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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 24 di Mercoledì 8 giugno 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI MINORI FUORI FAMIGLIA

Audizione di rappresentanti dell'Unione famiglie adottive italiane (UFAI).
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 
Cianflone Elena , Presidente dell'Unione famiglie adottive italiane ... 3 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 7 
Blundo Rosetta Enza  ... 7 
Cianflone Elena , Presidente dell'Unione famiglie adottive italiane ... 8 
Blundo Rosetta Enza  ... 8 
Cianflone Elena , Presidente dell'Unione famiglie adottive italiane ... 8 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 8 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 8 
Cianflone Elena , Presidente dell'Unione famiglie adottive italiane ... 8 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 8 
Cianflone Elena , Presidente dell'Unione famiglie adottive italiane ... 9 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 9 
Cianflone Elena , Presidente dell'Unione famiglie adottive italiane ... 9 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 9 
Cianflone Elena , Presidente dell'Unione famiglie adottive italiane ... 10 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 10 
Cianflone Elena , Presidente dell'Unione famiglie adottive italiane ... 10 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 11 
Cianflone Elena , Presidente dell'Unione famiglie adottive italiane ... 11 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 11 
Cianflone Elena , Presidente dell'Unione famiglie adottive italiane ... 11 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 11 
Cianflone Elena , Presidente dell'Unione famiglie adottive italiane ... 11 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 11 

ALLEGATO: Manifesto dell'Unione famiglie adottive italiane (UFAI) ... 12

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MICHELA VITTORIA BRAMBILLA

  La seduta comincia alle 14.15.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Unione famiglie adottive italiane (UFAI).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno prevede, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui minori fuori famiglia, l'audizione di rappresentanti dell'Unione famiglie adottive italiane (UFAI). Do la parola ad Elena Cianflone, presidente dell'UFAI, che ringrazio per la disponibilità.

  ELENA CIANFLONE, Presidente dell'Unione famiglie adottive italiane. Buongiorno a tutti. Ringrazio innanzitutto la Commissione per questa opportunità che ha dato al nostro Comitato la possibilità di portare il punto di vista diretto delle famiglie.
  Io mi chiamo Elena Cianflone e sono una mamma biologica e adottiva che, insieme ad un gruppo di famiglie conosciutesi in rete, ha fondato, nel giugno del 2014, l'UFAI (Unione famiglie adottive italiane), che è un comitato che ad oggi ha più di 1.200 iscritti, fra famiglie adottive e affidatarie.
  Siamo nati per poter parlare direttamente della reale situazione delle famiglie italiane che accolgono bambini, senza filtri di organizzazioni e altre strutture, per chiedere una riforma della legge n. 184 del 1983, che serva a risolvere una serie di situazioni di difficoltà che non arrivano mai ai media, nonostante negli ultimi tempi si siano accesi i riflettori sui minori in situazioni di abbandono.
  La nostra vuole essere una voce che sensibilizza le istituzioni sulla difficoltà dei minori e delle famiglie. A questo proposito abbiamo redatto un manifesto, il primo manifesto delle famiglie adottive italiane, che è stato appoggiato, firmato e condiviso da oltre 11.000 persone, in poco più di un anno e mezzo dalla sua pubblicazione.
  Siamo diventati in pochissimo tempo un riferimento per molti genitori adottivi e affidatari, grazie all'organizzazione di una rete di assistenza legale e medica, totalmente gratuita durante e dopo la procedura. Come dicevo, funzioniamo come una sorta di time bank, dove i genitori adottivi mettono a disposizione le loro conoscenze; quindi abbiamo dei medici, degli psicologi e dei legali che aiutano le famiglie a portare a termine il progetto adottivo o affidatario, a seconda delle difficoltà.
  Questa premessa è per dire che il nostro punto di vista non è tecnico, ma è quello di chi vorrebbe che, al centro di tutti i discorsi, ci fosse sempre chi ci dovrebbe essere: il minore. Nelle precedenti sedute è stato detto molto, come abbiamo ascoltato e letto, riguardo le varie necessità: dal bisogno di formare operatori preparati a quello di sostenere le famiglie e i minori anche con misure economiche; dalla necessità di creare un progetto di affido a quello di organizzare un sistema di preparazione e affiancamento delle famiglie stesse. Pag. 4
  Condividiamo ovviamente la stragrande maggioranza di quanto ci è stato fatto osservare. Ci preme, però, sottolineare che ogni problematica prende un peso differente a seconda del punto di vista e da dove la si guarda. Inoltre, non sempre lo sguardo con cui si vedono le cose è quello del minore.
  Spesso la stessa scena è vista da una prospettiva di uno dei diversi attori del sistema affido, come gli organi giudiziari, per esempio, alle prese con i sistemi della giustizia, o le famiglie biologiche con la necessità di dover crescere, quindi poter riavere il proprio figlio magari allontanato, o i servizi sociali sempre sotto organico e le famiglie affidatarie che devono fare i conti con un ruolo a volte poco definito o poco chiaro.
  Come vi dicevo, la stessa scena, vista da prospettive diverse di uno dei diversi attori di questo sistema affido, si modifica a seconda di chi viene messo al centro del sistema. Il rischio della visione di parte è quello di perdere quella che noi crediamo sia la strada giusta, cioè di mettere al centro sempre e solo gli interessi del minore.
  Nel nostro sistema legislativo, la tutela della famiglia biologica ha un grosso peso. Pur essendo profondamente convinti che, prima di allontanare un minore, occorra sostenere e aiutare la famiglia biologica per recuperare una genitorialità affidabile e affettiva, tuttavia noi ci domandiamo per quanto tempo un bambino deve essere costretto all'incertezza del suo futuro e quanto il suo benessere conta rispetto alla più o meno teorica possibilità di recupero della famiglia biologica, oppure se la scelta di revocare o meno la patria potestà è sempre e solo fatta nell'interesse del minore.
  Sempre più spesso assistiamo a delle situazioni di affidi che, da misura temporanea, si trasformano in sine die. Si tratta di una sorta di limbo senza certezze che condanna il minore a un futuro di precarietà affettiva, che ben sappiamo quanto potentemente pesi sulla serenità di un bambino in affido, il quale, come tutti i bambini, ha bisogno di quelle certezze che sono fondamentali per uno sviluppo armonioso.
  Per spiegarmi meglio posso fare un esempio. Una cosa che ci riferiscono spesso le famiglie è che a volte i bambini in affido chiedono cose del tipo «il prossimo Natale, se sarò qui, possiamo fare questa cosa?». Questa precarietà è veramente inquietante.
  Dalle nostre famiglie sappiamo che le principali esigenze di minori in affido sono due: la certezza della solidità degli affetti e la certezza del futuro.
  Ora, se riguardo alla prima esigenza la legge n. 173 del 2015 sulla continuità affettiva colma comunque un vuoto legislativo, riconoscendo il valore profondo del legame tra affidato e famiglia affidataria, riguardo alla seconda esigenza, quella della certezza del futuro, che implica costruire stabilità nel più breve tempo possibile, navighiamo purtroppo in alto mare.
  Riguardo a questo «più breve tempo possibile» mi chiedo innanzitutto quale dovrebbe essere il tempo massimo di un affido. L'affido dovrebbe essere una misura temporanea. Questo lo sappiamo tutti e l'abbiamo detto tutti. La realtà è che, in genere, prima di essere collocato in famiglia affidataria, un bambino viene istituzionalizzato e a volte passano anche tre anni. Questi sono tempi che, per un bambino, sono un'eternità. Inoltre, se questo tempo sottratto alla vita famigliare riguarda i primi anni di vita, quelli della formazione, che sono i più importanti di un bambino, i danni per il minore saranno ancora più pesanti.
  Posso fare l'esempio di una famiglia che si è rivolta a noi da poco e che ha avuto due gemelli in affido. Questi bimbi sono stati per quattro anni e mezzo in una casa-famiglia. Adesso, questo è diventato un affido sine die. Si tratta di quattro anni e mezzo rubati – perdonatemi la parola – di una vita che poteva essere tranquilla, cioè con una famiglia affidataria. Questo è accaduto perché i bambini erano in una piccola casa-famiglia di una provincia dove non c'era nessuna famiglia affidataria disposta a prendere due bambini insieme. Poi, anticipo quanto dirò dopo, si tratta di un problema di mancanza di connessione e di creazione di una rete che metta in contatto appunto tutte queste strutture. Pag. 5
  Dicevamo che tre anni di tempo per un bambino sono un'eternità. Inoltre, se questo tempo viene sottratto alla vita famigliare, i danni sono molto pesanti. In quest'ottica, la tutela del legame biologico si scontra con quel senso di precarietà dovuto al fatto che il minore non può investire in quella rete di relazioni stabili e continuative, indispensabili per un bambino, e rimane in una sorta di limbo che lo porta ad essere subordinato e dipendente dai tempi degli adulti: da quelli incerti legati ad un'eventuale capacità di recupero della famiglia di origine a quelli lunghissimi della burocrazia e legali.
  Soprattutto, è l'affido sine die che lascia il minore senza vera tutela. Una volta arrivata l'adolescenza, questi ragazzi spesso hanno disagi psicologici che si manifestano con comportamenti che possono spingere la famiglia affidataria a interrompere un compito che non è tenuta a portare a termine. Questo significa che il ragazzo dovrà affrontare un altro abbandono a un altro ricollocamento, perdendo altro tempo e altra vita. Un'istituzione temporanea come l'affido, quindi, non tutela, perché la famiglia affidataria non ha la potestà genitoriale e non è obbligata alla tutela.
  Faccio l'esempio di due ragazzine adolescenti, di cui una soffre di anoressia ed è stata ricollocata perché la famiglia affidataria non aveva la possibilità e le capacità – tra l'altro, non c'era neanche una rete d'appoggio da parte dei servizi – per sostenere una realtà così complicata.
  Un altro ragazzino, che mi viene in mente e che soffriva di cleptomania, è diventato problematico per la famiglia affidataria. Si tratta di un ragazzino arrivato da piccolino in questa famiglia. All'arrivo dei problemi la famiglia non ha obblighi, quindi questi ragazzi vengono poi messi alla porta.
  Ci sono anche delle questioni più quotidiane e meno drammatiche che rendono comunque l'affido sine die non ideale per lo sviluppo sereno di un minore, come, per esempio, il cognome differente rispetto a quello del genitore affidatario che magari non incide i primi giorni di scuola, quando sono piccolini, ma, quando crescono, ha il suo peso, nel sentirsi diverso a scuola perché, per andare in gita, bisogna passare dal tutore legale o si può avere la percezione che i genitori affidatari non abbiano quell'autorità o quell'autorevolezza che potrebbero avere dei genitori biologici, facendo dei confronti con gli altri ragazzi. Questa è una cosa che emerge sempre dai racconti delle nostre famiglie.
  Può anche diventare difficile andare a trovare uno zio all'estero. Mi viene in mente una famiglia che di recente aveva un matrimonio all'estero e non sono potuti partire. La possibilità c'è ed è quella di chiedere dei permessi, ma i tempi legali sono lunghissimi, quindi, anche se il ragazzino dovesse essere molto bravo a scuola, chiedere la possibilità di fare l'anno all'estero diventa molto complicato e complesso. La loro vita è sempre un po’ diversa e questi sono un po’ figli di un dio minore.
  Torniamo, una volta ancora, alle domande che ci ponevamo all'inizio: per quanto tempo un bambino deve essere disponibile all'eventuale recupero della famiglia di origine? Ci chiediamo se non dovrebbe essere prioritario il suo bisogno di una famiglia che sappia allevarlo, per esempio, e persino quanto pesino, per esempio, i suoi bisogni rispetto all'opportunità di recupero del legame biologico.
  Pur essendo profondamente convinti che occorra sostenere con ogni sforzo la famiglia biologica e che la situazione di indigenza non debba essere mai causa di un allontanamento di un bambino, crediamo, però, che gli affidi sine die debbano essere trasformati in adozione aperte, che tutelino il legame biologico, ma che consentano al bambino di sentirsi figlio, perché il diritto di essere figlio è un diritto fondamentale, e di sentirsi figlio a tutti gli effetti e vivere appieno questa continuità affettiva cui ha diritto.
  Sull'adozione aperta, ci battiamo fin dalla nascita di UFAI. Crediamo, infatti, che serva una forma di adozione che consenta al minore di esercitare il suo diritto di crescere in una famiglia come figlio, senza perdere, qualora sia possibile, quel legame affettivo con la famiglia biologica che, pur non avendo una capacità genitoriale, possa Pag. 6magari conservare quel legame affettivo, con una frequentazione che poi viene fissata a seconda dei casi. In pratica, si tratta di trasferire alla famiglia affidataria la patria potestà, dando al minore una certezza sul suo status di figlio.
  Forti dell'esperienza con le famiglie adottive, possiamo affermare che la conoscenza delle proprie origini e della propria storia è qualcosa che può essere molto prezioso per la crescita serena di un bambino, soprattutto nell'adolescenza, quando le domande che si fanno tutti gli adolescenti, come «chi sono, da dove vengo e perché sono qui?» hanno una grande sete di risposte. Certo, occorre che la creazione dell'adozione aperta sia accompagnata da un processo di programmazione e, in buona parte, di ristrutturazione un po’ di tutto il sistema.
  Occorre pensare, in primis, a una formazione, magari anche certificata con un decreto, per le famiglie affidatarie disponibili ad affidi a lungo termine, perché siano pronte ad un'eventuale affiliazione. Si potrebbero magari inserire le coppie in liste differenziate in base alla possibilità dell'accoglienza, quindi per accoglienza parziale, temporanea, fino a quella più inclusiva che potrebbe portare ad un'adozione aperta.
  Occorre, poi, una formazione per chi, nei servizi sociali, dovrebbe essere di supporto e di riferimento alle famiglie. Inoltre, occorre cercare strumenti per superare le criticità, come per esempio l'adolescenza, ed essere d'aiuto, durante e dopo l'affido.
  Sarebbe auspicabile una formazione comune per avere un'uniformità di comportamenti e forse sarebbe necessario approntare delle linee guida.
  Lo dico perché, a volte, questi bambini arrivano da un servizio sociale e la famiglia affidataria abita in un'altra zona, quindi sono seguiti dal primo per quanto riguarda i rapporti con la casa-famiglia e da un secondo per quanto riguarda i rapporti e la vita con la famiglia affidataria. Poi, magari esiste anche un terzo servizio che è quello dove abitano i genitori biologici. Capita che i tre servizi non dicano le stesse cose, quindi la famiglia affidataria impazzisce a cercare di ottemperare alle indicazioni, che a volte sono veramente contraddittorie; quindi la creazione di linee-guida sarebbe fondamentale.
  Soprattutto bisognerebbe coordinare una sorta di rete, cioè una sorta di salvagente per il minore che sia in sinergia con la famiglia e con la scuola, ma anche con il servizio sanitario. Certo, tutto questo ha bisogno di risorse economiche, anche se siamo convinti che l'adozione aperta ridurrebbe le risorse che in questo momento sono impegnate per i minori istituzionalizzati. Si tratta di risorse che potrebbero essere utilizzate per la creazione di un sistema tutelante e di sostegno all'infanzia e alla famiglia perché ogni bambino possa avere una famiglia che lo accudisca. Questo è un dono che sicuramente tornerà alla società, nel senso che tutto quello che noi facciamo ai bambini poi torna indietro con gli interessi. Una ristrutturazione del sistema crediamo sia di fatto un percorso obbligato.
  L'istituzione dell'adozione aperta incentiverebbe anche la pratica dell'affido, a nostro avviso. La resistenza di molte famiglie verso l'affido è data dalla paura di veder troncato quel legame affettivo che, logicamente, si instaura con il minore.
  Quel dover essere accoglienti, senza però affezionarsi troppo, come viene spesso detto dai servizi e da chi si occupa del minore, è un'indicazione ai genitori che rappresenta una contraddizione in termini. Basta pensare alle profonde implicazioni umane di legame empatico e alla creazione di una reciproca fiducia delle parole «accogliere» e «affidarsi».
  Questa è una contraddizione affrontata dalla legge sulla continuità affettiva, cui, tra l'altro, abbiamo avuto modo di dare il nostro contributo, quando c'è stato il tavolo di lavoro che ha elaborato le raccomandazioni per il suo buon utilizzo. Tale legge, però, non ha affrontato le implicazioni per le famiglie affidatarie di un affido che può diventare una realtà definitiva. Questo è un evento tutt'altro che raro, visto che non succede spesso che le famiglie di origine di questi bambini riescano a far crescere le proprie capacità e accudirli; è difficile che il minore rientri una volta allontanato. Si Pag. 7tratta di situazioni in cui, spesso, questi affidi diventano a lungo termine e poi affidi sine die, anche se è chiaro che il lavoro dovrebbe essere quello di sostenere la famiglia, ed è tutto un ciclo chiuso.
  Per molte famiglie la trasformazione in affido o in adozione è cosa naturale, ma per altre non lo è e, per svariati motivi; a volte si lega anche a delle paure, quindi ci sono dei casi di famiglie che magari pensavano di prendere in affido un bambino e, visto il rischio che poi questo bambino possa essere per sempre, magari non si sentono pronti a fare questo passo.
  Tuttavia, se vogliamo vedere le cose dal punto di vista del minore, si potrebbe volere solo la stabilità e l'affezione come principale motore di questa ricerca. Dobbiamo porci l'urgente problema che le famiglie affidatarie siano preparate anche a questa eventualità, quindi formate per questa possibilità.
  Torniamo, quindi, a riproporre l'idea di liste differenziate, in base alla disponibilità dell'accoglienza, da integrare con la possibilità che gli istituti dell'affido e dell'adozione, pur mantenendo una loro separazione, comincino a camminare in una sinergia, condividendo degli strumenti comuni, come per esempio l'istituzione di questa banca dati di cui si parla molto spesso, oltre che per i minori adottabili, anche per i minori fuori famiglia.
  Questo mi ricorda il caso di un'altra famiglia che adesso ha tre bimbi che hanno dovuto peregrinare tra diverse famiglie perché, essendo in tre, era difficile trovare per loro una collocazione. Tuttavia, se la banca dati fosse in connessione, anche questo sarebbe più facilmente gestibile e dei bambini magari rimarrebbero meno tempo in una casa famiglia.
  Ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola alla senatrice Blundo.

  ROSETTA ENZA BLUNDO. Prima di tutto, io la ringrazio per questa audizione, per quello che ci ha detto e per come ci ha illustrato uno spaccato di realtà che magari finora nelle altre audizioni non era stato toccato o perlomeno non era stato toccato in maniera così chiara e indirizzata a questa realtà dell'affido.
  Intanto vorrei dire due cose. Io, già quando c'è stato in Commissione Giustizia al Senato il disegno di legge su affido e adozioni, avevo sollevato la problematica che riporto qui anche a lei perché magari ci sono degli aspetti che, a mio avviso, sono più rilevanti di altri.
  Come lei diceva prima, bisognerebbe rivedere la situazione attuale delle normative che precludono, cioè quelle che stanno prima di un passaggio all'affido; il problema è lì. Noi stiamo vivendo in un momento in cui l'intervento dell'allontanamento del minore dalla famiglia è troppo discrezionale e senza un'adeguata presenza di strutture e di processi di supporto a tutte le strutture che sottendono alla prevenzione. Il problema grave è lì.
  Io sono pienamente d'accordo con lei, quando dice che la condizione effettiva del minore deve essere chiara, perché non c'è niente di peggio – ed è quello che stanno vivendo tutti i giovani italiani, dentro o fuori le famiglie – dell'incertezza del futuro. Non c'è niente di peggio e più devastante di questo, per cui figuriamoci per un bambino che vive l'incertezza del futuro anche dal punto di vista affettivo; già i minori nelle famiglie più serene vivono tale tipo di difficoltà, figuriamoci quando c'è un problema del genere. Ovviamente la certezza affettiva, in qualunque modo sia garantita, è fondamentale.
  Tuttavia, il minore deve avere la tutela per l'affettività della famiglia biologica d'origine perché, se è stato messo anche dentro la Costituzione e i nostri padri costituenti – mi taccio qui, però ci tengo a dirlo – erano saggi, è una condizione prioritaria.
  Anche famiglie che hanno vissuto problematiche, negli anni Quaranta e Trenta, di padri prepotenti, raccontano, una volta diventati professori o anche avvocati, di come la madre, la nonna e il ceto parentale supportavano queste situazioni un po’ pesanti.
  Io non credo che sarà facile da raccontare per i bambini che sono stati sottratti in maniera indiscriminata e non adeguata alle Pag. 8famiglie d'origine e abbiano vissuto questo dramma, pur inseriti in un'ottima famiglia che gli garantiva l'affido e l'affetto.
  Lo dico perché è così, fa parte della natura, quindi, partendo da questo presupposto, deve essere rivisto assolutamente l'impianto generale, ma anche le priorità di un Governo che deve indirizzare fondi adeguati a supportare tutta quella rete di prevenzione e quel tessuto che si può creare attorno alle famiglie.
  Dopo di che, sono assolutamente d'accordo, e su questo effettivamente sottoscrivo, che ci debba essere una lista che elenchi le diverse tipologie di disponibilità, però io penso che dovremmo riuscire a prevedere norme a tutto tondo, come la rete di prevenzioni e le norme che dovrebbero esserci a livello di sottrazione dei minori. Mi riferisco alla modifica dell'articolo 403 c.c. che permette degli interventi eccessivi, quindi deve essere rivista, come anche le linee guida.

  ELENA CIANFLONE, Presidente dell'Unione famiglie adottive italiane. Anche le modalità.

  ROSETTA ENZA BLUNDO. Esatto. Nella scuola, assolutamente, non è possibile.

  ELENA CIANFLONE, Presidente dell'Unione famiglie adottive italiane. La mia seconda figlia adottiva per esempio ricorda perfettamente – lei è russa – di essere stata portata via dalla famiglia, che era una famiglia estremamente difficile, con la camionetta della Polizia. Questo è un ricordo marchiato a fuoco.

  PRESIDENTE. Lascio il posto alla vicepresidente Blundo, che è anche relatrice, perché io devo andare.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
ROSETTA ENZA BLUNDO

  PRESIDENTE. Quindi, dicevo, questa situazione deve essere sanata a tutto tondo perché il prelievo dei minori è solo un aspetto, e l'intervento si può fare sulla base dell'articolo 403.
  Deve essere rivista la questione di gestire le situazioni conflittuali in un momento di separazione. Sappiamo benissimo che viviamo in una società che ha un alto tasso di divorzi e separazioni e lo abbiamo anche facilitato con il divorzio breve. Ora, la questione deve essere rivista anche da questo punto di vista perché – se entrano in conflittualità i genitori, e si sa bene che ci entrano, altrimenti restavano uniti – la conflittualità è il presupposto della separazione. Sono davvero rari i casi di separazioni in cui si dice «l'amore si è dissolto e pacificamente nel tempo si è esaurito». La normativa deve gestire queste conflittualità e garantire al genitore il giusto ruolo: tu sei e resti genitore, indipendentemente dal tuo legame coniugale.
  Su questo, uno Stato serio deve essere anche educativo, nel senso che bisogna far capire a ogni genitore che mette al mondo un figlio che lo è e lo resta finché non ci rinuncia, però, nel momento in cui rinuncia, lo fa volontariamente e non è messo nelle condizioni di non poter vedere un figlio da vivente, cioè bisogna evitare che accada che i bambini siano orfani di genitori viventi.
  Allora, vengo al punto: l'affido può passare ad adozione, con dei presupposti normativi e di gestione a livello di Governo e di amministrazione del Paese, ma non si devono mai lasciare bambini orfani di genitori viventi perché per il genitore vivente – questo è anche un aspetto che mi sembra importantissimo – anche qualora sia totalmente non in grado di poter accudire un figlio, se non altro la presenza, quindi «io ci sono per te e quella è la persona che ti cura, ma io ci sono per te», gliela si deve garantire, anche aiutandolo in questo percorso.

  ELENA CIANFLONE, Presidente dell'Unione famiglie adottive italiane. Forse c'è solo un'eccezione che è quella dei minori abusati o altro. Ci sono dei genitori che sono pericolosi per i propri bambini.

  PRESIDENTE. In quel caso, questo va evitato, ma solo in quel caso. Pag. 9
  Si è fatta una gran confusione perché in alcuni casi in cui il minore non ha avuto dei pericoli fisici, ci sono molti genitori che non possono più vedere i figli, addirittura stando nelle strutture di case-famiglia, perché già lì gli impediscono di poter interagire con i figli. In altri casi, invece, ci sono minori obbligati a vedere i genitori per evitare l'alienazione parentale.
  Abbiamo il caso di un bambino che è stato ucciso all'interno di una visita protetta, quindi è su questo che bisogna fare chiarezza. Io sono pienamente d'accordo e vi ringrazio per come avete spiegato bene l'importanza dell'affido e dell'affido che diventa un'adozione, soprattutto se non ha una temporaneità veramente breve perché quella temporaneità breve può essere data da condizioni momentanee. Pensiamo anche a una madre che si ammala e deve affrontare una malattia: quando è uscita dal tumore, il figlio le va restituito.

  ELENA CIANFLONE, Presidente dell'Unione famiglie adottive italiane. Sicuramente, vanno anche tutelate queste situazioni.

  PRESIDENTE. Invece, io sono a conoscenza di vari casi, in cui poi, per un motivo o per un altro, tentano di non restituire questo bambino.

  ELENA CIANFLONE, Presidente dell'Unione famiglie adottive italiane. Bisognerebbe anche tutelare, poi, il rapporto che si instaura con i genitori affidatari, nel senso che per il bambino non è mai positivo che un affetto si tronchi di colpo, quindi è chiaro che il genitore affidatario, nel caso della mamma malata che guarisce, restituisce il bimbo che torna sicuramente dalla mamma.
  Tuttavia, anche il rapporto con queste persone che magari si sono occupate di lui, per uno, due o tre anni, deve poter continuare, perché per il bambino è comunque una rete di affetti che deve rimanere. Magari più che parlare di genitore affidatario, in questo caso si potrebbe parlare quasi di una sorta di zii affidatari. Gli zii sono delle persone che non prendono il ruolo genitoriale, però lo affiancano, quindi il rapporto dovrebbe poter continuare, cioè dovrebbe essere tutelato, come dice chiaramente anche la legge 173 del 2015. Questo è giusto per il bambino perché comunque è vissuto in quella famiglia e ha creato una relazione, per cui quella relazione ha un valore e ha una preziosità.

  PRESIDENTE. Certo. Allora, vengo alla domanda. Io sto rivedendo l'istituto dell'affido e voi parlate del discorso di collegare affido e adozione. Io penso che, invece, questo aspetto – però, per carità, pongo la domanda anche a voi – debba essere tenuto distinto, prevedendo l'affido riservato solo a quella lista di persone che siano disponibili a un servizio sociale, cioè semplicemente sociale, e distinguendole da chi, all'interno delle adozioni, sia disponibile ad avere un percorso di affido-adozione o il percorso di adozione indiretta.
  Io distinguerei l'affido-adozione, per il quale già si sa che il bambino non avrà rientro, anche se va gestito tutto quell'aspetto che dicevamo prima, qualora il genitore sia vivente, di tutela minima di questo legame d'origine, dall'adozione tout court che conosciamo e che è quella classica.
  Tuttavia, manterrei distinto il discorso dell'affido perché lo vedrei collegato al discorso dell'allontanamento in alcuni casi, anche se con una condizione, cioè che sia possibile il sicuro rientro e il non passaggio a un'adozione, cioè una sorta di cuscinetto, quindi una sorta di fascia di rete sociale che poi è come quella che una volta era costituita dai vicinati di casa; il vicinato che dava un aiuto alle famiglie in difficoltà. Ecco, io lo vedrei più così e chiedo anche a voi se siete d'accordo.
  Inoltre, nel rivedere questo istituto dell'affido si dovrebbero prevedere anche i ruoli, come dicevate prima voi, e magari su questo mi farebbe piacere avere dei suggerimenti perché gli aspetti burocratici di gestione di tutto ciò diventano davvero preoccupanti, perché ci sono gli assistenti sociali del bambino, della madre eccetera. Bisognerebbe appunto dare delle indicazioni – e magari se avete dei suggerimenti – che possano permettere di individuare chi, su cosa e come dovrebbe farsi carico Pag. 10per coordinare gli interventi, quindi vi chiedo se ne avete un'idea.
  Poi, c'è un'altra domanda che volevo fare per quanto riguarda il discorso dai diciotto anni in su. Ora, nell'adozione dai diciotto anni in su, il problema non mi sembra si ponga perché è un'adozione e diventa come un figlio proprio. Nell'affido, si pone questo problema e altrettanto nelle case famiglie, però non possono essere adulti a tutto tondo, a diciotto anni, quindi, secondo voi, vi chiedo anche su questo che tipo di indicazioni volete lasciare a questa Commissione. Grazie.

  ELENA CIANFLONE, Presidente dell'Unione famiglie adottive italiane. Per quanto riguarda la prima domanda forse stiamo dicendo la stessa cosa, nel senso che secondo noi i due istituti, affido e adozione, sono due istituti separati che però, ad un certo punto, forzatamente si devono toccare.
  Abbiamo l'istituto dell'affido che dovrebbe avere diverse liste, a seconda della disponibilità che hanno le famiglie che si propongono. Attualmente, abbiamo affidi anche solo per il week-end e affidi diurni di bambini che sono dati in affido ad una famiglia solo per fare i compiti. Questo è un tipo di disponibilità. Ci sono delle famiglie che sono disponibili per un breve tempo, quindi magari a tenere un bambino per un anno. Questo è un altro tipo di lista.
  Le famiglie che, invece, danno la disponibilità per un affido, che adesso si chiama «sine die», quindi molto lungo, forzatamente hanno un percorso che tocca l'adozione, perché la legge della continuità affettiva sancisce il fatto che il genitore affidatario può far domanda di adozione, nel caso in cui si sia creato un buon rapporto e sia stato verificato che si tratta di un rapporto solido, mentre una volta non era possibile. Addirittura avevamo storie, anche molto drammatiche, di bambini vissuti per due o tre anni in una famiglia e poi, di punto in bianco, trasportati in un'altra famiglia che era quella ufficiale e legale.
  Adesso, senza andare tanto lontano, c'è una cosa che mi è capitata ieri di una famiglia in cui dicevano «noi abbiamo adottato questo bimbo che è arrivato a casa da venti giorni, ma sono venti giorni che piange perché vuole rivedere la famiglia con cui è stato due anni e mezzo».
  Per i bambini, non basta scrivere sul decreto «questo è genitore o questo non lo è», e tutto finisce lì. I sentimenti dei bambini vanno indipendentemente dalle nostre leggi e dalle nostre idee.
  Tornando alla sua domanda, i genitori affidatari che danno disponibilità per un affido così lungo dovrebbero essere preparati all'evenienza che forse questo affido potrebbe diventare qualcosa di più, quindi in questo caso vengono a contatto l'istituto dell'adozione e quello dell'affido. Secondo me, sono appunto i genitori adottivi che dovrebbe avere diversi tipi di preparazione.
  Noi adesso abbiamo l'adozione internazionale che è un percorso di un certo tipo, del quale ci sarebbe da parlare per giorni. Poi, abbiamo l'adozione nazionale e, anche qui, ci sarebbe da parlare per giorni. Poi, ci potrebbe essere questa adozione aperta che è una via di mezzo e che non è un'adozione piena, nel senso che mantiene comunque, e deve mantenere, questo legame con la famiglia d'origine, qualora la famiglia possa continuare ad offrire la parte, se non educativa, almeno affettiva, perché comunque c'è ed è preziosa, per cui va tutelata. Per questa fascia di genitori, che vanno dall'adozione all'affido, si tratta un po’ di un vaso comunicante, secondo noi.

  PRESIDENTE. Come dicevo, probabilmente appunto per questo motivo sarebbe utile – faccio la domanda, però insomma a mio avviso è così – dare una definizione di affido che si chiude lì e dare una normativa di affido-adozione che è interna al disegno di legge dell'adozione, cioè prevedere due modalità non distinte perché, altrimenti, si rischia di far passare la condizione di affido per problemi temporanei in adozione.

  ELENA CIANFLONE, Presidente dell'Unione famiglie adottive italiane. Infatti, noi diciamo che chi fa l'affido a lungo termine dovrebbe avere un decreto esattamente come i genitori adottivi perché, anche se l'affido sine die ad un certo punto dovesse finire, comunque si tratta di gestire e di crescere Pag. 11un bambino che ha una determinato tipo di aspetti, di vissuti e di problematiche, per cui la preparazione dovrebbe essere, secondo me, abbastanza simile a quella dei genitori adottivi. Sicuramente questo aspetto dovrebbe fare di più parte dell'adozione, ma è chiaro che soprattutto le liste dovrebbero mettersi in comunicazione.

  PRESIDENTE. La banca dati comune.

  ELENA CIANFLONE, Presidente dell'Unione famiglie adottive italiane. La banca dati dovrebbe essere veramente comunicante. Tra l'altro, cosa che adesso non è, la banca dati dovrebbe essere comunicante anche fra le varie città e i vari paesi; comunque mi sembra che non esista una banca dati dei minori in affido.

  PRESIDENTE. Di fatto, non esiste nemmeno una chiara banca dati dei minori fuori famiglia.

  ELENA CIANFLONE, Presidente dell'Unione famiglie adottive italiane. Non esiste neanche di quelli adottabili.

  PRESIDENTE. Noi abbiamo i dati fermi al 2012, a tutt'oggi, quindi questo è un problema, mentre invece dovrebbe essere tempestiva la comunicazione, cioè ogni realtà, ogni comune e ogni regione dovrebbe raccogliere i propri dati ed averli costantemente aggiornati. Io sono d'accordissimo per una banca dati generale, per poter dare anche modo alle varie famiglie di incrociare i dati, quindi capire le disponibilità; ferma restando, come avevamo anche detto prima, la necessità di una rivisitazione di tutto il sistema e di una distinzione netta fra un servizio sociale, svolto dagli istituti o dalle famiglie, ed un servizio di subentro alla famiglia. Io li distinguerei un po’ così.
  Non ci sono altri interventi, per cui chiudiamo e ringraziamo l'Unione famiglie adottive italiane e la presidente Elena Cianflone che ci ha relazionato. Grazie.

  ELENA CIANFLONE, Presidente dell'Unione famiglie adottive italiane. Grazie a voi dell'attenzione e del tempo concesso.

  PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.55.

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ALLEGATO

Manifesto dell'Unione famiglie adottive italiane (UFAI)

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