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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare per la semplificazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 17 di Mercoledì 27 gennaio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE SEMPLIFICAZIONI POSSIBILI NEL SUPERAMENTO DELLE EMERGENZE

Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti.
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 
Galletti Gian Luca , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 4 
Tabacci Bruno , Presidente ... 11 
Galletti Gian Luca , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 11 
Tabacci Bruno , Presidente ... 11

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BRUNO TABACCI

  La seduta comincia alle 8.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle semplificazioni possibili nel superamento delle emergenze, l'audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti.
  Nel ringraziare il ministro per la disponibilità, ricordo che domani concluderemo il ciclo di audizioni previsto nell'ambito dell'indagine conoscitiva con il Sottosegretario alla semplificazione e alla pubblica amministrazione, Angelo Rughetti.
  Abbiamo ritenuto opportuno dare priorità cronologica all'ascolto della società civile, in modo da incanalare le audizioni dei vertici ministeriali sulla base delle indicazioni provenienti dai soggetti più da vicino coinvolti. La questione di fondo, che ha innervato tutta l'indagine, è se sia possibile definire una cornice normativa che consenta di agire in maniera uniforme e semplificata, magari graduando le deroghe applicabili in base alla gravità delle emergenze. Oggi spetta alle ordinanze del Capo della protezione civile individuare in maniera massiccia le deroghe alla normativa vigente; in futuro, le deroghe applicabili dovrebbero essere definite a monte e con legge.
  L'intendimento della Commissione è iniziare a enucleare, nel documento conclusivo, alcune questioni che dovrebbero essere trattate in questa cornice normativa, che risulta già in costruzione, per esempio, con la delega sulla riforma della protezione civile. Nella cornice normativa dovrebbero rientrare anche disposizioni in materia ambientale, tra cui sicuramente, – sono state richiamate in alcune audizioni, – quelle in materia di terre e rocce da scavo, oggetto di continui assestamenti negli ultimi anni, soprattutto dopo il terremoto in Emilia-Romagna. Il regolamento con la nuova disciplina della materia è ormai in dirittura di arrivo. Occorre capire se sia spendibile, come credo, anche in caso di emergenze o se sia prospettabile un regime semplificato, anche alla luce della normativa europea.
  Più in generale, il cosiddetto codice ambientale, nelle ordinanze di protezione civile, è fatto oggetto di moltissime deroghe: la recente ordinanza n. 298 del 17 novembre 2015 sull'alluvione in Campania deroga a più di 100 articoli del codice. La quantità delle deroghe disposte con l'ordinanza induce a ritenere indispensabile una disciplina semplificata da applicare in caso di emergenze.
  Rimane sullo sfondo dell'indagine la grande tematica della prevenzione, che interessa da vicino il Ministero dell'ambiente e che è stata evocata in molte audizioni.
  Il Ministro Galletti, saprà senz'altro offrirci utili spunti di riflessione.

Pag. 4

  GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Grazie, signor presidente, e onorevoli parlamentari. Ho accolto molto volentieri il vostro invito, che mi dà la possibilità di continuare il confronto su queste tematiche, con l'obiettivo di individuare, come ricordava il presidente, percorsi normativi e amministrativi di semplificazione, soprattutto in una materia emergenziale com’è quella ambientale.
  Il Ministero è impegnato con la massima attenzione su queste tematiche, convinto che la semplificazione normativa abbia bisogno di una maggiore chiarezza delle regole e procedure più snelle ed efficaci e che queste siano elementi chiave per elevare la qualità ambientale del Paese. Su queste tematiche e sulle questioni poste da questa Commissione c’è, dunque, la volontà di un confronto, da parte del Governo, aperto e propositivo.
  Gli interventi posti in essere in questi anni dal legislatore sono stati finalizzati alla riduzione dello stock complessivo della legislazione nazionale attraverso la cosiddetta «normativa di semplificazione e abrogazione» nonché attraverso la codificazione della normativa primaria in specifici testi unici.
  Gli obiettivi prefissati con il testo unico in materia ambientale, il decreto legislativo n. 152 del 2006, in realtà, alla prova dei fatti, si sono mostrati incapaci di ricondurre a unità la legislazione che regola le singole materie oggetto del riassetto. Basta ricordare che il cosiddetto codice dell'ambiente, già all'epoca dell'emanazione, è stato il frutto di una ricomposizione di articoli della legislazione vigenti, raccolti in maniera disorganica e senza alcun coordinamento.
  Come noto a questa Commissione, inoltre, occorre considerare che la normativa ambientale si configura sempre più quale diritto eteronomo, in quanto l'ordinamento nazionale di settore è influenzato in modo diretto e approfondito dal diritto internazionale e dal diritto europeo. Basti pensare per tutti a principi quale quello del «chi inquina paga» o al principio di precauzione. Tutto questo rende sicuramente molto complessa la cristallizzazione del diritto dell'ambiente.
  Tale settore dell'ordinamento, peraltro, è volto a governare fenomeni caratterizzati dalla circostanza secondo la quale, in un gran numero di casi, le interconnessioni tra ciò che accade nei diversi sistemi territoriali sono profonde e sfaccettate, tanto che i comportamenti adottati in uno specifico contesto territoriale sono spesso portatori di significative esternalità.
  Da qui la conseguenza secondo la quale in tutti questi casi, in base alla logica profonda del principio di sussidiarietà che anima la nostra Costituzione, la decisione ultima del governo di tali fenomeni deve essere senz'altro attribuita a un soggetto dotato di un ambito valutativo sufficientemente ampio da poter tenere in adeguata considerazione tutte le esternalità positive e negative connesse all'adozione della decisione. Non ci si può certo nascondere che, in numerose circostanze, l'interconnessione delle questioni ambientali è talmente profonda ed estesa che l'unico in grado di assumere su di sé tale compito è lo Stato.
  Ovviamente, come insegna anche la giurisprudenza costituzionale sul punto, le decisioni prese dallo Stato in campo ambientale sono spesso portatrici di una forte incidenza nei confronti delle funzioni degli altri enti territoriali e in particolare delle regioni. Ciò comporta, dunque, la necessità che, nella predisposizione delle procedure preordinate all'adozione delle decisioni da parte del centro, si prefigurino momenti di adeguata consultazione e collaborazione con le istituzioni territoriali. È però di fondamentale importanza che ciò non pregiudichi in alcun modo l'efficacia e adeguatezza delle decisioni che è necessario adottare, altrimenti verrebbero pregiudicati interessi ambientali che la nostra Costituzione sancisce come fondamentali.
  Per di più, come è altrettanto noto, il diritto dell'ambiente governa aspetti di primaria importanza, al fine di garantire a tutti un'esistenza dignitosa. Si pensi non solo al fondamentale settore dei rifiuti, ma anche, per quel che più di specifico interessa Pag. 5in questa sede, alle numerose emergenze che caratterizzano il nostro Paese. Le emergenze in campo ambientale, in particolare, rivestono un'assoluta priorità, in quanto spesso possono provocare vittime e danni, anche irreparabili, alla salute, alla persona, all'ambiente, al patrimonio culturale o compromettere gravemente lo sviluppo economico di un territorio.
  Basti pensare alle emergenze connesse al rischio idrogeologico, che risultano aggravate, oggi più che mai, dai fenomeni di cambiamenti climatici in atto, o a quelle connesse alla mancata depurazione delle acque, sia per la compromissione e il deterioramento dello stato di qualità dei corpi idrici che ne consegue sia a causa delle numerose procedure di infrazione e conseguenti condanne che la Corte di giustizia dell'Unione europea ha inflitto all'Italia per mancato adempimento degli obblighi comunitari.
  Ebbene, anche da questo punto di vista, deve essere affermato con chiarezza che esiste una non eludibile responsabilità in capo allo Stato e in particolare al Governo, che, secondo la logica dei poteri sostitutivi straordinari, disciplinati dalla Costituzione all'articolo 120, secondo comma, rappresenta un vero e proprio garante di ultima istanza per l'incolumità e la sicurezza pubblica e, più in generale, per l'unità giuridica ed economica della Repubblica. Il Governo intende assumersi in pieno la responsabilità che la Costituzione gli assegna.
  Deve peraltro essere evidenziato come la legislazione vigente troppo spesso costruisca, nei vari settori del diritto dell'ambiente, complessi concorsi di competenza tra i vari enti territoriali, che, se certamente vanno incontro alle esigenze di dar voce alle istituzioni rappresentative dei territori specificatamente coinvolti dalle singole decisioni, troppe volte rappresentano fattori di complicazione procedurali tali da mettere a rischio la stessa efficacia del sistema decisionale.
  Al riguardo, deve senza dubbio essere vista con favore quella tendenza che negli ultimi anni ha caratterizzato la giurisprudenza costituzionale, che ha puntato a valorizzare la responsabilità dello Stato in campo ambientale, prendendo sul serio l'attribuzione a quest'ultimo, da parte dell'articolo 117 della Costituzione, della competenza legislativa esclusiva.
  Non si può tacere, peraltro, che è in fase avanzata l’iter di approvazione di una grande e profonda riforma costituzionale che approfondisce ulteriormente tale logica, irrobustendo le competenze e le responsabilità dello Stato sui temi ambientali e attribuendo con maggior chiarezza a quest'ultimo importanti compiti in settori inestricabilmente connessi.
  È dunque mia intenzione farmi promotore da subito di una riforma della legislazione ambientale che sia la più vasta possibile, al fine di adeguare le norme sul riparto della competenza fra Stato, regioni ed enti locali e sui diversi processi decisionali al nuovo assetto costituzionale delle responsabilità, così come sopra ricostruito. Già è stato compiuto qualche passo in questa direzione, come più avanti vi dirò. Pare, però, necessario rivedere, alla luce delle considerazioni sopra esposte, sia il decreto legislativo n. 152 del 2006 sia le altre normative ambientali più importanti.
  Non è, come evidente, un'impresa da poco. Mi pare, tuttavia, che sia necessario costruire un tessuto normativo più credibile per fronteggiare le complesse sfide che pone il diritto dell'ambiente, anche tenendo conto delle profonde trasformazioni costituzionali che sono in corso. A questo fine, è mia intenzione, già nei prossimi giorni, provvedere alla nomina di un'apposita commissione di studio, incaricata di procedere a una ricognizione della legislazione vigente dello Stato, delle competenze e delle procedure in tutti i settori nevralgici nonché di elaborare le direttrici principali dell'intervento normativo di adeguamento del riparto delle competenze ambientali.
  Se queste sono le linee ispiratrici di carattere generale che, con riguardo al tema delle semplificazioni, mi pare necessario far presente in questa sede, una riflessione particolare deve essere svolta Pag. 6per le semplificazioni specificatamente concernenti le procedure da adottare a seguito di eventi emergenziali. In tali casi, infatti, se da un lato la necessità di assicurare risposte celeri ed efficaci è ancor più forte, dall'altro è necessario contenere al minimo la deroga di istituti generali posti a presidio di importanti interessi ambientali e spesso strettamente legati a norme di diritto dell'Unione europea.
  Passo ora a occuparmi di temi più specifici, illustrando le criticità, i passi avanti e i possibili interventi migliorativi con riguardo ad alcuni interventi specifici.
  Il tema delle terre e rocce da scavo, che è stato richiamato anche dal presidente, merita una particolare attenzione. Il processo di semplificazione realizzato con il decreto-legge n. 133 del 2014, cosiddetto «Sblocca Italia» riguarda in parte proprio le terre e rocce da scavo.
  Sotto il profilo procedimentale, la norma di autorizzazione prevede l'adozione di un decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Particolarmente utile è stata la fase di consultazione pubblica online a cui la proposta di regolamentazione è stata sottoposta per la durata di trenta giorni, dal 19 novembre al 19 dicembre 2015. Le controdeduzioni del Ministero dell'ambiente sono state pubblicate sul portale del Ministero nei trenta giorni successivi alla conclusione della consultazione, il 19 gennaio 2016.
  Positivo è stato senz'altro il risultato della consultazione pubblica, il quale ha consentito l'adozione di un testo maggiormente chiaro, semplice, completo e coerente con la disciplina di riferimento sia a livello nazionale sia europeo. Abbiamo avuto 193 interlocuzioni in quel mese.
  Il 17 dicembre 2015 la Conferenza unificata ha espresso il proprio parere sullo schema di regolamento, che è stato approvato in sede preliminare dal Consiglio dei ministri prima e dopo l'espletamento della procedura di consultazione pubblica, rispettivamente il 6 novembre 2015 e il 15 gennaio 2016.
  Quanto agli elementi di semplificazione, l'intervento normativo, oltre a prevedere una disciplina di dettaglio e a evitare una procedura di infrazione, è volto a semplificare l'intera disciplina vigente della gestione delle terre e rocce da scavo, riducendola a un unico testo integrato, auto-sufficiente e interamente coerente.
  In coerenza con la normativa europea di settore sui sottoprodotti, un ulteriore elemento di semplificazione è stato realizzato con il passaggio dal modello del controllo preventivo, basato sul rilascio di autorizzazioni, al modello del controllo ex post, basato su meccanismi di autodichiarazione da parte degli operatori economici e sul rafforzamento del sistema dei controlli.
  In tal senso, la nuova procedura non subordina più la gestione e l'utilizzo delle terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti alla preventiva approvazione del piano di utilizzo da parte dell'autorità competente. In questo modo si evitano i lunghi tempi d'attesa cui erano costretti i soggetti che operano nel settore delle terre e rocce da scavo, obbligati fino a ora ad attendere la preventiva approvazione del piano di utilizzo delle terre e rocce da parte delle autorità competenti.
  Tra i principali elementi di semplificazione introdotti dallo schema di regolamento segnalo i seguenti: la semplificazione della procedura e la fissazione di termini certi per concludere la stessa, anche prevedendo meccanismi in grado di superare eventuali situazioni di inerzia da parte degli uffici pubblici; una stretta interazione tra i soggetti che operano nel settore delle terre e rocce da scavo e le strutture deputate ai controlli, prevedendo che, fino alla fase di predisposizione del piano di utilizzo delle terre e rocce da scavo, i primi possano interagire con le agenzie regionali e provinciali di protezione ambientale per le preliminari verifiche e istruttorie tecniche, anticipando lo svolgimento dei controlli previsti per legge; procedure più veloci per attestare che le terre e rocce da scavo soddisfino i requisiti stabiliti dalle norme europee e nazionali Pag. 7per essere qualificate come sottoprodotti e non come rifiuti; il rafforzamento del sistema dei controlli e una disciplina più dettagliata ed efficace per il deposito intermedio delle terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti; unificazione e semplificazione degli adempimenti previsti per il trasporto fuori dal sito delle terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotti; unificazione e semplificazione degli adempimenti; tempi certi, sempre pari a sessanta giorni; l'eliminazione dell'obbligo della comunicazione preventiva all'autorità competente; la definizione delle condizioni in presenza delle quali è consentito l'utilizzo; l'individuazione di procedure uniche per gli scavi e la caratterizzazione dei terreni; una disciplina specifica per il deposito temporaneo dei rifiuti costituiti da terre e rocce da scavo.
  Da ultimo, voglio evidenziare come lo schema di regolamento che disciplina la gestione semplificata delle terre e rocce da scavo, nella versione approvata in via preliminare dal Consiglio dei ministri il 15 gennaio, già si muove nella direzione auspicata dall'indagine conoscitiva sulle semplificazioni possibili nel superamento delle emergenze. In tal senso, il testo dello schema di regolamento non prevede più, nell'articolo 13, una speciale procedura, per far fronte a situazioni di emergenza, semplificata e adottata in deroga alle procedure ordinarie sulla gestione di terre e rocce qualificate sottoprodotti.
  Tale disposizione, che disciplina l'utilizzo delle terre e rocce, è stata espunta dallo schema di regolamento a seguito dell'espletamento della procedura di consultazione pubblica. Infatti, sebbene alcune osservazioni abbiano evidenziato l'opportunità di implementare ed estendere l'applicazione della disciplina delle situazioni d'emergenza, si è ritenuto preferibile, in riscontro ad altre osservazioni, espungere dal testo tale previsione e rinviare la disciplina di queste emergenze al disegno di legge delega di riforma della protezione civile, già approvato dalla Camera, per garantire che tutte le emergenze siano disciplinate in un'unica cornice normativa.
  Per quanto attiene alla gestione dei rifiuti, anche se non specificatamente destinata alla gestione delle fasi successive all'emergenza, ma utilizzabile e utilizzata anche in queste, l'attuale normativa, in particolare l'articolo 191 del decreto legislativo n. 152 del 2006, disciplina provvedimenti contingibili e urgenti, prevedendo la possibilità che, in situazioni eccezionali e per periodi di tempo limitati, la gestione dei rifiuti avvenga in deroga alla disciplina posta dalla parte quarta del decreto stesso, quando ciò si renda indispensabile per tutelare la salute dei cittadini e l'ambiente.
  Il potere di ordinanza consente all'amministrazione di far fronte a emergenze nelle quali non è possibile intervenire mediante i provvedimenti tipici e le procedure ordinarie previste dalla legge. Il presupposto per la loro adozione è una situazione eccezionale di necessità e urgenza tale da non consentire il ricorso a procedure ordinarie. Con la predetta norma, il sindaco e il presidente della regione, acquisito il parere degli organi tecnico-sanitari locali, dispongono del potere di ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di smaltimento dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti.
  È del tutto evidente che, per la loro natura, come descritta, le predette ordinanze solo in parte sono strumenti utilizzabili in situazioni emergenziali, tranne che quando queste non derivino da cattiva gestione della normativa da parte delle amministrazioni. Solo a titolo esemplificativo, in una situazione emergenziale nell'erogazione del servizio di raccolta dei rifiuti urbani, l'adozione delle ordinanze ex articolo 192 del decreto legislativo n. 152 del 2006 può risultare utile ad alleviare l'emergenza in atto, consentendo alle amministrazioni di adottare quei provvedimenti necessari al superamento della stessa.
  Qualora, invece, lo stato di emergenza da affrontare, dichiarato dalla Protezione civile, sia la conseguenza di eventi calamitosi naturali, il citato decreto legislativo prevede un'unica fattispecie semplificativa, consistente nella deroga al divieto di smaltire i rifiuti urbani al di fuori della regione Pag. 8di produzione. Al riguardo, si potrebbe pensare all'ipotesi di una norma di carattere generale, applicabile nei casi di calamità naturale dichiarati dalla protezione civile, che, senza necessità di un'ulteriore mediazione amministrativa, consenta speciali forme di gestione dei rifiuti.
  Su questo ho già dato mandato ai miei uffici di valutare la fattibilità di alcuni interventi nell'ambito del disegno di legge delega della riforma della protezione civile, che, come è noto, è in attesa di esame al Senato e prevede l'emanazione di specifiche disposizioni volte, in particolare, ad assicurare procedure trasparenti di verifica ex post degli interventi posti in essere dal Servizio nazionale della protezione civile in situazioni di emergenza, specie con riferimento alla gestione dei rifiuti, delle macerie, dei materiali vegetali e delle rocce e terre da scavo prodotti in condizioni di emergenza, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico.
  Con riferimento al dissesto idrogeologico e alla tutela del territorio e delle acque, ho già fatto menzione delle ben note emergenze a carattere ambientale che sempre più spesso caratterizzano la nostra esperienza. Al riguardo, intendo innanzitutto evidenziare come la messa in sicurezza del territorio e il superamento delle varie criticità ambientali sia sempre stato un obiettivo prioritario del Ministero dell'ambiente.
  In questi ultimi anni, e in particolare a partire dal 2014, l'azione del Governo è stata, tuttavia, finalizzata ad affrontare in modo ancor più incisivo il problema della gestione e del superamento dell'emergenza in campo ambientale. Ciò ha portato, sul piano legislativo, a una serie di interventi normativi che hanno fortemente inciso sia sugli aspetti della programmazione degli interventi in materia di rischio idrogeologico sia sulle fasi di progettazione ed esecuzione degli stessi e di quelli necessari all'adeguamento del sistema idrico integrato.
  In tal senso si possono anzitutto richiamare l'articolo 10 del decreto-legge n. 91 del 2014 e gli articoli 7 e 9 del decreto legge n. 133 del 2014. In particolare, con il primo provvedimento i presidenti di regione sono subentrati alle precedenti gestioni commissariali con poteri ampliati e rafforzati, allo scopo di accelerare e semplificare sia la fase di progettazione sia quella di autorizzazione e successiva esecuzione.
  A titolo esemplificativo, basti pensare al fatto che il presidente di regione è titolare dei procedimenti di approvazione e autorizzazione dei progetti e si avvale di poteri di sostituzione e deroga e che l'autorizzazione rilasciata sostituisce tutti i visti, i pareri, le autorizzazioni, i nulla osta e ogni altro provvedimento abilitativo e costituisce, ove occorra, variante agli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale.
  Con il provvedimento cosiddetto «Sblocca Italia» la responsabilità nell'attuazione di qualunque intervento in materia di rischio idrogeologico è stata attribuita ai presidenti di regione in qualità di commissari di governo contro il dissesto idrogeologico, con tutti i poteri e le modalità già previste dal citato decreto-legge n. 91 del 2014. La norma fa dunque chiarezza sulle competenze, riconoscendo nella fase attuativa un unico centro di responsabilità incardinato sui presidenti di regione, che devono assicurare, anche avvalendosi di diversi soggetti attuatori, la realizzazione delle opere.
  Il suddetto provvedimento va comunque oltre, definendo nuove regole anche per la fase di programmazione degli interventi a far data dal 2015, al fine di superare la frammentarietà del passato e garantire una nuova programmazione nazionale coerente con il quadro effettivo della pericolosità e del rischio presenti sul territorio. La selezione degli interventi da ammettere al finanziamento deve avvenire sulla base di criteri trasparenti, che tengano conto anzitutto del quadro più aggiornato della pericolosità, quale emerge dagli strumenti di pianificazione approvati.
  Lo «Sblocca Italia», inoltre, ha dettato ulteriori regole di semplificazione amministrativa e di accelerazione della procedura degli interventi, fondate sul presupposto dell'estrema urgenza e applicabili Pag. 9agli interventi certificati come indifferibili e funzionali, come ad esempio la mitigazione dei rischi idraulici e geomorfologici del territorio, l'adeguamento alla normativa antisismica, la tutela ambientale del patrimonio culturale.
  Infine, norme acceleratorie sono state dettate per la progettazione e realizzazione degli interventi in materia di fognatura e depurazione, con la possibilità di attivare la procedura di esercizio del potere sostitutivo fino ad arrivare alla nomina di commissari straordinari dotati degli stessi poteri e facoltà dei commissari presidenti di regione in materia di rischio idrogeologico.
  Nell'ambito di questa nuova e articolata cornice normativa si collocano i provvedimenti attuativi emanati dal Governo nel corso del 2015. Nel settore del rischio idrogeologico possono, ad esempio, richiamarsi il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 maggio 2015, con il quale sono stati stabiliti i criteri e le modalità per definire l'attribuzione delle risorse finanziarie agli interventi del settore, e il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 settembre 2015, con il quale è stato approvato il primo piano stralcio delle aree metropolitane ai sensi dell'articolo 7, comma 8, dello «Sblocca Italia»; nel settore idrico, l'avvio delle procedure sostitutive e la nomina dei commissari al fine di accelerare la progettazione e la realizzazione degli interventi in materia di fognatura e depurazione.
  Tutti i provvedimenti legislativi e attuativi sopra citati hanno la finalità di dare una soluzione alle criticità ambientali del nostro Paese, nella consapevolezza che le emergenze derivanti da calamità naturali sono spesso aggravate da inadempienze di varia natura, tecnico-procedurali e amministrative, a loro volta generate da sovrapposizioni di competenze e da stratificazione di norme che si pongono in contrasto fra loro.
  Se, dunque, la ratio che ha ispirato detti provvedimenti è stata quella di semplificare e di fare chiarezza su competenze, criteri e responsabilità, bisogna tuttavia riconoscere che non sempre la straordinarietà dello strumento prescelto ha di per sé determinato l'efficacia dell'azione amministrativa. Ad esempio, non sempre i poteri speciali riconosciuti ai presidenti di regione e ai commissari hanno determinato un'accelerazione nella realizzazione delle opere, facendo emergere ulteriori criticità proprio nella fase realizzativa degli interventi, in cui i soggetti attuatori non risultano spesso strutturati per affrontare su vasta scala le molteplici problematiche di natura tecnica, amministrativa e procedurale che possono insorgere nella fase di autorizzazione ed esecuzione delle opere.
  Si tratta di un tema di grande importanza che merita di essere affrontato con decisione. Dinanzi a situazioni di particolare gravità, per far fronte alle quali è magari necessario derogare all'ordinario assetto delle competenze, è necessario che chi interviene in via sostitutiva abbia tutte le risorse necessarie per adempiere adeguatamente al compito al quale è chiamato. A questo riguardo, pare necessario un intervento normativo in grado di farsi carico di queste esigenze.
  Con specifico riguardo alle valutazioni e alle autorizzazioni ambientali, mi preme evidenziare innanzitutto l'attenzione prestata alle semplificazioni della procedura a regime. Sul punto vorrei innanzitutto attirare l'attenzione sull'adozione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministero dell'ambiente, del modello semplificato e unificato per la richiesta di autorizzazione unica ambientale (AUA).
  Il modello semplificato è stato adottato, ai sensi dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 59 del 2013, per la semplificazione di adempimenti amministrativi in materia ambientale gravanti sulle piccole e medie imprese (PMI) e costituisce un punto di riferimento valido a livello nazionale per la richiesta dell'autorizzazione unica ambientale. Le regioni, molte delle quali nel frattempo hanno adottato modelli di autorizzazione Pag. 10unica ambientale, hanno l'obbligo di adeguare le normative regionali di settore al modello nazionale.
  Fino ad ora le imprese hanno presentato la domanda usando i moduli predisposti dalle regioni, ai quali occorreva allegare documenti, dichiarazioni e altre attestazioni previste dalla normativa di settore relativa agli atti di comunicazione, notifica e autorizzazione ricompresi nell'AUA. Oggi queste domande – ricordiamo che l'autorizzazione unica ambientale può sostituire fino a oltre sette autorizzazioni e comunicazioni – dovranno essere presentate allo Sportello unico attività produttive in base al nuovo modello nazionale e fino al suo adeguamento regionale.
  È inoltre mio intendimento farmi promotore di una riforma delle discipline a regime vigenti in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA) e di valutazione ambientale strategica (VAS), allo scopo di semplificare e accelerare le relative procedure. Ciò ovviamente non può andare a discapito della qualità delle valutazioni, che devono continuare a svolgersi nel pieno rispetto del quadro normativo europeo. È tuttavia possibile semplificare lo stato delle procedure ad oggi vigenti, ad esempio, mediante la pubblicazione e la consultazione degli atti e provvedimenti sui siti informatici delle amministrazioni o la razionalizzazione delle tempistiche e dei procedimenti.
  Credo, inoltre, che sia necessario fornire maggiori certezze giuridiche ai proponenti circa la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale. Analogamente è possibile procedere con riferimento all'autorizzazione unica integrata ambientale (AIA), allo scopo sia di semplificare le procedure per il rilascio delle autorizzazioni statali e riordinare il riparto di competenze nella materia tra Stato e regioni sia di ridefinire i rapporti tra procedure VIA e AIA statali.
  Una riflessione più specifica merita, inoltre, il tema della semplificazione delle valutazioni e delle autorizzazioni ambientali da rendere a seguito di eventi emergenziali. Deve innanzitutto essere evidenziato come nel diritto vigente già sussista la possibilità di esentare un progetto dalla VIA per gli interventi necessari a fra fronte a emergenze derivanti da calamità naturali.
  Tale materia in Italia è disciplinata in particolare dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 152 del 2006. La normativa nazionale andrà comunque riallineata al diritto europeo, trasponendo gli obblighi previsti per i casi di esenzione nell'ambito del recepimento della nuova direttiva VIA entro marzo 2017. Il tema è ovviamente molto delicato, in considerazione dell'alto numero di ordinanze di protezione civile che vengono adottate e del comprensibile rigore con cui la Commissione europea affronta il tema ai fini di eventuali procedure di infrazione.
  In virtù di questa considerazione, ferma restando la possibilità di esenzione dalla VIA per i casi da affrontare con la maggiore urgenza, ritengo che sarebbe possibile provare a delineare normativamente un'agile istituzione che abbia il compito specifico di affrontare le valutazioni di impatto ambientale direttamente connesse alla gestione degli stati post-emergenziali. Tale istituzione potrebbe essere configurata quale sezione aggiuntiva della commissione VIA specializzata in temi di emergenza o come organismo strutturalmente presente presso l'ISPRA.
  Tale strumento consentirebbe di snellire il procedimento di VIA, posto che la struttura in parola sarebbe dedicata solo ed esclusivamente ad affrontare le valutazioni connesse all'emergenza e non avrebbe, dunque, da gestire l'ordinaria amministrazione, senza però rinunciare a valutazioni ambientali pienamente rispettose della normativa interna e europea.
  Per quanto riguarda l'AIA, la situazione è differente. Appare, infatti, residuale il caso che sia essenziale, al fine di garantire la gestione ottimale di un'emergenza, l'esercizio normale di un'attività produttiva gestita in unità tecniche permanenti. Dinanzi all'emergenza vanno piuttosto disciplinate situazioni che si discostano palesemente dal normale esercizio, su cui pone primariamente l'attenzione l'AIA, e che pertanto possono essere autorizzate Pag. 11come modifiche al regime autorizzato in situazioni transitorie. Per tali autorizzazioni pare legittimo ritenere che non esistano espressi obblighi comunitari e che, quindi, l'ordinamento interno possa disciplinare la materia senza vincoli derivanti dal diritto europeo.
  Del tutto diverse, invece, sono le situazioni di criticità cronica, non derivanti da eventi straordinari. In tali casi, non c’è spazio per derogare agli obblighi comunitari in materia di AIA, ma sarebbe possibile declinarli con procedure più snelle, ad esempio dando potere a un commissario di istruire la pratica senza avvalersi obbligatoriamente di altri soggetti e senza Conferenza dei servizi, garantendo solo la possibilità di partecipazione del pubblico. In tal caso, però, il commissario si prenderà in toto la responsabilità di fare un provvedimento del tutto compatibile con gli obblighi comunitari.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Galletti per l'esaustiva relazione e per il documento consegnato, che risponde ai quesiti che avevamo posto alla base dell'indagine conoscitiva e che sarà di grande ausilio nella predisposizione del documento finale.
  Sottolineo che la materia è complessa e merita che siano trovate soluzioni legislative adeguate, evitando che la gestione emergenziale si prolunghi in maniera eccessiva e che dia origine a situazioni diverse da caso a caso, creando complicazioni ulteriori, come dimostra la vicenda del terremoto in Emilia-Romagna.

  GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Essendo una materia molto emergenziale, ha bisogno di procedure snelle e veloci.

  PRESIDENTE. Ricordo che domani la Commissione è convocata alle 8.15 per l'audizione del Sottosegretario alla semplificazione e alla pubblica amministrazione, Angelo Rughetti, con la quale si concluderà il ciclo di audizioni previsto nell'ambito dell'indagine conoscitiva.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 8.55.