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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare per la semplificazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Martedì 28 febbraio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE SEMPLIFICAZIONI POSSIBILI NEL SETTORE FISCALE

Audizione di una delegazione del Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti (CNCU).
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 ,
Gabriele Luigi , responsabile affari istituzionali del Centro per i diritti del cittadino (CODICI-ASSOUTENTI) ... 3 ,
Mori Isabella , responsabile per la trasparenza di Cittadinanzattiva ... 5 ,
D'Elia Michela , esperta dell'Unione difesa consumatori (UDICON) ... 6 ,
Serafini Antonio , delegato Roma nord dell'Associazione difesa consumatori ed utenti bancari, finanziari ed assicurativi (ADUSBEF) ... 7 ,
Tabacci Bruno , Presidente ... 8 ,
Sollo Pasquale  ... 8 ,
D'Elia Michela , esperta dell'Unione difesa consumatori (UDICON) ... 9 ,
Sollo Pasquale  ... 9 ,
Tabacci Bruno , Presidente ... 9 ,
Sollo Pasquale  ... 11 ,
Tabacci Bruno , Presidente ... 11

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
BRUNO TABACCI

  La seduta comincia alle 13.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di una delegazione del Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti (CNCU).

  PRESIDENTE. Con la seduta di oggi inizia il ciclo di audizioni previsto nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle semplificazioni possibili nel settore fiscale.
  L'indagine investe un settore cruciale per la vita dello Stato e i suoi rapporti con i cittadini e le imprese, ove i fattori di complicazione rendono ancora più difficoltoso e osteggiato il dovere di contribuire alle spese pubbliche.
  L'ordine che ci siamo dati per le audizioni dà priorità cronologica all'ascolto dei soggetti più da vicino coinvolti, le cui indicazioni ci saranno utili nel confrontarci poi con gli operatori del settore e con i vertici delle istituzioni direttamente interessate.
  Iniziamo, quindi, la nostra indagine con i rappresentanti del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti.
  L'ampiezza della delegazione ci fa comprendere quanto il tema sia sentito dalle associazioni rappresentative dei consumatori e degli utenti. Ringrazio della loro partecipazione Michela D'Elia, esperta dell'Unione difesa consumatori (UDICON), Luigi Gabriele, responsabile affari istituzionali del Centro per i diritti del cittadino (CODICI), Antonio Serafini, delegato Roma nord dell'Associazione difesa consumatori e utenti bancari, finanziari e assicurativi (ADUSBEF), Valentina Condò e Isabella Mori, rispettivamente responsabili per le relazioni istituzionali e la trasparenza di Cittadinanzattiva.
  Do, quindi, la parola ai nostri ospiti.

  LUIGI GABRIELE, responsabile affari istituzionali del Centro per i diritti del cittadino (CODICI-ASSOUTENTI). Grazie, presidente. Il Consiglio nazionale utenti e consumatori è composto da circa venti associazioni. Oggi siamo molto numerosi perché il tema, sebbene affrontato relativamente dalle associazioni dei consumatori, è estremamente impattante anche per noi.
  Infatti, non ci occupiamo solo di bollette, utenze, trasporti e rapporti con le banche, ma anche – negli ultimi tempi sempre più spesso – dell'annoso rapporto esistente tra il contribuente e il fisco, che in genere, per parte nostra, viene considerato soprattutto di natura conflittuale perché il consumatore viene da noi nel momento in cui deve fare un ricorso in opposizione a un'ingiunzione, a una sanzione, a una multa o a un provvedimento emesso dall'Agenzia delle entrate o da un ente locale in materia fiscale o impositiva.
  In sostanza, noi valutiamo le questioni non con un piglio tecnico, come potrebbero fare i professionisti, i commercialisti o altri, ma sotto l'aspetto di natura sia consumeristica sia legale, perché poi bisogna scrivere gli atti e fare i ricorsi per ottenere ragione, se il consumatore ne ha, e scongiurare sin da subito che si carichi di ulteriori oneri. Pag. 4
  Ricordo che partecipammo, presso la Commissione Finanze della Camera, alla redazione della delega fiscale e fin da allora segnalammo al Parlamento l'esistenza di un rapporto di estremo conflitto tra il consumatore e il fisco, un rapporto di natura quasi medievale, legato a principi di sudditanza. Nella stragrande maggioranza dei casi colui che viene identificato come consumatore contribuente è visto come un soggetto che, a torto o a ragione, ha commesso un errore o sta per commetterlo e mai come una persona in buona fede o che, in assoluta volontarietà, voglia pagare, quasi felicemente, le imposte che le spettano.
  In relazione a questo rapporto, manifestiamo sin da subito che lo strumento esistente, ovvero lo Statuto del contribuente, è una scatola vuota. I principi enunciati e gli strumenti messi a disposizione sono, quasi nella loro totalità, inevasi persino dall'Agenzia delle entrate e dai soggetti pubblici che si occupano di riscossione. Pertanto, il consumatore non ha alcuna tutela preventiva. Non ha nemmeno una linea guida generale alla quale potersi attenere nel caso di incombenza da parte sua nei confronti degli organismi impositori.
  Sulla delega fiscale, come dicevo, sin dall'inizio della sua introduzione anticipammo al legislatore quali potevano essere alcune criticità, che, purtroppo, si sono effettivamente verificate.
  Vado sulle difficoltà più recenti per non tediarvi. Peraltro, non siamo solo noi a dirlo, ma lo lamentano anche i professionisti di settori tecnici. Con l'introduzione di alcuni principi dettati dalla delega fiscale molti adempimenti si sono, infatti, aggravati e la situazione è peggiorata enormemente rispetto a quella precedente.
  Un esempio su tutti è quello delle dichiarazioni IVA, che prima erano annuali e oggi sono diventate trimestrali. Noi operiamo con soggetti piccoli e osserviamo che per un contribuente con partita IVA o comunque per un'organizzazione micro questo significa più adempimenti e più costi.
  Lo stesso vale per lo spesometro. Sin da subito abbiamo denunciato che è uno strumento inadeguato per verificare la corrispondenza del rapporto tra consumatore e fisco. In sostanza, è uno strumento assolutamente inopportuno e inutile, che, nonostante la sua utilità sia, appunto, limitata, è passato dall'annualità alla scadenza trimestrale e poi, solo dopo le numerose proteste che conoscete, è stato modificato.
  Anche il regime semplificato per cassa – si scaricano costi e pagamenti soltanto nel momento in cui la transazione è avvenuta – ha aumentato enormemente i costi soprattutto dei piccoli soggetti.
  Vorrei ricordare che in questo Paese non operano soltanto le grandi aziende che si possono tutelare e difendere anche facendo pressioni sulle riforme legislative. Su quelle aziende si può facilmente operare e risolvere questioni di natura tributaria perché basta modificare i software fiscali, ovviamente con grandissimo vantaggio per chi li realizza. Invece, questo non può avvenire per il piccolo contribuente, il quale è tenuto a pagare, per qualsiasi adempimento ulteriore, un soggetto titolato che sia in grado di farlo.
  Mi avvio alla conclusione segnalando un ultimo grande problema. Mi riferisco al potere regolatorio conferito all'Agenzia delle entrate. Allora, o la definiamo una volta per tutte come un’authority di settore e le conferiamo diritti, doveri e soprattutto una legge statutaria che ne determini limitazioni e vigilanza, oppure poniamo definitivamente freno all'autodeterminazione di un potere regolatorio che non le compete.
  Faccio un esempio. Ogni volta che viene emessa una sentenza a favore del contribuente basta una semplice direttiva interna dell'Agenzia delle entrate affinché tale sentenza resti inevasa o mai applicata.
  Infine, anche se forse questo non è il momento più opportuno, visto che state facendo un'indagine, ci sembra doveroso segnalarvi quali potrebbero essere delle modifiche da fare al nostro sistema per renderlo veramente consumer friendly, cosa che non è attualmente.
  Tecnologia e – perdonate se diremo una cosa che potrebbe sembrare una baggianata – indipendenza monetaria potrebbero essere, secondo la nostra esperienza, le soluzioni. Pag. 5
  La blockchain è una tecnologia supersicura e iperprotetta che porterà una rivoluzione straordinaria in tutto il globo, come fu per internet. Essa prevede la certificazione di una transazione da un soggetto a un soggetto e determinerà l'eliminazione del sistema bancario così come lo conosciamo. Se applicato da un Paese al settore fiscale, significa che non c'è più scampo per nessuno: chi deve pagare paga e chi deve incassare incassa.
  Tuttavia, attraverso questa tecnologia, sappiamo anche che fine fanno i soldi dei contribuenti. Questo è il grande tema. Se voglio sapere con il centesimo di euro che ho pagato cosa è stato fatto, il blockchain lo permette.
  Inoltre, in questi giorni – chiudo velocemente per lasciare la parola ai colleghi – è tornato fortemente in voga il tema dell'indipendenza monetaria. Alcuni ne hanno parlato. Non è, però, necessario dire «fuori dall'euro» per risolvere questi problemi. Le transazioni in moneta elettronica sono già realtà, quindi potrebbe già essere adottata per le transazioni di natura fiscale. Anche in quel caso si avrebbe la piena competenza da parte del Governo del Paese nel disciplinare gli adempimenti e le riscossioni, ma soprattutto si avrebbe un sistema che non è eludibile, con il controllo totale della gestione del fisco.
  L'obiettivo è sempre rendere il fisco consumer friendly. Il sogno nel cassetto di tutti è, infatti, quello di rendere il consumatore controllore di se stesso, cosa che avremo quando arriveremo finalmente alla deducibilità delle spese legate alla vita. Questo è il tema.
  Oggi sono cambiati gli stili di vita. Ci sono alcune spese che fino a poco tempo fa era impensabile individuare come deducibili. Bisogna, dunque, fare una ricognizione. Per questo va istituita una apposita Commissione parlamentare, con dei tecnici esterni, sia per la realizzazione di un nuovo Statuto del contribuente sia per l'analisi dei nuovi stili di vita dei consumatori contribuenti italiani per individuare, appunto, l'elenco delle spese deducibili e rendere il consumatore il soggetto controllore delle sue spese fiscali.
  Grazie. Mi scuso per il tempo che ho impiegato.

  ISABELLA MORI, responsabile per la trasparenza di Cittadinanzattiva. Innanzitutto, vi ringraziamo di questa audizione. Ci tenevamo a essere presenti perché, in generale, quello della semplificazione e della trasparenza è un tema che la nostra associazione ha particolarmente caro, specialmente nel settore fiscale, dove vi è una grande complessità per i cittadini che vi si approcciano e dove, come ha detto il collega che mi ha preceduto, vi è, a tutt'oggi, una grande asimmetria tra le parti, con un consumatore che è in una posizione di per sé più debole rispetto all'amministrazione e al fisco che richiede il pagamento.
  Riteniamo, quindi, di offrire il nostro contributo, volendo sottolineare gli aspetti per noi fondamentali nel lavoro che questa Commissione va ad avviare, ovvero il tema della semplificazione insieme a quello della tutela delle fasce più deboli, che, appunto, ci è particolarmente caro.
  Infatti, il tema della tutela è un settore in cui emerge la grande asimmetria tra le parti. Chiaramente, noi parliamo di cittadini consumatori che pagano le tasse e che le vogliono pagare, quindi intendiamo tutelare quelle fasce che sono a posto con il fisco e che spesso, però, non riescono a orientarsi, per cui quando hanno delle questioni con il fisco si rivolgono alle nostre associazioni, non trovando delle modalità efficaci per essere tutelate.
  Anche dal nostro punto di vista lo Statuto del contribuente è, purtroppo, uno strumento non efficace attualmente, ma non perché non siano buoni i principi in esso contenuti. Anzi, la chiarezza, la trasparenza delle disposizioni temporali, l'efficacia e la tutela del contribuente, per come sono disegnate al suo interno, sono buone, ma ne è mancata l'applicazione. Noi proponiamo, dunque, di ripartire sicuramente da questi principi, ma anche di riorganizzarli e attualizzarli.
  I cittadini che si rivolgono alla nostra associazione, in questo settore in particolare, lamentano la complessità e la grande frammentarietà delle procedure, il fatto di avere tanti referenti diversi e di non sapersi Pag. 6orientare tra i diversi uffici che gestiscono le procedure relative alle tasse e ai contributi. In sostanza, lamentano la grande complessità del sistema fiscale e la grande difficoltà di avere delle informazioni trasparenti in merito ai procedimenti che li riguardano.
  Allora, nel momento in cui si tocca il tema della semplificazione, bisognerebbe prevedere, ove possibile, una semplificazione delle procedure e delle norme di riferimento, una unificazione delle stesse, là dove possibile, ma soprattutto delle modalità di accesso alle informazioni ancor più semplificate, al di là della normativa generale, proprio perché il settore è particolarmente complesso.
  Paradossalmente, alcuni cittadini che si rivolgono alla nostra associazione, essendo appartenenti alle fasce più deboli di cui vi parlavo prima, spesso avrebbero diritto ad accedere a dei benefici fiscali, ma vi rinunciano perché da soli non sono in grado di attivare le procedure.
  Questa è veramente una sconfitta per il nostro sistema di welfare e di protezione delle persone. Sentire persone che hanno rinunciato a un beneficio, per esempio al bonus elettrico e dell'energia oppure a contributi dal proprio comune per l'asilo nido o quant'altro, è veramente una sconfitta per tutti.
  Allora, ci teniamo a fare un focus specifico su questo. Vi preghiamo, quindi, di partire da qui, anche se vanno tenute in considerazione tutte le altre categorie.
  Noi proponiamo, appunto, di semplificare le procedure, di prevedere un sistema di informazioni chiaro e trasparente, di garantire in maniera rapida ed efficace l'accesso alle informazioni e, là dove è possibile, individuare un referente unico per i cittadini.
  Infine, nel materiale che ci è stato allegato per questa convocazione si faceva presente che spesso la complessità è data anche da una serie di scadenze di date e così via. Ecco, secondo noi sarebbe importante avere delle scadenze fiscali unificate e uniche.
  Faccio un esempio riferito a un altro contesto. La data di rinnovo della patente, da qualche anno, viene effettuata nel giorno del compleanno della persona. Ecco, occorre trovare dei sistemi che semplifichino la vita al cittadino per quanto riguarda le scadenze.
  Come ho già detto, riteniamo che sia utile ripartire dallo Statuto del contribuente perché i principi sono validi, ma vanno attualizzati e forse rivisti. Su questo offriamo, ovviamente, un contributo futuro anche nel dettaglio.

  MICHELA D'ELIA, esperta dell'Unione difesa consumatori (UDICON). In questo discorso vorrei porre attenzione alle difficoltà pratiche che incontra il contribuente nel presentare la dichiarazione dei redditi. Sappiamo tutti che dal 2014 è stato introdotto il modello 730 precompilato. Da qui sembra tutto semplice: basta avere un PC e un collegamento a internet, dopodiché il contribuente può presentare da solo la sua dichiarazione dei redditi.
  Tuttavia, non è così perché già per ottenere il PIN il contribuente riscontra delle difficoltà. Tutti dicono di essere in possesso di un PIN, ma quello ordinario non basta perché bisogna chiedere un PIN dispositivo. Il contribuente deve, quindi, recarsi in una sede INPS, cosa che già crea difficoltà.
  Inoltre, non tutti i contribuenti sono abili nell'utilizzo del computer, quindi devono avere altre persone che facciano la dichiarazione per loro o rivolgersi a terzi.
  Di recente è stato introdotto lo SPID (sistema pubblico di identità digitale), ma neppure questo è semplice da avere. La persona deve compilare una richiesta on line; deve comunque recarsi presso l'ufficio postale e fare l'autenticazione. Anche qui abbiamo, dunque, delle incombenze in più, per cui non è come fanno vedere alla tv, cioè che da casa, con il proprio PC, si riesce a presentare la propria dichiarazione.
  Inoltre, la dichiarazione non è tutta precompilata perché ci sono dei dati che il contribuente deve immettere da solo, non essendo inseriti dall'Agenzia delle entrate. Faccio l'esempio dei mutui, su cui non danno il calcolo effettivo dell'interesse che la persona può introdurre, ma bisogna fare una giusta proporzione tra il valore del mutuo, quello dell'immobile e l'interesse Pag. 7pagato. Il singolo cittadino da solo, però, spesso non è così addentrato nella materia per poter indicare questi dati.
  Alla fine, i cittadini devono obbligatoriamente recarsi presso un professionista per farsi aiutare. Il contribuente, in questo periodo, deve interfacciarsi, oltre che con la burocrazia, anche con la parte informatica. Non credo, però, che siano tutti all'altezza di farlo. Mi dispiace dirlo, ma siamo a questo punto.
  Nel complesso del sistema fiscale, non abbiamo soltanto lo scoglio del modello 730, ma abbiamo anche le diverse date di scadenza che, come diceva la collega, dobbiamo segnare sul calendario per evitare le sanzioni da parte dell'erario.
  Dobbiamo puntare a una semplificazione non solo del calendario, ma dell'intero sistema fiscale. Come diceva il collega, dobbiamo portare il contribuente a dichiararsi da solo, quindi a poter dedurre tutte le sue spese.

  ANTONIO SERAFINI, delegato Roma nord dell'Associazione difesa consumatori ed utenti bancari, finanziari ed assicurativi (ADUSBEF). Grazie della convocazione e dell'opportunità di dire qualcosa in merito a un argomento di attualità estrema non solo per la difficoltà pratiche che hanno i consumatori, ampiamente illustrata dai colleghi che mi hanno preceduto, ma anche perché la complessità del sistema fiscale sta portando dei danni che sono ulteriori rispetto alla semplice difficoltà di adempiere all'obbligo fiscale.
  Sono, infatti, dei danni di carattere politico e di forte disaffezione nei confronti dello Stato e dell'erario in particolare, che rappresenta, appunto, lo Stato. Chiunque vede senza difficoltà – è un dato comune – che il reddito ormai sfugge al controllo del singolo Stato. I mezzi di produzione del reddito sono transnazionali. Di fronte a questa evidenza, che anche il singolo cittadino comune nota, vedere che lo Stato si perde dietro mille rivoli di complicatissimi adempimenti non fa che aumentare la disaffezione nei confronti dello Stato stesso, cioè della nostra dimensione organizzativa.
  Certo, non è semplice per lo Stato semplificare perché non è facile intercettare i redditi che sfuggono alla propria sovranità. Inoltre, non dimentichiamo l'effetto della nostra partecipazione all'Unione europea, dal momento che tutta la materia, soprattutto quella della tassazione indiretta, è di competenza europea. Per esempio, l'IVA è dettata dall'Europa. A volte ci accorgiamo che c'è una specie di buona fede del nostro legislatore che cerca di togliere qualche adempimento, ma poi si accorge che non lo può fare.
  L'esempio è quello recente – paradossale e incredibile – delle comunicazioni Intrastat, che sono state eliminate l'anno scorso con il decreto legislativo sulla semplificazione e poi rimesse con una specie di sgambetto all'ultimo momento con il decreto «mille proroghe». Il risultato di questo paradosso è che un adempimento cui i contribuenti si erano abituati è stato eliminato, quindi si sono attrezzati per non seguirlo più, ma poi due giorni prima della scadenza è stato reintrodotto.
  Penso che questo sia l'esempio più clamoroso. Quindi, è necessario intervenire. Bisogna, però, scegliere: la semplificazione non è un insieme di piccoli interventi, ma necessita di un intervento brutale, di un taglio fortissimo su tutto il sistema. Poi cercherò di spiegare che cosa intendo per taglio fortissimo, altrimenti passo per Masaniello, ma non questo è il punto.
  Mi soffermo ancora sulla reintroduzione dell'obbligo di comunicazione Intrastat. Lo Statuto del contribuente, all'articolo 3, comma 2, prevede che un nuovo obbligo per i contribuenti possa essere introdotto non prima di 60 giorni. Allora, questo è un esempio pratico, concreto, evidente e attuale di non applicazione dello Statuto del contribuente, che è una norma assolutamente meritoria, anche se non completa. Su questo concordo pienamente con il collega che mi ha preceduto, perché ci sono alcuni aspetti che vanno aggiornati, in particolare riguardo alla necessità di ridefinire le spese deducibili.
  Il problema, però, è un altro. Non si tratta, infatti, di come è composto, ma è una questione di applicazione dei principi previsti dallo Statuto del contribuente. Pag. 8
  Faccio un altro esempio clamoroso. Qualche anno fa curavo per una casa editrice un'edizione del testo unico delle imposte sui redditi e mi sono accorto che in un anno ci siamo ritrovati uno stesso comma con due norme diverse. Questa cosa che potrebbe sembrare incredibile – in effetti lo è – era dovuta al fatto che erano stati introdotti questi due commi che avevano lo stesso numero, ma contenevano due disposizioni diverse, ciascuna delle quali non conosceva la precedente.
  Cosa fare di fronte a questa situazione? Ebbene, non è stato fatto nulla. Allora, secondo me, la via per uscire da questa impasse è agire sulla gerarchia delle fonti e sulla valenza normativa dello Statuto del contribuente, che si è rivelato inadeguato come legge ordinaria, in grado di essere superata da qualunque legge ordinaria successiva.
  Questa inadeguatezza non viene strillata solo dalle associazioni dei consumatori, ma viene resa visivamente evidente dal semplice sguardo al testo e agli aggiornamenti che ad esso vengono apposti ogni volta che avviene una deroga. Infatti, gli aggiornamenti in deroga sono di gran lunga superiori al testo dello Statuto, cosa che rende evidente la difficoltà enorme di procedere in questo modo. Saremmo contenti se questa Commissione ne prendesse atto e ne facesse una bandiera, perché lo Statuto dei contribuenti necessita di una forza di rango superiore, che consenta, anche nei confronti del legislatore ordinario, delle azioni di tutela del cittadino contribuente.
  In questo modo eviteremmo tanti balletti e anche ardite costruzioni giurisprudenziali – come quelle fatte dalla Cassazione in più tempi – per cercare di dare un qualche valore alle norme dello Statuto del contribuente.
  Infine, avrei un'ultima annotazione. Spesso nelle norme di semplificazione sono state introdotte delle norme di adempimento telematico, che sulle prime non possono che creare altre complicazioni. Ovviamente, non possiamo dire di restare sulla carta perché dobbiamo andare verso il telematico.
  Allora, va bene introdurre quanto più è possibile norme telematiche, ma dobbiamo anche prevedere un periodo di sperimentazione durante il quale non si può pensare di agire con lo stesso terrificante sistema di sanzione tributaria nei confronti di cittadini o – non nascondiamoci dietro un dito – professionisti che non sono in grado di adempiere come vorrebbe teoricamente la legge a questo tipo di adempimenti.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio molto delle osservazioni che avete portato in sede di avvio di questa nostra indagine conoscitiva. Do la parola ai deputati e senatori che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

  PASQUALE SOLLO. Ho qualche domanda e qualche considerazione, essendo un tecnico in materia per due ragioni, sia come parlamentare sia per la mia professione, che è quella del commercialista. Quindi, capisco benissimo ciò che avete detto e concordo in pieno. Anzi, a dire la verità, ho un giudizio molto più critico del nostro sistema fiscale.
  Presidente, ho un'idea estremamente utopistica, che credo possa essere la soluzione di tutti i problemi. Poi la spiegherò quando ci saranno i colleghi e i tecnici qui in audizione.
  Ho svolto la professione part-time dal 2002 al 2012, quando facevo il Sindaco, quindi per dieci anni. Poi, da quando sono a Roma ho completamente abbandonato. So, pertanto, che è veramente terribile, con una miriade di scadenze e di norme che cambiano ogni due mesi. L'elenco fornitori un anno c'è e l'anno dopo no; la liquidazione IVA è ogni tre mesi per le piccole imprese e ogni mese per quelle grandi, ma poi cambia di nuovo. C'è sempre stato un sistema allucinante di norme che si sovrapponevano e soprattutto di adempimenti che non finivano mai.
  Allora, la mia idea è semplicissima. In Italia occorrerebbero due sole imposte, una diretta e una indiretta che accorpino tutto, senza tassa di possesso o bollo di patente. Niente altro, occorrerebbero solo due imposte. Ovviamente, bisognerebbe aumentare Pag. 9 le aliquote per recuperare le entrate derivanti dal mancato introito delle altre imposte e tasse che oggi ci sono.
  Così, avremmo un sistema veramente progressivo e giusto perché chi ha redditi più alti pagherebbe di più, mentre chi li ha più bassi di meno. Inoltre, il controllo sarebbe di una semplicità estrema perché, appunto, si tratterebbe di verificare solo due cose, non un numero spropositato. Insomma, il sistema sarebbe di una semplicità estrema.
  Naturalmente, è difficile farlo perché vorrebbe dire rompere il sistema esistente per passare a un sistema tipicamente americano. Infatti, questo è quello che succede negli States, dove c'è il sistema di cui diceva lei, con la deducibilità completa di tutte le spese giornaliere. Sono d'accordo anche sul fatto che i bisogni sono completamente cambiati rispetto a 20 o 30 anni fa. Oggi, rispetto a vent'anni fa, ci sono spese che dovrebbero essere deducibili, ma non lo sono.
  A ogni modo, sarebbe di una semplicità estrema. È ovvio che questo regime deve avere un periodo transitorio, come diceva lei. Non possiamo tagliare tutto da un momento all'altro. Tuttavia, l'unica soluzione è quella perché possiamo semplificare tutto quello che vogliamo, ma se restano 80.000 imposte, 40.000 tasse e così via non si risolve il problema.
  Sulle scadenze la penso diversamente da voi perché nel sistema che immagino prevedrei un pagamento non in un'unica rata, ma addirittura mensile, come fosse una trattenuta sullo stipendio. Per esempio, se si deve pagare il 30 per cento del proprio reddito, questo avviene in 12 rate, in questo modo c'è anche un'equa distribuzione di ricchezza per lo Stato, che non ha dicembre e giugno ricchi o gli altri periodi di liquidazione IVA trimestrali, che restano sempre nei mesi successivi, cioè quindici giorni dopo il trimestre o il mensile.
  In questa maniera ogni mese si sa precisamente quanto rientra in cassa, per cui è molto più facile fare dei bilanci di uscite e di entrate. Questo è utopistico, ma è una mia idea che proporrò alla Commissione. Poi vedremo.

  MICHELA D'ELIA, esperta dell'Unione difesa consumatori (UDICON). Bisogna considerare anche che per alcune spese che andiamo a dedurre come sottoelenco c'è un'altra procedura da fare. Io ho parlato di procedura solo per un PIN, ma – è una sciocchezza – la stessa spesa per la riqualificazione energetica di per sé comporta che il contribuente faccia altre incombenze.

  PASQUALE SOLLO. La settimana scorsa una cittadina nel mio paese mi ha chiesto qual è l'ufficio degli sgravi fiscali. Io la guardavo e le chiedevo quale sgravio fiscale perché dipende. Allora, effettivamente le incombenze sono troppe. È allucinante, dunque occorre una semplificazione radicale. Questo è il discorso.
  Si è sempre pensato a semplificare il marginale, ma così non si riesce mai a cogliere nessun risultato. Occorrerebbe, invece, una trasformazione e una semplificazione totale del sistema. Questo è l'unico modo. Forse all'inizio potrebbe essere anche impopolare, ma dopo probabilmente tutto diventerebbe molto più facile.
  Faccio un'ipotesi. Se pago 10.000 euro di tasse all'anno, avendo una spada di Damocle sulla testa, con l'Agenzia delle entrate ed Equitalia che possono arrivare da un momento all'altro, preferisco pagarne 13.000, se ho la certezza di non avere nessuna conseguenza ulteriore. Pago di più, ma dormo tranquillo perché so che nessuno mi viene a contestare. Questo dovrebbe essere il fine del sistema.

  PRESIDENTE. Vorrei solo osservare che siamo alle prese con un compito molto complesso. Anch'io sono convinto che la complessità e la frammentarietà delle procedure sia un elemento che invece di contrastare il sommerso e l'evasione rischia di moltiplicarli. Pur tuttavia, siamo in presenza di un unicum in Europa, con la sola eccezione della Grecia, rispetto al quale si possono fare tutti i conteggi che si vogliono, ma la situazione si può riassumere con una frase molto semplice: i frati sono ricchi e il convento è povero. Questo è il concetto di fondo di fronte al quale ci troviamo. Pag. 10
  Non c'è dubbio che i frati sono ricchi perché l'economia finanziaria e immobiliare del nostro Paese è sei volte il PIL, mentre quella tedesca e quella francese sono solo quattro volte il relativo PIL. Noi abbiamo, però, il debito pubblico in assoluto più elevato, con un'economia sommersa che viene certificata dall'Istat ben oltre il 20 per cento, suddivisa in tre voci, economia irregolare, economia informale ed economia malavitosa.
  Allora, se questa è la fotografia, che non è contestabile, è chiaro che l'interesse del contribuente che per definizione ritengo onesto è che il carico fiscale sia ripartito tra tutti i cittadini, altrimenti si determina una sorta di attribuzione ai più deboli del peso di una parte che dovrebbe essere più adeguatamente distribuita tra tutti.
  Ora, da tempo sono sostenitore del fatto che le larghe fette di mercato che vivono con il doppio prezzo possano essere battute se si introduce un principio di conflitto di interessi tra contribuenti. Infatti, il doppio prezzo è la domanda che ci accompagna dal mattino alla sera: «lo vuoi con la fattura o senza?».
  Questa è una condizione data. Non è neppure il caso che mi metta a fare degli esempi perché non voglio sfidare l'intelligenza di nessuno. Tuttavia, se questa è la condizione, è chiaro che lì si determina un accordo tra contribuenti ai danni dello Stato.
  Allora, come rompere questa spirale di intesa tra contribuenti? La regola di fondo potrebbe essere quella di portare tutto o in parte in detrazione l'onere fiscale che con la richiesta della fattura si dovrebbe sostenere. Esperienze di questa natura si sono viste sul tema del 36 per cento di detrazioni sui lavori negli immobili, che adesso poi è stato portato a misure superiori nel caso dei lavori per risparmio energetico e così via.
  Questa è, dunque, una delle cose che si possono fare, ma non si riesce a introdurre perché la sua introduzione, se è svincolata dal contesto generale, prevede una copertura iniziale che non si è neppure in grado di valutare. In sostanza, se si introduce dentro una norma di bilancio un meccanismo di questa natura, la prima obiezione della Ragioneria generale è dire che questo emendamento o questa proposta non è coperta. Questo è il punto.
  Allora, questo richiede una revisione complessiva che parte certamente dallo Statuto del contribuente e della sua implementazione, ma anche da una regola aurea, per cui il contribuente e lo Stato non si trovino in una posizione di contrasto così forte come quella a cui assistiamo tutti i giorni. Per ridurre questo contrasto bisogna introdurre degli elementi di automatismo. Quello della rottura del doppio prezzo, ovvero del doppio mercato, è, secondo me, una condizione essenziale.
  Ovviamente, questo riguarda molti comparti, per cui non è neanche il caso di fare un elenco. L'ISTAT, però, potrebbe fornire l'elenco dei dieci settori in cui l'evasione dell'imposta indiretta è più evidente e marcata perché c'è la possibilità di ricostruirla con grande precisione.
  Ora, sono convinto che i numeri che sono stati portati in questi ultimi anni come successo della lotta all'evasione fiscale sono fortemente indicativi di un sommerso che è di molto superiore. Infatti, se applichiamo un 20-25 per cento al totale del PIL vengono fuori dei numeri che facciamo persino fatica a pronunciare. Basta moltiplicare 1.700 per 20 o per 25.
  Vi lascio persino un margine del 5 per cento che potrebbe essere tolto perché è il contrappeso dell'economia cosiddetta «informale». Per esempio, se mia nonna ha l'orto e vende l'insalata, non è che emette fattura. Se ha le galline e vende le uova, come accadeva nell'economia informale negli anni del dopoguerra, questo è tollerato. Questa è quella che ritengo un'economia informale virtuosa.
  Il problema è tutto il resto. Sono i comportamenti quotidiani che dobbiamo affrontare quando andiamo presso lo studio di un professionista o di un dentista. Non facciamo l'elenco, ma sappiamo come vanno le cose quando andiamo al ristorante e così via. Il contesto è questo.
  Allora, non so se con questa indagine riusciremo a fare un lavoro così presuntuoso. Penso, però, che la testimonianza di Pag. 11oggi possa essere utile perché ha un significato...

  PASQUALE SOLLO. Presidente, sembrerà strano, ma soprattutto per il sud, è anche una questione psicologica. Infatti, il sistema fiscale, con l'enormità di adempimenti che ci sono, porta il cittadino a essere un tendenziale evasore. Sembra strano, ma l'idea di pagare tutte quelle tasse provoca questo.
  Personalmente, ho provato con alcuni clienti a farli venire ogni mese perché c'era una scadenza da pagare. Mi chiedevano di pagare poco. Allora c'era la lira, ma, esprimendoci in euro, in totale pagavano 10.000 euro all'anno. Ebbene, il fatto di pagare ogni mese 1.200, 1.300 o 800 euro per loro era un problema. Invece, avrebbero preferito pagare 12.000 euro all'anno e stare tranquilli.
  Ecco, il fatto di dover pagare per ogni cosa ha portato tantissimi cittadini a essere tendenzialmente evasori.

  PRESIDENTE. Adesso abbiamo chiacchierato un po’ perché oggi è la prima riunione, ma penso che dovremmo procedere più spediti. La questione di fondo, però, è il ragionamento che è stato fatto dal collega Sollo sul tema delle due grandi imposte, che è corretto, ma va corredato delle esperienze che abbiamo fatto in questi anni in materia di autonomia impositiva locale, da cui derivano molte delle questioni delicate che avete richiamato o denunciato.
  Un tempo c'era l'imposta di famiglia, che corrispondeva alla copertura di circa il 70 per cento delle entrate delle attività dei comuni e delle province. Il grado di misurazione della qualità dell'amministrare era molto elevato. Invece, con l'abolizione dell'imposta di famiglia siamo entrati in una fase di finanza pubblica locale derivata, che è una cosa sbagliata.
  In più, ci sono state delle addizionali sull'IRPEF che hanno dato una manovra in più, che viene, tra l'altro, assunta senza che vi sia una corrispondenza tra il giudizio sulla qualità dell'amministratore e le quantità di risorse che vengono richieste ai cittadini, a fronte di non si sa quale iniziativa.
  Allora, il tema del fisco locale, ovvero dell'imposta di famiglia, consentiva una lettura approfondita delle ricchezze e delle povertà perché allora la macchina comunale era organizzata in maniera tale che faceva questa lettura prima. Molto prima dell'ISEE, c'era un ISEE di fatto che consentiva questa lettura precisa. In più, a nessuno di questi veniva in testa di abolire l'imposta sulla prima casa. Infatti, se è la prima casa di uno che ne ha una sola ed è un incapiente, se ne capiscono le ragioni, ma che si debba trattare alla stessa maniera posizioni che sono diverse vuol dire non avere la percezione di cosa si sta parlando.
  Questo è l'elemento fondamentale. Oggi l'autonomia impositiva è totalmente annullata, gli amministratori non sono valutabili e il principio dell'equità è venuto meno.
  Nell'imposta di famiglia dagli anni Settanta, se uno aveva a carico un disabile o una persona anziana, se ne teneva conto nel momento in cui si emetteva la sentenza, che era poi sempre legata a un contraddittorio con il capofamiglia. Questa imposta riguardava la famiglia, non le singole persone. Non era né l'IRPEF, né l'IVA o i trasferimenti indiretti.
  Quindi, questo è il quadro. Noi abbiamo fatto saltare questo sistema per ragioni legate all'indebitamento di alcune regioni, che avevano fatto anche bene la loro attività amministrativa, ma erano arrivate a una sfasatura di bilanci per cui erano praticamente impiccate. Allora, c'è stato uno scambio, per cui è stata abolita l'imposta di famiglia e accorpata dentro l'imposizione nazionale. In cambio di questo ai comuni hanno trasferito la spesa storica, cioè quello che avevano speso l'anno precedente.
  Questi furono i decreti che furono attribuiti all'allora Ministro Stammati, che secondo me non ha posto il suo nome su una cosa molto positiva.
  Questo è il contesto. Allora, non è solo una questione di semplificazione, ma il problema è come semplificare dentro un quadro di razionalità perché se il quadro è irrazionale è chiaro che ci sono delle complicazioni, Pag. 12 che diventano addirittura un lavoro nel nostro Paese. Ormai, le complicazioni sono diventate una professionalità.
  Ricordo sempre che in alcune trasmissioni televisive di non moltissimo tempo fa si è imposta la professione del «codista», cioè quello che si fa pagare per andare a fare le code al posto di un altro. Questo è per dire che è una professione che è nata con le complicazioni, perché se non si avesse bisogno di fare la coda, non si avrebbe la necessità di incaricare un altro a fronte di una elargizione di qualsiasi natura per farla al proprio posto.
  Ringrazio di nuovo i nostri auditi, pregandoli di consegnarci, eventualmente, documenti di cui tener conto ai fini della redazione della nostra relazione finale.
  Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.10.