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Comunicati stampa

19/07/2017
Latina, Intitolazione del parco comunale a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Intervento della Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini
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Buon pomeriggio a tutte e a tutti. Saluto il Sindaco di Latina, Damiano Coletta, la Presidente della Provincia Eleonora Della Penna, il Prefetto Pierluigi Faloni, la giovane Consigliera Comunale Valeria Campagna, le autorità e tutti i cittadini presenti. La loro presenza in tanti qui è un bellissimo segnale. Esattamente venticinque anni fa, in un pomeriggio come questo, gli italiani apprendevano sgomenti la notizia del terribile attentato che costò la vita al giudice Borsellino e agli agenti della sua scorta. Lo sgomento era particolarmente forte anche perché soltanto due mesi prima a Capaci in un altro devastante attentato era stato ucciso il collega e l'amico più stretto di Borsellino, Giovanni Falcone, insieme alla moglie Francesca Morvillo e a tre uomini della scorta. Cosa Nostra colpì Paolo Borsellino mentre stava dedicando alcune ore agli affetti familiari. Aveva pranzato con la moglie e i figli e si era poi recato in via D'Amelio per salutare la madre. Alle 16.58, appena giunti sotto l'abitazione della mamma esplose l'autobomba. A tutti coloro che persero la vita nei due attentati, di Capaci e di via D'Amelio, abbiamo reso omaggio poco fa, deponendo corone sulle targhe di marmo con i loro nomi alla base del monumento che ricorda i caduti di tutte le guerre. Perché anche loro sono caduti in guerra. In una guerra particolare che lo Stato combatte da tanto, da troppo tempo: quella contro le mafie e i poteri criminali. E l'Italia deve ancora sapere chi e soprattutto perché, per favorire quali interessi, vi fu la strage di Via d'Amelio. E' vero che da molti anni le organizzazioni mafiose non commettono più atti paragonabili alle stragi del '92 a Palermo o al quelle del '93, a Roma e a Firenze. Ma questo non vuol dire che non rappresentino più un pericolo per la società italiana. Sono pericolosi perché i loro soldi provengono da iniziative illecite. E come si sa il denaro sporco caccia il denaro pulito. Le imprese colluse sbarrano la strada all'imprenditoria sana e onesta. Se c'è la mafia non c'è lavoro. Sono pericolosi perché con il loro potere condizionano la vita civile e ledono i diritti fondamentali delle persone. Penso alla ragazzina di Mèlito, un Comune alla periferia di Reggio Calabria, sottoposta per due anni alle violenze del branco. Una vicenda drammatica coperta dall'omertà perché del branco faceva parte il figlio del boss locale. Nell'ottobre scorso ho partecipato ad una manifestazione a Reggio Calabria per esprimere solidarietà a questa ragazzina. In tanti, in quella piazza, gridammo tre no: no alla 'ndrangheta, no alla sopraffazione, no alla violenza sulle donne. Tutto questo è frutto della stessa sottocultura. I mafiosi sono pericolosi anche perché diffondono modelli che purtroppo condizionano tanti giovani, approfittando della condizione di incertezza e di precarietà che pesa sul futuro delle nuove generazioni. La lotta contro le organizzazioni mafiose si combatte allora su più livelli. Quello che impegna le forze dell'ordine e la magistratura per reprimere questi fenomeni e assicurare i responsabili alla giustizia. Vi siamo grati. Quello della partecipazione popolare e della cittadinanza attiva. Sono felice che ci sia partecipazione. Se c'è chi può fischiare e chi può applaudire, vuol dire che c'è democrazia. Grazie, signor Sindaco, per questa bella manifestazione. Qui a Latina, nel 2014, hanno sfilato tante ragazze e tanti ragazzi provenienti da tutta Italia, per la giornata nazionale della memoria e dell'impegno che Libera organizza ogni anno. Quelle ragazze e quei ragazzi non si limitano a partecipare ad una manifestazione, ma sono impegnati per la legalità ogni giorno nelle loro città e nelle loro scuole. Perché sono tante le persone che non si arrendono, che reagiscono, che non vogliono più che i poteri criminali condizionino la loro vita. In questi anni non mi sono risparmiata, perché penso che lo Stato ci debba essere a testa alta. L'ho visto con i miei occhi quando sono stata a Casal di Principe. Centinaia di persone hanno affollato una villa confiscata ai casalesi e affidata a una cooperativa sociale. Ci vuole coraggio a sfidare ogni giorno nel proprio territorio persone senza scrupoli e capaci di ogni violenza. Ma tutte quelle persone erano coraggiose, perché ci vuole coraggio a schierarsi contro i boss. Erano sorridenti, entusiaste perché con la confisca e con l'uso sociale di quel bene, si dimostrava quello che diceva spesso Giovanni Falcone e cioè che la mafia è un fenomeno creato dagli uomini e come tale non solo DEVE ma PUO' essere sconfitto. Oggi noi qui a Latina stiamo dandone la dimostrazione. E togliere ai mafiosi il loro patrimonio è uno strumento vincente. Perché questi signori mettono nel conto la possibilità di finire in carcere e perfino di essere uccisi. Ma non sopportano l'idea che dopo una vita dedicata al crimine allo scopo di arricchirsi e accumulare potere, lo Stato li riduca a nullatenenti. E poi serve un impegno di carattere culturale perché bisogna proporre ai giovani modelli di vita alternativi a quelli tipici della criminalità mafiosa: sopraffazione, violenza, arricchimento facile e a qualunque costo. Tutto questo è un inganno, un grande equivoco perché i fatti dimostrano che il destino dei boss non è una vita dorata e di piaceri. Il loro destino è il carcere, la morte per mano dei loro nemici o, nel migliore dei casi, una latitanza che li isola dal mondo. La scuola è in questo senso fondamentale. "La mafia - diceva Antonino Caponnetto - teme più la scuola che la giustizia", perché l'istruzione toglie l'erba sotto i piedi della cultura mafiosa. Mi sono tornate in mente queste parole di Caponnetto quando nei giorni scorsi, nel quartiere Zen di Palermo, qualcuno ha tagliato la testa a una statua di Giovanni Falcone e l'ha gettata contro la scuola che a lui è intitolata. Sono gesti gravi, ma senza speranza. Perché quella scuola continuerà ad essere un presidio di cultura e di legalità. Perché quel quartiere non è affatto in mano ai mafiosi. L'ho visitato nell'ambito del viaggio che sto facendo nelle periferie delle grandi metropoli e anche lì, come a Scampia, a Torbellamonaca, a Quarto Oggiaro, a Librino, ho visto tanta, tantissima gente per bene. Decine di cittadini, soprattutto donne, che si autorganizzano, danno vita a comitati, associazioni per migliorare la vita del loro quartiere respingendo con i fatti la pressione mafiosa. E quelli sono gesti disperati, perché la Palermo di oggi non è più quella che fu teatro di stragi e omicidi quotidiani. Era la capitale della mafia. Oggi Palermo è la capitale della cultura e dell'accoglienza. E cosa pensano - di fermarci? di intimorirci? - quelli che hanno rovinato la stele del giudice Rosario Livatino ad Agrigento? Sono degli illusi! Perché le idee di giustizia e di legalità che hanno motivato l'azione di Rosario Livatino, di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino, camminano oggi con le gambe di tante ragazze e ragazzi che vogliono un futuro migliore, libero dalle mafie, dalla corruzione, dal malaffare. Per tutte queste ragioni apprezzo la scelta fatta dal Comune di Latina di intitolare questo Parco a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. E visto quel che rappresentano per l'Italia queste due personalità, si tratta di una decisione tutt'altro che di parte: è un segnale di unità e di conciliazione. Che cosa significa educare alla legalità? Educare alla legalità significa insegnare il rispetto degli altri e del bene comune. Educare alla legalità significa amare il proprio Paese, significa difendere la patria. Questo è il vero patriottismo! Educare alla legalità significa anche trasmettere i valori della nostra Costituzione: il frutto migliore della lotta partigiana contro il fascismo e il nazismo. Sono fermamente convinta che quei valori vadano difesi, più di quanto si stia facendo oggi. E che vada difesa la scelta che oltre settant'anni fa fece il popolo italiano di liberarsi dalla dittatura fascista e dell'oppressione nazista. Per questo ho più volte e in più occasioni lanciato l'allarme per il proliferare di iniziative e organizzazioni che, sul web ma non solo sul web, inneggiano apertamente al fascismo e al nazismo. L'apologia del fascismo - lo ricordo - è un reato previsto dal nostro ordinamento. Colgo l'occasione della mia presenza a Latina per ribadire ancora una volta che io non ho mai detto che vadano eliminati o abbattuti monumenti e opere d'arte realizzati durante il ventennio. Qualcuno sarà deluso, ma io non l'ho mai detto. Si tratta di bufale, di assurdità inventate, di menzogne costruite ad hoc dai professionisti della disinformazione per screditare e delegittimare. E sfido chiunque a dimostrare il contrario. Cari amici e care amiche, come Presidente della Camera e come persona sento il diritto e il dovere di portare avanti i principi fondamentali della nostra Costituzione. E continuerò a farlo con lo stesso impegno di sempre, nonostante le macchine del fango e nonostante tutto il resto, potete contare su di me. Continuerò insieme a voi. E dobbiamo essere in tanti a farlo perché la democrazia è un bene prezioso che va tutelato e custodito. Non è un dono che si riceve una volta per tutte. I suoi nemici sono sempre pronti a metterla in discussione. Ce lo dice la storia del nostro Paese. Abbiamo conosciuto il terrorismo e la strategia della tensione. La mafia e i tentativi di rovesciare le nostre istituzioni. Ma abbiamo sempre reagito e colpito i nemici della nostra libertà. Grazie a donne e uomini di valore, come quelli che celebriamo in questa giornata. E grazie al muro di popolo che ha fermato il terrorismo scendendo in piazza, contro il terrorismo rosso e nero. Quel muro di popolo che venticinque anni fa riempì le strade di Palermo dopo l'uccisione di Paolo Borsellino. Con la partecipazione popolare si difende la democrazia. Non restate a casa a guardare la televisione. Con la partecipazione popolare si combatte la corruzione e il malaffare. Con la partecipazione popolare si costruisce una società più equa e più inclusiva. Lo dobbiamo a chi nel passato si è sacrificato per questi valori. Ai giovani partigiani e alle giovani partigiane che sono morti per liberarci. Lo dobbiamo alle generazioni future, che meritano un Paese più giusto. E per tutto questo vale la pena spendersi fino in fondo. Senza remore e senza delegare niente a nessun altro. Vi ringrazio.

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