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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Mercoledì 25 novembre 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE DEL FENOMENO MIGRATORIO NELL'AREA SCHENGEN, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE POLITICHE DEI PAESI ADERENTI RELATIVE AL CONTROLLO DELLE FRONTIERE ESTERNE E DEI CONFINI INTERNI

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan.
Ravetto Laura , Presidente ... 3 
Padoan Pier Carlo , Ministro dell'economia e delle finanze ... 4 
Ravetto Laura , Presidente ... 9 
Orellana Luis Alberto  ... 9 
Conti Riccardo  ... 9 
Ravetto Laura , Presidente ... 10 
Scibona Marco  ... 10 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 10 
Artini Massimo (Misto-AL-P)  ... 10 
Fasiolo Laura  ... 11 
Ravetto Laura , Presidente ... 12 
Gadda Maria Chiara (PD)  ... 12 
Campana Micaela (PD)  ... 12 
Ravetto Laura , Presidente ... 12 
Padoan Pier Carlo , Ministro dell'economia e delle finanze ... 12 
Ravetto Laura , Presidente ... 14 
Padoan Pier Carlo , Ministro dell'economia e delle finanze ... 14 
Ravetto Laura , Presidente ... 16 

ALLEGATO: Documentazione prodotta nel corso dell'audizione ... 17 

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 8.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE . Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

(Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan.

  PRESIDENTE . L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla gestione del fenomeno migratorio nell'area Schengen con particolare riferimento alle politiche dei Paesi aderenti relative al controllo delle frontiere esterne e dei confini interni.
  La ringraziamo, Ministro, per aver accettato il nostro invito. Tra l'altro è la prima volta che il Comitato Schengen ospita il Ministro dell'economia e delle finanze, quindi la ringraziamo in particolare.
  Prima di cederle la parola, mi permetto soltanto di fare una brevissima introduzione per chiederle, se è possibile, di darci degli elementi di informazione in ordine a dei punti particolari.
  Il primo riguarda la possibilità di avere elementi di conoscenza sugli aspetti connessi con la gestione del fenomeno migratorio, che naturalmente sappiamo essere un tema particolarmente delicato, per l'Europa in generale e per l'Italia in particolare. In tal senso, per quanto consta al Comitato, lo scorso 15 ottobre il Governo ha trasmesso alla Commissione europea il Documento programmatico di bilancio per il 2016. In merito, le chiediamo se sia stata o meno confermata la richiesta di un margine di manovra pari allo 0,2 per cento del PIL per far fronte ai costi relativi all'accoglienza dei migranti, perché risulterebbe al Comitato che il Governo ha ottenuto dalla Commissione europea la possibilità di attivare le clausole relative alle riforme strutturali e agli investimenti, ma non ha formalizzato alla Commissione europea la richiesta di usufruire di questa clausola. Le chiedo se su questo ci può dare degli elementi di informazione e se ci può anche dare degli elementi in ordine all'atteggiamento che secondo lei potrebbe avere la Commissione europea nel caso in cui il Governo formalizzasse questa richiesta, visto che la Commissione avrebbe comunicato, in specie il 17 novembre scorso, che la decisione sarebbe comunque presa ex post, cioè a seguito dei dati che le autorità degli Stati coinvolti forniranno in relazione alle deviazioni temporanee rispetto alle richieste per il 2015 e per il 2016.
  Il secondo punto è strettamente connesso, Ministro, e riguarda naturalmente il disegno di legge di stabilità che, all'articolo 1 comma 35, prevede interventi fiscali (efficacia dell'abbassamento della aliquota IRES ritenuta sugli utili) subordinati appunto a riconoscimenti in sede europea dei margini di flessibilità correlati all'emergenza derivante dai flussi di immigrazione. Le chiediamo se, a fronte di un'eventuale mancata formalizzazione o di un'eventuale risposta negativa da parte della Commissione europea circa l'attivazione della clausola riguardante i migranti, esiste la possibilità effettiva che il Governo possa procedere all'abbassamento dell'IRES in misura pari al 3 per cento. Pag. 4 
  Naturalmente non possiamo non trattare il tema delle spese per la sicurezza e la lotta al terrorismo. Secondo quanto risulta al Comitato, anche da notizie di stampa (Il Sole – 24 Ore del 18 novembre 2015), il Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker durante un incontro con i cittadini a Bruxelles ha affermato che le spese che la Francia o altri Paesi dell'Unione europea dovranno sopportare per far fronte al terrorismo sono straordinarie e in quanto tali dovranno trovare un trattamento straordinario da parte dell'Unione europea nell'ambito del Patto di stabilità e crescita. Le chiediamo di riferire, se possibile, al Comitato se anche l'Italia intenda procedere a una richiesta analoga a quella della Francia e quale ritiene possa essere l'atteggiamento della Commissione europea in generale nei confronti della richiesta già formalizzata dalla Francia.
  Infine, secondo quanto consta al Comitato, in una recente intervista ad un quotidiano tedesco del 9 novembre 2015 lei ha dichiarato che i vantaggi portati dai migranti in tutto il continente pesano più degli svantaggi e si vedranno non oggi né domani, ma dopodomani. Le chiediamo, quindi, di riferire al Comitato ulteriori elementi di informazione a riguardo.
  Naturalmente la seduta è pubblica, ma, laddove il Ministro ritenesse di dire qualcosa che necessita di secretazione, i lavori proseguiranno in seduta segreta.
  Do la parola al Ministro dell'economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan.

  PIER CARLO PADOAN , Ministro dell'economia e delle finanze. Grazie e buongiorno a tutti. Presidente, se mi consente risponderò alle domande specifiche che mi ha rivolto nel corso della mia esposizione o comunque sarò disponibile per chiarimenti successivi. Nella mia introduzione vorrei riassumere rapidamente fatti forse noti ai membri della Commissione, ma che comunque servono per inquadrare in generale la questione su cui mi concentro e che sono i costi che il Paese deve sostenere per fronteggiare l'emergenza migranti anche nel nuovo contesto di sicurezza richiamato dalla presidente.
  Nel Documento programmatico di bilancio trasmesso il 15 ottobre alla Commissione europea, il Governo ha identificato un impatto fiscale per l'emergenza migranti pari a 3,3 miliardi di euro e allo 0,2 per cento del PIL nel 2015 e nel 2016.Nel 2014 sono sbarcate sulle coste italiane 170.000 persone, quindi più del triplo rispetto a quanto registrato l'anno precedente, superando i valori rilevati nel 2011 a fronte della cosiddetta «emergenza umanitaria nord Africa». Il picco raggiunto nel 2014 si riscontra anche per le presenze nei Centri di accoglienza che sono raddoppiate rispetto al 2013. I dati registrati fino a settembre del 2015 confermano che oltre 136.000 migranti sono arrivati via mare. Secondo l'agenzia Frontex, sempre nei primi tre trimestri del 2015, oltre 710.000 migranti sono entrati nell'Unione europea contro i 282.000 in totale nel 2014. Inoltre, secondo i dati di fine settembre un'ampia maggioranza di questi è arrivata attraverso tre soli Paesi, fra cui l'Italia che nelle dimensioni del fenomeno segue la Grecia con circa 375.000 e l'Ungheria con circa 204.000 migranti. Questi numeri si riferiscono sia a potenziali richiedenti asilo sia ad altri tipi di migranti, accomunati dal fatto che attraversano in modo irregolare le frontiere.
  Si tratta di un afflusso epocale che interessa l'intera Europa, a seguito degli sconvolgimenti in atto nei Paesi di origine, che secondo gli osservatori raggiungerà nei prossimi anni livelli senza precedenti. La Commissione europea nell'effettuare stime sull'impatto del flusso dei rifugiati, pur ricordando l'incertezza che circonda lo sviluppo di questo tipo di fenomeno, indica l'arrivo di più di un milione di persone per l'anno 2015 e aggiuntivi 3 milioni fino alla normalizzazione dei flussi nel 2017.
  L'Italia si è trovata in prima linea nella gestione di questa nuova crisi, assumendosi il compito di garantire il controllo della frontiera anche per i Paesi interni ed effettuando ingenti operazioni di salvataggio. Il forte aumento dell'arrivo dei richiedenti asilo ha posto una considerevole pressione su diversi Stati membri dell'Unione europea, mettendo alla prova la capacità di Pag. 5 ricezione e inasprendo in alcuni casi le tensioni politiche e sociali. Questo vale in particolare per i Paesi, come l'Italia, che sono principalmente di transito e non costituiscono la destinazione finale dei flussi migratori.
  Questo significa anche che, a fronte del costo sostenuto dall'Italia, non c'è un corrispondente beneficio economico derivante dall'integrazione dei migranti nel tessuto produttivo, che era il punto a cui si riferiva il Presidente. Questo fattore è particolarmente rilevante, se si pensa che circa il 75 per cento del costo dell'emergenza è rappresentato dalle funzioni di gestione della frontiera comune, mentre i benefici saranno poi ripartiti fra i vari Paesi.
  A proposito dell'impatto economico del flusso dei migranti naturalmente ci sono vari studi. Secondo la Commissione europea, nell'ultima previsione di autunno del 2015, nei Paesi membri con una popolazione che invecchia e una forza lavoro che si riduce i flussi migratori possono cambiare la distribuzione per età della popolazione in modo da rafforzare la sostenibilità, quindi l'impatto sulla capacità di crescita del Paese. Giungono a conclusioni simili le istituzioni internazionali come la Banca mondiale e l'OCSE. A settembre del 2015 erano circa 77.000 i migranti nelle strutture di accoglienza governative, cioè nelle oltre 1.800 strutture temporanee appositamente adibite. Si tratta quasi del doppio delle presenze registrate alla fine del 2014 e di un valore oltre dieci volte superiore al dato medio del periodo 2011-2012. Il Sistema di protezione dei richiedenti asilo e rifugiati copriva più di 26.000 persone nel 2013, con un aumento fino a 65.000 nel 2014. I minori non accompagnati hanno superato le 10.000 unità, ponendo un'enorme sfida in termini di adeguatezza degli alloggi, della supervisione e dell'integrazione scolastica. Tutto ciò implica, come già accennato, un forte impegno finanziario, infatti l'organizzazione dell'accoglienza per rispondere in maniera tempestiva all'arrivo contemporaneo di numeri estremamente elevati di rifugiati richiede un impegno finanziario e organizzativo crescente per tutti i livelli di Governo.
  Il Piano operativo nazionale per fronteggiare il flusso straordinario di cittadini extracomunitari, approvato a luglio del 2014 in condivisione con le regioni e gli enti locali, ha previsto il potenziamento delle questure per rendere più rapide le procedure di identificazione e richiesta di asilo. Il Piano ha previsto anche il potenziamento delle Commissioni territoriali per accelerare i tempi di esame delle richieste di protezione internazionale e l'ampliamento dei posti di accoglienza disponibili nelle strutture governative, considerando la necessità di assicurare una transizione agevole tra servizi di prima e seconda assistenza. L'attivazione e la gestione di un sistema di accoglienza in grado di far fronte alla pressione registrata ha comportato un notevole sforzo di bilancio, come ho già accennato all'inizio. Inoltre, la ricostruzione puntuale della spesa per l'accoglienza e il soccorso dei migranti è un'operazione complessa, data la pluralità degli attori coinvolti. La gestione attuale dell'accoglienza, com'è noto, fa capo principalmente al Ministero dell'interno, con il contributo fino al 2014 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per quanto attiene ai minori stranieri non accompagnati.
  Il soccorso in mare vede impegnati, oltre ai Corpi militari, gli uomini e i mezzi della Capitaneria di porto e della Guardia di finanza.
  Le risorse finanziarie necessarie ad affrontare le circostanze eccezionali dell'afflusso di migranti sul territorio italiano sono quasi interamente a carico del bilancio statale. Inoltre, come dicevo, nel 2015 le spese sono stimate per un valore di oltre 3,3 miliardi di euro, di cui circa 3 miliardi per quelle di natura corrente. La spesa in conto capitale è aumentata nel corso degli anni a fronte degli accresciuti posti disponibili nelle strutture di accoglienza e della manutenzione e del rinnovo dei mezzi necessari alle operazioni di soccorso, con l'ammortamento di mezzi aerei, navali e terrestri da parte del Ministero della difesa e della Guardia di finanza.
  La quota più significativa della spesa sostenuta riguarda le strutture di accoglienza con oltre il 50 per cento del totale Pag. 6 e, in secondo luogo, i soccorsi in mare con circa il 25 per cento. Queste spese derivano in larga parte dalla posizione geografica dell'Italia, considerata prevalentemente luogo di transito dei migranti e non una destinazione finale. Questa particolarità evidenzia ancor di più come nel nostro caso i costi sostenuti siano connessi alla sorveglianza della frontiera comune europea e alla primissima accoglienza.
  Per quanto riguarda l'assistenza vorrei riportare un minimo di dettaglio della spesa che, tra le voci principali, comprende: la spesa diretta sostenuta per il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, il cosiddetto «SPRAR»; la spesa per la gestione dei centri e delle strutture temporanee e per le rette dell'assistenza sanitaria dei profughi; la spesa per le Commissioni territoriali preposte all'esame delle richieste di riconoscimento dello status di rifugiato; il fondo per i minori stranieri non accompagnati; le spese per la gestione e il funzionamento del sistema informativo e per il personale del Ministero dell'interno direttamente coinvolto che, al fine di fronteggiare la situazione di arrivi, ha anche effettuato un notevole ammontare di lavoro straordinario, anche nei giorni festivi e nei luoghi di sbarco.
  Oltre alle spese statali è inclusa, in particolare per gli SPRAR e per i minori non accompagnati, una stima dei costi sostenuti dagli enti locali che sono molto diversificati da un territorio all'altro. Poi, è aggiunta la spesa per il soccorso in mare che include l'impegno, come dicevo, della Capitaneria di porto, del Ministero della difesa e della Guardia di Finanza. Vanno poi aggiunti i costi derivanti dalle cure erogate tramite il Servizio sanitario nazionale e dall'istruzione per i migranti che entrano per la prima volta nel sistema scolastico italiano. Il contributo al servizio sanitario è basato su riscontri forniti dalle aziende sanitarie locali e sui crediti vantati nei confronti dello Stato.
  Vorrei ricordare che il Governo, tenuto conto dell'intensificarsi della crisi dei migranti, già nella primavera del 2014, tramite l'articolo 36 del decreto legge n. 66 del 2014, aveva stanziato 250 milioni di euro per il pagamento del debito del Ministero dell'interno nei confronti delle aziende sanitarie locali, prevedendo che le somme eventualmente eccedenti fossero destinate al pagamento dei debiti della stessa specie e maturati anche successivamente alla predetta data.
  Per quanto attiene, invece, al contributo del sistema scolastico, è stato considerato il costo medio annuale per alunno su una stima del numero di neo-entrati, cioè del numero di alunni stranieri entrati per la prima volta nei diversi anni scolastici. I neo-entrati per il 2015 sono stimati nell'ordine di 40.000, tenuto conto che per gli anni precedenti le rilevazioni del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca hanno attestato un trend crescente da circa 28.000 per l'anno scolastico 2010-2011 e quello 2011-2012 a circa 37.000 nell'anno scolastico 2013-2014.
  Sottolineo poi che la previsione di spesa per il 2015 è di oltre 3,3 miliardi di euro, come ho già ripetuto, e appare del tutto coerente con le stime del numero di attraversamenti irregolari delle frontiere per l'Italia effettuate dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, che prevede per tutto il 2015 circa 165.000 sbarchi via mare, confermando sostanzialmente i dati del 2014 con un leggero ribasso e un aumento del numero dei richiedenti asilo da 65.000 a 80.000 tra il 2014 e il 2015.Aggiungo che le implicazioni sul bilancio pubblico andrebbero ulteriormente chiarite, tenendo conto degli oneri indiretti dell'integrazione sociale complessiva degli immigranti nel Paese, ma sono costi difficilmente calcolabili.
  Mi avvio alla conclusione concentrandomi sull'effetto dell'impatto sul bilancio e rispondendo alle domande del presidente.
  Come già indicato, l'Italia è considerata dai migranti un Paese di transito. Inoltre, come ho già detto, questo è un fattore che riduce le potenzialità di un beneficio economico di medio e lungo periodo. Le organizzazioni internazionali che studiano questo fenomeno, come per esempio l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, segnalano che l'impatto di medio termine dei migranti è tanto più positivo Pag. 7 quanto meglio sono inseriti nel mercato del lavoro i migranti nel Paese ospitante. Quest'aspetto richiede evidentemente un periodo di aggiustamento. Inoltre, essendo l'Italia un Paese di transito, la permanenza sul territorio nazionale e quindi le opportunità che possono sorgere, evidentemente in modo non previsto, sono proporzionalmente meno elevate, mentre nei Paesi scelti come destinazione le opportunità di inserimento, al di là della struttura del mercato del lavoro nazionale, sono maggiori, il che è quasi un fatto statistico, come confermano gli studi delle organizzazioni internazionali. Il fatto noto è che la maggiore occupazione contribuisce nel medio termine a una maggiore crescita.
  Tornando alle spese per l'Italia, in confronto alla media del periodo 2011-2012, nel 2013 le spese sono aumentate quasi del 40 per cento. Le spese sono più che raddoppiate nel 2014 e sono quasi triplicate nel 2015. Questo andamento di crescita è confermato anche esaminando la spesa al netto dei contributi dell'Unione europea derivante da fondi, come quello per le frontiere esterne, quello per l'integrazione dei cittadini in Paesi terzi, quello per i rifugiati e quello per i rimpatri. Abbiamo fatto una valutazione riguardo all'impegno finanziario del Paese per questa voce e i costi sono stati stimati al netto delle spese sostenute nel 2011 per la cosiddetta «emergenza nord Africa» affidata al Dipartimento della protezione civile. Questo è un punto importante nel meccanismo di valutazione, perché riguarda il momento nel quale l'impatto viene riconosciuto. Ricordo che per quanto riguarda l'Italia l'impatto è antecedente a quello che poi si è verificato nel caso di altri Paesi, di conseguenza, dal nostro punto di vista, ci sarebbe una sottostima, se l'impatto per l'Italia fosse equiparato temporalmente, non sostanzialmente, per esempio con quello della Germania o di altri Paesi. Da noi è cominciato prima.
  Inoltre, per valutare, l'onere e di conseguenza avanzare richieste di clausola in materia di questo onere, abbiamo costruito due scenari, cioè un primo scenario, il cosiddetto «scenario costante», e un secondo scenario di crescita. Il differenziale tra la spesa sostenuta negli anni 2011-2012 e negli anni in cui si è manifestata l'emergenza umanitaria è pari, in termini cumulativi, a circa 4 miliardi di euro, quindi noi valutiamo in 4 miliardi la spesa cumulativa ad oggi.
  Le risorse disponibili in bilancio per i prossimi anni consentono di sostenere un livello di intervallo paragonabile a quello del 2015 e questo è quello che chiamiamo «scenario costante», cioè assumiamo lo scenario del 2015 come scenario finale che viene proiettato nel tempo, anche se si tratta di una proiezione conservativa. Inoltre, nella prospettiva dell'acuirsi della crisi, che sembra essere l'indicazione che proviene dalle analisi internazionali, si determinerebbe l'esigenza di ulteriori fondi. Nel caso in cui la presenza nelle strutture di accoglienza nel 2016 registrassero lo stesso incremento osservato dal 2014 al 2015, cioè il cosiddetto «secondo scenario di crescita», la spesa complessiva ammonterebbe a poco meno di 4 miliardi nel solo 2016. I 4 miliardi cui mi riferivo prima erano la cifra accumulata degli sforzi sostenuti in passato. Inoltre, dovendo fare delle proiezioni, sia pure in modo conservativo, l'aumento della pressione, sarebbe una spesa nel 2016 di 4 miliardi eventualmente proiettata nel tempo. Ora, considerato il drastico aumento dei migranti che l'Italia ha dovuto sostenere negli ultimi anni, il Governo ha richiesto all'Unione Europea – quindi confermo che è una richiesta – di riconoscere la natura eccezionale dei costi relativi all'accoglienza e al salvataggio gli immigrati e più in generale l'impatto economico e finanziario di questo fenomeno, anche ai fini del calcolo dell'indebitamento strutturale, come previsto dal fiscal compact.
  Queste clausole vanno a impattare, nel senso di consentire un temporaneo minore impegno fiscale, nel cosiddetto «sentiero» verso l'MTO (Medium-Term Budgetary Objective). Vi chiedo scusa per la sigla oscura, ma si tratta essenzialmente dell'obiettivo di pareggio strutturale che nell'ambito del fiscal compact è a sua volta collegato al rispetto della regola del debito, quindi strutturale vuol dire che viene misurato al netto degli Pag. 8 effetti del ciclo. L'idea delle clausole, sia delle clausole riguardanti i migranti che quelle di flessibilità, cioè i Fondi strutturali e di investimento, sono misure che permettono di allentare questo sentiero di aggiustamento strutturale, fermo restando che l'equilibrio strutturale deve poi essere raggiunto e non è che ci si dice: «potete andare in una direzione diversa». Va detto, però, che a differenza di quanto fatto per le voci delle riforme strutturali e degli investimenti che sono in qualche misura misurabili – scusate il bisticcio in termini – e quindi relativamente precisi, cioè si valuta la riforma x e lo sforzo di investimento cofinanziato y, nel caso delle clausole per i migranti, né la nozione di spesa dei rifugiati né l'insieme di regole da applicare per valutare la richiesta di flessibilità legata a questa clausola sono state ancora definite in modo preciso. La Commissione non ha ancora indicato in misura precisa come si dovrebbero valutare, di conseguenza i criteri di valutazione del Governo che vi sto descrivendo in misura sintetica adesso e che sono stati poi trasmessi alla Commissione rappresentano una proposta di valutazione di questi costi che noi pensiamo sia molto rigorosa.
  Aggiungo che la clausola europea di flessibilità che si invoca in questo caso non è una specifica clausola riguardante i migranti, ma è più generale legata agli eventi eccezionali che naturalmente includono l'impatto dei migranti. In merito, cosa ci dice la Commissione europea? L'opinione della Commissione europea sull'utilizzo di questa cosiddetta «clausola migranti» riconosce l'ingente impatto sulla finanza pubblica della crisi dei rifugiati, che ritiene debba essere considerato come un evento eccezionale al di fuori del controllo del Governo, quindi qualcosa che colpisce un Paese indipendentemente dalla sua volontà.
  Per quanto riguarda l'Italia, e non solo, la Commissione esprimerà un giudizio definitivo circa il rispetto delle condizioni e l'eleggibilità delle spese sulla base dei dati raccolti e forniti dalle autorità italiane. Inoltre, lo farà – così ci ha confermato nella riunione dell'Eurogruppo di lunedì scorso – a primavera, anche se non ha stabilito una data, così come a primavera verrà definitivamente valutata la possibilità dell'Italia di utilizzare le clausole aggiuntive di riforme strutturali per lo 0,1 per cento e di investimento, per un totale dello 0,3 per cento. Queste richieste sono state avanzate in modo esplicito. Poi, l'Italia ha anche avanzato la richiesta di una flessibilità aggiuntiva relativa alle spese per gli immigrati per 0,2 per cento del PIL, pari al totale del montante previsto per lo sforzo finanziario dovuto ai migranti nel 2016.
  Per rispondere alla domanda che mi rivolgeva la presidente, sui vantaggi dell'immigrazione vorrei dire che possiamo discuterne più a lungo, ma ho già avanzato il concetto chiave. Nel disegno di legge di stabilità, come credo sia noto, si indicava che, qualora la Commissione volesse concedere lo 0,2 per cento aggiuntivo di spazio fiscale, queste risorse sarebbero state utilizzate per anticipare al 2016 l'abbattimento dell'IRES, quindi si indicava una condizione che dovrà essere verificata – questo non dipende dal Governo – nei prossimi mesi. Speriamo che il giudizio, qualunque esso sia, in ogni caso sia rapido per eliminare un elemento di incertezza.
  Vengo adesso alla questione delle spese per la sicurezza che è un fenomeno nuovo, purtroppo per via dei fatti tragici di Parigi e non solo, cui il Presidente del Consiglio ha anticipato una risposta in termini di qualità e di indirizzo generale della risposta in termini di sicurezza, con il rafforzamento da una parte degli strumenti di sicurezza, ivi compreso il personale e ivi comprese le dotazioni tecnologiche per la sicurezza; e in termini di risposta «culturale», se posso usare questo termine che è particolarmente appropriato, se si riflette un attimo sui meccanismi sociali profondi che hanno portato per esempio nel caso delle vicende di Parigi a una situazione che coinvolge persone che, anche se non conosciamo direttamente la loro storia, almeno hanno una radice profonda nell'ambiente sociale in cui poi sono arrivati a fare quello che hanno fatto. Si tratta, quindi, di una risposta profonda alla minaccia alla sicurezza in questo senso. Pag. 9 
  La Presidente mi chiedeva se c'è una richiesta esplicita di togliere dal Patto di stabilità le spese per la difesa. Posso rispondere che non c'è questa richiesta esplicita. In merito, il Governo dice che, poiché c'è già una richiesta relativa agli eventi eccezionali, pare abbastanza ovvio che questi siano altri eventi eccezionali, almeno altrettanto drammatici di quelli dei migranti. Inoltre, con la clausola degli eventi eccezionali, si invoca un ammontare dello 0,2 per cento del PIL nella legge di stabilità e si utilizzerebbe questo spazio fiscale non tanto per anticipare, come dicevo prima, l'IRES al 2016, quanto per reindirizzare le risorse verso la voce «sicurezza» che ho sommariamente appena definito.
  Riguardo all'affermazione del Presidente Juncker sulla necessità di togliere le spese per la difesa ai fini del computo del Patto di stabilità e anche per quanto riguarda la richiesta della Francia, l'Italia non ha fatto una simile richiesta. Certo, il dibattito è appena iniziato, ma naturalmente la linea dell'Italia, ai fini dei vincoli di bilancio vigenti nell'Unione Europea, ha sempre tenuto la posizione che l'Italia rispetta assolutamente le regole, anche quando ritiene che queste regole potrebbero essere migliorate.
  Nella riunione dell'Eurogruppo a cui ho partecipato lunedì ho esplicitamente ribadito che il Governo italiano ritiene di essere assolutamente nella posizione di poter richiedere tutte le clausole per cui ha fatto richiesta, cioè le aggiuntive strutturali, per gli investimenti e per i migranti che sono spese eccezionali, quindi non si sta chiedendo nulla che non sia assolutamente all'interno delle regole. Intendo ribadirlo di fronte alla Commissione questo fatto, perché a volte, o spesso, si sente dire che «l'Italia chiede troppo». L'Italia chiede nel rispetto delle regole e aggiungo che è uno dei pochi Paesi membri dell'Unione monetaria che ha le carte in regola per poterlo fare. Il fatto che non ci sono molti altri Paesi che hanno fatto richiesta o ci sono alcuni Paesi che hanno fatto richiesta e non è stata concessa, riflette la condizione per cui in altri Paesi le condizioni non sono state ritenute essere disponibili.
  Io mi fermo qui, ma naturalmente sono ben disposto per eventuali chiarimenti.

  PRESIDENTE . Ringrazio il Ministro Padoan.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare domande.

  LUIS ALBERTO ORELLANA . Vorrei fare qualche domanda sulla cifra dei 3,3 miliardi. In merito, vorrei sapere se erano previste anche le spese che sta sostenendo il Ministero della giustizia per la gestione delle pratiche di ricorsi, perché in questo Comitato ci siamo occupati spesso di tempi lunghi, per cui credo che un potenziamento dello sforzo da parte della Giustizia per velocizzare le pratiche porterebbe anche altri benefici sulla gestione.
  Inoltre, vorrei capire meglio gli aspetti legati più a lungo termine all'arrivo di migranti, che è visto in positivo di fronte a, se ho capito bene, un invecchiamento progressivo della popolazione, perché mediamente queste persone sono più giovani e più vogliose. Tuttavia, credo che questo sinceramente strida un po’ con il tasso di disoccupazione italiana, che in questo momento è comunque abbastanza sostenuto, quindi vorrei chiederle se può fare un ulteriore passaggio su questo per capire meglio.
  Per il resto mi sembra tutto molto chiaro, soprattutto la parte finale in cui ha ribadito la possibilità che ha l'Italia di fare certe richieste, a differenza di altri Paesi. La ringrazio.

  RICCARDO CONTI . Signor Ministro, io ho molta stima di lei, ma sono costretto a farle una domanda forse un po’ fuori tema e non voglio metterla in imbarazzo, eventualmente, per la risposta. Ho un problema, quello di essere invitato in questo Comitato per fare questa parte, ossia per porre domande sempre un po’ fuori tema e ho l'assillo – i colleghi lo sanno – di una specie di badante che mi pone sempre domande a cui devo rispondere. Mi sembra stia diventando una esponente del Movimento Pag. 10  5 Stelle, quindi sono costretto a porle questa domanda.
  Lei, nella sua funzione, è azionista di importanti società pubbliche che operano anche nel settore degli armamenti. Una richiesta che spesso ci viene fatta – e che ad esempio è emersa anche ieri nella Commissione Difesa del Senato, di cui faccio parte – è di sapere se esiste una traccia di eventuali operazioni indirette che possano in qualche modo essere collegate ad ambienti vicini al terrorismo internazionale.
  La preoccupazione è che qualche pezzo di armamento prodotto dall'Italia finisca, in modo molto indiretto, in un mondo collaterale, vicino o di sostegno al terrorismo internazionale. La domanda è: esiste un audit o un ente che assicuri ai cittadini italiani che le aziende italiane in cui partecipa lo Stato come azionista importante di riferimento non si avventurino in questa direzione?
  Vi è un'altra curiosità che talvolta emerge. Quando noi parliamo dei money transfer, esiste un'attività di indagine, per esempio, della Guardia di finanza, con le attività speciali che esercita, non tanto per vedere quello che succede quando un cittadino versa a un money transfer e il denaro viene trasferito, quanto per individuare, dopo il trasferimento, qualche utilizzo finale o qualche luogo di raccolta fuori dall'Italia dove arrivano questi versamenti?
  La ringrazio, Ministro.

  PRESIDENTE . Le ricordo che abbiamo sentito il generale Screpanti su questa materia dei money transfer e il generale ci aveva già accennato circa il monitoraggio. Tuttavia, ascoltiamo il Ministro.

  MARCO SCIBONA . Ministro, il suo intervento è stato molto chiaro. Le chiedo se può quantificare più o meno l'indotto del fenomeno, ossia cosa c'è dietro il mercato dell'immigrazione.
  Inoltre, vorrei un chiarimento, ma probabilmente non ho capito io: lei parlava di 4 miliardi spesi dall'inizio del fenomeno e di 3,3 miliardi spesi nel 2015. Quindi, negli anni precedenti il 2015 sono stati spesi solo 0,7 miliardi?

  GIORGIO BRANDOLIN . Grazie, signor Ministro, per essere qui con noi e per i numeri che ha definito puntualmente.
  Lei ci ha dato l'impegno di spesa del nostro Paese relativo al fenomeno generale dell'immigrazione. Mi chiedo se sia possibile sapere anche quanto l'Europa mette a disposizione annualmente, se la cifra rientra nei 3,3 miliardi o se mette qualcosa in più. Prima lei ha fatto un piccolo accenno rispetto a trasferimenti europei su alcuni settori, quindi le chiedo se può quantificarli.
  Vengo alla seconda domanda, limitandomi a quesiti precisi e puntuali. Nel bilancio di previsione del 2016, il Ministero dell'interno ha, se non sbaglio, 1.315 milioni sulla missione immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti. Di questi, 50 sono destinati a spese di manutenzione, costruzione, acquisizione, miglioramenti e adattamenti di immobili destinati all'accoglienza (come le ex caserme, per semplificare). Vorrei capire, visto l'aumento, anche previsionale, di persone accolte nel nostro Paese – 60.000 nel 2014, 78.000 nel 2015 – se è previsto, nel passaggio alla Camera, un incremento di queste somme e come si intende impegnare questi soldi.
  Infine, rispetto alle emergenze di sicurezza che in queste settimane sono all'attenzione di tutti noi, nel passaggio alla Camera della manovra finanziaria c'è una previsione di aumento (i famosi 2 miliardi per la sicurezza e per la cultura a cui il Presidente del Consiglio ha accennato)? Dove viene messo, come viene utilizzato, se verrà utilizzato, e come verrà inserito nel passaggio alla Camera? Grazie.

  MASSIMO ARTINI . Grazie, Ministro. È un piacere avere ricevuto questo tipo di informazioni, perché è un dettaglio che era mancato al Comitato, ovvero il punto finanziario, l'impatto, non solamente per quanto riguarda la gestione dei migranti, ma anche le implicazioni, con riferimento a quanto chiedevano i colleghi Conti e Scibona.
  Vorrei porre alcune domande. La prima è di visione. Riguardo a questi impegni finanziari, lei ha parlato di circa 4,4 miliardi spesi durante gli anni in cui abbiamo Pag. 11 gestito i migranti, fino a oggi. A mio parere, si tratta di somme giustamente spese, perché è corretto gestire questi migranti, ma effettivamente rappresentano una spesa fine a sé stessa, senza una politica che cambi la visione.
  La Camera ha approvato, nel corso di quest'anno, varie risoluzioni rispetto alle comunicazioni del Governo, le quali riguardano la possibilità di creare dei canali umanitari. Vorrei chiedere, dal punto di vista finanziario – perché la politica si fa quando si mettono effettivamente i soldi – quanto l'Italia si sta impegnando per creare dei punti di asilo non interni al nostro Paese, ma gestiti esternamente. Dunque, la mia valutazione riguarda il fatto che noi dobbiamo gestire con 4 miliardi i migranti che arrivano in Italia. Da quanto ho capito, il problema non è tanto il numero annuale dei migranti, quanto la permanenza annuale di ogni singolo migrante, che via via incrementa i costi, altrimenti non si spiegherebbe perché quest'anno sono di meno e comunque vi è una previsione pari alla spesa complessiva degli ultimi tre anni.
  In primo luogo, quindi, vorrei sapere se quel costo impattante è dovuto al fatto che per l'amministrazione – dovremmo cercare di capire se è un problema appunto dell'amministrazione – è difficile riuscire a rilocare i richiedenti asilo, anche pensando al lavoro di rilocazione in tutti i Paesi fatto in Europa.
  La seconda domanda riguarda il traffico. La cosa fondamentale che muove questa situazione è il fatto che essa generi un flusso finanziario enorme. Non ripeto la domanda del senatore Conti rispetto a come viene tracciato il pagamento verso chi si occupa della gestione dei migranti. Mi interessa capire se la Guardia di Finanza sta controllando quelle aziende che, anche illegalmente, possono avere interessi nella costruzione, ad esempio, di gommoni, barconi e così via, perché, essendo un flusso costante, il materiale umano non manca, anzi tutti i giorni è più facile trovare altri migranti.
  Chiedo, quindi, se c'è un'inchiesta da parte della Guardia di Finanza per capire se ci sono implicazioni anche in aziende, non dico libiche, ma fuori da altri canali, propense a mantenere un interesse finanziario su quel tipo di traffico illegale. Grazie.

  LAURA FASIOLO . Intanto ringrazio per la chiarezza dei numeri, anche se è stato un po’ faticoso prendere appunti, perché erano veramente tanti. Sarà opportuno rivedere i dati a rallenty.
  Reputo importante quanto ha già detto anche l'onorevole Orellana, il quale parlava della necessità di incrementare in qualche modo la spesa per i ricorsi. Io credo, però, che potremmo cercare di generare risparmi in quella direzione, perché effettivamente, per quanto riguarda i ricorsi dei migranti che non hanno ottenuto gli obiettivi richiesti e la protezione, c'è una lunghissima procedura che dovrebbe essere assolutamente semplificata. Il sistema è macchinoso, se ne parla ormai da parecchio tempo e potremmo veramente arrivare a una semplificazione. Questo è il primo punto.
  In secondo luogo, chiedevo se è opportuno pensare a un incremento – mi spiace per la presidente, perché io ribadisco sempre quel concetto – delle Commissioni territoriali, delle sottocommissioni, delle sezioni. Le sezioni incrementate sono 20, ma io penso che bisognerebbe veramente prevederne qualcuna in più. In realtà, si tratta di piccoli incrementi e di piccole spese, però non possiamo, soprattutto nelle aree d'ingresso dei migranti, privare le stesse dei necessari controlli per l'identificazione, quindi bisognerebbe incrementarle specie nei punti di identificazione importanti.
  In ultimo luogo, sarebbe necessario incrementare anche – come già diceva il collega Brandolin – la messa in sicurezza delle caserme. Ieri ho letto sul Messaggero Veneto titoloni sul fatto che le caserme del Friuli-Venezia Giulia sono tutte quante inagibili. Sarebbe un investimento, Ministro, perché significherebbe evitare il deterioramento di edifici che meritano di essere salvaguardati e utilizzati anche in altri modi.
  Inoltre, si dovrebbero garantire degli hub emergenziali, soprattutto nelle aree prospicienti l'ingresso alla via balcanica. Grazie.

Pag. 12  

  PRESIDENTE . Tra l'altro, senatrice, le rammento che alla Camera abbiamo votato una mozione che impegna il Governo a ridurre i tempi dei ricorsi e all'individuazione delle specializzazioni nell'ambito dei tribunali.

  MARIA CHIARA GADDA . Signor Ministro, la ringrazio per la sua presenza oggi e per la sua relazione così puntuale. Vorrei aggiungere alcune domande a quelle che hanno formulato i colleghi. In particolare, vorrei capire se all'interno del computo delle spese sono inseriti e valutati anche i costi e il fondo per la cooperazione internazionale. Quindi, oltre alla gestione sul nostro territorio, politiche di lungo termine per limitare gli arrivi e aiutare i Paesi di origine e di transito dei migranti a ridurre questo fenomeno in loco, consentendo una crescita nei loro territori.
  Vorrei anche sapere se, oltre a questo, all'interno di queste spese sono computati anche i fondi e le spese legate ai rimpatri. Sappiamo che non sono consistenti, ma il numero dei rimpatri sta aumentando.
  In merito al sistema e alla struttura del sistema di accoglienza, in questi anni abbiamo ereditato, vissuto e organizzato un sistema di accoglienza principalmente sulla base di strutture di tipo temporaneo. Vorrei capire se, considerata l'intenzione del Governo di procedere in direzione di uno sbilanciamento verso strutture di tipo diverso (per esempio quelle che ha citato lei del sistema SPRAR), è stato calcolato un impatto diverso di gestione rispetto a strutture di tipo temporaneo, a favore invece di un sistema di tipo strutturale, che permetterebbe probabilmente a lungo termine una migliore gestione dei costi e una migliore integrazione nei territori.
  L'ultima domanda riguarda i trend legati alle richieste di asilo. Dagli ultimi dati risulta che l'Italia, rispetto al passato, non è più soltanto un Paese di transito, ma è, in Europa, il terzo Paese per richieste di asilo, quindi richieste che vengono formulate proprio nel nostro Paese.
  Collegandomi al suo riferimento a effetti di medio e lungo termine, vorrei approfondire meglio questo aspetto, cioè sapere se è stato calcolato un differente scenario di questo tipo e che impatto positivo può avere sulla nostra economia. Grazie.

  MICAELA CAMPANA . Mi scuso se, non avendo ascoltato, proporrò una domanda a cui lei ha già ris posto. Comunque, riguarderò la registrazione.
  Quasi un anno fa, nella conferenza stampa tenuta all'ambasciata di New York, lei aveva già indicato una strada, sia europea che italiana, di come si potesse reinvestire verso l'integrazione, anche dal punto di vista economico, con l'allentamento del Patto di stabilità o anche, come chiesto dall'ANCI, di reinvestire nei Comuni che fanno accoglienza. Abbiamo un sistema che in questi anni ha guardato molto all'emergenza immediata. Quindi, sia nel sistema di prima e di primissima accoglienza, attraverso i centri, sia nel sistema SPRAR, che è il sistema verso cui stiamo andando, a mio avviso, la sua indicazione deve essere sostanziata anche da un impegno verso l'integrazione.
  Dal punto di vista dei numeri, se è vero che siamo un Paese di transito, tuttavia mantenere molte di queste persone soltanto sui sistemi SPRAR, senza un'immagine d'integrazione futura, rimane una parte «monca» dell'accoglienza.
  Infine, sul livello europeo – dagli appunti dei colleghi credo che lei abbia già risposto – vorrei sapere come si stanno comportando gli altri Stati rispetto al sostegno ai Paesi e alle amministrazioni che fanno accoglienza. Grazie.

  PRESIDENTE . Do la parola al Ministro Padoan per la replica.

  PIER CARLO PADOAN , Ministro dell'economia e delle finanze. Grazie per le molte domande. Cercherò di rispondere a tutte; in alcuni casi, ci sono domande che si sovrappongono, quindi anche per risparmio di tempo cercherò di essere più sintetico. Mi scuso in anticipo se non risponderò a tutte, ma se qualcuno mi segnala che mi sono dimenticato – non è per cattiva volontà – ci tornerò sopra. Provo a rispondere nell'ordine in cui mi sono state poste le domande. Pag. 13 
  Spese giustizia. Purtroppo, gli onorevoli e i senatori che mi hanno fatto la domanda sono andati via, ma non per questo non risponderò. Le spese di giustizia non sono direttamente computate, e forse andrebbero computate. Io ho fatto un accenno indiretto quando ho detto che ci sono spese indirette di sistema. È chiaro che quando il numero di persone su un territorio aumenta, aumenta anche la pressione su tutti i servizi che in quel territorio vengono forniti, compresi i servizi di giustizia. Pertanto, allo stesso tempo c'è una pressione, ma io concordo molto con il suggerimento che potrebbe essere un ulteriore elemento per spingere all'efficientamento. Come è noto, la riforma della giustizia civile è uno degli elementi portanti della strategia di riforma del Governo. Già si vedono i risultati in termini di efficienza e di riduzione del numero delle cause, di riduzione dei tempi di risoluzione. Questo vale per il sistema di giustizia nel suo complesso ed evidentemente vale anche per la pressione che proviene dal numero dei migranti nel nostro Paese.
  Andando avanti con un po’ di disordine e rispondendo alle domande una per una, è stata posta la questione generale dell'impatto dei migranti sull'economia del Paese e giustamente è stato fatto notare come sia possibile che il tasso di disoccupazione del Paese sia ancora elevato e, malgrado stia diminuendo, sia un po’ più dell'11 per cento, una cifra ancora elevata. La mia risposta è la seguente: questo è un fatto strutturale, sia che si tratti di integrare nel mercato del lavoro flussi di migranti, sia che si tratti di migliorare il mercato del lavoro nazionale. La strategia del Governo con il Jobs Act mira a far funzionare meglio il mercato del lavoro, e lo fa anche con agevolazioni fiscali sull'abbattimento della componente fiscale del costo del lavoro, come è ben noto.
  Queste cose fanno sì che nel medio termine – e il medio termine, in questo caso, potrebbe essere attorno ai tre anni – fa sì che la cosiddetta «crescita potenziale» del Paese, cioè la sua capacità di crescere nel lungo termine, sia migliorata. Sicuramente questo è un fenomeno che è tanto più efficace quanto più aumenta il livello di istruzione dei migranti. Se n'è parlato parecchio sulla stampa a proposito dei flussi dei migranti provenienti dalla Siria per un Paese come la Germania: sono persone a un elevato – relativamente parlando – livello di educazione; il cosiddetto «capitale umano» vale di più e il contributo alla crescita è più importante. Quindi, potrebbe essere interessante, anche per un Paese come l'Italia, realizzare delle politiche di medio termine che facilitino l'integrazione di questo prezioso capitale umano (può sembrare un termine un po’ brutale ma è così). Da questo punto di vista, maggiore è la capacità di assorbimento del mercato del lavoro di un Paese, maggiori sono i benefici di un flusso di migranti. Lo collego direttamente alla politica di riforma del Paese.
  Sulla prima questione sollevata dal senatore Conti, a proposito del «ruolo di industrie a controllo pubblico che operano nel settore della difesa su questi fenomeni», io non ho nulla da dire. Come azionista di imprese del genere sono interessato alla gestione efficiente e assolutamente trasparente della loro attività economica, perché questo è uno stimolo alle industrie del Paese. Se ci sono aspetti legati più alla «questione di sicurezza», non per sottrarmi alla domanda del senatore, ma penso che questo tema debba coinvolgere il Ministero della difesa ed eventualmente il Ministero dell'interno e le Forze di polizia. Io non sono in grado di aggiungere altro.
  Tuttavia, sempre sui temi sollevati dal senatore Conti, se ho capito bene, con il termine money transfer il senatore si riferisce alle attività di circolazione illegale di finanziamenti che potrebbero anche andare a finanziare il terrorismo. Su questo vorrei ricordare che l'Italia è in prima linea a livello internazionale nella direzione dell'attività di contrasto al finanziamento al terrorismo e in particolare, come credo sia noto, co-chair – insieme agli Stati Uniti e all'Arabia Saudita – del gruppo di lavoro centrato sull'attività del Ministero dell'economia e delle finanze, che sta dando risultati estremamente interessanti. Posso dire solo questo. Pag. 14 
  Naturalmente in quest'azione di contrasto c'è una vera e propria specializzazione del personale italiano, che comprende, oltre al personale del ministero finanziario, anche personale della Guardia di Finanza e di tutte le entità preposte, compresa l'attività importante svolta dall'Agenzia delle dogane in termini di intelligence, uno strumento molto prezioso che abbiamo a disposizione. Tutto questo fa sì che la nostra azione di contrasto, non solo per proteggere l'Italia ma per proteggere la comunità internazionale dal finanziamento del terrorismo, sia estremamente avanzata. Ci tenevo a ricordarlo qui e vi ringrazio per questa opportunità.
  Per quanto riguarda le cifre, innanzitutto mi scuso per la velocità con cui ve le ho riferite. Non è perché non voglia trasmettervele; al contrario, ho una tabella nel testo che sarà mia cura farvi avere immediatamente e che, tra l'altro, spero chiarisca anche le questioni che sono state sollevate in termini di aumento delle spese.
  Il cosiddetto «scenario costante» – c'era una domanda in questo senso – è quello che stabilizza al 2015 le spese, le quali sono passate da un ammontare grosso modo di un miliardo nel 2011 a un ammontare di 3,3 miliardi nel 2015, passando per varie cifre intermedie, sempre in crescita. Lo scenario costante prevede che anche nel 2016, ed eventualmente dopo, si continui a spendere questa cifra di 3,3 miliardi, che quindi è la valutazione per il 2015 delle spese, in parte già osservate, in parte stimate per quel che resta dell'anno.
  A questo si contrappone uno scenario di crescita che proietta, nell'attesa di maggiori flussi di immigrazione nel 2016 e dopo, una maggiore spesa. Questo significa che se nel 2015 sono sempre 3,3, diventano 4 miliardi nel 2016. Se ho dato l'impressione che negli anni precedenti si spendesse meno di un miliardo, ho sbagliato; le cifre, come ripeto, sono dettagliate in questa tabella, sono anche separate in voci di spesa corrente e conto capitale e sono identificati anche i contributi europei che, peraltro, non superano mai i 120 milioni.

  PRESIDENTE . ...peanuts...

  PIER CARLO PADOAN , Ministro dell'economia e delle finanze. Mi sembra un termine molto efficace. Quindi, spero che con il testo della mia relazione e con questa tabella allegata si possa rispondere, almeno in parte, alle domande.
  Aggiungo, visto che sto parlando del testo della mia relazione, che è incluso in appendice – o meglio, non è incluso qui ma lo farò aggiungere – il dettaglio delle richieste di spesa degli altri Paesi europei (non tutti, perché non tutti hanno fatto queste richieste) a sostegno alla politica degli immigrati. Può essere un'utile informazione. Queste, tra l'altro, sono informazioni contenute nei rapporti della Commissione.
  Per quanto riguarda altre domande specifiche, ad esempio se nelle spese sono incluse quelle per la cooperazione e per i rimpatri, la risposta è no e sì. Intendo dire che le spese per la cooperazione non sono incluse – anche se hanno un impatto su tutta questa questione che stiamo discutendo, quindi è un punto estremamente importante e vi ringrazio per averlo sottolineato – e sono invece incluse le spese per i rimpatri, che potrebbero crescere nel tempo.
  Veniva anche sottolineato – questo più che una domanda è un punto che vorrei condividere – il fatto che può rientrare nell'interesse dell'Italia essere meno Paese di transito e più Paese di accoglienza finale, anche ai fini dell'impatto economico degli emigrati. Concordo con questo: la mia visione è che si tratta di un problema strutturale di lungo periodo, ma questo è il momento giusto, visto che l'Italia sta introducendo importanti riforme strutturali anche nel mercato del lavoro, per mettere il Paese in condizioni migliori per fronteggiare questa questione.
  È stata poi sollevata una questione generale molto importante: che cosa succede se ci poniamo in una prospettiva europea? Siamo ancora alle fasi iniziali, malgrado ormai sia da tempo al centro del dibattito. Sono del tutto d'accordo con l'idea che per dare una soluzione definitiva e stabilizzante al problema dell'immigrazione si debba andare a vedere cosa succede nei Pag. 15 Paesi di provenienza, dove, al di là della tragedia delle guerre, ci sono problemi di sottosviluppo quindi, se posso dirlo con una parola terribile, di fame. Bisogna, perciò, aggredire in loco le cause che rendono più attraente la prospettiva di una drammatica trasmigrazione, piuttosto che rimanere nel Paese dove si è nati.
  Questo richiede una strategia che allo stesso tempo deve avere una dimensione nazionale, cioè da parte dei singoli Paesi, ma deve avere anche una strategia europea per monitorare le vie di transito e gli eventuali sistemi di controllo e monitoraggio, a volte chiamati anche hotspots, su cui la discussione è ancora in corso, anche perché non ho visto – ma questa potrebbe essere una mia carenza – delle stime precise sui costi di questi ulteriori investimenti, che però dovrebbero essere conteggiati.
  Riguardo all'utilizzo del patrimonio immobiliare, il Governo è impegnato a utilizzare al meglio il patrimonio immobiliare, compreso quello della Difesa, che è importante e di grande valore, ai fini dell'efficientamento economico dello stesso. Nulla vieta che parte di questo patrimonio possa essere pensato come spesa in conto capitale per migliorare la capacità di accoglienza, per esempio, dei comuni. Noto semplicemente che questo richiede, a sua volta, delle spese, quindi si tratta di fare una valutazione costi-benefici nell'ambito del bilancio pubblico, se andare in questa direzione. Comunque, confermo l'impegno del Governo a guardare al patrimonio immobiliare anche dal punto di vista dell'utilizzazione finale. Lo stiamo già facendo e la dimensione immigrazione aggiunge un'ulteriore variabile alla questione che può essere sicuramente valutata.
  Questo, sia pure indirettamente, probabilmente risponde alla domanda relativa al ruolo dei comuni, ma anche all'impegno per l'integrazione, come chiedeva l'onorevole Campana, se ho capito bene la domanda. Ribadisco il punto generale: penso sia nell'interesse del Paese, oltre che dei migranti, migliorare le condizioni di accoglimento; sono anche dell'idea che, al di là di misure specifiche di primo accoglimento, migliorare in generale il mercato del lavoro del Paese sia già una condizione importante, magari non sufficiente, ma importante per ottimizzare l'ingresso. Se la disoccupazione strutturale nel Paese diminuisce, c'è anche, allo stesso tempo, una maggiore capacità di assorbimento del Paese, perché vuol dire che l'economia è più dinamica e quindi più in grado di assorbire tutto ciò.
  Per quanto riguarda le spese per la sicurezza, il Presidente del Consiglio ha espresso un concetto che mi pare molto importante e che ho accennato anche prima, vale a dire che garantire più sicurezza ha almeno una doppia dimensione: una dimensione tecnicamente di sicurezza, quindi spese per il personale, per la tecnologia e così via, e una dimensione altrettanto importante – se non di più – definita dal Presidente del Consiglio «culturale», perché questo aggredisce alla radice le ragioni per le quali dei giovani scelgono questa terribile strada che li porta a compiere quei gesti che tutti conosciamo. Spesso si tratta di giovani che non sono necessariamente degli immigrati, ma sono nati nel Paese in cui poi svolgono quello che hanno fatto. Non sto dicendo che è così in tutti i Paesi; per l'Italia, essendo in condizioni relativamente meno vulnerabili di altri Paesi europei, credo sia il momento per aggredire adesso queste potenziali cause di malessere – se posso usare questo termine – e quindi fare degli investimenti culturali.
  Quanto al miliardo per la sicurezza e al miliardo per la cultura, si tratta di cifre visibili, tonde. Siamo ancora all'inizio e stiamo valutando, ma ribadisco che tutto ciò avverrà all'interno del quadro di spazio fiscale in cui si colloca la legge di stabilità, che a sua volta è condizionale, cioè dipende dal fatto che la Commissione ci riconosca le diverse clausole che, a mio avviso e ad avviso del Governo, abbiamo tutto il diritto di richiedere. Quindi, stiamo ragionando nell'ipotesi che si ottenga quello che noi riteniamo compatibile, non solo con le regole europee, ma con gli interessi dell'Italia e, se posso dire, con gli interessi dell'Europa, perché è forte interesse europeo avere Paesi che fanno le riforme e crescono di Pag. 16 più e Paesi che rispondono con una visione al problema delle emergenze, siano esse degli emigranti siano esse della sicurezza.

  PRESIDENTE . Ringrazio il Ministro anche per la documentazione che ci ha illustrato e dispongo che sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna.
  Vorrei salutare chi l'accompagna: il consigliere Francesco Alfonso, capo della sua segreteria; il dottor Roberto Basso, portavoce del Ministro; la dottoressa Aline Pennisi, responsabile dell'Ufficio di bilancio della Ragioneria generale dello Stato; la dottoressa Laura Sala, capo dell'ufficio stampa; il generale della Guardia di Finanza Francesco Frattini, aiutante di campo del Ministro.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.40.

Pag. 17 

ALLEGATO

Documentazione illustrata nel corso dell'audizione
del Ministro dell'economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan

Indagine conoscitiva sulla gestione del fenomeno migratorio nell'area Schengen, con particolare riferimento alle politiche dei paesi aderenti relative al controllo delle frontiere esterne e dei confini interni

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo Schengen, di vigilanza sull'Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze
Prof. Pier Carlo Padoan
25 Novembre 2015

  Il Governo nel Documento Programmatico di Bilancio trasmesso il 15 ottobre alla Commissione europea ha identificato un impatto fiscale dell'emergenza migranti pari a 3.3 miliardi o 0.2 per cento del PIL nel 2015 e nel 2016.
  Nel 2014 sono sbarcate sulle coste italiane 170 mila persone, più del triplo rispetto a quanto registrato l'anno precedente, superando addirittura i valori rilevati nel 2011 a fronte della cosiddetta emergenza umanitaria Nord Africa.
  Il picco raggiunto nel 2014 si riscontra anche per le presenze nei centri di accoglienza, raddoppiate rispetto al 2013. I dati registrati fino a settembre 2015 confermano che oltre 136 mila migranti sono arrivati via mare (1) . Secondo l'agenzia UE Frontex, sempre nei primi tre trimestri del 2015, oltre 710 mila migranti sono entrati nell'Unione Pag. 18 europea (contro i 282 mila in totale nel 2014). Un'ampia maggioranza è arrivata attraverso tre soli paesi tra cui l'Italia, che nelle dimensioni del fenomeno segue la Grecia (circa 365 mila) e l'Ungheria (circa 204 mila), rispettivamente (dati di fine settembre). Questi numeri si riferiscono sia a potenziali richiedenti asilo, sia ad altri tipi di migranti, accomunati dal fatto che attraversano in modo irregolare le frontiere.
  Si tratta di un afflusso epocale che interessa l'intera Europa a seguito degli sconvolgimenti in atto nei paesi di origine. Secondo gli osservatori raggiungerà nei prossimi anni livelli senza precedenti. La Commissione europea, nell'effettuare stime sull'impatto del flusso di rifugiati (2) , pur ricordando l'incertezza che circonda lo sviluppo di questo tipo di fenomeno, indica l'arrivo di più di un milione di persone per l'intero anno 2015 e aggiuntivi 3 milioni fino alla normalizzazione dei flussi nel 2017. L'Italia si è trovata in prima linea nella gestione di questa nuova crisi, assumendosi il compito di garantire il controllo della frontiera anche per i paesi interni e effettuando ingenti operazioni di salvataggio.
  Il forte aumento dell'arrivo dei richiedenti asilo ha posto una considerevole pressione su diversi Stati membri dell'Unione Europea, mettendo alla prova la capacità di ricezione e inasprendo, in alcuni casi, le tensioni politiche e sociali.
  Questo vale in particolare per i paesi, come l'Italia, che sono principalmente di transito e non costituiscono la destinazione finale dei flussi migratori.
  Questo significa anche che a fronte del costo sostenuto dall'Italia non c'è un corrispondente beneficio economico derivante dell'integrazione dei migranti nel tessuto produttivo. Questo fattore è particolarmente rilevante se si pensa che circa il 75 per cento del costo dell'emergenza è rappresentato dalle funzioni di gestione della frontiera comune, mentre i benefici socio-economici saranno poi ripartiti tra i vari paesi di destinazione.
  Secondo la Commissione Europea nell'Autumn Economic Forecast 2015, i paesi membri con una popolazione che invecchia e una forza lavoro che si riduce, i flussi migratori possono cambiare la distribuzione per età nella popolazione in modo da rafforzare la sostenibilità fiscale. Analisi simili sono state realizzate con simili conclusioni anche dalla World Bank e dall'OCSE (3) .
  A settembre 2015 erano circa 77 mila i migranti nelle strutture di accoglienza governative e nelle oltre 1800 strutture temporanee appositamente adibite (quasi il doppio delle presenze registrate a fine 2014 e oltre dieci volte il dato medio del periodo 2011-2012).
  Il sistema di protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati copriva più di 26 mila persone nel 2013, con un aumento fino a 65 mila nel 2014. I minori non accompagnati hanno superato le 10 mila unità, ponendo un'enorme sfida in termini di adeguatezza degli alloggi, della supervisione e dell'integrazione scolastica. Pag. 19 
  L'organizzazione dell'accoglienza per rispondere in maniera tempestiva all'arrivo contemporaneo di numeri estremamente elevati di rifugiati richiede un impegno finanziario e organizzativo crescente per tutti i livelli di governo.
  Il Piano Operativo Nazionale per fronteggiare il flusso straordinario di cittadini extracomunitari, approvato a luglio 2014 in condivisione con le Regioni e gli Enti locali, ha previsto il potenziamento delle questure per rendere più rapide le procedure di identificazione e di richiesta di asilo. Il Piano ha previsto anche il potenziamento delle commissioni territoriali per accelerare i tempi di esame delle richieste di protezione internazionale, l'ampliamento dei posti di accoglienza disponibili nelle strutture governative, considerando la necessità di assicurare una transizione agevole tra servizi di prima e di seconda assistenza.
  L'attivazione e la gestione di un sistema di accoglienza in grado di far fronte alla pressione registrata ha comportato un notevole sforzo di bilancio. La ricostruzione puntuale della spesa per l'accoglienza dei migranti e il soccorso è complessa, data la pluralità degli attori coinvolti.
  La gestione attuale dell'accoglienza fa capo principalmente al Ministero dell'interno, con il contributo, fino al 2014, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per quanto attiene ai minori stranieri non accompagnati. Il soccorso in mare vede impegnati oltre ai corpi militari, gli uomini e i mezzi delle capitanerie di porto e della guardia di finanza.
  Le risorse finanziarie necessarie ad affrontare le circostanze eccezionali dell'afflusso di immigrati sul territorio italiano sono quasi interamente a carico del bilancio statale. Nel 2015 sono stimate in oltre 3,3 miliardi di euro, di cui circa 3 miliardi per spese di natura corrente. La spesa in conto capitale è aumentata nel corso degli anni a fronte degli accresciuti posti disponibili nelle strutture di accoglienza e della manutenzione e rinnovo dei mezzi necessari alle operazioni di soccorso che include l'ammortamento di mezzi aerei, navali e terrestri da parte del Ministero della Difesa e della Guardia di Finanza.
  La quota più significativa della spesa sostenuta riguarda le strutture di accoglienza (oltre il 50 per cento del totale) e in secondo luogo i soccorsi in mare (circa il 25 per cento). Queste spese derivano in larga parte della posizione geografica dell'Italia, considerata prevalentemente luogo di transito dai migranti e non una destinazione finale. Questa particolarità evidenzia ancora di più come nel nostro caso i costi sostenuti siano connessi alla sorveglianza della frontiera comune europea e alla primissima accoglienza.
  L'assistenza comprende, tra le voci principali:

   la spesa diretta sostenuta per il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) (4) ;

Pag. 20 

   la spesa per la gestione dei centri e delle strutture temporanee e per le rette dell'assistenza sanitaria dei profughi;

   la spesa per le commissioni territoriali preposte all'esame delle richieste di riconoscimento dello status di rifugiato;

   il fondo per i minori stranieri non accompagnati;

   le spese per la gestione ed il funzionamento del sistema informativo e per il personale del Ministero dell'interno direttamente coinvolto (che al fine di fronteggiare la situazione degli arrivi ha anche effettuato un notevole ammontare di lavoro straordinario anche nei giorni festivi e nei luoghi di sbarco).

  Oltre alla spese statali è inclusa, in particolare per gli SPRAR e per i minori non accompagnati, una stima dei costi sostenuti dagli enti locali (molto diversificati da un territorio all'altro).
  La spesa per il soccorso in mare include l'impegno delle Capitanerie di porto, della Difesa e della Guardia di Finanza.
  Non vanno poi trascurati i costi derivanti dalle cure erogate tramite il servizio sanitario nazionale (SSN) e dall'istruzione per i migranti che entrano per la prima volta nel sistema scolastico italiano.
  Il contributo del servizio sanitario è basato sui riscontri forniti dalle Aziende sanitarie locali (5)  e sui crediti vantati nei confronti dello Stato. A questo proposito vorrei ricordare che il Governo, tenuto conto dell'intensificarsi della crisi migranti, già nella primavera del 2014 aveva stanziato – tramite l'articolo 36 del decreto legge n. 66 del 2014 – 250 milioni di euro nell'anno 2014 per il pagamento del debito del Ministero dell'Interno nei confronti delle Aziende Sanitarie Locali, prevedendo che le somme eventualmente eccedenti fossero destinate al pagamento dei debiti della stessa specie, maturati anche successivamente alla predetta data. Per quanto attiene invece al contributo del sistema scolastico è stato considerato il costo medio annuale per alunno e una stima del numero di «neoentrati», ossia degli alunni stranieri entrati per la prima volta nei diversi anni scolastici. I «neoentrati» per il 2015 sono stimati nell'ordine di 40 mila, tenuto conto che per gli anni precedenti le rilevazioni nel Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca hanno attestato un trend crescente da circa 28 mila nell'anno scolastico 2010/2011 e 2011/2012 a circa 37 mila nell'anno scolastico 2013/2014 (con una flessione registrata a 23 mila nel 2012/2013).
  Conviene sottolineare che la previsione di spesa per il 2015 (oltre 3,3 miliardi di euro) appare del tutto coerente con le stime del numero di attraversamenti irregolari delle frontiere per l'Italia effettuate dall'UNHCR, che prevede per tutto il 2015 circa 165 mila sbarchi via mare confermando sostanzialmente i dati del 2014 (con leggero ribasso) e un Pag. 21 aumento del numero di richiedenti asilo (da 65 mila del 2014 a 80 mila del 2015) (6) .
  Per meglio capire le implicazioni del fenomeno sul bilancio pubblico, andrebbero anche valutati gli oneri indiretti dell'integrazione sociale complessiva degli immigrati nel paese ma questi sono difficilmente calcolabili.
  Come già indicato l'Italia è considerata dai migranti generalmente un paese di transito. Questo è un fattore che riduce le potenzialità di un beneficio economico di medio-lungo periodo. Le organizzazioni internazionali che studiano questo tipo di fenomeno, come l'Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OMI), segnalano che l'impatto di medio termine dei migranti è positivo quanto più sono ben inseriti nel mercato del lavoro del paese ospitante. È infatti l'occupazione, e in particolare quella regolare, il canale tramite cui i migranti contribuiscono all'economia.
  In confronto con la media del periodo 2011-2012, nel 2013 le spese sono incrementate di quasi il 40 per cento, sono più che raddoppiate nel 2014 e sono quasi triplicate nel 2015 (cfr. Tavola 1 in Appendice). Tale andamento è confermato anche esaminando la spesa al netto dei contributi dell'Unione europea, derivante da fondi quali quello per le frontiere esterne, per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi, per i rifugiati e per i rimpatri.
  Per agevolare il confronto in serie storica, i costi sono stati stimati al netto della spese sostenute nel 2011 per la cosiddetta emergenza Nord Africa, affidata al Dipartimento della protezione civile (7) .
  Il differenziale tra la spesa sostenuta negli anni 2011-2012 (al netto dei contributi UE) e negli anni in cui si è manifestata l'emergenza umanitaria è pari, in termini cumulativi, a circa 4 miliardi di euro. Le risorse disponibili in bilancio per i prossimi anni consentono di sostenere un livello di intervento paragonabile a quello del 2015 (scenario costante). Nella prospettiva dell'acuirsi della crisi si determinerebbe l'esigenza di reperire ulteriori fondi. Infatti, nel caso in cui le presenze nelle strutture di accoglienza nel 2016 registrassero lo stesso incremento osservato tra il 2014 e 2015 (scenario di crescita), la spesa complessiva ammonterebbe a poco meno di 4 miliardi nel 2016.
  Considerato il drastico aumento dei migranti che l'Italia ha dovuto sostenere negli ultimi anni, il Governo ha richiesto all'Unione europea di riconoscere la natura eccezionale dei costi relativi all'accoglienza e al salvataggio degli immigrati e, più in generale, l'impatto economico e finanziario di questo fenomeno, anche ai fini del calcolo dell'indebitamento strutturale come previsto ai sensi dell'articolo 5.1 e articolo 6.3 del Regolamento CE 1466/97, e dell'articolo 3 del «Fiscal compact».
  Conviene precisare che, a differenza di quanto fatto per altri temi, nell'ambito del dibattito europeo non è stata definita in maniera stringente né la nozione di «spesa per i rifugiati» né l'insieme delle Pag. 22 regole da applicare per valutare la richiesta di flessibilità legata alla cosiddetta «clausola migranti».
  La clausola europea di flessibilità legata ad eventi eccezionali, in questo contesto declinata per l'emergenza migranti, può essere invocata solo per cause eccezionali, temporanee e fuori dal controllo dei governi.
  L'opinione della Commissione Europea sull'utilizzo della così detta clausola migranti riconosce l'ingente impatto sulla finanza pubblica della crisi dei rifugiati e ritiene che debba essere considerato come un evento eccezionale al di fuori del controllo del Governo come definito nell'articolo 5.1 e 6.3 del Regolamento (EC) n. 1466/97.
  La Commissione esprimerà un giudizio definitivo circa il rispetto delle condizioni e l'eleggibilità delle spese sulla base dei dati raccolti e forniti dalle Autorità italiane. L'Italia ha richiesto alle Istituzioni europee una flessibilità aggiuntiva pari a 0,2 per cento del PIL, pari quindi al totale del montante previsto per lo sforzo finanziario dovuto ai migranti nel 2016. Il Governo intende utilizzare questo margine ulteriore di gestione del bilancio per finanziare spese correnti e investimenti nel campo della sicurezza e nel campo della cultura in un'azione di contrasto al terrorismo che abbia come obbiettivo anche una migliore integrazione culturale degli immigrati nel nostro tessuto sociale. Verrà di conseguenza riconsiderata l'anticipazione al 2016 della diminuzione dell'Ires già contemplata per il 2017.

Pag. 23 

APPENDICE

Tavola 1 – Stima della spesa sostenuta per la crisi migranti. Anni 2011-2016.

  2011

  2012

  2013

  2014

  2015

  2016

  in milioni di euro

  scenario costante

  1047,4

  1324,3

  1608,8

  2668,8

  3326,5

  3302,3

  scenario di crescita

  3326,5

  3994,3

  di cui:

  corrente

  1009,0

  1263,0

  1347,1

  2328,7

  2989,0

  2959,4

  capitale

  38,4

  61,3

  261,7

  340,1

  337,5

  343,0

  Contributi UE

  94,3

  65,2

  100,7

  160,2

  120,2

  112,1

  Totale al netto dei contributi UE

  953,1

  1259,2

  1508,1

  2508,6

  3206,3

  3190,3

  Nota: I dati non comprendono la spesa relativa all'emergenza Nord Africa, aperta nel 2011.
  Lo scenario di crescita considera una presa in carico di circa 1 mille minori aggiuntivi l'anno a un costo medio di 45 euro al giorno, di circa 62 mila persone aggiuntive nelle strutture di accoglienza governativa e temporanee a un costo medio di 32,5 euro al giorno e di circa 3,5 mila richiedenti asilo e rifugiati aggiuntivi nel sistema di protezione a un costo medio di 35 euro al giorno.
  Fonte: Elaborazioni MEF-RGS.
  Consideriamo due scenari in attesa che la Commissione chiarisca se la richiesta della clausola di flessibilità sia valida soltanto in presenza di un incremento tra 2015 e 2016 e se la valutazione verrà formulata sulla base delle previsioni o soltanto a consuntivo.

Orientamenti della Commissione

  La flessibilità prevista nel Patto di Stabilità e Crescita (PSC) consente di giustificare la spesa aggiuntiva collegata, in un dato anno, ad eventi insoliti al di fuori del controllo del governo, sia nel braccio preventivo che in quello correttivo del PSC.
  Tre paesi, Austria, Belgio e Italia, hanno annunciato nel Draft Budgetary Plan (DBP) per il 2016 di voler far ricorso a tale flessibilità, mentre Germania, Finlandia e da ultimo anche Slovenia hanno fornito alcune informazioni senza però chiedere l'utilizzo della clausola.
  In tale contesto, la Commissione ha annunciato un attento monitoraggio della situazione relativa alle spese per rifugiati sulla base dei dati osservati forniti dalle autorità degli Stati Membri interessati al fine di determinare gli importi eleggibili per la clausola di flessibilità. Tale informazione sarà utilizzata per valutare ex post le possibili deviazioni temporanee da quanto richiesto per il 2015 e il 2016 dal PSC. Le deviazioni che deriveranno solo e direttamente dai costi netti aggiuntivi collegati alla crisi dei rifugiati non porteranno all'apertura di procedure. Pag. 24  Al momento non sono state elaborate modalità comuni di raccolta e classificazione dei dati.

Confronto con altri Paesi interessati dall'emergenza migranti.

  Come noto, l’Italia ha indicato nel proprio DBP una spesa collegata all'emergenza dei rifugiati pari a 3,3 miliardi di euro (ovvero 0,2 per cento del PIL) per ciascuno dei due anni 2015 e 2016. I costi addizionali per il 2015, rispetto al 2014, sono pari a circa 600 mln. (inferiori allo 0,1 per cento del PIL), mentre per il 2016 non sono al momento previsti costi aggiuntivi rispetto al 2015. La Commissione si è riservata di svolgere una valutazione ex post sulla base di dati di bilancio, riconoscendo che la considerazione di tali costi potrebbe consentire all'Italia di non esser considerata in una situazione di deviazione significativa dal percorso verso il proprio obiettivo di medio termine.
  L’Austria ha indicato nel proprio DBP la creazione di un fondo speciale da 75 milioni di euro, il trasferimento di 70 milioni di euro alle politiche attive del lavoro e ha fornito indicazioni sull'incremento del costo unitario per rifugiato sulla base dei servizi forniti. Al settembre 2015, circa 55.000 persone avevano inoltrato domanda d'asilo e, nel 2016, il numero dei rifugiati è stimato aumentare da 46.000 a 61.000. La spesa pubblica dovrebbe pertanto aumentare dello 0,1 per cento del PIL nel 2015 e dello 0,2 per cento nel 2016. La Commissione ha dichiarato nella propria Opinion sul DBP che la spesa aggiuntiva non dovrebbe comportare problemi di sostenibilità, riconoscendo che la considerazione di tali costi potrebbe consentire all'Austria di non esser considerata in una situazione di deviazione significativa dal percorso verso il proprio obiettivo di medio termine.
  Il Belgio ha previsto nel proprio DBP un importo aggiuntivo di 134 milioni di euro (ovvero 0,03 percento del PIL) sul bilancio 2015, e di 350 milioni (ovvero 0,1 percento del PIL) per il 2016. La Commissione ha dichiarato che la spesa aggiuntiva non dovrebbe comportare problemi di sostenibilità, e che svolgerà una valutazione ex post sulla base di dati di bilancio.
  La Germania ha fornito nel proprio DBP stime sui costi aggiuntivi relativi esclusivamente alle necessità di base e dei richiedenti asilo che quantifica in circa 0,025 del PIL senza includere misure di integrazione, di welfare e di istruzione. La Commissione nell'Opinion ha elaborato una stima più elevata pari a 0.1 per cento del PIL nel 2015 e 0.2 per cento nel 2016 includendo una stima dell'incremento delle spese di welfare correlate all'afflusso eccezionale di rifugiati.
  La Finlandia menziona costi collegati all'integrazione dei rifugiati nel periodo 2016-2019, ma non include una stima puntuale per gli anni 2015 e il 2016.
  Infine il 29 ottobre u.s. la Slovenia ha annunciato, dopo aver inviato il DBP, che l'impatto dell'accoglienza dei rifugiati potrebbe essere dello 0,1 percento del PIL aggiuntivo rispetto a quanto previsto nel DBP.

(1)  Il dato di fonte Frontex riferito ai migranti arrivati in Italia tra gennaio e settembre 2015 è leggermente inferiore, pari a 126 mila, secondo quanto riportato nelle cd. «previsioni di autunno» della Commissione europea (5 novembre 2015).

(2)  Cfr., anche le «previsioni di autunno» della Commissione europea (5 novembre 2015), Box 1.

(3)  OECD Migration Policy Debates, May 2014: Is migration good for the economy?
The World Bank noted in its Global Monitoring Report 2015/16 how «migration can help countries to adjust to uneven demographic change... and that the global economic dividends they can bring can be considerable».

(4)  Il programma nazionale d'asilo creato nel 2001 dal Ministero dell'Interno, l'Associazione nazionale dei comuni italiani e l'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati, istituzionalizzato poi dalla legge n. 189/2002. Lo Sprar è costituito dalla rete degli enti locali che accedono al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo. Lo Sprar in principio non sarebbe finalizzato (come i Cda o i Cara) a un'assistenza immediata di chi arriva in Italia, ma all'integrazione di soggetti già titolari di una forma di protezione internazionale. Oggi però anche lo Sprar fa la prima accoglienza: dopo l'emergenza Nord Africa e l'aumento dei flussi migratori infatti il Ministero dell'Interno ha cominciato a trasferire i richiedenti asilo appena arrivati direttamente nello Sprar, senza passare per i Cara (Centri accoglienza richiedenti asilo) sovraffollati.

(5)  In particolare con riferimento alla rilevazione dei costi per il SSN per stranieri irregolari – Modello LA.

(6)  Cfr., anche le «previsioni di autunno» della Commissione europea (5 novembre 2015), Box 1.

(7) L'ordinanza del Capo Dipartimento della Protezione Civile n. 33 del 28 dicembre 2012 regolamenta la chiusura dello stato di emergenza umanitaria per l'eccezionale afflusso di cittadini provenienti dai Paesi del Nord Africa e il rientro nella gestione ordinaria a partire dal 1° gennaio 2013.