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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 54 di Mercoledì 2 agosto 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brandolin Giorgio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE DEL FENOMENO MIGRATORIO NELL'AREA SCHENGEN, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE POLITICHE DEI PAESI ADERENTI RELATIVE AL CONTROLLO DELLE FRONTIERE ESTERNE E DEI CONFINI INTERNI

Audizione del direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), dottor Federico Soda.
Brandolin Giorgio , Presidente ... 3 
Soda Federico , Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM ... 5 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 5 
Soda Federico , Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM ... 5 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 5 
Soda Federico , Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM ... 5 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 6 
Soda Federico , Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM ... 6 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 7 
Soda Federico , Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM ... 7 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 7 
Soda Federico , Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM ... 7 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 8 
Soda Federico , Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM ... 8 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 8 
Soda Federico , Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM ... 8 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 8 
Arrigoni Paolo  ... 8 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 8 
Soda Federico , Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM ... 8 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 9 
Soda Federico , Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM ... 9 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 9 
Soda Federico , Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM ... 9 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 10 
Orellana Luis Alberto  ... 10 
Arrigoni Paolo  ... 10 
Campana Micaela (PD)  ... 11 
Arrigoni Paolo  ... 12 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 12 
Soda Federico , Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM ... 12 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 13 
Soda Federico , Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM ... 13 
Arrigoni Paolo  ... 13 
Soda Federico , Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM ... 13 
Arrigoni Paolo  ... 13 
Soda Federico , Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM ... 13 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 13 
Soda Federico , Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM ... 13 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 14 
Soda Federico , Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM ... 14 
Arrigoni Paolo  ... 14 
Soda Federico , Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM ... 14 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 14 
Soda Federico , Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM ... 14 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 14 
Soda Federico , Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM ... 14 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 14 
Soda Federico , Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM ... 14 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 14 
Soda Federico , Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM ... 14 
Arrigoni Paolo  ... 14 
Soda Federico , Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM ... 14 
Arrigoni Paolo  ... 15 
Soda Federico , Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM ... 15 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 15 
Soda Federico , Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM ... 15 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIORGIO BRANDOLIN

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, i processi verbali delle sedute precedenti si intendono approvati.
  Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), dottor Federico Soda.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), Federico Soda, che è accompagnato dalla dottoressa Giulia Falzoi.
  Li ringrazio della loro presenza e anche delle parole inviate alla presidente Ravetto e a tutto il Comitato per il lavoro che svolgiamo in questa nostra indagine conoscitiva.
  Vado subito alle domande, dottore. Noi ci organizziamo in questa maniera: io farò un'introduzione con alcune domande, dopodiché lascerò la parola a lei per rispondere e fare la relazione sulla sua attività e poi ai colleghi che porranno le domande che riterranno utili.
  Preciso anche che, se c'è da segretare qualche informazione che vuol darci, noi possiamo segretarla, altrimenti la pubblicità dei lavori è assicurata mediante la trasmissione sulla web-tv.
  Vado subito ad alcune domande. Lei sa cosa stiamo facendo, come risulta anche dall’e-mail che ci ha mandato. Sa a che punto siamo arrivati e conosce molto bene la situazione. Ovviamente noi ci siamo occupati di diverse cose.
  Uno dei temi di cui si è occupato il Comitato, che tra l'altro è di un'attualità assoluta, è la definizione del codice di comportamento per le ONG, di cui si parla.
  L'Italia aveva chiesto all'Unione europea, come lei ben sa, di includere tra gli obblighi, su richiesta delle autorità competenti, la presenza di ufficiali di polizia giudiziaria a bordo delle navi delle ONG. Attualmente la parte del Mediterraneo centrale è sotto il controllo di Roma e della guardia costiera italiana.
  Si tratta di una delle condizioni introdotte nel codice di condotta per le ONG, che prevedrebbe tra le altre cose l'obbligo di accogliere a bordo ufficiali per le indagini collegate al traffico degli esseri umani, consentendo l'accesso a bordo dei propri assetti navali del personale di polizia che svolgerà le preliminari attività conoscitive e di indagine, anche a seguito di specifiche indicazioni da parte delle autorità giudiziarie.
  Prevedrebbe altresì il divieto di ingresso delle ONG nelle acque libiche, l'obbligo di non spegnere i transponder di bordo, l'obbligo di non effettuare comunicazioni telefoniche o segnalazioni luminose per agevolare la partenza e l'imbarco dei natanti dei migranti, l'obbligo di non effettuare trasbordi su altre navi italiane e così via.
  Come lei saprà benissimo, la mancata sottoscrizione del codice di condotta potrebbe comportare il diniego da parte dello Pag. 4Stato italiano (si sente proprio in queste ore), autorizzato anche da parte dell'Unione europea, dell'autorizzazione di ingresso nei porti nazionali, fermo restando il rispetto delle convenzioni internazionali vigenti.
  Sappiamo tutti che Moas e Save the Children hanno sottoscritto l'accordo e Proactiva si è impegnata a farlo, mentre le altre non hanno sottoscritto.
  Le chiediamo, per quanto di vostra competenza, una valutazione su questa iniziativa assunta, come dicevamo prima, dal nostro Governo.
  Un altro aspetto d'interesse del Comitato concerne le dinamiche relative ai flussi, di cui abbiamo parlato prima: provenienza, direzione, percorsi di rotte seguite dai migranti e così via verso l'Italia dall'Africa.
  Risulta al Comitato, in particolare, che vi siano rotte precise da voi monitorate relative al viaggio dei migranti, per esempio l'itinerario seguito dai nigeriani verso l'Italia. Insieme a lei abbiamo parlato, invece, del tragitto dal Bangladesh attraverso la Libia e verso l'Italia, che è qualcosa, che dopo conoscerete, che mi ha molto sorpreso.
  Da notizie di stampa risulta, per esempio, che esiste una base della legione straniera francese nel porto di Madama, al confine tra Libia e Niger, di fronte alla quale passerebbero migliaia di migranti diretti verso il nord, senza che questi facciano niente.
  Anche su questo punto vi chiediamo, nei limiti delle vostre competenze, maggiori e più dettagliate informazioni, con particolare riferimento all'individuazione delle rotte marittime e terrestri seguite dai migranti e sulle iniziative da adottare, a vostro giudizio, utili a prevenire questo traffico.
  Passo al secondo argomento. Il recente rapporto «La tratta di esseri umani attraverso la rotta del Mediterraneo centrale» realizzato da voi, di cui mi parlava prima, analizza i dati da voi raccolti presso i luoghi di sbarco e nei centri di accoglienza per migranti nelle regioni del Sud Italia.
  Sappiamo che tra i primi 15 Paesi per provenienza delle persone che hanno cercato di arrivare in Italia via mare nel 2016 il primo sarebbe stato la Nigeria, seguita da Eritrea, Guinea e Costa d'Avorio. Non c'erano i bengalesi, che nei primi sei mesi sono diventati secondi.
  Dallo stesso rapporto risulterebbe che molti dei migranti che sbarcano in Italia non sono né profughi né rifugiati bensì vittime di sfruttamento, con notevole aumento delle donne e dei minori non accompagnati, rispettivamente 11.000 e 3.400 nel 2016, a fronte di numeri inferiori nel 2015.
  In particolare, il numero delle vittime della tratta a scopo di sfruttamento sessuale starebbe aumentando esponenzialmente. Secondo voi, solo negli ultimi tre anni il loro numero sarebbe cresciuto del 600 per cento. Le chiediamo, quindi, di informarci anche su questo argomento.
  Un altro tema è quello relativo alla distribuzione sul territorio nazionale dei migranti e al sistema di accoglienza italiano. Risulta al Comitato che nei primi sei mesi del 2017 sono sbarcate 94.000 persone circa rispetto alle 79.000, con un aumento percentuale, come ben sappiamo. Il maggior numero di questi è avvenuto nei porti di Augusta, Catania e Pozzallo. Sappiamo quali sono le principali nazionalità.
  In particolare, a fronte di un elevato numero di richieste di asilo, dal primo gennaio a oggi il numero di presenze nel sistema di accoglienza sembrerebbe, invece, di poco incrementato rispetto a quello del 31 dicembre 2016.
  Le chiediamo un'analisi veloce dei dati relativi ai flussi registrati, da ultimo con una particolare attenzione ai minori stranieri, che avrebbero raggiunto al 31 luglio 2017 la cifra di 12.583 ragazzi, aumentati anche questi di brutto.
  Un altro aspetto è quello relativo al ricollocamento dei migranti e alla possibilità di sanzioni. Da notizie di stampa risulta che lei avrebbe dichiarato che «nell'emergenza migranti l'Europa dovrebbe passare dalle parole ai fatti e sanzionare quei Paesi membri che hanno voltato le spalle all'Italia e alla Grecia», individuando i quattro famosi Paesi, Austria, Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca, «che hanno fatto poco o Pag. 5niente». Anche su questo le chiediamo ovviamente di dirci qualcosa.
  Veniamo agli accordi di riammissione. La rotta del Mediterraneo dalla Libia verso l'Italia è la via di transito principale dei flussi irregolari, come ben sappiamo. Di recente, il Ministro Minniti si è recato in Libia per incontrare alcuni sindaci o sedicenti tali (non si è ben capito, non sono i nostri sindaci) allo scopo di cooperare nel controllo del fenomeno migratorio.
  Le chiediamo anche a questo proposito di fornire, nei limiti delle sue competenze, tutte le informazioni sulla situazione da voi riscontrata nei territori di provenienza dei migranti e sulle possibilità di rendere operativi ed efficaci eventuali accordi di riammissione e rimpatri di migranti giunti sul territorio nazionale.
  Ribadisco un'ultima domanda che le ho già posto prima: ritenete che potrebbero funzionare hot spot in Nigeria, in Bangladesh, in Guinea o in Eritrea?
  Do la parola al direttore Soda per lo svolgimento della sua relazione.

  FEDERICO SODA, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM. Buongiorno, onorevoli. Ringrazio il Comitato Schengen per averci chiesto di parlare di questi temi estremamente importanti per la nostra organizzazione, di cui ci occupiamo anche dal punto di vista degli sbarchi in Italia ormai da più di dieci anni.
  Sarò molto lieto di cercare di rispondere o perlomeno di toccare tutti questi argomenti, però forse qualche punto mi sfuggirà. Ho intenzione di non parlare troppo a lungo e di lasciare più tempo per uno scambio, perché in questo modo possiamo precisare i punti che vi interessano di più.
  Vorrei iniziare con le rotte, perché alla fine sono le radici che ci portano a questi altri punti che riguardano le ONG, la relocation eccetera. Non ha idea quella frase tra virgolette quanti problemi mi ha dato con i Paesi menzionati...
  Sì, una crisi diplomatica. Comunque, la situazione è quella che è e questi Paesi devono assolutamente impegnarsi di più, se intendono far parte di questa Unione.
  Tornando ai flussi, stiamo notando un declino dei passaggi verso e dal Niger rispetto al 2016. Come sapete, il Niger è un Paese assolutamente chiave, ancor più negli ultimi diciotto mesi, perché c'è stato un notevole calo di migrazioni dal Corno d'Africa. Abbiamo visto un dimezzamento, per esempio, degli eritrei, che sono passati da oltre 40.000 nel 2015 a poco più di 20.000 nel 2016. Penso che anche quest'anno ci sarà un'altra riduzione del flusso degli eritrei attraverso il Mediterraneo centrale. Ne arrivano di meno anche di altre nazionalità che vengono da quella regione del Corno d'Africa.
  Questo dipende da tante ragioni, tra cui i controlli molto più robusti in Sudan.

  PRESIDENTE. Da parte di chi?

  FEDERICO SODA, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM. Da parte dei sudanesi, con l'assistenza tecnica anche italiana. Anche la polizia di Stato è coinvolta in queste attività, con programmi di assistenza tecnica in tutta la regione per rafforzare il controllo delle frontiere.
  In questo quadro, il Niger diventa sempre più importante e, come vediamo dai dati del Ministero dell'interno, ormai l'80 per cento, se non di più, sono nazionalità che provengono dall'Africa occidentale. La maggior parte passano attraverso il Niger, ma non tutti; ci sono anche rotte che passano dal Marocco e dall'Algeria e poi vanno verso la Libia. Comunque, grosso modo finiscono tutti in Libia.
  Quest'anno non mi risulta che abbiamo osservato delle partenze dall'Egitto. L'anno scorso le partenze dall'Egitto rappresentavano forse il 10 per cento, mentre quest'anno...

  PRESIDENTE. Solo Libia?

  FEDERICO SODA, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM. Quasi esclusivamente dalla Libia. Ci sono dei piccoli spostamenti dall'Algeria ogni tanto, che arrivano magari anche in Sardegna, però parliamo di piccoli numeri. Pag. 6
  Noi siamo molto attivi in Niger da tanti anni, da molto prima che diventasse un Paese così importante, anche grazie ad attività finanziate dal Governo italiano. Adesso i tre luoghi di accoglienza che abbiamo in Niger sono centri aperti, dove diamo assistenza diretta ai migranti.
  Innanzitutto, per quanto riguarda quelli che si stanno spostando verso il nord e la Libia, cerchiamo di avvertirli dei pericoli e di offrir loro assistenza, affinché scelgano di rimanere in Niger o di ritornare nel Paese d'origine con assistenza e integrazione.
  Per ciò che concerne quelli che rientrano volontariamente dalla Libia oppure quelli che noi riusciamo addirittura a soccorrere nel deserto, li riportiamo in questi centri di accoglienza e poi da lì diamo loro assistenza per tornare...

  PRESIDENTE. Che numeri hanno questi centri?

  FEDERICO SODA, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM. La capacità del centro ad Agadez, che è il più grande, è di mille persone. Noi quest'anno abbiamo rimpatriato oltre 3.000 persone dal Niger e oltre 5.000 dalla Libia. Penso che arriveremo ai 10.000-11.000 dalla Libia quest'anno, perché stiamo rafforzando le nostre attività. Anche per ciò che concerne il Niger penso che quest'anno sarà raggiunto un target di 6.000.
  Abbiamo anche soccorso 700 migranti nel deserto. Quando parlo di soccorsi mi riferisco a gente che senza soccorso morirebbe. Lo fa anche la polizia nigerina. Non ho i loro dati, ma sono qualche centinaia in meno dei nostri 700.
  Una delle ragioni per cui vediamo una riduzione in questi passaggi è sicuramente l'impegno delle autorità nigerine. Bisogna dire che ormai la comunità internazionale e questi Paesi hanno attivato tantissimi interventi ed è probabile che stiano avendo un certo effetto.
  Non voglio espormi troppo, però nel mese di luglio c'è stato un notevole calo di sbarchi. Non ho ancora ricevuto i dati dal Ministero dell'interno, ma forse li avete voi. Noi non li abbiamo ancora ricevuti, forse li avremo nei prossimi due giorni. Comunque, c'è stato un calo nel numero di sbarchi a luglio. Normalmente luglio è un mese molto caldo e, quindi, speriamo che questo trend continui.
  Voglio evidenziare un punto molto importante che riguarda la regione economica dell'ECOWAS (Economic community of West African States): in questa zona, che include il Niger e il resto dell'Africa occidentale, c'è il movimento libero di persone, quindi è come se avessimo due zone Schengen separate dalla Libia e dall'Algeria. Adesso l'Algeria sta diventando un Paese importante per altre ragioni.
  Questo è molto importante, perché vuol dire che il giovane africano occidentale che decide di lasciare il proprio Paese può arrivare fino ad Agadez, che è già nel nord del Niger, e oltre, semplicemente con una carta d'identità e gli autobus.
  Il ruolo dei trafficanti si crea al nord del Niger, non tanto prima. Non mi riferisco alla tratta delle persone. In inglese sono gli smugglers, i trafficanti. Se invece ci riferiamo a coloro che comprano e vendono le persone, soprattutto nel caso italiano le donne nigeriane, parliamo di tratta di esseri umani, che è tutta un'altra cosa. È una catena continua e controllata dal punto d'origine alla destinazione finale, che può essere Napoli come può essere Stoccolma, per ragioni ovvie: se perdi il controllo della persona, perdi l'investimento.
  Questo va sempre sottolineato, perché anche l'Unione europea si è impegnata moltissimo con grandi finanziamenti negli ultimi anni per agevolare questo movimento libero nella regione. L'ha fatto per buone ragioni, però adesso forse questo movimento libero sta avendo altri impatti.
  Noi osserviamo che i trafficanti si possono trovare già ad Agadez. Non so se avete presente la cartina del Niger. Comunque, Agadez è un punto di partenza importante e già alle fermate degli autobus sono attivi i trafficanti, che praticamente spostano le persone in camion o pulmini verso Dirkou, Séguédine, Madama, che è ancora in Niger, e poi Gatrun o Sabha. Pag. 7
  La rotta verso l'Algeria è da Arlit verso Assamakka e poi Tamanrasset. L'economia algerina ha bisogno di operai migranti che lavorano, soprattutto nei settori delle costruzioni e dell'agricoltura, però non ha un sistema per regolare questi flussi, quindi entrano tutti in un modo irregolare. Dopodiché o le condizioni in Algeria sono difficili, perché c'è un fortissimo razzismo verso gli africani occidentali, quindi a quel punto si spostano ed entrano in Libia, oppure spesso quando non ne hanno più bisogno gli algerini li respingono in Niger centinaia alla volta.
  È per quello che noi abbiamo uno di questi centri ad Arlit...

  PRESIDENTE. ... in Algeria.

  FEDERICO SODA, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM. In Niger. Il mese scorso il Primo Ministro algerino ha detto che il Governo sta considerando permessi di soggiorno a causa di una mancanza di lavoratori in Algeria. Questo sarebbe un buono sviluppo. Solo riconoscere questa esigenza mi sembra un importante passo avanti.
  L'altro punto che vorrei sottolineare e che ho già iniziato a evidenziare con l'Algeria è che sia la Libia che l'Algeria continuano a essere Paesi di destinazione, non sono solo Paesi di transito verso l'Europa. Se ci fosse veramente uno spostamento migratorio dell'Africa verso l'Europa, vedremmo molto più di 180.000 persone.
  Quello che osserviamo sono in grandissima parte, come sappiamo dai dati, giovani uomini (ormai in percentuale sono molti di più gli uomini delle donne) che si spostano ancora con la speranza di trovare opportunità e lavoro in Libia, per quanto incredibile sia per noi.
  La Libia ha una lunga storia di dipendenza dal lavoro degli stranieri, aveva un'economia molto più simile a quella dei Paesi del Golfo che a quella dei Paesi al suo est, al suo ovest e al suo sud. C'è quindi la cultura di spostarsi per cercare lavoro in Libia, che è alimentata dai trafficanti, perché sono speranze facili da vendere alla gente che è disperata e non ben informata.
  Io penso che una delle ragioni per cui il Governo italiano e altri Governi vogliono impegnarsi sul Sud della Libia sia perché quella è una regione dove c'è la possibilità di lavorare e di fare tante cose che potrebbero aiutare a controllare questi flussi. Inoltre, il Sud può anche essere un tipo di cuscinetto per quanto riguarda i flussi, perché nel momento in cui questi migranti arrivano al Nord sono bloccati lì, tornare indietro è pericoloso e costoso, stare è pericoloso, non solo a causa del conflitto, ma anche a causa degli abusi, quindi il prossimo passo è andare avanti.
  Il migrante nella maggior parte dei casi una volta che ha lasciato casa continua. Spesso hanno investito troppo, dal punto di vista delle loro speranze e dal punto di vista finanziario, per tornare indietro, quindi continuano a spostarsi, e questa è una delle cause che si registrano.
  Tornando a come si spostano, ho già parlato di camion o di pullman. I trafficanti li spostano in convogli, perché sono zone pericolose e spostarsi in convoglio è più sicuro. Sono a rischio di attacchi da gruppi armati e milizie anche nel Niger.
  Gli spostamenti sono piuttosto programmati. Non voglio dire che ci sono itinerari, però ci sono determinati giorni della settimana in cui si parte e...

  PRESIDENTE. Cioè il martedì, il venerdì e la domenica?

  FEDERICO SODA, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM. Esatto. In Libia provano a prendere un autobus o un pulmino verso Tripoli. Più spesso ci raccontano di rapine e di essere rapiti da trafficanti per dopo essere venduti a Sabha ad arabi.
  Infatti, di quelli che abbiamo intervistato in Italia il 60 per cento racconta di essere stato rapito o tenuto in detenzione e tutti dicono che il viaggio è stato più lungo e molto più difficile di quello che si aspettavano.
  Dell'Algeria ho già detto qualche parola. Ho detto che si spostano per lavoro nei settori dell'agricoltura e delle costruzioni e ho parlato anche dell'annuncio del primo Pag. 8ministro. Noi stiamo osservando questo flusso con molta attenzione, perché è quasi inevitabile che con un rafforzamento dei controlli verso la Libia questa rotta si potrebbe spostare.
  Per quanto riguarda le vittime di tratta nigeriane, è già da qualche anno che osserviamo che usano anche il Sud dell'Algeria per entrare in Libia.
  Le nostre stime ufficiali sono di 400.000 migranti.

  PRESIDENTE. Presenti in Libia in questo momento?

  FEDERICO SODA, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM. Sì, persone che riusciamo a identificare con delle metodologie scientifiche. Le stime basate sulle informazioni che riceviamo da partner, dalle autorità eccetera sono molto più alte: da 800 a un milione di stranieri in Libia.
  Abbiamo notato ultimamente un aumento di egiziani, ciadiani, sudanesi, bengalesi e ghanesi e un declino di eritrei, nigeriani e burkinabè.
  Questo è un fenomeno difficile da spiegare. Quando intervistiamo i migranti in Libia quasi il 60 per cento ci dice che la loro destinazione quando hanno lasciato casa era proprio la Libia, mentre quando li intervistiamo in Italia una percentuale simile ci dice che la loro destinazione era l'Italia. Ovviamente magari non sono le stesse persone, però penso che quello che dicono i migranti vada analizzato con molta attenzione, perché sono molto a rischio, hanno molte paure, spesso non si fidano di nessuno. Vi do questi dati perché li abbiamo, ma è difficile sapere se sono veri.
  Dico ora due parole sui centri di detenzione. Ci sono poco più di 30 centri di detenzione in Libia (mi sembra 31 o 34). Noi abbiamo accesso a una ventina di questi centri, dove le condizioni sono pessime e sospetto fortemente che in quelli a cui non abbiamo accesso le condizioni siano ancora peggiori.
  Stiamo lavorando sul miglioramento delle condizioni, però da un punto di vista istituzionale vorremmo chiusi questi centri di detenzione, perché non sono condizioni accettabili.
  Stiamo per ricevere un finanziamento di 18 milioni di euro dall'Italia per la Libia, di cui 2 milioni saranno dedicati a un miglioramento delle condizioni in questi centri. Gli altri 16 saranno 8 per attività di stabilizzazione nel Sud e 8 per rimpatri volontari assistiti.

  PRESIDENTE. Con stabilizzazione cosa intende?

  FEDERICO SODA, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM. Per noi la stabilizzazione è lo sviluppo di attività economiche, a beneficio sia dei libici che di coloro che arrivano.
  Questo è importantissimo, perché sia in Libia che in Niger (in tutti i Paesi, ma ora stiamo parlando di questi) dobbiamo stare molto attenti ad avere interventi equilibrati che abbiano un beneficio più ampio e che non si focalizzino solo sui migranti. Come ha affermato il Ministro nigerino a Roma all'inizio di luglio, loro stanno realizzando più controlli e stanno cercando di rompere queste attività di traffico di persone, però queste persone non hanno nient'altro da fare. Nel momento in cui non hanno più quell'attività lì, se non c'è un'alternativa economica, il Governo è ad altissimo rischio di trovarsi giovani disoccupati e incavolati, in un Paese circondato da ISIS, Al Qaeda e Boko Haram. Dunque, la ricetta è difficile.

  PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, direttore, ma vedo il senatore Arrigoni della Lega Nord sofferente. Gli do immediatamente la parola.

  PAOLO ARRIGONI. Ha già finito?

  PRESIDENTE. No, deve rispondere alle mie domande.

  FEDERICO SODA, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM. Le ONG sono apparse sulla scena nel 2015 alla fine di Mare Nostrum, perché non c'era una leadership da parte dei Paesi Pag. 9membri per fare soccorsi in mare. Questa mancanza continua, le operazioni che esistono che non sono sufficienti...

  PRESIDENTE. Parliamo di Triton...

  FEDERICO SODA, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM. Sì, esatto, Operation Sophia e Triton. Ovviamente noi sosteniamo qualsiasi cosa che possa salvare vite e mettere più ordine a una situazione che ne ha bisogno. Io sono molto contento che MOAS e Save hanno firmato questo codice.
  Ovviamente l'Italia si trova un po’ con le mani legate senza la solidarietà da parte di altri Paesi e con persone che annegano non lontano dalle proprie acque territoriali.
  So dai giornali e dalle informazioni pubbliche che ci sono sospetti e accuse nei confronti di queste attività. Non ho ulteriori informazioni, quindi non posso commentare su questo.
  Comunque, qualsiasi cosa che può mettere più ordine alla situazione è ovviamente benvenuta nell'ambito degli impegni internazionali dei vari Paesi.
  Per quanto riguarda la relocation (mi riferisco a quella frase), sicuramente non c'è stato l'impegno promesso da vari Paesi. Alcuni non si sono fatti avanti per niente, altri non hanno fatto quello che avevano promesso di fare.
  La relocation è un tema importante dal punto di vista della solidarietà europea, però bisogna sottolineare che delle nazionalità che arrivano in Italia in questo momento praticamente solo gli eritrei possono usufruire di questo programma. Di conseguenza, anche se la relocation funzionasse perfettamente, avremmo avuto comunque 160.000 persone da gestire l'anno scorso.
  Io lo considero un programma estremamente importante, che non deve essere chiuso e che l'Italia non dovrebbe chiudere, perché il giorno che dovesse saltare un altro paese in Nord Africa o che ci fosse un'altra crisi nell'Africa subsahariana, l'Italia si potrebbe trovare con nazionalità che oggigiorno non hanno il diritto alla protezione internazionale, ma che magari con un cambio di eventi lo avranno. Se questo canale è aperto, si può espandere, ma se è chiuso riaprirlo sarebbe estremamente difficile.
  Riguardo agli hot spot, innanzitutto la terminologia è terribile. So che non è vostra, ma è dei francesi. Siccome abbiamo gli hot spot in Europa, che sono tutta un'altra cosa rispetto a questo concetto, diciamo che sono centri per un tipo di processing all'estero.
  Non è un'idea nuova. Fino a oggi non ci sono stati Paesi pronti ad accettare questi centri. La questione più spinosa, che non tocca all'OIM ma va sollevata, è che in questi centri arriveranno sicuramente persone con il diritto alla protezione internazionale, che non potranno né stare dove sono, perché il Paese non le accetterà, né rientrare da dove vengono. Per questi bisogna avere altri canali, altri passaggi legali e sicuri per spostarli.
  Io mi chiedo: se siamo pronti ad aprire questi canali, perché aprirli in Libia e in Niger? Perché non aprirli prima, dove già troviamo queste persone che hanno il diritto alla protezione internazionale?

  PRESIDENTE. Cioè, Eritrea...?

  FEDERICO SODA, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM. Ad esempio, in Eritrea. Si potrebbero sviluppare dei sistemi dove anche la valutazione viene fatta nel Paese di origine, perché magari non è in base alla nazionalità, ma è in base alla persecuzione personale o ad altre ragioni.
  Continueremo probabilmente ad alimentare queste attività illegali di traffico eccetera, che sposteranno le persone verso questi centri, e dopo avremo la responsabilità, non solo di gestire i centri, ma anche di trovare soluzioni per tutte queste persone.
  Si potrebbero trovare da un giorno all'altro decine di migliaia di persone che si spostano verso questi centri con la speranza di avere accesso a un canale sicuro.
  Ci sono tantissimi dettagli, di cui noi come organizzazione internazionale, anche se spesso veniamo menzionati come partner, sappiamo niente o poco. Questi dettagli vanno assolutamente precisati prima di poter valutare la proposta. Mi fermo qua.

Pag. 10

  PRESIDENTE. La ringrazio sia per la relazione che per le risposte, anche brevissime.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Ringrazio il dottor Soda per la lunga e chiara relazione. Tra l'altro, ci ha sorpreso in alcuni passaggi, perché non conoscevamo certe realtà, per esempio riferite all'Algeria.
  Io farò qualche domanda puntuale. La prima è forse quella più importante dal mio punto di vista, perché oggi stiamo andando a votare qualcosa di importante in Parlamento. È legittimo intercettare i natanti in acque libiche e poi riportarli sulle coste libiche – di questo stiamo parlando di fatto – senza identificare né consentire a queste persone di fare una richiesta di asilo?
  Io credo che questo sia il punto. Visto che ci ha raccontato anche che ci sono 30 o più di 30 centri di detenzione, è del tutto inaccettabile.
  Vorrei capire anche se esiste una statistica sui disabili, perché recentemente una sentenza della Cassazione ha stabilito che il disabile in Italia non può essere espulso. Sappiamo che esiste il dato per i minori non accompagnati e anche per i minori accompagnati.
  Del Bangladesh non ha parlato. Io avevo letto un report specifico e, oltre alla tratta (passano da Dubai e fanno un giro incredibile), mi ha impressionato molto anche la spesa che affrontano mediamente. Quali sono le motivazioni?
  Arrivo all'ultima domanda. La storia delle migrazioni dice – non so quanto sia vero, non per l'esperienza di questa ultima crisi che stiamo vivendo in Italia, ma in generale – che talvolta in alcuni Paesi se aumenta il PIL si ha anche un aumento delle partenze, perché in effetti c'è più gente che ha a disposizione quelle cifre. Infatti, come è stato detto, ultimamente c'è soprattutto un movimento di migranti economici – questo è evidente – che vanno alla ricerca di un futuro migliore più che scappare dalla guerra, dalla persecuzione, eccetera.
  Ho capito che gli interventi che voi state facendo – lei ci ha parlato anche delle cifre specifiche – evidentemente cercano di mantenere delle realtà locali, però mi domando se c'è anche questo rischio di aumento della migrazione.

  PAOLO ARRIGONI. Io ho alcune domande. Una è importante, anche se tocca un tema triste, che è quello delle morti nel Mediterraneo. Ci risulta che OIM, la vostra organizzazione, venga considerata una fonte autorevole in ordine a questi tristi numeri. Siccome nel corso di questi mesi abbiamo audito diversi soggetti che hanno veramente sparato dei numeri a caso, le vorrei chiedere i numeri relativi agli ultimi anni. Ovviamente mi riferisco alle morti nel Mediterraneo.
  Le chiedo se è possibile avere i dati sulle morti anche dell'ultimo decennio, perché quello che mi interessa capire è nel momento in cui c'è stata la svolta con l'introduzione dell'operazione Mare nostrum nell'ottobre 2013, poi sostituita dall'operazione Triton, che cosa è successo.
  Io ritengo che il miglior governo dell'immigrazione non possa passare che da un'analisi attenta di dati attendibili, per capire il fenomeno e per poterlo meglio governare, quindi le chiedo questi dati, il più possibile aggiornati.
  Un'altra questione concerne il sistema di accoglienza in Italia. È una domanda che le ha fatto prima il vicepresidente Brandolin. Non le sembra anomalo che il Ministero dell'interno da tre mesi e mezzo nel cruscotto giornaliero non riporti più i dati delle presenze nel sistema di accoglienza suddivisi per regione e suddivisi per hot spot, centri di prima accoglienza, CAS e rete SPRAR?
  Le dico questo perché gli ultimi dati disponibili nel costrutto giornaliero si sono verificati a metà di aprile e alla metà di aprile io ho registrato un numero anomalo di presenze nel sistema di accoglienza che sostanzialmente coincideva, anzi l'ultimo cruscotto giornaliero riportava addirittura mille presenze in meno (175.000) rispetto al 31 dicembre 2016.
  Francamente, siccome di ingressi ne sono arrivati (adesso siamo quasi allo stesso livello Pag. 11 del 2016), abbiamo avuto molte richieste di asilo, che addirittura nella prima parte dell'anno erano superiori agli ingressi (probabilmente sono code di persone dello scorso anno), e di ricollocamenti, ossia di gente in uscita, ne abbiamo avuti pochi, questo è un numero anomalo.
  Vorrei chiederle una sua riflessione e se le risulta – per me questa sarebbe una cosa grave – che, a differenza di quanto succedeva qualche mese fa – c'è in merito anche una circolare dell'allora prefetto Morcone del 2015, che diceva che chi ottiene uno status rimane per almeno sei mesi nel sistema di accoglienza, eventualmente prorogabili – coloro che ottengono lo status di protezione a seguito di un parere positivo della commissione territoriale vengono letteralmente sbattuti fuori su una strada, perché il sistema di accoglienza è saturo. Questa è la domanda secca. È saturo, perché il sistema di accoglienza accoglie prevalentemente migranti economici.
  Vengo al ricollocamento. Lei ha affermato che sostanzialmente a oggi da ricollocare ci sono gli eritrei, però mi risulta dagli ultimi dati che la percentuale di eritrei che ottengono la protezione internazionale è il 66 per cento, inferiore al parametro del 75 per cento, che era notissimo nella seconda metà del 2015. Pertanto, mi sorprende quando qua qualcuno inizia finalmente a capire che c'è qualche problema di egoismo da parte di qualche Paese dell'Europa. Se non arriveremo ai 40.000 da ricollocare fra un mese e mezzo, è perché noi non abbiamo migranti appartenenti a nazionalità che hanno effettivamente bisogno di protezione internazionale. Questo si sapeva già allora.
  Lei l'ha detto, lo so. Mi riferisco alla stampa, ai media, all'egoismo. Sottolineo questo per dire, caro presidente Brandolin, che se si vuole governare bene il fenomeno bisogna anche avere l'umiltà di fare autocritica. Per esempio, quando era stato firmato quell'accordo era già palese che non avremmo potuto raggiungere i 40.000.
  Lei parlava prima di hot spot in quei Paesi. Una nazionalità che invece rientra in quel parametro sono i somali. Stiamo parlando ancora dell'Africa. I numeri sono anche superiori a quelli degli eritrei, perché, per esempio, a me risulta che alla fine di giugno 427 somali hanno ottenuto lo status di protezione internazionale e 669 la protezione sussidiaria. In questo caso, per loro il nostro Governo potrebbe pensare di individuare un hot spot. Questo emerge sempre dall'analisi dei dati.
  Qual è la capienza di quei 30-34 centri di detenzione in Libia? Vorrei capire il rapporto con quei numeri che ha detto prima. Lei ha affermato che da un vostro studio risulta che ci sono 400.000 persone. Coloro che sono presenti nei centri di detenzione sono il 50 per cento, il 10 per cento, il 2 per cento? Vorrei capire questo.
  Lei ha detto che il Governo italiano vi ha finanziato per 18 milioni di euro. Vorrei capire se queste risorse sono un’una tantum valevoli per quest'anno o valevoli per x anni e se nel passato avete percepito altre risorse di finanziamento.
  Ho colto che nella ripartizione di questi 18 milioni di euro 8 verranno utilizzati per i rimpatri volontari assistiti. Voi siete l'unica associazione che è stata coinvolta dal Governo italiano per agevolare e favorire i rimpatri volontari assistiti? In che modo?
  Lei ci può dire quali sono i numeri di quest'anno e dell'ultimo quadriennio o quinquennio dei rimpatri volontari assistiti che sono stati realizzati, ossia di persone che sono arrivate in Italia e attraverso questo istituto sono state riportate nel loro Paese?
  Quali sono le risorse di cui beneficiano queste persone che scelgono di rientrare, nonostante il viaggio di andata travagliato, con rischi enormi, e la traversata nel Mediterraneo?

  MICAELA CAMPANA. Mi scuso per il ritardo. Non ho ascoltato la prima parte della relazione.
  La prima domanda riguarda anche per me i centri di detenzione in Libia, però più che altro rispetto al peso dell'instabilità politica della regione libica. Dall'altro lato, vorrei sapere quanto pesa sulle condizioni che lei ci ha descritto la politica delle Nazioni unite in questo momento rispetto al Nord Africa.
  Le altre due domande sono sempre di politica europea. Avramopoulos ultimamente Pag. 12 ha dato delle indicazioni che riguardano la riforma del Trattato di Berlino, in particolare sugli accessi rispetto al Paese di primo ingresso e sulla possibilità di chiedere l'asilo politico anche sulle flotte degli Stati membri che sono all'interno del Mediterraneo. Cosa pensa lei di questo?
  Inoltre, vorrei sapere se la legge sui minori non accompagnati che è stata votata dal Parlamento italiano ha assicurato ai minori non accompagnati un percorso più sicuro verso le coste italiane e se eventualmente una legge simile può essere fatta anche per quanto riguarda le donne vittime di tratta.
  L'ultima domanda riguarda il numero delle imbarcazioni dei Paesi membri che sono presenti sul Mediterraneo.

  PAOLO ARRIGONI. Mi ero dimenticato una domanda. Direttore, vorrei sapere se lei è al corrente dei contenuti dell’operational plan dell'operazione Triton, che è stato sottoscritto nel Consiglio di giustizia e affari interni dell'ottobre 2014. Questo prevedeva l'esclusione da qualsiasi onere di assistenza dei migranti salvati in mare da parte di Malta e l'esclusivo onere in carico al Paese ospitante, ovvero l'Italia, l'unico Paese che doveva accogliere i migranti salvati in mare da qualsiasi imbarcazione militare facente parte dell'operazione Triton, ma anche da navi di ONG, navi mercantili, eccetera.

  PRESIDENTE. Sta chiedendo la struttura del piano operativo di Triton, così come per le altre missioni.

  FEDERICO SODA, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM. Ho annotato undici domande, tutte molto interessanti. Cercherò di rispondere al mio meglio.
  Per quello che riguarda l'intercettazione nelle acque libiche, a prescindere da questioni territoriali eccetera – non ho l'esperienza per addentrarmi in tali questioni – quello che ci preoccupa è il punto di sbarco, la sicurezza al punto di sbarco e l'assistenza adeguata ai punti di sbarco, perché consideriamo inaccettabile fare i soccorsi per poi portare le persone in condizioni che tutto il mondo sa essere inaccettabili e che molto probabilmente possono risultare in ulteriori tentativi di attraversare e continueranno ad alimentare la tratta e il traffico.
  Pochi giorni fa la Commissione europea ha approvato una proposta italiana, se non sbaglio, di 46 milioni dall'EU Trust fund per un progetto sulla Libia, con capofila la polizia di Stato italiana, che contiene anche aspetti per migliorare la sicurezza in questi punti di sbarco e l'assistenza.
  Nel momento in cui ci saranno dei punti di sbarco sicuri, si potranno fare altri tipi di ragionamenti.
  Per ciò che concerne i dati sui disabili, a noi non risulta che esistano dati specifici sui disabili.
  Del Bangladesh posso parlare per un'ora, ma mi tengo brevissimo e rimando al briefing che abbiamo preparato. Voglio solo sottolineare che la migrazione dal Bangladesh alla Libia non è un fenomeno nuovo. Sono tantissimi anni, da molto prima della primavera araba, che questa nazionalità si sposta verso la Libia per questioni di lavoro. Noi nel 2011 abbiamo evacuato 250.000 persone, dopo la primavera araba, in grandissima parte verso il Bangladesh e le Filippine.
  Praticamente questo corridoio di migrazione per lavoro continua. Ovviamente i numeri sono ridotti. Il Bangladesh afferma che ha messo un divieto per i propri connazionali ad andare in Libia, però questi divieti non funzionano quasi mai. Ci sono in tutto il Golfo, ma il Golfo è pieno di migranti. Sono numeri più ridotti di prima, però si troveranno sempre 5.000-6000-7.000 persone in Bangladesh disposte a provare in Libia.
  Arrivati lì, gli tolgono i documenti; hanno investito tutti quei soldi, il lavoro non esiste o se esiste non è pagato e hanno altre mille difficoltà. Non possono permettersi di tornare indietro, perché non hanno né i soldi né i documenti e hanno un debito enorme, per cui vanno avanti. Inoltre, qui c'è una comunità notevole.
  Per quanto concerne aumento del PIL, declino del PIL e migrazione, lo sviluppo Pag. 13sicuramente non sarà un elemento che ridurrà la migrazione. Tuttavia, dovrebbe cambiarla, dovrebbe creare una migrazione più sicura e con più benefici.
  Abbiamo avuto 250.000 italiani l'anno scorso che hanno lasciato l'Italia, immagino tutti in un modo regolare, sicuro e organizzato, per ragioni di lavoro. Se la gente ha più risorse e più informazioni, quelli che hanno speranze e che desiderano di più continueranno a cercare di spostarsi.
  Il problema non è la migrazione, il problema è una migrazione che non è gestita, che è gestita esclusivamente da criminali in questo momento. Bisogna riflettere in questo ambito. Quando voi autorità lo considererete appropriato, bisognerà riflettere su tutti i tipi di canali regolari, temporanei, permanenti, economici, per protezione internazionale, per studenti eccetera.
  Questo non esiste attualmente in Italia e in tantissimi altri Paesi europei ed è una delle ragioni per cui stiamo osservando questa «crisi», che è soprattutto politica.
  Per ciò che concerne i morti, noi abbiamo iniziato nel 2013-2014 a raccogliere i dati sui morti in mare. Io non ero ancora in Italia e non seguivo questo tema con attenzione. Come sapete meglio di me, prima le barche arrivavano quasi nelle acque territoriali, quasi fino in Italia, quindi cosa accadeva in mare non veniva osservato.
  Le nostre stime sono basate sulle testimonianze dei migranti soccorsi, sulle dimensioni delle barche e su quello che ci dicono le autorità o le ONG che hanno fatto il soccorso. È una triangolazione di tutte queste informazioni, che prima non si poteva fare, perché se affondava la barca nel Mediterraneo non se ne accorgeva nessuno.

  PRESIDENTE. Ci farà avere questi dati?

  FEDERICO SODA, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM. Sì, vi facciamo avere tutti quelli che abbiamo.
  A proposito del sistema d'accoglienza, mi sembra che lei abbia detto che una volta che vengono riconosciuti vengono sbattuti fuori. Non mi risulta.
  Per quello che riguarda i dati non ho le informazioni per rispondere. Immagino che sia il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione ad avere tutti questi dati (il prefetto Pantalone).

  PAOLO ARRIGONI. Vorrei solo ricordare che ieri ho risollecitato l'audizione del Ministero dell'interno per questi dati. Considerando che l'accoglienza ruba due terzi del costo dell'immigrazione, come ha detto il Ministro Padoan, ritengo che sia un dovere nei confronti degli italiani.

  FEDERICO SODA, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM. Non so se c'era una domanda riguardante gli eritrei e la relocation. Penso che abbiamo detto una cosa simile.

  PAOLO ARRIGONI. Io ho toccato l'argomento somali.

  FEDERICO SODA, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM. È per questo che, come spero di aver chiarito, questi canali, anche se in questo momento magari sono di poco beneficio per il Paese, devono essere tenuti aperti per un possibile cambiamento nei flussi di riconoscimento della protezione. Si potrebbe riflettere su un lobbying per includere altre nazionalità, come magari i somali.

  PRESIDENTE. Direttore, su questo interloquisco. Io ho in testa nei primi sei mesi di quest'anno una ricollocazione negli altri Paesi europei di circa 5.000-6.000 persone. È un dato esatto? La Germania ci ha garantito 500 ricollocamenti al mese per tutto il 2017. Questi sono dati confermati anche da voi?
  Capisco e do ragione anche ad Arrigoni, purtroppo: non abbiamo grande massa da poter ricollocare. Tuttavia, mi sembra che alcuni numeri relativi al ricollocamento nel 2017 siano aumentati.

  FEDERICO SODA, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM. Sì, i numeri sono aumentati, in grandissima parte perché c'è stata più collaborazione Pag. 14 da parte di altri Paesi membri e anche perché lo spostamento tra i Paesi è molto complicato e impegnativo e ci è voluto molto di più di quello che ci aspettavamo per mettere in piedi il programma.
  Noi siamo stati finanziati per uno spostamento di 10.000 persone entro la fine di quest'anno, che pensiamo di raggiungere. La quota era 40.000, però noi già all'inizio del programma avevamo i nostri dubbi sulla possibilità di raggiungere i 40.000 e abbiamo accettato un finanziamento per solo 10.000, dicendo: «Se raggiungiamo i 10.000 in anticipo, dopo si può fare un altro finanziamento».

  PRESIDENTE. Che lei sappia, oltre a voi ci sono altre istituzioni o altre associazioni che fanno lo stesso lavoro?

  FEDERICO SODA, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM. All'inizio delle procedure ci sono l'EASO (European Asylum Support Office) e l'UNHCR (United Nations High Commissioner for Refugees). Per quanto riguarda i controlli sanitari, la preparazione pre-partenza, lo spostamento e poi l'accoglienza nel Paese di destinazione, lo facciamo noi.
  Per ciò che concerne i centri in Libia, noi stimiamo che la capacità di tutti i centri sia di circa 8.000 persone.
  Il finanziamento italiano di 18 milioni dal cosiddetto «Fondo Africa» degli affari esteri è per tre anni.

  PAOLO ARRIGONI. Cioè 18 milioni per 3?

  FEDERICO SODA, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM. No.

  PRESIDENTE. Allora 6 milioni per tre, diciotto.

  FEDERICO SODA, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM. Sì. Riceviamo altri finanziamenti bilaterali dall'Italia per vari Paesi. Sono troppi per dirli oggi, però se vi interessano queste informazioni possiamo benissimo condividerle. Ovviamente ci sono altri finanziamenti bilaterali da altri Paesi europei e tutti i meccanismi della Commissione.
  Il problema attuale sinceramente non è una mancanza di fondi. Ci viene chiesto di realizzare attività che le condizioni non permettono, per questioni politiche, di sicurezza, eccetera. Non è un periodo in cui i finanziamenti sono un problema.

  PRESIDENTE. È difficile lavorare?

  FEDERICO SODA, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM. È difficilissimo.
  Per quanto riguarda i rimpatri volontari assistiti, vi ho già illustrato i dati relativi al Niger e alla Libia. Spostandoci in Europa, l'anno scorso abbiamo realizzato più di 110.000 rimpatri volontari assistiti dall'Europa.

  PRESIDENTE. Arrigoni è caduto dalla sedia.

  FEDERICO SODA, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM. Sono contento, perché adesso le dico i dati italiani. Ne abbiamo realizzati più di 110.000 dall'Europa, più di 50.000 solo dalla Germania e, dal luglio del 2016, 500 dall'Italia, con un totale di 3.600 dal 2008 al 2015.

  PRESIDENTE. Direttore, abbiamo ancora cinque minuti, perché dobbiamo andare in Aula a votare.

  FEDERICO SODA, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM. Dal luglio 2016 a oggi sono stati 500, dal 2008 al 2015 3.600. Tutto il sostegno che la Camera può darci per rafforzare queste attività è benvenuto, e sono lieto di parlarne quando volete.

  PAOLO ARRIGONI. Perché questa differenza?

  FEDERICO SODA, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM.Pag. 15 Tra l'Italia e altri Paesi? Perché non è un programma che è valorizzato dal Paese, non è riconosciuto come un elemento integrale della gestione dei flussi, come lo è in altri Paesi europei, ad esempio la Germania, l'Olanda, il Belgio e quasi tutti gli altri. È un discorso...

  PAOLO ARRIGONI. Dalla Germania che bonus prende il migrante che torna? Non c'entra nulla...

  FEDERICO SODA, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM. Questo non c'entra nulla. I pacchetti d'integrazione sono paragonabili, è una questione che riguarda le procedure e il sistema complessivo.
  Non ho capito bene la domanda su quanto pesa l'ONU in Libia. In questo momento uno dei grandissimi problemi è che non abbiamo accesso al Paese come vorremmo. È da marzo che noi come organizzazione siamo pronti a rientrare, abbiamo l'ufficio e abbiamo tutto pronto, però per questioni di sicurezza non abbiamo i permessi da New York.
  La missione ONU è basata a Tunisi. La posizione istituzionale è che queste restrizioni di sicurezza vanno rivalutate, perché possiamo mitigare i rischi e ci sono altri Paesi e altre capitali molto più pericolosi dove abbiamo attività.
  È un problema grave. Questa, però, è una responsabilità dei Paesi membri che controllano le Nazioni Unite, perché non si può dire che le Nazioni Unite non fanno niente, quando i Paesi che le controllano non fanno pressione su certi punti chiave.
  Della proposta di Avramopoulos in merito alla richiesta d'asilo sulle navi non so niente, mi spiace. Immagino che sparirebbero tutte le navi.
  A proposito dei minori non accompagnati, ancora non possiamo notare nessun cambiamento nei flussi, anche se, mentre qualche anno fa le nazionalità principali erano gli egiziani e gli albanesi, adesso gli egiziani continuano ad arrivare, però vediamo anche minori gambiani e ivoriani. C'è stata una diversificazione anche tra questo gruppo.
  Non so quante navi provengano dai Paesi membri, mi spiace.

  PRESIDENTE. Abbiamo già questo dato. Parliamo della missione Triton e della missione Sophia. Abbiamo tutti i dati anche nel nostro Comitato su questo, perché il comandante da noi audito ce li ha dati. Li abbiamo sia di una missione che dell'altra.

  FEDERICO SODA, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'OIM. Per quanto riguarda Frontex e l'accordo, non ho ulteriori informazioni, ho solo quelle che sono già pubbliche.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Federico Soda e anche la dottoressa Giulia Falzoi per averlo accompagnato.
  La ringraziamo sentitamente, perché ci ha dato dei numeri e delle informazioni che non avevamo fino a oggi. Evidentemente, caro compagno senatore, pensiamo di saper tutto, invece capisco che la cosa è talmente complicata che avremmo bisogno di informazioni veramente tutti, non soltanto noi, se mi permetti, ma anche i mezzi di informazione che forse mi ascoltano adesso, perché stanno dando delle informazioni parziali e a volte anche non corrette.
  La ringraziamo, perché ci ha abbastanza illuminato su cose che non sapevamo. Ringrazio anche i colleghi per la loro presenza.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.45.