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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 16 di Martedì 28 febbraio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Zampa Sandra , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SALUTE PSICOFISICA DEI MINORI

Audizione della Ministra della salute,
Beatrice Lorenzin.

Zampa Sandra , Presidente ... 2 ,
Lorenzin Beatrice (AP-NCD-CpE) , Ministra della salute ... 2 ,
Zampa Sandra , Presidente ... 11 ,
Lorenzin Beatrice (AP-NCD-CpE) , Ministra della salute ... 11 ,
Zampa Sandra , Presidente ... 11 ,
Romanini Giuseppe (PD)  ... 11 ,
Mattesini Donella  ... 12 ,
Zampa Sandra , Presidente ... 13 ,
Lorenzin Beatrice (AP-NCD-CpE) , Ministra della salute ... 13 ,
Mattesini Donella  ... 15 ,
Lorenzin Beatrice (AP-NCD-CpE) , Ministra della salute ... 15 ,
Zampa Sandra , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
SANDRA ZAMPA

  La seduta comincia alle 13.40.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione della Ministra della salute,
Beatrice Lorenzin.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della Ministra della salute, Beatrice Lorenzin.
  L'incontro di oggi con la ministra è di primaria importanza per noi, perché, come sapete, si inserisce nel contesto dell'indagine conoscitiva sulla tutela della salute psicofisica dei minori.
  Noi siamo già molto avanti con i lavori di questa indagine, che è stata in realtà divisa in alcuni filoni. Ci siamo, in particolare, concentrati su due segmenti, che sono la disabilità e la malattia oncologica nella pediatria, cercando anche di capire com'è l'offerta complessiva, sia del servizio che anche del tema dell'accoglienza, per esempio, quando si tratta di malati oncologici.
  In particolare, chiederemmo alla ministra di soffermarsi sul tema della disabilità, ma anche sulle altre questioni. Di recente, tra l'altro, sono uscite le linee guida, che certamente possono essere, in quest'occasione, ripercorse insieme a noi. Chiederei prima alla ministra di intervenire per lo svolgimento della relazione, per poi dare la parola per le domande alle colleghe e ai colleghi.
  Le ricordo che ovviamente anche chi non è qui oggi utilizzerà il testo del suo intervento, perché noi provvediamo a distribuirlo.
  Do la parola alla ministra Lorenzin per lo svolgimento della relazione.

  BEATRICE LORENZIN, Ministra della salute. Grazie, signora presidente e onorevoli colleghi. Vi ringrazio dell'opportunità che mi date con il vostro invito di fornire il mio contributo su un tema tanto delicato e di grande rilievo sociale, quale quello della tutela della salute dei minori, con particolare riguardo a tutti gli aspetti della salute psicofisica dei ragazzi e dei bambini.
  La centralità del tema, insieme alla grande attenzione che ho dedicato fin dalla nomina a Ministro della salute, è confermata dalla circostanza per cui esso costituisce, anche per l'anno in corso, una specifica priorità delle politiche sanitarie. Gli impegni assunti con il Protocollo di Minsk dell'ottobre 2015, sottoscritto da tutti i ministri della salute della regione europea dell'Organizzazione mondiale della salute (OMS), sono stati, infatti, da me ricordati nell'atto di indirizzo per l'anno 2017, che assegna in questo ambito un ruolo fondamentale alle azioni preventive, che dovranno essere precoci e appropriate rispetto ai periodi di transizione della vita nonché sinergiche, cioè portate avanti attraverso strategie intersettoriali e trasversali, in cui coinvolgere le istituzioni centrali e locali e la società civile.
  Riguardo alla salute psicofisica dei minori, è evidente che sono tanti gli aspetti Pag. 3cui ci riferiamo, dalla nascita a tutto il percorso di crescita del bambino e alla fase della pubertà e dell'adolescenza. All'interno di azioni volte, attraverso l'utilizzo della prevenzione e dell'educazione, che avviene già dai primissimi giorni dell'infanzia, se non addirittura nel grembo materno, noi lavoriamo su due fronti: uno è quello di garantire percorsi di crescita e di educazione, che portino il bambino a uno sviluppo sano, verso l'adolescenza e l'età adulta, e l'altro è il tema della patologia, quindi del trattamento e delle terapie e della presa in carico del paziente, soprattutto di quelli più fragili e deboli, come appunto i bambini o ragazzi affetti da patologie croniche non trasmissibili, gravi e invalidanti, oppure da malattie rare.
  Vogliamo rivolgere una particolare attenzione ai primi mille giorni di vita, cioè dal concepimento ai due anni di età, nella convinzione che gli interventi preventivi o curativi realizzati con tempestività in questa primissima finestra temporale portino a risultati di salute positivi a medio, breve e lungo termine.
  Sappiamo, infatti, che l'esposizione a fattori di rischio ambientali, sia dal punto di vista fisico che psicosociale, in questa finestra iniziale della vita possa influire pesantemente sul neuro-sviluppo della persona, con modifiche anche permanenti, che possono coinvolgere l'apparato riproduttivo o il sistema endocrino-metabolico e persino l'architettura cerebrale.
  La conoscenza di tali meccanismi epigenetici dei principali fattori di rischio, oltre che di quelli protettivi dei loro meccanismi d'azione nei primi mille giorni, diventa, quindi, una priorità di salute pubblica. Per questo motivo, ho istituito un tavolo multidisciplinare di esperti, che sta lavorando alla produzione di una documentazione di indirizzo, che dovrà focalizzare l'attenzione sui principali fattori di rischio e sulle azioni preventive utili ed efficaci a minimizzare i rischi.
  In quest'ottica, merita un'attenzione particolare la tutela della salute del periodo pre-concezionale, che precede il concepimento e la gravidanza e che rappresenta un fattore determinante per un normale decorso della gravidanza e per un normale sviluppo fetale. È appunto questo il periodo in cui si può intervenire precocemente, contribuendo a migliorare la salute materna e infantile, a breve e a lungo termine.
  Già prima della gravidanza, infatti, devono essere rafforzati i più generali fattori protettivi, quali lo stile di vita, l'alimentazione adeguata, compreso il supplemento di folati, l'eliminazione dell'alcol, del fumo e di tutte le altre sostanze d'abuso, promuovendo l'azione dell'attività fisica. Occorre effettuare l'immunizzazione contro alcune malattie infettive pericolose in gravidanza, come, per esempio, la rosolia. Bisogna, poi, evitare eventuali esposizioni ambientali, lavorative o domestiche, che possano essere nocive. Per alcune di queste, è già prevista una disciplina.
  Pensate, per esempio, all'obbligo di astenersi dal lavoro durante la gravidanza, previsto per le donne che svolgono professioni con esposizione a radiazioni o alla recente indicazione di evitare viaggi in zone a rischio di infezione Zika. Questo riguarda epidemie che possono essere emergenti, mentre all'individuazione di altre epidemie sta lavorando il tavolo di esperti, cui ho fatto riferimento prima.
  Infine, dobbiamo identificare eventuali altri fattori di rischio, relativi a specifiche patologie nella storia familiare personale, ed eseguire alcuni esami di laboratorio. Ecco perché, nei nuovi Livelli essenziali di assistenza (LEA), il cui decreto di aggiornamento è prossimo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, è stata data un'attenzione particolare al periodo pre-concezionale, all'articolo 24 «Assistenza sociosanitaria ai minori, alle donne, alle coppie e alle famiglie» e sono state inoltre aggiornate le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale per le donne in stato di gravidanza e tutela della maternità.
  In tema di prevenzione della salute del neonato, non si possono non menzionare, per la loro fondamentale importanza, gli screening neonatali, uno degli strumenti più avanzati della pediatria preventiva. Fino a oggi, lo screening neonatale era obbligatorio solo per tre malattie, quali l'ipertiroidismo congenito, la fibrosi cistica e la fenilchetonuria, Pag. 4 mentre quello esteso era stato attuato solo in poche regioni italiane per diagnosticare oltre 40 malattie.
  I nuovi LEA, in attuazione della legge n. 167 del 2016, prevedono all'articolo 38, comma 2, diversi screening neonatali, incluso quello per le malattie metaboliche ereditarie. Sarà così possibile dare il via allo screening neonatale su tutti i neonati con modalità uniformi e per una stessa lista di patologie, con conseguenti vantaggi per la salute dei bambini.
  Questo tema è molto importante, anche in vista dei grandi passi avanti che sta facendo la genomica, ma anche altre branche della scienza predittiva. Per noi è necessario intervenire in questa prima fase perché è evidente che la diagnosi precoce – soprattutto per malattie estremamente invalidanti o per malattie rare – fa la differenza, e intervenire sui primi mille giorni, perché questo significa anche lavorare moltissimo nella fase iniziale della vita del bambino. I recenti studi in questo settore stanno validando una serie di prassi, che poi diventeranno buona pratica nelle nostre vite non soltanto in Italia, ma anche in area occidentale.
  Anche il Piano nazionale della prevenzione 2014-2018 fissa obiettivi prioritari in tema di salute dei minori, tenuto conto che i comportamenti non salutari si instaurano spesso già durante l'infanzia e l'adolescenza. Ecco perché il nuovo Piano nazionale della prevenzione 2014-2018 individua la scuola come luogo privilegiato per la promozione della salute, in cui affrontare i fattori di rischio comportamentali in modo trasversale e integrato nei percorsi formativi esistenti, per favorire lo sviluppo di competenze e conoscenze, che facilitino le scelte di salute.
  Tra i 73 obiettivi del Piano, ben dieci riguardano i minori e sono finalizzati in particolare: all'aumento del numero di bambini in allattamento materno esclusivo fino al sesto mese; all'esecuzione di screening audiologici e oftalmologici neonatali nei punti nascita; al rafforzamento dell’empowerment per l'adozione di comportamenti sani e la prevenzione delle dipendenze da sostanze d'abuso; alla promozione del benessere mentale e all'identificazione tempestiva dei soggetti con problemi emozionali e comportamentali e di disagio sociale; all'aumento dei soggetti con comportamenti corretti alla guida e in particolare all'utilizzo dei dispositivi di sicurezza per adulti e bambini; all'aumento della copertura vaccinale.
  In questi ultimi anni, si è consolidata la collaborazione con il mondo della scuola. A tal proposito, ricordo che il Ministero della salute e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca hanno sottoscritto, il 2 aprile 2015, il primo protocollo d'intesa per la tutela del diritto alla salute, allo studio e all'inclusione. Esso si propone di migliorare, coordinare e agevolare le attività di competenza dei rispettivi dicasteri, garantendo l'integrazione degli interventi per la tutela e la promozione della salute e del benessere psicofisico di bambini, alunni e studenti, nonché per l'inclusione scolastica nei casi di disabilità e disturbi evolutivi specifici.
  Nell'ambito di tale protocollo, vengono sviluppate in particolare alcune attività di interesse comune, come promuovere l'offerta di iniziative di educazione alla salute, rivolte a bambini e adolescenti, anche attraverso il coinvolgimento dei servizi e dei professionisti sanitari nel territorio e delle famiglie, privilegiando metodologie di peer education e life skill education. Secondo la definizione dell'OMS, queste metodiche si basano sul potenziamento di abilità, per cui un individuo è in grado di adottare strategie efficaci per affrontare diversi problemi della vita quotidiana, e rappresentano un approccio volto ad accrescere il ruolo attivo degli individui nella promozione della salute e della prevenzione, oltre a favorire l'adozione di comportamenti per proteggere se stessi e per promuovere buone relazioni sociali.
  I metodi usati per facilitarne l'apprendimento, sempre secondo le indicazioni dell'OMS, sono la partecipazione attiva, l'assunzione di responsabilità, l'educazione tra pari e le discussioni e i lavori di gruppo, tra cui possiamo dire che il mezzo più efficace è costituito dai ragazzi che formano altri ragazzi, con un meccanismo di coinvolgimento Pag. 5 e di responsabilizzazione soprattutto su alcune tematiche, dove secondo noi c'è molto bisogno di lavorare anche nella scuola.
  Si tratta di iniziative volte a: promozione di corretti stili di vita, con particolare riguardo all'attività fisica e all'alimentazione; promozione della salute orale; prevenzione delle dipendenze da sostanze d'abuso e delle dipendenze comportamentali; promozione della cultura delle vaccinazioni; promozione di una corretta relazione di genere, attraverso interventi sulle tematiche dell'affettività.
  In tal senso, si lavora a tutto campo, dal dare gli elementi di base dell'igiene, che mancano e che diventano un problema serio nel percorso di salute della vita, e dalla conoscenza di alcune misure di prevenzione di base, che ci permettono di vivere correttamente con gli altri, fino ad arrivare non solo alla prevenzione delle dipendenze e a corretti stili di vita, ma anche ad attività che incidono sul rispetto dell'altro, sul riconoscimento dell'altro, sulla prevenzione della violenza e del cyberbullismo, e altre azioni, che interferiscono sulla salute, nel senso del benessere psicofisico dell'adolescente o del bambino.
  Si lavora per promuovere e sostenere iniziative mirate a garantire la presa in carico globale di bambini, alunni e studenti, con disabilità e con disturbi evolutivi specifici, assicurandone l'inclusione scolastica, cui io aggiungo la necessità di lavorare molto sulle neuropsichiatrie infantili, che sono in costante aumento, nonché per sostenere il sistema nazionale di sorveglianza, finalizzato a monitorare alcuni aspetti della salute dei bambini e degli adolescenti riguardo ai principali fattori di rischio comportamentali e ad alcuni parametri antropometrici e nutrizionali, nel rispetto della regionalizzazione del sistema sanitario e dell'autonomia scolastica.
  Quanto all'attuazione delle iniziative previste da questo protocollo, va detto che tutte le regioni hanno programmato e stanno realizzando, già nell'anno scolastico in corso, numerose iniziative che proseguiranno anche nel prossimo anno scolastico. In alcune regioni, quali Lombardia, Piemonte e Marche, è peraltro già presente una sviluppata rete di scuole, che promuovono la salute e che hanno realizzato una vera e propria pianificazione degli interventi. Entro il 31 marzo di quest'anno, le regioni forniranno, attraverso la rendicontazione degli indicatori sentinella adottati per i diversi obiettivi, le informazioni sullo stato di avanzamento dei propri piani di prevenzione regionali, per cui, se vi interessano, li trasmettiamo a questa Commissione.
  Nell'ambito dell'assistenza in età pediatrica e adolescenziale, segnalo che, dal mese di dicembre dello scorso anno, è all'attenzione della Conferenza Stato-regioni il documento «Linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali in area pediatrico-adolescenziale», per una moderna assistenza basata sui principi di: equità; facilità di accesso; appropriatezza clinica ed organizzativa; qualità e sicurezza; integrazione tra territorio e ospedale; sviluppo di tutte le professionalità sanitarie; coinvolgimento delle comunità.
  Nel documento, sono previste dieci linee di intervento, che riguardano in particolare: misure di politica sanitaria per l'integrazione dell'assistenza pediatrica; criteri e standard per l'assistenza pediatrica; hospice e terapia del dolore, un tema che ci sta particolarmente a cuore e che ovviamente riguarda, purtroppo, anche la pediatria; assistenza al bambino con malattie croniche complesse e malattie rare; assistenza neuropsichiatrica in età evolutiva; riabilitazione in età evolutiva; formazione degli operatori; Carta dei servizi e volontariato; monitoraggio e verifica delle attività; istituzione di una funzione di coordinamento permanente per l'assistenza in area pediatrico-adolescenziale.
  Ogni linea affronta diverse tematiche, tenendo conto anche della fase della transizione dalle cure pediatriche alla medicina dell'adulto, che, a tutt'oggi, appare ancora frammentata. Quest'aspetto riguarda moltissimo anche l'oncologia pediatrica, dove noi abbiamo riscontrato più volte, purtroppo, una difficoltà di trattamento nel passaggio dalla fase dell'infanzia a quella Pag. 6adolescenziale e a quella adulta, perché c'è una difformità di trattamento nei centri, per cui abbiamo inserito quest'obiettivo tra quelli che abbiamo dato.
  La transizione è un processo multidimensionale e multidisciplinare, finalizzato non solo alle necessità di cura della persona nel passaggio dalla pediatria alla medicina dell'adulto, ma anche alle sue esigenze psico-sociali, educative e professionali. Immaginate reparti di oncologia in cui ci sono ragazzi di venti o ventuno anni o di diciott'anni e sono seguiti da quel reparto magari da quando avevano dodici o tredici anni. È chiaro che è molto diverso stare in un reparto di pediatria a dodici anni piuttosto che a ventuno anni, per evidenti situazioni di incompatibilità, per cui è giusto che il ragazzo possa essere seguito anche dal punto di vista del suo sviluppo, nello studio e nella professione.
  Si tratta, dunque, di un delicato processo dinamico, incentrato sulla persona ed effettuato secondo linee guida orientate all'esigenza di ogni singolo individuo. Il passaggio dalle cure pediatriche alla medicina dell'adulto rappresenta, infatti, una forte criticità, che condiziona in particolare gli ospedali, chiamati ad affrontare le cronicità e le disabilità più complesse.
  Passo alle novità introdotte in tema di riabilitazione dal decreto di aggiornamento dei nuovi LEA (DPCM 12 gennaio 2017, «Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502»), evidenziando, da subito, che è stata dedicata molta attenzione all'attività di individuazione precoce e proattiva del disturbo, nonché alla presa in carico, alla riabilitazione, all'assistenza e all'integrazione sociosanitaria delle persone con disabilità, con un decisivo passo avanti rispetto alla disciplina in vigore fino a oggi. Tale attenzione è resa ancora più evidente dal fatto che i nuovi LEA garantiscono, come avrò modo di dire meglio più avanti, la fornitura di protesi, ortesi e ausili tecnologici, del tutto nuovi e finalmente rispondenti alle esigenze dei minori affetti da queste patologie.
  Voglio precisare che i nuovi LEA già operano un'esplicita distinzione tra le attività e le prestazioni destinate ai minori e quelle destinate agli adulti, con riferimento ai servizi di neuropsichiatria infantile, fino a oggi totalmente privi di specifica evidenza nell'ambito del Servizio sanitario nazionale.
  Per le altre prestazioni di riabilitazione, vi rassicuro perché ho già dato indicazioni alla Commissione nazionale per l'aggiornamento dei LEA di esplicitare tale distinzione, che ritengo di fondamentale importanza.
  Passando alla specifica area sociosanitaria domiciliare, ambulatoriale, residenziale e semiresidenziale, gli elementi fondamentali dell'assistenza ai disabili, agli articoli 27 e 30 del decreto, sono rappresentati dalla valutazione diagnostica multidisciplinare, effettuata tramite strumenti standardizzati e scientificamente validati, dalla definizione di un programma terapeutico e riabilitativo, individualizzato in collaborazione con la persona e la sua famiglia, e dalla realizzazione del programma attraverso l'erogazione di tutte le prestazioni necessarie, eseguite mediante metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche.
  Nel corso del programma, in base alle specifiche necessità, è assicurata la gestione delle problematiche mediche specialistiche. Infatti, se la disabilità deriva da o si accompagna a specifiche problematiche cliniche, è garantita la presenza del medico e del personale sanitario per gestire direttamente tali problematiche o fornire ai familiari e al caregiver gli strumenti per far fronte direttamente alle necessità più frequenti o riconoscere le urgenze.
  In particolare, mi riferisco al trattamento di supporto psicologico o psicoterapeutico per la gestione del disagio psicologico, che accompagna la disabilità, specie in alcune fasi della vita, sia nella persona disabile sia nei familiari, nonché al training e al sostegno alla famiglia nella gestione dei sintomi e nell'uso degli ausili e delle protesi. L'uso delle protesi e degli ausili richiede, infatti, specifiche abilità, sia da parte del disabile sia da parte dei familiari, Pag. 7tanto maggiori quanto più sofisticate sono le tecnologie impiegate nella costruzione dell'ausilio. È necessario pertanto che il disabile e il caregiver abbiano la possibilità di imparare perfettamente la modalità del loro uso.
  Vengono, poi, garantiti trattamenti specificatamente abilitativi e riabilitativi, intensivi (per almeno tre ore al giorno) ed estensivi (almeno un'ora al giorno), in relazione alla compromissione delle funzioni sensoriali, motorie, cognitive, neurologiche e psichiche e finalizzati al recupero e al mantenimento dell'autonomia in tutti gli aspetti della vita. È evidente che quest'aspetto, che riguarda in generale l'assistenza e il training per una persona disabile, è essenziale nella diagnosi precoce e nell'intervento sul minore e sul bambino, perché riuscire ad agire tempestivamente, in seguito alla diagnosi, permette, in tutto ciò che riguarda la riabilitazione, un recupero funzionale molto importante e, a volte determinante, nella formazione del bambino e nelle fasi successive.
  A tal proposito, permettetemi di replicare, senza spirito di polemica, a una critica, che è stata mossa a riguardo. È evidente che i nuovi LEA non potessero specificare il metodo riabilitativo o la tecnica riconosciuta più efficace per una specifica disabilità. La discussione su quale sia la tecnica migliore deve svolgersi in ambito scientifico e la risposta può variare nel corso del tempo, con l'evoluzione delle conoscenze.
  La mancanza di un riferimento esplicito nel nuovo decreto dei LEA non può diventare, però, un alibi per i servizi sanitari pubblici e privati accreditati per non offrire trattamenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche. Non scriviamo nella norma quali sono le più avanzate evidenze scientifiche, perché ci sono le linee guida e ci sono le società scientifiche e perché questo fa parte anche della dell'azione del medico e dei team che seguono il paziente sul territorio.
  Segnalo ancora che, nei nuovi LEA, una particolare attenzione è dedicata agli interventi psicoeducativi e socioeducativi, di supporto alle autonomie all'attività della vita quotidiana. Non possiamo dimenticare, infatti, che l'obiettivo principale di un intervento, nei confronti della persona con disabilità, soprattutto del minore, è la conquista della massima autonomia possibile, innanzitutto nella gestione della propria vita quotidiana e delle attività di base. Naturalmente, le attività di base si differenziano a seconda che si tratti di un bambino, di un adolescente, di un adulto o di un anziano, ma identico è l'obiettivo, ossia la conquista della propria autonomia, cui aggiungerei anche della dignità, che deve essere garantita durante la malattia a qualsiasi età.
  L'importanza e l'attenzione riservate al tema della disabilità dei minori sono evidenziate dall'aggiornamento del nomenclatore delle protesi e degli ausili tecnologici. Questo tema mi offre l'opportunità di condividere con voi due riflessioni.
  La prima riguarda il fatto che, mentre per la popolazione adulta l'assistenza protesica è riservata alle persone con disabilità grave e permanente ed è riconosciuta dalle commissioni mediche per l'invalidità civile, i minori di diciotto anni hanno diritto alla fornitura di una protesi, un'ortesi o un ausilio anche per la prevenzione della disabilità grave, quindi non soltanto nella terapia, ma anche dal punto di vista della prevenzione.
  La seconda riflessione, invece, riguarda lo sforzo compiuto per aggiornare l'elenco dei dispositivi inclusi nel nomenclatore, con l'inserimento di prodotti su misura e di serie, che sono di elevata tecnologia e di forte significato per la conquista dell'autonomia.
  Tra questi prodotti, ricordo l'introduzione di nuovi ausili informatici, di comunicazione e di controllo ambientale, tra i quali comunicatori a sintesi vocale, display e sensori di comando e sistemi di riconoscimento vocale.
  Per tutti i disabili gravi o con gravissime difficoltà di movimento o di comunicazione, ricordo l'introduzione di: ausili per la mobilità personale, come i sollevatori mobili e fissi che consentano ai caregiver di spostare i disabili con maggiore facilità, per esigenze di igiene personale o per il trasferimento Pag. 8 in altri ambienti; ausili per la cura e l'adattamento alla casa; apparecchi acustici di ultima generazione per le persone con sordità preverbale e periverbale. A tal proposito, specifica attenzione è stata dedicata all'individuazione delle caratteristiche degli apparecchi destinati ai minori. Questo è stato uno degli aspetti più sollecitati anche dalle associazioni dei pazienti, su cui il confronto, anche con i genitori e con gli utilizzatori, è stato molto importante.
  Non meno rilevanti sono le novità introdotte dai nuovi Livelli essenziali di assistenza, in materia di assistenza ai disabili e nelle altre aree assistenziali.
  In particolare, per quanto riguarda l'assistenza specialistica ambulatoriale, nell'area della medicina fisica e della riabilitazione, sono state ridefinite ed elencate tutte le prestazioni di valutazione della disabilità, indispensabili per costruire un adeguato programma riabilitativo.
  Ricordo, a titolo esemplificativo, la valutazione del livello di autonomia nelle attività di vita domestica e aree di vita principali oppure la valutazione del livello di autonomia nella cura della propria persona.
  Di conseguenza, sono state ridefinite ed elencate tutte le prestazioni di rieducazione: rieducazione motoria in disabilità complesse; rieducazione motoria mediante apparecchi di assistenza robotizzati ad alta tecnologia; rieducazione del linguaggio; rieducazione delle funzioni mentali globali e delle funzioni mentali specifiche; rieducazione individuale alle attività della vita quotidiana. Tutte le prestazioni indicano la durata minima del trattamento e il numero minimo utile di sedute.
  Per quanto concerne l'esenzione dal pagamento del ticket, il provvedimento individua le categorie di malati cronici destinatari di queste specifiche tutele. Per i minori in particolare, oltre a quelli affetti da specifiche malattie croniche o rare, si prevede l'esenzione totale per tutti i soggetti nati con condizioni di grave deficit fisico, sensoriale o neuropsichico, per i neonati prematuri e immaturi e i neonati a termine con ricovero in terapia intensiva neonatale o per i soggetti affetti da pluripatologie, che abbiano determinato grave e irreversibile compromissione di più organi o apparati e riduzione dell'autonomia personale correlata all'età.
  Ritengo opportuno, infine, segnalare che, nell'ambito dell'assistenza sociosanitaria ai minori, alle donne, alle coppie e alle famiglie, il Servizio sanitario nazionale garantisce tra l'altro: consulenza e assistenza a favore degli adolescenti, anche in collaborazione con le istituzioni scolastiche; prevenzione, valutazione, assistenza e supporto psicologico a minori in situazioni di disagio, in stato di abbandono o vittime di maltrattamenti o abusi; psicoterapia individuale, di coppia, familiare e di gruppo; supporto psicologico e sociale a nuclei familiari in condizioni di disagio; prevenzione, individuazione precoce e assistenza nei casi di violenza di genere sessuale.
  Fatta questa panoramica sulle tutele previste in favore dei minori dal decreto sui nuovi LEA e proseguendo nell'illustrazione delle iniziative che sul tema sono state intraprese dal Ministero, non posso non ricordare il Piano nazionale della cronicità, approvato con un accordo sancito dalla Conferenza Stato-regioni nel settembre 2016. Il documento nasce dall'esigenza di armonizzare a livello nazionale le attività in questo campo e individua un disegno strategico comune, inteso a promuovere interventi basati sulla unitarietà di approccio, centrato sulla persona ed orientato su una migliore organizzazione dei servizi e una piena responsabilizzazione di tutti gli attori dell'assistenza.
  Sono stati approfonditi in particolare alcuni aspetti della cronicità pediatrica, che includono il continuo cambiamento dei bisogni nelle differenti fasi della crescita, come appunto quelli che abbiamo sollevato prima, non soltanto per quanto riguarda l'assistenza in ospedale, ma anche per la presa in carico del paziente nel percorso della propria vita. Immaginate i diversi livelli di approccio non solo terapeutico, ma anche di comunicazione per un bambino diabetico o per un bambino in dialisi o per un bambino con problemi epatici, soltanto per dirne alcuni, perché ovviamente Pag. 9 ci sono tutte le tipologie del cancro e delle altre malattie. Vediamo nella prassi la necessità di accompagnare questo cambiamento.
  Tra gli aspetti approfonditi ci sono anche: la possibilità che la malattia o le disabilità possano ritardare tra loro in modo irreversibile il normale sviluppo; la necessità di favorire l'inserimento in comunità ludiche, ricreative e scolastiche, aspetto importante dell'intervento assistenziale; la dipendenza del bambino degli adulti, quindi dalle competenze dello stato sociale ed economico della famiglia, altro aspetto che non può essere ignorato o sottaciuto.
  In particolare, il Piano individua le seguenti macroattività: la continuità assistenziale del bambino con cronicità; il ruolo delle famiglie; gli ambiti relazionali specifici per l'età (scuola, sport e socialità); passaggio dalla gestione pediatrica a quella dell'adulto. Per ciascuna macroattività, vengono proposti obiettivi, specifiche linee di intervento e i risultati attesi.
  Vengo adesso a un altro tema di grande rilevanza e in grado di incidere sulla salute psicofisica dei minori. Mi riferisco ai disturbi dello spettro autistico, vale a dire a un gruppo eterogeneo di gravi disturbi del neurosviluppo, che comportano un elevato carico sanitario, sociale ed economico. Si tratta di disturbi di elevata complessità, che, nella maggior parte dei casi, accompagnano l'individuo per tutta la durata della vita e che possono compromettere i delicati processi tipici dell'età evolutiva e determinare disabilità.
  La consapevolezza della complessità del fenomeno dell'autismo, con tutte le sue implicazioni sulla tenuta del tessuto familiare e le ricadute di ordine sociale, ha richiesto un impegno urgente e concreto da parte delle istituzioni, centrali e regionali, ma direi anche del Parlamento, che si è espresso in modo molto autorevole, in stretto raccordo con le associazioni dei familiari.
  Tali considerazioni e l'esigenza di dare appunto sostegno a questi interventi hanno portato il Ministero a elaborare, in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità e in raccordo con le regioni, una linea di indirizzo, che si configura come un vero e proprio piano di azioni per il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi nel settore.
  Mi riferisco alle linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi pervasivi dello sviluppo, con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico.
  Approvato con accordo nella seduta di Conferenza unificata del 22 novembre 2012, questo è pienamente operativo, in quanto già recepito dalla maggior parte delle regioni.
  In particolare, il Piano fornisce indicazioni omogenee per la programmazione, attuazione e verifica dell'attività per i minori e adulti affetti da autismo, per consolidare la rete dei servizi e migliorare le prestazioni, favorendo il raccordo e il coordinamento fra tutte le aree operative coinvolte.
  Per meglio supportare l'applicazione del Piano sull'autismo, il Ministero ha chiesto all'Istituto superiore di sanità di avviare nel 2013, in raccordo con gli assessori alla sanità regionali, un'indagine conoscitiva sulla rete dei servizi, che operano sul territorio nazionale a favore delle persone con disturbi dello spettro autistico e delle loro famiglie, al fine di creare una mappa dinamica dell'esistente.
  Non avevamo un censimento e questa mancanza non riguarda soltanto le persone affette da autismo, ma è generale, perché i dati sono spesso raccolti a livello regionale. Per tutto il lavoro per i prossimi anni di programmazione nel patto della salute, ma già nelle due ultime leggi di bilancio, in cui abbiamo inserito la necessità di realizzare un unico linguaggio per il database, abbiamo avvertito la necessità di avere dei veri e propri censimenti dei pazienti. Grazie a quelli, possiamo permetterci di fare azioni mirate di politiche attive, a livello nazionale e regionale, ma il censimento è anche importante dal punto di vista della ricerca clinica e per altri motivi che potete immaginare.
  Come dicevo, il Ministero ha richiesto un'indagine conoscitiva, al fine di creare una mappa dinamica dell'esistente e offrire Pag. 10un quadro aggiornato dell'offerta, da cui partire per una caratterizzazione epidemiologica del fenomeno e della risposta assistenziale, finalizzata anche a orientare meglio le strategie di programmazione sociosanitaria nazionale, regionale e locale.
  Il tema dell'autismo è stato inserito anche tra le priorità del Piano di azione nazionale per la salute mentale, approvato in conferenza unificata il 24 gennaio 2013, appunto per la necessità di integrare i diversi approcci istituzionali, organizzativi e clinici del problema, che è di natura complessa, e anche per garantire la continuità della cura nel passaggio dall'età evolutiva all'età adulta.
  Nell'ambito delle azioni programmatiche per la tutela della salute mentale nell'infanzia e nell'adolescenza, il Piano raccomanda gli interventi precoci e tempestivi nei confronti di disturbi psichici, adolescenziali e giovanili, cioè per fascia di età tra i quindici e ventuno anni, anche attraverso l'elaborazione di progetti sperimentali, che prevedano la creazione di équipe integrate e dedicate alla prevenzione e alla presa in carico precoce.
  Un ulteriore impegno in questa direzione, al fine di favorire l'importanza della promozione e del potenziamento della ricerca in quest'area, è certamente il finanziamento dedicato dal Ministero nell'ambito del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie e nell'ambito della ricerca finalizzata.
  Mi riferisco in particolare al sostegno del progetto di rete «Italian autism spectrum disorders. Network: filling the gaps in the national health system care», presentato nell'ambito del bando della ricerca finalizzata del 2013 e interamente dedicato alla diagnosi e all'intervento precoce dei disturbi dello spettro autistico, ma anche al progetto finanziato con i fondi del Centro mondiale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM 2012), dal titolo «Network italiano per il riconoscimento precoce dei disturbi dello spettro autistico», mirato all'istituzione di un network nazionale per l'individuazione precoce di atipicità evolutiva in una popolazione a rischio di disturbi dello spettro autistico e per prevenire o moderare le successive anomalie socio-comunicative e comportamentali. Questo network è costituito dai più importanti centri clinici di ricerca italiani, coinvolti in progetti nazionali ed europei, finalizzati alla diagnosi precoce dei disturbi dello spettro autistico.
  Ancora in ambito d'individuazione precoce dei disturbi del neurosviluppo, con particolare riguardo ai disturbi dello spettro autistico, il Ministero ha finanziato nel 2015 un progetto finalizzato alla costituzione di un osservatorio nazionale per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico, i cui obiettivi specifici sono la stima di prevalenza di disturbi dello spettro autistico a livello nazionale e la costituzione di una rete di pediatria e neuropsichiatria infantile per l'individuazione precoce dei disturbi del neurosviluppo, con particolare riguardo ai disturbi dello spettro autistico.
  Desidero ricordare che recenti specifiche disposizioni di legge si siano occupate dell'autismo, a dimostrazione della grande attenzione riservata al tema. Mi riferisco, innanzitutto, alla legge n. 134 del 18 agosto 2015 sulle disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie. È inutile che la descriva, perché la conoscete benissimo. Siamo intervenuti anche sull'aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza per quanto riguarda lo spettro autistico.
  Successivamente, c'è stata la legge n. 208 del 28 dicembre 2015, per cui è stata prevista l'istituzione del Fondo per la cura dei soggetti con disturbi dello spettro autistico presso il Ministero della salute, con una dotazione di 5 milioni di euro annui, a decorrere dall'anno 2016, e la predisposizione di un decreto ministeriale, volto a stabilire i criteri e le modalità di indirizzo di tale fondo, che è stato recentemente approvato in Conferenza unificata.
  Inoltre, sempre su questo tema, si sta provvedendo alla costituzione della cabina di regia, prevista dall'intesa acquisita in Conferenza unificata, che sarà operativa entro due settimane e che avrà il compito Pag. 11di coordinare tutte le iniziative finalizzate a dare piena attuazione alle nuove disposizioni legislative, tra cui anche i LEA.
  Continua pertanto e continuerà anche in futuro l'impegno del Ministero e il mio sul tema dell'autismo e più in generale dei disturbi del neurosviluppo e sulle malattie neuropsichiatriche infantili, che, come vi dicevo all'inizio, sono purtroppo in forte aumento e necessitano anche di un potenziamento della rete psichiatrica territoriale, non soltanto dell'assistenza in fase acuta e ospedaliera, ma di interventi di diagnosi precoce e di presa in carico del paziente sul territorio. Anche per quanto riguarda i disturbi del linguaggio o di altro tipo, che sempre di più sono presenti in questa fase evolutiva, deve poter essere garantita un'uguale assistenza sul territorio.
  Immaginate una bambina di dieci o di undici anni, cui, per esempio, è stata diagnosticata una dislessia: se è presa in carico in modo precoce ed è accompagnata con la logopedia o da altri tipi di intervento, tranquillamente potrà affrontare il percorso scolastico con successo. Altrimenti, quei bambini sono purtroppo destinati a un abbandono del percorso scolastico, con difficoltà di inserimento nella propria vita. Questa è la differenza che insiste sul tipo di assistenza che si può ricevere su un territorio o meno, sull'accessibilità a prescindere dal reddito dei genitori, sulla possibilità di avere questo tipo di terapie. Non stiamo parlando di cose complicatissime, ma di terapie che devono essere erogate a livello territoriale.
  Concludo una volta tanto riportando una citazione, cosa che non faccio mai, ma questa mi è molto piaciuta. Si tratta di alcuni versi scritti da un ragazzo affetto da sindrome di Asperger, il quale ha scritto: «sono strano, io sono originale, sogno di un giorno in cui sarà tutto okay». Credo che questo sia anche il monito per il nostro lavoro. Grazie.

  PRESIDENTE. Signora ministro, avevamo pensato in realtà di fare più audizioni, visto che andremo per capitoli. In ogni modo, tenendo conto anche della quantità di impegni, intanto la ringraziamo molto di aver fatto un quadro generale, anche in tempi più che ragionevoli, e di averci dato molti spunti, che tra l'altro riprendono anche cose che abbiamo ascoltato nel corso dell'indagine.
  Ci sono già dei colleghi e delle colleghe che hanno chiesto la parola, ma prima le vorrei fare una domanda, anche perché vengo da una regione, che è stata la prima a produrre la questione delle vaccinazioni. Come sa, l'Emilia-Romagna ha scelto una strada con grande determinazione.
  Poco fa, ero a un incontro con la Società italiana di pediatria preventiva e sociale (SIPPS), in cui si è discusso anche di questo tema, e mi piacerebbe capire come si possa riuscire a fare in modo che appunto l'Italia emerga dal punto di vista dei servizi sanitari e della prevenzione come un Paese unitario.
  Questo è un altro degli elementi che dà più preoccupazione tra quanto emerge dall'indagine. Come lei ha detto, occorre che in alcuni territori si operi in altro modo. Ce ne stiamo accorgendo anche semplicemente dalle voci che ascoltiamo qui. Sugli hospice, per esempio, e sui servizi anche di accoglienza alle famiglie, ci sono esperienze straordinarie.
  Un altro tema che andrebbe toccato riguarda quanto il volontariato collabora.

  BEATRICE LORENZIN, Ministra della salute. Senza il volontariato non si potrebbe fare nulla.

  PRESIDENTE. Credo che davvero valga la pena di ringraziare i volontari ancora una volta, però appunto ci sono territori in cui questi sono sostenuti e altri in cui non lo sono.
  Aveva chiesto la parola prima di tutti il collega Romanini. Poi hanno chiesto di intervenire anche le colleghe Donella Mattesini e Vittoria D'Incecco.

  GIUSEPPE ROMANINI. Grazie, presidente. Ringrazio anch'io molto la Ministra Lorenzin per il quadro esaustivo che ha fornito, soprattutto in merito alle buone notizie, per quel che riguarda i nuovi LEA, sulle novità relative agli screening neonatali Pag. 12sulle patologie metaboliche e sul lavoro che si sta facendo, e che peraltro conosco per altri versi, insieme con il MIUR, appoggiandosi alla scuola, ma anche in merito a tutto il tema della riabilitazione e dell'individuazione precoce dei disturbi.
  Devo dire che, nelle precedenti audizioni, abbiamo osservato una certa disparità a livello locale, soprattutto per quel che riguarda i servizi territoriali, quindi l'accompagnamento nelle patologie gravi da parte di servizi, che sono molto disomogenei sul territorio, per cui è auspicabile che, con i nuovi LEA, si riesca – questa è la domanda che le faccio – a ottenere risultati diversi.
  In realtà, la mia domanda prende lo spunto da alcune sue riflessioni e affermazioni, riguardo all'incremento di gravi patologie neonatali. Del resto, questo è emerso anche nelle audizioni precedenti. La mia domanda, che è più che altro una semplice riflessione, è volta a capire se c'è qualcosa che si sta muovendo e incrocia il tema del dibattito sul fine vita che si sta svolgendo in questo momento. Il dibattito sul fine vita affronta temi sensibilissimi, che riguardano commissioni etiche e bioetiche e quant'altro.
  Quello che si è osservato nelle precedenti audizioni è che certamente la progressiva specializzazione in tema di terapie intensive neonatali ha delle conseguenze piuttosto importanti. Ci veniva detto, per esempio, che nello sviluppo delle terapie questo succeda, nel senso che si riduce la mortalità infantile e neonatale, anche in casi di nascite a 22 settimane o a 23 settimane, con pesi alla nascita anche inferiori ai 500 grammi in alcuni casi. Però, di fronte al successo di queste terapie, ci è stato anche detto che un nato a 22 settimane ha il 100 per cento di probabilità di avere gravissime patologie e di aver bisogno di assistenza per tutta la vita. Così come ci è stato detto che questa percentuale si abbassa al 94 per cento alla ventitreesima settimana.
  Ecco, è evidente che, fino agli anni Sessanta e Settanta, era la natura che provvedeva e che, invece, oggi noi abbiamo questo tema del limite, che è molto simile, secondo me, a quello che dobbiamo affrontare per il fine vita. La mia domanda è: c'è un luogo, ci sono ragionamenti e ci sono riflessioni da questo punto di vista, cioè a quali condizioni si può giustificare la decisione di ricorrere a terapie sempre più intensive, dato il risultato che le dicevo e che la scienza conferma, e a quali condizioni sia più appropriato un trattamento di tipo palliativo?
  Questa è la sostanza della domanda, che, come dicevo, non vuole una risposta in termini di quello che è meglio e quello che è bene o meno. La mia domanda è volta a capire se c'è un luogo di riflessione su questo tema, che riguarda il limite dell'azione umana nei confronti del grande tema della vita.

  DONELLA MATTESINI. Grazie, presidente. Ringrazio anch'io la nostra Ministra per la relazione esaustiva che ha fatto. Chiedo agli uffici di poterla avere, in modo tale da poterne fare anche un approfondimento.
  Ho una serie di domande, di cui alcune sono anche generali. A me ha colpito moltissimo il dato, che riguarda la povertà minorile, dei famosi 3 milioni e mezzo di bambini e, in secondo luogo, un dato, che non ricordo se ci è stato fornito dall'Istat o dal Censis, di quasi un milione e mezzo o due milioni di questi che non si curano più.
  Tenuto conto che l'unico luogo nel quale effettivamente si possono incontrare tutti i bambini in fase anche di prevenzione è la scuola, quindi i servizi educativi, la mia domanda è: c'è anche, nel pensiero del Ministero, l'ipotesi di ragionare su quella che una volta era la medicina scolastica e di poter in qualche modo aprire questa possibilità ai pediatri?
  Lei ci ha fatto un elenco lunghissimo di attività, ma il punto è come possiamo far sì che queste attività abbiano dei luoghi in cui permanentemente si possano sviluppare. Pongo la questione come una domanda, dicendo che sarebbe opportuna in tal senso una bella alleanza con il Parlamento, ministra, su un tema di questo tipo.
  C'è un'altra questione che riguarda sempre i luoghi e la stabilità degli interventi. La nostra indagine conoscitiva mira soprattutto Pag. 13 ad alcuni segmenti, che sono quello della salute mentale, quello che stiamo chiudendo sull'oncologia pediatrica, il tema delle malattie nutrizionali e la questione delle malattie sessualmente trasmissibili, oltre agli handicap.
  Tutto ciò ha a che fare con un punto fondamentale rappresentato dai consultori, che sono la cenerentola delle cenerentole e che rappresentano il luogo dove potremmo fare un lavoro soprattutto rispetto alle malattie sessualmente trasmissibili, che costituiscono un tema scomparso dalla politica in generale e di cui i giornali non parlano, nel senso che non c'è in merito un elemento sul quale, invece, sarebbe importante portare l'attenzione.
  Le chiedo come si intende far sì che i consultori non siano una cenerentola sempre meno forte, anche perché i dati di questi giorni ci dicono che, in Italia, il personale precario è per il 60 per cento dentro la Sanità di regioni e di enti locali. Per esempio, i dipartimenti di salute mentale sono quelli che, insieme ai Servizi per le tossicodipendenze (SERT) e ad altre strutture, hanno più personale precario.
  Anche questo è un tema da affrontare, perché, se vogliamo fare una presa in carico vera, bisogna che su questo punto ci sia un elemento fondamentale, tanto più sulla salute mentale, che non è qualcosa su cui intervieni una tantum. Lo dico perché, se una famiglia deve fare al proprio figlio una risonanza magnetica e non ha i soldi, trova quei 200 euro da un parente o altro, ma è diversa la questione quando deve essere preso in carico un minore. A me risulta che anche nel mio territorio siano tantissimi i bambini che crescono senza nessun tipo di presa in carico, perché i dipartimenti sono assolutamente deboli. Le vorrei chiedere, quindi, che cosa esiste in termini anche di una differenziazione regionale, che crea davvero una disuguaglianza insopportabile.
  L'altra questione – e chiudo – riguarda quanto stiamo concludendo con l'indagine sulla pediatria oncologica. Quello che viene fuori è che c'è veramente una esigenza su due elementi, quella di avere in qualche modo un sostegno e un'incentivazione alla formazione dei pediatri oncologici. Ci dicevano che si tratta di un'attività che ha bisogno di un sostegno, perché sono pochissime le persone che scelgono questa specializzazione, e l'età media dei pediatri oncologici è altissima, perché siamo tra i 55 e i 60 anni.
  Così come, in quest'attività fondamentale, ci veniva segnalato che spesso il volontariato è sostitutivo, soprattutto nell'assistenza, perché, essendoci alcuni centri di eccellenza, le famiglie si spostano. Il tema riguarda il fatto che su tale questione dobbiamo porre un'attenzione che è davvero un elemento fondamentale per avere la possibilità che ci sia una presa in carico immediata e un'assistenza anche alla famiglia.

  PRESIDENTE. Mi scuso se vi interrompo, ma stanno cominciando i lavori in Aula, quindi vi prego di essere telegrafiche.

  BEATRICE LORENZIN, Ministra della salute. Posso dedicare intanto cinque minuti alla replica e, caso mai, mi darete le domande cui rispondere nei prossimi appuntamenti.
  Vorrei cominciare dall'ultima domanda, non perché le altre non siano importanti, ma perché ho paura di dimenticarla, anche se l'ho scritta, e perché ci sono una serie di aspetti estremamente importanti, che sono stati sollevati e che credo sia di interesse della Commissione conoscere. Poi risponderò anche alle altre domande.
  La frammentazione dei trattamenti e delle terapie è una realtà, quindi tutto lo sforzo che si sta facendo, a Costituzione vigente (a dirla tutta, il tema riguarda il Titolo V), anche dal punto di vista delle istituzioni centrali, quindi del Ministero della salute, è quello di cercare di far presa su tutte le leve possibili a disposizione per spingere a un'armonizzazione e a un'omogeneizzazione degli interventi sui territori. Questo è uno dei fulcri dei LEA.
  Per esempio, non tutte le malattie rare riconosciute erano trattate, perché alcune di queste erano già trattate in alcune regioni tramite gli extra-LEA, così come lo erano alcune terapie oncologiche e alcune Pag. 14terapie innovative, mentre le regioni senza disponibilità economica o in un'altra condizione o le regioni che non avevano piani più avanzati non le trattavano.
  Uno degli obiettivi dei LEA e del nomenclatore è quello di cercare di uniformare l'accessibilità ai servizi, dando regole e strumenti e facendo anche una cosa nuova, cioè non soltanto il monitoraggio costante del comitato attraverso l'aggiornamento annuale, ma anche attraverso una commissione di monitoraggio dell'attuazione dei LEA, da me istituita e composta da Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), Nuclei antisofisticazioni e sanità (NAS) e Ministero, che darà conto trimestralmente dei dati delle regioni sull'attuazione dei LEA in tutte le loro parti, che pubblicheremo sul sito del Ministero della salute e che invieremo alle due Commissioni di competenza della Camera e del Senato. Lo dico per far capire in che misura vengono attuate sui territori le norme che stabiliamo e che finanziamo. Questo discorso riguarda anche i vaccini.
  In merito alla domanda che mi avete fatto sull'età dei pediatri oncologici, posso dire che si tratta di uno dei temi del Sistema sanitario nazionale, che è molto importante, perché un sistema sanitario si basa sulle persone e sulle tecnologie. Le persone e le tecnologie vanno insieme, perché tu puoi avere il miglior ospedale o il più bello e tecnologico e l'accesso ai farmaci, ma se non hai le persone formate e in grado di farti funzionare la macchina, questa non va bene e viceversa.
  Il blocco del turnover, così com'è stato concepito e fatto negli ultimi dieci o quindici anni, ha creato un vero e proprio disastro nel sistema sanitario nazionale. Si genera un imbuto, per cui abbiamo un sistema che va per programmazione dell'accesso dei laureati in medicina e un sistema che si programma in base ai fabbisogni dati dalle regioni e dal MIUR, quindi dal territorio e da noi in ultimo, sulle necessità che si creano, anno per anno e regione per regione. Inoltre, abbiamo i ricorsi, per cui, per esempio, tutto il meccanismo si sballa, perché hai improvvisamente 30.000 persone che vengono immesse, nonché il sistema di blocco delle assunzioni, che si è protratto negli anni.
  Questi due elementi hanno determinato il fatto che abbiamo un'età media di 55 anni del personale sanitario nelle strutture dei nostri territori e che in alcune aree ci sono ospedali che hanno avuto una grande sofferenza. Ci chiediamo, quando leggiamo sul giornale «chiude il reparto perché va in pensione il primario», come sia possibile, visto che lo prevede la norma, che non si riesca a sostituirlo. Poi ci sono altre disfunzioni, come il caso di primariati per i quali non sono banditi concorsi.
  Si tratta di aspetti che sviliscono sia la capacità professionale dei medici che la capacità di insegnamento e di apprendimento nella formazione costante dei giovani e dei meno giovani, ma anche il normale e regolare funzionamento di una macchina che fa turnover.
  Vi ho informati di questa situazione perché abbiamo cominciato a sbloccare il turnover. Lo abbiamo cominciato a fare già da tre anni in alcune regioni, dopo di che c'è stata prima la legge di stabilità per il 2016 (n. 208 del 28 dicembre 2015), sui turni di riposo, e poi la legge di bilancio per il 2017 (n. 232 dell'11 dicembre 2016), sul Fondo di stabilizzazione per i precari e per le nuove assunzioni.
  Si tratta di migliaia e migliaia di nuove assunzioni, ma come si devono fare queste assunzioni, considerando che molto di questo personale già è, di fatto, stabile? Una parte viene data in quota alle stabilizzazioni e una parte alle nuove assunzioni, ma in base a quali criteri? Ecco, uno dei temi veri è la determinazione dei fabbisogni, che in Italia non era mai stata fatta, cioè non era mai stato fatto un lavoro, regione per regione, attraverso piani regionali, per regolare le realtà di funzionamento delle singole strutture e gli obiettivi di salute, anche in base alle patologie e all'epidemiologia, per poter decidere che servono 50 nuovi pediatri oncologici, 45 nuovi anestesisti, 15 rianimatori pediatrici e via dicendo.
  Tutto il lavoro che si sta facendo, purtroppo meno velocemente di quanto avevamo auspicato, nel Comitato tecnico, tra il Ministero dell'economia e delle finanze, il Pag. 15Ministero della salute e le Regioni, è quello di valutare questi fabbisogni. Abbiamo impiegato tutto questo tempo perché si tratta di un lavoro mai fatto prima e ci sono stati degli elementi, come parametri, ma anche richieste e valutazioni dei diversi dicasteri, che non hanno parlato lo stesso linguaggio.
  Una volta finito questo lavoro, che credo sia ormai giunto a conclusione, avremo finalmente una mappatura, che poi si aggiornerà costantemente, dei reali fabbisogni. Questo eviterà, per esempio territorialmente, che si verifichi quanto accaduto in passato, quando veniva bandito il concorso o si continuava a privilegiare la chiamata diretta nel caso di categorie professionali per le quali obiettivamente c'era già un numero sufficiente di risorse, ma mancavano altre specifiche professionalità. Per non parlare del fatto che ci sono nuove professionalità e specializzazioni tra i medici stessi, come la robotica, considerando come progredisce oggi la scienza medica.
  Questo è un aspetto molto importante, che mi permette anche di rispondere alla domanda sul perché non ci sono i pediatri oncologi. Probabilmente, questo si verifica perché, anche nei modi in cui venivano fatte le assunzioni, non c'era una indicazione del fabbisogno, quindi si scopriva solo dopo una situazione di maggiore invecchiamento rispetto ad altri reparti, il che è un po’ strano, in considerazione di tutti i giovani che, per esempio, fanno specializzazione in queste strutture.
  Su questo aspetto fondamentale, almeno ci sarà un metodo nuovo, che varrà per sempre, perché, oltre alle risorse che già ci sono e alla possibilità di bandire concorsi, si valuteranno i fabbisogni reali e oggettivi. Questo vale ovviamente nel campo dei medici, ma vale anche nel campo delle professioni sanitarie e dell'infermieristica, ed è utile per capire di quante risorse abbiamo bisogno, dove e come le dobbiamo collocare. In tal senso, credo che si risolvano molti problemi.
  Andando avanti, vorrei soffermarmi sul rafforzamento dei consultori, uno degli obiettivi che io avevo dato nel Piano nazionale per la fertilità, perché il consultorio familiare è il luogo sul territorio dove ricevere la giusta presa in carico del paziente e le informazioni su tutto, quindi anche sulla procreazione medicalmente assistita, perché, se si hanno problemi di fertilità, bisogna sapere a chi rivolgersi. Ricordiamoci che nei LEA l'abbiamo messa gratuita, per esempio.
  Il consultorio è anche il luogo dove ricevere informazioni sulle malattie sessualmente trasmissibili, che rappresentano una delle prime cause di infertilità, oltre alle altre. Purtroppo, c'è anche un problema di salute pubblica, perché abbiamo un aumento delle malattie sessualmente trasmissibili, in tutte le età e in particolare tra i giovani. Stiamo molto lavorando su quest'aspetto, ma è ovvio che c'è la necessità anche di parlare ai ragazzi con un linguaggio che capiscano. Abbiamo casi di gonorrea e di sifilide, per non parlare dell'HIV o dell'epatite C, che erano tra le malattie oggettivamente quasi scomparse.

  DONELLA MATTESINI. L'uso dei profilattici, per esempio.

  BEATRICE LORENZIN, Ministra della salute. Bisogna sensibilizzare di nuovo sul fatto che le malattie sessualmente trasmissibili ci sono e possono essere prevenute, oltre che curate.
  Secondo me, sul precariato, per quanto riguarda i centri di igiene mentale e le malattie mentali, dobbiamo fare lo stesso ragionamento che vale per la pediatria oncologica, cioè parliamo di una carenza strutturale nel territorio.
  Come dicevo anche prima, durante lo svolgimento della mia relazione, si tratta di un fatto che ho registrato, girando per l'Italia. È evidente che le regioni devono indicare, tra le priorità dei propri fabbisogni, quella dell'assistenza psichiatrica o psicologica, tra l'altro, in una società, che, per le sue dinamiche complesse, comporta forme di disagio a tutti i livelli, anche in età pediatrica, infantile o adolescenziale, in cui è ovvio che le persone hanno necessità di essere seguite.
  In merito alla cura dei bambini in povertà, non mi ricordo se il dato era del Censis o dell'Istat, il che potrebbe fare la Pag. 16differenza, comunque che si tratti 3 milioni o un milione o 2 milioni 800.000 conta poco. Tra l'altro, abbiamo la povertà assoluta e la povertà non assoluta, ma quello che è davanti agli occhi di tutti è che ci sono grandissime sacche di disagio, che, se posso dirlo, sui bambini e sulle persone anziane è qualcosa di intollerabile. A riguardo, è evidente che c'è la necessità di fare un lavoro non burocratico, anche perché le norme già ci sono. Dobbiamo capire come arrivare a questi bambini, che hanno diritto all'assistenza sanitaria, alle medicine e all'alimentazione, quindi hanno diritto a tutto, e che ci sfuggono. Da questo punto di vista, credo che l'idea del passaggio sulla scuola sia sicuramente importante. Purtroppo, per come siamo messi adesso, quest'idea non è sufficiente, perché questi bambini a volte sfuggono anche dalla scuola.
  Quella del pediatra nella scuola è un'idea del passato, ma, a volte, le idee del passato sono buone. Allora il pediatra fu tolto perché costava, ma si possono trovare altri meccanismi e altre forme di collaborazione, anche su quest'aspetto. Credo che, visto che già tra i commissari ci sono idee diverse, li possiamo trovare.
  Riguardo alle vaccinazioni, non c'è un Paese unitario, perché si potrebbe dire «regione che vai, vaccinazione che trovi», anche rispetto all'accesso alle vaccinazioni stesse, e basta vedere la lista d'attesa sulle vaccinazioni, quindi siamo sempre al solito ragionamento. Nel Piano nazionale vaccini, abbiamo, come vi dicevo, un meccanismo di monitoraggio dell'applicazione delle vaccinazioni, che renderemo pubblico. È evidente che le Regioni che hanno scelto la strada dell'obbligatorietà per l'accesso alla scuola dell'infanzia, da un certo punto di vista promuovono sicuramente un'estensione di massa delle vaccinazioni.
  Alla domanda del collega Romanini, che è molto interessante, per cui ci vorrebbe veramente una conferenza per rispondere, voglio dire che non c'è accanimento terapeutico sui bambini. I bambini che sopravvivono alla ventiduesima, ventitreesima o ventiquattresima settimana – ma anche alla trentaduesima, perché i parti prematuri sono sempre di più – rappresentano gravidanze molto preziose. Molti di questi bambini riescono a superare la fase di difficoltà, nonostante le maggiori problematiche dell'infanzia. Tuttavia, ho visto che questi bambini, una volta cresciuti, vanno a scuola e hanno una vita normalissima. Penso non ci sia un genitore che, nelle sale di terapia intensiva, non abbia la completa speranza che venga fatto il massimo possibile, ma non c'è un accanimento terapeutico sul bambino piccolo. Si fa il possibile, secondo deontologia, scienza e coscienza, e forse il luogo più adatto dove prendere queste decisioni, oltre ai comitati di bioetica negli ospedali, è quello del foro interno.

  PRESIDENTE. Molte grazie, signora Ministra. Stanno cominciando le votazioni, perciò devo interromperla. Ci aggiorneremo per una prossima audizione. Grazie e a presto.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.45.