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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare per la semplificazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Mercoledì 18 dicembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SEMPLIFICAZIONE LEGISLATIVA ED AMMINISTRATIVA

Seguito audizioni del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Filippo Patroni Griffi, e del capo Dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri, Carlo Deodato.
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 
Taricco Mino (PD)  ... 3 
Tabacci Bruno , Presidente ... 4 
Mucci Mara (M5S)  ... 5 
Tabacci Bruno , Presidente ... 5 
Patroni Griffi Filippo , Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri ... 5 
Tabacci Bruno , Presidente ... 8 
Deodato Carlo , Capo Dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri ... 8 
Tabacci Bruno , Presidente ... 11 
Patroni Griffi Filippo , Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri ... 11 
Deodato Carlo , Capo Dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri ... 11 
Mucci Mara (M5S)  ... 12 
Tabacci Bruno , Presidente ... 13 
Deodato Carlo , Capo Dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri ... 14 
Mucci Mara (M5S)  ... 14 
Patroni Griffi Filippo , sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri ... 14 
Tabacci Bruno , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BRUNO TABACCI

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Seguito audizioni del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Filippo Patroni Griffi, e del capo Dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri, Carlo Deodato.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito delle audizioni del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Filippo Patroni Griffi, e del capo del Dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri, Carlo Deodato.
  Ricordo che i nostri ospiti avevano svolto nella seduta del 4 dicembre le loro relazioni, che sono state trasmesse a tutti i colleghi.
  Ovviamente, ringrazio gli auditi per la disponibilità che hanno dimostrato nel partecipare anche a questa seduta, nella quale i colleghi senatori e deputati potranno formulare osservazioni e domande.

  MINO TARICCO. Ho colto con molto interesse i ragionamenti e le riflessioni che alla luce della vostra esperienza ci avete offerto nella passata riunione e che attengono alla modalità con cui meglio organizzare l'attività al fine di ottenere un risultato legislativo qualitativamente migliore e più razionale, meglio impostato.
  Ho un po’ la sensazione – e volevo, alla luce della vostra presenza, svolgere una riflessione su questo tema – che sicuramente le cose che voi ci avete evidenziato, tra cui la necessità di una migliore preparazione e tutte le questioni che ci avete posto, siano questioni che permettano di ottenere un prodotto legislativo migliore e un percorso migliore. Detto questo, vedendo come in queste ore va avanti la legge di stabilità, ho qualche perplessità in più sulla possibilità di un esito finale.
  Io, però, volevo chiedere questo: ho la sensazione che ci sia un problema di fondo molto più pesante, che alla fine rischia di impattare in modo molto forte. La mia sensazione, da persona che è approdata qui in Parlamento soltanto da pochi mesi, è che ci sia un livello di frammentazione normativa complessiva. Si dovrebbe tornare – e non so francamente come sia possibile farlo – al recupero di testi unici con un meccanismo legislativo del genere dei regolamenti comunitari, dove l'emanazione del nuovo regolamento di fatto, in molti casi, abroga quello precedente, anche se non sempre questo accade.
  Credo che i due problemi grossissimi che sottendono e sono connessi alla qualità normativa siano: da una parte il fatto, drammatico, che ogni tre mesi per qualunque operatore cambiano le regole del gioco o è comunque possibile che questo avvenga in tantissime materie; dall'altra parte, per sapere cosa fare su una determinata questione, ad esempio, un imprenditore deve fare riferimento a 67 leggi.Pag. 4
  Da questo punto di vista, in base alla vostra esperienza, è immaginabile, a fianco dell'ordinaria attività, mettere in campo una stagione di straordinaria riorganizzazione normativa che produca testi unici sulle singole materie, abrogando tutto quello che non è in questi testi unici ?
  A mio padre è capitato un caso come cittadino: ha ricevuto una concessione edilizia da parte di un comune per la realizzazione di un'infrastruttura, però, per una serie di vicende legali, il comune che gli aveva dato la concessione non aveva tenuto conto di una norma, della quale non era a conoscenza, che ha inficiato tutto il procedimento amministrativo.
  Non voglio dilungarmi oltre sui complessi problemi che ricadono sui cittadini, ma vorrei sapere, dal vostro punto di vista, che lettura date di questo fenomeno. Mi sta bene fare meglio quanto stiamo facendo e come lo stiamo facendo, ma ho la sensazione che o riprendiamo dalla base un ragionamento diverso o difficilmente riusciremo realmente a cambiare la vita ai cittadini.

  PRESIDENTE. Vorrei anch'io cogliere l'occasione per recuperare alcune questioni che sono state oggetto della relazione del sottosegretario Patroni Griffi, intanto chiedendogli se forse non si possa immaginare una fase di programmazione legislativa che magari coinvolga Governo e Parlamento.
  Vi è anche il tema assai delicato delle materie di competenza legislativa concorrente tra Stato e regioni, che credo rappresenti un elemento centrale delle difficoltà che incrociamo. Il nuovo assetto delineato dalla riforma del Titolo V sembra costituire un fattore di potenziale complicazione, e nei fatti si è dimostrato che è così. In questa chiave, nella relazione emergeva l'importanza degli accordi e delle intese in sede di Conferenza Stato-regioni o in sede di Conferenza Unificata. C’è però un problema, ossia il fatto che a queste Conferenze il Parlamento non partecipa. Quindi l'esigenza di rendere uniforme lo spazio e il tempo di un'azione legislativa che, pur nella concorrenza, richiede un certo coordinamento, è assolutamente fondamentale. Per ora si sono visti solo gli aspetti negativi.
  Il consigliere Deodato ha indicato quattro strumenti della qualità della legislazione: il drafting, ovvero la redazione tecnica dei testi, l'analisi di impatto della regolamentazione – AIR, la verifica dell'impatto e l'analisi tecnico-normativa.
  L'impressione generale è che la qualità dei testi legislativi non abbia fatto registrare progressi, nonostante l'attenzione che le si è prestata negli ultimi anni. Le cause risiedono in buona parte nelle carenze della progettazione legislativa segnalate dal Sottosegretario. Cosa si può fare concretamente nella fase preparatoria dei disegni di legge governativi per migliorarne la qualità ?
  Con riferimento all'AIR, le considerazioni svolte nella relazione del consigliere Deodato hanno trovato autorevole conferma nella successiva audizione che abbiamo condotto con il capo del Direttorato per la governance pubblica e lo sviluppo territoriale dell'OCSE, Rolf Alter. Anche secondo Alter, in Italia viene elaborato un numero non disprezzabile di analisi di impatto della regolamentazione, ma il livello qualitativo è senz'altro migliorabile, magari procedendo a una selezione dei provvedimenti, sui quali svolgere l'analisi.
  Tra l'altro, questo confronto con il direttore Rolf Alter ci ha dato l'impressione che di noi non pensino neppure delle cose così negative. Però la sensazione che si ha è di altro tenore, anche rispetto ai giudizi dell'OCSE, e secondo me dobbiamo preoccuparci delle sensazioni che suscitiamo, più che dei giudizi esterni, specie quando sono lusinghieri.
  Anche quando viene elaborata, difficilmente l'AIR costituisce uno strumento efficace, anche perché in genere viene elaborata ex post, una volta che il provvedimento è stato definito, e non ne accompagna invece la progettazione.
  I problemi che si intersecano sull'AIR sono quindi molteplici e investono da un lato il modo di legiferare e i tempi sempre più concitati delle decisioni e, dall'altro, anche le professionalità, non solo di formazione Pag. 5giuridica, indispensabili per compiere buone analisi di impatto. Allora, mi chiedo e chiedo anche ai nostri ospiti come pensa di attrezzarsi il Governo e se non si potrebbe individuare comunque un nucleo indispensabile di AIR obbligatoria per tutti i provvedimenti, che non dovrebbe, comunque, prescindere dalla stima dei costi amministrativi. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 gennaio 2013 ha definito criteri per l'effettuazione della stima dei costi amministrativi che sembrerebbero immediatamente applicabili senza eccessivi sforzi. Vi chiedo, quindi, cosa ne pensate, a che punto è l'attuazione delle linee guida e cosa si sta facendo per la loro applicazione generalizzata. Infine, in relazione alla verifica dell'impatto della regolamentazione – VIR, ricordo che il regolamento che l'ha disciplinata ha previsto, in via generale, l'effettuazione della verifica sugli atti normativi e in particolare sulle leggi di conversione. Come si sta attrezzando il Governo per far fronte a questo obbligo ? Una sollecitazione da parte del Parlamento, e in particolare della Commissione, può essere utile ?

  MARA MUCCI. Vorrei riallacciarmi al discorso del presidente perché sono rimasta molto colpita quando avete parlato dell'analisi ex ante ed ex post rispetto ai provvedimenti del Governo. Visto che si va avanti mediante la decretazione d'urgenza, mi chiedo se anche questo non influisca sulle analisi che effettua il Governo. Peraltro, sono molto dispiaciuta che si lavori in questa maniera, tralasciando aspetti importantissimi. Infatti, se manca un'accurata analisi degli effetti che una legge può provocare sul nostro ordinamento, è chiaro che si possono creare lacune e problemi, a causa dei quali la legge stessa debba essere rivista. E, con i tempi lunghi del nostro procedimento legislativo, questo costituisce un doppio problema.
  Vi chiedo, quindi, di indicare quello che ritenete possa essere migliorato anche dal punto di vista istituzionale. Come ho detto nella scorsa audizione, mi chiedo se il fatto di avere due Camere che fanno lo stesso lavoro rappresenti un problema rispetto alla tipologia di lavoro e se si possano affiancare a un procedimento d'urgenza – che è giustificato per tematiche veramente urgenti – dei procedimenti più strutturati che il Parlamento possa portare avanti, avendo dunque la centralità legislativa.

  PRESIDENTE. Ringrazio ancora il Sottosegretario Patroni Griffi e gli cedo la parola.

  FILIPPO PATRONI GRIFFI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. I problemi che si pongono, in sintesi, sono il raccordo tra Governo e Parlamento e i vari livelli della normativa.
  È sicuramente vero che siamo e continuiamo a essere in una fase di forte frammentazione normativa. Verso la fine degli anni novanta si cercò di dare una risposta a questo problema della frammentazione normativa con un processo di «testunificazione» – pessimo termine – che risentiva molto dell'esperienza francese della codificazione a diritto costante. Tale processo alla fine degli anni novanta era abbastanza spinto. Ricorderete che fu anche costituito il nucleo per la semplificazione delle norme e fu emanata una serie di testi unici. Addirittura ci si spinse fino all'esperienza, che fu molto dibattuta – per usare un termine eufemistico –, della formulazione di testi unici misti. Soprattutto in quella fase, infatti, la normativa di settore era sia di livello legislativo sia di livello regolamentare e per dare ai cittadini e agli operatori economici un panorama unitario dell'intera normativa afferente a un settore si utilizzò l'idea, tratta come dicevo dall'esperienza francese, dei testi unici misti, che avessero cioè in un solo corpo norme di legge e norme regolamentari, naturalmente con l'evidenziazione di quali disposizioni avessero valore primario e quali secondario. Come saprete, tuttora alcuni testi unici che sopravvivono a quella stagione possiedono la lettera «l» o «r» a seconda che si tratti di disposizioni di legge o di regolamento.
  Questo meccanismo è entrato in crisi con la riforma del Titolo V e ciò è Pag. 6avvenuto in maniera fisiologica, inevitabilmente, perché il meccanismo della legislazione concorrente ha comportato un concorso di norme statali e regionali sulla stessa materia, ha comportato che su quella materia lo Stato non potesse più, secondo un orientamento che si è da subito consolidato nella Corte, emanare regolamenti e che quindi lo Stato non potesse più disciplinare interamente una determinata materia.
  Pertanto, io penso che, appena si tornerà alla normalità, oltre a ridurre la decretazione d'urgenza – su questo tornerò tra un attimo – bisognerebbe riprendere il processo di codificazione; però dobbiamo sapere che la codificazione che si può fare qui, mi riferisco al Governo ma anche al Parlamento, è una codificazione che non riguarda ovviamente le regioni.
  Ricordo che il Testo Unico dell'edilizia fu predisposto all'epoca della riforma del Titolo V, nel senso che si stava materialmente finendo di scrivere il Testo Unico dell'edilizia quando fu approvata la riforma del Titolo V. Questo comportò un dato inevitabile, cioè un ripensamento dell'intero Testo Unico alla luce della riforma del Titolo V, con una serie di difficoltà conseguenti.
  Pertanto, fermo restando che credo che alcuni dei provvedimenti legislativi in corso contengano deleghe di settore per la formulazione di testi unici – forse il consigliere Deodato può essere più preciso su questo punto – dobbiamo però sapere che quell'aspirazione a trovare in un testo l'intera normativa di specifici settori non la possiamo più realizzare, perché gran parte di quella normativa è demandata alle regioni e talvolta anche all'autonomia dei regolamenti comunali.
  Da questo punto di vista, poiché quello che interessa ai cittadini è evidentemente conoscere la normativa di riferimento per lo svolgimento di determinate attività, a questa esigenza potrebbe in qualche modo ovviare l'idea del registro degli adempimenti; già ci sono infatti a livello di Conferenze, come si diceva, gli obblighi per le amministrazioni in alcuni casi di pubblicare tutti gli adempimenti amministrativi, che discendono da leggi statali o regionali o da regolamento comunale, per intraprendere determinate attività. È chiaro che però questo non diventa più un'attività normativa, ma un'attività di raccordo amministrativo con le amministrazioni in sede di Conferenza. Queste disposizioni possono anche essere incrementate ma soprattutto, prima ancora, devono essere rispettate, cosa non sempre semplice.
  Quindi, se vogliamo allargare il discorso su un piano più di tipo istituzionale, è chiaro che nel momento in cui si dovesse ripensare anche il Titolo V, probabilmente una delle cose su cui riflettere dovrebbe essere quella di ridurre il più possibile, veramente a pochi casi, l'area della competenza legislativa concorrente, a favore o dello Stato o delle regioni. Altrimenti ripeto, non in via patologica, ma in via fisiologica, una frammentazione normativa la dobbiamo avere, cosa che, peraltro, esiste anche in altri Paesi con strutture federali, e in misura anche maggiore. Dobbiamo entrare nella logica, a quel punto, che in determinate parti del territorio vige una normativa e in altre parti del territorio ne vige un'altra. Questo lo dobbiamo scontare necessariamente.
  La sede della Conferenza la richiamavo sempre per lo svolgimento di attività amministrativa e attuativa. È chiaro che, come diceva il presidente, la Conferenza non può essere la sede per un'attività di raccordo di tipo normativo, proprio perché non c’è il Parlamento in quella sede. Ogni attività di codificazione di tipo normativo non può che avvenire a livello centrale, perché se ne deve occupare il Parlamento. Per la verità, anche a livello regionale ci sono delle regioni che hanno avviato processi di testunificazione della loro legislazione. Qualche regione ha fatto anche leggi annuali di semplificazione, sia normativa che amministrativa, però anche a livello regionale i problemi si pongono, perché c’è tutta la tematica della potestà regolamentare regionale, che è una tematica piuttosto complessa e dibattuta.
  Passando al secondo aspetto, ovvero il raccordo interno al Governo e il raccordo Pag. 7Governo-Parlamento, a proposito del quale lei giustamente richiamava l'esempio di questi giorni della legge di stabilità – anche se ritengo che questo valga forse più per la decretazione d'urgenza che per la legge di stabilità – è chiaro che sarebbe auspicabile un maggiore raccordo, perché alla fine la legge è frutto dell'iniziativa governativa, ma anche e soprattutto di quello che avviene in Parlamento.
  A livello esecutivo, a gennaio dovremmo fare un pre-Consiglio esclusivamente dedicato all'agenda di Governo, perché, oggettivamente, con i provvedimenti che ci arrivano 48 ore prima del Consiglio dei ministri, noi non siamo in grado di fare quello che dovremmo fare. Occorre, quindi, un pre-Consiglio dedicato interamente all'agenda di Governo per i primi sei mesi dell'anno. Questo costringe le amministrazioni a pensare da subito e a esternare quello su cui stanno lavorando. La nostra idea è un pre-Consiglio che, come ogni pre-Consiglio, sia strumentale alla seduta del Consiglio dei ministri, in modo che, a seguito del pre-Consiglio, si coinvolga il livello politico di responsabilità in Consiglio dei ministri sull'agenda, evitando che i ministri portino provvedimenti, non dico in Consiglio dei ministri, come peraltro si può fare ai sensi del regolamento, ma 48 o 72 ore prima del Consiglio dei ministri stesso. È chiaro, infatti, che in questi casi non solo non si fa un'AIR, come è ovvio, ma non si riesce nemmeno bene a comporre un testo, tant’è vero che, come dicevo l'altra volta, spesso questi Consigli dei ministri si concludono con un «salvo intese» perché occorre riflettere su alcuni aspetti del testo, naturalmente una volta raggiunto l'accordo e la decisione politica sui contenuti. A volte, infatti, esiste un problema di composizione del testo, per renderlo coerente al proprio interno e con altre norme esterne al sistema.
  Sull'AIR e sulla VIR, lascerei senz'altro la parola al consigliere Deodato. Per quanto riguarda il problema posto sui decreti-legge, è certo che oggi non si riesce a fare un'AIR sui decreti-legge, come in qualche misura è fisiologico, perché la decretazione d'urgenza di per sé richiede tempi direi per loro natura incompatibili con un'AIR. Il problema però è un altro e sono i contenuti dei decreti-legge.
  Il nostro sforzo è quello di limitare il più possibile – devo dire che su questo siamo andati anche al Quirinale – il contenuto dei decreti-legge a disposizioni che richiedono un'entrata in vigore immediata. Credo, quindi, che sui decreti-legge il lavoro non sia quello di estendere le tecniche di qualità della normazione proprie dei provvedimenti legislativi ordinari, quanto piuttosto di ridurre il più possibile il loro ambito.
  È chiaro che su tutto questo incide anche la tempistica del procedimento legislativo in Parlamento. Questo, però, non è di nostra competenza e meno che mai lo è il problema del bicameralismo perfetto o imperfetto. Il dibattito sul bicameralismo è ormai risalente a livello dottrinario, attuale a livello parlamentare, e su questo non è mio compito esprimere valutazioni.
  La qualità della normazione non può essere frutto solo di come nascono le norme e nemmeno però solo di come sono modificate in Parlamento; è chiaro che forme di raccordo più stretto tra Parlamento e Governo, che in qualche misura in passato si sono registrate, forse servirebbero. Io credo che esse sarebbero auspicabili e tutto sommato, se noi riuscissimo anche in sedi come quella attuale a trovare delle forme di raccordo, sarebbe un dato positivo. È chiaro che però il raccordo non avviene qui, ma deve avvenire nelle Commissioni di merito, evidentemente, perché è lì che si discutono i provvedimenti legislativi. È chiaro poi che, come Presidenza del Consiglio, abbiamo delle difficoltà a seguire a livello governativo i provvedimenti di competenza dei singoli ministeri, che molte volte tendono a gestirseli da soli: questa tendenza si registra anche nelle Commissioni di merito della Camera e del Senato, dove evidentemente c’è molta più attenzione al contenuto e soprattutto alla convergenza su determinate norme. L'importante è mettersi d'accordo, perché in quelle sedi si cerca di confezionare il testo in relazione Pag. 8agli interessi cui la legge vuole rispondere. È evidente che per interessi di tipo trasversale, come quelli della qualità del testo normativo, della coerenza sistematica e della valutazione dell'impatto, magari qui in Parlamento c’è una maggiore sensibilità in questa Commissione, anche alla Presidenza del Consiglio c’è una forte sensibilità, ma poi alla fine i provvedimenti vengono confezionati nelle Commissioni di merito, dove si dialoga con il ministero di settore e non certo con la Presidenza del Consiglio.

  PRESIDENTE. Do la parola al consigliere Deodato.

  CARLO DEODATO, Capo Dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, presidente. Per sintetizzare, mi sembra che dalle questioni sollevate dal presidente e da quelle sollevate anche dai deputati e senatori che sono intervenuti si possa trarre questa affermazione di principio, ovvero che, nonostante un apparato regolatorio apparentemente efficace sulla qualità della regolazione, gli effetti sulla qualità della produzione normativa del Governo non si vedono. In altri termini, abbiamo approntato un buon sistema di istruttoria, di analisi, di valutazioni, ma non riusciamo a farlo funzionare, con la conseguenza che la qualità della produzione normativa del Governo resta carente. Si citava la mancanza di certezza del diritto, le regole cambiate in continuazione, la frammentazione.
  Si tratta quindi di capire le ragioni di questo «insuccesso» dell'AIR e della VIR e di immaginare le soluzioni per risolvere le criticità. Siamo perfettamente consapevoli del fallimento o meglio delle difficoltà applicative dell'AIR e ce ne siamo fatti carico; abbiamo identificato le ragioni di questa difficoltà e abbiamo ipotizzato delle modifiche al regolamento dell'AIR e della VIR che dovrebbero dare una risposta a queste criticità e consentire un netto miglioramento della qualità della produzione normativa del Governo.
  In parte, queste criticità sono state già indicate dal presidente nel suo intervento. Tuttavia, mi limito a ricordarle in estrema sintesi.
  La prima, affrontata dal Sottosegretario Patroni Griffi, riguarda la mancanza di una programmazione dell'attività normativa del Governo. Si diceva, infatti, che le relazioni AIR vengono spesso confezionate dopo che viene elaborato il provvedimento normativo da sottoporre all'esame del Consiglio dei ministri.
  Un altro difetto è quello del numero eccessivo di provvedimenti sottoposti all'AIR; un altro ancora consiste nella mancanza di una consultazione obbligatoria che rende l'istruttoria carente, con la conseguenza che il grado di consapevolezza della decisione politica appare inficiato da questa mancanza di informazioni. Vi sono anche mancanze gestionali e organizzative, nonché di trasparenza delle relazioni.
  Siamo consapevoli di tutte queste difficoltà e – ripeto – stiamo ipotizzando delle soluzioni con il nuovo regolamento AIR, il cui contenuto è stato già sottoposto a consultazione pubblica. Ci accingiamo a formalizzare questo regolamento con l'approvazione del nuovo DPCM che contiene, appunto, le nuove regole dell'AIR e che dovrebbe dare, quindi, risposta a queste difficoltà che rendono oggettivamente inefficace il sistema di controllo e di verifica della qualità della regolazione.
  Sulla questione della programmazione normativa ha già detto il Sottosegretario Filippo Patroni Griffi. Si sta già immaginando di programmare, in via di fatto, l'attività normativa del Governo con un Consiglio dei Ministri dedicato a questo, ma, anche in via regolamentare, nel nuovo DPCM sarà dettagliata una procedura di programmazione politica dell'attività normativa del Governo.
  Riguardo al numero eccessivo di AIR, siamo consapevoli che sottoporre a tale analisi tutti i provvedimenti normativi del Governo, a prescindere dalla rilevanza del provvedimento e dall'impatto effettivo che il provvedimento ha sulla vita economica e sociale dei cittadini e delle imprese, è sbagliato perché disperde le poche energie organizzative e le poche risorse dedicate. In questo senso, ipotizziamo di concentrare Pag. 9queste poche risorse per lo svolgimento dell'AIR sui provvedimenti di maggiore impatto, tralasciando quelli di impatto minore, che non producono effetti rilevanti sulla vita dei cittadini e delle imprese, in modo da dedicare le poche risorse disponibili per i provvedimenti più rilevanti.
  Allo stesso modo vogliamo rendere obbligatorie le consultazioni con i destinatari dei provvedimenti o con le associazioni rappresentative degli interessi incisi dal provvedimento. Secondo noi una decisione politica relativa a un atto normativo non può essere assunta in maniera razionale ed efficace se non si ascoltano i cosiddetti stakeholder, cioè i destinatari dei provvedimenti, i quali possono rappresentare criticità applicative o punti di vista che sfuggono al decisore e possono offrire dati e informazioni. Siamo consapevoli del fatto che senza dati e senza numeri ogni provvedimento normativo rischia di essere fallace, improduttivo o addirittura dannoso. Se il decisore non sa su cosa interviene, assume una decisione sbagliata.
  Vogliamo anche dedicare un supporto amministrativo alle amministrazioni incaricate di produrre le relazioni di analisi d'impatto. Spesso nei ministeri questa attività viene affidata a un funzionario dell'ufficio legislativo, che non ha competenze né di settore né economiche e non riesce a compiere l'analisi dei costi e dei benefici del provvedimento. Crediamo che si debba implementare l'organizzazione, così come pensiamo che sia importante assicurare a tutte queste relazioni – AIR, VIR e ATN – il giusto grado di conoscibilità tramite la trasparenza e la pubblicazione sui siti istituzionali.
  Ancora prima crediamo che attraverso un'attività di formazione a livello amministrativo, benché penso che ciò debba entrare anche nella cultura politica, si debba acquisire la consapevolezza che senza un'istruttoria adeguata ogni provvedimento normativo rischia di essere inefficace e inutile o addirittura controproducente.
  È stato detto che troppo spesso cambiano le regole e il quadro normativo di riferimento e che gli operatori non hanno certezza sulla stabilità delle regole giuridiche che governano un settore. È un problema grave che inficia la competitività del sistema e la capacità attrattiva degli investimenti. Se non c’è un quadro regolatorio certo, ogni attività economica, ma anche la vita dei cittadini resta fortemente pregiudicata perché non si può fare affidamento sulla stabilità delle regole. Anche questo è un difetto che si dovrebbe evitare con un'analisi di impatto realizzata in maniera corretta. Un'analisi d'impatto fatta bene dovrebbe impedire la modifica delle norme in tempi ristretti, perché dovrebbe assicurare un quadro di regole certo e stabile nel settore di riferimento; invece troppo spesso accade che i difetti di istruttoria producono provvedimenti sbagliati che vanno corretti rapidamente, con grave danno – come si diceva – per la vita economica e sociale del Paese.
  Si chiedevano, poi, informazioni su questioni più specifiche; è stata citata la questione dei decreti-legge. Effettivamente quello che è stato posto è un problema vero, nel senso che sappiamo che negli ultimi anni i provvedimenti di maggiore impatto sulla vita delle imprese e dei cittadini sono stati i decreti-legge e non le leggi ordinarie. Questo per ragioni che sappiamo tutti, è inutile ripercorrerle.
  Noi ci siamo fatti carico di questo problema. Pur nella consapevolezza, come diceva il Sottosegretario Patroni Griffi, del fatto che la natura stessa del provvedimento d'urgenza è incompatibile con una istruttoria ampia, perché i decreti-legge dovrebbero essere legittimati solo da una situazione di necessità – dico «dovrebbero» perché sappiamo che non è sempre così – e di urgenza imprevedibile o comunque incompatibile con tempi di istruttoria lunghi, noi crediamo che, essendo questi ormai i provvedimenti di maggiore impatto, escluderli del tutto da un minimo di istruttoria sia sbagliato. Pertanto, nel nuovo regolamento abbiamo provato a tener conto dell'esigenza di garantire un'istruttoria su questi provvedimenti, Pag. 10senza pregiudicare le esigenze di celerità e di urgenza che sono sottese al decreto-legge.
  Abbiamo, quindi, definito un nucleo minimo di analisi di impatto anche per i decreti-legge, che dovrebbe non inficiare la necessità e l'urgenza, ma assicurare anche un minimo di consapevolezza sull'effetto delle disposizioni in essi contenute. In questo senso abbiamo enucleato un catalogo minimo di informazioni: le esigenze riscontrate che giustificano l'intervento normativo, l'identificazione dei destinatari e una verifica minima sugli effetti e sui risultati attesi dall'intervento contenuto nel decreto-legge. Ci sembra una soluzione che riesca a contemperare entrambe le esigenze: quella di emergenza sottesa ai decreti-legge ma anche quella di garantire un minimo di istruttoria.
  Dopodiché, de iure condendo, visto che si è parlato anche di riforme, noi speriamo che l'auspicata riforma del bicameralismo, che dovrebbe portare con sé anche una modifica della procedura legislativa di approvazione dei disegni di legge, in particolare di iniziativa governativa, possa ridurre il numero dei decreti-legge ai provvedimenti effettivamente connotati da quella necessità e urgenza che richiede la Costituzione. Se il Governo dovesse avere la certezza che in un tempo prestabilito i suoi disegni di legge vengono approvati in via definitiva, io immagino che il numero dei decreti-legge si ridurrebbe a quelli effettivamente necessari.
  Sulla VIR il presidente giustamente chiede informazioni. La VIR è uno strumento di grandissima utilità. Se l'analisi di impatto non viene accompagnata anche da una valutazione ex post degli effetti del provvedimento, resta, non voglio dire inutile, ma molto meno utile. Noi riteniamo, invece, che sia fondamentale che il Governo si faccia carico anche della verifica ex post degli effetti dei suoi provvedimenti normativi, al fine ovviamente di riscontrare le criticità e di progettare.
  Effettivamente il tasso di ottemperanza alla VIR è inferiore a quello che registriamo relativamente all'analisi di impatto ex ante, per una serie di motivi. Perciò nel nuovo regolamento che disciplina AIR e VIR abbiamo cercato di razionalizzare il sistema della valutazione di impatto della regolamentazione, concentrando questo adempimento su gruppi di atti normativi omogenei per settore, con una programmazione che consenta di svolgere la valutazione di impatto su interi settori dell'ordinamento e non su singoli provvedimenti.
  Questo per semplificare l'attività delle amministrazioni, per dare informazioni più complete su settori di ordinamento omogenei e, quindi, non su singoli provvedimenti, nonché con la finalità di riscontrare le criticità applicative e di porvi rimedio con una progettazione di interventi normativi successivi, che correggano le criticità riscontrate.
  Sulla questione specifica che chiedeva il presidente, cioè della VIR sulle leggi di conversione dei decreti-legge, devo dire che effettivamente c’è una carenza. Ne sono state fatte molto poche e, invece, sappiamo che è un adempimento importante, perché quelle di conversione dei decreti-legge sono leggi che confermano i provvedimenti normativi del Governo, ed è giusto che il Governo si faccia carico dell'effetto applicativo delle sue iniziative normative, quand'anche nella forma della decretazione d'urgenza.
  Noi, in definitiva, continuiamo a credere all'efficacia degli strumenti dell'AIR e della VIR e della programmazione dell'attività normativa del Governo. Siamo consapevoli delle difficoltà e delle carenze nell'attività connessa alla qualità della regolamentazione del Governo. Speriamo, però, con le innovazioni che sinteticamente ho illustrato e con quella fondamentale di una vera programmazione normativa del Governo, di offrire un contributo importante al miglioramento della qualità della regolamentazione.
  Resta il problema dei rapporti con le regioni e dei rapporti Governo-Parlamento, su cui ha detto bene Filippo Patroni Griffi, quindi non avrei altro da aggiungere.

Pag. 11

  PRESIDENTE. Prima di ridare la parola al Sottosegretario, vorrei chiedere un chiarimento a proposito dell'attuazione dell'articolo 8 della legge n. 180 del 2011, a norma del quale entro il 31 gennaio di ogni anno le amministrazioni statali devono trasmettere alla Presidenza del Consiglio una relazione sul bilancio complessivo degli oneri amministrativi a carico di cittadini e imprese.
  Penso che un'operazione di questo genere dovrebbe coinvolgere anche la Commissione per la semplificazione, perché non avere un quadro cognitivo della dimensione degli oneri che pesano sui cittadini e sulle imprese è un limite grave. Rischiamo di parlare di cose molto generiche. Secondo me, questa è un'attività che andrebbe fortemente implementata.

  FILIPPO PATRONI GRIFFI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Vorrei fare solo due precisazioni sul decreto-legge e sulla scheda AIR. Il decreto-legge non dovrebbe mai essere utilizzato nel presupposto che, se si adottasse un disegno di legge, questo chissà se e quando verrà approvato. Invece, si assiste a questo atteggiamento, ma non solo a livello governativo; l'impressione, se noi valutiamo gli emendamenti, è che esso sia diffuso anche a livello parlamentare. Esiste allora il rischio che si scarichino sulla decretazione d'urgenza norme che oggettivamente potrebbero benissimo essere inserite in disegni di legge o in disegni di legge collegati.
  Ieri il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge in materia di giustizia civile che contiene alcune deleghe – e la delega non poteva che imporre l'adozione di un disegno di legge – e in un primo momento c'erano pressioni perché le norme immediatamente operative venissero portate in un decreto-legge. Ciò esclusivamente perché si diceva che altrimenti chissà quando sarebbero diventate legge. Poi è rimasto un disegno di legge collegato, che io mi auguro abbia un percorso molto breve. La sede appropriata era infatti un disegno di legge, non aveva alcun senso portare quelle norme in un decreto-legge. In quel caso siamo riusciti a «resistere», però il problema è esattamente quello che diceva prima l'onorevole Mucci.
  Sulla scheda AIR vorrei che chiarissimo un punto. Quando, una quindicina di anni fa, sulla scia anche di una forte pressione dell'OCSE su tutti i Paesi, fu introdotta l'AIR nel nostro ordinamento, ci trovammo a dover scegliere tra il modello – semplifico – inglese e quello americano. Il modello americano era un'AIR concentrata su pochissimi provvedimenti, ma conteneva una vera e propria analisi economica, sotto tutti gli aspetti della normativa. Tant’è vero che all'epoca le AIR fatte dai vari dipartimenti americani erano veri e propri libri.
  Le AIR inglesi erano invece schede di una o due pagine, ma davano contezza di tutti gli elementi. È chiaro che la scheda AIR viene compilata alla fine, perché è quella che serve al decisore politico per assumere una decisione informata. Il problema è se la si compila totalmente alla fine, oppure se la si compila alla fine ma sulla base di un processo e di valutazioni che sono realmente avvenute in corso d'opera. Questo è il problema dell'AIR: non è un problema né di dimensioni della scheda né del momento in cui viene compilata; il problema reale è che ciò che viene compilato corrisponda a qualcosa che si è fatto prima.

  CARLO DEODATO, Capo Dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri. L'altra questione sollevata dal presidente riguarda una innovazione legislativa molto recente: il decreto-legge n. 5 del 2012, che ha modificato l'articolo 8 della legge n. 180 del 2011, prevede una novità di grande rilievo. È una norma che obbliga tutte le amministrazioni a trasmettere entro il 31 gennaio di ogni anno alla Presidenza del Consiglio una relazione contenente il dettaglio degli oneri amministrativi introdotti o eliminati a carico delle imprese e dei cittadini.
  La norma prevede, inoltre, che se da questa relazione risulta che il bilancio è negativo, cioè gli oneri introdotti sono Pag. 12superiori a quelli eliminati, il Governo è autorizzato a emanare, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 regolamenti di delegificazione che eliminino corrispondenti oneri a carico di cittadini e imprese nel settore che è stato gravato, in modo che il saldo sia almeno pari a zero. È uno strumento molto innovativo che dovrebbe garantire, secondo la prospettazione originaria, il divieto, a regime, di aggravamento di oneri a carico di cittadini e imprese. In altre parole, lo Stato non può imporre oneri ulteriori, se non ne elimina altri di impatto corrispondente. Questo è il meccanismo.
  Quanto al grado di adempimento di questa norma, nel primo anno non è stato fatto (la legge è del 2012, nel 2013 non è stato fatto). Quest'anno contiamo di ottenere le relazioni dalle amministrazioni entro il 31 gennaio e di poter verificare in concreto se dal bilanciamento degli oneri introdotti con quelli eliminati risulti un saldo positivo o negativo. Nel caso in cui sia negativo, abbiamo lo strumento del regolamento di delegificazione per eliminare il numero corrispondente di costi amministrativi introdotti in più a carico di cittadini e imprese, nell'ottica ovviamente della semplificazione della vita delle imprese e dei cittadini, che questo nuovo strumento di regolazione dovrebbe garantire di mantenere a un tasso quantomeno invariato.

  MARA MUCCI. Vorrei svolgere qualche considerazione. Dico innanzitutto che quando si è voluto – lo dico senza malizia –, alcune leggi sono state approvate in un batter d'occhio. Penso ad esempio al lodo Alfano, per citare un provvedimento a caso.
  C’è un problema oggettivo: quello che sto percependo io, dal di qua, è che si fa fatica a calendarizzare un progetto di legge perché arrivano talmente tanti decreti-legge che è difficile organizzare la tempistica giusta per esaminarlo. Un problema implica l'altro, non so come si possa risolvere, però secondo me bisognerebbe ridurre all'osso i decreti-legge, limitandoli alle situazioni di effettiva urgenza, e negli altri casi prevedere soluzioni magari più strutturali, più rapide sicuramente, che implichino tuttavia un lavoro svolto meglio.
  Penso, ad esempio, anche qui senza alcun secondo fine, al decreto-legge sul femminicidio: quando nelle Commissioni sono state organizzate le audizioni, tutti i soggetti auditi hanno demolito questo decreto. Mi chiedo se non sarebbe stato opportuno, anche da parte vostra, aspettare qualche tempo in più per emanare il provvedimento, sentendo gli stakeholders e le parti interessate (i centri antiviolenza, le associazioni di magistrati, eccetera), e per avere poi un iter parlamentare più veloce. Ricordo che si è dovuto porre la fiducia a causa del numero elevato di emendamenti e della lunghezza del dibattito.
  Un tentativo è necessario. Anche sulla lunghezza dell’iter, mi chiedo perché utilizziamo così poco le Commissioni in sede legislativa. Quando ho posto a suo tempo questa domanda nella mia Commissione, qualcuno sollevò molte perplessità. Si tratta di un tipo di esame che alleggerisce, poiché alla fine sappiamo tutti che chi lavora nella Commissione è quello che ha più il polso della situazione, le altre Commissioni poi si aggregano, perché arrivano talmente tanti provvedimenti che anche in sede consultiva non è possibile seguire tutto, non siamo tuttologi, sebbene qualcuno se lo aspetti. Dobbiamo trovare una soluzione anche nei meandri del regolamento, che esiste e si può ottimizzare.
  State parlando di modifiche al DPCM, che immagino siano dirette a fissare un minimo di istruttoria. Vorrei capire quando entrerà in vigore, perché mi sembra veramente importante fissare dei paletti.
  Penso alla necessità di fissare ulteriori paletti per quanto riguarda l'obbligo delle amministrazioni locali di rendere trasparenti tutti i dati relativi a quello di cui i cittadini hanno bisogno. Penso alla «bussola della trasparenza»: non so se vi riferivate a quella, ma molti comuni non la rispettano. Dunque, o prevediamo delle sanzioni per i comuni che non lo fanno, oppure al contrario delle premialità per i Pag. 13comuni che rispettano la bussola della trasparenza. Credo, quindi, che si debba verificare la possibilità di prevedere un meccanismo di sanzioni/agevolazioni a seconda dei casi.
  Penso, ad esempio, che in merito al grossissimo problema delle concessioni balneari non abbiamo la contezza del problema stesso: non sappiamo quanti sono i concessionari, non sappiamo quanto pagano. Esiste un registro presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ma i comuni non ottemperano all'obbligo di registrare tutte le informazioni richieste. Pertanto, se il Parlamento vuole legiferare ma non ha la contezza dei numeri, passa troppo tempo, non essendo possibile reperire questi dati in tempi brevi, poiché non sono disponibili. Ottemperare a questi obblighi, secondo me, è alla base di tutto, altrimenti legiferiamo sul nulla. Avere contezza dei dati, a mio avviso, è il primo elemento.
  Se volete si può fare un'AIR con schede più semplici, l'importante è che l'istruttoria si faccia e che i dati ci siano. Duecento pagine sono inutili se sono dispersive; anche l'eccessiva informazione reca danno, perché non è fruibile.
  In definitiva, vorrei conoscere i tempi di queste modifiche, che sono importanti per la creazione delle leggi.

  PRESIDENTE. Vorrei sottolineare un punto. Siccome diverse volte viene richiamato, anche nel dibattito politico-parlamentare, il fatto che c’è sempre meno spazio per progetti di legge d'iniziativa parlamentare, in realtà questo è dovuto a due grandi ordini di motivi. Il primo è che quando l'iniziativa di legge ha bisogno di una copertura finanziaria, non sempre chi assume l'iniziativa è in grado di individuare questa copertura, quindi si torna alle iniziative del Governo.
  In secondo luogo – questo è più un tema che fa riferimento all'eclissi della democrazia parlamentare, almeno come l'abbiamo vissuta nel nostro Paese – vi è stato uno spostamento di ruoli e competenze, nella funzione legislativa, dal Parlamento al Governo. Questa circostanza è massimizzata nelle esperienze regionali, laddove l'elezione diretta dei presidenti delle regioni, che ha trascinato con sé, attraverso il listino, il controllo dei consigli regionali, pena il loro scioglimento, ha posto in crisi il funzionamento dei consigli stessi.
  Non si può voler tutto e il suo contrario. Noi siamo dentro un sistema carico di ambiguità. Vogliamo le elezioni dirette e facciamo morire le assemblee elettive, perché questo è l'effetto di trascinamento. Nelle democrazie presidenziali c’è una rigorosa distinzione tra il ruolo delle assemblee e il ruolo del governo eletto direttamente. Pensiamo al rapporto tra il Congresso e il Senato americano e la Presidenza degli Stati Uniti d'America. Da noi c’è una grande mistificazione sul punto specifico. Non per andare verso un fuor d'opera, ma se guardo bene le discussioni che sono in atto sulla riforma della legge elettorale, mi pare che invece di tornare al punto di riequilibrio si continui ad andare avanti come se il problema fosse quello di sapere, la domenica sera, chi ha vinto e chi ha perso. Negli anni Sessanta c'erano molte più iniziative di legge che partivano dai parlamentari; oggi ce ne sono zero, al di là della questione del femminicidio o di cose che appartengono a una visione spesso microsettoriale, solo perché entrano, in una certa fase storica, dentro la cruna dell'attenzione e della polarizzazione specifica.
  Non è forse il campo specifico di cui ci occupiamo, è più una questione che riguarda la Commissione Affari costituzionali, però questo è il sistema nel quale ci siamo collocati, che è in contrasto con esperienze di altra natura. È evidente che il modello tedesco dimostra come vive un sistema parlamentare: lì non hanno il problema di sapere chi vince e di chi perde la domenica sera; hanno fatto sessanta giorni di discussione e poi hanno scritto il programma; e non l'hanno deciso i cittadini tedeschi, ma le forze in campo che hanno deciso di dar vita al programma sul quale nasce il Governo Merkel.Pag. 14
  In America, poi, c’è un modello del tutto diverso, e noi non siamo né l'uno né l'altro. Siamo usciti dal sistema parlamentare e non siamo dentro il sistema presidenziale.
  Vengo dall'esperienza delle notti per la legge di stabilità, e non vorrei neppure essere indotto a commentarle. Ho seguito tutto con grande precisione, con puntualità; ho anche svolto qualche intervento. È certo però che il sistema così non può funzionare, in quanto ci si disperde in mille rivoli, rischiando di perdere di vista l'insieme.

  CARLO DEODATO, Capo Dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri. Il regolamento che disciplina le procedure AIR e VIR viene adottato con un DPCM, un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che però ha natura regolamentare, quindi, secondo la procedura, deve essere adottato previa acquisizione del parere del Consiglio di Stato. Abbiamo lo schema pronto del provvedimento, lo trasmetteremo entro gennaio al Consiglio di Stato, che ci auguriamo ci dia il suo parere in tempi rapidi. Credo che nel giro di tre o quattro mesi possa essere operativo il nuovo regolamento. A marzo 2014, dunque, potremmo avere il nuovo DPCM, con queste nuove regole che speriamo producano i risultati attesi.
  Condivido in pieno le osservazioni dell'onorevole Mucci sulla necessità di una reale istruttoria. Noi siamo consapevoli di quanto sia importante acquisire dati e informazioni anche dai destinatari dei provvedimenti.

  MARA MUCCI. Gradirei avere qualche maggiore dettaglio sull'istruttoria endogovernativa e sulla programmazione normativa.

  FILIPPO PATRONI GRIFFI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il meccanismo formale è il seguente: il ministro proponente, che ha la competenza di settore, è quello che porta il provvedimento al Consiglio dei ministri; la seduta del Consiglio dei ministri è preceduta da una seduta di pre-Consiglio a livello tecnico. A che serve questo pre-Consiglio ? Pochi provvedimenti esauriscono la loro efficacia nell'ambito della competenza istituzionale di un singolo ministro; allora c’è il problema di assicurare che gli incontri tra i vari ministeri, che normalmente avvengono nella fase di formazione del provvedimento, siano avvenuti e abbiano portato a un testo condiviso sul piano tecnico oppure a un testo che, condiviso sul piano tecnico all’«x» per cento, presenta due o tre criticità politiche. Tali criticità in sede di pre-Consiglio vengono evidenziate in modo che la discussione in Consiglio dei ministri si concentri non tanto su aspetti di dettaglio su cui già a livello tecnico si è avuta una definizione soddisfacente, ma su quelle criticità politiche, che evidentemente non possono essere sciolte a livello tecnico nel pre-Consiglio ma debbono essere sciolte in Consiglio dei ministri.
  C’è poi un altro profilo, ossia assicurarsi che il provvedimento sia a posto dal punto di vista finanziario. È chiaro che nel pre-Consiglio largo spazio viene dato al Ministero dell'economia e delle finanze, che verifica l'effettività delle coperture finanziarie. Se il pre-Consiglio è fatto bene, il Consiglio dei Ministri va meglio; se il pre-Consiglio non è fatto bene oppure se in Consiglio dei ministri non si raggiunge l'accordo su qualcosa, si determina una circostanza patologica, cioè che la decisione venga presa salvo l'intesa, per esempio, tra due ministri su un determinato aspetto, che a quel punto è curato dalla Presidenza. Il «salvo intesa» che richiamavo l'altra volta, che non è una cosa fisiologica, indica non un mancato accordo complessivo sul testo del provvedimento, ma che su un determinato punto i due ministri competenti continuano a non trovare un accordo. Allora il Consiglio dei ministri demanda alla Presidenza di trovare un'intesa su quell'aspetto tra i due ministri, che normalmente si trova; se non si trovasse, la questione dovrebbe ritornare in Consiglio dei ministri.Pag. 15
  Questo è il meccanismo ordinario. È chiaro che se noi riusciamo a chiedere, e soprattutto a ottenere – a chiedere siamo bravissimi – dai singoli ministeri una programmazione dell'attività di governo, cioè quali provvedimenti intendono portare, nei prossimi sei mesi, in Consiglio dei ministri, come Presidenza (e questo vale anche per il Ministero dell'economia e delle finanze) riusciamo a seguire il processo di formazione del provvedimento da prima. Questo ci consente di verificare, in primo luogo, che l'AIR si faccia; di verificare da subito le compatibilità finanziarie del provvedimento, che sono normalmente l'aspetto di maggiore criticità; di scrivere meglio il provvedimento e, inoltre, di non affogare il Consiglio dei ministri.
  È evidente che, quando non ci si prepara per tempo, si arriva all'urgenza e allora tutti pensano al decreto-legge. Se, invece, si riesce a organizzare meglio l'agenda di governo, si dovrebbe ridurre il ricorso al decreto-legge e si possono fare più disegni di legge. Il problema è questo: noi facciamo più decreti-legge perché i disegni di legge prendono tempo; voi, poiché ci sono tanti decreti-legge, non riuscite a esaminare in tempo utile i progetti di legge. È chiaro che qualcuno deve spezzare questo circolo vizioso.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Sottosegretario Filippo Patroni Griffi ed il consigliere Deodato e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.40.