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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 8 ottobre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni III e XIII,
   premesso che:
    l'accordo tra l'Unione europea e il Regno del Marocco in materia di liberalizzazione reciproca dei prodotti agricoli, dei prodotti agricoli trasformati, del pesce e dei prodotti della pesca, si inserisce nel più ampio contesto della politica di vicinato il cui obiettivo è la costruzione di un'area di stabilità e sicurezza tra l'Unione e i Paesi confinanti attraverso una più stretta cooperazione politica, economica e culturale;
    a tal fine, anche seguito dei progressi compiuti dal Paese magrebino nel settore delle riforme interne e nell'armonizzazione legislativa e normativa con l'Unione europea, il Consiglio ha avviato i negoziati per la revisione dell'accordo euro mediterraneo di associazione con il Regno del Marocco introducendo sostanziali modifiche in materia di disposizioni tariffarie e concessioni, conformemente ai termini della tabella di marcia «Euromed»;
    l'accordo in questione, se rafforza la posizione degli esportatori europei sul mercato marocchino dei prodotti agricoli, in particolare quelli trasformati, dove si prospetta una liberalizzazione totale progressiva nel corso di 10 anni, con eccezione delle paste alimentari ancora soggette a contingenti, consente anche l'immediata liberalizzazione del 55 per cento delle importazioni provenienti dal Marocco favorendo un aumento considerevole delle concessioni nell'intero comparto dell'ortofrutta;
    in particolare, l'importazione di pomodoro marocchino, in base a quanto stabilito dal «dispositivo per i pomodori» di cui all'articolo 3 dell'allegato 1 del protocollo 1 rischia di compromettere in maniera irreversibile il mercato italiano con una impennata delle importazioni a quotazioni inferiori al prezzo di entrata stabilito, posto che l'accordo oltre a prevedere un aumento delle concessioni nel comparto dell'ortofrutta, dispone che le produzioni marocchine accedano al mercato comunitario in periodi diversi rispetto a quelli di commercializzazione europea;
    il sostegno europeo alle riforme e alle trasformazioni democratiche dei Paesi della sponda sud del Mediterraneo è una delle componenti fondamentali della strategia alla base della prossimità, nella convinzione che il benessere interno dipenda dalla stabilità politica e dalla prosperità economica dei Paesi vicini; sarebbe tuttavia auspicabile una valutazione più attenta delle conseguenze di alcuni orientamenti europei, che, ancorché condivisibili in linea di principio, impattano in maniera fortemente negativa su importanti realtà nazionali;
    tra i territori italiani più danneggiati, le regioni del Meridione rischiano di pagare il prezzo più alto, in ragione della loro vocazione agricola prettamente orientata al settore dell'ortofrutta e in particolare a quello agrumicolo; le produzioni ortofrutticole dell'Italia meridionale sono simili a quelle del Marocco, non solo per tipologia ma anche per il medesimo calendario di commercializzazione. I prodotti marocchini costituiscono l'80 per cento circa delle importazioni nell'Unione europea e l'ulteriore liberalizzazione prevista prospetta, per il settore agricolo italiano e del Sud in particolare, una situazione allarmante in grado di destabilizzare ulteriormente una già difficile realtà produttiva e di mercato;
    l'entrata in vigore dell'accordo nei termini stabiliti, potrebbe provocare inoltre una situazione di concorrenza sleale non solo con riferimento ai prezzi di entrata di alcuni prodotti le cui presunte irregolarità sono già state denunciate dall'OLAF, ma anche con riferimento allacompatibilità con le vigenti normative europee di qualità sul lavoro e sull'ambiente,

impegna il Governo:

   ad attivare le procedure per l'attuazione delle misure di salvaguardia di cui all'articolo 7 dell'accordo posto che l'aumento delle importazioni dei prodotti marocchini soggetti alle concessioni loro riconosciute è tale da provocare gravi perturbazioni al mercato nazionale e delle regioni meridionali in particolare;
   ad intervenire nelle competenti sedi comunitarie affinché negli accordi commerciali internazionali l'Unione europea tenga in particolare conto l'equilibrio fra la liberalizzazione del mercato da un lato e la protezione dei settori economici e dei diritti dei lavoratori e dei consumatori europei dall'altro, posto che l'Unione europea è il principale importatore mondiale di prodotti agricoli provenienti dai Paesi in via di sviluppo, risultato dell'iniziativa «tutto tranne le armi», del sistema delle preferenze generalizzate e degli accordi di partenariato economico, e che le sue importazioni superano quelle di Stati Uniti, Giappone, Canada, Australia e Nuova Zelanda insieme;
   ad esporre la propria contrarietà ad un orientamento della Commissione europea che troppo spesso non valorizza adeguatamente il settore agricolo e a rimandare qualsiasi negoziato internazionale che, anche in considerazione della gravità della crisi economica in atto, possa in qualche modo penalizzare le filiere e in particolare quelle dell'ortofrutta.
(7-00121) «Lupo, Manlio Di Stefano, Gallinella, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, L'Abbate, Parentela, Del Grosso, Di Battista, Grande, Scagliusi, Sibilia, Spadoni, Tacconi».


   Le Commissioni IX e XI,
   premesso che:
    nel 2011 la Fiat ha deciso di interrompere l'attività dello stabilimento Irisbus di Flùmeri (Avellino) e ha attivato le procedure per la messa in mobilità e la cassa integrazione per i dipendenti; decisioni analoghe non sono state assunte per nessuno degli stabilimenti Irisbus presenti al di fuori del territorio nazionale, anche in altri Paesi europei (Francia, Spagna e Repubblica Ceca);
    le motivazioni della chiusura, secondo la Fiat, sono riconducibili alla grave crisi che ha investito il mercato degli autobus urbani in Italia, le cui immatricolazioni si sono ridotte da 1.444 unità nel 2006 a 1.113 nel 2010 per precipitare a 291 nel 2011. Nello stesso periodo la produzione complessiva dello stabilimento di Flùmeri è diminuita da 717 autobus nel 2006 a 472 nel 2010 e a 145 nei primi sei mesi del 2011, dei quali meno di 100 destinati al trasporto urbano;
    la decisione della Fiat comporta gravissime conseguenze sia sotto il profilo sociale, sia sotto quello economico e produttivo;
    la chiusura dello stabilimento di Flùmeri colpisce i 700 dipendenti che vi lavoravano, dei quali attualmente 400 sono stati posti in cassa integrazione fino al dicembre 2013;
    altrettanto pesanti sono le conseguenze per le numerose aziende dell'indotto che nella zona contavano circa 800 posti di lavoro;
    la vicenda incide su un'area economicamente fragile, in cui si registra un tasso di disoccupazione molto alto, soprattutto per quanto concerne la disoccupazione giovanile;
    occorre pertanto in tempi molto rapidi assumere le misure necessarie per garantire i redditi dei lavoratori e, al tempo stesso, salvaguardare i livelli occupazionali;
    la chiusura dello stabilimento di Flùmeri si inserisce, altresì, in una situazione generale di fortissima difficoltà del settore del trasporto pubblico locale; ciò trova riscontro nella coincidenza temporale per cui, sempre nel 2001, il gruppo Finmeccanica ha dichiarato di volersi disfare del comparto destinato alla produzione di mezzi per il trasporto pubblico, con particolare riferimento allo stabilimento BredaMenariniBus di Bologna;
    il trasporto pubblico locale, a fronte di un aumento della domanda del servizio, riconducibile anche alla prolungata fase di recessione economica, si caratterizza in Italia, in generale, per una qualità scadente del servizio, un pesante indebitamento di molte delle aziende che lo esercitano e una elevata dipendenza dal finanziamento pubblico;
    in particolare, in relazione alla qualità del servizio, il parco degli autoveicoli impiegati ha registrato negli ultimi anni un costante incremento dell'età media, che si colloca adesso ad un livello nettamente superiore a quello che si riscontra negli altri Paesi europei;
    ciò comporta l'impiego di mezzi non soltanto in cattive condizioni, con i conseguenti disagi per gli utenti, ma anche pesantemente inquinanti; di conseguenza, si accresce la distanza tra la situazione reale del trasporto pubblico locale in Italia e i requisiti richiesti dalla normativa dell'Unione europea;
    il 31 dicembre 2012 è, infatti, entrata in vigore la normativa europea «Euro 6», in base alla quale i nuovi camion e autobus dovranno ridurre notevolmente le emissioni inquinanti rispetto agli standard del 2008 («Euro 5»); il regolamento (CE) n. 595/2009 è già operativo per le nuove omologazioni, mentre a partire dal 2014 lo sarà per le nuove immatricolazioni;
    per quanto concerne il parco autobus circolante in Italia, la maggior parte dei veicoli risulta invece caratterizzata da emissioni «Euro 3» (30 per cento) e «Euro 2» (29 per cento) e si osserva ancora la presenza di veicoli con livelli di emissione addirittura superiori;
    il trasporto pubblico locale dipende in Italia da risorse pubbliche per circa il 75 per cento, vale a dire in misura assai più alta di quanto accada nei principali Paesi dell'Unione europea; nella situazione di difficoltà della finanza pubblica, si è assistito negli ultimi anni ad una costante riduzione dei finanziamenti per il trasporto pubblico locale; il problema non pare risolto dal fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, istituito ai sensi dell'articolo 16-bis del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, e successivamente ridisciplinata dalla legge n. 228 del 2012, sia per l'insufficienza della dotazione del fondo stesso, sia per l'incertezza in merito alle modalità e ai tempi di riparto e di erogazione delle risorse;
    le vicende dello stabilimento Irisbus di Flùmeri e quelle dello stabilimento BredaMenariniBus di Bologna impongono una più generale riflessione sulla politica industriale del Paese, sollecitando azioni incisive per contrastare il disimpegno dei principali gruppi industriali italiani rispetto agli insediamenti produttivi situati nel territorio nazionale;
    dopo incontri svoltisi con i precedenti Governi, si è riunito presso il Ministero dello sviluppo economico, il 1o agosto 2013, un tavolo sulla vertenza Irisbus di Flùmeri, nel quale è stato assunto l'impegno di pervenire entro il mese di settembre 2013 all'adozione di decisioni relative sia alla tutela dei redditi dei lavoratori, sia alla reindustrializzazione dello stabilimento;
    in data 18 settembre 2013 l'Assemblea della Camera ha approvato con una maggioranza molto ampia una mozione che reca stringenti impegni per il Governo in ordine alla politica del trasporto pubblico locale, anche al fine di individuare una positiva soluzione per le vertenze Irisbus di Flùmeri e BredaMenariniBus di Bologna;
    in data 24 luglio 2013 l'Assemblea della Camera ha approvato l'ordine del giorno n. 9/01248-AR/003 presentato dall'onorevole Mucci che impegnava, tra le altre cose, il Governo a provvedere ad una facilitazione burocratica della conversione da mezzi a trazione endotermica in mezzi a trazione elettrica,

impegnano il Governo:

   a riprendere immediatamente il tavolo di confronto a livello governativo sulla vertenza Irisbus di Flùmeri, allargandone la partecipazione anche a membri delle competenti Commissioni parlamentari;
   ad assumere iniziative per rivedere la normativa in materia di retrofit nell'ottica di una semplificazione dell’iter burocratico che disciplina le operazioni di conversione dei mezzi a trazione endotermica in mezzi a trazione elettrica, anche al fine di risollevare un settore in crisi quale quello inerente alla produzione di mezzi destinati al trasporto pubblico locale;
   a tutelare i redditi dei dipendenti dello stabilimento di Flùmeri, agevolando il reintegro nel settore a decorrere dal gennaio 2014, tenendo conto delle esigenze familiari e provvedendo alla riconversione dello stabilimento secondo quanto disposto sopra;
   ad adottare, nell'ambito della manovra di finanza pubblica, interventi finalizzati:
    a) ad assicurare l'adeguatezza, la certezza e la stabilità delle risorse destinate al trasporto pubblico locale;
    b) a prevedere l'esclusione dal patto di stabilità interno delle spese relative al trasporto pubblico locale;
    c) a definire un programma pluriennale per sostenere il rinnovo del parco autoveicoli impiegati nel trasporto pubblico locale, favorendo le tecnologie a più basso impatto ambientale;
    d) a giungere, più in generale, a una nuova definizione del piano nazionale dei trasporti che consenta di programmare in modo adeguato le politiche del settore, con particolare riguardo al trasporto pubblico locale.
(7-00122) «Catalano, Cristian Iannuzzi, Bechis, Liuzzi, Cominardi, Sibilia, De Lorenzis, Dell'Orco».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per le riforme costituzionali, per sapere – premesso che:
   in data 4 giugno 2013, il Presidente del Consiglio Enrico Letta nominava per decreto 35 «saggi» – in seguito diventati 42 –, esperti di diritto pubblico e costituzionale comparato, ai fini dell'annunciata riforma della Costituzione;
   cinque dei «saggi» risultano, nell'ambito dell'indagine avviata dal pubblico ministero di Bari Renato Nitti, in collaborazione con la Guardia di finanza, denunciati per associazione a delinquere, corruzione e falso ideologico, per aver pilotato, negli ultimi tre anni, concorsi per diventare professore in varie università italiane;
   i «saggi» coinvolti risultano essere: il professor Augusto Barbera e il professor Giuseppe De Vergottini, dell'università di Bologna, la professoressa Carmela Salazar dell'università di Reggio Calabria, il professor Caravita di Toritto della Sapienza di Roma e la professoressa Lorenza Violini dell'università di Milano;
   quest'ultima, nel dibattito intorno alla legge 7 aprile 2010, n. 51, si espresse in favore della norma istitutiva del legittimo impedimento a comparire in udienza di tipo speciale, applicabile unicamente al Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica italiana;
   la suddetta disposizione, sottoposta al vaglio di costituzionalità, è stata dichiarata illegittima dalla Consulta – in quanto violativa degli articoli 138 e 3 della Costituzione, quest'ultimo, in particolare, recante il principio fondamentale di uguaglianza tra i cittadini – nonché successivamente abrogata con il referendum del giugno 2011;
   i professori De Vergottini e Caravita, insieme agli altri «saggi» Cerrina Feroni, Nicotra, Pitruzzella e Zanon, sono stati firmatari dell'appello a sostegno della legge n. 124 del 2008 – cosiddetto «lodo Alfano», anch'essa dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale;
   si aggiunga, altresì, che i professori Caravita e De Vergottini sono autori di uno dei pareri pro veritate depositati in giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato in favore del ricorso esperito da Silvio Berlusconi dinanzi alla Corte di Strasburgo, circa l'inapplicabilità della legge Severino ai parlamentari condannati;
   ad avviso degli interpellanti, tutte le sopraindicate vicende gettano un'ombra sulle personalità selezionate e scelte per un compito così delicato quale quello di riformare la Costituzione –:
   se, al momento della nomina dei «saggi», fossero a conoscenza dell'impegno e del sostegno, personale e professionale, di alcuni di essi verso un leader politico;
   se, al momento della nomina dei «saggi», fossero a conoscenza di indagini sui «saggi» che risultano, ora ufficialmente, coinvolti nell'indagine condotta a Bari;
   se continuino a reputare affidabile e degna di credibilità una proposta di riforma costituzionale elaborata con il contributo di soggetti indagati per reati contro la pubblica amministrazione, contro l'ordine pubblico e contrari alla fede pubblica, quali quelli per cui sono indagati cinque dei «saggi».
(2-00247) «Lombardi, Dadone, Nuti, Dieni, Fraccaro, Toninelli, Cozzolino, D'Ambrosio».

Interrogazione a risposta scritta:


   FICO, LUIGI DI MAIO, CECCONI, BRESCIA, TURCO, FERRARESI, D'AMBROSIO, CASO, D'UVA, MANLIO DI STEFANO, NUTI, SIBILIA e NESCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   a quanto risulta agli interroganti, nel comune di Maiori (SA), la frazione di Erchie versa ormai da anni in una situazione di grave degrado ed emergenza, a causa dell'inerzia delle amministrazioni comunali succedutesi nel tempo;
   quest'ultime, infatti, a partire dal 2002, anno di avvio dell’iter di realizzazione del PUAD (progetto di riqualificazione delle aree demaniali finalizzato al riassetto urbanistico, al rilancio economico e alla tutela nel complesso dei cittadini e del patrimonio sociale), a tutt'oggi non hanno realizzato alcuna infrastruttura connessa o derivante da detto progetto, di fatto cagionando il recesso della frazione, la nascita di notevole contenzioso sia con i privati titolari di concessioni demaniali sia con altre amministrazioni pubbliche, ma soprattutto determinando la sussistenza di una situazione di pericolo per i cittadini residenti e i numerosi turisti, derivante dalla mancata attuazione di piani di evacuazione necessari a salvaguardare la sicurezza dell'abitato, che risulta inserito in zona di grave dissesto idrogeologico, documentato dall'accurata relazione predisposta dall'autorità di bacino destra Sele;
   tale, situazione risulta ancor più aggravata dal fatto che interessa il contesto geografico della costiera amalfitana area di primaria importanza in quanto rientrante nel patrimonio dell'UNESCO e nelle zone SIC (siti di interesse comunitario);
   gli interroganti ritengono che il contenzioso innescato dal comune con gli altri partecipanti al procedimento (Soprintendenza per i beni architettonici, per il paesaggio e per il patrimonio storico artistico e demoetnoantropologico BAPPSAD - di Salerno e Avellino, l'autorità di bacino destra del Sele e i privati titolari di concessioni demaniali) abbia causato una perdita di gettito in conseguenza della mancata riscossione dei canoni relativi alle concessioni demaniali oggetto di contesa;
   l'azione del comune necessita da parte del Ministro la massima attenzione perché con decreto legislativo n. 85 del 28 maggio 2010 (cosiddetto «federalismo demaniale»), è stata attribuita la titolarità di gran parte dei beni del demanio dello Stato alle regioni, province, comuni e città metropolitane, ma detto decreto non ha cambiato nulla della disciplina delle concessioni demaniali marittime e dei canoni che vengono pagati per esse in quanto il 1o comma dell'articolo 4 stabilisce che i beni del demanio marittimo non entrano a far parte del patrimonio disponibile delle regioni. Essi restano assoggettati al regime stabilito dal codice civile, dal codice della navigazione, dalle leggi statali compresa la legge finanziaria per il 2007 (n. 296 del 2006), disciplinante gli attuali canoni di concessione, alle leggi regionali che normano rilascio delle concessioni demaniali marittime nonché alle norme comunitarie (cosiddetta direttiva «Bolkestein» – CE 123 del 2006), secondo cui le opere costituenti le singole attività oggetto di concessione demaniale (stabilimenti balneari e attività commerciali in genere) devono essere removibili, ad esclusione dei servizi tecnologici e di depositi adibiti a stoccaggio strutture, quindi composti essenzialmente da elementi lignei;
   l'operato dell'amministrazione comunale in relazione alla deliberazione del PUAD appare agli interroganti evidentemente insufficiente, e desta perplessità circa la sua sostanziale conformità alle leggi dello Stato e alla congruità in relazione ai fini per cui è stato predisposto;
   andrebbero valutati gli effetti negativi in termini economico-finanziari del mancato pagamento dei canoni relativi alle concessioni oggetto di contesa a danno dello Stato e dell'aggravio delle procedure burocratiche (gare d'appalto, modifiche e varianti di volta in volta apportate al progetto, rinvio dei lavori e altro) dovuto allo slittamento di ben 10 anni dei tempi di approvazione del PUAD;
   sarebbe opportuno verificare se siano state rispettate le disposizioni europee a tutela del patrimonio e della libera concorrenza del mercato di cui alla direttiva «Bolkestein» richiamata in premessa, poiché è, infatti palese che il borgo saraceno è ancora teatro di una cementificazione dell'arenile risultato di pregressi abusi edilizi a danno del demanio, e tra l'altro ancora non bonificati;
   occorrerebbe approfondire le responsabilità in merito alla crisi dell'economia locale, in forte regressione, anche in considerazione del fatto che le attività balneari e quelle dei servizi connessi (parcheggi, negozi, ristoranti, le strutture ricettive, e altro) sono state di fatto private di un efficiente e idoneo supporto infrastrutturale con grave nocumento per l'indotto turistico e che la situazione è stata aggravata dall'aver fatto ricorso a permessi di costruzione «in sanatoria» sulle aree demaniali gestite in concessione dai privati per le attività commerciali, che ha comportato un aumento di condotte connesse all'esercizio abusivo delle attività economiche (noleggio natanti, servizio navetta verso spiagge limitrofe) sugli spazi destinati alla libera balneazione, che nel corso degli ultimi 10 anni si sono ridotti notevolmente;
   andrebbe verificato il rispetto del «corretto equilibrio tra aree concesse a soggetti privati e gli arenili liberamente fruibili» di cui all'articolo 1, comma 254, della legge finanziaria per il 2007 –:
   se si intendano assumere iniziative normative volte a rivedere la disciplina delle concessioni demaniali marittime ai fine di garantire una maggiore aderenza della stessa al quadro giuridico definito a livello dell'Unione europea;
   se si intendano adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di avviare un monitoraggio con il coinvolgimento degli enti territoriali sul rispetto del corretto equilibrio tra aree concesse a privati e arenili liberamente fruibili;
   quali iniziative siano state assunte a salvaguardia dell'incolumità della popolazione della frazione (e qui si considera anche il flusso turistico, che nel periodo estivo incrementa le presenza finanche del 2000 per cento), perennemente esposta al pericolo di frane ed esondazioni, pericolo grave e contingente come risulta dalla relazione dell'autorità di bacino destra Sele;
   se risultino le ragioni per cui ad oggi non sia ancora realizzato il piano di evacuazione previsto per le zone a rischio idrogeologico individuate nel territorio, posto che di tale pericolo è traccia storica lo straripamento del 2004 del torrente S. Nicola. (4-02098)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta immediata:


   MATTEO BRAGANTINI, GIANCARLO GIORGETTI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e RONDINI. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   nella partita di calcio disputata a Torino domenica 22 settembre 2013 fra Milan e Napoli i tifosi dei due schieramenti, come accade in ogni match calcistico da sempre, hanno intonato cori campanilistici e prese in giro nei confronti degli avversari;
   per i soli cori contro Napoli e i napoletani (e non per i cori contro Balotelli), il giudice sportivo ha disposto la chiusura dello stadio San Siro ai tifosi milanisti nella prossima partita contro l'Udinese, nel rispetto della nuova normativa Uefa per combattere ogni forma di razzismo, inclusa la discriminazione territoriale;
   per quanto possa essere non condivisibile l'abitudine di intonare cori contro gli avversari durante una disputa sportiva, appare discutibile un sistema sanzionatorio che accomuna la goliardia alle discriminazioni razziali. Tanto è vero che gli stessi tifosi napoletani hanno sdrammatizzato l'episodio avvenuto, solidarizzando con i tifosi milanisti intonando cori autoironici;
   la reazione dei tifosi napoletani dimostra come alcuni comportamenti ed espressioni particolarmente «coloriti», all'interno di uno stadio, non sono giudicati offensivi, né tanto meno espressione di uno scontro sociale fra il Nord e il Sud del Paese, ma semplicemente rientrano in una tradizione «popolare» delle tifoserie;
   le sanzioni sono chiare e molto dure: settore a porte chiuse per la prima violazione, stadio chiuso per la seconda, con, in casi di particolare gravità, la partita persa e altre sanzioni accessorie. In caso di ulteriore recidiva «si applicano, congiuntamente o disgiuntamente tra loro,» la sanzione della perdita della gara, ulteriori porte chiuse di una o più gare, penalizzazione di uno o più punti in classifica, fino addirittura all'esclusione dal campionato;
   la situazione sopra descritta comporta anche significative conseguenze per l'ordine pubblico –:
   al netto della competenza del Coni e della Federazione per quanto riguarda la giustizia sportiva in merito a quanto accaduto in campo, se non ritenga, al fine di garantire l'ordine e la sicurezza pubblica in occasione di incontri sportivi, di valutare l'opportunità di mettere a punto a livello normativo, di concerto con il Ministero dell'interno, linee guida capaci di consentire una netta distinzione fra i comportamenti, dentro e fuori dai campi di gioco, oggettivamente violenti e discriminatori da quelli che possono essere attribuibili a manifestazioni campanilistiche, che da sempre appartengono alla tradizione popolare, evitando in questo modo di drammatizzare questi fenomeni come veri e propri scontri sociali fra il Nord e il Sud del Paese. (3-00361)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZARATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, voluto da Benedetto Croce, fondato da Erminio Sipari oltre 90 anni fa, presieduto e diretto negli ultimi decenni da autorevoli personalità come Francesco Saltarelli, Franco Tassi, Michele Cifarelli, Fulco Pratesi e Giuseppe Rossi, rappresenta anche per il suo prestigio internazionale, un valore assoluto nel sistema delle aree protette del Paese;
   in relazione allo straordinario patrimonio naturalistico, ambientale, culturale e sociale del territorio si evidenzia la necessità di consolidare nei tre versanti regionali un unico parco in grado di svolgere un ruolo strategico per il sistema delle aree naturali protette nazionali ed internazionali;
   le procedure di nomina del nuovo presidente del parco non possono essere condizionate da scelte di carattere politico, ma da criteri di competenza, esperienza gestionale, autorevolezza in grado di dar seguito alla grande tradizione del parco e di affrontare i gravi problemi che oggi si pongono nella gestione delle aree naturali protette –:
   se non ritenga il Ministro di porre termine alla stagione commissariale procedendo alla nomina del nuovo presidente del parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise secondo criteri che tengano conto di competenza, capacità gestionale e prestigio per ridare certezza alla gestione dell'ente parco e del patrimonio naturalistico, ambientale e paesaggistico del territorio. (5-01150)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MICILLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   «Stir», acronimo di stabilimenti di tritovagliatura ed imballaggio rifiuti, localizzato a Giugliano in Campania in provincia di Napoli, nell'area ASI, è un impianto di trattamento dei rifiuti solidi urbani;
   l'insediamento produttivo, in località Pontericcio, occupa una superficie complessiva di 77.000 metri quadrati;
   la superficie coperta si estende per circa 22.000 metri quadrati la restante parte è destinata a piazzali, strade interne ed aree verdi per un totale di 55.000 metri quadrati;
   si legge dal sito della Sapna (sistema ambiente provincia di Napoli che ha in gestione l'impianto) che «Le aree interne ai capannoni di stabilizzazione sono idoneamente impermeabilizzate con pacchetto classico di impermeabilizzazione con telo in HDPE per contenere le infiltrazioni da percolati»;
   insieme all'impianto di Tufino rappresenta uno dei due presenti nella provincia di Napoli;
   in data 20 settembre 2013 è notizia pubblicata sul quotidiano «Cronache di Napoli»: «Lo sfogo dei cittadini della zona di Ponte Riccio in una lettera inviata alla Commissione. Carcasse di animali e miasmi dalle ecoballe. I cittadini di Ponte Riccio denunciano la presenza di miasmi provenienti dell'area Asl alla Procura della Repubblica. L'esposto è stato firmato dall'omonimo Comitato che si batte per il decoro della zona decentrata: «Da veterani dei miasmi, siamo convinti che queste esalazioni possano provenire da alcuni impianti industriali del settore industriale lavorazione ossa e carni, e dallo smaltimento rifiuti Stir. Nelle vicinanze sostano centinaia di balle non sigillate correttamente»;
   i residenti accusano disturbi alla loro salute, sintomatici sono i conati di vomito provocati dal cattivo odore. La denuncia parla di miasmi che si propagano dalle prime luci dell'alba sino a tarda notte. Sospetti decadono anche sulla possibile presenza di carcasse di animali in decomposizione. La lettera è stata inviata al comune di Giugliano al comando di polizia municipale, all'Asl Napoli Nord 2, e per conoscenza, alla protezione civile della regione Campania al Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente e al procuratore della Repubblica di Napoli. I cittadini sostengono di non aver ricevuto ancora nessuna risposta. Pesa sulla zona la presenza delle ecoballe che dai rilievi dei militanti sembrerebbero non sigillate completamente. La successiva perdita di liquami sarebbe la causa dei miasmi percepiti nell'area. La zona Asl e di Ponte Riccio subiscono un stato di degrado che dura da diversi anni, a causa sia dei roghi tossici sia degli sversamenti illeciti. Questa condizione non attira gli investimenti degli imprenditori, l'area industriale giuglianese è vittima di un continuo e inesorabile esodo delle aziende»;
   in data 19 settembre 2013, su un noto social network sono state pubblicate e condivise dai naviganti diverse immagini scattate all'interno del menzionato impianto e che, rivelerebbero un quadro ambientale ben diverso da quello rappresentato sul sito dell'appaltatore S.A.P.N.A.; in dette immagini riportante ciascuna la data dello scatto: 19 settembre ore 15,30, circa sono visibili pneumatici, rifiuti ingombranti, stracci e tanto altro. Si parla di roghi e rifiuti dati alle fiamme –:
   se, in particolare, in relazione alla gravità delle fonti di inquinamento descritte, il Ministro non ritenga opportuno disporre verifiche e controlli da parte del personale appartenente al Comando carabinieri tutela ambiente (CCTA), in relazione all'oggettivo pericolo che si verifichi un danno ambientale, ai sensi dell'articolo 197, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, per verificare, analizzare e constatare il corretto svolgimento dell'intero ciclo di tritovagliatura dell'impianto citato;
   alla luce degli interventi sopra richiamati, se e quali iniziative di competenza si intendano assumere per tutelare la salute pubblica e l'intera area interessata dall'attività dell'impianto Stir. (4-02090)


   SIBILIA, MANLIO DI STEFANO, TONINELLI, MICILLO, TERZONI, SEGONI e LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in data 16 novembre 2011 la società Terna Rete Elettrica Nazionale SPA ha presentato al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'istanza, con relativo progetto, per la realizzazione di un nuovo collegamento a 380 kv tra le stazioni elettriche di Deliceto e Bisaccia;
   con nota prot. 0001189 del 18 gennaio 2012 il Ministero dello sviluppo economico ha comunicato l'avvio del procedimento relativo all'opera in oggetto;
   l'intervento suddetto è costituito dall'elettrodotto aereo a 380 kv in semplice terna dall'esistente stazione elettrica di Bisaccia all'esistente stazione elettrica di Deliceto della lunghezza di circa 35 chilometri e dalla Variante all'esistente elettrodotto aereo 150 kv Bisaccia-Lacedonia;
   le suddette opere interessano le regioni Campania e Puglia ovvero, nello specifico, le province di Avellino e Foggia con i comuni di Bisaccia, Lacedonia, Rocchetta Sant'Antonio, Sant'Agata di Puglia e Deliceto;
   in data 12 giugno 2012 il Comitato Ambiente e Territorio del comune di Bisaccia e Legambiente regione Campania hanno fatto pervenire al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le osservazioni sullo studio di impatto ambientale in cui si rilevano, ai fini di un parere negativo:
    a) l'assenza di informazione. La popolazione è venuta a conoscenza dell'opera solo nella fase conclusiva della procedura di valutazione ambientale strategica (VAS) a seguito del deposito degli atti finalizzati al rilascio della valutazione di impatto ambientale (VIA) e il contestuale avvio del procedimento per l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio e all'imposizione in via coattiva della servitù di elettrodotto. Ciò in contrasto con la «Convenzione di Aarhus» del 25 giugno 1998, ratificata con legge n. 108 del 16 marzo 2001, che all'articolo 6 prescrive per la costruzione di elettrodotti aerei con voltaggio pari o superiore a 220 kv e lunghezza superiore a 15 km che «ciascuna Parte provvede affinché la partecipazione del pubblico avvenga in una fase iniziale, quando tutte le alternative sono ancora praticabili e tale partecipazione può avere un'influenza effettiva»;
    b) la mancata approvazione della fascia di fattibilità dell'intervento. Il consiglio comunale di Bisaccia (Avellino) prima con deliberazione n.10 del 27 aprile 2012 ha contestato la procedura seguita da Terna, poi con delibera n. 11 del 15 maggio 2012 ha annullato gli atti precedentemente approvati. Il consiglio comunale di Lacedonia (Avellino) non ha approvato il protocollo d'intesa finale. La provincia di Avellino ritiene di non aver mai approvato la fascia di fattibilità all'interno della procedura di valutazione ambientale strategica (VAS);
    c) l'assenza di tutela dell'ambiente. Il tracciato dell'elettrodotto attraversa, nella parte più a nord del territorio di Bisaccia, zone di alto pregio naturalistico quasi del tutto incontaminate e caratterizzate dalla presenza di flora e fauna particolari, inclusa la fauna migratoria, del tutto particolari. Il deturpamento del paesaggio, già contrassegnato dalle interferenze dei parchi eolici, condizionerebbe irreversibilmente l'economia locale che si fonda sulla produzione agricola di qualità;
    d) la mancata razionalizzazione della rete. Il tracciato in questione si affianca per l'intero tratto Bisaccia-Lacedonia (chilometro 12,7) all'esistente elettrodotto da 150 kv. I due elettrodotti si incrociano in località Setoleto, in agro di Bisaccia, e corrono persino paralleli e a breve distanza per circa 2 chilometri. Si tratta di uno spazio considerevole sottratto alle attività umane, che pesa sull'equilibrio socioeconomico della comunità e che procura un impatto notevole, senza neppure valutazioni alternative e più sostenibili per il territorio, come si conviene per opere di alto valore strategico e di rilevante impegno economico;
    e) la sommaria valutazione dei CEM. L'elettrodotto attraversa numerosi campi eolici funzionanti e aree destinate ad ospitare campi eolici con autorizzazioni in corso di perfezionamento. Si impone,quindi, una valutazione generale dell'effettiva esposizione della popolazione locale ai campi elettromagnetici;
    f) presenza di aree delimitate dall'autorità di bacino della regione Puglia PG2 e PG3. Il progetto prevede la realizzazione di 29 tralicci nel territorio del comune di Bisaccia, ricadenti nelle porzioni di territorio classificate dal piano di assetto idrogeologico dell'autorità di bacino della regione Puglia a elevata pericolosità geomorfologica PG2;
    g) l'assenza di analisi del valore, recepita quale metodologia per la redazione di progetti ed opere pubbliche complesse dal regolamento di esecuzione ed attuazione del codice degli appalti per opere e servizi pubblici (articolo 15, decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 5 ottobre 2010). Nelle schede che descrivono le caratteristiche generali dell'intervento, unitamente al costo dell'infrastruttura, dovrebbero essere stimati i costi associati alle entità economiche derivate dall'intromissione in «aree agricole di pregio» e in «aree di pregio per la biodiversità». Nella analisi e definizione dei costi e dei benefici, invece, non è stato preso in esame il «costo globale dell'intervento», che per le opere pubbliche deve includere tutti gli elementi di costo anche le cosiddette «esternalità ambientali»; in data 8 settembre 2013 il Comitato ambiente e territorio del comune di Bisaccia e Legambiente regione Campania hanno fatto pervenire al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le osservazioni sullo studio di impatto ambientale (a seguito della ripubblicazione del progetto con scadenza della presentazione delle osservazioni il 9 settembre 2013) in cui si rilevano, ai fini di un parere negativo:
    a) l'errata valutazione dei CEM e l'assenza del principio di precauzione. Nelle integrazioni allo studio di impatto ambientale i tecnici di Terna SPA dichiarano che «non potendosi determinare un valore storico di corrente per un nuovo elettrodotto, nelle simulazioni, a misura di maggior cautela, si fa riferimento per la mediana nelle 24 ore in condizioni di normale esercizio, alla corrente in servizio normale definita dalla norma CEI 11-60 per il periodo freddo riferito alla zona climatica B». Come dire che il gestore unico della rete elettrica nazionale non dispone di un valore storico di riferimento. Le indicazioni che provengono dal complesso degli studi più recenti evidenziano la necessità di un approccio cautelativo per queste tematiche, come contenuto in uno dei più rappresentativi documenti scientifici denominati BioInitiative Report, redatto nel 2007 in materia di effetti biologici e sanitari prodotti dai campi elettromagnetici;
    b) il mancato rispetto della programmazione territoriale regione Puglia. La proposta di piano paesaggistico territoriale della regione Puglia (PPTR) è stato adottata con delibera di giunta regionale n. 1435 in data 2 agosto 2013 e pubblicata sul BURP n. 108 del 6 agosto 2013. Le norme tecniche di attuazione adottate con la citata delibera della giunta della regione Puglia all'articolo 105 individuano le «Misure di salvaguardia»;
    c) la mancata approvazione della fascia di fattibilità da parte degli enti locali;
    d) l'assenza di conoscenze faunistiche per un'opera a forte impatto ambientale. Tutti gli studiosi riconoscono il territorio soggetto alla realizzazione dell'elettrodotto come spazio necessario alle rotte migratorie di uccelli di rara bellezza come gru, cicogna nera, aironi e così via. La loro presenza si è ridotta enormemente anche per l'eccessiva invadenza elettrica e probabilmente la realizzazione di questa opera che grava su un importante corridoio ecologico ne comporterà la definitiva scomparsa del fenomeno migratorio;
   in data 25 settembre 2013 l'interrogante, insieme ad una delegazione del Comitato ambiente e territorio di Bisaccia, ha incontrato presso il dicastero dell'ambiente i consiglieri del Ministro, rappresentando tutte le criticità e perplessità nella progettazione di cui all'oggetto –:
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno, nell'ambito dell'esercizio dei poteri di competenza:
    a) convocare, con urgenza, un tavolo di confronto con la società Terna SPA, le amministrazioni locali, i comitati civici e le associazioni portatrici di interessi, gli enti sovracomunali;
    b) valutare la possibilità di una revoca dell'intero progetto iniziale, viste le numerose osservazioni critiche sollevate, o, in subordine, di una sua sospensione per procedere ad un approfondito studio sull'impatto ambientale, con conseguente accertamento dei rischi sia per la salute umana sia per l'ambiente;
    c) rimodulare il progetto iniziale, qualora questo non venga sospeso o revocato, apportando sostanziali modifiche ed eliminando tutti i rilievi critici sollevati, nel pieno rispetto del fondamentale principio di precauzione, troppo volte disatteso nella costruzione di opere pubbliche ad alto rischio ambientale. (4-02095)

DIFESA

Interrogazione a risposta immediata:


   MARCON, MIGLIORE, DURANTI, PIRAS, FAVA, SCOTTO e PELLEGRINO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la Camera dei deputati, in data 26 giugno 2013, e il Senato della Repubblica, in data 16 luglio 2013, hanno approvato mozioni aventi per oggetto anche la partecipazione italiana al programma di produzione Joint Strike Fighter per l'acquisizione del cacciabombardiere F-35;
   nelle mozioni 1-00125 della Camera dei deputati e 1-00107 del Senato della Repubblica, relativamente al programma F-35, si impegnava il Governo: «a non procedere a nessuna fase di ulteriore acquisizione senza che il Parlamento si sia espresso nel merito, ai sensi dell'articolo 4 della legge 31 dicembre 2012, n. 244»;
   nell'audizione tenuta il 1o ottobre 2013, presso la Commissione difesa della Camera dei deputati, nell'ambito della «Indagine conoscitiva sui sistemi d'arma», auspicata dalle stesse mozioni, la Rete per il disarmo e la campagna «Sbilanciamoci» hanno portato a conoscenza dei deputati un documento del Dipartimento della difesa degli Stati Uniti in cui si rende noto l'impegno contrattuale, datato 27 settembre 2013, con la capocommessa del progetto Lockheed Martin per l'acquisizione da parte dell'Italia di ulteriori 3 aerei F-35 (appartenenti al lotto VII il cui «buy year» cade nel 2013) e il completamento formale, prima non ancora firmato, dell'acquisto di 3 aerei appartenenti al lotto VI –:
   se il Ministro interrogato non intenda rendere edotto il Parlamento circa quanto contenuto nel citato documento del Dipartimento della difesa degli Stati Uniti e, in particolare, quali siano i motivi che hanno portato il Governo a non investire il Parlamento, così come disposto invece dalle mozioni approvate da entrambe le Camere. (3-00365)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   l'articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011 ha introdotto il tributo comunale sui rifiuti e servizi (Tares), allo scopo di superare la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (Tarsu) e la tariffa di igiene ambientale (Tia) e la Tares, nelle intenzioni del legislatore, andrà a coprire sia i costi relativi a, servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento, sia i costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni;
   come previsto dall'articolo 14, comma 9, del citato decreto-legge n. 201 del 2011, la Tares sarà messa in relazione all'unità di superficie dell'immobile e all'importo in tal modo determinato, in base al medesimo comma 13, si applicherà una maggiorazione pari a 0,30 euro per metro quadrato;
   la direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale del Ministero dell'economia e delle finanze, con propria nota del 9 agosto 2013, precisava come un comune, disciplinare il numero e le scadenze delle rate della TARES per l'anno 2013 «incontra il vincolo della riserva allo Stato della maggiorazione standard di cui all'articolo 14, comma 13 del decreto-legge 201 del 2011, il cui gettito deve essere in ogni caso assicurato all'erario entro l'anno in corso anche al fine di pervenire ad un'esatta quantificazione dello stesso e di poter, quindi, determinare le dotazioni del fondo di sobrietà comunale, del fondo perequativo e i trasferimenti erariali dovuti ai comuni della Regione Sicilia e della Regione Sardegna»;
   il 9 settembre 2013 direttore generale delle finanze ha trasmesso una risoluzione (la n. 9/DF) dove, in contraddizione rispetto alla precedente circolare ministeriale, viene stabilito come «la maggiorazione standard pari a 0,30 euro per metro quadrato riservata allo Stato va versata in unica soluzione unitamente all'ultima rata del tributo e il versamento dovrà essere necessariamente effettuato entro il giorno 16 dicembre», lasciando comunque al comune la possibilità di posticipare al 2014 la scadenza per il pagamento delle rate della Tares, ma non per la parte destinata allo Stato, che, la circolare precisa essere necessaria per assicurare la dotazione del fondo di solidarietà per i comuni del Friuli Venezia Giulia, della Val d'Aosta e delle province autonome di Trento e Bolzano, e non più per i comuni della Sicilia e della Sardegna;
   l'articolo 5 del decreto-legge n. 102 del 2013 riconosce ai comuni la possibilità di approvare il regolamento di disciplina del tributo anche secondo principi diversi da quelli previsti dall'articolo 14, del decreto-legge 201 del 2011 e tale facoltà può essere esercitata dall'ente locale entro il termine previsto per la deliberazione del bilancio annuale di previsione 2013, differito quest'ultimo da, comma 1 dell'articolo 8 dello stesso decreto-legge 102 del 2013 al 30 novembre 2013, assicurando, in ogni caso, la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio, comprendendo anche i costi per lo smaltimento in discarica –:
   condivida i contenuti della risoluzione n. 9/DF del direttore generale delle finanze del 9 settembre 2013 e se quindi non intenda stabilire la possibilità di fissare scadenze delle rate Tares, accertate contabilmente nel 2013, anche nel 2014, al fine di dilazionare il gravoso peso fiscale a carico dei cittadini e delle imprese;
   se non ritenga opportuno, a fronte delle differente versione riportata della nota ministeriale di agosto 2013 e della successiva circolare di settembre 2013, chiarire definitivamente a chi e per quali finalità sono destinate le risorse generate dalla maggioranza di 0,30 euro metroquadro, ovvero se destinate per assicurare la dotazione del fondo di solidarietà per i comuni del Friuli Venezia Giulia, della Val d'Aosta e delle province autonome di Trento e Bolzano, oppure per i comuni della Sicilia e della Sardegna;
   se condivida l'interpretazione secondo cui, ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge 102 del 2013, per il solo anno 2013, i comuni che già oggi assicurano la integrale copertura dei costi, possano ritenere di non essere vincolati ad applicare la componente del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi di cui all'articolo 14 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, fatto salvo l'obbligo da parte degli stessi di continuare a garantire tale integrale copertura nonché di applicare la maggioranza standard di 0,30 euro metri quadri.
(2-00246) «Giancarlo Giorgetti, Busin, Allasia, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   BUSIN e GUIDESI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 4 ottobre 2013 l'Agenzia delle entrate ha reso noti, a mezzo stampa, alcuni dati relativi ad una operazione condotta dall'Agenzia stessa e denominata «case fantasma»;
   a quanto si apprende dai comunicati stampa, l'operazione ha portato all'individuazione di 1.261.096 unità immobiliari finora senza rendita catastale definitiva, ma non è chiaro se si tratti di «case fantasma» nel senso di edifici costituenti abusi edilizi e fino ad ora completamente sconosciuti alle amministrazioni pubbliche, non solo quelle fiscali, e dunque per i quali non era deducibile nemmeno il proprietario, o di immobili per i quali era in via di definizione la rendita catastale da parte dei proprietari; questo perché si afferma che sono emerse 2,2 milioni di particelle del catasto terreni, oltre 1,2 milioni di unità immobiliari urbane non censite nella base-dati catastale, ma poi l'Agenzia delle entrate ha dichiarato che l'operazione ha portato all'attribuzione a soli 492 mila immobili di una rendita presunta di 288 milioni di euro;
   l'Agenzia spiega come si è riusciti ad individuare gli immobili, grazie all'incrocio delle mappe catastali con le immagini aeree rese disponibili dall'Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) per individuare i fabbricati costruiti e presenti sul territorio ma assenti nelle banche dati; non spiega tuttavia come si sia potuto associare gli immobili ai proprietari, nel presupposto che questo dato fosse sconosciuto a tutti gli enti pubblici, anche locali e territoriali, prefigurandosi altrimenti una connivenza;
   il decreto-legge n. 78 del 2010 ha previsto, in attesa dell'accatastamento definitivo, l'attribuzione d'ufficio di una rendita presunta agli immobili mai dichiarati e non ancora regolarizzati, associando agli stessi una rendita catastale provvisoria;
   le stime rese note dall'Agenzia riferiscono solo di gettito fiscale, in termini di IMU, IRPEF, cedolare secca e imposte di registro, in termini di gettito annuale per il futuro, non chiarendo se ai proprietari di case fantasma, che presumibilmente non hanno pagato imposte dovute da molti anni, verranno imputate, ed in che misura, sanzioni e richieste di imposte pregresse –:
   quali siano modalità e le procedure seguite dall'Agenzia delle entrate per individuare i proprietari di «immobili fantasmi» per assicurare il versamento, in relazione a tali immobili delle annualità pregresse di imposte non versate. (5-01162)


   PISANO e BARBANTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto sancito dall'articolo 1129 del codice civile e dall'articolo 9 della legge 11 dicembre 2012, n. 220, l'amministratore deve far transitare su un conto corrente bancario o postale intestato al condominio tutte le somme introitate dai condomini (ad esempio contributi versati a copertura delle spese ordinarie e straordinarie) o da terzi (ad esempio rimborso assicurativo, fitti attivi di locali condominiali), nonché quelle a chiunque erogate per conto del condominio (ad esempio pagamenti a fornitori, erario, pubbliche amministrazioni);
   ciascun condomino può richiedere all'amministratore di prendere visione della rendicontazione periodica del conto corrente condominiale, e se interessato, a sue spese, di prenderne copia;
   l'articolo 13, comma 2-bis, della tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, prevede che: «Estratti conto, inviati dalle banche ai clienti ai sensi dell'articolo 119 del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, nonché estratti di conto corrente postale e rendiconti dei libretti di risparmio anche postali: per ogni esemplare con periodicità annuale»:
    a) se il cliente è persona fisica euro 34,20;
    b) se il cliente è soggetto diverso da persona fisica euro 100,00»;
   la Sezioni Unite della Corte di Cassazione civile, con sentenza n. 9148 dell'8 aprile 2008 e la Sezione III della Corte di Cassazione civile, con sentenza n. 16920 del 21 luglio 2009, hanno affermato che l'amministratore e l'assemblea, nell'ambito del condominio, non possano in alcun modo essere paragonati agli organi di un ente di gestione o, ancora più in generale, di una persona giuridica ed in particolar modo hanno ulteriormente precisato l'inesistenza giuridica del condominio e di conseguenza la natura parziaria e non solidale delle obbligazioni condominiali;
   l'amministratore è cliente persona fisica, a nulla rilevando che sul conto affluiscano somme che egli incassa o paga nell'interesse del condomino –:
   se intenda adottare una circolare al fine di chiarire l'applicazione della tariffa di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, nella misura pari ad euro 34,20 riservata alle persone fisiche. (5-01163)


   CAUSI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 29 settembre 2013 l'amministratore delegato della banca Intesa San Paolo ha rassegnato le dimissioni da amministratore delegato del gruppo;
   il dottor Enrico Cucchiani venne nominato consigliere delegato e amministratore delegato nel Gruppo Intesa Sanpaolo nel dicembre 2011, al posto del dottor Corrado Passera, uscito dalla banca per entrare nel Governo Monti come Ministro dello sviluppo economico;
   secondo quanto risulta da agenzie di stampa qualificate il manager rimarrà tuttavia legato alla banca, in qualità di consulente, ancora per un periodo attraverso un rapporto nel quale, pur mantenendo la carica di direttore generale, che aveva in quanto amministratore delegato, sarà privo di qualunque potere e delega; il periodo, a quanto si apprende, sarebbe utile per maturare i requisiti pensionistici;
   secondo quanto risulta dai contratti stipulati tra le parti, sempre secondo fonti di stampa, all'ex amministratore delegato dell'istituto sono state riconosciute due annualità pari a 3,6 milioni di euro;
   i calcoli riportati evidenziano quindi che il dottor Cucchiani, per 21 mesi di svolgimento del ruolo di amministratore delegato del Gruppo, percepirà circa 7 milioni di euro tra compensi e buona uscita, pari a due annualità di lavoro e due annualità di buona uscita;
   in un momento di crisi del settore bancario, cui si è accompagnata la disdetta del Contratto nazionale, decisa a inizio settembre dall'Abi, in cui Intesa Sanpaolo riveste un ruolo preminente, le organizzazioni sindacali di categoria hanno denunciato con forza come esorbitante, iniqua e immorale la somma complessivamente erogata dal Gruppo Intesa Sanpaolo a un singolo manager, che per 21 mesi di presenza in una funzione apicale arriva a percepire da solo la retribuzione media complessiva di 175 anni di lavoro di un bancario;
   affinché il sistema bancario fornisca il necessario supporto creditizio alla ripresa produttiva, il Governo, la finanza pubblica e le Autorità monetarie europee sono più volte venute incontro alle richieste di intervento a sostegno del settore creditizio, e ciò richiede una coerente e sobria evoluzione dei sistemi di retribuzione dei manager –:
   se il Governo abbia informazioni rispetto ad eventuali interventi dell'Autorità di vigilanza bancaria a tal fine e se non ritenga urgente un'iniziativa normativa sul sistema dei compensi del management nel settore bancario e finanziario. (5-01164)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata:


   PESCO, TRIPIEDI, CASO, CARINELLI, MANLIO DI STEFANO, DE ROSA, BUSINAROLO, DADONE, D'AMBROSIO, CRIPPA, MICILLO, RUOCCO, CANCELLERI, PAOLO BERNINI, ALBERTI, LUIGI DI MAIO, NUTI, DIENI, COZZOLINO, PRODANI, DA VILLA, SIBILIA, DEL GROSSO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, CRISTIAN IANNUZZI, BATTELLI, FRUSONE, RIZZO, CORDA, BASILIO, VILLAROSA, COMINARDI, COLLETTI e MUCCI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   a Milano la casa circondariale San Vittore, al civico 2 di piazza Gaetano Filangieri, costruita nella seconda metà dell'Ottocento, desta forte preoccupazione per le precarie condizioni di vivibilità;
   si fa riferimento, nello specifico, alla grave situazione di sovraffollamento che costringe i detenuti a condividere in sei persone celle adatte ad ospitare al massimo una o due persone;
   dal rapporto dell'associazione Antigone si apprende che la situazione nel settembre 2012 era la seguente:
    a) 1.595 uomini (di cui 975 stranieri, pari al 61 per cento) e 110 donne (di cui 61 straniere, pari al 55 per cento, e 8 mamme con bambini recluse all'istituto a custodia attenuata per detenute madri);
    b) posizione giuridica: tra gli uomini 643 giudicabili, 382 appellanti, 220 ricorrenti e 350 definitivi; tra le donne 41 giudicabili, 29 appellanti, 3 ricorrenti e 37 definitive. In totale la quota di detenuti in attesa di giudizio è del 78 per cento al maschile e del 66 per cento al femminile;
   in merito alle presenze, ad oggi la situazione non è migliorata e le circa 1.600 persone detenute risiedono in spazi adatti ad ospitare non più di 600-800 persone;
   l'invivibilità della struttura ed il disagio vissuto dai detenuti sono causa di drammatici atti compiuti dai detenuti stessi. A tal proposito si segnala l'ultimo suicidio che risale al febbraio 2012: la vittima è un giovane di 21 anni, accusato di reati sessuali e ricoverato da alcuni giorni al centro di osservazione neuropsichiatrica dopo essere stato recluso nel reparto «protetti». I casi precedenti risalivano al gennaio 2010 e all'agosto 2009, mentre nel gennaio 2011 si verificava un decesso per cause naturali. Sono frequenti gli episodi di autolesionismo, soprattutto tra i detenuti stranieri; nei mesi estivi, quando aumenta il disagio anche per il calo delle attività e della presenza di operatori, se ne registrano circa 8 a settimana. Numerosi anche gli scioperi della fame (in media 10 a settimana, riconducibili soprattutto all'andamento del percorso giuridico-penale degli interessati o al mancato inserimento in attività lavorative);
   le condizioni di vivibilità potrebbero essere facilmente migliorate con semplici interventi di ristrutturazione;
   nello specifico, la struttura è composta da sei raggi che confluiscono in un'unica «rotonda» ed al di fuori dell'esagono vi sono altre strutture comprendenti gli uffici, le sale colloqui, la caserma per gli agenti e la sezione femminile: il raggio è il corridoio che porta alla rotonda e alle sezioni; ai piani superiori, nella vecchia sezione penale, sono al momento ospitati i giovani adulti. Lateralmente si accede al centro clinico e al centro di osservazione neuro-psichiatrica. Il centro clinico (detto anche VII reparto) ospita mediamente 100/110 pazienti-detenuti, spesso con patologie di particolare gravità (in particolare, patologie cardiocircolatorie). Il centro di osservazione neuro-psichiatrica, con le sue otto celle da due posti ciascuna, è un'area di osservazione e trattamento psichiatrico importante per l'intero circuito penitenziario lombardo (e non solo);
   il II raggio è chiuso dal 2006 per rischio di crollo della struttura;
   il III raggio, ristrutturato a norma di regolamento (servizi interni con docce, angolo cucina separato, spazi per le attività) e non sovraffollato, ospita sui vari piani detenuti lavoranti, tossicodipendenti già in carico al servizio per le tossicodipendenze (sert) e al quarto piano «La Nave», un progetto sperimentale dell'azienda sanitaria locale della Città di Milano per detenuti tossicodipendenti a trattamento avanzato. Per i detenuti comuni, è considerato un approdo privilegiato; è qui che vengono convogliati anche i cosiddetti «detenuti eccellenti» (politici o personaggi famosi) al loro arrivo a San Vittore;
   il IV raggio è chiuso in attesa di ristrutturazione; i lavori dovrebbero partire entro il 2013;
   il V raggio è il reparto riservato ai detenuti comuni, è stato recentemente sottoposto a lavori di ammodernamento e ristrutturazione ordinaria e, quindi, offre condizioni di igiene e vivibilità migliori del VI;
   nel V raggio è ubicata anche l'infermeria;
   il VI raggio non è da anni oggetto di lavori e, pertanto, è il raggio che attualmente versa in condizioni peggiori sia per il sovraffollamento (un terzo dei detenuti totali dell'istituto è attualmente stipato in questo raggio) che per le pessime condizioni igieniche. Molte celle misurano 6/7 metri quadrati e contengono due letti a castello a tre piani, che impediscono anche l'apertura delle finestre (per cambiare aria si smontano e rimontano i vetri) e che impongono ai reclusi di stare in piedi a turno. I servizi igienici risultano inadeguati; le docce comuni sono insufficienti per garantire a tutti i detenuti l'utilizzo quotidiano e impongono, quindi, la turnazione delle docce anche nei mesi estivi. L'accesso ai piani è consentito da un'unica scala molto stretta, senza ascensore o montacarichi (tra l'altro, la scala non consente il passaggio del carrello del cibo); non ci sono spazi per la socialità. In questo raggio vengono anche ospitati i nuovi giunti in attesa di assegnazione alle celle (piano terra) e i «protetti» (secondo piano);
   gli spazi per le ore d'aria sono tutti in cemento e con scarsa protezione dal sole e dalle intemperie; fa eccezione il III raggio, dotato anche di un campo da calcetto in erba sintetica;
   per i colloqui con figli minori è presente un piccolo spazio verde attrezzato con giochi da giardino e ben curato;
   nella sezione femminile le condizioni sono meno degradate, anche se si riscontrano problemi igienici e di carenza di spazi (in particolare, gli spazi comuni per le attività);
   la criticità riferita al sovraffollamento è particolarmente grave in alcuni raggi, in particolare nel VI, inoltre il II e il IV raggio sono chiusi dal 2005 in attesa dell'avvio dei lavori di ristrutturazione;
   sempre il rapporto dell'associazione Antigone conferma che il carcere di San Vittore, che sorge in una zona centrale della città, presenta molti problemi, legati alla fatiscenza e all'inadeguatezza delle strutture. Questi problemi strutturali, uniti all'elevato valore immobiliare dell'area che occupa, costituiscono la ragione per cui periodicamente si ridiscute l'opportunità della chiusura di San Vittore e dello spostamento della casa circondariale in un'altra zona di Milano. Per questa ragione, in attesa di una decisione sulla sua eventuale delocalizzazione, negli ultimi anni erano stati interrotti i lavori di ristrutturazione che dovevano interessare a turno tutti i sei raggi detentivi del carcere, per ammodernare l'istituto e migliorarne la vivibilità interna, adeguando progressivamente la struttura alle indicazioni contenute nel regolamento di esecuzione dell'ordinamento penitenziario;
   il piano di governo del territorio recentemente varato dalla giunta Pisapia (maggio 2012) ha definitivamente sancito che San Vittore non verrà spostato e, in occasione del consiglio comunale straordinario tenutosi proprio all'interno del carcere (5 ottobre 2012) Luigi Pagano, attuale vicecapo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e già storico direttore di San Vittore e in seguito provveditore regionale, ha annunciato che il Ministero dell'interno ha sbloccato i fondi per far ripartire i lavori di ristrutturazione;
   ad oggi i lavori, che sarebbero dovuti partire nel 2013, per la riapertura del IV raggio non sono ancora iniziati, mentre per il II raggio, sgomberato d'urgenza nel 2006 perché a rischio di crollo, i tempi saranno ancora lunghi;
   il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo ha verificato di persona la difficile situazione e le criticità per i detenuti e i dipendenti della struttura, causate dalla fatiscenza del VI raggio e di altre parti della casa circondariale –:
   quali siano i motivi per i quali non sono ancora iniziati i lavori di ristrutturazione dei raggi II, IV e VI. (3-00366)


   DI LELLO e DI GIOIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la legge 14 settembre 2011, n. 148, all'articolo 1, comma 2, ha previsto la delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione di una pluralità di uffici giudiziari su tutto il territorio nazionale;
   il Governo – come si legge nella Gazzetta ufficiale n. 216 del 16 settembre 2011 – ha il compito di «ridefinire, anche mediante attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi, l'assetto territoriale degli uffici giudiziari secondo criteri oggettivi e omogenei che tengano conto dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, e del tasso d'impatto della criminalità organizzata, nonché della necessità di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane»;
   i successivi decreti legislativi n. 155 del 2012 e n. 156 del 2012, recanti le disposizioni attuative sull'accorpamento dei tribunali, prevedono la soppressione di trentuno sedi di fori e delle relative procure della Repubblica; tra questi: Ariano Irpino, in provincia di Avellino, Sala Consilina, in provincia di Salerno, Melfi, in provincia di Potenza, Lucera, in provincia di Foggia, e Sulmona, in provincia dell'Aquila, nonché la soppressione di duecentoventi sezioni distaccate di tribunale ed infine la soppressione di seicentosessantasette sedi di giudice di pace;
   per quanto concerne la soppressione del plesso di Ariano Irpino, necessaria secondo il Governo ai fini della spending review, questa danneggia fortemente i cittadini del circondario, in quanto saranno costretti a subire l'accentramento presso la città di Avellino dei servizi giudiziari prima esplicati in sede locale; saranno particolarmente gravose le difficoltà dei cittadini che vivono nelle zone montane, costretti nei mesi invernali a raggiungere Avellino attraverso strade non sempre praticabili;
   la decisione, assunta dal precedente Governo, di un accorpamento del tribunale di Sala Consilina con quello, fuori regione, di Lagonegro penalizzerà certamente i vasti territori del Vallo di Diano e del Golfo di Policastro, che vivranno un forte disagio, dovendo effettuare lunghi spostamenti per vedere riconosciuti i propri diritti;
   anche la soppressione del tribunale di Melfi risulta incomprensibile, stante il ruolo fondamentale che lo stesso svolge nel contrasto alla criminalità organizzata. La città di Melfi, infatti, possiede un carcere di terzo livello e la chiusura del tribunale e il suo accorpamento presso il tribunale di Potenza comporterà lo spostamento dei detenuti che dovrebbero essere scortati a Potenza in caso di udienza o interrogatorio, con un notevole aumento di costi, tra magistrati e polizia penitenziaria di scorta;
   per quanto concerne, invece, la soppressione del tribunale di Lucera, baluardo indispensabile nella lotta alla criminalità organizzata, anche di stampo mafioso, si sta assistendo ad un serio e grave problema di funzionalità della giustizia, nonostante il lodevole impegno da parte sia delle forze dell'ordine che della magistratura, che stanno operando per far fronte alle difficoltà oggettive che tale accorpamento sta comportando;
   in particolare, il tribunale di Foggia, già in difficoltà per la quantità di procedimenti pendenti e l'insufficienza degli apparati giudiziari del territorio, non può sopportare l'ulteriore sovraccarico di lavoro;
   a differenza della soppressione dei tribunali sopra citati per i quali l'esecuzione è stata disposta entro il 13 settembre 2013, per i quattro tribunali abruzzesi l'esecuzione del provvedimento di soppressione è differita al settembre del 2015, in quanto, per gli effetti del sisma del 2009, le sedi dei tribunali accorpanti non erano e non sono ancora funzionali;
   a Sulmona, da tempo, si stanno svolgendo numerose manifestazioni di protesta che hanno raccolto l'adesione della generalità delle cittadinanze e delle rappresentanze istituzionali dei comuni compresi nel territorio del suo tribunale, perché si ritiene che il tribunale peligno abbia in pieno i requisiti per dettare la sua sopravvivenza, sia per quanto riguarda il territorio (vastità del circondario e diffuse ed elevate altitudini), sia per quanto concerne la precarietà delle infrastrutture e dei servizi di collegamento dei suoi territori con il futuro tribunale accorpante dell'Aquila;
   in tale zona è poi presente uno dei carceri di massima sicurezza d'Italia dove verranno ospitati solo detenuti AS1 e AS3 e collaboratori di giustizia e la cui capienza è già disposto che venga aumentata di altri 180 posti su 450 esistenti attualmente; il che comporterà evidenti problemi di sicurezza e di costi nei futuri collegamenti tra il penitenziario sulmonese e la sezione di sorveglianza del futuro tribunale accorpante dell'Aquila –:
   quali iniziative il Ministro interrogato, alla luce delle considerazioni sopra esposte, che riguardano solo alcuni tribunali, ma che coinvolgono un elevato numero di cittadini e vasti ambiti territoriali, abbia intenzione di assumere al fine di rivedere il testo del decreto legislativo recante «Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero», in attuazione della legge 14 settembre 2011, n. 148, in modo da evitare la paralisi ed il mal funzionamento del sistema giudiziario del nostro Paese.
(3-00367)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TARTAGLIONE. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   con la legge 24 dicembre 2012, n. 228 (cosiddetta legge di stabilità), il Ministero della giustizia ha previsto il completamento del percorso formativo entro il 31 dicembre 2013, per quei lavoratori cassintegrati, in mobilità, socialmente utili, disoccupati e inoccupati, che a partire dall'anno 2010 hanno partecipato a progetti formativi regionali o provinciali presso gli uffici giudiziari;
   in particolare, per quanto riguarda i laureati e i laureandi, vincitori di bandi di selezione pubblica per titoli ed esami (cosiddetta work experience), la loro collaborazione all'interno delle cancellerie civili e penali e degli uffici amministrativi delle procure ha rappresentato un valido sostegno al lavoro, da tempo rallentato e penalizzato da una cronica carenza di organico;
   il 30 novembre 2013 vedrà la sua conclusione il percorso formativo di oltre tremila dei suddetti lavoratori;
   vari presidenti di tribunale hanno evidenziato che il citato personale esterno ha ormai acquisito adeguate conoscenze di base, anche informatiche, ed ha dimostrato competenza ed affidabilità offrendo un valido supporto al personale di ruolo, costituendo un'importante risorsa sia nel complesso lavoro di cancelleria, sia nelle attività di tipo prettamente amministrativo-contabile;
   vi è l'esigenza di non disperdere la professionalità acquisita e la necessità della prosecuzione della collaborazione di detti tirocinanti –:
   se sia intenzione del Governo, anche in sede di predisposizione del disegno di legge di stabilità, garantire il prosieguo della suddetta attività di tirocinio.
(4-02084)


   TARTAGLIONE. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 155 del 2012 prevede la soppressione delle «sezioni distaccate» dei tribunali; l'articolo 8 del citato decreto prevede che quando sussistono specifiche ragioni organizzative o funzionali, il Ministro della giustizia, sentito il presidente del tribunale, le amministrazioni locali, il consiglio dell'Ordine e il consiglio giudiziario, può disporre il mantenimento delle sedi;
   il Ministero della giustizia in data 15 marzo 2013 ha previsto che la procedura fosse curata dal presidente del tribunale accorpante, che avrebbe provveduto ad acquisire entro il 30 aprile 2013 tutte le dichiarazioni delle amministrazioni locali interessate e a richiedere la proroga;
   il tribunale di Foggia, a geografia previgente, necessita di un ulteriore immobile per allocare gli uffici dell'UNEOP, del giudice di pace e della sezione lavoro;
   l'immobile ove è sito il tribunale di Cerignola non comporta oneri per lo Stato; la città rientra, infatti, in tutti i parametri di riferimento per ottenere la proroga ex articolo 8 del decreto legislativo (è il terzo comune d'Italia per estensione, serve una popolazione di oltre 100.000 abitanti, è stata accertata, con sentenza passata in cosa giudicata, nell'anno 2000, l'esistenza di una associazione di stampo mafioso in Cerignola e altro). La giunta comunale di Cerignola, con atto n. 139 del 22 aprile 2013 manifestava ampia volontà sul punto;
   l'attività amministrativa relativa all'attuazione del decreto legislativo n. 155 del 2012 è stata compiuta e conclusa prima ancora che scadesse il termine — 30 aprile 2013 — previsto perché le amministrazioni locali interessate manifestassero la propria volontà;
   in data 4 settembre 2013 veniva depositato presso il TAR Puglia — sezione di Bari un ricorso (ricorrente comune di Cerignola + 10 avvocati) finalizzato ad ottenere l'annullamento delle disposizioni di accorpamento;
   in data 6 settembre 2013 il giudice delegato del TAR, emetteva decreto con cui veniva sospesa l'efficacia degli atti impugnati;
   in data 13 settembre 2013, il Ministero della giustizia chiedeva la revoca del provvedimento del TAR;
   il TAR rigettava la richiesta di revoca confermando il provvedimento sospensivo;
   nel frattempo, avendo ricevuto l'ordine di prendere servizio presso il tribunale di Foggia a decorrere dal 16 settembre 2013 tutti i funzionari e cancellieri della sezione distaccata di Cerignola lasciavano il proprio posto di lavoro a Cerignola –:
   se il tribunale di Foggia sia realmente in grado di accorpare la sezione distaccata di Cerignola;
   se il Governo sia intenzionato a dare piena applicazione all'articolo 8 del decreto legislativo n. 155 del 2012 e permettere il permanere della sezione distaccata di Cerignola, considerato che le strutture nelle quali è ubicata non comportano ulteriori oneri per lo Stato. (4-02085)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   i quotidiani locali di Fano (PU) in edicola il 5 e 6 ottobre 2013, hanno dato ampio risalto ad un incedente ferroviario occorso alla stazione di Fano (PU), dove un giovane di origine senegalese è stato investito, perdendo la vita, da un treno Frecciabianca Lecce-Venezia delle Ferrovie dello Stato, transitato ad alta velocità e già in forte ritardo a causa di un incidente ferroviario nell'anconetano avvenuto qualche ora prima;
   la prima firmataria della presente interpellanza pochi minuti dopo l'incidente, si è recata presso la stazione di Fano, per prendere cognizione diretta delle circostanze dell'avvenuto;
   i quotidiani Il Resto del Carlino, Il Messaggero e Il Corriere Adriatico del 2 ottobre 2013, davano rilievo di analogo incidente occorso nella medesima stazione di Fano (PU), dove un uomo di 51 anni veniva agganciato – mentre attendeva sul binario il proprio treno – dalla scaletta del locomotore del treno Frecciabianca Lecce-Venezia, in transito ad alta velocità, subendo diverse lesioni;
   le Ferrovie dello Stato, per quanto consta agli interpellanti, attribuiscono gli incidenti esclusivamente alla disattenzione delle vittime coinvolte –:
   se siano previsti limiti alla velocità dei treni in transito nelle stazioni ferroviarie;
   se sia a conoscenza – o ritenga di dover assumere informazioni – in merito alla velocità dei treni in transito nei due episodi citati;
   se non ritenga insufficiente – quale unica misura di sicurezza per i passeggeri a terra – la «linea gialla» tracciata sui binari e l'avviso ai passeggeri di non oltrepassarla;
   se non ritenga di assumere misure più idonee a garantire la sicurezza dei passeggeri a terra.
(2-00245) «Ricciatti, Migliore».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RICCIATTI e NARDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'aeroporto di Fano venne istituito dal Ministero dell'aeronautica su terreni di proprietà del comune di Fano;
   in tale aeroporto accade quanto segue:
    da tempo i cittadini ed in particolare i residenti del quartiere Vallato e San Lazzaro lamentano l'esibirsi dei piloti in evoluzioni aeree in tutte le ore del giorno sulla pista dell'aeroporto;
    queste evoluzioni comportano fastidio per il rumore e creano, in alcuni particolari casi, condizioni di pericolo per i quartieri densamente popolati che sorgono ai margini della pista di volo;
   la prima firmataria del presente atto ha richiesto all'ENAC con lettere del 28 luglio 2013, di ottenere le seguenti informazioni e documentazioni:
    a) se ENAC negli ultimi cinque anni o per i prossimi tre anni abbia stanziato somme per l'aeroporto di aviazione generale di Fano e, in caso affermativo, di quale entità e per quali lavori o per quali manutenzioni;
    b) copia di eventuali progetti, anche in fase di definizione, per lavori o manutenzione a qualsiasi titolo sull'area del campo d'aviazione di Fano;
    c) se gli stessi eventuali progetti debbano essere sottoposti a valutazioni di impatto ambientale o a procedura di screening di valutazione di impatto ambientale sulla base delle vigenti norme regionali (DGR 1600/2004 e legge regionale 3 del 2012);
    d) indicazione planimetrica e catastale della superficie di competenza di ENAC sull'area del campo di aviazione di Fano delimitata dal quartiere Vallalo e dalle strade via Papiria, via del Fiume e via E. Mattei. Si è chiesto altresì di fornire gli atti che ne comprovano la potestà;
    e) copia di tutte le concessioni, le convenzioni, i comodati, i protocolli d'intesa e i diritti di terzi riguardanti l'area del campo di aviazione e ancora vigenti, di cui l'ente sia parte interessata o di cui sia a conoscenza;
    f) quali siano le attività consentite sull'area del campo di aviazione;
    g) quale sia lo spazio aereo in cui possono essere effettuati voli acrobatici e quali le norme a cui i piloti si debbono attenere, anche in ordine alla tutela dell'incolumità pubblica e in relazione alle emissioni sonore provenienti dai velivoli. Si è chiesto di allegare copia degli atti e delle norme citati nella risposta;
    h) se e in quale modo ENAC controlli che le suddette norme vengano rispettate e in quale modo debba procedere in caso di segnalazioni da parte di cittadini sul mancato rispetto delle suddette norme;
    i) a che titolo la società Aeroclub di Pesaro possa occupare e/o utilizzare uno o più immobili o superfici presenti nell'area del campo di aviazione, chiedendo di allegare i documenti che attestino tale facoltà;
    l) se l'ENAC abbia autorizzato l'edificazione di uno o più immobili che sono stati realizzati all'interno della superficie aeroportuale nell'area prospiciente a via Mattei, in particolare un bar e una piscina. Si è chiesto di allegare i documenti con cui ENAC abbia eventualmente autorizzato tale utilizzo dell'area;
   l'ENAC non ha mai dato risposta a queste richieste;
   il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti esercita funzioni di vigilanza, indirizzo e controllo sull'attività dell'E.N.A.C. (decreto legislativo 25 luglio 1997, n. 250) –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per sollecitare l'ENAC a fornire le risposte richieste;
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti e se non intenda intervenire per fare cessare immediatamente comportamenti pericolosi per la sicurezza e la salute dei cittadini;
   se il Ministro non intenda attivare iniziative ispettive per verificare se le attività che si svolgono siano regolarmente autorizzate dall'ENAC, se le licenze siano regolari e se le strutture siano a norma. (5-01148)


   COLLETTI, DEL GROSSO e VACCA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 4 settembre 2013 il quotidiano locale abruzzese il Centro ha pubblicato la storia della signora Susanna Bultrini, 49enne di Prato la Peligna (L'Aquila) che da 17 anni è affetta da sclerosi multipla;
   la signora Bultrini vive da 20 anni a Cremona, ma a causa dell'aggravarsi della sua malattia, ha deciso di tornare nella sua cittadina di origine dove potrà contare sull'aiuto di alcuni parenti;
   la casa di Prato la Peligna ha una scalinata che impedisce alla signora di accedere liberamente nella sua abitazione;
   la signora Bultrini si è rivolta all'ufficio tecnico del comune di Pratola per ottenere il contributo previsto dalla legge n. 13 del 9 gennaio 1989 («Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati») che le consentirebbe di far installare un piccolo ascensore dal costo di 12mila euro;
   il responsabile dell'ufficio l'ha informata che non avrebbe ottenuto il finanziamento pubblico né da parte della regione Abruzzo né da parte della provincia dell'Aquila, dal momento che tali enti non hanno fondi disponibili per tali scopi;
   il servizio edilizia residenziale della regione Abruzzo, competente in materia di erogazione dei contributi pubblici per il superamento e la rimozione delle barriere architettoniche, ha confermato il mancato stanziamento dei fondi necessari da parte del Governo;
   a partire dall'anno 2000, infatti, il fondo speciale previsto dalla legge n. 13 del 1989 non viene più alimentato dallo Stato, fatta eccezione per un'esigua quota di risorse finanziarie affluenti al fondo nazionale per le politiche sociali;
   per tali ragioni, da anni, le regioni non sono più in grado di soddisfare alcuna richiesta di finanziamento di interventi rivolti all'eliminazione e al superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati –:
   se il Governo intenda assumere con urgenza iniziative per il congruo rifinanziamento del fondo speciale per l'eliminazione e il superamento delle barriere architettoniche istituito dalla legge il 13 del 9 gennaio 1989;
   se il Governo intenda assumere iniziative per segnare, anche in altro modo, risorse finanziarie straordinarie alle regioni affinché queste possano erogare i contributi richiesti per gli interventi di rimozione e superamento delle barriere architettoniche, garantendo così ai cittadini invalidi e ai portatori di handicap lo svolgimento di una vita dignitosa.
(5-01154)

Interrogazione a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   i commi 5 e successivi dell'articolo 16 del decreto-legge n. 83 del 2012, recante «Disposizioni urgenti per la continuità dei servizi di trasporto», elencano gli atti ed i provvedimenti da intraprendere per il salvataggio delle aziende partecipate del trasporto pubblico locale;
   il piano previsto dalla citata norma è stato definito dallo stesso Governo «urgente», e la sua disapplicazione può provocare il fallimento delle aziende di trasporto con enormi disagi sulla popolazione della regione Campania ed in particolare della provincia di Napoli, che vedono nei servizi di trasporto dell'azienda EAV Ferro l'unico vettore per raggiungere il capoluogo, senza considerare gli effetti lesivi sugli oltre 2000 dipendenti e sulle loro famiglie;
   entro fine anno scadrà la «moratoria dalle ingiunzioni di pagamento» e, pertanto, si paventa il rischio di fallimento dell'azienda Ente autonomo Volturno, partecipata dalla regione Campania, in cui sono incorporate le aziende ex Circumvesuviana, ex SEPSA ed ex MetroCampania NordEst;
   l'attuale situazione di mancanza di fondi per i pezzi di ricambio e per le manutenzioni ordinarie ha, di fatto, abbassato la soglia di sicurezza, costringendo i lavoratori ad operare quotidianamente in situazioni che mettono a rischio la propria incolumità e quella degli utenti, com’è purtroppo diventato noto in seguito ai recenti incidenti;
   risulta che, da notizie riferite dal Commissario ad acta Pietro Voci ai rappresentanti sindacali del Sindacato OR.S.A. Autoferro-TPL, il piano di rientro dal debito ha avuto il consenso «in sede tecnica» da parte dei Ministeri competenti nel mese di luglio 2013 e che risorse previste (200 milioni di fondi FAS) sarebbero state disponibili entro settembre 2013;
   attualmente non risulta né sottoscritto, né deliberato, dai Ministeri competenti, alcun provvedimento finalizzato all'erogazione dei 200 milioni di euro citati al comma 9 dell'articolo 16 del citato decreto-legge n. 83 del 2012;
   da tutto ciò si evince che la situazione non è più sostenibile e, pertanto, occorre prendere immediati ed efficaci provvedimenti –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano intraprendere per dar seguito a quanto previsto dall'articolo 16 del decreto-legge n. 83 del 2012 e, nello specifico, quali azioni s'intendano attuare per sbloccare urgentemente i fondi di cui al suddetto comma 9 dell'articolo 16;
   se i Ministri interrogati non intendano concedere una proroga della moratoria sulle ingiunzioni di pagamento per almeno altri 12 mesi. (4-02092)

INTERNO

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere — premesso che:
   con relazione trasmessa mediante nota del 22 luglio 2013, prot. n. 557/ST/0.1.29-PS S.26/2045, il Ministero dell'interno ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul decreto del Ministro titolare recante modifiche al decreto 1o agosto 2002, n. 199, contenente il regolamento per l'accesso alla qualifica iniziale del ruolo dei sovrintendenti della polizia di Stato;
   nella suddetta relazione, lo stesso Ministero ha riferito che lo schema del decreto in parola è stato predisposto in attuazione dell'articolo 2, comma 5, lettera b), del decreto-legge 28 dicembre 2012, n. 227, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o febbraio 2013, n. 12, che autorizza il Ministro, per l'anno 2013, ad attivare procedure e modalità concorsuali semplificate per l'accesso alla qualifica di vice sovrintendente della polizia di Stato nel limite dei posti complessivamente disponibili in organico al 31 dicembre 2012, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
   la stessa amministrazione ha precisato che l'intervento in argomento integra e modifica il precitato decreto del Ministro dell'interno 1o agosto 2002, n. 199, mediante l'introduzione e la disciplina della prevista procedura semplificata e con riferimento ai posti disponibili in organico al 31 dicembre 2012;
   circa l'affare di cui si tratta, n. 02926/2013, il Consiglio di Stato ha osservato, in merito al predetto schema di decreto, che a fronte di una dichiarata finalità acceleratoria e semplificatoria, «viene tuttavia configurato un sistema concorsuale che anziché realizzare “la massima semplificazione e rapidità”, introduce invece un meccanismo di rilevante complessità organizzativa destinato a determinare una dilatazione dei tempi di completamento delle procedure»;
   nella stesso atto, il Consiglio di Stato ha sottolineato che assume «rilievo la segnalazione del Comitato “Tutti Sovrintendenti”, pervenuta in data 26 giugno 2013 – di cui non è cenno nella relazione illustrativa – che, da un lato, assume l'esistenza di ben due graduatorie ancora valide ed efficaci e di una in corso di pubblicazione, per un totale di circa 8.500 idonei e, dall'altro, individua in circa 50.000 operatori di polizia i potenziali partecipanti al previsto concorso, con considerevole ampliamento dei tempi e dei costi per la definizione delle procedure»;
   in sintesi, il Consiglio di Stato ha concluso che «esigenze di opportunità e ragionevolezza della scelta avrebbero richiesto, ad avviso della Sezione, un adeguato corredo motivazionale», sicché «sembra che l'Amministrazione debba quindi fornire specifici chiarimenti»;
   rispetto all'articolato del decreto, invece, il Consiglio di Stato ha rilevato che «l'elencazione delle categorie dei titoli ammessi a valutazione (articolo 13-quater) omette di considerare il possesso del requisito della conoscenza di lingue straniere in relazione a finalità, anche investigative, all'estero»;
   da ultimo, sospendendo l'espressione del definitivo parere, il Collegio investito ha ritenuto «opportuno invitare il Dipartimento della Pubblica Sicurezza a valutare adeguatamente i possibili effetti indiretti del proposto intervento, e cioè a tener conto se dagli esiti attuativi dello stesso possa derivare un “disallineamento” rispetto alle altre Forze di polizia» –:
   se non ritenga di dover dare subito atto allo scorrimento delle succitate graduatorie e di analoghe per fattispecie, anche in considerazione dell'articolo 4 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, contenente disposizioni urgenti in tema di immissione in servizio di idonei e vincitori di concorsi.
(2-00243) «Nesci, Spessotto, Vignaroli, Colonnese, Carinelli, Fico, Luigi Di Maio, Pinna, Lupo, Benedetti, Gagnarli, L'Abbate, Massimiliano Bernini, Parentela, Gallinella, Cecconi, Di Vita, Baroni, Dall'Osso, Grillo, Lorefice, Silvia Giordano, Mantero, Rostellato, Tripiedi, Cominardi, Bechis, Baldassarre, Ciprini, Rizzetto».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   nel corso di una videointervista alla testata on line «Fanpage» Luigi Bonaventura, pentito della cosca Vrenna-Bonaventura, ha dichiarato che la ’ndrangheta voleva uccidere Giulio Cavalli non appena gli fosse stata tolta la scorta;
   Luigi Bonaventura ha collaborato all'operazione Heracles coordinata dal dottor Pierpaolo Bruni della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro;
   nel corso dell'intervista Bonaventura parla del servizio di scorta che tutela Cavalli dal 2008 e della possibilità di una sua revoca per una mancanza di comunicazione tra Lodi e Roma: «Una dimenticanza»;
   il pentito racconta come una jeep – o un camion – avrebbero dovuto investire Cavalli non appena il servizio di tutela gli fosse stato revocato e di «aver sentito parlare di un Prefetto»; verosimilmente, quello di Lodi, che effettivamente nel gennaio del 2011 ha comunicato all'attore, all'epoca consigliere regionale della Lombardia, l'intenzione di revocare la scorta, come si evince da articoli giornalistici e da un'interpellanza parlamentare urgente presentata dall'onorevole Di Pietro in data 24 gennaio 2011 (n. 2-00936);
   è notizia di questi giorni, peraltro, il ritrovamento di una pistola carica nel giardino della casa di Cavalli – nascosta in una siepe vicino alla porta-finestra del suo studio –, evidentemente un avvertimento, l'ennesimo, lanciato all'attore per la sua attività antimafia –:
   di quali informazioni disponga il Ministro interpellato su quanto riferito in premessa, essendo estremamente grave quanto emerso dalla video intervista di Bonaventura;
   quali iniziative urgenti, nell'ambito delle proprie competenze, abbia intrapreso o intenda intraprendere al riguardo, e soprattutto a tutela di Giulio Cavalli, anche in considerazione della nuova minaccia che ha avuto luogo in danno dell'attore.
(2-00244) «Daniele Farina, Migliore, Pilozzi».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CHAOUKI e FIANO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, in data 6 ottobre 2011, è stato emanato il decreto, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2011, recante il contributo per il rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno;
   l'importo del citato contributo, a carico dello straniero di età superiore ad anni diciotto, varia in base alla durata del permesso: 80 euro per i permessi di soggiorno di durata superiore a tre mesi e inferiore o pari a un anno; 100 euro per i permessi di soggiorno di durata superiore a un anno e inferiore o pari a due anni; 200 euro per il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo;
   il citato contributo, in vigore dal 1° febbraio 2012, è aggiuntivo al contributo di 27,50 euro previsto per il rilascio del permesso di soggiorno elettronico, alle spese di spedizione e al costo della marca da bollo;
   l'articolo 4 del citato decreto prevede che una quota pari al cinquanta per cento del citato contributo affluisca, al netto del costo del documento elettronico (pari ad euro 27,50), al «Fondo rimpatri» che finanzia le spese connesse al rimpatrio dei cittadini stranieri rintracciati in posizione irregolare sul territorio nazionale e la restante quota del gettito conseguito attraverso la riscossione del contributo sia destinata per il 40 per cento alla missione «ordine pubblico e sicurezza» di competenza del dipartimento della pubblica sicurezza; per il 30 alle attività di competenza degli sportelli unici e per il residuo 30 per cento alla missione «immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti» di competenza del dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione per l'attuazione del regolamento sull'accordo di integrazione previsto dall'articolo 4-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286;
   la disposizione di cui al citato articolo 4 si configurerebbe in contraddizione con la convenzione n. 143 dell'Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) e con la direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, sui rimpatri, che proibiscono espressamente che le spese per il rimpatrio possano essere addebitate agli immigrati, tanto più a quelli che soggiornano regolarmente;
   le condizioni degli immigrati in Italia sono sempre più paragonabili ad un limbo, non essendoci né un piano strutturale di accoglienza né un piano strutturale per l'integrazione; essi sono i primi ad essere colpiti dalla crisi e dalla disoccupazione –:
   se non ritenga necessario procedere ad una urgente revisione della disposizione concernente il contributo per il rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno al fine di sanare quella che agli interroganti appare una violazione della direttiva 2008/115/CE ed evitare l'ulteriore aggravio di spese a carico di immigrati in stato di precarietà economica e sociale;
   a quanto ammontino i contributi versati fino ad oggi e quale sia stata la destinazione di tali somme anche in considerazione del previsto vincolo di miglioramento dei servizi all'immigrazione. (5-01156)


   PETITTI, ARLOTTI, PAGLIA e FIANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di maggio 2013, il movimento Forza Nuova di Rimini si è reso protagonista di due distinte azioni dai caratteri chiaramente razzisti, omofobi e istigatori all'odio. In particolare, nella notte fra il 16 e il 17 maggio, davanti agli uffici municipali, alla Casa della Pace, e alla sede della locale CGIL, sono stati affissi dagli attivisti riminesi di Forza Nuova manifesti con frasi omofobe. Nella notte fra il 17 e il 18 maggio i militanti di Forza Nuova hanno invece messo a segno davanti alla sede provinciale del Partito Democratico di Rimini, così come in altre sedi PD in numerose città italiane, un blitz (rivendicato dallo stesso segretario nazionale di FN Roberto Fiore) contro l'immigrazione, contro la proposta di legge per il riconoscimento dei diritti di cittadinanza ai figli degli immigrati e contro il Ministro Cécile Kyenge, facendo scempio del Tricolore;
   per quanto accaduto a Rimini, sono stati ipotizzati i reati di vilipendio alla bandiera nazionale, istigazione all'odio razziale, minacce, danneggiamento e imbrattamento;
   sempre Forza Nuova ha dato il via recentemente ad una campagna sia su internet e sui social network, sia con azioni come quelle sopra esposte, dal titolo «L'immigrazione uccide», che fomenta l'odio contro gli immigrati associando in maniera del tutto impropria ed arbitraria i drammatici fatti di cronaca recente al dibattito politico sullo ius soli;
   già lo scorso anno era stata presentata dagli onorevoli Marchioni e Fiano un'interrogazione per segnalare un «Campo di formazione militante», denominato Campo comunitario di formazione militante forzanovista, che prevedeva «corsi di autodifesa, uso del coltello e del bastone. Infine coordinamento e preparativi in vista del corteo del 29 settembre a Rimini» e contava tra gli organizzatori Mirko Ottaviani, segretario locale di Forza Nuova, già condannato con sentenza di grado definitivo per tentato incendio;
   Forza Nuova annuncia ora a Rimini una manifestazione indetta per la sera del 15 giugno, con un corteo nel centro storico e nel Borgo Marina, quartiere popolato da numerosi cittadini immigrati extracomunitari. La pagina Facebook creata da Forza Nuova Rimini per diffondere l'evento conta già quasi un centinaio di aderenti –:
   quali iniziative di competenza il Ministro intenda assumere a fronte di un movimento politico che incita alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali e se intenda eseguire un monitoraggio costante delle attività del movimento di Forza Nuova peraltro più volte oggetto di indagini e condanne da parte della magistratura. (5-01157)


   LODOLINI e FIANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella notte del 2 ottobre 2013, come comunicato dalla stessa segreteria provinciale di Forza Nuova in una nota, si è svolta una manifestazione denominata «Blitz di Forza Nuova» al porto di Ancona, in solidarietà al movimento politico greco denominato Alba Dorata, gemellato con Forza Nuova;
   secondo quanto riportato da notizie a mezzo stampa, alcuni giovani del movimento avrebbero infatti affisso sulle inferriate della recinzione del porto di Ancona uno striscione recante la scritta «la rivoluzione non si arresta, Forza Nuova è con Alba D'oro», e diversi militanti avrebbero affisso diversi volantini nella portineria del porto recanti i simboli dei due movimenti nazionalisti e la scritta «contro l'Eurodittatura nessuna resa»;
   come si legge ancora nella nota diramata da Forza Nuova «L'iniziativa, in contemporanea in diverse città italiane, ha come obiettivo di sensibilizzare l'opinione pubblica circa la gravità della situazione greca con l'arresto indiscriminato di rappresentanti del popolo democraticamente eletti, e di esprimere la massima solidarietà a Nikos Mihaloliakos, e a tutti i deputati e militanti nazionalisti greci ingiustamente arrestati e vittime della congiura internazionale. L'unica colpa di Alba Dorata è quella di rappresentare realmente una “forza nuova”, pulita ed incorruttibile, un movimento che settimanalmente sfama migliaia di greci, un movimento che si oppone a coloro i quali vorrebbero che la Grecia diventasse una colonia della finanza internazionale»;
   la segreteria provinciale di Forza Nuova avrebbe comunicato inoltre che una missiva e un volantino sarebbero stati spediti al rappresentante diplomatico greco a Genova, nel quale avrebbero spiegato in maniera dettagliata i motivi della loro manifestazione, ribadendo in particolare che «Forza Nuova non dimentica i suoi fratelli soprattutto quando questi sono sotto attacco dei nemici della libertà e della partecipazione, i quali vogliono reprimere con la forza l'avanzata di forze anti sistema e nazionaliste. È stato così per la Siria, è così per la Grecia»;
   Alba Dorata è un movimento greco, che si dichiara di ispirazione neonazista, che diffonde idee discriminatorie e razziste, che si è distinto per aver favorito, con le sue pubbliche prese di posizione, un clima di odio e di discriminazione razziale ed è gemellato con Forza Nuova;
   in base alla cosiddetta legge Mancino è vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi e chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell'assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni, mentre coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da uno a sei anni –:
   se la manifestazione di Forza Nuova nella città di Ancona sia in linea con i presupposti di tutela dell'ordine pubblico, e se e quali iniziative intenda adottare al fine di monitorare costantemente le iniziative di un movimento come Forza Nuova che esplicitamente si dichiara gemellato con un partito che fa dell'incitamento alla violenza e alla discriminazione razziale uno dei propri punti distintivi, anche valutando i presupposti per inoltrare una segnalazione all'autorità giudiziaria. (5-01161)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LACQUANITI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 settembre 2005, un gruppo di tifosi della squadra di calcio del Brescia, in trasferta a Verona, è stato caricato tre volte dalla Celere nella stazione ferroviaria di Verona;
   in tale occasione, sono stati feriti 32 tifosi, tra i quali Paolo Scaroni che, salvato dagli amici, si è rialzato da terra con la testa fracassata, per poi svenire subito dopo;
   alle 19,45 dello stesso giorno Paolo Scaroni è entrato in coma per risvegliarsi soltanto il 30 ottobre, e con un'invalidità permanente del 100 per cento;
   al risveglio ha riferito di essere stato picchiato selvaggiamente da almeno quattro poliziotti della Celere che, con caschi e manganelli impugnati al contrario, lo apostrofavano con l'appellativo di «bastardo»;
   i referti medici hanno confermato che Paolo Scaroni è stato colpito con violenza ripetutamente alla testa;
   da notizie stampa si è appreso che i verbali della polizia apparivano contraddittori e le riprese effettuate durante gli incidenti incomplete, in quanto risultano tagliate proprio poco prima del pestaggio che sarebbe avvenuto in danno di Paolo Scaroni;
   tali gravi anomalie sarebbero emerse grazie alla tenacia della funzionaria di polizia che per prima ha interrogato il tifoso: i filmati dei suoi colleghi, che in teoria avrebbero dovuto contenere le immagini di tutti gli scontri, si interrompono proprio nei minuti in cui Paolo sarebbe stato massacrato. Non solo. Nella versione consegnata ai magistrati è stato tagliato il commento finale di due agenti. «Adesso il questore ci incarna...». «Ascolta, tu prova a guardare subito le immagini di quando il...». Fine del filmato della polizia;
   nel gennaio 2013 gli otto agenti incriminati sono stati assolti dal tribunale di Verona in primo grado: sette di loro per insufficienza di prove, mentre l'ottavo agente, alla guida della camionetta, per non aver commesso il fatto;
   Paolo Scaroni ha presentato ricorso in appello, ma nel frattempo proprio la procura di Verona ha deciso di riaprire il caso per fare luce su quanto accaduto nei dieci minuti di pestaggio che sarebbero stati tagliati nei filmati della polizia e che, qualora fossero rinvenuti, risulterebbero decisivi per accertare le responsabilità –:
   se il Ministro sia a conoscenza della vicenda riferiti in premessa;
   quali iniziative di competenza intenda adottare affinché sia fatta piena luce sul caso che ha visto il tifoso Paolo Scaroni riportare un'invalidità permanente solo per essere andato in trasferta per la partita della squadra a cui teneva;
   se, in particolare, intenda adoperarsi affinché sia recuperato integralmente il filmato girato dalla polizia, necessario ad appurare la dinamica dei fatti. (4-02089)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di settembre 2013, la prefettura di Trapani ha revocato la concessione per la fornitura dei servizi di gestione del Centro di identificazione ed espulsione di Milo (TP) alla «Cooperativa Oasi», a causa di gravi carenze e inadempienze;
   successivamente è stata indetta una nuova gara d'appalto per la concessione della gestione dei medesimi servizi;
   a quanto consta all'interrogante la prefettura di Trapani ha ritenuto di non dover escludere «Connecting People» dalla partecipazione al suddetto bando di gara, nonostante le indagini per associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato e a inadempienze di pubbliche forniture, cui è soggetta la stessa –:
   se il Ministro non ritenga di intervenire, in ottemperanza all'articolo 38, comma 1, lettera f) del decreto legislativo del 12 aprile 2006, n. 163, al fine di riconsiderare la partecipazione di «Connecting People» al bando di gara per l'appalto della gestione dei servizi del Centro di identificazione ed espulsione di Milo (TP). (4-02093)


   TOTARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel 2008, la giunta regionale del Lazio, allora guidata dal presidente Piero Marrazzo e sostenuta da una coalizione di centrosinistra, ha approvato la delibera n. 861/2008 per finanziare con 260.189,00 euro la riqualificazione del parco Rodolfo Graziani, sito nel comune di Filettino, per onorare e ricordare la memoria del generale Graziani, nato in quel comune;
   il finanziamento è stato regolarmente erogato dalla regione al comune di Filettino, e nessuna questione è stata mai posta con riferimento alla toponomastica italiana;
   la legge 23 giugno 1927, n. 1188, che dispone in merito a «Toponomastica stradale e monumenti a personaggi contemporanei» dispone, all'articolo 1, che «Nessuna denominazione può essere attribuita a nuove strade e piazze pubbliche senza l'autorizzazione del prefetto [...], udito il parere della [Regia] deputazione di storia patria, o, dove questa manchi, dalla Società storica del luogo o della regione»;
   anche in altri comuni italiani esistono strade regolarmente intitolate al generale Rodolfo Graziani per onorarne il ricordo;
   con la succitata delibera regionale la giunta ha previsto anche un primo finanziamento di 50.000,00 euro per la riqualificazione del parco Radimonte del comune di Affile, dedicandolo al «Soldato», seguito da un secondo finanziamento di 180.866,00 euro disposto agli stessi fini con la delibera della giunta regionale n. 643/2009;
   la giunta del comune di Affile ha inteso intitolare il parco Radimonte allo storico sindaco locale Luigi Ciuffa, e il piccolo sacrario ai soldati di Affile, primo tra tutti il concittadino Rodolfo Graziani seppellito nel cimitero cittadino;
   con ciò la giunta ha agito in piena sintonia con i cittadini di Affile, i quali hanno riconfermato lo stesso sindaco nel mese di maggio 2013, con una percentuale di oltre il 62 per cento dei consensi;
   poco dopo il suo insediamento, il nuovo presidente della regione Lazio, Nicola Zingaretti, ha annunciato la sua intenzione di bloccare l'erogazione dei finanziamenti regionali per l'opera in oggetto, affermando, in una missiva indirizzata ai cittadini di Affile: «La Regione Lazio, di cui sono da poco più di un mese Presidente, ha deciso di sospendere il finanziamento concesso al Comune di Affile e destinato al completamento del Parco Radimonte e alla realizzazione di un monumento al soldato, cioè al milite ignoto. Le ragioni di questo provvedimento sono note: il Comune di Affile ha, infatti, unilateralmente e impropriamente deciso di dedicare il monumento realizzato con i soldi dei cittadini del Lazio a Rodolfo Graziani. Una scelta profondamente sbagliata, non solo perché costituisce una palese violazione amministrativa rispetto agli accordi stipulati sull'utilizzo del finanziamento pubblico, ma perché quella di Rodolfo Graziani è una figura su cui la storia ha già espresso chiaramente il suo giudizio»;
   dopo numerose ispezioni degli uffici regionali e richieste di chiarimenti, lo stesso Nicola Zingaretti è stato costretto ad ammettere, in risposta ad una specifica interrogazione consiliare (n. 21 del 20 maggio 2013), che il comune di Affile aveva agito seguendo regolarmente l’iter previsto dalla vigente normativa regionale in materia di opere e appalti pubblici, e che il finanziamento veniva sospeso solo perché lo stesso presidente non concordava su quanto dichiarato dal sindaco di Affile sulla figura del generale Graziani e in merito agli strumenti adottati a ricordo anche di quest'ultimo;
   il presidente Zingaretti ha, quindi, impedito di fatto, che si procedesse al saldo del finanziamento in favore del comune di Affile;
   il mancato adempimento, da parte della regione Lazio, nei confronti del comune di Affile, con riferimento all'opera urbanistica in oggetto, comporta a giudizio dell'interrogante un evidente danno finanziario allo stesso ente;
   la procura di Tivoli, nella persona del procuratore dottor Luigi De Ficchy, in relazione ad un esposto dell'ANPI, ha inviato un avviso di garanzia alla giunta Affilana, imputando al sindaco e ai due assessori il reato di apologia del fascismo perché «esaltava pubblicamente l'esponente del fascismo Gen. Rodolfo Graziani, in quanto con delibera della giunta comunale del 21 luglio 2012, in qualità di assessore e pertanto componente di giunta con diritto al voto, approvava e concorreva a deliberare la dedica del monumento al soldato, sito all'interno del parco Radimonte, allo stesso Gen. Rodolfo Graziani, e, successivamente, in data 11 agosto 2012, organizzava una pubblica manifestazione per inaugurare il predetto monumento»;
   vi è evidente contrasto tra l'accusa di aver esaltato un esponente del regime fascista, e la volontà espressa dalla giunta di ricordare un valoroso concittadino come militare al servizio della Patria, e se l'impostazione del procuratore generale di Tivoli, fosse corretta allora sarebbero decine i sindaci ed i consiglieri comunali da indagare perché colpevoli di aver commemorato in modi diversi nei propri comuni il generale Graziani, che fu eroe di guerra ma indubbiamente anche esponente del fascismo, come molti altri in quell'epoca;
   durante il primo conflitto mondiale Graziani fu decorato, e lo Stato Italiano non ha mai inteso considerarlo un criminale di guerra, tanto che dopo due soli anni di prigionia per collaborazionismo divenne presidente di uno dei partiti politici più importanti d'Italia –:
   se sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa, e quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere in relazione al completamento della prevista opera di riqualificazione nel comune di Affile.
(4-02097)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta immediata:


   CENTEMERO e COSTA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   dal focus «Sedi, alunni, classi e dotazioni organiche del personale docente della scuola statale anno scolastico 2013/2014», pubblicato il 10 settembre 2013 dal servizio statistico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, emerge che gli alunni con disabilità rappresentano circa il 2,3 per cento della popolazione scolastica complessiva. È nella scuola secondaria di primo grado che si registra la maggior incidenza del numero di alunni con disabilità rispetto al numero complessivo degli iscritti: 3,75 per cento. Il rapporto scende a 2,95 per cento nella primaria, a 2,07 per cento nella secondaria di secondo grado e a 1,38 per cento nella scuola dell'infanzia;
   dietro questi numeri e queste percentuali ci sono migliaia di famiglie italiane, impegnate ogni giorno nella difficile impresa di donare un'istruzione ai propri figli disabili, al pari di ciascun altro alunno presente nelle nostre scuole di ogni ordine e grado;
   l'insegnante di sostegno offre, dunque, la sua professionalità e competenza per apportare all'interno della classe in cui opera un significativo contributo a supporto non solo dell'alunno con disabilità, ma anche della collegiale azione educativo-didattica, secondo principi di corresponsabilità e di collegialità, così da fungere da mediatore tra l'allievo disabile e i compagni, gli insegnanti e la scuola, ponendosi come strumento indispensabile per assolvere agli impegni sanciti nell'articolo 3, secondo comma, della Costituzione, che invita a rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione di un'effettiva sostanziale uguaglianza di opportunità;
   gli insegnanti di sostegno della scuola secondaria di secondo grado sono attualmente suddivisi in quattro aree: scientifica (AD01), umanistica (AD02), tecnica professionale artistica (AD03) e psicomotoria (AD04). La suddivisione in aree disciplinari delle attività di sostegno nelle scuole superiori non è stata istituita per legge;
   a favore dell'unificazione delle aree del sostegno sulla scuola secondaria di secondo grado si era espressa unanimemente la VII Commissione della Camera dei deputati, nel corso della XVI legislatura, attraverso la risoluzione n. 8-00197, a prima firma Pes. Sono mancati, ad oggi, atti amministrativi consequenziali, che portino al rispetto della volontà originaria del legislatore e della volontà espressa dalla Camera dei deputati e, ciò che più conta, vengano incontro alle esigenze dell'integrazione degli alunni con disabilità, che devono trovare nell'insegnante di sostegno per l'appunto un «sostegno» al proprio processo di integrazione e non un succedaneo dell'insegnante di classe, chiamato altresì a partecipare al processo inclusivo;
   se si procedesse all'unificazione delle aree del sostegno sulla scuola secondaria di secondo grado, si otterrebbero risultati sensibili in termini di trasparenza, visto che, come più volte denunciato, l'assegnazione dei posti di sostegno sulle aree ha una discrezionalità che sfocia spesso nell'arbitrio;
   in particolare, i concorsi banditi sui posti di sostegno non prevedono una specifica procedura concorsuale, ma il semplice scorrimento delle graduatorie sulle classi di concorso normali. In sostanza, viene chiesto ai docenti utilmente collocati, in possesso del titolo di sostegno, se preferiscano il posto sulla cattedra o quello sul sostegno. Il che è paradossale, dato che la procedura concorsuale dovrebbe selezionare per merito, e ciò è a maggior ragione paradossale, nel momento in cui la selezione riguarda docenti investiti di una delle funzioni più delicate;
   ad oltre trent'anni dall'approvazione della legge n. 517 del 1977, che ha dato avvio al processo di integrazione dei ragazzi con disabilità nelle scuole pubbliche, si può affermare che i risultati conseguiti mostrano in Italia un grave ritardo nel fornire strumenti di intervento che facilitino l'azione educativo-didattica –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno qualificare la funzione del docente di sostegno, anche mediante l'unificazione delle aree del sostegno nella scuola secondaria di secondo grado e la trasformazione degli elenchi sul sostegno in specifiche graduatorie, prevedendo una procedura specifica per i posti di sostegno nelle prossime procedure concorsuali.
(3-00364)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TOFALO, BUSTO, PARENTELA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, NICOLA BIANCHI, D'AMBROSIO e TERZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   si fa riferimento alla posizione espressa dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con decreto n. 58 del 25 luglio 2013, di riconoscere l'accesso al percorso abbreviato nel caso di docenti che hanno maturato 3 anni di supplenze anche non consecutive per 180 giorni in un anno scolastico. Il vincolo di 180 giorni appare discordante con la logica del riconoscimento della professionalità ed esclusivamente collegato alla statistica; 
   introdurre dei vincoli ulteriori ai giorni di servizio, potrebbe apparire come una complicazione di dubbia legittimità dei requisiti di accesso, con lo scopo di ridurre il numero degli aspiranti alla abilitazione. Tale ratio si discosterebbe dal perseguimento dell'interesse comune, principale obiettivo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   richiedere la supplenza per 180 giorni in un anno sembra agli interroganti illogico e potrebbe paradossalmente riconoscere maggiore competenza rispetto ad un docente che ha effettuato supplenze per 179 giorni, dall'anno 1999/2000 all'anno 2011/2012, maturando esperienze e professionalità progressive nel tempo per 10 anni scolastici. Risulta riduttivo ed ingiustificabile — se non con lo scopo di introdurre ulteriori vincoli per ridurre il numero degli idonei — qualificare la professionalità di un docente imponendo un vincolo di un numero minimo di giorni/annui, ma sembra corretto, coerente e logico, considerare la totalità dei giorni di servizio svolto dal docente, nell'arco degli anni scolastici dal 1999/2000, se non anche prima, all'anno in cui verrà attivato il TFA «percorso abbreviato» –:
   per quali motivi non si possa garantire l'accesso al «percorso abbreviato» ai docenti che abbiano maturato, dall'anno 1999/2000, o precedenti, all'anno in cui verrà emesso il bando per l'accesso al «percorso abbreviato», un numero di giorni di supplenza pari a 540 giorni senza nessun vincolo di continuità, ossia 180 giorni non maturati obbligatoriamente entro l'anno solare ma anche cumulati in più anni solari. (4-02087)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 9 agosto 2013 la dottoressa Clelia Iasevoli, ricercatore confermato di diritto processuale penale, presso il dipartimento di giurisprudenza dell'università di Napoli Federico II e candidata al giudizio di abilitazione nazionale, ha presentato al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca un esposto relativo ad una situazione incresciosa, venutasi a creare e tale da poter in qualche modo pregiudicare la sua posizione concorsuale;
   in sintesi, è notorio che intorno alla metà di giugno 2013 è pervenuta alla commissione giudicatrice del settore concorsuale 12G 2 ex IUS 16 (diritto processuale penale) uno scritto anonimo, che parrebbe contenere affermazioni gravemente lesive della sua reputazione di studiosa. Nell'esposto, la dottoressa Iasevoli chiedeva al Ministero di effettuare i debiti controlli, affinché risultassero tutelate le sue aspettative;
   all'esposto la stessa allegava il suo curriculum vitae et studiorum e l'elenco delle sue pubblicazioni, a testimonianza dell'alta qualità degli esiti del suo lavoro, ulteriormente corroborata dalla recente valutazione dell'ANVUR, che giudica eccellente la monografia «La nullità nel sistema processuale penale» e buoni due prodotti selezionati dall'ateneo di appartenenza. Dunque, l'attività di ricerca è stata valutata ufficialmente con un punteggio superiore al doppio rispetto alla media nazionale del settore di diritto processuale penale e di gran lunga superiore alla media degli studiosi processualpenalisti dell'università degli studi di Napoli Federico II;
   anche per quanto riguarda l'attività didattica, la dottoressa Iasevoli evidenzia un profilo di alta professionalità, attestato dalle valutazioni ufficiali dei corsi da lei svolti. Peraltro, ciò è ulteriormente dimostrato dal numero elevato di studenti che optano per gli insegnamenti a scelta da lei tenuti, nonché dal cospicuo numero di richieste di studenti che chiedono di essere seguiti da lei nella redazione della tesi di laurea;
   a tutt'oggi, la dottoressa Iasevoli, a quanto consta all'interrogante, non ha ricevuto alcun riscontro all'esposto da lei depositato e sussiste il timore che gli orientamenti valutativi della commissione possano discostarsi dal giudizio lusinghiero espresso dall'Agenzia di valutazione nazionale –:
   se il Ministro abbia intenzione di far luce intorno a questa incresciosa situazione, che rischierebbe di perpetuare un malcostume accademico sin troppo radicato, orientato ad alimentare conflittualità extraistituzionali post che, in tal modo, verrebbero ad essere legittimate condotte fortemente scorrette, con il risultato di danneggiare studiosi i cui meriti scientifici sono stati ampiamente certificati da organismi, interni ed esterni, all'ateneo napoletano di assoluta autorevolezza. (4-02096)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere — premesso che:
   la Ceramic Insulators Livorno S.R.L. (C.I.L.) è un'azienda nata dopo la messa in liquidazione della Cooperativa ceramiche industriali (ex Ginori) che produce e commercializza ceramiche e materiali isolanti;
   la C.I.L., sotto il profilo produttivo, vive delle gravissime difficoltà a causa della crisi economica e della competizione di altri Paesi produttori a basso costo del lavoro;
   i dipendenti della C.I.L., dopo aver usufruito della cassa integrazione ordinaria, hanno utilizzato la cassa integrazione straordinaria per chiusura;
   la cassa integrazione straordinaria per chiusura è stata aperta dopo che l'azienda ha manifestato l'intenzione di far cessare le attività produttive;
   dal 25 giugno 2012, data di inizio della cassa integrazione ordinaria, i proprietari della C.I.L. hanno fermato gli impianti produttivi assicurando di voler riorganizzare l'azienda per renderla più competitiva, data la forte concorrenza dei paesi asiatici e del Portogallo;
   secondo quanto risulta all'interpellante, durante quel periodo l'azienda avrebbe perso solamente tempo, trovando ogni scusa possibile per giungere allo smantellamento del sito produttivo;
   in particolare, in data 24 marzo 2013, i lavoratori della CIL sono stati messi in cassa integrazione straordinaria ed è apparso chiaro a tutti che la proprietà aveva, di fatto, attuato un piano per trasformare un'azienda produttiva in un'azienda di pura commercializzazione che avrebbe continuato a commercializzare gli isolatori comprati in India, Cina e Portogallo, marchiati «C.I.L. Italy», lasciando disattesi anche gli appelli lanciati dalle rappresentanza sindacali e delle segreterie CGIL, CISL e UIL;
   dette rappresentanze sindacali, in particolare, si sono rese disponibili in più occasioni per collaborare alla realizzazione di un vero piano aziendale, credibile e sostenibile sia per i lavoratori che per l'azienda stessa, formulando nuovi scenari lavorativi ed alternative per l'abbattimento dei costi;
   in data 5 giugno 2013, la proprietà della CIL aveva comunicato alle istituzioni locali di essere disposta a vendere l'intera area ad eventuali acquirenti interessati;
   successivamente sono incominciate a circolare voci circa la possibile stipula di accordi con una azienda portoghese per rimuovere i macchinari dell'azienda CIL con eventuale conseguente cessione degli stessi;
   tale situazione, ad avviso dell'interpellante, potrebbe riguardare un atteggiamento puramente speculativo da parte dell'azienda non compatibile con quella normale conduzione che dovrebbe volgere al mantenimento del sito produttivo –:
   se i Ministri interpellati siano a conoscenza di quanto descritto in premessa e, in tal caso, quali iniziative di competenza diverse dall'utilizzo degli ammortizzatori sociali, intendano adottare in favore dei lavoratori della CIL e per il rilancio del sito produttivo, al fine di tutelare il made in Italy nel settore delle ceramiche industriali;
   se i Ministri interpellati non intendano intervenire con urgenza al fine di aprire un tavolo di confronto sulle problematiche afferenti alla crisi della CIL, coinvolgendo tutte le parti interessate dalla vicenda descritta in premessa, ivi compresa «TERNA» – di cui CIL è sempre stata fornitrice – che negli ultimi ha ridotto progressivamente commesse e investimenti rispetto alla Ceramic Insulators Livorno Srl;
   se e quali iniziative, anche normative, intenda adottare il Governo per favorire la concorrenzialità nel mercato del gas, dell'accesso alle reti, del potenziamento della capacità di stoccaggio, per garantire una maggiore pluralità e differenziazione sul lato dell'offerta, in modo da ridurre il costo del gas, principale materia prima di molte industrie manifatturiere, in particolare di quella delle ceramiche.
(2-00242) «Nardi».

Interrogazioni a risposta immediata:


   SBERNA, GIGLI e BINETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in un periodo storico di grave difficoltà sono state approvate norme che hanno modificato radicalmente il sistema pensionistico, recando – a parere degli interroganti – discriminazioni che violano il principio di equità di trattamento tra donna e uomo, tra sano e malato, tra pubblico e privato e a discapito di alcune categorie, già sufficientemente svantaggiate;
   si tratta di norme che penalizzano i cosiddetti lavoratori precoci che possono andare in pensione anticipata, ma che vedono allontanarsi il pensionamento a causa dell'aumento del numero massimo di contributi richiesti in corrispondenza dell'aumento della speranza di vita;
   nello specifico, in base all'articolo 24, comma 10, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, se il pensionamento anticipato avviene prima del compimento dei 62 anni di età è applicata, sulla quota di trattamento di pensione relativa all'anzianità contributiva maturata fino al 31 dicembre 2011, una riduzione dell'1 per cento per i primi due anni mancanti al raggiungimento dei 62 anni ed elevata al 2 per cento per gli ulteriori anni mancanti alla suddetta età, a partire dalla data del pensionamento;
   paradossalmente, questa situazione si è aggravata con l'introduzione di una deroga alla penalità, deroga che vale per chi raggiunge i requisiti entro il 2017 senza avere i 62 anni di età. Infatti, l'articolo 6, comma 2-quater del decreto-legge n. 216 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2012, ha disposto che la sopraddetta riduzione non trova applicazione limitatamente ai soggetti che maturano il requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017, qualora la contribuzione ivi prevista derivi esclusivamente da «prestazione effettiva di lavoro», escludendo in tal modo: l'astensione facoltativa per maternità; i periodi di mobilità, di cassa integrazione straordinaria o in deroga, di disoccupazione; i permessi ex lege n. 104 del 1992; l'astensione dal lavoro per donazione di sangue e di emocomponenti; le giornate di sciopero; le aspettative senza assegni a qualsiasi titolo;
   escludendo, dunque, dal computo la contribuzione figurativa, si sono aperte evidenti contraddizioni. Per coloro che potranno andare in pensione entro il 2017, le nuove regole dettate dalla riforma prevedono che chi ha usufruito di periodi di maternità facoltativa, di permessi della legge n. 104 del 1992, di periodi di disoccupazione o cassa integrazione straordinaria o in deroga o ha fatto scioperi e goduto di permessi sindacali, se non vuole subire una penalizzazione, deve allungare del corrispondente periodo «perduto» l'attività lavorativa. Perfino le maggiorazioni per invalidità superiore al 75 per cento, non verrebbero considerate utili per evitare le penalizzazioni;
   con queste nuove disposizioni, vengono meno le misure a favore di maternità e lavoro, realtà non sempre conciliabili: lo dimostrano le statistiche, con un abbandono del lavoro femminile al primo figlio che aumenta a dismisura al secondo, in assenza di risorse interne familiari. A parere degli interroganti, con il prolungamento dell'età pensionabile, sarebbe stato opportuno prevedere nuovi strumenti di welfare, sostitutivi del lavoro parentale, come accade in altri Paesi europei;
   inoltre, la legge n. 104 del 1992, istituita per assicurare una corretta tutela ai cittadini portatori di disabilità, prevede alcuni permessi lavorativi, definiti nelle modalità e nei tempi, per il disabile stesso o per il familiare che garantisce assistenza e sostegno. La riforma prevede, limitatamente ai lavoratori del pubblico impiego, il recupero dei permessi usufruiti, introducendo una grave discriminazione fra pubblico e privato;
   in sintesi, vengono escluse, da un adeguato computo dei contributi pensionistici, categorie già sufficientemente vessate dalla crisi e che, contrariamente a quanto avviene, dovrebbero poter contare sul supporto della società;
   in un momento di grave crisi occupazionale, con percentuali di disoccupazione giovanile preoccupanti, è davvero di difficile lettura strategica la scelta di chiedere un prolungamento della permanenza in servizio a lavoratori che già hanno subito – non per loro volontà – situazioni di lavoro insicuro –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare iniziative, anche di tipo normativo, volte a superare le discriminazioni oggi esistenti in materia di trattamento pensionistico. (3-00362)


   LENZI, GNECCHI, ALBANELLA, BARUFFI, BELLANOVA, BOCCUZZI, CASELLATO, FARAONE, CINZIA MARIA FONTANA, GIACOBBE, GREGORI, GRIBAUDO, INCERTI, MADIA, MAESTRI, MARTELLI, MICCOLI, PARIS, GIORGIO PICCOLO, SIMONI, ZAPPULLA, AMATO, ARGENTIN, BENI, BIONDELLI, PAOLA BRAGANTINI, BURTONE, CAPONE, CARNEVALI, CASATI, D'INCECCO, FOSSATI, GELLI, GRASSI, IORI, MIOTTO, MURER, PATRIARCA, PICCIONE, SBROLLINI, SCUVERA, MARTELLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   mercoledì 18 settembre 2013 è stata presentata a Roma, nella Sala Zuccari del Senato della Repubblica, la relazione finale «Proposte per nuove misure di contrasto alla povertà», elaborata dal gruppo di studio appositamente istituito con Decreto del Ministro interrogato il 13 giugno 2013;
   obiettivo della relazione, illustrata dal professor Paolo Bosi dell'Università di Modena e Reggio Emilia e dal professor Ugo Trivellato dell'Università di Padova, componenti del gruppo di lavoro, è quello di descrivere una nuova misura nazionale di contrasto alla povertà assoluta e all'esclusione sociale, il «sostegno per l'inclusione attiva (sia)», che ancora non esiste nel sistema italiano e che rappresenta l'evoluzione naturale delle sperimentazioni già avviate con la carta acquisti;
   nonostante già dal 2008 la Commissione europea abbia emanato una raccomandazione a tutti i Paesi per l'adozione di una strategia d'inclusione attiva, articolata sui tre pilastri del sostegno economico, di mercati del lavoro inclusivi e di servizi personalizzati, e, in particolare, nonostante l'Italia sia stata anche oggetto di una raccomandazione specifica nell'ambito della Strategia Europa 2020, nella quale sia la Commissione europea che il Consiglio europeo hanno chiesto maggiori sforzi nella lotta alla povertà, pur nel contesto di rigore tuttora richiesto al nostro Paese, l'Italia è l'unico grande Paese europeo a non avere ancora una misura di questo tipo (tra i «Vecchi Quindici», solo la Grecia è nella condizione dell'Italia);
   fino ad oggi vi sono state sperimentazioni in poche regioni ed è operativa solo qualche misura locale (Valle d'Aosta, province di Bolzano e Trento; alcuni comuni, soprattutto nel Centro-Nord), ma nulla di significativo a livello nazionale;
   secondo la relazione illustrativa il sostegno per l'inclusione attiva si caratterizza: per l'universalità (non è cioè destinato solo ad alcune categorie, come l'assegno sociale o la pensione di invalidità civile, ma a tutti i poveri); per l'erogazione non solo di una semplice elargizione monetaria, ma per il collegamento di questa ad un percorso di inclusione e attivazione dei componenti del nucleo familiare; per la sua disponibilità a tutti i residenti legalmente in Italia da almeno due anni;
   nella relazione illustrativa si dedica ampio spazio anche alla fase attuativa, individuando nell'Inps il soggetto che verifica la prova dei mezzi, attraverso la dichiarazione isee, ed eroga il trasferimento, mentre i servizi sociali dei comuni dovrebbero prendere in carico le famiglie e stipulare con esse un progetto di inclusione e attivazione, fino alla verifica del suo rispetto –:
   quali siano attualmente le iniziative governative volte alla concreta realizzazione della misura in oggetto, anche tenendo in considerazione gli effetti finanziari stimati e la necessità di una sua attuazione progressiva e sperimentale.
(3-00363)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE e ALBANELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 6, comma 2, della legge 30 marzo 2001, n. 152, prevede la possibilità di avvalersi di collaboratori che operino in modo volontario e gratuito esclusivamente per lo svolgimento dei compiti di informazione, di istruzione delle pratiche, nonché di raccolta e consegna delle pratiche agli assistiti e agli operatori o, su indicazione di questi ultimi, ai soggetti erogatori delle prestazioni. In ogni caso, ai suddetti collaboratori non possono essere attribuiti poteri di rappresentanza degli assistiti. Resta fermo il diritto dei collaboratori al rimborso delle spese autorizzate secondo accordo ed effettivamente sostenute e debitamente documentate, per l'esecuzione dei compiti affidati. Le modalità di svolgimento delle suddette collaborazioni devono risultare da accordo scritto vistato dalla competente direzione provinciale del lavoro e per l'estero dalle autorità consolari e diplomatiche;
   l'articolo 7, comma 2, della medesima legge specifica tra le attività degli istituti di patronato e di assistenza sociale l'informazione e la consulenza ai lavoratori e ai loro superstiti e aventi causa relative all'adempimento da parte del datore di lavoro degli obblighi contributivi e della responsabilità civile anche per eventi infortunistici;
   l'articolo 8, comma 1, lettere c) e d), stabilisce che le attività di consulenza, di assistenza e di tutela degli istituti di patronato riguardano il conseguimento delle prestazioni di carattere socio-assistenziale, comprese quelle in materia di emigrazione e immigrazione ed il conseguimento, in Italia e all'estero, delle prestazioni erogate dai fondi di previdenza complementare, anche sulla base di apposite convenzioni con gli enti erogatori;
   l'articolo 10, comma 1, specifica che gli istituti di patronato possono altresì svolgere senza scopo di lucro attività di sostegno, informative, di servizio e di assistenza tecnica;
   l'articolo V della Costituzione introduce, in via di principio, la garanzia di un'ampia libertà conferita alle diverse collettività territoriali nel perseguimento e nella gestione di interessi locali, mediante il riconoscimento di una posizione di autonomia in favore dei rispettivi enti esponenziali. Con l'articolo 5 il principio autonomistico da modello organizzativo è elevato a principio fondamentale dell'ordinamento costituzionale. Esso denota la consapevolezza dei costituenti che il nodo Stato-enti locali sarebbe stato centrale nel dibattito politico, e avrebbe condizionato l'intero ordinamento giuridico;
   l'OMS (Organizzazione mondiale della sanità) reputa che la salute di un individuo sia dovuta alla compresenza di diversi fattori, quali: uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale – e non semplice assenza di malattia – e definisce la qualità della vita come «la percezione soggettiva che un individuo ha della propria posizione nella vita, nel contesto di una cultura e di un insieme di valori nei quali egli vive, anche in relazione ai propri obiettivi, aspettative e preoccupazioni» (OMS, 1948). La salute fisica, la condizione psicologica, i valori personali, il livello di indipendenza, i rapporti sociali, il modo di rapportarsi con le caratteristiche fondamentali dell'ambiente e le credenze personali (spiritualità), sono le dimensioni cardine della qualità della vita per l'Organizzazione mondiale della sanità;
   all'interno dei patronati è prevista e riconosciuta la figura del medico di base e dell'avvocato, mentre del tutto assente risulta essere la figura dello psicologo;
   diversi patronati hanno già messo in atto numerose iniziative in cui è stata inserita la figura dello psicologo, come ad esempio:
    a) il recente progetto sperimentale avviato dalla Cgil di Torino relativo al sostegno psicologico per il personale dei patronati e degli sportelli degli uffici vertenze, iniziativa sperimentale che il sindacato pensa di estendere in altre città colpite dalla crisi. Tale progetto è stato avviato a settembre 2013 per i 35 funzionari dell'Inca, l'ufficio patronato della Cgil: tre giornate formative di otto ore ciascuna, con il supporto di uno psicologo. L'esigenza e la motivazione degli operatori è emersa in una ricerca condotta su iniziativa del patronato; i lavoratori hanno un rapporto empatico con la gente che si presenta agli sportelli e non sanno come aiutarli. Hanno a che fare quotidianamente con il dolore e il disagio e non hanno gli strumenti per dare risposte e sostegno. Questo è il motivo per cui è stata sperimentata, con successo, la strada dell'assistenza psicologica, attività progettuale condivisa e sostenuta dal sindaco di Torino e dal segretario generale della CGIL Susanna Camusso;
    b) l'avvio delle attività dei punti famiglia in tutte le sedi ACLI e del CAF del territorio nazionale che prevedono uno sportello come servizio di assistenza e ascolto per le famiglie ed, inoltre, lo psicologo presente periodicamente nelle sedi, garantendo consulenza di uno psicologo, di un medico e di un avvocato; consulenza di operatori per pratiche varie per la famiglia nei settori previdenziali, assistenziali e fiscali in stretta collaborazione con il Patronato e il servizio fiscale provinciale;
    c) l'ulteriore esperienza dell'EPASA che ha allargato il ventaglio dei propri servizi offerti includendo uno psicologo dell'emergenza, servizi per salvaguardare i diritti sociali e di cittadinanza, per non lasciare soli bisognosi ed autosufficienti, per dare futuro ai giovani e valorizzare la risorsa «anziani», per affermare la legalità e per avere città più vivibili e sicure;
    d) la volontà della CISL di aiutare i liberi professionisti psicologi che si è concretizzata con la nascita del gruppo psicologi FELSA CISL (Federazione lavoratori somministrati autonomi atipici) con l'obiettivo diretto all'occupazione degli psicologi. Il fine ultimo è quello di sostenerli, in un'ottica comunitaria piuttosto che individuale: organizzando e difendendo sindacalmente gli aderenti che svolgono la libera professione a partire da un dato di emergenza occupazionale; promuovendo servizi e convenzioni che aiutino gli associati nella loro attività professionale in una prospettiva realmente sussidiaria, con particolare attenzione ai giovani professionisti; promuovendo iniziative e opportunità anche economiche per il sostegno della famiglia e della genitorialità e per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro; affiancandoli nella promozione della professione con linee guida condivise nella tutela dell'identità professionale;
   il gruppo psicologi FELSA vuole assumere una posizione di dialogo e confronto per lo sviluppo ed il rafforzamento di una tutela sempre più attiva ed incisiva della professione –:
   quali iniziative di competenza, anche alla luce di quanto esposto in premessa, si intendano adottare, anche di carattere normativo, al fine di favorire l'inserimento dello psicologo fra le figure professionali facenti parte dell'organico dei patronati, al fine di garantire un'assistenza dei cittadini globale ed adempiere nel migliore dei modi agli obiettivi e scopi per cui operano e sono stati fondati i patronati stessi, ossia lo svolgimenti di attività di consulenza, assistenza e di tutela dei cittadini.
(5-01151)


   MADIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   all'articolo 1, comma 339 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013), è stata introdotta, dando attuazione alla direttiva dell'Unione europea n. 2010/18/Ue, la possibilità di frazionare ad ore la fruizione del congedo parentale (già astensione facoltativa), rinviando tuttavia alla contrattazione collettiva di settore il compito di stabilire le modalità di fruizione del congedo stesso su base oraria, nonché i criteri di calcolo della base oraria e l'equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa;
   alla fine di luglio 2013 è stato accolto positivamente dalla direzione generale per le attività ispettive del Ministero del lavoro e delle politiche sociali l'interpello presentato unitariamente da Uil, Cgil e Cisl in merito alle modifiche apportate dalla legge di stabilità del 2013;
   l'interpello intendeva ulteriormente chiarire la portata del rimando alla contrattazione collettiva ed in particolare se potesse essere esteso alla contrattazione di secondo livello sia aziendale che territoriale. La risposta del Ministero ha stabilito che i contratti collettivi abilitati a disciplinare la materia «possano essere anche i contratti collettivi di secondo livello» –:
   quale sia, anche alla luce della chiarificazione del Ministero, lo stato di attuazione della suddetta normativa al fine di garantire un importante strumento di conciliazione per le famiglie, e in particolare per le lavoratrici, quale il congedo parentale frazionato. (5-01153)

Interrogazione a risposta scritta:


   PARISI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 9 settembre 2013 il Comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e dei periti commerciali, ha approvato una riforma del sistema previdenziale, che, secondo informazioni in possesso dall'interrogante, sembrerebbe sia voluta dalle autorità vigilanti sotto pena del commissariamento dell'ente medesimo;
   le misure proposte nell'ambito della riforma prevedono i seguenti interventi:
    a) contributo soggettivo elevato, a partire dal 2013, dall'8 per cento al 15 per cento (ridotto alla metà per i pensionati). Nel 2013 il contributo sarà del 10 per cento;
    b) aumento del contributo soggettivo supplementare allo 0,75 per cento;
    c) aumento dell'età pensionabile a 68 anni con un minimo di 40 anni di contribuzione;
    d) riduzione fino ad un massimo del 20 per cento della quota retributiva delle pensioni. In sostanza vengono fin da ora ridotte le pensioni degli iscritti non ancora pensionati, che, per di più, non saranno neppure interamente rivalutate né prima del pensionamento né dopo (confronta lettera g));
    e) contributo di solidarietà a carico dei pensionati modulato dall'1 al 5 per cento per le pensioni superiori a 12 mila euro dal 2014 al 2016;
    f) per cinque anni non vengono rivalutate le quote di pensione che eccedono cinque volte il trattamento minimo di pensione dell'INPS superiori, quindi, a (oggi) 32.200,00 euro;
    g) sia le quote retributive di pertinenza degli iscritti non ancora pensionati, che le pensioni, saranno rivalutate con i seguenti criteri:
     100 per cento fino a circa (oggi) 6.440,00 euro;
     75 per cento per l'importo compreso tra 6.440,00 euro e 12.880,00 euro;
     50 per cento per l'importo compreso tra 12.880,00 euro e 25.760,00 euro;
     40 per cento per l'importo compreso tra 25.760,00 euro e 38.640 euro;
     30 per cento per l'importo compreso tra 38.640,00 euro e 82.000,00 euro (tetto massimo della pensione);
   ai suindicati interventi, l'interrogante evidenzia ulteriori disposizioni, a suo giudizio non solo dannose, ma perfino lesive della dignità della categoria dei ragionieri e dei periti commerciali, quali: la non iscrivibilità alla Cassa ragionieri dei nuovi commercialisti, neanche se avessero esercitato il periodo di pratica presso un ragioniere e la non iscrivibilità degli esperti contabili;
   le misure precedentemente esposte, sebbene determinino, a giudizio dell'interrogante, un vasto disfacimento dei diritti, non sembrano tuttavia sufficienti ad assicurare l'equilibrio previdenziale, in quanto verrebbe prosciugata, ogni fonte da cui attingere nuovi flussi (solo i vecchi ragionieri, che non esistono più, se non teoricamente, potranno iscriversi alla Cassa), né tantomeno, a parere dell'interrogante viene data soluzione al cosiddetto riequilibrio generazionale, che, anzi, sotto diversi aspetti risulterebbe ulteriormente aggravato;
   l'interrogante segnala, come a suo giudizio, una riforma previdenziale basata su provvedimenti, senza nuovi ingressi, rivelerebbe nel complesso la sua evidente inconsistenza e la sua sostanziale fragilità;
   i criteri adottati per la perequazione inoltre, anche senza ipotizzare una inflazione a due cifre, come pure è stato per lunghi periodi del secolo scorso, ridurranno, a parere dell'interrogante, ed in maniera permanente, le pensioni ed ancor di più gli accantonamenti degli iscritti non ancora pensionati, incidendo pesantemente sulla loro «adeguatezza e proporzionalità», in violazione, quindi, di precisi limiti di ordine costituzionale;
   le misure proposte, in particolare quelle sulla perequazione monetaria e quella sull'introduzione del contributo di solidarietà, determineranno, a giudizio dell'interrogante, un probabile ed ampio contenzioso, i cui ricorsi che rischiano un probabile accoglimento, potrebbero vanificare la parte sostanziale della riforma, il cui peso rischia di ricadere negativamente sulle nuove generazioni;
   l'interrogante rileva inoltre che, in considerazione dei profili di criticità suesposti, occorrono interventi al fine di modificare le misure indicate dal comitato dei delegati ed esposte in precedenza, al fine di ricondurre la gestione della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e dei periti commerciali, a criteri di semplicità e maggiormente ragionevoli;
   l'interrogante evidenzia che le possibili soluzioni possono essere sintetizzante attraverso le tre seguenti misure:
    1) riprendere le linee guida previste dalla legge 24 febbraio 2005, n. 34, recante: «delega al Governo per l'istituzione dell'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili» che, mentre unificava le categorie dei ragionieri e dei dottori commercialisti, delegava contestualmente il Governo a disporre l'unificazione delle rispettive Casse di previdenza;
    2) allargare la platea degli iscritti alla suindicata Cassa, facendola divenire una cassa «pluri professionale», in una prospettiva di rendere più armonico l'intero sistema delle casse professionali, in considerazione che i soli esperti contabili non sono, infatti, sufficienti a sostenere l'equilibrio di lungo termine della medesima cassa;
    3) disporre la confluenza degli iscritti nella gestione speciale dell'INPS –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se, in considerazione dei rilievi critici esposti in premessa, non ritenga opportuno, prevedere nell'ambito delle sue competenze, iniziative volte a promuovere la sospensione dei provvedimenti introdotti dal Comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e dei periti commerciali, nell'ambito della riforma del sistema previdenziale, i cui interventi propositivi esposti in premessa, in grado di modificare il contenuto delle misure approvate dal medesimo Comitato, possono invertire in maniera positiva il sistema di previdenza;
   quali iniziative infine intenda intraprendere, nell'ambito delle sue competenze, al fine di sostenere, il proseguimento della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e dei periti commerciali, la cui valorizzazione del consistente patrimonio attuale dell'ente di previdenza e la tutela e la salvaguardia di oltre 30 mila famiglie degli iscritti, risultano prerogative indispensabili e fondamentali per garantire una prospettiva di stabilità nel lungo termine dell'ente di previdenza. (4-02094)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:


   GAGNARLI, GALLINELLA, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, L'ABBATE, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   ai fini della programmazione dei fondi strutturali per il periodo 2014-2020 l'accordo di partenariato-AP è un documento strategico di estrema rilevanza in quanto definisce precisi risultati da conseguire a livello nazionale attraverso la definizione di 11 obiettivi tematici;
   le criticità che si ravvisano in merito alla gestione dei fondi europei sono purtroppo note e vanno dalla incapacità delle istituzioni coinvolte di fare sistema, alla inefficienza delle strutture pubbliche preposte alla gestione dei programmi, dalle difficoltà dei programmatori pubblici di assicurare la fattibilità e la prevedibilità dei procedimenti competitivi per l'accesso a benefici ed incentivi fino alle enormi lacune nelle capacità tecniche dei soggetti ammissibili ai contributi;
   è evidente che per sfruttare al meglio i fondi messi a disposizione dall'Unione europea è necessaria un'azione sinergica da parte di tutte le istituzioni nazionali, affinché si concentrino le risorse su pochi ma strategici interventi e si predispongano, nel contesto delle politiche ordinarie, misure adeguate a massimizzare l'impatto delle azioni realizzate con il supporto dei finanziamenti europei per la coesione;
   tra le azioni previste per il conseguimento dell'obiettivo tematico 9, relativo all'inclusione sociale, è prevista la promozione, presso le aziende agricole, di progetti di agricoltura sociale, rivolti alla formazione e all'inserimento lavorativo e alla creazione di servizi alla popolazione;
   nel corso di questa legislatura la Commissione agricoltura ha avviato la discussione di diversi progetti di legge in materia di agricoltura sociale volti a regolamentare tale attività, senza che si sia ancora giunti all'approvazione di un testo condiviso;
   a parere degli interroganti, è assolutamente urgente l'approvazione di un testo normativo, considerato che le azioni a sostegno dell'agricoltura sociale sono incluse nell'accordo di partenariato e che sono perciò considerate prioritarie dal Governo ed incluse nella strategia complessiva di utilizzo dei fondi europei –:
   se non intenda promuovere iniziative per definire un quadro normativo chiaro indispensabile a programmare gli interventi di promozione dell'agricoltura sociale a valere sul FEASR. (5-01165)


   FRANCO BORDO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di giugno 2013 in alcuni comuni della provincia di Pordenone sono stati seminati campi di mais utilizzando sementi geneticamente modificate del tipo MON810, in assenza del provvedimento autorizzativo prescritto dall'articolo 1 del decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 212;
   i promotori delle semine suddette hanno ritenuto di avvalersi della pronuncia della Corte di giustizia europea dell'8 maggio 2013 (causa C-542/12) per aggirare l'obbligo di ottenere preventivamente l'assenso dell'autorità nazionale competente;
   in data 12 luglio 2013 il Ministro della salute, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare hanno sottoscritto congiuntamente un decreto che vieta in via cautelativa, sull'intero territorio nazionale, la coltivazione del mais geneticamente modificato MON810, provvedimento adottato ai sensi dell'articolo 34 del regolamento (CE) 1829/2003 che consente agli Stati membri di adottare misure d'emergenza qualora sia manifesto che prodotti geneticamente modificati possano comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l'ambiente;
   nelle motivazioni citate nel suddetto decreto è richiamato il dossier predisposto dal Consiglio per la ricerca e la Sperimentazione in agricoltura (CRA), con particolare riguardo al possibile impatto delle colture geneticamente modificate sugli imenotteri parassitoidi specialisti e sulle popolazioni di lepidotteri non bersaglio, e all'eventualità che si possano sviluppare «parassiti secondari potenzialmente dannosi per altre colture»;
   nelle motivazioni del sopracitato decreto è inoltre richiamato il parere dell'ISPRA del 30 aprile 2013, nel quale si evidenzia il rischio per le popolazioni di lepidotteri non target e non si esclude la possibilità di un impatto negativo sugli organismi acquatici sensibili alle tossine CrY1Ab;
   l'articolo 2 del decreto-legge 22 novembre 2004, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2005, n. 5, prescrive che le colture convenzionali, biologiche e transgeniche siano praticate «senza che l'esercizio di una di esse possa compromettere lo svolgimento delle altre» e che «l'introduzione di colture transgeniche avviene senza alcun pregiudizio per le attività agricole preesistenti e senza comportare per esse l'obbligo di modificare o adeguare le normali tecniche di coltivazione e allevamento»;
   nonostante il citato decreto interministeriale del 12 luglio 2013 abbia stabilito il divieto di coltivazione e nonostante il rischio di danno ambientale e contaminazione delle colture agricole prefigurato nelle ricerche condotte da enti pubblici citate a supporto del decreto stesso, le coltivazioni di mais MON810 in provincia di Pordenone non sono state soggette, nel periodo intercorso dalla semina al 23 settembre 2013, ad alcun provvedimento restrittivo o cautelativo da parte delle autorità regionali e locali, al fine di prevenire il contatto con le colture limitrofe e la circolazione di pollini contaminanti anche a lunga distanza, in particolare nella fase di fioritura delle piante;
   in assenza di qualunque accorgimento o prescrizione tecnica cautelativa a carico delle colture di mais MON810 in questione non si può escludere che si possano già essere determinati o siano in fase di avvio i danni potenziali all'ambiente, alla biodiversità e alle colture limitrofe paventati negli studi del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura e dell'ISPRA;
   il 23 settembre 2013 il direttore del Corpo forestale della regione Friuli Venezia Giulia, dottor Massimo Stroppa, ha emesso un'ordinanza, in attuazione dell'articolo 11-bis della legge regionale n. 5 del 2011, che prevede alcune prescrizioni riguardanti la sola fase di raccolta per i campi di mais MON810 coltivati nel comune di Vivaro (Pordenone);
   in tale provvedimento il sopra citato direttore afferma, fra l'altro, che «alla luce di tale quadro normativo e giurisprudenziale, la messa in coltura di mais iscritto nel catalogo comune europeo sia da considerarsi libera», omettendo di citare e di fatto ignorando gli effetti del decreto interministeriale del 12 luglio 2013 in merito al divieto vigente per la messa in coltura di mais MON810;
   l'ordinanza del direttore del Corpo forestale regionale presenta pertanto, a giudizio dell'interrogante, profili di dubbia legittimità per eccesso di potere, falsità dei presupposti ed inosservanza della legge;
   tale ordinanza non prevede inoltre alcuna prescrizione per la gestione del prodotto geneticamente modificato successiva alla fase di raccolta, dovendosi invece provvedere al sequestro, alla messa in sicurezza e all'eventuale smaltimento delle derrate di mais ogm al di fuori della filiera zootecnica ed alimentare;
   nonostante non siano ad oggi rese note dalla regione Friuli Venezia Giulia le risultanze dei monitoraggi ambientali condotti nell'area interessata dalle colture transgeniche, i responsabili del Corpo forestale della regione hanno pubblicamente affermato che: «dai sopralluoghi e dalle analisi effettuate riteniamo che vi sia in atto una contaminazione nelle aree circostanti e la tracciabilità non è stata rispettata»;
   secondo l'interrogante è necessario e urgente disporre, con il supporto dei servizi operativi di competenza del Ministero, un approfondito monitoraggio ambientale nell'area della provincia di Pordenone interessata dalla presenza di coltivazioni non autorizzate di mais geneticamente modificato del tipo MON810, ed è altresì non più rinviabile l'adozione, ai sensi dell'articolo 304 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, di misure cautelari urgenti per prevenire il danno ambientale, con particolare riferimento al sequestro dei campi coltivati e delle derrate di mais eventualmente raccolte;
   a parere dell'interrogante bisogna altresì chiedere conto alla regione Friuli Venezia Giulia in merito alla suddetta ordinanza del 23 settembre, emessa in contrasto rispetto al decreto interministeriale del 12 luglio 2013 –:
   quali iniziative si intendano assumere per prevedere misure sanzionatorie urgenti e permanenti a supporto del divieto di coltivazione su tutto il territorio nazionale del mais MON810 introdotto dal decreto interministeriale del 12 luglio 2013. (5-01166)


   CENNI, OLIVERIO, ZANIN, LUCIANO AGOSTINI, ANZALDI, ANTEZZA, FIORIO, SANI, CARRA, COVA, DAL MORO, COVELLO, FERRARI, MARROCU, MONGIELLO, PALMA, TARICCO, TENTORI, TERROSI, VALIANTE e VENITTELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 15 giugno 2013 a Vivaro (Pordenone) seimila metri quadrati sono stati seminati con mais geneticamente modificato MON810 creando un altissimo rischio di contaminazione nel nostro Paese; gli agenti del Corpo forestale regionale, giunti sul luogo per effettuare i controlli necessari e ad accertare la regolare etichettatura delle sementi impiegate, come previsto dalla normativa in vigore, si sono visti negare l'accesso al terreno seminato e, pertanto, non hanno potuto procedere al prelievo di campioni del prodotto per condurre analisi specifiche;
   è importante sottolineare che in Friuli Venezia Giulia è in atto ormai da due anni un tentativo forzoso di introduzione delle colture OGM da parte di alcuni agricoltori, che espone a forti rischi di contaminazione le produzioni agricole del territorio senza alcun rispetto della volontà popolare dei cittadini italiani che, in numerose occasioni, hanno già da tempo dichiarato la propria contrarietà all'introduzione di coltivazioni OGM sul territorio nazionale;
   il Parlamento è intervenuto sulla questione dell'avvenuta semina di mais geneticamente modificato, approvando una risoluzione ed una mozione con cui ha impegnato il Governo ad assumere iniziative per la distruzione immediata dei campi coltivati con mais MON 810, al fine di evitare ogni forma di possibile contaminazione ambientale e delle produzioni agricole locali;
   anche la Conferenza delle regioni e delle province autonome, con l'ordine del giorno dell'11 luglio 2013 ha espresso forte preoccupazione per il rischio di contaminazione delle colture biologiche e convenzionali in seguito alle avvenute semine di mais MON810 in Friuli Venezia Giulia, e ha sollecitato il Governo ad adottare provvedimenti di divieto per la coltivazione di organismi geneticamente modificati sul territorio nazionale;
   il Governo ha, quindi, adottato un decreto interministeriale l'11 luglio 2013 nel quale ha disposto che «la coltivazione di varietà di mais MON810, provenienti da sementi geneticamente modificate è vietata nel territorio nazionale, fino all'adozione di misure comunitarie di cui all'articolo 54, comma 3 del regolamento (CE) 178/2002 del 28 gennaio 2002 e comunque non oltre diciotto mesi dalla data del presente provvedimento»; il suddetto decreto è entrato in vigore l'11 agosto 20113, il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale;
   tuttavia, ad oggi, il decreto non risulta ancora applicato, poiché il territorio in cui sono avvenute le semine di mais MON810 non è stato bonificato né sono stati messi in sicurezza i campi coltivati con prodotti non OGM dalle sicure contaminazioni dovute dalla fioritura del mais transgenico che oramai si trova ad un punto di maturazione tale da essere trebbiato;
   inoltre, da notizie di stampa risulterebbe che siano molti di più i terreni coltivati ad OGM in Friuli perché l'agenzia regionale per lo sviluppo rurale ERSA, rispondendo a una specifica richiesta di europarlamentari italiani, ha dichiarato che «oltre ai già noti terreni coltivati con mais Ogm Mon 810 da Giorgio Fidenato a Vivaro (Pordenone) e a Mereto di Tomba (Udine) seminati il 15 giugno scorso, ve ne sono altri 5 sempre nel comune di Vivaro seminati il 14 aprile», confermando il tentativo forzoso di introduzione delle colture OGM in atto nella regione;
   la totale assenza di interventi di messa in sicurezza dei campi dagli OGM da parte del Corpo forestale regionale sembrerebbe causata dalla diversa interpretazione data dalla magistratura circa l'efficacia applicativa del decreto interministeriale di divieto di coltivazione di mais geneticamente nidificato MON 810, ritenuto, secondo parte della magistratura, non applicabile alle semine avvenute anteriormente all'entrata in vigore del decreto interministeriale;
   il 4 ottobre 2013, a Pordenone si è svolta una riunione della task force «Italia libera da ogm». In occasione dell'incontro si è avuta notizia, dai rappresentanti del Corpo forestale dello Stato presenti, di probabili avvenute contaminazioni nelle aree confinanti con i campi sopra menzionati;
   l'ordinanza della regione Friuli Venezia Giulia di fatto non recepisce i contenuti ed i divieti del decreto interministeriale del luglio 2013;
   tali novità sono da ritenere molto preoccupanti delle politiche agricole, alimentari e forestali per la tutela della biodiversità delle aree agricole del territorio circostante nonché in violazione delle norme varate dal Governo attraverso il concorso dei Ministeri della salute, dell'ambiente, a giudizio degli interroganti, sarebbe urgente intervenire sui seguenti aspetti:
   a) affrontare e risolvere la questione esposta in premessa, in particolare per quel che riguarda la messa in sicurezza delle produzioni agricole del territorio del Friuli Venezia Giulia dalle contaminazione OGM derivanti dalla coltivazione del mais MON 810;
   b) verificare se esistono ulteriori coltivazioni di mais geneticamente modificato MON 810 in altri territori della regione Friuli, così come risulterebbe dai dati forniti dall'agenzia regionale per lo sviluppo rurale (ERSA);
   c) attivarsi in sede comunitaria affinché si proceda all'approvazione di strumenti normativi che prevedano il divieto di coltivazione degli OGM da parte degli Stati membri anche per motivi diversi da quelli legati alla valutazione degli effetti negativi per la salute e per l'ambiente, in applicazione, come già avviene in altri Paesi, del principio di precauzione e di salvaguardia;
   d) vigilare affinché quanto disposto dal Governo con proprio decreto venga realmente applicato nel Paese –:
   se siano state verificate le notizie circa una contaminazione già avvenuta nelle coltivazioni circostanti i campi in cui è avvenuta la semina di mais Mon 810, manifestate il 4 ottobre 2013 a Pordenone dai rappresentanti del Corpo forestale dello Stato incaricati del monitoraggio ambientale, e come si intenda intervenire in proposito. (5-01167)


   CATANOSO e FAENZI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   con decreto direttoriale 28 febbraio 2013, in ottemperanza della raccomandazione ICCAT n. 11-03, il capo dipartimento pesca del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, dottor Giuseppe Serino, all'articolo unico decretava il divieto di pescare (catture bersaglio e/o accessorie), esemplari di pesce spada nei seguenti periodi: dal 1o al 31 marzo 2013 e dal 1o ottobre al 30 novembre 2013;
   il pesce spada si cattura esclusivamente con l'attrezzo «palangaro», eccettuata qualche sporadica cattura con l'arpione;
   verosimilmente esistono imprese di pesca che praticano solo ed esclusivamente la pesca al pesce spada, con il palangaro, per le quali tale divieto comporta inevitabilmente e praticamente una sospensione forzata dell'attività;
   sarebbe opportuno dare la possibilità alle imprese di pesca interessate dal divieto di fermare le imbarcazioni, prevedendo al, pari dello strascico un fermo pesca, con pari indennizzo e modalità attuative;
   sarebbe opportuno vietare altresì, per i medesimi periodi, la commercializzazione di pesce spada di importazione, sul territorio nazionale, onde evitare che i Paesi terzi, non interessati dalla limitazione anzidetta, peschino pesce spada nel Mediterraneo sino a 12 miglia dalle coste italiane, e rivendano il prodotto, con conseguente annullamento della tutela biologica prevista dalla raccomandazione ICCAT, annullando di fatto i sacrifici sostenuti dalle imprese di pesca italiane –:
   quali iniziative di competenza, abbia intenzione di adottare il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa. (5-01168)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLINELLA, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, L'ABBATE, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   come noto, il fenomeno della contraffazione di prodotti e marchi europei colpisce particolarmente i settori produttivi del cosiddetto «made in Italy» tanto da determinare lo sviluppo di un vero e proprio mercato illegale con ingentissimi danni economici per i produttori nazionali;
   al fine di contrastare tale fenomeno sono stati recentemente costituiti alcuni organismi ad hoc tra cui il Consiglio nazionale anticontraffazione (CNAC), di natura interministeriale, con funzioni di impulso e coordinamento strategico delle iniziative intraprese da ogni amministrazione con lo scopo di migliorare l'insieme dell'azione di contrasto a livello nazionale e l'ispettorato centrale della tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti agroalimentari, organo tecnico di controllo del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali con compiti specifici di repressione delle frodi e di tutela della qualità dei prodotti agroalimentari;
   con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 13 febbraio 2003, n. 44, è stato istituito un comitato tecnico formato dai rappresentanti di tutti gli organismi di controllo al fine di rendere più agevole la concertazione di azioni volte ad attuare una più energica lotta alle frodi ed un miglior controllo del territorio;
   ulteriori iniziative di natura parlamentare, quali la proposta di istituzione del Comitato nazionale per la tutela dei prodotti agricoli e agroalimentari di qualità certificata, attualmente in discussione presso la Commissione permanente agricoltura e la proposta di inchiesta parlamentare sui fenomeni della contraffazione e della pirateria nel settore agroalimentare presentata dal primo firmatario del presente atto, che tuttavia focalizzerà la propria attività sulla disamina delle maggiori criticità con riferimento soprattutto alle eventuali falle nel sistema dei controlli e della corretta applicazione della normativa, completano il quadro degli strumenti utili al fine di contrastare il fenomeno della contraffazione –:
   come si intenda procedere al coordinamento dell'attività degli organismi suddetti e come tali organismi si coordinino a loro volta con le forze dell'ordine preposte al monitoraggio e al controllo dell'applicazione della normativa anticontraffazione. (5-01155)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


   FIANO e MANFREDI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   risulta agli interroganti che la procura regionale della Corte dei conti – sezione giurisdizionale per la Campania – già nel novembre 2011 avrebbe chiesto al segretario generale del comune di Marigliano:
    a) copia della delibera con la quale l'avvocato Romano è stato nominato direttore generale e del relativo contratto;
    b) nominativo, dati anagrafici, codice fiscale ed eventuale residenza dei consiglieri comunali che hanno proceduto a votare favorevolmente la delibera n. 5 del 26 febbraio 2010 nonché dei soggetti che hanno espresso il parere favorevole di regolarità tecnico-contabile del segretario generale e del direttore generale, nonché del sindaco che ha proceduto a conferire il mandato all'avvocato Romano del contenzioso innanzi al TAR;
    c) quantificazione delle somme complessivamente erogate nei confronti dell'avvocato Romano in virtù del rapporto di consulenza intercorso con il professionista a seguito della delibera di giunta n. 85 del 27 aprile 2004 e relativi mandati di pagamento, nonché la data di inizio e fine del rapporto consulenziale;
    d) ulteriori contratti di consulenza, assistenza legale e rappresentanza in giudizio conferiti all'avvocato Romano dall'ente successivamente al deliberato giuntale del 27 aprile 2004;
    e) copia del mandato di pagamento erogato nei confronti dell'avvocato Giuseppe Romano;
   secondo quanto risulta agli interroganti, l'avvocato Giuseppe Romano avrebbe percepito compensi per assistenza legale e rappresentanza in giudizio nel periodo nel quale lo stesso era in servizio quale direttore generale con formale contratto; non è noto se l'avvocato Giuseppe Romano abbia effettivamente espletato l'attività di patrocinio legale anche per conto del comune di Marigliano ed al tempo stesso l'incarico di direttore generale –:
   se intenda effettuare un accertamento presso il comune di Marigliano ai sensi dell'articolo 60, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, anche alla luce delle richieste della Corte dei conti. (5-01158)


   COZZOLINO, DADONE, DIENI, D'AMBROSIO, FRACCARO, LOMBARDI, NUTI e TONINELLI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   in data 16 novembre 2011 DigitPA (ora Agenzia per l'Italia Digitale AglD) ha approvato definitivamente le linee guida per il disaster recovery delle pubbliche amministrazioni, secondo quanto previsto al comma 3, punto b) dell'articolo 50-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 e successive modificazioni e integrazioni;
   al mese di settembre 2013 solo 770 amministrazioni su circa 10 mila, hanno già sottoposto a AglD la richiesta di parere;
   entro quindici mesi dall'entrata in vigore del decreto legislativo n. 235 del 2010 le amministrazioni avevano il compito di definire in prima battuta gli studi di fattibilità e sulla base di detti studi i piani di emergenza, continuità operativa e disaster recover;
   è compito del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione assicurare l'omogeneità delle soluzioni di continuità operativa definite dalle diverse amministrazioni e informare con cadenza annuale il Parlamento –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, alla luce dei risultati fino a oggi conseguiti, assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di prevedere una sanzione nei confronti delle amministrazioni inadempienti. (5-01159)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   QUARTAPELLE PROCOPIO, CASATI, CHAOUKI, GRASSI, TIDEI, D'INCECCO, IORI, MANCIULLI, PATRIARCA, RIGONI e CASSANO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 giugno 2013 è stato pubblicato il parere «traffico illegale di organi umani tra viventi» redatto dal professor Lorenzo d'Avack, vicepresidente vicario del Comitato nazionale per la Bioetica, e dal professor Adriano Bompiani, presidente onorario del Comitato nazionale della bioetica;
   l'esistenza a livello mondiale del traffico illecito di organi umani ai fini di trapianto è un fatto drammatico che rappresenta un pericolo reale per la salute pubblica e individuale e viola i diritti fondamentali e la dignità dell'uomo. Aggiungasi che questo mercato vede vittime con sempre maggiore frequenza persone vulnerabili, quali prigionieri, condannati a morte, minori (bambini rapiti per acquisire organi). Soprattutto in questi ultimi decenni il flusso di organi e di parti del corpo percorre le moderne rotte internazionali tracciate dal capitale: dal Sud al Nord, dal terzo al primo Mondo, dai poveri verso i ricchi. Nel peggiore dei casi questo traffico si traduce in forme di esproprio, sfruttamento e coercizione;
   un recente articolo di giornale mette in luce che la legislazione italiana non ha previsto alcuna sanzione verso i cittadini italiani che si recano all'estero per trapianti come invece ha già fatto la Germania che punisce il cittadino alla ricerca di organi, con una clausola di extraterritorialità, anche in Paesi — come Singapore — dove è legittimo comprarli. (The Epoch Times Italia, 18 giugno 2013);
   il traffico illegale di organi è un problema che non riguarda più solo la Cina, ma anche l'Europa, come ha affermato Lorenzo D'Avack durante la conferenza tenutasi recentemente a Roma «Diritti umani violati in Cina: l'abuso dei trapianti di organi». Il Consiglio d'Europa — ha affermato D'Avack — si è espresso in passato perché i Paesi europei aderiscano ad una convenzione che offra una legislazioni uniforme tra di loro, determini precisamente cosa si intende per traffico d'organi, criminalizzi coloro che danno vita a questo traffico e infine tuteli i donatori di organi, le parti deboli in questa macabra vicenda che nasconde un business multimilionario –:
   quali notizie abbia il Governo in merito all'esistenza di traffico d'organi in Italia;
   quali iniziative s'intendano assumere per normare il turismo per espianti di organi. (4-02086)


   ANTEZZA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero della salute, nel corso del 2012, ha proposto che nella attuazione della direttiva europea sulla assistenza sanitaria transfrontaliera sia istituita una rete di centri di eccellenza per la ricerca sull'amianto e sulle azioni conseguenti di sanità pubblica. La proposta è stata accettata e l'Italia è stata invitata a presentare una proposta operativa nel prossimo Consiglio dei ministri della salute previsto a Cipro entro l'anno 2013;
   in tale quadro il Ministero ha promosso la pubblicazione, nel giugno 2012, del quaderno del Ministero della salute n. 15 «Stato dell'arte e prospettive in materia di contrasto alle patologie asbesto-correlate», il quale delinea lo stato attuale delle conoscenze e formula proposte di intervento in merito alle tematiche sanitarie, ambientali e previdenziali e al quale si rimanda per riferimenti e approfondimenti; 
   successivamente lo stesso Ministero della salute ha promosso a Venezia, nel novembre 2012, la Conferenza governativa sulla tematica dell'amianto che ha permesso di focalizzare le questioni sopra riportate e acquisire indicazioni da tutte le parti sociali coinvolte;
   in tale conferenza è stata decisa la redazione del piano nazionale amianto da parte dei Ministeri della salute, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e del lavoro e delle politiche sociali, poi redatto e sottoposto alla Conferenza unificata nella seduta del 10 aprile 2013 dove risulta che il piano si sia arenato sostanzialmente per le osservazioni di carattere finanziario avanzate dal MEF;
   a ulteriore testimonianza dell'attualità ed importanza della materia si evidenzia la risoluzione del Parlamento europeo del 14 marzo 2013 sulle «Minacce per la salute sul luogo di lavoro legate all'amianto e le prospettive di eliminazione di tutto l'amianto esistente» che, tra l'altro, «invita gli Stati membri a portare avanti la progressiva eliminazione dell'amianto nel minor tempo possibile... invita la Commissione a includere una strategia coordinata in materia di amianto nella prossima strategia dell'UE 2014-2020 per la salute e la sicurezza...» e formula altresì una nutrita serie di raccomandazioni in materia sanitaria, ambientale e previdenziale; 
   l'attenta lettura della documentazione citata fa emergere una sostanziale unita di intenti, strategia ed obiettivi tra quelli individuati in sede... nazionale, e in particolare nel piano nazionale amianto, e quelli delineati in sede dell'Unione europea, confermando la assoluta centralità del tema e l'impellenza di agire con particolare riferimento alle attività di messa in sicurezza e successiva bonifica a partire dalle situazioni di interesse pubblico –:
   quale sia lo stato dell'iter amministrativo del piano nazionale amianto e se corrisponda al vero che esso non ha compiuto ulteriori passi dopo lo stop subito in Conferenza unificata nonostante risulti che i Ministeri della salute e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbiano inviato le proprie controdeduzioni alle osservazioni del MEF;
   come si intenda procedere per la risoluzione delle non più rinviabili attività di messa in sicurezza e bonifica degli edifici pubblici contaminati da amianto quali scuole, ospedali e uffici pubblici, individuati durante le attività di mappatura dell'amianto;
   quali risorse si intendano dedicare alle predette attività di messa in sicurezza e bonifica di strutture e manufatti pesantemente contaminati da amianto nonché per finanziare le attività di mappatura;
   se, alla luce di quanto esposto in premessa, non intenda valutare la possibilità di assumere iniziative per consentire agli enti locali di derogare al patto di stabilità per le operazioni di bonifica. (4-02088)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FABBRI, BENAMATI, MONTRONI, PETITTI, PAGANI, DE MARIA, CARLO GALLI, MARCHI, INCERTI, ZAMPA, LENZI e BOLOGNESI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il trasporto pubblico locale e i treni per i pendolari sono stati pesantemente danneggiati dalle manovre degli ultimi anni e in molte regioni sono stati effettuati tagli nei collegamenti ed è aumentato il costo di biglietti e abbonamenti;
   la BredaMenarinibus (uno dei primi produttori italiani di autobus), attualmente di proprietà di Finmeccanica spa, rappresenta una realtà produttiva importante del territorio bolognese che attualmente impiega circa 279 persone e che ne ha coinvolte fino a un migliaio negli anni ‘90;
   la proprietà ha dichiarato nel 2011 la volontà di alienare la BredaMenariniBus. A seguito della notizia l'azienda ha registrato un drastico calo delle quote di mercato nazionale;
   da gennaio 2011 è attivata la cassa integrazione (prima ordinaria, poi straordinaria) per i lavoratori della Breda; l'attuale situazione di BredaMenarinibus è critica ed è a serio rischio l'esistenza stessa di una realtà che opera ininterrottamente da oltre 90 anni nel territorio bolognese;
   la BredaMenarinibus rappresenta una realtà d'eccellenza i cui automezzi sono attualmente in circolazione in molte città d'Europa con una filiera di progettazione e produzione completamente italiana;
   la BredaMenarinibus, insieme alla Irisbus di Flumeri di Avellino, è l'ultima azienda italiana che opera e presidia un settore produttivo e progettuale strategico per il futuro del trasporto pubblico e per le politiche ambientali legate al trasporto sia locale che nazionale;
   il 18 settembre 2013 il Governo ha espresso parere favorevole alla mozione n. 1/00186 sulla crisi delle due aziende suddette garantendo l'attenzione dell'esecutivo sia nei confronti dell'occupazione che della difesa dell'industria nazionale –:
   se non ritenga doveroso convocare un tavolo a livello nazionale con tutte le parti sociali al fine di rivedere le ipotesi di cessione dell'azienda e di favorire il mantenimento della proprietà in Finmeccanica;
   quali siano le scelte strategiche di politica industriale nel settore del trasporto pubblico. (5-01149)


   FABBRI, BENAMATI, MONTRONI, BOLOGNESI, DE MARIA, LENZI e CARLO GALLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda Mandarina Duck, noto marchio della pelletteria italiana, nato oltre 30 anni fa a Cadriano (Bologna), dal 2011 è stata ceduta alla multinazionale sud-coreana E-Land;
   la nuova proprietà, adducendo un calo di fatturato negli ultimi due anni, ha deciso di trasferire la testa del gruppo a Milano e di vendere la sede di Granarolo dove lavorano 52 persone;
   a fine settembre 2013 l'azienda sudcoreana ha presentato in provincia di Bologna un piano industriale che prevede nel giro di poco tempo il trasferimento di circa 15 persone nella sede milanese, l'esubero dei restanti lavoratori e la vendita della sede di Bologna;
   i lavoratori, preoccupati dallo smantellamento della storica azienda sono in mobilitazione e hanno proclamato scioperi e manifestazioni –:
   se siano a conoscenza della situazione descritta in premessa e cosa intendano fare per porre soluzione a questa preoccupante situazione aziendale;
   quali siano le scelte strategiche di politica industriale nel settore della pelletteria e del manifatturiero in generale. (5-01152)


   VIGNALI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   RetItalia internazionale è la società di informatica, in house all'Agenzia ICE, «Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane». Gli impiegati di retItalia internazionale operano da più di 30 anni per la mission dell'ICE e grazie alle competenze di tali professionisti dell’information technology, retItalia internazionale è stata in grado di offrire servizi professionali integrati, in un ampio spettro di aree tematiche, attraverso un approccio basato sull'utilizzo di metodologie, conoscenze e innovative tecnologie informatiche;
   il 22 gennaio 2013 l'Agenzia ICE ha deliberato la vendita di retItalia internazionale per un contratto quinquennale pari a 15 milioni di euro (IVA inclusa), ossia 3 milioni annui (IVA inclusa). Tale valore economico non consente la sopravvivenza lavorativa di più della metà del personale di retItalia internazionale, poiché il costo della società è pari a circa 4,3 milioni di euro (IVA esclusa);
   in relazione alle limitate risorse rese disponibili dalla Agenzia ICE, le professionalità e lo stesso patrimonio informatico, in gestione a retItalia internazionale, rischiano di andare dispersi in conseguenza dell'alienazione della società;
   per ovviare a ciò, salvaguardare gli investimenti fatti, capitalizzare le risorse e le conoscenze professionali disponibili, si ritiene che la soluzione meno rischiosa per l'integrità del patrimonio informatico e la salvaguardia dei livelli occupazionali, dei 65 lavoratori della società, sia quella di mantenere retItalia internazionale nel circuito della pubblica amministrazione;
   si è appreso con soddisfazione che il Viceministro Calenda si è occupato in prima persona della situazione drammatica degli impiegati di retItalia internazionale contribuendo attivamente ad alleggerire una cassa integrazione estremamente penalizzante avviata a maggio del 2012;
   nelle riunioni con l'Agenzia ICE e il Viceministro Calenda è stato assicurato ai rappresentanti sindacali che sarebbero stati informati circa le eventuali eccedenze emerse dalla relazione dell’advisor che ha redatto la due diligence e il bando di gara, al fine di trovare soluzioni che consentissero la piena collocazione di tutti i lavoratori di retItalia internazionale, non trascurando di sondare e percorrere anche soluzioni alternative alla vendita, assolutamente prima della pubblicazione del bando di gara per la vendita di retItalia internazionale;
   ciò nonostante i rappresentanti sindacali non sono stati informati né su quanto è emerso dalla analisi effettuata, né sulle strategie da adottare per la salvaguardia dei 65 posti di lavoro degli impiegati di retItalia internazionale;
   risulta che l'incontro con ICE e con l’adivisor, avvenuto il 24 settembre 2013 ha destato ulteriori notevoli preoccupazioni sulla piena collocazione di tutti i lavoratori della società;
   le agitazioni sono legate all'assenza di riscontri certi in merito alla salvaguardia di tutti i posti di lavoro a due settimane circa dall'emissione del bando di gara per la vendita della società con:
    a) un contratto allegato al bando di gara, pari a 3 milioni di euro inclusa IVA, vale a dire circa 2,3 milioni che risulta insufficiente per la garanzia dei livelli occupazionali;
    b) l'esclusione dal bando e dal contratto di due progetti di rilievo e di carattere strategico, assegnati nel 2011 e nel 2012 dal Ministero dello sviluppo economico:
     1) il portale «made in Italy», un sistema di vetrine virtuali e commercio elettronico dei prodotti italiani sul mercato internazionale;
     2) l’international trade hub-Italia, un portale sponsorizzato dal «tavolo strategico nazionale per la trade facilitation» che consente alle imprese italiane di accedere da un unico punto a i tutti processi relativi all'internazionalizzazione –:
   per quali ragioni non si siano trovate soluzioni che consentano la piena salvaguardia dei posti di lavoro, prima di procedere alla consegna del bando di gara all'autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture;
   se si intendano assumere iniziative per la sospensione della pubblicazione del suddetto bando di gara al fine di trovare soluzioni per la piena occupazione dei lavoratori di retItalia internazionale e, non per ultimo, mantenere competenze e conoscenze all'interno del circuito della pubblica amministrazione. (5-01160)

Interrogazione a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Dayco, è tra le più importanti realtà produttive nel territorio della Val Pescara, sia per numero di occupati che per qualità produttiva. L'azienda produce cinghie di trasmissione in gomma destinate agli autoveicoli delle case automobilistiche più prestigiose;
   sono circa seicento i dipendenti dislocati in varie sedi: due stabilimenti allo scalo di Manoppello (PE), e uno a Chieti dove c'e anche la sede direzionale;
   per circa 280 dipendenti sono in atto, da novembre 2012, contratti di solidarietà per impedire i licenziamenti, che scadranno nel novembre 2013;
   i rappresentanti sindacali hanno espresso forti preoccupazioni per l'incertezza sulle prospettive dell'azienda;
   inoltre gli stessi contestano l'annuncio di 60 esuberi che potrebbero scattare entro fine anno sottolineando che un tale provvedimento striderebbe notevolmente con l'ammortizzatore sociale in atto;
   si paventa anche il rischio che l'azienda ricorra ad esternalizzare parti di produzione che potrebbe provocare nuovi esuberi;
   in questo scenario critico per i lavoratori e per lo sviluppo economico della Val Pescara diventa urgente salvaguardare le eccellenze produttive attraverso la condivisione di un piano industriale che possa mettere in sicurezza sia la produzione che l'occupazione –:
   se non ritenga doveroso convocare le parti sociali per verificare il piano industriale e cercare soluzioni produttive e occupazionali che salvaguardino il futuro economico e sociale di Val Pescara.
(4-02091)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Lenzi e altri n. 2-00236, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bindi.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Spessotto e Cozzolino n. 4-01818, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 settembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Lorenzis.

  L'interrogazione a risposta scritta Brescia n. 4-01993, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 settembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Lorenzis.

  L'interrogazione a risposta orale Scanu e altri n. 3-00356, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Manfredi.

  L'interrogazione a risposta scritta Dell'Orco e altri n. 4-02080, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Lorenzis.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione a risposta in Commissione Amendola n. 7-00112, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 89 del 2 ottobre 2013.

    La III Commissione,
   premesso che:
    il Parlamento italiano, nel Senato della Repubblica e nella Camera dei deputati, ha, negli anni precedenti, seguito con costante attenzione la situazione del Myanmar;
    l'Italia è vicina da tempo al popolo birmano e ha manifestato il suo sostegno sia attraverso le iniziative di associazioni, istituzioni locali e società civile, sia attraverso la costituzione dell'Associazione parlamentare «Amici della Birmania» dalla XIV legislatura, e i contatti diretti che l'Associazione ha avuto con Aung San Suu Kyi e la realtà sociale e politica del Paese;
    numerosi e significativi sono stati i pronunciamenti del Parlamento italiano per la difesa dei diritti umani in Myanmar, la liberazione dei prigionieri politici a cominciare da Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la Pace, per lunghi anni agli arresti domiciliari, e l'avvio di un processo di transizione verso la democrazia;
    dopo la liberazione di Aung San Suu Kyi il 13 novembre del 2010 e la sua elezione al Parlamento del Myanmar il 1o aprile 2012 si è concretamente avviato il processo di transizione democratica e di riconciliazione nazionale che vede protagonisti il Capo del Governo, Thein Sein, e la leader della Lega nazionale per la democrazia Aung San Suu Kyi, oggi capo dell'opposizione in Parlamento;
    il Capo del Governo del Myanmar ha effettuato una visita in Italia nel marzo 2013, incontrando, tra gli altri, il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio dei ministri, avviando rapporti di collaborazione economica e politica tra l'Italia e la Birmania;
    è fortemente auspicata una visita in Italia di Aung San Suu Kyi, essendo già stata invitata da diverse istituzioni, in particolare dal Presidente del Senato della Repubblica, dal Ministro della cultura, dai sindaci di diverse città di cui è cittadina onoraria, dalle università di Bologna e di Modena-Reggio Emilia e da altri enti culturali;
    l'avvenuta apertura del Myanmar alla comunità internazionale e al mercato mondiale, anche attraverso il superamento delle sanzioni economiche in rapporto ai progressi in atto sul tema dei diritti umani e delle libertà democratiche, è stata ed è attentamente seguita dall'Unione europea, di cui l'Italia è componente fondamentale;
    la collaborazione politica, economica e sociale tra l'Italia e il Myanmar corrisponde all'interesse di entrambi i popoli e si inserisce nell'ambito dei rapporti tra l'Europa e l'Asia che aprono prospettive nuove per il futuro del mondo;
    il consolidamento della riforma democratica in Myanmar è fattore decisivo per lo sviluppo delle relazioni tra l'Unione europea e il Myanmar, e, dunque, tra l'Italia e il Myanmar, nell'ambito delle relazioni internazionali per l'armonico sviluppo dei Paesi nel mondo globale, il progresso civile delle nazioni e il conseguimento dei comuni obiettivi di salvaguardia dei diritti umani e della pace;
    l'evoluzione democratica del Myanmar, il rispetto dei diritti umani, la liberazione di tutti i prigionieri politici, il superamento dei conflitti etnici devono essere considerati parte integrante dello sviluppo economico e sociale della Birmania;
    nel 2014 è prevista da parte del Myanmar l'assunzione della presidenza dell'Associazione delle nazioni dell'Asia del sud orientale (ASEAN), e ciò non può che accrescere l'esposizione e la responsabilità internazionale del Paese asiatico, che sta vivendo una vera e propria fase costituente;
    la Costituzione in vigore nel Myanmar, la cui revisione e oggetto di discussione politica e parlamentare, presenta elementi di forte criticità democratica, tra i quali la discriminazione sulle candidature alla Presidenza e alla Vicepresidenza dell'Unione, l'assegnazione del 25 per cento dei posti ai militari nell'Assemblea dell'Unione e nella Camera delle nazionalità, norme restrittive per l'approvazione degli emendamenti alla Costituzione;
    in particolare, la Costituzione al capitolo 3 punto f, prevede per il Presidente dell'Unione e il vicepresidente «non lui, i suoi genitori, il coniuge, uno dei figli legittimi o i loro coniugi devono avere legami con una potenza straniere, non deve essere soggetto al potere o cittadinanza di un Paese straniero», determinando con ciò una evidente discriminazione nei confronti di Aung San Suu Kyi, che ha peraltro manifestato l'intenzione di candidarsi alla Presidenza dell'Unione nelle prossime elezioni politiche previste nel 2015;
    nel marzo 2013 il parlamento del Myanmar ha approvato una procedura di riesame della Costituzione istituendo una Commissione di esperti giuridici e intellettuali per la revisione della Costituzione, scritta e approvata nel 2008 dall'allora giunta militare e sottoposta a referendum una settimana dopo il passaggio del ciclone Nargis, che ha causato 138 mila tra morti e dispersi;
    nel processo di transizione verso la democrazia in atto nel Myanmar è necessario che siano sostenute tutte le forze che credono nella democrazia, avendo anche presenti i rischi di inversione del cammino democratico che sempre si accompagnano alle grandi scelte di cambiamento; nella celebrazione del Giubileo d'Argento dell'8 agosto 1988 avvenuta a Yangon il 6-7-8 2013, è stata approvata una dichiarazione delle forze etniche e democratiche nella quale si dichiara: «1) Crediamo fortemente che ci sia bisogno di stabilire uno Stato federale democratico con autodeterminazione e uguaglianza» «2) La Costituzione del 2008 non garantisce uno Stato democratico federale. Quindi crediamo fortemente che la Costituzione del 2008 vada emendata o che venga stilata una nuova Costituzione»;
    dal 15 al 17 settembre è convocato a Praga il XVII Forum 2000, promosso dalla Fondazione Vaclav Havel, sul tema «Società in transizione», al quale prenderà parte, tra gli altri, Aung San Suu Kyi;
    interpretando la volontà del popolo italiano per l'intensificazione degli scambi e della collaborazione economica, sociale, culturale e politica con il popolo del Myanmar, su una base di comune condivisione dei valori della democrazia;
    auspicando che una delegazione dell'Associazione parlamentare «Amici della Birmania» possa direttamente esprimere ai colleghi del Parlamento del Myanmar la volontà del Parlamento italiano; sostenendo fortemente la necessità che la Costituzione del Myanmar sia riformata affinché le elezioni politiche del 2015 possano essere libere e giuste,

impegna il Governo:

   a garantire costante determinazione nell'intervenire in ogni sede, europea ed internazionale, per assicurare, in rapporto diretto con il Governo del Myanmar, con continuità l'ulteriore positiva evoluzione del processo democratico del paese asiatico, anche nella prospettiva delle elezioni politiche del 2015;
   a sostenere la legittima aspirazione del Premio Nobel Aung San Suu Kyi a partecipare pienamente alla vita politico-elettorale birmana.
(7-00112)
«Amendola, Zampa, Cassano, Iori, Gozi, Tidei, Quartapelle Procopio, Locatelli, Carlo Galli, Nicoletti, Pes, Scalfarotto, Civati, Monaco, Mogherini, D'Incecco».

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Zan n. 7-00113, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 90 del 3 ottobre 2013.

   Le Commissioni VIII e X,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 83 del 2012, ha introdotto delle modifiche al decreto legislativo n. 152 del 2006, il cosiddetto Codice ambientale, novellando il comma 17, articolo 6, del suddetto codice, relativamente alla disciplina delle attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, e volte prevalentemente a fissare un unico limite e un'unica fascia di rispetto di 12 miglia per lo svolgimento di tali attività in mare;
    detto articolo 6, comma 17, fa però salvi i procedimenti concessori in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 128 del 2010 (cioè al 26 agosto 2010), il cosiddetto «correttivo ambientale», nonché i procedimenti ad essi conseguenti e connessi, nonché conferma l'efficacia dei titoli abilitativi già rilasciati alla stessa data, anche ai fini delle eventuali relative proroghe. Anzi, tale disposizione viene ulteriormente ampliata, come si evince dalla lettura della relazione illustrativa del Governo al disegno di legge di conversione del suddetto decreto-legge n. 83 del 2012, ove si chiarisce «che nell'ambito dei titoli già rilasciati possono essere svolte, oltre alle attività di esercizio, tutte le altre attività di ricerca, sviluppo e coltivazione di giacimenti già noti o ancora da accertare, consentendo di valorizzare nel migliore dei modi tutte le risorse presenti nell'ambito dei titoli stessi»;
    da un lato quindi si fissa a 12 miglia la distanza dalle linee di costa e dal perimetro delle aree marine e costiere protette entro le quali sono vietate le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di gas e di greggio. Dall'altro, però, «sono fatti salvi i procedimenti concessori in materia di idrocarburi off-shore che erano in corso alla data di entrata in vigore del cosiddetto correttivo ambientale» (decreto legislativo n. 128 del 2010);
    il decreto n. 83 del 2012, se estende a tutta la fascia costiera la zona off-limits delle 12 miglia per le nuove richieste di estrazione di idrocarburi a mare, fa quindi anche ripartire tutti i procedimenti per la prospezione, ricerca ed estrazione di petrolio che erano stati bloccati dall'allora Ministro Prestigiacomo con il decreto-legge n. 1128 del 2010 approvato dopo l'incidente alla piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico;
    peraltro, il citato articolo 35 del decreto-legge n. 83 del 2012 consente inoltre di non sottoporre al regime di valutazione d'impatto ambientale (VIA) le attività autorizzate dagli uffici territoriale di vigilanza dell'ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi, finalizzate a migliorare le prestazioni degli impianti di coltivazione di idrocarburi, compresa la perforazione;
    inoltre, la fascia off-limits delle 12 miglia parte dalle linee di costa (cioè dalla battigia), e non come era stabilito precedentemente dalle linee di base (linee, che includono golfi e insenature);
    sul sito istituzionale del Ministero dello sviluppo economico, è stato pubblicato il decreto 9 agosto 2013 del Ministro dello sviluppo economico, recante la «rimodulazione della zona marina E e la ricognizione e la rimodulazione delle zone marine aperte alla presentazione di nuove istanze» per la prospezione e la ricerca di idrocarburi nel rispetto dei limiti ambientali previsti dall'articolo 35 del decreto-legge 83 del 2012;
   come recita entusiasta il comunicato del Ministero, «il decreto determina un quasi dimezzamento delle aree complessivamente aperte alle attività offshore, che passano da 255 a 139 mila chilometri quadrati, spostando le nuove attività verso aree lontane dalle coste e comunque già interessate da ricerche di Paesi confinanti, nel rispetto dei vincoli ambientali e di sicurezza italiani ed europei. In particolare, il decreto determina la chiusura a nuove attività delle aree tirreniche e di quelle entro le 12 miglia da tutte le coste e le aree protette, con la contestuale residua apertura di un'area marina nel mare delle Baleari, contigua ad aree di ricerca spagnole e francesi»;
    di fatto il suddetto recente decreto del Ministero dello sviluppo economico nulla modifica rispetto alle trivellazioni che, comprese tra le 5 miglia e le 12, erano state vietate – come suesposto – dall'ex Ministro Prestigiacomo con il «correttivo ambientale» (decreto legislativo n. 128 del 2010) e che sono state successivamente riammesse con il decreto-legge n. 83 del 2012 dall'allora Ministro dello sviluppo economico Passera, che se da una parte ha confermato il limite delle 12 miglia a tutte le coste, dall'altra ha «condonato» di fatto le richieste già in atto, specificando che dalle restrizioni sono fatti salvi i procedimenti concessori che erano in corso alla data di entrata in vigore del cosiddetto «correttivo ambientale» del 2010;
    detto «condono» non viene quindi scalfito dal nuovo decreto emanato dal Ministro Zanonato il 9 agosto 2013. Unica restrizione che il nuovo provvedimento aggiunge è soprattutto la chiusura a nuove attività delle aree tirreniche. Peccato che nessuno abbia mai pensato di andare a trivellare in queste aree, visto che lì di petrolio praticamente non ce n’è;
    inoltre, il medesimo decreto, prevede la rimodulazione delle Zone in cui i soggetti interessati possono presentare istanze di permesso di prospezione o di ricerca per idrocarburi liquidi e gassosi, con la contestuale apertura di un'area marina nel mare delle Baleari e la conferma dell'estensione verso e oltre l'Isola di Malta delle aree aperte alle trivelle, voluta a suo tempo dall'ex Ministro Passera;
    in ogni caso, la sbandierata riduzione della superficie trivellabile da parte del Ministero riguarda solo il futuro, dato che il decreto del 9 agosto, ha confermato tutti i procedimenti esistenti, anche quelli entro le 12 miglia; il decreto suddetto salva anche il progetto «Ombrina mare». La piattaforma della società inglese Medoilgas sorgerebbe a sole 3 miglia dalla meravigliosa Costa dei Trabocchi della provincia di Chieti in Abruzzo, un'area di pregio naturalistico tale da essere individuata dal Parlamento italiano nel 2001 come Parco nazionale. Il tutto in una regione che ospita tre parchi nazionali, un parco regionale, 25 riserve regionali e decine di siti di interesse comunitario (SIC) e zone di protezione speciale (ZPS);
    si ricorda inoltre che al 30 settembre 203, nel mare italiano risultano vigenti 22 permessi di ricerca di idrocarburi e 67 concessioni di coltivazione. A questi numeri potrebbero aggiungersi a breve nuovi permessi e nuove concessioni, considerando che le istanze per ottenere ulteriori autorizzazioni per prospezione, ricerca e coltivazione in mare sono, complessivamente, una cinquantina. 48 per la precisione;
    il mare maggiormente interessato è l'Adriatico. Tra Pesaro e Urbino, nelle Marche, e Pescara, in Abruzzo, sono già state autorizzate 19 concessioni di coltivazioni, con 8 richieste di nuovi permessi di ricerca in arrivo. A seguire la costa ionica della Calabria e la Puglia, Tremiti e Salerno inclusi;
    è evidente quindi l'impatto sull'ambiente e soprattutto i gravissimi potenziali rischi di inquinamento di queste attività in un mare sostanzialmente «chiuso» quale è il Mediterraneo, e che minacciano maggiormente un mare quale quello Adriatico sul quale insistono un gran numero di richieste di attività di prospezione, ricerca e coltivazione di gas e di greggio;
    si è recentemente svolta a Venezia la «Conferenza internazionale delle regioni adriatiche e ioniche», al termine della quale le regioni promotrici hanno votato un ordine del giorno unitario che invita il Parlamento italiano ad adottare una nuova regolamentazione delle attività di estrazione, finalizzata a tutelare prioritariamente le risorse marine, anche in coerenza con le nuove disposizioni dell'Unione europea;
    va altresì rilevato come, nonostante il prodotto estratto sia poco e di scarsa qualità, l'Italia è una sorta di paradiso, in questo caso fiscale, per i petrolieri. Estrarre idrocarburi nei nostro Paese è vantaggioso solo perché esistono meccanismi che riducono a nulla il rischio d'impresa, mettendo però ad alto rischio l'ambiente. Ad esempio, le prime 20 mila tonnellate di petrolio prodotte annualmente in terraferma, come le prime 50 mila tonnellate di petrolio estratte in mare, i primi 25 milioni di metri cubi di gas in terra e i primi 80 milioni di metri cubi in mare sono esenti dal pagamento di aliquote allo Stato. Ma non è finita qui. Le aliquote (royalties) sul prodotto estratto sono di gran lunga le più basse al mondo;
    un rapporto del Wwf titolato: «Milioni di regali. Italia: Far West delle trivelle», elaborando ciò che emerge da un dossier della Cygam Energy, società che attraverso la Vega Oil opera in Italia con permessi di ricerca nel mare Adriatico e nel canale di Sicilia, e, sulla terraferma, in Abruzzo, Puglia e Basilicata, evidenzia che il nostro Paese garantisce un regime fiscale particolarmente favorevole per i produttori, sia in ragione dell'entità dei canoni annui per i permessi di prospezione e di ricerca e per le concessioni di coltivazione e di stoccaggio nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana, sia in ragione delle aliquote di prodotto della coltivazione;
    la situazione italiana dimostra, inoltre, che la quota delle royalties spettanti per legge alle regioni, difficilmente riesce ad avere un valore di compensazione rispetto ai danni ambientali ed economici che le attività estrattive comportano. A riguardo, il caso della Val d'Agri, in Basilicata, e della Calabria sono emblematici. In tali regioni, le risorse generate dalle royalties non hanno prodotto la nascita di nuove imprese, né hanno avuto significative ricadute occupazionali sull'indotto, né tantomeno sono state utilizzate per interventi nel campo della tutela, e della conservazione della biodiversità;
    secondo quanto previsto dal decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, e successive modificazioni e integrazioni, le royalties gravano per il 10 per cento sugli idrocarburi liquidi e gassosi estratti, con l'eccezione degli idrocarburi liquidi estratti in mare per i quali l'aliquota è dei 4 per cento. In Russia sono dell'80 per cento, in Alaska del 60 per cento, in Canada del 45 per cento, negli USA del 30 per cento;
    e tutto ciò quando le attività di ricerca e di estrazione di idrocarburi (sono centinaia le concessioni e più di 1.000 i pozzi produttivi in Italia, tra terraferma e mare) stanno mettendo a repentaglio l'integrità, del nostro territorio e dell'ambiente marino;
    ricordiamo peraltro che gli idrocarburi sono composti chimici costituiti da atomi di carbonio e di idrogeno cancerogeni per l'uomo, che una volta dispersi nel mare vengono assorbiti dai tessuti dei pesci entrando nella catena alimentare anche per un raggio di 10 chilometri;
    con decreto del Ministero dell'economia di concerto con il Ministro dello sviluppo economico del 12 settembre 2013, previsto dall'articolo 16 del decreto legge n.1 del 2012 è stato istituito un Fondo per lo sviluppo delle infrastrutture e dell'occupazione nei territori interessati dalla ricerca e coltivazione di idrocarburi. Il Fondo sarà alimentato da una quota (variabile dal 15% al 30%) delle entrate fiscali relative a tali attività e verrà utilizzato per finanziare progetti strategici, sia di carattere infrastrutturale sia di carattere immateriale, di rilievo regionale, provinciale o locale, purché coerenti con la strategia energetica nazionale e realizzati nell'ambito di concessioni di coltivazione di idrocarburi in terraferma;
    contrariamente a quanto entusiasticamente proclamato dal Ministero dello sviluppo economico, le misure contenute nel decreto interministeriale del 12 settembre 2013 non si tradurranno in sensibili vantaggi – economici e sociali – sopratutto per il Mezzogiorno, in particolare per la Basilicata bensì deprimeranno ulteriormente, sotto il profilo economico e sociale, i territori interessati dalle attività estrattive,

impegnano il Governo:

   ad assumere iniziative dirette a prevedere che la fascia di rispetto delle 12 miglia debba valere, senza alcuna deroga, anche ai procedimenti concessori e ai procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi, in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 128 del 2010;
   a prendere a riferimento le linee di base delle acque territoriali lungo l'intero perimetro costiero nazionale, e non le linee di costa come attualmente previsto, ai fini dei divieto entro le 12 miglia delle attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare;
   a sospendere l’iter di tutte le autorizzazioni per nuove attività di prospezione e coltivazione di giacimenti di idrocarburi nel Mediterraneo in attesa della definitiva approvazione e dell'entrata in vigore del nuovo regolamento in materia, e in corso di adozione in sede di Unione europea, accogliendo inoltre la richiesta formulata in tal senso dalla Conferenza internazionale delle regioni adriatiche e ioniche;
   a prevedere le opportune iniziative normative volte a sottoporre al regime di valutazione d'impatto ambientale (VIA) le attività autorizzate dagli uffici territoriali di vigilanza dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi, finalizzate a migliorare le prestazioni degli impianti di coltivazione di idrocarburi, compresa la perforazione;
   a prendere le opportune iniziative volte a prevedere un sensibile incremento delle aliquote di royalties e di prelievo fiscale attualmente vigenti, per le produzioni di idrocarburi, liquidi e gassosi, ottenuti in terraferma e in mare;
   a prevedere l'abrogazione del decreto interministeriale 12 settembre 2013.
(7-00113)
(nuova formulazione) «Zan, Pellegrino, Zaratti, Lacquaniti, Ferrara, Matarrelli, Melilla, Paglia».

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta De Lorenzis n. 4-02026, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 89 del 2 ottobre 2013.

   DE LORENZIS, CRISTIAN IANNUZZI, CATALANO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SCAGLIUSI, BUSTO, L'ABBATE, PARENTELA, LIUZZI, SPESSOTTO, BRESCIA, TOFALO, LOREFICE, CARIELLO, NICOLA BIANCHI e D'AMBROSIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
   in data 1o agosto 2013 è stato pubblicato sul sito di ADP (Aeroporti di Puglia) il bando di gara per l'affidamento dei lavori all'Aeroporto del Salento a Brindisi intitolato «Rifacimento piazzali di sosta aa/mm ed adeguamento infrastrutture di volo» i CUP B84I11000090005 – CIG 5259441403 – per un importo base di appalto di euro 7.676.827,29 di cui euro 7.556.170,23 per lavori ed euro 120.657,06 per oneri della sicurezza;
   l'appalto ha per oggetto l'esecuzione a corpo di tutte le opere civili ed impiantistiche necessarie al rifacimento dei piazzali di sosta aa/mm e per l'adeguamento delle infrastrutture di volo relativamente allo scalo di Brindisi-Aeroporto del Salento;
   tra i vari interventi previsti, al punto 7 del disciplinare di gara vi è il «prolungamento sentiero luminoso di avvicinamento (ALS) per pista 13»;
   per la realizzazione di tale impianto è stato previsto un impegno di spesa pari a 919.530,70 euro a valere su fondi FAS, da completarsi solo dopo l'esproprio di un'area esterna all'area aeroportuale;
   la pista principale dell'aeroporto di Brindisi utilizzata dal traffico di linea, è quella orientata NW/SE e denominata pista 13/31 che consente due tipi di avvicinamento rispettivamente da nord-ovest e da sud-est;
   gli aeroplani che si apprestano ad atterrare, seguono una «procedura di avvicinamento strumentale» (instrument approach procedure abbreviato in IAP) che consiste in una serie di manovre predeterminate effettuate dal pilota seguendo le regole del volo strumentale per condurre l'aeromobile all'atterraggio;
   le procedure di avvicinamento strumentale in dotazione agli aeroporti si dividono in due categorie;
    a) procedura di «avvicinamento non di precisione» che è basata sull'impiego di radioassistenze che forniscono solo indicazioni sulle manovre laterali da compiere;
    b) procedura di «avvicinamento di precisione» che utilizza radioassistenze che forniscono indicazioni sulle manovre laterali e verticali da compiere e che prescrive delle limitazioni (cosiddette minime) studiate in funzione della categoria dell'aeromobile;
   per la manovre di atterraggio verso la pista 13 dell'aeroporto di Brindisi, è presente una procedura di «avvicinamento non di precisione», mentre per le manovre di atterraggio dal versante opposto, la pista 31, è presente una procedura di «avvicinamento di precisione» – attualmente è in gestione all'Aeronautica militare su Brindisi – che dovrebbe fornire al pilota anche la guida di planata aiutandolo in maniera determinante a completare un avvicinamento in condizioni di bassa visibilità, garantendo all'aeroporto una maggiore continuità alle operazioni di volo e consentendo allo stesso di rimanere «operabile» anche in condizioni di visibilità ridotta;
   la pista 31 è quindi dotata di procedure di «avvicinamento di precisione» ma poiché la stessa pista è rivolta in direzione dell'adiacente porto marittimo di Brindisi, la procedura di avvicinamento per la pista 31 è significativamente limitata dalla presenza delle navi traghetto in sosta ed in transito in banchina che, con le loro antenne ed alberi, «penetrano» ed interferiscono con il piano ostacoli del sentiero di avvicinamento;
   da tutto ciò ne deriva che la pista 31 dell'aeroporto di Brindisi, pur essendo una pista che potenzialmente offre agli aeroplani una procedura di avvicinamento di «precisione», non riesce a sfruttare questa procedura nel pieno delle sue potenzialità, in quanto gli strumenti che forniscono la guida di planata sul lato verticale non sono adeguati alla situazione degli ostacoli presenti sull'area di avvicinamento;
   l'organismo di controllo (ENAC), a cui la problematica è ben nota, ha rilasciato una deroga (NOTAM) per poter operare in presenza di questi ostacoli, però, tale deroga aumenta la visibilità generale con la quale il pilota può iniziare l'avvicinamento alla pista;
   il NOTAM è una sorta di avviso ai naviganti dove si avverte il pilota della presenza di ostacoli mobili da tenere ben in vista in modo da potersi separare visivamente dagli stessi e naturalmente, in condizioni di bassa visibilità questo non può avvenire;
   questa situazione che vede impiegato il NOTAM rende inefficace la procedura di avvicinamento di precisione, per cui quando c’è una limitazione delle condizioni di visibilità a causa di avverse condizioni meteo, la pista 31 non diventa «operabile» e quindi gli aeroplani sono costretti ad atterrare in altri aeroporti, il tutto con gravi disagi per i passeggeri costretti ad atterrare a centinaia di chilometri dal luogo di arrivo previsto;
   il bando di gara suddetto, pone come operativamente prioritario l'allungamento del sentiero luminoso per la pista 13 che fornisce agli aerei in fase di atterraggio una procedura di avvicinamento di «non precisione» i cui benefici operativi – a fronte di una spesa rintracciabile nel capitolato speciale d'appalto, equivalente a circa 920.000 euro – sono a detta dell'interrogante, operativamente irrilevanti e tra l'altro destano perplessità i criteri utilizzati per la scelta dell'intervento;
   anche con l'attuazione e la realizzazione dei lavori oggetto del bando di gara suddetto, continuerebbe a sussistere lo stato di non operatività da parte della procedura di avvicinamento di «precisione» dal versante della pista 31 e quindi in caso di visibilità ridotta, non verrebbero risolti i disagi per i passeggeri e i piloti;
   a detta dell'interrogante, una soluzione alternativa a quella proposta dal bando di gara, consiste nell'incrementare l'inclinazione del segnale che guida il sentiero di discesa (ILS) per la pista 31, così da consentire il sorvolo in sicurezza degli ostacoli mobili portuali, permettendo alla procedura di avvicinamento di «precisione» di essere pienamente operativa anche in presenza di condizioni meteo più sfavorevoli aumentando la sicurezza dei voli e contestualmente evitando la chiusura dell'aeroporto per motivi meteo;
   sempre a detta dell'interrogante, prendendo a riferimento le indicazioni del regolamento ENAC «linee guida relative ad interventi per minimizzare l'uso dei carburanti e ridurre le emissioni gassose» e considerando che il volo su un sentiero di planata con minore inclinazione, richiede l'applicazione di potenze maggiori, si potrebbe affermare che qualora si incrementasse l'inclinazione del segnale che guida il sentiero di discesa degli aerei verso la pista 31, le emissioni di CO2 nell'atmosfera si ridurrebbero, secondo un calcolo conservativo, di almeno 350 tonnellate all'anno e in più si otterrebbero dei benefici in termini di riduzione inquinamento acustico sull'area della città di Brindisi –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro in merito alla soluzione alternativa posta dall'interrogante;
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro per acquisire informazioni da Aeroporti di Puglia in merito ai progetti futuri riguardanti la procedura di avvicinamento di «precisione» della pista 31 del aeroporto di Brindisi;
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro per acquisire informazioni da Aeroporti di Puglia in merito alle motivazioni che hanno portato Aeroporti di Puglia a considerare prioritari gli interventi previsti al punto 7 del disciplinare di gara «prolungamento sentiero luminoso di avvicinamento (ALS) per pista 13».
(4-02026)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Manfredi n. 4-01003 del 25 giugno 2013;
   interrogazione a risposta scritta Daniele Farina n. 4-01626 del 7 agosto 2013;
   interrogazione a risposta scritta Di Lello n. 4-01905 del 20 settembre 2013;
   interrogazione a risposta orale Sberna n. 3-00331 del 24 settembre 2013;
   interrogazione a risposta scritta Gagnarli n. 4-01935 del 24 settembre 2013;
   interrogazione a risposta in commissione Cenni n. 5-01092 del 27 settembre 2013;
   interrogazione a risposta in commissione Pesco n. 5-01145 del 4 ottobre 2013.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Petitti e altri n. 4-00735 del 5 giugno 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01157.