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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (Commissione speciale per l'esame di atti del Governo della Camera e Commissione speciale per l'esame di disegni di legge di conversione di decreti-legge e di altri provvedimenti urgenti presentati dal Governo del Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Lunedì 15 aprile 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Baretta Pier Paolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DEL DECRETO LEGGE N. 35 DEL 2013 RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI PER IL PAGAMENTO DEI DEBITI SCADUTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, PER IL RIEQUILIBRIO FINANZIARIO DEGLI ENTI TERRITORIALI, NONCHÉ IN MATERIA DI VERSAMENTO DI TRIBUTI DEGLI ENTI LOCALI

Audizione di rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato.
Baretta Pier Paolo , Presidente ... 3 
Mazzotta Biagio , Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato ... 3 
Baretta Pier Paolo , Presidente ... 9 
Causi Marco (PD)  ... 9 
Fassina Stefano (PD)  ... 10 
Sangalli Gian Carlo  ... 10 
Vignali Raffaello (PdL)  ... 11 
Mazzotta Biagio , Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato ... 12 
Vignali Raffaello (PdL)  ... 12 
Molinari Francesco  ... 12 
Cancelleri Azzurra Pia Maria (M5S)  ... 12 
Lanzillotta Linda  ... 12 
Zanetti Enrico (SCPI)  ... 12 
Marcon Giulio (SEL)  ... 13 
Legnini Giovanni (PD)  ... 13 
Baretta Pier Paolo , Presidente ... 14 
Mazzotta Biagio , Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato ... 14 
Baretta Pier Paolo , Presidente ... 14 
Bilardo Salvatore , Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni della Ragioneria generale dello Stato ... 14 
Massicci Francesco , Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la spesa sociale della Ragioneria generale dello Stato ... 16 
Lanzillotta Linda  ... 18 
Massicci Francesco , Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la spesa sociale della Ragioneria generale dello Stato ... 18 
Lanzillotta Linda  ... 18 
Massicci Francesco , Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la spesa sociale della Ragioneria generale dello Stato ... 18 
Mazzotta Biagio , Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato ... 19 
Lanzillotta Linda  ... 19 
Mazzotta Biagio , Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato ... 19 
Baretta Pier Paolo , Presidente ... 21 

Audizione di rappresentanti del Comitato unitario permanente degli Ordini e Collegi professionali:
Baretta Pier Paolo , Presidente ... 21 
Bonechi Andrea , Componente del direttivo del Comitato unitario permanente degli Ordini e Collegi professionali ... 21 
Baretta Pier Paolo , Presidente ... 25 
Benamati Gianluca (PD)  ... 25 
Polverini Renata (PdL)  ... 25 
Ruocco Carla (M5S)  ... 26 
Campanella Francesco  ... 26 
Bonechi Andrea , Componente del direttivo del Comitato unitario permanente degli Ordini e Collegi professionali ... 26 
Campanella Francesco  ... 26 
Marazziti Mario (SCPI)  ... 26 
Di Salvo Titti (SEL)  ... 27 
Zanetti Enrico (SCPI)  ... 27 
Baretta Pier Paolo , Presidente ... 27 
Bonechi Andrea , Componente del direttivo del Comitato unitario permanente degli Ordini e Collegi professionali ... 27 
Baretta Pier Paolo , Presidente ... 30

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero: Misto-MAIE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA COMMISSIONE SPECIALE PER L'ESAME DI ATTI DEL GOVERNO DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
PIER PAOLO BARETTA

  La seduta comincia alle 17,40.

  (Le Commissioni approvano il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel quadro dell'indagine conoscitiva relativa all'esame del decreto-legge n. 35 del 2013, recante disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della Pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali, l'audizione di rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato.
  Do per lette le note relative al contingentamento dei tempi di discussione, che conoscete. La durata della seduta è prevista sino alle 19.
  Ringraziamo la Ragioneria generale dello Stato, oggi presente nelle persone del dottor Biagio Mazzotta, dottor Salvatore Bilardo, dottor Francesco Massicci e dottor Pasqualino Castaldi.
  Se gli auditi condividono, suggerirei un'introduzione della durata di circa 20 minuti, alla quale seguiranno gli interventi dei colleghi e le relative repliche.
  Se non ci sono osservazioni, darei la parola al dottor Mazzotta per la relazione.

  BIAGIO MAZZOTTA, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato. Signor Presidente, leggerò un intervento che abbiamo predisposto in qualità di Ragioneria generale dello Stato, della durata di 15-20 minuti, per poi lasciare spazio alle domande degli onorevoli e dei senatori.
  Cominciamo con il quadro finanziario del decreto-legge n. 35. Il decreto-legge recentemente adottato dal Governo, consente di imprimere una significativa accelerazione al pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti dei propri creditori.
  Si tratta di un provvedimento di carattere straordinario, in linea con i più recenti orientamenti emersi in ambito europeo, che hanno riconosciuto la necessità di un risanamento di bilancio differenziato e la possibilità di utilizzare i margini di flessibilità disponibili per intraprendere azioni a favore della crescita e dell'occupazione.
  Le misure adottate consentono di immettere nuova liquidità nel sistema economico per un ammontare complessivo pari a circa 40 miliardi di euro nel biennio 2013-2014, in relazione al quale si determina un incremento del fabbisogno delle pubbliche amministrazioni di circa 20 miliardi in ciascuno degli anni 2013 e 2014.
  In termini di indebitamento netto, l'impatto è pari a 7,5 miliardi di euro nel 2013 Pag. 4– 0,5 per cento del PIL – ed è determinato dal pagamento di debiti per spese in conto capitale per 7,7 miliardi, a fronte di una stima di 200 milioni di maggiori entrate extratributarie. La variazione del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato, invece, ammonta a 10,5 miliardi nel 2013 e a circa 16 miliardi nel 2014.
  Il decreto-legge opera nei limiti degli obiettivi programmatici definiti ai sensi di quanto previsto dall'articolo 10-bis, comma 6, della legge n. 196 del 2009, con la relazione al Parlamento 2013 inviata il 21 marzo alle Camere e approvata con apposite risoluzioni il 2 aprile 2013.
  In particolare, per l'anno in corso, la relazione stabilisce un valore di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche pari, per effetto delle misure del decreto-legge, al 2,9 per cento del PIL per l'anno 2013. Esso costituisce un limite oltre il quale sarebbe compromessa la posizione dell'Italia in relazione ai vincoli previsti dalle procedure europee di sorveglianza della finanza pubblica. A tale tutela è prevista un'apposita clausola di salvaguardia per evitare che dal decreto-legge possano derivare rischi di superamento degli obiettivi programmatici indicati nei documenti di programmazione finanziaria.
  In particolare, il decreto-legge prevede che qualora, nell'ambito del monitoraggio degli effetti derivanti dalle norme dello stesso decreto, sia accertato il rischio del superamento della soglia del 2,9 per cento, il Ministro dell'economia, previa relazione da inviare al Parlamento, possa disporre la rimodulazione, per gli anni 2013 e 2014, delle spese autorizzate con le predette norme, oppure il blocco degli impegni e dei pagamenti, ai sensi dell'articolo 10, comma 12, del decreto-legge n. 98 del 2011, o in alternativa proporre l'adozione di provvedimenti correttivi urgenti.
  Anche in funzione di questi vincoli, le finalità del decreto-legge sono riconducibili alla risoluzione di posizioni debitorie pregresse relative ad operazioni di gestione concluse negli esercizi precedenti. Non è, invece, possibile l'introduzione di nuove ragioni di spesa per le quali sarebbe necessario ricorrere alle ordinarie modalità di finanziamento e copertura.
  Gli interventi adottati riguardano le amministrazioni centrali, gli enti territoriali e gli enti del Servizio sanitario nazionale, e operano con modalità differenti in relazione al comparto e alla tipologia di debito a cui si riferiscono.
  Ai fini del pagamento dei propri debiti, gli enti territoriali potranno disporre, per la parte non sanitaria, di maggiori risorse per 5 miliardi di euro nel 2013 e 7 miliardi di euro nell'anno successivo, nonché nel 2013 di esclusione dai vincoli del patto di stabilità interno per 7,2 miliardi di euro.
  Agli enti del Servizio sanitario nazionale sono destinati, invece, ulteriori 5 miliardi di euro nell'anno in corso e 9 miliardi di euro nel 2014, mentre per lo Stato saranno resi disponibili 3 miliardi di euro nel 2013 e 4 miliardi di euro nel 2014.
  Un ulteriore rafforzamento degli interventi già disposti con il decreto-legge, per espressa previsione dello stesso potrà essere adottato con la legge di stabilità 2014, comunque nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti nel DEF – Documento di economia e finanza – 2013, previa intesa con le autorità europee e su deliberazione delle Camere, mediante assegnazioni di titoli di Stato per i debiti delle amministrazioni pubbliche che abbiano formato oggetto di cessione da parte dei creditori in favore di banche o intermediari finanziari.
  Dopo la breve premessa sui numeri recati dal provvedimento, passiamo adesso all'esposizione della parte relativa alla quantificazione dei debiti delle pubbliche amministrazioni.
  Una quantificazione dell'ammontare delle somme dovute ai propri fornitori dal complesso delle amministrazioni pubbliche – che, come sapete, sono oltre 20 mila, fra cui rientrano, oltre allo Stato, regioni, province autonome, comuni, enti di previdenza, enti del Servizio sanitario, enti di ricerca, università, eccetera – può al momento essere effettuata esclusivamente tramite stime, tenuto conto sia dell'universo Pag. 5così ampio e articolato dei soggetti interessati – che, come dicevo prima, sono oltre 20 mila – sia della circostanza che le informazioni riportate nei bilanci degli enti, in considerazione dei princìpi contabili da essi adottati, non sempre consentono di ottenerne una valutazione, anche approssimativa.
  Tale fenomeno riguarda prevalentemente gli enti che adottano la contabilità finanziaria e dipende dalla modalità con la quale le amministrazioni pubbliche, in base ai vigenti princìpi contabili, effettuano l'impegno contabile di spesa. Il momento dell'impegno può, infatti, non coincidere con l'insorgenza di un'effettiva obbligazione nei confronti del fornitore: ciò vale, in particolare, per le spese di investimento, in quanto per esse la somma impegnata rappresenta l'ammontare delle risorse complessivamente preordinate al finanziamento dell'investimento, indipendentemente dalla circostanza che, a fronte di tali risorse, sia già stata fornita, in tutto o in parte, la prestazione e dovuto il corrispettivo.
  Ne consegue che spesso l'impegno si concentra all'inizio dell’iter procedimentale dell'investimento, rappresentando la provvista delle risorse laddove l'effettiva realizzazione dell'opera segue un percorso differente, spesso collocandosi su più esercizi finanziari.
  L'effetto è che lo stock di residui passivi iscritti in bilancio non rappresenta una quantificazione soddisfacente dei debiti commerciali di un ente: ad esempio, per gli enti locali i residui passivi nel 2010 ammontano, per la parte corrente, a circa 29,8 miliardi di euro e per la parte capitale a circa 66,4 miliardi di euro, di cui soltanto una minima quota è costituita da effettive obbligazioni verso fornitori.
  La questione è meno rilevante per gli enti che già adottano una contabilità economico-patrimoniale – come, ad esempio, gli enti del Servizio sanitario nazionale – per i quali la valutazione dello stock dei debiti verso fornitori, riportata nello stato patrimoniale, rappresenta una stima complessivamente attendibile.
  Proprio in considerazione della minore significatività del dato dell'impegno contabile per le spese in conto capitale rispetto a quelle correnti, l'ISTAT ha finora scelto di registrare nei conti nazionali le spese di investimento al momento del pagamento, utilizzando il dato di impegno per le spese per consumi intermedi, che sono spese di parte corrente. Questo perché per le spese in conto capitale il pagamento è ritenuto, rispetto all'impegno, una migliore approssimazione del criterio previsto dai conti nazionali per la registrazione degli investimenti, il quale prevede che questi siano registrati in base all'avanzamento dei lavori. Ciò è, infatti, previsto nel SEC 95, quindi nei princìpi contabili europei.
  Il percorso di attuazione che si sta delineando e che si concluderà con la piena attuazione del processo di armonizzazione dei bilanci pubblici prevede, in una prima fase, l'acquisizione di informazioni da fonti extracontabili. Tali fonti sono rappresentate da monitoraggi ad hoc dello stato di avanzamento dei lavori, non solo finanziario ma anche fisico e procedurale, e in parte sono gestite dalla Ragioneria generale dello Stato: ad esempio, il monitoraggio dei fondi strutturali, quello del Fondo per lo sviluppo e la coesione e quello previsto sulle opere pubbliche ai sensi dell'articolo 30 della legge n.196 del 2009, che si sta avviando in queste settimane.
  Il ricorso a tali fonti consentirà di disporre dell'informazione sulle somme effettivamente dovute per prestazioni ricevute, ma non ancora pagate. Pertanto, va evidenziata la rilevanza di un potenziamento di tali forme di monitoraggio nell'ottica di un progressivo superamento del criterio di cassa per la stima degli investimenti nei conti nazionali e del conseguente venir meno degli attuali vincoli ai pagamenti.
  In merito al processo di armonizzazione contabile, con particolare riferimento agli enti territoriali, sulla base del decreto legislativo n. 118 del 2011, è stata avviata una profonda riforma del sistema di contabilità da essi adottato. Tale riforma è prevista a regime dal 2014 e Pag. 6consentirà di acquisire direttamente dai bilanci degli enti i dati sulla reale entità dei debiti nei confronti dei fornitori.
  In particolare, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 dicembre 2011, concernente le modalità della sperimentazione del nuovo sistema di contabilità, già in corso dal 1 gennaio 2012 per circa un centinaio di enti, ha dedicato particolare attenzione alla definizione generale del principio della competenza finanziaria, secondo il quale le obbligazioni attive e passive giuridicamente perfezionate sono registrate nelle scritture contabili nel momento in cui l'obbligazione sorge, ma con imputazione all'esercizio nel quale esse vengono a scadenza, dove per scadenza si intende il momento in cui l'obbligazione diventa esigibile.
  Come evidenziato nella consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione, si considera esigibile un credito per il quale non vi siano ostacoli alla sua riscossione ed è consentito dunque pretenderne l'adempimento. Non si dubita, quindi, della coincidenza tra esigibilità e possibilità di esercitare il diritto di credito. A tale definizione di esigibilità potranno riferirsi le amministrazioni nell'identificazione dei debiti oggetto del decreto-legge in esame sia ai fini della definizione dello stock da estinguere con le risorse e gli spazi finanziari ricevuti, sia ai fini della ricognizione dei debiti in essere da effettuare ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge.
  Tale principio assume particolare importanza al fine di ricondurre gli accertamenti e gli impegni alla loro effettiva natura, rispettivamente di reali crediti e debiti.
  Conseguentemente l'entrata a regime di questo principio, previsto a decorrere dal 2014, consentirà la predisposizione di consuntivi dai quali si potrà desumere l'effettiva consistenza dei debiti certi, liquidi ed esigibili. Allo stato attuale, invece, le regole contabili desumibili dal decreto legislativo n. 267 del 2000 per gli enti locali e dal decreto legislativo n. 76 del 2000 per le regioni non consentono questa rappresentazione. Ciò assume maggiore rilevanza per le regioni che, nel recepire i princìpi di cui al citato decreto legislativo n. 76 del 2000, hanno, di fatto, posto in essere, con legge regionale, ordinamenti contabili regionali tra loro completamente differenziati e non raffrontabili.
  Ciò premesso, la Ragioneria generale dello Stato sta operando da tempo proprie valutazioni in merito all'effettivo stock dei debiti commerciali nei diversi comparti della Pubblica amministrazione.
  Tali valutazioni risultano più affidabili nel caso delle amministrazioni centrali dello Stato, per le quali la Ragioneria generale dello Stato può disporre di informazioni puntuali tratte direttamente dai propri sistemi informativi. Una quantificazione per il complesso delle amministrazioni pubbliche centrali è stata già trasmessa all'ISTAT nei mesi scorsi ed è stata utilizzata dall'Istituto stesso nella quantificazione dei debiti commerciali inviata alla Commissione europea, nell'ambito della procedura sui disavanzi eccessivi.
  Per i restanti enti della Pubblica amministrazione, l'ISTAT ha in larga misura utilizzato la stima dei debiti commerciali fornita da Banca d'Italia sulla base di un'indagine sulle imprese.
  A tale proposito si rappresenta che il dato fornito da Banca d'Italia, con riferimento agli enti del Servizio sanitario nazionale ai quali afferisce una quota significativa dei debiti verso fornitori, risulta in linea con le valutazioni effettuate dalla Ragioneria generale dello Stato relativamente a tali enti, che, si ricorda, adottano una contabilità economico-patrimoniale.
  In particolare, a seguito della procedura descritta, l'ISTAT ha notificato alla Commissione europea, nel mese di ottobre 2012, una valutazione sull'ammontare complessivo dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni per un importo pari a 67,3 miliardi di euro nel 2011. Questo importo, tuttavia, si riferisce ai debiti maturati per le sole spese di parte corrente.
  Relativamente alle stime dei debiti commerciali, non può non osservarsi che una quota dei debiti in esse considerati non rappresentano in realtà obbligazioni Pag. 7esigibili, essendo relativi a fatture per le quali non risulta scaduto il termine di pagamento: tali obbligazioni rappresentano la cosiddetta «componente fisiologica» dei debiti, non dovuta a inadempienze delle amministrazioni, ma allo scarto temporale tra il momento in cui l'obbligazione giuridica è perfezionata e quello in cui matura il diritto al pagamento, vale a dire l'esigibilità. Tale situazione può riguardare una parte rilevante del debito, soprattutto per gli anni precedenti al 2013, anno di entrata in vigore della direttiva sui ritardati pagamenti, nei quali erano più frequenti accordi di fornitura caratterizzati da termini per il pagamento più ampi, a centoventi, centottanta giorni e oltre. Per tali obbligazioni l'effettiva esigibilità interviene solo successivamente a tale data, cioè alla data di scadenza prevista nei contratti sottoscritti ante 2013.
  L'articolo 7 del decreto-legge attiva, presso le amministrazioni pubbliche, una procedura di ricognizione dei debiti certi, liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012. La ricognizione avverrà tramite la piattaforma elettronica predisposta dalla Ragioneria generale dello Stato per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni dei crediti ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge n. 185 del 2008. Tale processo si articola in due fasi. La prima è propedeutica all'effettiva ricognizione ed è volta a garantire, in tempi rapidi e con l'introduzione di sanzioni a carico dei dirigenti responsabili, l'accreditamento sulla piattaforma elettronica da parte di tutte le amministrazioni pubbliche interessate. In questi giorni abbiamo riscontrato un incremento delle amministrazioni che si sono accreditate sulla piattaforma elettronica, passando dalle 1.700 della settimana scorsa alle 2.100-2.200 di ieri.
  La seconda fase, di vera e propria ricognizione, prevede che le pubbliche amministrazioni debitrici comunichino, a partire dal 1 giugno 2013 ed entro il termine del 15 settembre 2013, tramite la piattaforma elettronica, l'elenco completo dei debiti certi, liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012.
  L'avere individuato tali requisiti per l'inserimento negli elenchi consentirà pertanto di disporre di una valutazione più consistente della componente non fisiologica dei debiti delle amministrazioni, sulla quale si ritiene che debbano concentrarsi gli sforzi di quantificazione.
  Diverso è l'approccio che è stato seguito relativamente all'effettivo pagamento dei debiti oggetto dei primi articoli del decreto-legge. In considerazione della necessità di affrontare la sopra menzionata questione degli accordi sui termini di pagamento, ai crediti effettivamente esigibili sono stati affiancati quelli per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il 31 dicembre 2012, ancorché non scaduti e pertanto non esigibili. La norma ha delineato, quindi, un universo più ampio rispetto ai debiti certi, liquidi ed esigibili.
  A tal fine, è stata avviata, con riferimento agli enti locali, una ricognizione ad hoc finalizzata ad acquisire, entro il 30 aprile, informazioni relative a questi debiti certi, liquidi ed esigibili di conto capitale alla data del 31 dicembre 2012 e dei debiti di conto capitale per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine, con distinta evidenza dei debiti per lavori pubblici, necessaria per attribuire ai singoli enti spazi finanziari per l'importo di 5 miliardi di euro di cui all'articolo 1 del decreto n. 35 del 2013.
  In tale ambito è stata richiesta ai predetti enti, ai soli fini informativi, anche la consistenza dei debiti di parte corrente certi, liquidi ed esigibili, sempre alla stessa data del 31 dicembre 2012.
  Già dal 9 aprile gli enti locali hanno la possibilità di richiedere, mediante il sistema web previsto per il patto di stabilità della Ragioneria generale dello Stato, i predetti spazi.
  Giova, infine, precisare che i debiti inclusi nell'elenco, salvo quelli già ceduti o certificati, nonché, come è ovvio, quelli già pagati nella prima parte dell'anno, risulteranno Pag. 8automaticamente certificati dalle amministrazioni e pertanto utilizzabili per l'eventuale cessione al sistema finanziario.
  La disposizione stabilisce inoltre le modalità con le quali i creditori possono segnalare alle amministrazioni eventuali casi di omessa, incompleta o erronea comunicazione.
  Passiamo ora ad analizzare le misure contenute nel decreto-legge in esame. Per quanto riguarda gli enti territoriali, il provvedimento dispone, nello specifico, un allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno, tramite l'esclusione dal saldo oggetto di monitoraggio dei pagamenti dei comuni e delle province, per i debiti relativi a spese di conto capitale certi, liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2012, nonché dei debiti di parte capitale per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine – per un importo di 5 miliardi di euro nel 2013 – sostenuti utilizzando le risorse liquide disponibili in bilancio. Per queste somme gli enti, quindi, potranno utilizzare le loro disponibilità da subito.
  Per favorire il trasferimento di liquidità agli enti locali, inoltre, è prevista l'esclusione dai vincoli del patto stabilità interno delle regioni dei pagamenti effettuati in relazione ai residui passivi di parte corrente a fronte di corrispondenti residui attivi degli enti locali.
  Gli spazi finanziari che si determinano nell'ambito del patto di stabilità interno delle regioni potranno essere utilizzati dalle stesse esclusivamente per il pagamento di debiti certi, liquidi ed esigibili di conto capitale, nonché dei debiti di parte capitale per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento sempre entro il 31 dicembre, prioritariamente a favore degli enti locali.
  Per gli enti territoriali che, pur disponendo di spazi finanziari nell'ambito dei vincoli previsti dal patto di stabilità interno, non abbiano la liquidità sufficiente per effettuare i pagamenti dei citati debiti pregressi, il decreto-legge prevede l'istituzione di un fondo per la concessione di anticipazioni di liquidità.
  In particolare, queste anticipazioni sono disposte nella misura complessiva di 4 miliardi di euro a favore degli enti locali e a favore delle regioni e province autonome, esclusa la sanità, nella misura complessiva di 8 miliardi di euro nel biennio 2013-2014. A valere sullo stesso fondo sono previste anticipazioni anche agli enti del Servizio sanitario nazionale per l'accelerazione dei debiti cumulati alle medesime date relativi a spese pregresse di parte corrente, per un importo complessivamente pari a 14 miliardi di euro, di cui 5 nel 2013 e 9 nel 2014.
  Le norme prevedono, inoltre, disposizioni di carattere strutturale per la definizione di meccanismi diretti a impedire in futuro ulteriori ritardi nel sistema dei pagamenti, attraverso la fissazione di vincoli stringenti alla gestione, da parte regionale, della liquidità destinata al finanziamento del Servizio sanitario nazionale.
  Le anticipazioni fornite agli enti territoriali, comprensive di quelle a favore del Servizio sanitario nazionale, saranno restituite maggiorate degli interessi in un arco temporale di lungo termine – trenta anni – e le relative quote capitale saranno destinate all'ammortamento del maggior debito derivante dal reperimento di risorse necessarie al finanziamento del fondo.
  Sono, invece, esclusi dai limiti del patto di stabilità interno i pagamenti sostenuti dalle regioni a titolo di cofinanziamento nazionale degli interventi realizzati con il contributo dei fondi strutturali europei, per un importo pari a 800 milioni di euro nel 2013, che si aggiunge alla già presente esclusione a legislazione vigente di circa un miliardo, quindi per un totale di 1 miliardo e 800 milioni di euro nel 2013.
  Tali misure consentono di agevolare il raggiungimento degli obiettivi di spesa previsti dai programmi regionali cofinanziati dall'Unione europea, garantendo, quindi, un significativo miglioramento delle capacità di tiraggio dei fondi strutturali a disposizione nel triennio 2012-2014.
  Per lo Stato sono state stanziate maggiori risorse – 500 milioni di euro nel 2013 – per il pagamento dei debiti contratti Pag. 9dai Ministeri per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali maturati al 31 dicembre 2012, a fronte dei quali non sussistono residui passivi, neanche perenti.
  Per la quota di debiti eventualmente non soddisfatta, qualora non dovessero essere sufficienti questi 500 milioni di euro, e al fine di prevenire ulteriori situazioni future di debito, le amministrazioni centrali dovranno predisporre misure di riorganizzazione e razionalizzazione della spesa che saranno sottoposte ad apposito monitoraggio; dovranno, quindi, predisporre dei veri e propri piani di rientro da queste situazioni debitorie, di cui anche il Parlamento sarà messo al corrente.
  Sono, inoltre, programmate restituzioni e rimborsi di imposta per l'accelerazione del pagamento dei rimborsi fiscali e per le maggiori compensazioni derivanti dall'incremento dei limiti delle stesse per i crediti maturati nelle annualità precedenti. A tal fine, sono stati previsti maggiori pagamenti per complessivi 6,5 miliardi di euro, di cui 2,5 nel 2013 e 4 nel 2014.
  È prevista, infine, la possibilità di compensare i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati sempre alla medesima data del 31 dicembre 2012, nei confronti delle pubbliche amministrazioni per somministrazioni, forniture e appalti, con le somme dovute a seguito di procedure di definizione di rapporti e contenziosi tributari. Si tratta di un allargamento rispetto a quanto previsto dalla legislazione vigente.
  Per concludere, relativamente alle richieste di approfondimento pervenute dai servizi della Camera dei deputati, la Ragioneria generale dello Stato ha prodotto un documento che lasciamo agli atti insieme a questa breve relazione.

  PRESIDENTE. Grazie. Provvederemo a distribuire il testo appena possibile.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
  Per il Gruppo del Partito Democratico interverranno l'onorevole Causi, l'onorevole Fassina e il senatore Sangalli, per un tempo totale di sei minuti.

  MARCO CAUSI. Signor presidente, vorrei ringraziare il dottor Mazzotta per la relazione molto esaustiva e per il materiale che ci ha fornito. Vorrei rivolgere alcune domande molto specifiche che derivano dalle audizioni già tenutesi presso queste Commissioni, oltre che dalla documentazione che ci è arrivata soprattutto da parte del mondo delle imprese. Infatti, oggi vorremmo utilizzare questo tempo – e ringrazio il dottor Mazzotta, il dottor Bilardo e il dottor Massicci per loro presenza – per capire con voi quali siano i margini di praticabilità di alcune modifiche, anche puntuali, del testo del decreto-legge, che sono state chieste sia dagli enti locali sia dalle imprese.
  Il primo punto è se ritenete che sia possibile organizzare, per almeno alcuni di questi stock di pagamenti – non per tutti, almeno per alcuni – dei meccanismi centralizzati di azione, in modo che sia lo stesso Ministero dell'economia e delle finanze a organizzare almeno una parte di queste lavorazioni, così come avvenuto in Spagna. Vi chiedo, pertanto, se lo riteniate o meno possibile e le motivazioni di un'eventuale impossibilità.
  Il secondo punto sul quale vorrei soffermarmi riguarda la possibilità di attivare, in modo anche più ampio, dei meccanismi di compensazione con i debiti tributari o paratributari delle imprese. Il decreto-legge prevede qualche meccanismo di compensazione. Potete chiarire questo punto e spiegare se è possibile una strada che ampli qualcuno di questi meccanismi di compensazione, eventualmente collegandoli a meccanismi di centralizzazione ? Dico questo perché, se una parte dei flussi viene centralizzata, forse è più facile fare il matching con le agenzie centrali che sono generalmente le creditrici, come l'INPS o l'Agenzia delle entrate.
  Il terzo punto – il dottor Mazzotta ha ben spiegato il meccanismo, ma non ho Pag. 10capito la parte finale – riguarda la parte del decreto-legge che permette di smontare alcuni residui passivi delle regioni, se corrispondentemente ci sono residui attivi nei bilanci dei comuni. Tuttavia – forse queste righe del decreto-legge non sono scritte bene – sembrerebbe poi di capire che questo sblocco potrà permettere ai comuni di avere qualche spazio in più, ma solo per pagamenti in conto investimenti e non anche per pagamenti in conto corrente. Considerato che sappiamo che i pagamenti in conto corrente sono quelli fuori indebitamento, ci chiediamo perché il meccanismo di rapporto fra regioni e comuni venga utilizzato solo per i pagamenti in conto investimenti.
  Gli enti locali, e le regioni in particolare, hanno manifestato il desiderio di vedere in questo decreto-legge qualche meccanismo di compensazione fra di loro collegato al patto di stabilità verticale. Chiedo se questa sia un'ulteriore aggiunta che si può inserire a costo zero.
  Infine, il dottor Mazzotta ci ha illustrato un quadro del lavoro sull'armonizzazione dei bilanci, soprattutto degli enti locali. Vorrei chiedergli a che punto siamo, invece, nel lavoro sull'armonizzazione dei bilanci delle regioni, in base ai decreti legislativi esistenti, e cosa questo Parlamento, anche in questa fase – anzi direi soprattutto in questa fase, anche in questo decreto-legge – possa fare per velocizzare e migliorare il lavoro per quanto riguarda l'armonizzazione dei bilanci delle regioni.

  STEFANO FASSINA. Signor presidente, ringraziando il dottor Mazzotta per la relazione, torno rapidamente su un punto che già l'onorevole Causi ha sollevato, ossia il meccanismo delle compensazioni che è stato posto da tutte le associazioni delle imprese come canale prioritario sul quale puntare.
  Mi interessa capire meglio se il meccanismo delle compensazioni esteso ai debiti fiscali correnti, quelli dell'anno fiscale precedente l'anno in corso, impatta sull'indebitamento e se si possono immaginare delle strade per evitare che questo avvenga. Ovviamente questo è un punto molto rilevante.
  Da una nostra prima rudimentale riflessione ci sembra di poter dire che qualche strada si possa percorrere per evitare l'impatto della compensazione dei debiti fiscali correnti sull'indebitamento, ovviamente previa registrazione sulla piattaforma della Ragioneria per quanto riguarda le fatture certificate.
  In secondo luogo, nonostante il decreto-legge approvato non contenga riferimenti all'aumento dell'IRPEF regionale, la condizione di tanti bilanci regionali porta ad avere fortissime preoccupazioni che la costruzione dei piani di rientro comporti, sul lato delle entrate in particolare, data la condizione della spesa, misure di intervento significative, sebbene non esplicitamente previste nella stesura del decreto-legge che è stata approvata.
  Mi rendo conto che è difficile per la Ragioneria avere informazioni complete, tuttavia, considerato il fatto che un numero elevato di regioni è sottoposto a piano di rientro sanitario, chiedo se condividete l'idea che vi sia un rischio molto forte che la costruzione dei piani di rientro finanziario per il ripagamento dell'anticipo che viene fatto dallo Stato comporti effetti, in particolare sul versante delle entrate, per quanto riguarda la finalizzazione dei piani di rientro.

  GIAN CARLO SANGALLI. Signor presidente, il tema delle compensazioni è un tema caldo in questi giorni perché forse è la parte di debito che più rapidamente può essere riconosciuta alle imprese e ai creditori, quindi può essere sanata dalla Pubblica amministrazione.
  Prima di porre la mia domanda, vorrei esprimere una considerazione un po’ preoccupata sul fatto che – me lo consenta il dottor Mazzotta, che ringrazio per la relazione – continuiamo ad avere, anche da questa relazione, che forse è la più precisa di quelle che abbiamo sentito fino ad ora, una sensazione di un controllo relativo dello stock del nostro debito. Mi rendo conto che c’è una difficoltà Pag. 11di controllo dello stock di debito delle amministrazioni locali e territoriali; non c’è un censimento preciso del debito, ci si basa su dati a campione, di tipo statistico.
  Il metodo di Banca d'Italia è molto diverso da quello dell'ISTAT, si usano parametri differenti. Lei stesso afferma che l'ISTAT ingloba una parte di debito funzionale o fisiologico, mentre Banca l'Italia fa uno stock complessivo calcolando un campione di imprese superiore ai venti dipendenti, che sono in realtà una quota molto minoritaria del numero delle imprese del nostro Paese. Quindi, c’è da credere che lo stock di debito che monitora o che ci rivela Banca d'Italia sia superiore a quello che ci dice.
  Ora, questa preoccupazione non ce l'abbiamo solo noi, ma ce l'hanno anche i mercati internazionali che ci osservano, ce l'ha l'Europa, ce l'hanno tutti gli osservatori che stanno guardando il procedere del nostro indebitamento al 130 per cento sul PIL, che invece decresce. Mi domando – e domando a lei, lateralmente a questa audizione, ma credo che per chi dovrà governare il Paese sia un'informazione utile – se abbiamo almeno la percezione, o se voi avete il dato, della quantità di contratti che sono stati stipulati dalle amministrazioni centrali, contratti espliciti con il sistema finanziario finito o contratti derivati, perché in molte amministrazioni territoriali abbiamo avuto delle sorprese all'inventario di questa situazione.
  Forse un'esplicitazione anche di questo dato ci consentirebbe di avere per il Parlamento una fotografia chiara e per le componenti economiche altrettanto chiara – da lei ho sentito parole flessibili sulla gestione di questo debito, e me ne rallegro – e certamente consentirà all'Europa di avere nei nostri confronti una maggiore rassicurazione sullo stock reale del nostro debito.
  Non c’è nulla che non risulti e, soprattutto, vorremmo sapere se i contratti derivati che sono stati fatti dal complesso delle amministrazioni centrali – non parlo di quelle territoriali o locali, ma solo di quelle centrali – sono sotto il controllo della Ragioneria generale dello Stato e in quale dimensione.

  RAFFAELLO VIGNALI. Signor presidente, associandomi alle preoccupazioni appena espresse dal senatore Sangalli, vorrei porre due domande. La prima riguarda la questione del debito fisiologico e dei debiti effettivamente scaduti. A questo proposito nutro qualche perplessità, anche considerando che da gennaio sono entrate in vigore le nuove norme sulla base della direttiva europea.
  In realtà, qualche perplessità ce l'ho anche sul pregresso, perché basta guardare i bandi che hanno pubblicato negli anni le amministrazioni per vedere come condizione, in molti casi, di partecipazione al bando sia la rinuncia al termine di scadenza dei pagamenti. Se accadesse tra privati, si chiamerebbe abuso di posizione dominante relativa. Eppure succede.
  Da questo punto di vista, ci potrebbe essere un problema. Finché non ci sarà una norma – e purtroppo neanche il decreto legislativo di recepimento della direttiva europea sui pagamenti l'ha prevista – che collega la consegna, compreso il collaudo, del bene o servizio alla fatturazione e al pagamento, possono intercorrere dei tempi indefiniti. Molte amministrazioni indicano al fornitore quando fare la fattura, e questo succede normalmente.
  Vorrei conoscere il vostro parere su come si potrebbe ovviare a questo problema, che comunque esiste. Non si tratta di crediti che le imprese non hanno; ce li hanno esattamente come le altre, però c’è un problema sul debito certo ed esigibile. Vorrei sapere come, secondo voi, ci si dovrebbe regolare a questo riguardo.
  La seconda domanda riguarda i crediti fiscali delle imprese verso il fisco centrale. Vorrei capire se avete un dato esatto circa il loro ammontare, ossia sapere quanti sono i crediti che le imprese vantano nei confronti del fisco centrale. Penso ai crediti IVA e via dicendo. Non si tratta evidentemente di una questione di stime, perché qui stiamo parlando solo del fisco centrale.

Pag. 12

  BIAGIO MAZZOTTA, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato. Si riferisce ai rimborsi fiscali pregressi ?

  RAFFAELLO VIGNALI. Sì, quelli che devono avere le imprese.

  FRANCESCO MOLINARI. Signor Presidente, ringrazio il dottor Mazzotta e apprezzo la sua relazione che – come è stato detto – è stata, tra quelle che abbiamo ascoltato, la più lineare e la più interessante. Poiché ho sentito richiamare dai colleghi che mi hanno preceduto l'esempio della Spagna, pongo una domanda semplice a voi che, tra l'altro, siete coloro che hanno le chiavi della cassa dello Stato.
  Potete spiegarmi perché un piccolo imprenditore, un professionista con una fattura esigibile non può andare alla cassa e chiedere di essere pagato, anziché essere sottoposto a tutti questi meccanismi, così farraginosi, previsti dal decreto-legge ? Ho paura che, come già ci hanno detto le piccole e medie imprese e altri soggetti, sarà difficile vedere immediatamente nelle loro tasche questa liquidità che, invece, è essenziale.

  AZZURRA PIA MARIA CANCELLERI. Signor Presidente, anch'io ringrazio il nostro ospite per la relazione e gli rivolgo due domande.
  La prima riguarda i tagli ai Ministeri. Sono già stati effettuati dei tagli lineari indiscriminati che hanno compromesso l'efficienza di numerosi uffici. Ci chiediamo, quindi, se la previsione di un ulteriore taglio lineare pari a 570,45 milioni di euro a decorrere dal 2015, sempre su missioni di spesa di ciascun Ministero, non sia aleatoria, considerato questo deficit nell'efficienza degli uffici, e se invece non risulti opportuno prevedere un piano di tagli mirato a ridurre i centri di spesa più inutili, quelli meno produttivi.
  La seconda domanda riguarda l'adozione di provvedimenti correttivi urgenti. Il decreto-legge dispone, nel caso in cui ci fosse uno sforamento sull'indebitamento, che il Governo intervenga con l'adozione di provvedimenti correttivi urgenti per non contravvenire all'obiettivo del pareggio di bilancio, che è anche inserito nella nostra Costituzione, e rispondere così agli impegni di Bruxelles. Vorremmo sapere se questi provvedimenti corrispondano a manovre di rientro nel caso le finanze pubbliche ne avessero necessità.

  LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, cercherò di essere rapida. La prima considerazione riguarda la questione delle compensazioni, che obiettivamente pesano sul deficit. Mi domando, però, se per quanto riguarda il 2013 non possa essere prevista una compensazione integrale, perché sul 2013 questo problema non c’è.
  Pertanto, se da una parte bisogna prevedere che i debiti siano immediatamente pagati, secondo me con un'ulteriore sanzione, prevedendo che siano comunque iscritti in bilancio come debito e vadano sul Patto di stabilità per disincentivare la riproduzione del rinvio dei pagamenti, dall'altra, essendo a bilancio già l'elemento del debito fiscale, chiedo se questo non possa essere compensato al 100 per cento.
  Chiedo, inoltre, se è stata fatta, nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze, una valutazione dell'impatto, in termini macroeconomici, che avrebbe sul bilancio il permanere della crisi di liquidità rispetto, invece, a un'immissione di liquidità quasi integrale, quindi anche dal punto di vista finanziario, per il sistema di bilanci pubblici.
  Infine – forse è una domanda troppo complessa per contenerla in un minuto – chiedo se, una volta certificato, il debito non sia sostanzialmente emerso e non possa essere totalmente iscritto in bilancio, anche se la sua estinzione può essere scaglionata con un piano di ristrutturazione del debito, e pagato dal sistema finanziario attraverso garanzie dello Stato, che a quel punto sono a costo zero perché il debito già esiste.

  ENRICO ZANETTI. Signor Presidente, vado direttamente al punto. Innanzitutto, se mi è chiara la tempistica, anche abbastanza Pag. 13veloce, del pagamento delle spese in conto capitale, nel decreto-legge è più complesso capire esattamente le dinamiche temporali che riguarderanno, invece, il pagamento dei debiti da spesa corrente. In ogni caso, mi sembra che le scadenze vadano parecchio più in là in corso d'anno, rispetto al 15 maggio, che è il momento centrale per quanto riguarda le spese in conto capitale.
  Vorrei capire perché è necessario differire di qualche mese la parte legata alle spese correnti, sempre che abbia correttamente inteso, perché sul punto il decreto-legge è abbastanza complesso, mentre – lo ripeto – sulla parte di spese in conto capitale è più lineare e comprensibile.
  In secondo luogo, per quanto riguarda l'allargamento della possibilità di compensare i crediti commerciali con i debiti tributari da istituti deflattivi, accertamenti con adesione, accertamenti dell'Agenzia delle entrate, è certamente un allargamento rispetto alla possibilità prima limitata agli importi già iscritti a ruolo, ma è ancora un allargamento limitato. Vorrei capire perché non si possa arrivare, sempre con delle formule di certificazione a monte, a consentire questo anche ai tributi che si autoliquidano i contribuenti, sempre con delle formule di cautela per la Pubblica amministrazione. Chiarire questo punto credo che sia importante, altrimenti la gente non lo capisce.
  Infine, l'elevamento del tetto di compensazioni da 516 mila euro a 700 mila euro viene fatto decorrere dal 2014, con un costo stimato di 1.250 milioni di euro che incidono sul 2014. Se lo anticipassimo al 2013, ovviamente sempre sottraendo 1.250 milioni di euro alle somme che altrimenti vanno a pagare i rimborsi, funzionerebbe così ? Se funzionasse così, credo che sarebbe una soluzione più interessante e più gradita alla platea dei contribuenti.

  GIULIO MARCON. Signor Presidente, ringrazio il dottor Mazzotta per la sua relazione. Avrei tre domande da porre. La prima è relativa alla stima del rapporto deficit-PIL al 2,9 per cento contenuta nelle previsioni del Governo rispetto all'impatto di questo provvedimento. Valutate questa stima realistica, ottimistica, prudente, rispondente alle previsioni che possono essere fatte rispetto all'impatto di questo decreto-legge ? Qual è il vostro giudizio ?
  La seconda questione riguarda le stime. Nella relazione è stato riportato che riguardo ai debiti della Pubblica amministrazione verso le imprese si possono fare solo delle stime. Immagino che voi abbiate delle stime, poiché sappiamo che l'ISTAT e la Banca d'Italia le hanno fatte. Vorrei chiedervi se potete darci le vostre informazioni al riguardo.
  Infine, relativamente all'articolo 6 e 7 del decreto-legge, nella vostra relazione ne descrivete il contenuto. Vorrei sapere se, secondo voi, il meccanismo previsto può funzionare, visto che la piattaforma elettronica e quanto previsto in un precedente provvedimento per la certificazione dei crediti non avevano funzionato molto bene. Vorrei conoscere il vostro giudizio rispetto a questo.

  GIOVANNI LEGNINI. Signor Presidente, anch'io ringrazio per l'esposizione, che ci aiuta a capire molte questioni. Avrei un numero troppo rilevante di domande, ma cerco di sintetizzarle, chiedendo, se è possibile, in un confronto più ravvicinato, di chiarire alcuni aspetti. I dubbi che emergono dalla lettura del decreto-legge, soprattutto dalla comparazione tra le norme e la realtà, sono molteplici, forse perché si tratta di una procedura mai sperimentata in questi termini prima di oggi. Probabilmente solo i piani di rientro nella sanità e qualche altro provvedimento somigliano a un intervento normativo di questo tipo.
  Con riguardo all'ambito oggettivo e all'ambito soggettivo, ci avete chiarito l'ambito oggettivo con quella specificazione su debiti, fattura e via dicendo, ma i debiti fuori bilancio – intendendo per debiti fuori bilancio quelli legittimamente riconosciuti – che trattamento hanno ? Immagino che si possano considerare non più fuori bilancio, perché riconosciuti. È così ? Se è così, forse una specificazione Pag. 14sarebbe opportuna, e parlo del comparto degli enti locali.
  Mi sorge questo dubbio perché il fatto che il Governo abbia voluto introdurre quella norma dei 500 milioni di euro per pagare i debiti fuori bilancio delle amministrazioni centrali fa presupporre un'esclusione, invece, dei debiti fuori bilancio riconosciuti e riconoscibili del comparto delle autonomie territoriali. Peraltro, relativamente ai 500 milioni di euro, mi piacerebbe conoscere qual è la composizione. Sarebbe, infatti, interessante sapere se questi 500 milioni di euro di debiti fuori bilancio sono figli dei tagli lineari, cioè meccanismi generatori della spesa che si riproducono e bypassano i tagli fatti in questi ultimi anni.
  Relativamente alla certificazione – vorrei integrare la domanda posta dalla senatrice Lanzillotta –, quale effetto avrà l'automatica (così avete più o meno qualificato il meccanismo normativo) certificazione di tutti i debiti sulla finanza pubblica ? Lo ritengo un dato di non poco conto. Noi per anni abbiamo discusso sulla possibilità di certificare o non certificare, utilizzare o non utilizzare ai fini della cessione pro soluto o pro solvendo delle imprese. Se il meccanismo normativo ideato e contenuto nel decreto-legge è piattaforma uguale automatica certificazione, qual è l'impatto sui saldi di finanza pubblica che si produrrà durante quest'anno ? E come si concilia questo impatto con il tetto fissato nel decreto-legge ? Questo è un tema, a mio modo di vedere, di enorme rilievo.
  Un altro tema che è stato richiamato è quello dei crediti di imposta, che in questa sede vengono affrontati in modo parziale con l'integrazione delle risorse (4 miliardi di euro). Riguardo a questo fondo, se non ricordo male di 34,9 miliardi di euro, destinato ai rimborsi dei crediti fiscali – che viene utilizzato, come lo abbiamo utilizzato con la legge di stabilità, per attenuare il Patto di stabilità e che poi viene reintegrato – è possibile questa sera avere un quadro, almeno di questa partita che è di non secondario rilievo per il sistema delle imprese italiane ?
  Infine, ove dovesse essere prospettato – un'ipotesi di cui si discute – un meccanismo, che peraltro già nel passato era stato grosso modo prospettato con proposte emendative, di cessione di questi crediti alla Cassa depositi e prestiti, in particolare di quelli in conto capitale, in modo tale da ottenere una sorta – passatemi il termine a-tecnico – di esternalizzazione del pagamento e da poter far ricadere sul bilancio pubblico la rata annuale del debito in tal modo emerso e pagato, è possibile che questo meccanismo possa farci evitare di scontare sull'indebitamento l'intero importo del conto capitale in tal modo emerso e veicolato ? In altre parole – non so se la domanda è chiara –, è possibile computare sul deficit a rate il debito in conto capitale, ovviamente con un meccanismo opportuno ?

  PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.

  BIAGIO MAZZOTTA, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato Signor Presidente, sulla parte relativa agli enti locali può iniziare a replicare il dottor Bilardo, che quindi risponderà a tutte le domande sugli enti territoriali, poi il dottor Massicci interverrà sulla parte degli enti del Servizio sanitario nazionale, infine io concluderò con la parte fiscale e con le tematiche più generali di finanza pubblica che sono state affrontate.

  PRESIDENTE. Vi invito dunque ad autogestirvi rispetto ai venticinque minuti a disposizione.

  SALVATORE BILARDO, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni della Ragioneria generale dello Stato. Buonasera a tutti, risponderei nell'ordine secondo cui gli onorevoli e i senatori hanno posto le varie questioni.
  L'onorevole Causi è intervenuto in merito ai meccanismi centralizzati. Ovviamente ci siamo posti il problema fin dal primo provvedimento, quello relativo alla Pag. 15certificazione. Il grosso timore è che la regolazione dei flussi finanziari tra i vari livelli di governo possa rendere ancora più complessa l'applicazione di una partita che già di per sé è complessa.
  Tra l'altro, occorrerebbe incidere su procedure, su responsabilità individuali relative all'effettivo riconoscimento del singolo debito, attraverso un lavoro di verifica e di ricognizione che io penso sia già difficile per migliaia di enti territoriali, laddove ciascuno cura la propria parte.
  Il provvedimento cerca di aggredire i motivi per cui la Pubblica amministrazione o l'ente locale non effettua i pagamenti: come si è detto, essi sono dovuti in parte al Patto di stabilità interno, in parte alla mancanza di liquidità. È con questa filosofia che sono intervenuti gli articoli 1, 2 e 3 del decreto-legge. Nell'articolo 1 si riconoscono agli enti locali gli spazi per superare i vincoli del Patto quanto alle spese in conto capitale e viene data liquidità agli enti locali. Nell'articolo 2 si prevede invece la liquidità necessaria per la parte non sanitaria e nell'articolo 3 quella per la parte sanitaria.
  Si è preferito cercare di lavorare sulle cause che hanno determinato la difficoltà dei pagamenti da parte degli enti.
  L'onorevole Causi pone un'altra domanda relativa all'esclusione dal Patto di stabilità delle regioni dei pagamenti in favore degli enti locali di parte corrente e pone un problema sul pagamento da parte dell'ente locale dei propri debiti di parte corrente. In questo caso, l'esclusione dei pagamenti di parte corrente da parte della regione in favore dell'ente locale non ha impatto sull'indebitamento netto e supera corrispondentemente gli spazi assegnati alla regione per fare dei pagamenti di parte capitale. La norma, quindi, vincola solo i pagamenti della regione ai fini dei propri debiti di parte capitale. La liquidità che arriva dalla regione all'ente locale per effetto di questa esclusione aggredisce il problema per l'ente locale per la parte corrente: l'ente locale non paga la parte corrente non perché ha i vincoli del Patto, ma perché ha carenza di liquidità, quindi si fornisce la liquidità all'ente locale in modo tale che possa far fronte ai propri debiti di parte corrente.
  Se passiamo all'articolo 2, laddove viene fornita la liquidità alla regione, quest'ultima effettua per i due terzi di questa liquidità pagamenti in favore dell'ente locale, ma senza il vincolo sull'utilizzo da parte dell'ente locale. Dalla lettura complessiva del provvedimento, penso che si sia cercato di indicare la soluzione sia per i pagamenti di parte capitale sia per i pagamenti di parte corrente, aggredendo per la parte capitale il problema del Patto, per la parte corrente il problema della liquidità.
  Penso che la problematica sia stata affrontata nella sua interezza, anche perché i dati hanno dimostrato che, per le regioni, i debiti più consistenti, per la parte non sanitaria, non sono nei confronti delle imprese perché l'attività di investimento diretto da parte delle regioni è abbastanza limitata. Il problema del debito della regione, per la parte non sanitaria, è caratterizzato soprattutto dal debito nei confronti dell'ente locale, che, a sua volta, crea carenza di liquidità all'ente locale per pagare le imprese. Pertanto, in termini di Patto e di liquidità, questo flusso è in grado di dare una risposta.
  Per esempio, uno dei problemi maggiormente conosciuto è quello del rapporto tra l'ente locale e la propria azienda. Molto spesso, infatti, è l'ente locale che, dovendo ricevere la liquidità da parte della regione, non paga l'azienda la quale, a sua volta, ha un rapporto nei confronti dei fornitori. È, quindi, di tutti questi fenomeni che penso si sia tenuto conto, cercando di dare una risposta adeguata nel decreto-legge n. 35.
  Il Patto verticale incentivato – questione che ha posto, se non sbaglio, l'onorevole Causi – significa incrementare, secondo la proposta delle regioni ribadita in sede di audizione, l'attuale importo dagli 800 milioni di euro fino a 1,4 miliardi di euro. Tuttavia, tecnicamente, c’è il problema di individuare la copertura in termini di saldo netto da finanziare e non in termini di indebitamento netto. Ritengo, Pag. 16però, che su questa vicenda del Patto verticale incentivato la valutazione sia prevalentemente politica.
  L'armonizzazione dei bilanci è un altro dei problemi che anche il Fondo monetario internazionale ha guardato con preoccupazione, quando è emerso che i residui passivi dei nostri enti territoriali avessero, come abbiamo riportato, cifre nell'ordine di 80 miliardi di euro. L'armonizzazione dei bilanci vuole dunque essere una risposta seria a una carenza del nostro sistema di contabilità degli enti territoriali.
  È ovvio che, in un'azienda privata, la situazione debitoria e creditoria si legge direttamente nel bilancio. Invece, se guardiamo il bilancio dell'ente locale non è così. Abbiamo, quindi, percorso un processo a tutti noto, avviato con la legge n. 42 del 2009 e proseguito con il decreto legislativo n. 118 del 2011, che è stato sperimentato dal 1 gennaio 2012, sperimentazione di cui siamo molto soddisfatti. Ora l'obiettivo è di partire dal 1 gennaio 2014.
  È chiaro che bisogna fare in fretta perché, se agli enti territoriali e alle banche che fanno il servizio di tesoreria per gli enti locali non diamo certezza del quadro normativo di riferimento al massimo per giugno o luglio di quest'anno, c’è il rischio che l'armonizzazione non possa partire dal 1 gennaio 2014.
  Poiché la domanda era specificatamente rivolta alle regioni, come Ragioneria generale dello Stato stiamo cercando di realizzare la vera armonizzazione e, quindi, di evitare distinguo. È ovvio, però, che subentrano valutazioni anche di ordine costituzionale. Noi, come Ragioneria, preferiremmo un unico schema di contabilità e di sistema contabile, senza alcuna possibilità legislativa di correzione perché la difficoltà per le regioni è ancora più ampia che per gli enti locali a causa della miriade di leggi che si sono susseguite nel tempo e nello spazio in questi anni.
  Della difficoltà di controllo dello stock cui accennava il senatore Sangalli abbiamo già parlato, mentre lascerei al dottor Massici il compito di rispondere alle osservazioni formulate dall'onorevole Fassina. Vengo ora ad un'altra domanda relativa sempre alle spese correnti, in particolare ai debiti di parte corrente che avrebbero una tempistica più diluita nel tempo. In realtà, come abbiamo cercato di precisare in precedenza, per la parte corrente il problema non è connesso al Patto bensì alla liquidità. Quindi, per quanto riguarda sia gli enti locali sia le regioni è previsto che il 90 per cento dei fondi relativi alla liquidità vengano definiti per ciascun ente locale entro il 15 maggio.
  A questo punto, il problema può sussistere con riferimento alle regioni perché la quota di ciascuna regione è definita entro il 15 maggio, ma l'erogazione è subordinata alle verifiche del Tavolo per la garanzia della copertura finanziaria e per la predisposizione del piano dei pagamenti. Devo dire, però, che il decreto-legge non pone uno sfasamento temporale perché il 15 maggio è la scadenza sia per la parte capitale sia per quella corrente.
  Sui debiti fuori bilancio da parte degli enti territoriali, il provvedimento nasce evitando di creare, magari impropriamente, nuova copertura. Là dove siamo in presenza di debiti fuori bilancio riconosciuti dall'ente con la delibera del consiglio comunale, questi rientrano nel campo di applicazione del decreto-legge in quanto debiti certi, liquidi ed esigibili. Invece, per i debiti fuori bilancio non riconosciuti mancherebbe il requisito dell'esigibilità, ma soprattutto non rientrano nella filosofia degli articoli 1 e 2 perché il provvedimento non è finalizzato a creare nuova copertura. Difatti, anche il prestito dello Stato, in realtà, più che un prestito è un'anticipazione ai sensi della legge n. 350 del 2003, dove il discrimine fra debito e anticipazione è proprio nella capacità delle risorse di creare o meno nuova copertura finanziaria. In questo caso, siamo dunque in presenza di anticipazione e non di debito, ai sensi dell'articolo 3, se non erro, della legge n. 350 del 2003.

  FRANCESCO MASSICCI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la spesa sociale della Ragioneria generale dello Stato. Attenendomi al perimetro rappresentato Pag. 17dalla spesa sanitaria, inizierei rispondendo all'intervento del senatore Sangalli che chiede se esista o meno un controllo del debito, tenuto conto che sono stati eseguiti degli accertamenti a campione.
  Per quanto riguarda la sanità, prendiamo come riferimento la quantificazione che abbiamo inserito nella relazione di cui è stata data lettura, confermandola. Infatti, nella sanità esiste una contabilità, c’è una governance e, quindi, riguardo ai dati contabili e patrimoniali, si fa riferimento alla valutazione delle esigenze che abbiamo di fronte, che nella sanità sono specialmente quelle connesse alla carenza di cassa.
  L'introduzione del decreto legislativo n. 118 del 2011, con le modifiche di miglioramento per la rappresentazione contabile e dell'affidabilità, nasce dal fatto che, da una decina di anni, c’è una governance nella sanità che ha consentito di poter verificare queste criticità, che sono state affrontate legislativamente. Nella sanità, a fronte della correzione in termini di conto economico-patrimoniale, c’è stato però un problema di distrazione di risorse dalla sanità medesima verso altri settori, quindi la cassa della sanità è stata utilizzata, nell'ambito regionale, per finalità extrasanitarie. Questa lettura è stata affrontata e quindi siamo in grado di compiere delle valutazioni, per cui dall'anno 2012 nella sanità, per esempio, gli ammortamenti vengono fatti con regole più stringenti anche rispetto a quelle del codice civile.
  Per quanto concerne invece gli aspetti relativi agli ammortamenti avvenuti nel corso del 2011 e degli anni precedenti, è stata programmata, a decorrere dal mese di maggio, una ricognizione straordinaria degli ammortamenti nel campo sanitario.
  Questo significa che noi diamo una lettura che è anche contenuta nei conti patrimoniali. Si tratta di una cifra che si aggira intorno ai 35-38 miliardi di euro, stando anche all'accertamento a campione condotto dalla Banca d'Italia. Tuttavia occorre precisare che di quell'importo una parte, che dobbiamo valutare, è fisiologica. Infatti, quando prendiamo i dati patrimoniali e leggiamo che ogni anno c’è una cifra intorno a 2 miliardi di euro che riguarda debiti verso gli enti previdenziali, è normale che sia così perché i contributi di dicembre e della tredicesima vengono pagati nell'anno successivo. Dobbiamo, quindi, fare una valutazione per quanto riguarda il fisiologico. Se norme di legge o contrattuali fanno sì che quel credito non sia esigibile perché è stato firmato un contratto per cui può essere pagato a 120 giorni, ciò vuol dire che la regola è quella e che, di conseguenza, quel credito non è esigibile.
  Nella sanità i costi per beni e servizi ammontano a 60 miliardi di euro, pertanto prendendo a parametro i 120 giorni per 20 miliardi di euro il debito potrebbe essere fisiologico, per 18 miliardi di euro patologico, cifra quest'ultima che, guarda caso, si avvicina a quella di 14 miliardi di euro che viene riconosciuta dal provvedimento in esame al comparto sanitario.
  Dunque, noi siamo in grado di conoscere la situazione a campione, ma riteniamo che questo aspetto sarà ulteriormente potenziato e dal mese di maggio in poi verrà effettuata quella ricognizione cui accennavo in precedenza. Nei prossimi giorni sarà infatti adottato, credo, il primo decreto di riparto, che noi chiamiamo di «acconto», dopodiché ci sarà il conguaglio, a valere però su questi dati contabili.
  Il primo atto – cioè l'acconto di quei 5 miliardi di euro – sarà emanato a valere sui dati che leggiamo; il conguaglio, e dunque il riparto definitivo, sarà effettuato all'esito della verifica che avremo puntualmente condotto regione per regione. Noi utilizziamo, infatti, i dati del cosiddetto «modello 999», vale a dire i dati consolidati a livello regionale di cui è responsabile solo la regione, che provvede a validarli. Oggi, quindi, quei dati noi li prendiamo per buoni e poi andremo a verificarli.
  In questi termini, la preoccupazione formulata dal relatore, onorevole Legnini, era riferita alla possibilità che questi pagamenti possano determinare un peggioramento dei saldi. A tale proposito la mia Pag. 18risposta è negativa, perché nella sanità tutto quello che andremo a pagare è già stato scontato e contabilizzato come costo.
  L'elemento negativo nella sanità è stato rappresentato dalla distrazione della cassa perché, in ambito regionale, c’è la possibilità della suddetta distrazione.

  LINDA LANZILLOTTA. Quindi dalla parte del debito c’è tutto ?

  FRANCESCO MASSICCI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la spesa sociale della Ragioneria generale dello Stato. Sull'indebitamento c’è tutto. Lo Stato ora va a fare un prestito a valere sul fabbisogno ma per quanto riguarda la sanità c’è tutto, vale a dire che queste voci sono state già tutte contabilizzate come costi. Avevano una copertura che è stata spesso distratta in termini di cassa, ma in qualche regione le risorse sono state sottratte anche in termini di competenza. Il verbale che stiamo chiudendo in questi giorni con le regioni dimostrerà anche questo, così saprete pure quali regioni hanno distratto anche in termini di competenza, oltre che di cassa.

  LINDA LANZILLOTTA. Sul saldo netto da finanziare ?

  FRANCESCO MASSICCI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la spesa sociale della Ragioneria generale dello Stato. No, ho detto sull'indebitamento netto, mentre per il saldo netto da finanziare c’è stato bisogno di una risoluzione parlamentare che ha autorizzato lo Stato ad aumentare il saldo netto da finanziare, avendo ampliato la possibilità di accedere al mercato per il finanziamento, attraverso l'emissione di titoli di Stato. Spero in tal modo di aver risposto anche alle preoccupazioni avanzate dall'onorevole Legnini.
  Circa il problema in precedenza formulato della possibilità che in una stanza dello Stato possano affluire milioni e milioni di fatture, con qualcuno che sia in grado di gestirle, rispondo che gli enti sono nel complesso più di 20 mila e che nell'ambito dei loro rapporti reciproci rilevano anche aspetti di carattere costituzionale, per cui non si può entrare meccanicamente dentro le procedure di un altro ente. La soluzione che è stata trovata è proprio questa della piattaforma, per come è stata rinnovata. Quindi, è l'ente che definisce un debito come certo, liquido ed esigibile, mettendo il fornitore o l'erogatore della prestazione – parlo per la sanità – nella condizione di addivenire, qualora intenda farlo, anche ad una compensazione.
  Questa mi sembra una soluzione più rapida ed efficace rispetto a quella sperimentata nel passato, e che pure rimane, per cui era il singolo che chiedeva una certificazione ed avviava un processo, meccanismo che, se applicato a un milione o più di fatture, potrebbe evidentemente creare qualche problema. Per quanto mi riguarda, sono convinto che per quanto concerne la sanità questo ritardo c’è perché manca la cassa; se, invece, ci fosse questo afflusso di cassa la maggior parte di questi problemi si dovrebbe risolvere.
  Le regioni, nel momento in cui certificano, devono avere anche la copertura finanziaria per queste vicende aggiuntive. Invito, quindi, a riflettere sul fatto che, con i 14 miliardi di euro di cassa che affluiscono, si favorisce il pagamento di queste spese e qualche regione potrà accedere a questo afflusso di 1,5-2 miliardi di euro, con gli effetti che questo può avere sull'economia e sulle imprese.
  Non è detto che le regioni si trovino tutte nelle medesime condizioni sotto questo profilo. Se dovessero attivare la leva fiscale, essa varrebbe decine di milioni rispetto a 1,5-2 miliardi di euro che vengono immessi nel sistema. Questo aspetto va valutato, in particolare per quelle regioni che si trovano in determinate condizioni. Non tutte si trovano in queste condizioni; ci sono regioni che, forse, hanno già attivato un prestito con lo Stato, magari ad un tasso di interesse più elevato. In questo caso, il prestito che si prospetta è ad un tasso del 3,5 per cento, mentre i vecchi avevano un tasso del 5,5-6 per cento. Insomma, c’è una possibilità di articolazione, visto che le regioni più in Pag. 19difficoltà potrebbero avere già nei loro bilanci una copertura o parte dalla copertura. Bisogna dunque riflettere su questo perché è possibile avere a disposizione 1,5-2 miliardi di euro che una regione ha sottratto, rispetto al pagamento di un'aliquota che produrrebbe un gettito decisamente inferiore, nell'ordine di qualche decina di milioni.

  BIAGIO MAZZOTTA, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato. Signor Presidente, sarò sintetico, anche per rispettare i tempi assegnatimi. Vengo subito alla domanda trasversale, che mi avete posto tutti, dell'ampliamento della possibilità di operare compensazioni. Questo dell'ampliamento della base su cui poi andare ad operare le compensazioni è un argomento molto delicato e, sotto un certo profilo, spinoso. Quando parliamo di debiti iscritti a ruolo – credo conosciate la storia, avendo studiato il provvedimento – fino a ieri potevamo compensare le imprese con i soli debiti-crediti o comunque solo con i debiti-crediti iscritti a ruolo, entro una certa data, quella del 30 aprile, che ora il provvedimento proroga al mese di giugno.
  La necessità della data certa è per evitare che l'impresa, sapendo di poter poi compensare con i crediti che ha nei confronti della Pubblica amministrazione, eviti di pagare le imposte, soprattutto quelle iscritte a ruolo che vanno sul deficit e lo migliorano in termini di incassi. Quindi, dare una data certa serve a evitare elusioni di questo tipo nei versamenti; da qui, appunto, la prudenza di mettere una data.
  Con questa disposizione abbiamo ampliato agli accertamenti con adesione. Abbiamo abbastanza riflettuto, nell'intesa che andiamo a compensare con crediti vecchi, fermo restando che su questo tema delle compensazioni occorrerà assolutamente sentire l'Agenzia delle entrate e il Dipartimento delle finanze, che sono gli organi che dettano le regole in questo campo. Siamo disponibili, come Ragioneria, a valutare qualsiasi tipo di proposta e ipotesi, anche dal punto di vista tecnico.
  Tuttavia, dobbiamo essere molto attenti a che questo ampliamento delle compensazioni non vada a incidere sulle nostre entrate correnti perché ciò che alla fine migliora il deficit, in termini di entrate, con queste regolazioni che facciamo tra debito e credito, sono le vere e proprie entrate nette che ci arrivano dal corrente. Sono le entrate nette che migliorano la Pubblica amministrazione, cioè le entrate al netto di tutte quelle compensazioni e regolazioni che «girano» per il bilancio e che forse, in un certo senso, fanno perdere di vista il vero effetto sui conti.
  È questo il motivo per cui andiamo molto con i piedi di piombo nel fare tali valutazioni. Siamo – lo ripeto – disponibili a valutare qualsiasi cosa insieme al Dipartimento delle finanze e all'Agenzia delle entrate. Se ci arriva una proposta che sia percorribile nel rispetto della garanzia di riuscire a non sforare quei numeri che sappiamo, non vedo perché non potremmo valutare positivamente una cosa del genere, almeno tecnicamente, poi politicamente si vedrà quello che si vuole fare.
  Sul discorso delle compensazioni dobbiamo essere molto attenti, anche perché se l'impresa compensa il credito che ha nei confronti di un ente locale con un suo debito, alla fine, o l'ente locale versa in entrata oppure occorre andare a recuperare dall'ente locale; cioè, in qualche maniera, queste somme in entrata vanno recuperate. Peraltro, se l'ente locale è soggetto ai vincoli derivanti dal Patto di stabilità o non ha liquidità, come potrebbe capitare, quindi non versa, noi perdiamo queste entrate, nel caso dei ruoli.

  LINDA LANZILLOTTA. Allora non si applica la direttiva sui pagamenti ?

  BIAGIO MAZZOTTA, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato. No, assolutamente, non ho detto questo. Sicuramente, però, dobbiamo essere sicuri, inserendo una procedura che ci dia contezza che non perdiamo gettito, sotto tutti Pag. 20i profili. D'altra parte, nei conti tendenziali, per quanto riguarda i ruoli, ad esempio, abbiamo 10-12 miliardi di euro di stime. Quindi, perdere su quello ci porterebbe problemi rispetto al dato del 2,93 per cento su cui oggi ci attestiamo come conti pubblici. Sicuramente si potrebbe valutare un'anticipazione di quella compensazione al 2013. Ovviamente, però, lo dovremmo fare a valere sull'ammontare di rimborsi fiscali che oggi rappresentano quei 2,5 miliardi di euro – se non erro – che sono stati stanziati in termini di cassa.
  Se si decide politicamente, non ci dovrebbero essere problemi particolari, fatte salve poi le valutazioni da parte del Dipartimento delle finanze e delle politiche fiscali.
  Venendo alle altre domande, per quanto riguarda gli effetti macroeconomici e quant'altro, la stima contenuta nella relazione al Parlamento già include gli effetti macroeconomici dell'immissione di liquidità per 40 miliardi di euro sul biennio, quindi quel 2,9 per cento già include quel numero. Per questa ragione, abbiamo necessità del monitoraggio e – rispondo anche all'onorevole del Movimento 5 Stelle – di eventuali manovre correttive che potrebbero essere – spero di no – necessarie nel caso in cui non riuscissimo a rispettare quel vincolo del 2,9 per cento in termini di indebitamento, che sicuramente è una stima realistica perché è quella che abbiamo verificato e «bollinato» nel momento in cui è stata presentata la relazione al Parlamento.
  Una stima della Ragioneria sui debiti, in realtà, implicitamente vi è già stata data. Il dottor Massicci ha parlato, per la sanità, di circa 35-38 miliardi di euro; per le amministrazioni dello Stato siamo intorno ai 10-11 miliardi di euro, un po’ di meno rispetto a Banca d'Italia. Vi dico, però, francamente, che è una stima molto prudenziale, cioè potrebbe essere anche un po’ sovrastimata. Abbiamo maggiori dubbi e perplessità sulla parte relativa agli enti territoriali, per la quale, in realtà, aspettiamo i dati del 30 aprile per riuscire a fare una quantificazione effettiva perché, a fronte dei dati che ha dato il dottor Bilardo, cioè quei 70-80-90 miliardi di euro di residui passivi, stabilire quanto è effettivamente lo stock di debiti certi, liquidi ed esigibili è veramente complicato, anche perché – lo ripeto – ciascuna regione ha un sistema diverso di contabilizzazione.
  Sull'ammontare dei rimborsi fiscali pregressi, mi affido al Dipartimento delle finanze poiché non riesco a dare una risposta. Invece, sullo stock dei rimborsi fiscali siamo intorno ai 10 miliardi ancora da smaltire. Speriamo, tuttavia, di smaltirne una buona parte con queste somme che abbiamo stanziato in più adesso, visto che stiamo per accelerare i rimborsi in questi termini.
  Con riguardo alla domanda posta dall'onorevole Legnini sulla cessione dei crediti a Cassa depositi e prestiti, con tutti quelli in conto capitale da spalmare nel tempo, do una risposta negativa. Voi sapete che oggi i debiti commerciali non entrano sul debito di Maastricht. Nel momento in cui trasformiamo un debito commerciale in un debito finanziario, rimborsandolo, per esempio, a rate, questo finisce subito nel debito di Maastricht, quindi peggioreremmo ulteriormente il debito, se volessimo fare un'operazione del genere. Come diceva anche il dottor Massicci, va sul deficit se riguarda non la spesa corrente, ma il conto capitale. Purtroppo, come Italia, adottiamo il criterio – come dicevo anche nella relazione – della cassa, del pagamento, come momento in cui la spesa in conto capitale impatta sul deficit. In Spagna non è così perché hanno gli stati avanzamento lavori, quindi impatta in quel momento. Per noi, invece, gli stati avanzamento lavori, a volte, rincorrono i pagamenti.
  Sicuramente stiamo cercando di attrezzarci per arrivare a questo. Già con il decreto-legge n. 95 del 2012 stiamo introducendo, almeno per i Ministeri, ma è prevista anche nell'armonizzazione delle regioni e degli enti locali, la contabilità economico-patrimoniale affiancata a quella finanziaria. Questo ci dovrebbe Pag. 21dare maggiore contezza sulla situazione sulle fatture e soprattutto sugli stati di avanzamento dei lavori.
  Finisco con lo Stato, quindi con i debiti fuori bilancio dei Ministeri, su cui vi sono state diverse domande. Questi debiti hanno tanti padri e madri. Sicuramente i tagli lineari, dagli anni 2002 e 2003, dal primo provvedimento cosiddetto «blocca spese», hanno cominciato a farli venire fuori. I tagli lineari, quindi, sicuramente li hanno determinati in buona parte, ma non è solo questo. Sono anche i comportamenti dei Ministeri che, pur sottoposti a vincoli di bilancio più stringenti, non cambiano atteggiamento nella programmazione delle risorse.
  I debiti fuori bilancio nascono perché le amministrazioni centrali non hanno risorse iscritte in bilancio. Il grosso di questi debiti si trova sul Ministero dell'interno, sul Ministero della giustizia, sul Ministero della difesa e anche, in parte, sul Ministero dell'economia e delle finanze perché questi sono i Ministeri che pagano i Corpi di polizia.
  Ci sono le spese di giustizia, tra cui le intercettazioni telefoniche, per le quali già sappiamo che orientativamente troveremo un debito sopra i 100 milioni di euro. Vanno considerate, poi, le spese per il mantenimento detenuti, visto che, in relazione alla popolazione carceraria, non riusciamo a far fronte a tutto. Ci sono, inoltre, le spese derivanti dalle varie emergenze degli immigrati, senza considerare i canoni e le utenze dei Corpi di polizia e quant'altro che svolgono la loro azione sul territorio, ma soprattutto i centri di accoglienza degli immigrati. Con riguardo alle emergenze degli immigrati, il provvedimento va fatto anche se mancano i soldi. Il Ministero dell'interno fa così.
  Pertanto, i debiti fuori bilancio a volte dipendono effettivamente dai tagli, altre volte da situazioni effettivamente impreviste e imprevedibili, come l'immigrazione o l'intervento urgente, altre volte ancora da cattivi comportamenti delle amministrazioni. Insomma, si tratta di un situazione abbastanza variegata.

  PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato. Ho l'impressione che su quantificazione e compensazione ci saranno ulteriori capitoli.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti del Comitato unitario permanente degli Ordini e Collegi professionali.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel quadro dell'indagine conoscitiva relativa all'esame del decreto-legge n. 35 del 2013 recante disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della Pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali, l'audizione di rappresentanti del Comitato unitario permanente degli Ordini e Collegi professionali.
  È presente il dottor Andrea Bonechi, cui cedo subito la parola.

  ANDREA BONECHI, Componente del direttivo del Comitato unitario permanente degli Ordini e Collegi professionali. Grazie, Presidente. Porto i ringraziamenti del presidente del Comitato unitario delle professioni, Marina Calderone, che mi ha delegato il compito di illustrare il più brevemente possibile i punti di vista che il mondo delle professioni, e quindi i 27 ordini professionali esistenti nel nostro Paese, hanno sintetizzato nel breve documento che è stato messo a disposizione.
  Certamente, le osservazioni partono dal dato positivo che il provvedimento in esame assume la responsabilità di dare soluzione a una delle questioni che, come professionisti prevalentemente a fianco delle imprese di questo Paese e anche direttamente interessati, ci troviamo a confrontarci il più delle volte con difficoltà di cassa, talvolta esiziali per certe imprese, soprattutto per le più piccole.
  Tuttavia, seppure è un passo avanti importante, perché affronta finalmente un tema annoso e molto pericoloso per molti, il provvedimento è apprezzabile per il Pag. 22fatto che in questa sede ci si è ricordati che fra i creditori delle Pubblica amministrazione ci sono molto spesso anche i professionisti, per il quali è passata da tanto tempo l'epoca in cui erano titolari di uno status decisamente migliore dell'attuale.
  Rileviamo, comunque, che il provvedimento è contrassegnato da un'eccessiva burocrazia che rischia di frenarne l'effettiva operatività. Dico questo con un preciso riferimento soprattutto alla piccola impresa, la quale molto difficilmente riuscirà ad assolvere a quelli che sembrano essere addirittura 14 passaggi formali, se non con costi rilevanti o comunque con problemi amministrativi, perché una piccola impresa che ha tre-quattro persone in amministrazione certamente si troverà in difficoltà a farsi carico della immanente mole di burocrazia.
  Certamente, ci sono punti da salvaguardare per la Pubblica amministrazione. Ho sentito in diretta l'audizione delle Ragioneria generale dello Stato circa il problema delle entrate dirette, che è vero. Tuttavia, rendiamoci conto che il 99,5 per cento delle imprese italiane ha meno di 20 addetti e che sono questi i destinatari del provvedimento. Quindi, se li fiacchiamo con una mole di carte, probabilmente preferiranno aspettare a incassare piuttosto che affrontare il problema.
  Comunque, riteniamo che le criticità più rilevanti da segnalare siano due. Al di là di un elevato numero di decreti attuativi che, come ogni volta, soprattutto negli ultimi quattro-cinque anni, rischiano di non dare un'effettiva attuazione a un provvedimento di legge e lasciano incerti i tempi con cui questo credito potrà essere incassato, il problema del tempo non viene quasi mai affrontato, se non nella sua valenza finanziaria. Dovete tener conto, però, che una piccola impresa – sempre a questa mi piace far ferimento – si trova ad affrontare quotidianamente i rapporti con i propri fornitori, i quali chiedono quando possono essere pagati. Il piccolo imprenditore fonda quel «quando» su quando riscuote, quindi, in questo tipo di provvedimento è determinante. È meglio sapere per certa una data lontana che sperare in una data vicina. Credo che il fattore tempo sia uno degli elementi di qualità di questo provvedimento.
  Ci auguriamo, anche in un passaggio del documento, che l'argomento del pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione assuma un carattere strutturale e non più occasionale, perché questo provvedimento tampona un'emergenza, ma dovrebbe creare le condizioni anche per un regolare rapporto tra impresa e Pubblica amministrazione, là dove la Pubblica amministrazione, peraltro, ha confini incerti. Vi sono, infatti, diversi soggetti indubbiamente afferenti alla Pubblica amministrazione, ma che dal testo in esame potrebbero non essere tali, dal punto di vista della compensazione del credito-debito.
  Anche questo è uno dei punti chiave. Il sapere se si accede o meno a una certa procedura, quindi a un certo modo di incasso, è determinante quanto il tempo. Poche certezze sono molto più importanti di un provvedimento magari anche più allettante. Le piccole imprese chiedono poche certezze a noi professionisti e ci permettiamo di portare queste richieste alla vostra attenzione.
  Un altro punto chiave che segnalo è la possibilità di compensare i crediti verso la Pubblica amministrazione con gli accertamenti (con adesione, inviti a comparire, acquiescenza, definizione sanzione, conciliazione giudiziale e mediazione) emessi dall'Agenzia delle entrate. Ora, quello che porto alla vostra attenzione è che sono tutti crediti o accertati o morosi. I crediti tributari ordinari, i crediti IVA che maturano annualmente, i crediti di vario genere che si maturano in termini di imposte diventano non compensabili con i debiti esistenti.
  La cosa è, però, paradossale perché all'impresa che ha un'imposta da pagare, non ha risorse, ma un credito verso la Pubblica amministrazione che non può compensare, conviene – ma non conviene – attendere il ruolo, essere morosa, quindi pagare interessi e sanzioni e a quel punto compensare con il suo credito. È chiaro che questa è una distorsione evidente. Pag. 23Quindi, capisco bene l'eccezione fatta nell'ultimo intervento della Ragioneria generale dello Stato, là dove dice di essere interessata come saldi in entrata ai crediti effettivamente incassati, ma una piccola impresa non lo capirà mai, perché il suo credito IVA va a un anno, un anno e mezzo, e il debito che ha maturato in un ruolo che gli viene accertato con interessi e sanzioni lo compensa subito.
  È chiaro che questo è un problema rilevantissimo, non solo da un punto di vista monetario, anche perché sono i debiti correnti delle imprese quelli che le fanno più soffrire. Infatti, il debito scaduto è ormai scaduto; si aspetta che arrivi il ruolo, l'accertamento, quello che deve arrivare, dopodiché si vedrà come pagarlo. Insomma, l'imprenditore, in qualche modo, lo ha somatizzato, quindi sa che lo deve pagare. Quello che non riesce a pagare a debito corrente, pur avendo crediti anche quattro volte tanto nei confronti della Pubblica amministrazione, non potrà compensarlo stante questo testo.
  L'invito che noi sottoponiamo alla vostra cortesissima attenzione è di prendere in esame questo aspetto perché è rilevante. Poi, la Ragioneria generale dello Stato certamente solleva un problema importante, come quello di dover recuperare dagli enti locali. È vero, ma occorre porre rimedio alla compensazione di cassa, dando, però, risposta in questi termini sui debiti correnti, altrimenti potrà compensare con il proprio credito soltanto il contribuente moroso o accertato.
  In ultimo, osservo che «con accertamento» non vuol dire una cifra o una somma certa; tutt'altro, è una cifra in discussione e questo potrebbe portare anche a una forzatura nella procedura di accertamento, di accertamento con adesione e di conciliazione, talché l'imprenditore, pur di poter compensare con un proprio credito e quindi sostanzialmente incassare, potrebbe aderire anche ad accertamenti che non condivide e che, in condizioni di normalità e non di bisogno, avrebbe opposto dinanzi alla Commissione tributaria oppure con altre forme.
  Questo aspetto non prefigura una forzatura da parte dell'Agenzia delle entrate, ma certamente pone il contribuente che ha debiti verso la Pubblica amministrazione, ma che nel contempo soffre per avere crediti in misura maggiore, in situazione di obiettiva debolezza e scarsissima capacità negoziale (lasciatemi passare il termine, ma quando si parla di concordato con adesione di questo si tratta).
  Un'altra osservazione è che il provvedimento non comprende – vi sono delle ragioni chiare, ma questo non coglie lo spirito del provvedimento – l'omissione dei contributi previdenziali, assistenziali e assicurativi nella possibilità di compensazione. Ora, vi segnalo il problema dei contributi previdenziali e assicurativi per il suo effetto a cascata. Se ho avuto un lavoro importante dalla Pubblica amministrazione, non incasso il relativo credito e aspetto da uno o due anni. Nel frattempo, comincio a soffrire per cassa, quindi una delle cose che, probabilmente, non pago sono i contributi previdenziali o i tributi (ma i contributi previdenziali per un imprenditore sono tributi, ancorché non lo siano da un punto di vista tecnico). Molte imprese, soprattutto nel ramo edilizio, hanno debiti contributivi abbastanza rilevanti.
  Se la formula di compensazione credito-debito con la Pubblica amministrazione non comprende i contributi previdenziali, quella tale impresa non avrà il cosiddetto DURC (Documento unico di regolarità contributiva). Senza il DURC, però, non può accedere all'incasso dei crediti, quindi quei crediti diventano inesigibili e la Pubblica amministrazione, quella che dovrebbe pagare, non può compensarli neppure a sua volta, a meno che l'impresa non sia stazione appaltante, perché una legge speciale dice che la stazione appaltante può compensare i suoi crediti e debiti prima di pagare. Si tratta, però, di un caso molto limitato. Molto ampio è, invece, il caso dell'impresa che ha una irregolarità o un'omissione contributiva di versamenti, che poi si trova a non poter fruire neppure di questo provvedimento di legge, perché, non avendo il DURC, non Pag. 24può accedere all'incasso del suo credito, quindi paradossalmente il non avere incassato il credito crea l'inesigibilità del credito stesso. Questa situazione fa immaginare – spero di strappare un sorriso, non è una mancanza di rispetto – il criceto nella ruota.
  Segnaliamo questo, insieme all'altro, come punti di debolezza di questo provvedimento. Dal punto di vista anche dell'ottimismo dei professionisti e delle imprese, la volontà di ripartire, con questo sblocco di risorse ingentissimo, viene fiaccata da una miriade di soggetti, dall'incapacità di compensare debiti tributari correnti e soprattutto, per moltissimi, dall'incapacità di conseguire il DURC, che consentirebbe loro di incassare, o almeno compensare, il credito maturato nei confronti della Pubblica amministrazione. Quindi, sottolineo da parte di tutte le professioni (commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro e così via) questi due punti essenziali.
  Nel documento, che abbiamo volutamente reso il più stringato possibile, per un'accelerazione quanto più rapida possibile dei lavori, senza dilungarci in prolusioni o in dissertazioni di pura scienza, abbiamo elencato sette proposte di modifica. La prima è di comprendere i debiti correnti tributari per poterli compensare con i crediti della Pubblica amministrazione. Poi, vi è l'estensione della possibilità della compensazione non solo ai contributi previdenziali e assistenziali, ma anche alle somme dovute alle casse edili, in quanto determinanti anch'esse ai fini della regolarizzazione e dell'ottenimento del Documento unico di regolarità contributiva.
  Inoltre, occorrerebbe almeno consentire che questo DURC possa essere rilasciato, là dove da una banca dati (che, peraltro, con le segnalazioni che gli enti stanno facendo, si sta formando e, comunque, non sarebbe impossibile da creare, anche perché c’è la prenotazione delle risorse finanziarie) emerga che i debiti contributivi riguardino importi inferiori ai crediti esposti nella banca dati. Insomma, se l'impresa ha debiti, ma crediti superiori, bisogna fare in modo che, conseguentemente, possa esserle rilasciato il DURC. Questo può consentirle di conseguire l'incasso del proprio credito, ma, non ultimo, anche di concorrere a nuovi appalti, gare o affidamenti di lavori che, diversamente, le vengono preclusi sempre dallo stesso problema.
  Ci permettiamo anche un'osservazione che non è di stile, ma di sostanza. Occorre ridurre l'aggio di Equitalia che, obiettivamente, va a sommarsi a interessi e sanzioni e appare, a oggi, veramente esoso. Peraltro, Equitalia non è un soggetto terzo incaricato, ma un soggetto terzo interamente partecipato dalla Pubblica amministrazione stessa, che alla fine guadagna due volte, sanzioni, interessi e aggio. Pertanto, l'aggio potrebbe essere compreso se fosse a carico in parte del debitore e in parte del creditore che usufruisce del servizio di riscossione. È singolare è che l'intero aggio faccia carico al debitore: questo succede solo nella Pubblica amministrazione perché, là dove si procede con un servizio esattivo privato, l'aggio fa carico a chi vuole incassare perché incarica il soggetto che provvede alle procedure di incasso, se non riesce a ricaricarlo, ovviamente.
  In questa fase, potrebbe esserci spazio per aumentare la facoltà di ampliare la rateizzazione da parte di Equitalia nei confronti dell'impresa morosa; questo perché, in un momento in cui riparte, l'allargamento del periodo di rateizzazione, anche di poco, è comunque un segnale di conforto per molte imprese che intendono pagare. Altrimenti, può capitare più spesso che – la mia esperienza professionale me lo insegna tutti i giorni – le imprese, di fronte a rateizzazioni faticose, preferiscono lasciare che «la barca affondi», per ripartire magari con una nuova iniziativa, magari con una stretta del credito ancora più marcata, ma quantomeno senza pagare le imposte e i contributi. Ecco, questa è una sconfitta per tutti.
  Un'altra proposta che abbiamo avanzato in passato, come singole professioni, prevede che vi possa essere un accesso al credito garantito dal Tesoro per importi pari al credito vantato dall'impresa o dal Pag. 25professionista nei confronti della Pubblica amministrazione, anch'esso, ovviamente, risultante dalla banca dati per la prenotazione finanziaria. Questo potrebbe essere un meccanismo che sblocca immediatamente il credito su certe partite; sbloccando il credito, si risolverebbe anche la situazione che ho descritto parlando del criceto nella ruota. Potendo finalmente pagare le debenze contributive o tributarie rimaste indietro, con l'anticipazione del credito da parte della banca, si sblocca il credito, si rimborsa la banca e probabilmente l'azienda riparte una volta per tutte, se ci si riesce.
  Infine, proponiamo l'innalzamento a 700.000 euro della compensazione mediante F24, che non ho capito perché debba essere posposto al 2014 e non partire da subito.
  In estrema sintesi, queste sono le riflessioni che abbiamo fatto in alcune riunioni presso il Comitato unitario delle professioni, che ho l'onore di rappresentare in questa sede.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIANLUCA BENAMATI. Buonasera, la ringrazio per questo intervento che è molto interessante, anche perché propone dei punti di merito. In un'analisi generale, avere dei punti di merito consente un momento di riflessione puntuale sulle eventuali modifiche. L'ho ascoltata con attenzione, anche perché – vorrei chiederle qualcosa in questo senso – lei rappresenta l'Ordine, ma poi, alla fine, i professionisti sono piccole e medie aziende, con il sistema degli studi e così via. Peraltro, appartengo a quella categoria.
  Il tema di cui stiamo discutendo è l'efficacia di questo intervento in termini complessivi. Abbiamo sentito anche la Ragioneria dello Stato, che ha dato delle valutazioni su quelli che sono i crediti ancora esistenti da parte dei privati verso la Pubblica amministrazione. Molto spesso tali valutazioni sono determinate su delle analisi che riguardano la situazione creditoria di aziende molto grandi in termini di dipendenti. Allora, le porrei una prima questione su un punto che interessa molto. Rispetto al mondo dei professionisti e delle piccole e medie aziende, con le quali comunque lei – come ho inteso nel suo intervento – colloquia e di cui ha sensazione, la dimensione di quanto stiamo parlando in termini assoluti e quella di questo intervento sono ritenute un passo effettivamente efficace, una misura che comunque ha un impatto significativo in questo momento di grave crisi ?
  Vengo alla seconda questione su cui mi vorrei fermare. Lei ha indicato nella velocità l'elemento chiave. In questo senso, il decreto contiene dei passaggi e dei tempi che servono spesso a fornire liquidità agli enti territoriali per permettere loro di effettuare i pagamenti in oggetto. Il tema della velocità, rispetto anche ad altri interventi, quanto è per voi essenziale ?
  Poi, le farei una domanda specifica su uno dei punti che lei ha sollevato, che è quello della situazione dei contributi previdenziali. Se ho ben inteso – qui vorrei capire meglio la sua proposta –, siccome ci sono aziende che si trovano in una situazione di gravissima difficoltà (mi riferisco a quelle più gravi perché, in genere si pospone il pagamento delle imposte, dell'IVA e così via, invece, quando si arriva a non pagare i versamenti previdenziali la situazione dell'azienda comincia a essere di forte difficoltà), lei sostanzialmente propone una ritenuta sul credito direttamente all'inizio, in modo da sanare questa situazione a monte del pagamento del dovuto all'azienda. È questa la sua proposta ? Vorrei capire un po’ meglio questa sua indicazione.

  RENATA POLVERINI. Ringrazio anch'io il dottor Bonechi perché in questa audizione ho sentito delle cose interessanti e soprattutto ho colto gli aspetti che riguardano in maniera più specifica le piccole e medie imprese. Mi pare di aver capito – ma non poteva che essere così, anche perché è stato già detto in altre audizioni – che l'eccesso di burocrazia, e Pag. 26probabilmente i passaggi legislativi e regolamentari che il decreto prevede, rischiano di essere un ostacolo, in particolare per le piccole e medie imprese. Tuttavia, vorrei soffermarmi, come ha fatto il collega, sul DURC.
  L'altro giorno, in un'altra audizione, dicevo che in questa regione, in via sperimentale, fu messo in campo un accordo con l'INPS che, sulla base di certificazione da parte dell'ente regionale, di fatto, rilasciava il DURC alle imprese che dovevano riscuotere crediti da parte della regione stessa. Naturalmente, quell'accordo è stato superato da una fase successiva di certificazione che abbiamo messo in campo, perché se si certifica e si accede al credito è evidente che l'azienda automaticamente ha la liquidità anche per ottenere il DURC.
  Quindi, se non ho capito male, la vostra proposta è di creare una banca dati delle aziende che, pur avendo diritto a riscuotere il credito, per indisponibilità di risorse e quant'altro, non vengono pagate. Forse ho capito male, quindi vorrei comprendere meglio perché è un passaggio sicuramente utile.
  Inoltre, non ho sentito nel suo intervento se i criteri stabiliti per il pagamento, e in particolare il criterio cronologico, è, secondo voi, l'unico criterio utile, soprattutto quando parliamo di piccole e medie imprese che, come abbiamo visto, hanno chiuso perché non hanno la solidità economica che ha una grande impresa, la quale può far fronte a un periodo più lungo di assenza di riscossione del credito da parte della Pubblica amministrazione. C’è, insomma, un altro eventuale criterio possibile ?

  CARLA RUOCCO. Vorrei domandare se ritenete utile che l'autenticazione delle sottoscrizioni degli atti di cessione dei crediti venga effettuata anche da figure professionali come commercialisti o avvocati.

  FRANCESCO CAMPANELLA. Ho visto che c’è una grande attenzione da parte vostra, che in moltissimi casi fate da interfaccia tra piccola e media impresa e Pubblica amministrazione, riguardo al DURC e all'aspetto del pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali. Nella Commissione al Senato abbiamo attenzionato questo aspetto e nella mozione che avevamo approvato avevamo segnalato al Governo questo problema.
  Tra le possibilità che abbiamo preso in considerazione, ce n'era una che vorrei rappresentarle per chiedere una sua valutazione, e cioè la possibilità di sostituire per un periodo il DURC con una dichiarazione, con un riconoscimento del debito per contributi previdenziali da parte dell'impresa creditrice, che comporti il ritardo nel pagamento di 4 o 6 mesi, appunto per consentire all'impresa di esigere il proprio credito e di pagare successivamente il dovuto all'INPS.

  ANDREA BONECHI, Componente del direttivo del Comitato unitario permanente degli Ordini e Collegi professionali. Per capire meglio, io autocertifico, quindi riconosco il mio debito, e chiedo, con questo, una moratoria di 4 o 6 mesi, ma nel frattempo ottengo il DURC.

  FRANCESCO CAMPANELLA. Sì, esattamente.

  MARIO MARAZZITI. Ringrazio il dottor Bonechi della precisione e della concretezza dell'intervento. Registriamo dalla sua esposizione una sofferenza rispetto al DURC, che è un tema che era già emerso in altre audizioni; quindi credo che, da parte nostra, non vi sia difficoltà a riconoscere il fatto che sarebbe opportuno provare a costruire un meccanismo, magari anche presentando un emendamento, per cui possa essere effettivamente considerata regolare, ai fini del DURC, l'impresa che registra debiti in misura inferiore ai crediti vantati. In questo senso, il meccanismo proposto dal collega prevedendo, nelle more, anche la possibilità di un'autocertificazione, quindi di un allungamento dei tempi per arrivare a riscuotere il credito, potrebbe essere una via perseguibile.Pag. 27
  Inoltre, siccome tutto il nostro interesse è di dare davvero sollievo alle imprese, sulla base delle considerazioni che lei ha avanzato sul tema dei debiti e di Equitalia, credo che il tema della rateizzazione sia da prendere in seria considerazione; pertanto lo registriamo e cerchiamo di valutare cosa fare.

  TITTI DI SALVO. Ringrazio il dottor Bonechi della precisione e della sinteticità dell'argomentare. Le confermo che anche le piccole imprese che abbiamo audito la scorsa settimana hanno sottolineato la farraginosità, la complessità e i 14 passaggi formali che rischiano di essere ostativi rispetto alla riscossione dei crediti.
  Su questo, però, vorrei fare una considerazione. Forse, il «però» non è appropriato, ma il nostro problema è trovare un equilibrio sottile, non semplice da trovare, tra l'impossibilità di riconoscere l'autocertificazione come soluzione e la semplificazione, perché, nell'audizione fatta con le piccole imprese, l'autocertificazione, come modalità per risolvere l'obbligo di riscontro formale di tutti i passaggi richiesti, era la proposta avanzata. Naturalmente, sarebbe la proposta che risolve la complessità, ma bisogna trovare un confine tra l'autocertificazione, che non si può a mio avviso riconoscere, e la semplificazione.
  È già stato detto da tutti coloro che sono intervenuti precedentemente che il tema delle compensazioni, ma soprattutto quello del DURC è il paradosso – lei diceva il criceto nella ruota – quindi è un problema da risolvere. Personalmente, ho trovato interessante la proposta avanzata prima dal senatore Campanella. Vorrei, però, capire meglio una sua affermazione. Per esempio, la scelta di costituire una specie di «castelletto», come fosse una procedura di sconto del DURC, mi sembra interessante e vorrei capirla meglio perché mi pare ricordi, appunto, le procedure di «castelletto» e di sconto. Ecco, anche questa può essere una via.
  Infine – e ho finito, perché credo di aver esaurito il tempo – reputo anch'io la considerazione della rateizzazione di Equitalia una via utile da percorrere per affrontare un tema altrettanto problematico.

  ENRICO ZANETTI. Vorrei intervenire solo su un punto specifico. Siccome veniva detto che non si capiva come mai l'aumento del tetto massimo di compensazioni annue tra credito e debiti fiscali a 700.000 euro avvenga dal 2014, vorrei dire che se si inserisce dal 2013 ha comunque un costo, a fronte delle risorse complessive disponibili, che sono quelle. Per cui, farlo partire dal 2013 credo sia possibile, dovrebbe avere sempre una valorizzazione da 1,2 miliardi di euro, che verrebbero, però, a quel punto, inevitabilmente sottratti ai rimborsi di imposta.
  Voi trovereste più efficace avere, già sul 2013, l'aumento del tetto della compensazione a 700.000 euro con minori disponibilità ulteriori per una velocizzazione dei rimborsi pendenti o, viceversa, sarebbe meglio prima rimborsare e poi partire dal 2014 ? Quale delle due configurazioni trovate interessante ?

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Bonechi per la replica.

  ANDREA BONECHI, Componente del direttivo del Comitato unitario permanente degli Ordini e Collegi professionali. Grazie per l'attenzione che mi avete prestato, nonostante l'ora tarda. Ho colto molta attenzione rispetto a quello che ho detto perché trovo i quesiti estremamente pertinenti. Peraltro, sono più o meno quelli che ci siamo fatti avanzando nella proposta. Ovviamente da professionisti non potevamo fare un documento che dicesse cos'era bene e cosa male, senza entrare nello specifico di qualche provvedimento, e conseguentemente queste domande immediatamente emergono appena si toccano.
  Parto dall'ultima, posta dall'onorevole Zanetti. Chiaramente, se la partita è compensativa meglio pagare di più, anche se si compensa qualcosa di meno. Questo è fuor di dubbio. Ci auguriamo che ci sia una soluzione per consentire, comunque, di Pag. 28ampliare la formula di compensazione nell'F24, senza ridurre il montante a disposizione dei rimborsi.
  Riprendo l'ordine, ripartendo dall'onorevole Benamati, che ha dato inizio agli interventi. La dimensione dell'intervento è senza dubbio significativa, perché è una quantità percepita come rilevante dalle imprese e dai professionisti. Rilevarla come una quantità importante fa sì che vi sia quella spinta di ottimismo che in questo momento non può non arrivare: i nostri imprenditori, essendo tutti piccoli imprenditori, devono avere la molla dell'ottimismo – riprendo un manifesto di De Gasperi, che credo tutti conosciamo e che spiega il perché una persona, invece di andare ai giardinetti, la mattina apre una fabbrica, in cui normalmente guadagna di meno di quello che guadagnerebbe lavorando in altra forma –, cosa che adesso manca, per cui il percepire come significativo questo importo è rilevante. Se, poi, è sufficiente o si poteva fare di più, dire questo è compito vostro e della Ragioneria generale dello Stato. Per noi, quello che rileva è che percepiamo come significativo l'ammontare.
  Riguardo alla velocità, mi permetto una rettifica. La velocità è un elemento di rilievo. Sapere che arrivano è formidabile, ma ciò che conta è la certezza del tempo. Il sapere che arrivano tra sei mesi, è più importante che sperare che arrivino fra un mese, perché, se fra un mese non arrivano, il fornitore suona di nuovo il campanello e, probabilmente, si rischia qualche anno di purgatorio. Se, invece, so che tra sei mesi devo pagare, scrivo al fornitore un foglio, con bollo o meno, e fra sei mesi incassa. Si tratterà di discutere una volta, ma non si discute più. Questo è quello che manca in questo momento, perché, chiunque è attanagliato da piccoli o grandi debitucci, riceve telefonate, fax, e-mail di sollecito, finché non vede poi la lettera del legale. È proprio questo stillicidio senza avere una risposta che strema. Pensate se dovesse cominciare a esserci la risposta «appena la Pubblica amministrazione mi dà la compensazione, ti pago»; per l'altra parte sarebbe come dire il giorno del mai. La sensazione che vorremmo emergesse dal provvedimento è di tempi certi, nei limiti in cui sarà possibile averli.
  Sul problema dei contributi previdenziali e della compensazione, faccio un passaggio velocissimo, perché ho visto qualche inesattezza. Evidentemente, l'argomento è tecnico, per questo lo abbiamo volutamente portato, appunto, sul tecnico, perché è inutile far discorsi di principio da parte nostra. La compensazione del debito contributivo non è possibile. Questo provvedimento non consente la compensazione del debito contributivo. Non consente la compensazione con i crediti vantati verso la Pubblica amministrazione, neanche dei tributi correnti; per correnti non intendo l'IVA del trimestre, ma quella dell'anno scorso, quindi il debito che va in dichiarazione a giugno.
  Sono debiti ormai maturati, certi, liquidi ed esigibili, ma se si ha un credito verso la Pubblica amministrazione, con questo provvedimento, non si può compensare. Ecco, personalmente non ho capito il perché si possono compensare soltanto crediti morosi o accertati. Sulla certezza – cioè sul certo, liquido ed esigibile – un credito in dichiarazione è, appunto, certo, liquido ed esigibile, perché la dichiarazione è di parte. Chiediamo, pertanto, che si aggiunga a queste forme di debito la possibilità di compensazione con i crediti.
  Sull'eccesso di burocrazia, certamente la certificazione del credito della Pubblica amministrazione sblocca – anche se non sempre, purtroppo – il credito bancario. Altro è avere la certificazione sufficiente ad avere la regolarità contributiva. Se, però, non si ha la regolarità contributiva, comunque quel credito non si incassa; ciò accade soltanto se la certificazione consente l'accesso al credito, che mette a disposizione i denari per pagare i contributi, quindi si ottiene il DURC, dopodiché si va a incassarlo. Tuttavia, spesso l'accesso al credito viene negato perché si hanno rating difficili o relazioni andamentali dei conti correnti e degli affidamenti perigliose. Occorre poi tener conto che molto spesso un'azienda non ha credito, e Pag. 29quindi il rating crolla, non per demeriti propri, ma perché il proprio portafoglio messo all'incasso va in soluto per percentuali rilevanti, cioè dal 30 al 35 per cento. In pratica, uno su tre dei clienti dell'impresa ritarda i pagamenti, manda indietro la ricevuta in banca, determinando il crollo del rating. A quel punto, si va a chiedere che un credito, per esempio nei confronti della regione Lazio, venga anticipato, ma la risposta sarà che non è possibile ampliare la linea di fido, perché è già utilizzata a pieno e perché l'andamentale è peggiorato.
  Insomma, tutto nasce dal fatto che l'impresa non viene pagata; quindi, anche se si è brave persone, si incassa con molta fatica, per cui, alla fine della fiera, non si riesce a ottenere il credito e, quindi, neppure il DURC. Pertanto, anche se la regione Lazio ha certificato il debito, questo non si può incassare fino a quando non si sono pagati i contributi. Questo è il criceto nella ruota (ho visto che ha avuto un discreto successo, quindi mi permetto di tornarci).
  Sul criterio cronologico, vorrei dire che certamente ce ne sono di più efficaci. Un mio pensiero personale, che non vorrei riferire al Comitato unitario delle professioni, è che, chiaramente, il criterio cronologico è il più certo e che, con questo, si evita probabilmente un'ingiustizia o qualcosa di simile. Probabilmente con 100 milioni di euro si soddisfano centinaia di migliaia di piccoli crediti, anche se vengono dopo. Ora, il piccolo credito per il piccolo imprenditore è un grande credito. È una livella molto difficile da stabilizzare, però se fosse possibile pagare prima i piccoli crediti fino a una certa soglia, probabilmente ripartirebbe la macchina perché è dal basso che riteniamo che riparta, non dall'alto.
  Anche questo è un dibattito tutto politico, che, ovviamente, non mi sogno neanche di toccare. È chiaro, però, che è la piccola impresa che rimette in moto il meccanismo, come è chiaro anche che il grande pagatore olia nuovamente tutta la catena. Tuttavia, è il piccolo che paga i contributi per ottenere il DURC e per incassare, perché il grande probabilmente ha già il DURC, altrimenti chiude.
  Per quanto riguarda la certificazione dei crediti da parte dei professionisti, credo che questa sia utile solo laddove vi sia una spendita del sapere professionale. Mettere il timbro del professionista su un credito – lo dico apparentemente contro i nostri interessi, ma il nostro interesse non è mai questo – è gravare di oneri il cittadino o l'imprenditore perché, per mettere un timbro, occorrono 100 euro, senz'altro spesi male. Altro è che il professionista asseveri un credito esistente. Faccio l'esempio della norma introdotta tre anni fa della certificazione del credito IVA da porre in compensazione, che ha ridotto in maniera drastica gli abusi di compensazioni di crediti IVA inesistenti, perché un professionista ci mette la faccia, il nome, il cognome, l'assicurazione e il proprio patrimonio personale. Allora, quella certificazione rilasciata sarà utile, quindi l'imprenditore ne trarrà un beneficio perché, a quel punto, può compensare crediti che effettivamente gli vengono riconosciuti.
  La proposta del DURC consente di scendere dalla ruota perché si riesce a spostare a un momento successivo la regolarità contributiva; quindi, certamente è un sistema che soddisfa. Sempre sul DURC, dicevamo che la formula può avere due soluzioni. La prima è includere nei debiti compensabili con i crediti verso la Pubblica amministrazione anche i contributi previdenziali, assistenziali e assicurativi. Questa è la prima soluzione. In questo modo, si risolve il problema a monte, perché il DURC arriva immediatamente, dopo aver compensato, quindi pagato.
  In alternativa, si potrebbe creare un meccanismo per cui il DURC viene rilasciato per il semplice fatto che si ha la certificazione pubblica dalla banca dati di cui si stava parlando poc'anzi, la quale mostra di avere crediti verso la Pubblica amministrazione sensibilmente superiori ai debiti contributivi. A quel punto, il DURC, almeno per un periodo di tempo che ci consente di uscire da questo meraviglioso Pag. 30pantano, potrebbe permettere di ripartire. Questo è più che un «castelletto», lo vedrei, semmai, come uno sblocco ulteriore per l'accesso al credito sui crediti vantati nei confronti della Pubblica amministrazione in modo da poter andare in banca con la garanzia del Tesoro. Andando nel tecnicismo, è un patronage piuttosto che una garanzia fideiussoria, che la Pubblica amministrazione, comunque, non potrebbe rilasciare, ma vale di più della certificazione dell'esistenza del credito, perché là dove la banca anticipi un credito che si renda vano, è chiaro che la Pubblica amministrazione, a quel punto, pagherebbe direttamente la banca. Credo che questo potrebbe andare bene a chiunque.
  Mi sembra di aver esaurito le risposte. Grazie.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare il dottor Bonechi della preziosa collaborazione, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 19,55.