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Comunicati stampa

16/04/2015
Intervento Boldrini - Celebrazione anniversario 70 Liberazione
2002

Signor Presidente della Repubblica, Signor Presidente del Senato, deputati e senatori, autorità, gentili ospiti, amici partigiani.
È la prima volta che in un'aula parlamentare, vale a dire nel cuore della democrazia, là dove è rappresentata la sovranità popolare, la liberazione dell'Italia dal nazifascismo viene ricordata con la partecipazione diretta sui banchi, di coloro che vissero sulla propria pelle quell'esperienza, mettendo in gioco la loro vita, gli affetti e le speranze della loro gioventù.
E lo facciamo qui oggi, nell'Aula di Montecitorio, nell'anno in cui ricorre il 70° anniversario della liberazione che coincide anche con il 70° anniversario dell'apertura dei cancelli di Auschwitz che abbiamo ricordato sempre qui lo scorso 27 gennaio.
Il senso di questa iniziativa si ritrova in alcune parole che solo poco tempo fa hanno risuonato in quest'aula, quando il Presidente della Repubblica , Sergio Mattarella, ha affermato, nel suo discorso di insediamento, che "garantire la Costituzione significa ricordare la Resistenza e il sacrificio dei tanti che settant'anni fa liberarono l'Italia dal nazifascismo".
La Costituzione repubblicana, che ha consentito al popolo italiano di ritrovare nel Parlamento il presidio dell'esercizio delle libertà e dei diritti fondamentali, è figlia della Resistenza antifascista.
Ed è per questo che oggi il nostro pensiero commosso va a coloro, per lo più giovani e giovanissimi, che per dare alle generazioni future il dono della libertà sono stati uccisi, torturati, reclusi tra mille sofferenze e umiliazione.
Ed oltre a questa commozione proviamo anche, lo voglio esprimere apertamente, il sentimento di profonda gratitudine nei confronti di voi che siete qui, donne e uomini della Resistenza, non soltanto per quel che avete fatto nella lotta al nazifascismo, ma anche per l'impegno che ha occupato tutta la vostra esistenza a tener vivi il ricordo e gli ideali che hanno animato quella grande battaglia per la democrazia.
Oggi voi partigiani e partigiane siete qui in questa Aula non come ospiti ma come padroni di casa.
E se quegli ideali sono ancora ben vivi nella coscienza del nostro paese, lo dobbiamo dunque innanzitutto al vostro impegno e poi alle particolari caratteristiche che ha avuto la Resistenza italiana.
Essa è stata, al pari del Risorgimento, un vero moto nazionale, un'esperienza collettiva condivisa in amplissimi strati della società.
Essa fu infatti un fenomeno intergenerazionale, interclassista ed interregionale, contrassegnato dal pluralismo politico.
Ed ha visto il contributo attivo, in tante forme diverse, delle donne che nella spinta generale verso la libertà hanno intravisto anche l'occasione per la propria emancipazione da quella cultura opprimente che le riduceva unicamente a "madri e spose", che le escludeva dal lavoro, dalla società e dalla politica.
Fu intergenerazionale perché la scelta partigiana non conobbe limiti di età ed anzi favorì il libero confronto tra le diverse fasce anagrafiche.
Fu interclassista perché studenti e professori, medici ed avvocati, si unirono ad operai, contadini ed artigiani, come è facile riscontrare nelle liste di appartenenza delle diverse brigate.

Le macerie della guerra avevano del resto avvicinato moltissimo i gradini della gerarchia sociale. Fu interregionale, benché naturalmente assai diversamente vissuta tra il Centro-Nord ed il Sud della penisola, perché molti, moltissimi furono i meridionali che combatterono lontano dalle loro case, non solo nella componente derivante dal discioltosi esercito nazionale, ma anche, ad esempio, nella risalita della gloriosa Brigata Maiella che si distinse nella liberazione di Bologna.
Il pluralismo politico ha caratterizzato profondamente la lotta al nazifascismo, facendo schierare dalla stessa parte comunisti, socialisti, cattolici, liberali, democratici, repubblicani, azionisti, monarchici.
Questo pluralismo si è rispecchiato poi nell'organizzazione delle associazioni partigiane nate per tramandare la memoria della Resistenza, molti dei cui dirigenti sono stati protagonisti della vita parlamentare.
Per gli italiani, la lotta al nazifascismo ha rappresentato una delle rare occasioni in cui le scelte di vita individuali si sono veramente identificate, nel profondo delle coscienze, con il destino collettivo della nazione. Penso che il modo più semplice ed illuminante per cogliere lo spirito della Resistenza è leggere le lettere dei condannati a morte, un documento esemplare che ieri come oggi può parlare al cuore ed alla mente dei giovani che vi ritroverebbero soprattutto le voci di loro coetanei.
Come l'elettricista diciassettenne Domenico Caporossi per cui morire da partigiano voleva dire avere il sorriso sulle labbra ed una fede nel cuore, oppure come lo studente diciottenne Giordano Cavestro che si diceva certo che la sua giovinezza spezzata sarebbe servita di esempio: "Sui nostri corpi si farà grande il faro della Libertà".
Non una parola di recriminazione, non un cenno di sottomissione, bensì il coraggio della scelta compiuta, la fiducia nel futuro, la certezza di non avere sprecato la propria vita per un capriccio della storia. Eroi. Eroi che oggi abbracciamo in quest'aula simbolicamente a nome di tutto il popolo italiano, come suoi rappresentanti democraticamente eletti, in un profondo atto di coscienza individuale e collettiva perché siano sempre attuali i versi di Italo Calvino che "oltre il ponte" intravvedeva "l'avvenire di un giorno più umano e più giusto, più libero e lieto".
Noi, che apparteniamo a generazioni nate dopo gli eventi che oggi celebriamo, abbiamo un dovere nei confronti di chi, tanti anni fa, a costo di estremi sacrifici, ci ha fatto il dono della libertà.
Ed è il dovere non soltanto di ricordare, ma di fare in modo che quelle speranze non vengano deluse, che quelle conquiste non vengano compromesse.
La democrazia non è un regalo che si ottiene una volta per tutte.
Sappiamo, e ce lo dice l'esperienza di questi settant'anni, che viene continuamente minacciata e messa in discussione.
Oggi sono ad esempio anche le conseguenze sociali della crisi economica a rappresentare una minaccia per la tenuta dei valori e dei diritti che i Padri costituenti hanno posto a fondamento della nostra Costituzione. Per essere solido un sistema democratico deve saper dare risposte alle sofferenze della popolazione il che significa, nell'Italia di oggi, dare lavoro ai giovani, aiutare i pensionati, sostenere gli artigiani e i piccoli imprenditori piegati dalla crisi. Significa, in poche parole, come ci invita a fare l'articolo 3 della Costituzione, ridurre le diseguaglianze e rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena realizzazione della persona.
E' questo il messaggio che oggi vogliamo risuoni dall'aula di Montecitorio, che vede insieme le più alte cariche dello Stato, deputati e senatori, giovani studenti, attorno agli uomini e alle donne che hanno combattuto per la nostra libertà, ai militari che non si piegarono ai nazifascisti e che per questa loro scelta di dignità nazionale finirono nei campi di concentramento e di sterminio.
A tutti voi va la gratitudine delle istituzioni repubblicane.
A noi spetta onorare il dovere della memoria e dell'impegno per fare dell'Italia un paese sempre più democratico e più giusto.

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