenti una maggioranza di lingua tedesca, nonché tradizioni e vincoli internazionali. Forse ciò si giustifica anche per la Valle d'Aosta, dove pure c’è una presenza linguistica di un certo tipo.
  Personalmente, ritengo che alcune regioni abbiano fatto un uso assai positivo della specialità del loro Statuto. Io sono quasi cittadino altoatesino da trentacinque anni e personalmente amico di moltissimi sindaci della Val Pusteria. Francamente, mi rendo conto che l'uso della specialità dello Statuto e delle risorse è stato completamente diverso da realtà a realtà.
  Nel Südtirol-Alto Adige i miei colleghi amministratori criticano una provincia molto presente e centralista, molto accentratrice, che concede margini di efficienza, ma che comprime un po’ le autonomie comunali.
  Ad esempio, quando ero ministro dell'interno ho favorito la cessione di alcuni beni demaniali di proprietà del Ministero dell'interno, quali caserme di polizia e altro, direttamente ai comuni. La procedura prevede, invece, che essi transitino per la provincia. Anche in quel caso la procedura di passaggio dalla provincia agli utilizzatori finali, i comuni, è stata farraginosa. Non è nulla di paragonabile a quello che capita nella mia realtà, ma forse una crescita dell'autonomia comunale – io difendo anche la categoria di cui faccio parte, come Presidente del Consiglio nazionale dell'ANCI – e una crescita di autonomia anche delle province, dove l'autonomia speciale ha funzionato molto meglio, sicuramente potrebbe essere pensata.
  Pertanto, io non sono contrario alle regioni, ma ritengo che il ruolo delle regioni possa essere esaltato da una riduzione del numero delle stesse e penso che alcune regioni abbiano fatto buon uso della loro specialità e altre meno.
  Sono assolutamente d'accordo con il senatore Dalla Zuanna sulla questione relativa ai poteri sostitutivi. Io sono direttamente interessato alla vicenda cui lei faceva riferimento. Il mio comune è in una posizione di infrazione dei vincoli comunitari, scaricando molta parte dei suoi rifiuti a mare, ma è l'unico che non sia stato commissariato, perché la fase relativa alla progettazione è stata eseguita in modo accurato.
  Anche su questa materia riscontro molta disponibilità all'ascolto e alla collaborazione da parte del Ministero dell'ambiente e dal Ministro dell'ambiente pro tempore, che ci sta seriamente aiutando, mentre riscontro molte difficoltà da parte una burocrazia regionale che considera incredibile che un comune non sia stato commissariato. Dal momento in cui il comune di Catania non è stato commissariato mi stanno pervenendo decine di richieste perché anche noi dovremmo essere come gli altri e non dovremmo farcela. Scusate lo sfogo: dimostrare che un comune ce la può fare da solo senza commissario è una situazione, francamente, inaccettabile.
  Ecco perché i poteri sostitutivi vanno benissimo, ma naturalmente bisogna decidere come articolarli, perché ci sono materie in cui probabilmente non è facilissimo farlo, ma sicuramente sarebbero un antidoto importante.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Bianco per la relazione. Avremo modo di approfondire tali questioni, che sono collegate al tema delle autonomie speciali, ma, più in generale, a quello che è stato definito il neocentralismo regionale. Esso riguarda un'interpretazione diversa del regionalismo, cioè l'accorpamento e l'accentramento di funzioni amministrative che, invece, per il principio di sussidiarietà, noto e costituzionalizzato, dovrebbero essere esercitate in via primaria dagli enti di prossimità, i comuni.

  ENZO BIANCO, Presidente del Consiglio nazionale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI). Se mi consente una Pag. 10precisazione, questa è una considerazione assolutamente condivisa dall'ANCI e da tutti i sindaci d'Italia. Anche con le regioni a Statuto ordinario riscontriamo i problemi a cui lei faceva riferimento. La ringrazio per questa considerazione. Come associazione dei comuni, noi siamo disponibili in qualunque momento a mettervi al corrente.

  PRESIDENTE. Ho il «legittimo sospetto» che ci rivedremo, e anche presto.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.50.