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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 119 di venerdì 15 novembre 2013

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 9,05.

  CLAUDIA MANNINO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, il deputato Baldelli è in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Nomina del presidente della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale (ore 9,10).

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge 5 maggio 2009, n. 42, in data 14 novembre 2013, si è proceduto, d'intesa con il Presidente del Senato, a nominare presidente della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale il deputato Giancarlo Giorgetti.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative finalizzate alla previsione e all'applicazione di sanzioni per la violazione del divieto di coltivazione di organismi geneticamente modificati – n. 2-00254)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Zanin n. 2-00254, concernente iniziative finalizzate alla previsione e all'applicazione di sanzioni per la violazione del divieto di coltivazione di organismi geneticamente modificati (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Zanin se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  GIORGIO ZANIN. Signor Presidente, la illustro. L'interpellanza, in realtà, è urgente ma rimonta decisamente a qualche settimana trascorsa, perché i fatti del Friuli, a molti noti, sono, evidentemente, già all'ordine del giorno da diverso tempo. In particolare, ricordiamo che il 15 giugno a Vivaro, in provincia di Pordenone, sono stati coltivati 6 mila metri quadrati con mais transgenico MON810, il che ha comportato, come vedremo anche in seguito, delle contaminazioni nelle produzioni convenzionali-biologiche limitrofe.
  Il Governo – è bene che lo ricordiamo – l'11 luglio, anche a seguito della presa di posizione pressoché unanime di questo Parlamento, ha emanato un decreto interministeriale che riguarda il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministero della salute. Con tale decreto, che è entrato in vigore l'11 agosto 2013, si prevede che «la coltivazione di varietà di mais MON810, provenienti da sementi geneticamente modificate è vietata nel territorio nazionale, Pag. 2fino all'adozione di misure comunitarie di cui all'articolo 54, comma 3, del regolamento (CE) 178/2002 del 28 gennaio 2002 e comunque non oltre diciotto mesi dalla data del presente provvedimento». Il decreto risulta in effetti inattuato, poiché i campi in cui sono avvenute le semine di mais non sono stati né bonificati, né sono state messe in sicurezza le coltivazioni convenzionali/biologiche limitrofe, determinando così un grave rischio per la tutela della biodiversità della zona.
  Durante la riunione della task force per un'Italia libera da OGM, tenutasi a Pordenone nei primi giorni di ottobre 2013, i rappresentanti del Corpo forestale regionale, che sta effettuando tutte le azioni di controllo e di monitoraggio sui luoghi in questione, hanno affermato che potrebbe essere in atto una presunta contaminazione dei campi limitrofi a quelli seminati con mais geneticamente modificato e la regione Friuli Venezia-Giulia, secondo quanto ha spiegato il suo vicepresidente, che ha la delega all'agricoltura, rilevando la sostanziale impossibilità di applicare il decreto interministeriale, in quanto risulta mancante il sistema sanzionatorio che comporta carenza di potere, il 23 ottobre 2013 ha ritenuto opportuno emettere un'ordinanza di raccolta del mais MON810 molto stringente, che permette, in caso di violazione delle prescrizioni, di agire ex articolo 650 del codice penale.
  La mancanza del sistema sanzionatorio del decreto interministeriale in questione è stata confermata dallo stesso Ministro interpellato che, davanti alla Commissione agricoltura durante la seduta del 9 ottobre 2013 in risposta ad un question time, ha affermato: «L'incompletezza del quadro giuridico, dovuta all'assoluta novità della situazione di fatto non ancora disciplinata in modo sistematico, è una lacuna con riflessi operativi che rende necessario un ulteriore intervento normativo in materia di sanzioni per violazione di disposizioni di carattere ambientale»; e poi ancora: «Sul territorio del Friuli Venezia-Giulia stanno, dunque, proseguendo tutte le azioni di controllo volte ad accertare se dalla coltivazione del mais in questione possano prodursi danni all'ambiente». Da queste parole muove, dunque, l'interpellanza urgente, che chiede sostanzialmente di capire qual è la procedura che il Ministero intende perseguire per arrivare al procedimento sanzionatorio.
  Preso atto che la modifica della direttiva 2001/18/CE in primis e l'attuazione della medesima sul territorio italiano potrebbero richiedere tempi assai lunghi, determinando così il prolungamento della lacuna normativa fino al periodo di semina della prossima primavera, chiediamo con quali tempi e modalità si intenda promuovere un'iniziativa normativa in materia di sanzioni per violazione di disposizioni di carattere ambientale, affinché il divieto di coltivazione di organismi geneticamente modificati sia effettivo nel breve termine. Infine, data l'incertezza delle regioni – come si è dimostrato anche con il caso del Friuli Venezia Giulia – riguardo l'attuale quadro normativo, chiediamo quali siano, evidentemente, le indicazioni che il Ministero intende offrire a questa vicenda.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Giuseppe Castiglione , ha facoltà di rispondere.

  GIUSEPPE CASTIGLIONE, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi preme comunicare innanzitutto che per il prossimo 13 dicembre si terrà il Consiglio Ambiente e il Commissario Borg ha invitato gli Stati membri dell'Unione europea a riconsiderare, in tale occasione, la proposta di regolamento della Commissione del 2010 che intendeva consentire, nell'ambito dei territori nazionali, la possibilità di vietare le coltivazioni OGM anche per motivi diversi da quelli ambientali e sanitari.
  La riapertura del confronto sulla questione, com’è noto, è stata auspicata e sollecitata dal nostro Paese e da altre delegazioni, ed è un ottimo risultato che esso si tenga prima della fine di quest'anno, considerato finora che le migliori Pag. 3previsioni erano per un confronto possibile in concomitanza con il prossimo semestre di Presidenza italiana e cioè a partire dal mese di luglio 2014.
  Nel frattempo, per quanto riguarda i casi di colture OGM in Friuli Venezia Giulia il personale del Corpo forestale dello Stato operante in Veneto, su delega della procura di Udine e in collaborazione con il Nucleo agroalimentare e forestale dell'Ispettorato generale di Roma, ha provveduto a effettuare accertamenti sullo stato di integrità ambientale e sono stati prelevati campioni di indagine anche in alveari, situati in terreni limitrofi a quelli seminati OGM, al fine di verificare l'eventuale contaminazione nel polline, svolgendo anche accertamenti sulla paventata moria di imenotteri. Attualmente, gli esami sono all'attenzione dell'Istituto zooprofilattico delle Marche e dell'Umbria che stanno supportando, dal punto di vista tecnico-scientifico, tali indagini.
  La situazione è, pertanto, stata prontamente e accuratamente monitorata e si è in attesa degli esiti dell'attività condotta.
  Tra l'altro, è bene rammentare che coloro che hanno seminato mais MON810, nelle province di Pordenone e Udine, hanno effettuato la semina precedentemente all'entrata in vigore del decreto interministeriale del 12 luglio 2013 che l'onorevole Zanin ha ripreso, procedendo ad una semplice comunicazione alla regione Friuli Venezia Giulia sulla base di quanto sostenuto dalla Corte di giustizia dell'Unione europea con sentenza del 6 dicembre 2012 e cioè: «la messa in coltura di organismi geneticamente modificati quali le varietà del mais MON810 non può essere assoggettata ad una procedura nazionale di autorizzazione.».
  Nel frattempo la campagna di coltivazione del mais, tradizionale e non, si è conclusa poiché ha una stagionalità che non supera la metà del mese di ottobre.
  Ciò premesso, tenendo conto che sulla materia le competenze sono notoriamente complesse verticalmente, ossia per livelli di governo, dagli enti locali all'Unione europea, ma anche orizzontalmente, per ripartizione delle funzioni tra Amministrazioni centrali rispetto ai diversi aspetti gestionali che la problematica investe, appare funzionale, soprattutto in termini di soluzioni giuridiche nel lungo periodo, che qualsiasi iniziativa normativa anche in materia di sanzioni per violazione di disposizioni di carattere ambientale sia correlata, sotto il profilo della tempistica e delle modalità, a quanto emergerà nella predetta imminente riunione del Consiglio Ambiente.
  Per quanto riguarda poi l'ipotesi avanzata dagli interpellanti sulla possibilità delle regioni e degli enti locali in materia di applicazione diretta del sistema sanzionatorio di cui agli articoli 35 e 36 del decreto legislativo n. 224 del 2003, avviando di conseguenza la bonifica dell'eventuale danno ambientale e conseguente risarcimento ai sensi del Codice dell'ambiente, si deve rammentare che l'autorità nazionale competente, cui si riferisce il decreto legislativo citato, è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
  In relazione alle misure governative da mettere in campo in considerazione della situazione creatasi in Friuli Venezia Giulia, segnalo che il Ministero delle politiche agricole ha integralmente adempiuto a quanto richiesto dalle mozioni unitarie del Senato e della Camera nella primavera scorsa, sia contribuendo all'emanazione del decreto interministeriale di divieto di coltivazione OGM sul territorio nazionale del 12 luglio scorso, sia sollecitando una posizione governativa unitaria a consentire agli Stati membri una maggiore facoltà di azione per ragioni diverse da quelle analizzate da EFSA attraverso l'adeguata modifica della direttiva 2001/18/CE.
  Ai fini della definizione di un assetto normativo compiuto e adeguato per la gestione del problema, il Ministero dell'agricoltura ribadisce come indispensabile la revisione della disciplina comunitaria, così come prefigurata dalla Commissione europea nell'iniziativa legislativa del 2010, poi bloccata in Consiglio dell'Unione europea nel marzo 2012.
  Infine, sul fronte interno, è evidente che, per evitare in futuro comportamenti contrari a norme nazionali, l'amministrazione Pag. 4centrale è impegnata a favorire ogni occasione di dialogo con le regioni per completare il quadro normativo sulle misure di coesistenza, sulle relative sanzioni e sulla definizione delle zone OGM free.
  Quanto sopra in correlazione con la nota sentenza della Corte costituzionale n. 116 del 2006 che, dichiarando rientranti nelle competenze regionali le materie di coesistenza, ha ritenuto incostituzionale gran parte del decreto-legge n. 279 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 5 del 2005, che era stato adottato in linea con la predetta direttiva, la 2001/18/CE.

  PRESIDENTE. L'onorevole Zanin ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  GIORGIO ZANIN. Signor Presidente, sono ovviamente solo parzialmente soddisfatto, perché è evidente che l'aspetto fondamentale, cioè la previsione di sanzioni da parte del Ministero, in particolare a corredo del decreto del mese di luglio, era l'aspettativa principale. Invece, qui si sta parlando con chiarezza di un rinvio a quelli che sono gli appuntamenti di scala europea: comprensibile per certi versi, ma che mette nelle condizioni di disagio quanti si trovano ad operare anche nei rispettivi contesti territoriali.
  In queste settimane, peraltro in maniera così articolata, ci sono stati anche altri appuntamenti dove il Ministro dell'ambiente stesso è intervenuto in materia e abbiamo motivo di rilevare come l'organicità della questione non sia stata ancora affrontata in maniera puntuale. Sospettiamo che questo sia o possa costituire un danno in via definitiva, soprattutto per quei territori che già si vedono investiti dai problemi.
  Io auspico, dunque, che in materia ci sia una spinta da parte del Ministero delle politiche agricole. Il sottosegretario è colui che in persona ha, proprio in Commissione, relazionato sul punto, accertando il motivo per cui io ho interpellato, cioè la rivelazione del vulnus, della mancanza del quadro normativo. Io mi auguro, dunque, che il sottosegretario e il Ministero delle politiche agricole in primis si trovino in prima linea impegnati per questa questione.
  L'elemento sanzionatorio che è stato anche articolato e ricordato in questa circostanza, peraltro, è stato prontamente riarticolato anche nella risposta al question time da parte del Ministro dell'ambiente proprio nella giornata di ieri, in risposta all'interrogazione dell'onorevole Pellegrino e si fa riferimento anche al decreto legislativo n. 70 del 2005.
  Insomma, la materia è molto articolata e complessa e io penso che spetti proprio al Ministero delle politiche agricole dare un indirizzo definitivo in questione. È chiaro che si tratta di una materia complessa e proprio per questo bisogna che qualcuno si assuma la paternità di condurre l'indirizzo generale per arrivare a un risultato operativo concreto, in assenza del quale è evidente che continuino o permangano anche incertezze nei livelli regionali.

(Iniziative per fronteggiare la grave epidemia fitosanitaria che ha colpito gli alberi di ulivo in Puglia – n. 2-00297)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Pannarale ed altri n. 2-00297, concernente iniziative per fronteggiare la grave epidemia fitosanitaria che ha colpito gli alberi di ulivo in Puglia (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Pannarale se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ANNALISA PANNARALE. Signor Presidente, sottosegretario, colleghi deputati e deputate, l'interpellanza di questa mattina tocca in realtà un nesso strettissimo tra ambiente, economia, ricerca e crescita ecocompatibile e ha come oggetto specifico gli ulivi pugliesi, o meglio un grave fenomeno di disseccamento rapido che ha cominciato ad interessare gli ulivi pugliesi e in particolare quelli dell'area ionico-salentina tra settembre e ottobre di quest'anno Pag. 5e che ha determinato una compromissione rapida ed espansiva delle piante con danni evidenti alle chiome e imbrunimenti del fusto e del sistema vascolare. Questo preoccupante fenomeno che, come stanno dimostrando le analisi di laboratorio e le azioni di monitoraggio e di localizzazione avviate immediatamente dall'osservatorio fitosanitario della regione Puglia, è legato alla presenza di un batterio molto dannoso e di portata altamente infettiva e distruttiva, la cosiddetta Xylella fastidiosa, un agente patogeno da quarantena che sino ad ora non è mai stato riscontrato in Europa e sugli ulivi e che invece è ben conosciuto in Asia e in America dove ha già provocato patologie su numerose piante (viti, agrumi, mandorli, caffè) con perdite di raccolti e conseguenze paesaggistiche, ecosistemiche ed economiche rilevanti.
  Questa, sottosegretario, per sommi capi, è la fotografia un po’ fredda, forse un po’ fissa di quella che è la situazione in Puglia in questo momento. Quello che, però, forse questa fotografia non riesce a dire bene e che, invece, sarebbe urgente assumere immediatamente come Governo e come Ministero è che quella che poniamo questa mattina non è una questione esclusivamente pugliese e, soprattutto, non è una questione ornamentale. Certo, gli ulivi della Puglia sono alberi bellissimi, sono alberi imponenti, sono poetici, sono avvolgenti, sono il volto, la storia e l'anima della mia regione, la Puglia, ma sono anche la struttura portante di un'economia che va ben oltre questa regione e che rappresenta in un quadro nazionale produttivo complessivamente indebolito un sistema fondamentale, dinamico e di crescita per l'intero Paese. Basterebbero alcuni dati ISTAT, quelli del 2011 sulla campagna olivicola 2011-2012, a dare la misura del ruolo strategico nazionale che rivestono gli ulivi pugliesi. La Puglia, ad esempio, è prima regione in Italia per superficie olivicola (il 32 per cento del totale, pari a 377 mila ettari), è sempre la prima per produzione di olive (il 35 per cento della produzione nazionale con 12 milioni di quintali), la prima per produzione di olive da olio (11 milioni di quintali), la seconda dopo la sola Sicilia per produzione di olive da tavola (180 mila quintali) e ancora la prima in Italia per numero totale di aziende olivicole e per produzione di olio d'oliva (oltre 183 mila tonnellate di olio, pari a quasi il 35 per cento della produzione nazionale).
  Questa realtà così ricca e così vitale, da sempre legata alle immense distese di olio e al valore inestimabile della varietà degli esemplari presenti sul territorio, rischia oggi un pesante mutamento paesaggistico-ambientale, ma anche un danno incalcolabile per l'economia regionale e nazionale. Se infatti, come sembra, il batterio attraverso insetti si insinua nel sistema linfatico e porta progressivamente al disseccamento della pianta e poi alla morte della stessa, le piante di ulivo dovranno essere estirpate per evitare ulteriori contagi. Questo significa che nella zona focolaio salentina, che avrebbe un'estensione di 8 mila ettari e dove la densità media di ulivi per ettaro è di 80 unità, risulterebbero già compromessi da tale fitopatia forse oltre 600 mila alberi di ulivo. È vero che oggi questa situazione sembra interessi solo il territorio pugliese, ma è altrettanto vero che siamo in presenza di un fenomeno patogeno assolutamente nuovo, non conosciuto, non indagato, che per estensione e gravità rischia di allargarsi fuori dai confini regionali e di incidere pesantemente sull'intero territorio nazionale con gravi conseguenze ecosistemiche ed economiche.
  Il danno che il batterio sta già determinando sugli ulivi pugliesi potrebbe riflettersi negativamente, ad esempio sulla produzione olivicola del prossimo anno, e a cascata su tutto l'indotto agroindustriale, agroalimentare e agroturistico connesso. È noto come l'olio extravergine d'ulivo pugliese rappresenti una delle eccellenze alimentari che consente all'Italia di primeggiare a livello mondiale in questo settore. E, allora, per far fronte a questa situazione serissima, servirebbe un'azione condivisa e sinergica tra istituzioni, enti scientifici, enti di ricerca, associazioni di categoria, produttori, aziende agricole. La regione Pag. 6Puglia ha già fatto molto: ha coinvolto tempestivamente l'osservatorio fitosanitario regionale che sta operando in collaborazione con l'università di Bari e con l'Istituto di virologia vegetale del CNR di Bari; ha già avviato il protocollo tecnico-amministrativo previsto dalle normative vigenti; ha emanato una delibera che vieta la movimentazione delle piante e del materiale di propagazione sensibile al batterio.
  Ma la regione Puglia, da sola, non è in grado di fronteggiare una situazione così rischiosa, ha bisogno di avere accanto il Governo nazionale e l'Unione europea, che in passato, peraltro, ha già contestato all'Italia l'inadeguata applicazione delle norme europee dirette ad impedire la propagazione di organismi nocivi e l'omessa notifica della presenza e della comparsa di tali organismi sul relativo territorio nazionale.
  E allora, sottosegretario, la domanda non può che essere una sola: quali risorse finanziarie, quali interventi immediati e con quali tempi, questo Ministero intende destinare per azioni mirate di ricerca e di investimento che riescano ad isolare l'agente patogeno, a salvare il patrimonio olivicolo e ambientale e a sostenere un tessuto socio-economico di straordinaria importanza per il sistema nazionale.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Giuseppe Castiglione, ha facoltà di rispondere.

  GIUSEPPE CASTIGLIONE, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli colleghi, innanzitutto ringrazio l'onorevole Pannarale per l'attenzione su questo tema; le posso assicurare che non si tratta di un problema della Puglia, ma del Paese e il Governo lo sta opportunamente e prontamente affrontando. Ieri vi è stato un dibattito in Commissione cultura alla Camera in risposta ad un'interrogazione urgente e a diverse sollecitazioni di altri colleghi e parlamentari.
  Il Servizio fitosanitario della Regione Puglia ha segnalato – così come ricordato anche dall'onorevole Pannarale – a partire dall'inizio dello scorso mese di ottobre, al Servizio centrale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, la presenza di un focolaio del batterio fitopatogeno Xylella fastidiosa che sta provocando il disseccamento delle piante di olivo nell'area salentina.
  Il medesimo Servizio ha prontamente avviato le necessarie indagini in collaborazione con gli esperti di patologia vegetale dell'Università di Bari e dell'Istituto di virologia vegetale del CNR di Bari e ha coinvolto nella gestione della problematica le amministrazioni locali, interessando anche altre istituzioni scientifiche attive sul territorio.
  L'osservazione sistematica dei campioni prelevati da piante di olivo sintomatiche, per lo più secolari, ha rilevato la presenza di estesi imbrunimenti del sistema vascolare e le indagini di laboratorio hanno accertato la presenza dannosa del batterio.
  Le analisi sono state estese, con esito positivo, anche a piante di mandorlo, oleandro e quercia adiacenti agli olivi colpiti che mostravano sintomi di bruscatura apicale delle foglie.
  Il fitopatogeno in esame è un batterio inserito nella lista comunitaria degli organismi nocivi da quarantena, mai precedentemente riscontrato in Europa. In America, area di origine del batterio, è causa di numerose patologie a carico di molteplici colture vegetali e con conseguenze economiche molto, molto rilevanti.
  La gamma di potenziali ospiti comprende oltre 100 specie vegetali, tra cui vite, agrumi, drupacee, essenze forestali e specie spontanee. Il batterio si insedia nei vasi linfatici delle piante portando, dopo un periodo iniziale di latenza, al disseccamento della vegetazione e alla conseguente morte della pianta.
  Il batterio è trasmesso in natura da numerose specie di insetti che lo diffondono a breve e medio raggio. La diffusione su lunghe distanze è, pertanto, da correlarsi ad attività umane come il commercio di materiale di moltiplicazione infetto.
  Va sottolineato che esistono differenti ceppi del batterio in grado di attaccare Pag. 7una più ristretta gamma di piante ospiti e, dalle informazioni finora pervenute, il ceppo riscontrato in Puglia su olivo, oleandro e mandorlo non risulta che infetti la vite e gli agrumi.
  Considerata la grave minaccia per le produzioni agricole pugliesi nonché per l'intero territorio nazionale, la problematica è stata immediatamente affrontata nell'ambito del Comitato fitosanitario nazionale che, nella seduta del 22 ottobre 2013, ha definito le misure fitosanitarie da adottare in via prioritaria al fine di evitarne la diffusione.
  In base alle indicazione del Comitato e del Servizio fitosanitario della Regione Puglia, con una specifica delibera di Giunta regionale è stata vietata la movimentazione, a qualunque titolo, delle piante e del materiale di propagazione sensibile al patogeno, contrastando l'estensione della malattia ad altri territori attraverso l'attività vivaistica.
  Con il provvedimento regionale sono state altresì disciplinate le misure di monitoraggio del territorio e di eradicazione della batteriosi nelle aree contaminate.
  L'accurato monitoraggio del territorio regionale e la demarcazione puntuale delle aree colpite dalla malattia permette la definizione di «zone tampone» a protezione delle circostanti aree indenni.
  A tale scopo e per la prima emergenza nella provincia di Lecce e in aree limitrofe dove il focolaio è stato rinvenuto, il Ministero ha immediatamente stanziato la somma di 200 mila euro per garantire sul territorio una task force di 25 tecnici per l'attività urgente di campionamento. La regione Puglia, con la quale la programmazione degli interventi è stata ampiamente condivisa, coopererà alla copertura delle analisi per un costo stimato in circa 300 mila euro.
  La problematica è stata anche prontamente portata all'attenzione delle istituzioni comunitarie al fine di adottare ogni possibile misura di azione, in linea con le disposizioni europee in materia filosanitaria, nonché per concordare le modalità di accesso al cofinanziamento dell'Unione europea per la lotta agli organismi nocivi ai vegetali. Il 5 novembre scorso si è svolto un primo incontro in videoconferenza con il direttore della Direzione generale per la salute e i consumatori della Commissione dell'Unione europea ed è stato definito un primo programma di intervento per il quale l'Unione europea potrebbe accordare un cofinanziamento del 50 per cento dei costi che saranno sostenuti dall'Italia per il monitoraggio e l'eradicazione della batteriosi. Un ulteriore incontro è già stato fissato per il 19 novembre prossimo.
  Inoltre, il Ministero auspica che possa essere trovata una soluzione positiva, per il potenziamento di tutte le azioni necessarie, già nell'ambito del disegno di legge di stabilità per l'anno 2014, attualmente in esame al Senato della Repubblica.

  PRESIDENTE. L'onorevole Pannarale ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  ANNALISA PANNARALE. Signor Presidente, signor sottosegretario, la ringrazio. L'ho seguita con grande attenzione, ho sentito parlare della delibera regionale a cui avevo già fatto riferimento nella mia illustrazione; ho sentito parlare dell'impegno che, da subito, ha attivato l'Osservatorio regionale fitosanitario, sempre della Puglia; ho sentito parlare di primi incontri fatti a livello nazionale e ho sentito parlare di auspici, di auspici rispetto a quello che sarà il nostro percorso sulla legge di stabilità all'interno del Senato e di auspici rispetto ad un intervento che ci auguriamo rapido e immediato da parte della Comunità europea, dell'Unione europea. Allora, devo purtroppo dirle che non sono soddisfatta, non sono soddisfatta e, anzi, sono piuttosto preoccupata, non soltanto perché la questione che abbiamo affrontato questa mattina in questa interpellanza, e che lei mi dice è stata già posta in occasione di altre interrogazioni, è una questione molto delicata, molto complessa, altamente rischiosa, ma anche perché, ascoltando le sue parole, quelle del Governo mi appaiono delle intenzioni assolutamente deboli, assolutamente insufficienti rispetto al quadro di azioni e di risorse finanziarie Pag. 8e non solo, anche umane, che la portata del fenomeno richiederebbe.
  Un Paese che ormai da troppo tempo non ha più un'idea di economia, che mette in fuga i suoi migliori talenti, le sue intelligenze più dinamiche, che ha smarrito attenzione e capacità di investimento e di innovazione nella qualità, che non è omologabile, dei nostri prodotti alimentari nazionali, non può fare a meno della forza del settore agroalimentare e, nello specifico, di un ambito di eccellenza come quello dell'olio, che fa dell'Italia all'estero un soggetto autorevole e, per i turisti, un soggetto ancora potentemente attrattivo.
  Il settore primario – lei lo sa bene – non è marginale, ma soprattutto consente a questo Paese di tenere ancora alta la sfida del cosiddetto made in Italy e di costruire ponti e relazioni vivaci con i mercati internazionali. Allora, tutto questo non può non rendere urgenti e necessarie politiche di Governo che siano sistemiche, che siano lungimiranti, che siano capaci di azioni concrete e di risorse adeguate. Del resto, oggi, la Puglia primeggia nella produzione di olive nel mercato dell'olio contribuendo per il 20 per cento alla formazione del valore della produzione olivicola nazionale.
  Un altro dato, però, voglio dare: nel primo trimestre 2013, nel solo distretto barese, questo settore cresce del 22,8 per cento rispetto allo stesso periodo nel 2012; allora, se questo accade in una regione come la Puglia, lo si deve anche a politiche regionali che sono state organiche, di rilancio, di innovazione, di investimento, di controllo e di tutela dell'enorme valore produttivo, oltre che paesaggistico degli alberi.
  Lo dico al Governo: la Puglia non può perdere le sue distese e le sue coltivazioni di alberi di ulivo che rappresentano un complesso sistema storico, produttivo, ambientale, sociale e culturale.
  Tutto questo, signor sottosegretario, si chiama bellezza. Tutto questo ha che fare con la crescita economica, sociale ed ecocompatibile di un tessuto sì regionale ma – come ha ben detto lei nella sua risposta – anche nazionale. E allora tutto questo deve interessare e impegnare attivamente il Governo con sforzi adeguati, con il coinvolgimento pieno degli istituti scientifici e di ricerca, con la capacità concreta di non lasciare da soli i produttori pugliesi che sono già stati colpiti, con una pianificazione di azioni e di risorse che isolino l'emergenza e salvaguardino il patrimonio produttivo e ambientale dell'intero Paese. Questa questione non può esser sottovalutata, e non può essere sottovalutata neanche per scongiurare il rischio di allarmismi. La Commissione europea – l'ho già ricordato nella mia illustrazione – ha avviato una procedura di infrazione nel 2009 nei confronti dell'Italia per l'applicazione inadeguata delle misure che impediscono la diffusione dei diversi organismi nocivi. E in questa notifica di infrazione, a giudizio della Commissione, questa applicazione inadeguata in materia di tutela fitosanitaria – così veniva detto – sarebbe dovuta in larga misura all'insufficiente dotazione di personale e di mezzi da parte di questo Paese.
  E noi sappiamo che ogni processo di indagine e di monitoraggio fitosanitario – esattamente quello di cui avremmo bisogno, a proposito degli ulivi – necessita di personale altamente qualificato, di dotazioni adeguate, di strumenti efficaci a favorire l'applicazione rigorosa della profilassi e della tutela fitosanitaria. Allora, ha ben detto lei: questo non è un affare del Governo pugliese e dei produttori agricoli. Questa è una questione che chiede al Governo assunzione piena di responsabilità, sforzi concreti, risorse certe, risposte che non siano tampone, che non siano soltanto emergenziali, ma che riescano a isolare il fenomeno attuale e a preservare la vegetazione che è ancora sana, ma anche a predisporre un piano di prevenzione, di azione e di conoscenze scientifiche tali da poter affrontare ogni esigenza futura che si presenterà con strumenti più efficaci.
  Sottosegretario, abbiamo bisogno di dati, di notizie, di elementi. Abbiamo bisogno di sapere e di conoscere. L'unico dato certo che abbiamo al momento è il disseccamento degli ulivi e il fatto che Pag. 9questo batterio pericoloso e sconosciuto sia entrato anche in Europa da altri continenti. Sappiamo questo, manca tutto il resto, e manca nella risposta che mi ha dato questa mattina.
  Allora, che informazioni abbiamo, ad esempio, sui danni quantitativi ? Quanto questi danni incideranno sull'attività di trasformazione agroindustriale e sulla distribuzione agroalimentare sui circuiti turistici ? È stata predisposta dal Governo un'indagine epidemiologica sulle altre colture sul resto del territorio nazionale, atteso che, come ha detto lei, già nell'area salentina si registrano comparse dell'agente patogeno su altre piante come il mandorlo o l'oleandro ? Quali mezzi e quali risorse si intendono stanziare ? Quali risorse, quante risorse si intendono stanziare per arginare da subito l'elevato rischio di contaminazione e di propagazione, in particolare nelle aree abbandonate, nelle aree che sono affidate a contadini, a piccoli agricoltori, che dovranno misurarsi da soli con l'adozione del protocollo di misure rigidissime di gestione delle colture olivicole come le potature drastiche, il divieto di movimentare il materiale e i trattamenti fitosanitari sulle erbe infestanti in loco ?
  Forse a fronte di tutto questo – lei non ne ha fatto riferimento – l'intero fondo di solidarietà nazionale per le emergenze fitosanitarie, che dovrebbe essere pari a 18 milioni di euro, appare davvero insufficiente a fronteggiare la sola emergenza. Pensiamo di potenziarlo ? Possiamo individuare le strade migliori per accedere a un fondo di solidarietà comunitario per le stesse emergenze fitosanitarie ? Attraverso quale programmazione di interventi e di stanziamenti questo Governo intende coinvolgere – come ha detto questa mattina – l'Unione europea per quel cofinanziamento assolutamente necessario ad un'attività efficace di monitoraggio, di caratterizzazione e di prevenzione che possa mettere al sicuro la Puglia dai rischi attuali e il resto del territorio nazionale da minacce future ?
  Insomma – e vado a concludere – le ho posto tanti interrogativi, signor sottosegretario, interrogativi che restano ancora in attesa di risposta. E queste risposte le dobbiamo ai produttori pugliesi, le dobbiamo alle donne e agli uomini di Puglia, le dobbiamo ad una terra che serba da secoli una ricchezza varia e inestimabile, ad un Paese che ha bisogno di ridare ossigeno e nuove potenzialità al suo tessuto produttivo ed economico.
  Noi di Sinistra Ecologia Libertà, che abbiamo firmato questa interpellanza, vigileremo, vi incalzeremo, seguiremo con estrema attenzione tutte le azioni che porrete in essere per salvaguardare e rilanciare quella che è una tessera fondamentale di quel mosaico di bellezza che è il patrimonio agricolo e naturalistico della Puglia e di tutto il Paese nazionale.

  PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti della scuola elementare internazionale Montessori Nerina Noè di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune.

(Elementi circa l'utilizzo del Fondo unico giustizia ed iniziative volte ad incrementare la quota di risorse destinata al Ministero della giustizia – n. 2-00268)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Leva ed altri n. 2-00268, concernente elementi circa l'utilizzo del Fondo unico giustizia ed iniziative volte ad incrementare la quota di risorse destinata al Ministero della giustizia (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Leva se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  DANILO LEVA. Signor Presidente, la legge di stabilità per il 2014 prevede, per il settore della giustizia, tagli di risorse come, ad esempio, la riduzione del già esiguo compenso degli avvocati che prestano il gratuito patrocinio, che colpirà i cittadini meno abbienti, che vedranno irrimediabilmente ridursi la qualità della difesa tecnica, che spesso rimane l'unica difesa della quale possano beneficiare, ed Pag. 10aumenti di costi di accesso alla giustizia, quale l'aumento a 27 euro per i diritti di notifica, oggi pari a 8 euro.
  Le predette misure, che si sommano alla cronica carenza di organico, dagli uffici giudiziari agli istituti penitenziari, di fatto, costringeranno i più poveri a rinunciare preventivamente all'esercizio dei propri diritti, venendosi a creare un grave vulnus per la democrazia del nostro Paese.
  Per restituire forza, dignità ed efficienza al sistema giudiziario servono non solo riforme, ma soprattutto risorse da reperire sia eliminando sacche di spesa pubblica improduttiva sia riversando nel settore della giustizia la gran parte delle risorse del Fondo unico giustizia, anziché solo un terzo, come invece oggi previsto.
  La Commissione giustizia, tra l'altro, nel parere reso il 9 luglio 2013 sul cosiddetto decreto-legge del fare, ha posto una condizione volta a portare da un terzo alla metà le risorse del Fondo unico da destinare alla giustizia, in quanto appare incomprensibile la ragione per la quale un settore fortemente in crisi, anche per la carenza di risorse, non debba essere il beneficiario principale di quelle stesse risorse che il medesimo settore produce.
  Per quanto riguarda le risorse del Fondo unico, si ricorda che dal rendiconto generale dello Stato 2012 risulta che il totale delle risorse versate all'entrata nel 2013 (capitolo 2414) è stato pari a 162,8 milioni di euro. Di questi: 72,3 milioni derivanti da sequestri; 57,2 milioni di euro derivanti da confische; 33,3 milioni di euro da altre risorse; mentre le entrate nel medesimo capitolo del rendiconto 2011 si erano registrate addirittura per oltre 400 milioni di euro.
  Lo stato di grave crisi del settore giustizia richiede immediati e non più rinviabili investimenti in mezzi, strumenti e personale, quando invece vi è un'oggettiva penuria di risorse disponibili, per cui sarebbe necessario, e non solo opportuno, che il Governo adotti tutte le iniziative di sua competenza per incrementare sensibilmente – non meno del 50 per cento – la quota del Fondo unico giustizia da destinare al medesimo settore.
  Quindi, tutte queste premesse per sapere quali siano gli interventi che il Ministro interrogato ha effettuato nell'ultimo triennio con le risorse del Fondo unico versate al Ministero della giustizia e quali siano le intenzioni a fronte di una eventuale iniziativa legislativa, sotto la forma di progetto di legge o di emendamento, volta a portare al 50 per cento le risorse del Fondo unico da attribuire al Ministero della giustizia.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Giuseppe Castiglione, ha facoltà di rispondere.

  GIUSEPPE CASTIGLIONE, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Nel rispondere all'interpellanza in oggetto è opportuno premettere un breve accenno al quadro normativo che regola la materia.
  Con l'articolo 61, comma 23, del decreto-legge 28 giugno 2008, n. 112, è stato istituito un Fondo nel quale sono riversate le somme di denaro sequestrate ed i proventi derivanti dai beni confiscati.
  Con l'articolo 2 del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, il predetto fondo è stato denominato «Fondo Unico di Giustizia» ed è stato integrato e specificato quanto alle voci che lo compongono. Il comma 7 del predetto articolo 2 prevede che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (su proposta del Ministero dell'economia e delle finanze e con il concerto dei Ministeri della giustizia e dell'interno), sono stabilite le quote delle risorse intestate al Fondo da destinare mediante riassegnazione in misura non inferiore ad un terzo al Ministero dell'interno e al Ministero della giustizia, nonché all'entrata del bilancio dello Stato. Il successivo comma 7-bis prevede che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, le quote minime delle risorse confluite nel Fondo possono essere modificate in caso di urgenti necessità, derivanti da circostanze gravi ed eccezionali.
  Secondo la prassi sin qui invalsa nell'applicazione dei citati commi 7 e 7-bis, la Pag. 11misura delle quote del Fondo da destinare ai Ministeri della giustizia e dell'interno può superare la percentuale minima di un terzo, prevista in via generale dal medesimo comma 7. In effetti, le quote delle risorse intestate «Fondo Unico Giustizia» da destinare, mediante riassegnazione, alle finalità di tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico (per il Ministero dell'interno), nonché per assicurare il funzionamento e il potenziamento degli uffici giudiziari e degli altri servizi istituzionali dell'amministrazione della giustizia (per il Ministero della giustizia), sono state sempre determinate nella misura del 49 per cento per ciascuna delle due amministrazioni; il restante 2 per cento è stato destinato all'entrata del bilancio dello Stato (come disposto, per l'ultimo triennio, dal DPCM 30 novembre 2010 per le risorse del Fondo unico della giustizia alla data del 31 dicembre 2009).
  Quanto alla specifica destinazione delle predette risorse, essa avviene con provvedimento di assegnazione del Ministero dell'economia e delle finanze e con successivi decreti dei Ministeri competenti. Per quanto riguarda il Ministero della giustizia, le risorse sono state sempre impiegate per far fronte alle spese di funzionamento dell'amministrazione e, dunque, per le esigenze strutturali di efficiente funzionamento dell'organizzazione giudiziaria nel suo complesso, richiamate dagli interpellanti (le risorse sono state così impiegate, ad esempio, per le spese di verbalizzazione e microfilmatura degli atti processuali, per le spese di assistenza e di attività dei servizi sociali e per quelle inerenti alle attività trattamentali per i detenuti, per il pagamento dei canoni relativi agli immobili dell'amministrazione, per le spese di esercizio dei mezzi di trasporto, per gli oneri di manutenzione degli immobili, per le spese di gestione e funzionamento dei sistemi informativi).
  A fronte delle entrate complessivamente acquisite all'apposito capitolo afferente al Fondo, sono stati iscritti nello stato di previsione della spesa del Ministero della giustizia – capitolo 1537, «Fondo da ripartire per le spese di funzionamento della giustizia» – i seguenti importi: 217,5 milioni nel 2011, relativi alle risorse versate in entrata nel bilancio statale negli anni 2009-2011; 24 milioni nel 2012, relativi a versamenti 2011 e 2012; 28,4 milioni nel 2013, relativi a versamenti dell'ultimo bimestre del 2012. Sono in corso di valutazione gli importi da assegnare per l'anno 2013. Per completezza, si deve anche considerare che per entrambi gli esercizi finanziari 2011 e 2012, le assegnazioni sono state fatte al netto delle risorse necessarie alla copertura finanziaria degli oneri indicati nell'articolo 17 del decreto legislativo n. 28 del 2010, relativo alle agevolazioni fiscali per la mediazione civile, per un totale di 20,3 milioni di euro.
  Quanto ad eventuali iniziative normative volte a portare al 50 per cento le risorse del Fondo da attribuire al Ministero della giustizia, osservo che tale auspicio degli interpellanti appare di fatto realizzato. Infatti, come detto, la quota del Fondo assegnata a questa amministrazione è stata sempre incrementata, per effetto dei citati decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, dalla soglia di legge del 33 per cento al concreto stanziamento erogato del 49 per cento, proprio in ragione delle straordinarie esigenze connesse al funzionamento del sistema giustizia evidenziate nell'atto di sindacato ispettivo.
  Alla luce di tali dati di fatto, osservo che una modifica normativa del comma 7 sopra richiamato, volta a stabilizzare nella misura del 50 per cento l'assegnazione al Ministero della giustizia delle risorse del Fondo, impedirebbe di modulare sulla base delle esigenze congiunturali le quote da destinare ai due Ministeri interessati ed all'entrata del bilancio dello Stato.

  PRESIDENTE. Il deputato Verini, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta.

  WALTER VERINI. Signor Presidente, ringrazio anche il sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, per l'onere che si è sobbarcato, di leggere le note preparate dagli uffici del Pag. 12Ministero della giustizia, che ci saremmo aspettati presente qui a rispondere, senza naturalmente investire la sua persona di questa critica.
  Devo dire che la risposta che il Ministero ha fornito ci appare una risposta un po’ burocratica. Con l'interpellanza urgente Leva ed altri n. 2-00268 il PD intendeva sottolineare un'esigenza: quella cioè di destinare in maniera chiara, visibile, normativamente codificata dei proventi, che vengono, com’è noto, da un impegno, una lotta dello Stato contro la criminalità organizzata. La destinazione di queste risorse per finalità non solo di funzionamento spicciolo, seppure importante, del sistema giustizia, ma per finalità molto chiare che dessero e diano il segnale di una adeguata ed incisiva finalizzazione da questa risposta non emerge. E crediamo anche che non si debba affidare a discrezionalità congiunturali la distribuzione di questi fondi, ma la fissazione per esempio del 50 per cento, che non significa la totalità delle entrate dalla confisca di beni e di patrimoni, va appunto in questa direzione.
  Nulla da eccepire sulla necessità che parte di questo Fondo unico possa continuare ad essere gestito, debba continuare ad essere gestito anche dal Ministero dell'interno; e tuttavia ci sembrava – le proposte contenute nell'interpellanza urgente andavano e vanno in questa direzione – che un segnale chiaro, inequivocabile sarebbe stato e sarebbe del tutto auspicabile. Per questo quindi noi confermiamo una nostra non soddisfazione per la risposta, e ci riserviamo di continuare con altre iniziative parlamentari e legislative il nostro impegno, perché questo obiettivo possa essere al più presto realizzato.
  Colgo infine un'occasione, visto che abbiamo preso la parola in Aula su un tema che riguarda in qualche modo la lotta alla criminalità organizzata; e lo dico al Presidente di turno e ai rappresentanti del Governo. Ieri su un importante quotidiano nazionale, La Gazzetta dello Sport, c'era un appello dello stesso giornale e della Fondazione intitolata ad un giornalista scomparso, Candido Cannavò. L'appello di questo giornale riguardava una vicenda che è in corso, accade a Gioiosa ionica, in Calabria, dove esiste un centro sportivo, intitolato a Don Lorenzo Milani, che rappresenta una scuola calcio per 200 ragazzi. Bene: la regione Calabria, per motivi immagino contabili, di bilancio, ha messo in vendita questo terreno, questa scuola calcio, che ha tolto dalla strada, e anche dal possibile rischio di cadere in dinamiche socialmente preoccupanti, 200 ragazzini. «Salviamo questa scuola calcio» era l'appello, perché la regione Calabria chiede 185 mila euro a questa associazione, per comprare questo terreno che altrimenti sarebbe messo all'asta, e magari cadrebbe, chissà, nelle mani anche di settori criminali, che, com’è noto, con i fondi che derivano dalla criminalità comperano anche beni dello Stato.
  Mi permetto allora di rilanciare anche in quest'Aula, e lo dico al Governo presente, un appello perché si possa aiutare questa scuola calcio, che non è solo un fatto simbolico, ma davvero un fatto sociale di grande valore, a non chiudere. Aiutiamo, nelle forme individuali ma anche ufficiali, questa scuola; perché dare un calcio, come è stato scritto da La Gazzetta dello Sport, a questa scuola significa anche dare un calcio alla speranza di tanti ragazzini di poter vivere una vita senza essere magari preda di vicende, che certamente... certo lo sport non risolve i problemi, ma aiuta.
  Ho concluso. Ho citato questo esempio, per dire che il Fondo unico di giustizia destinato in maniera molto chiara ad alcuni obiettivi, iniziative come queste, rappresenta un dovere dello Stato di fare e di suonare tutti i tasti utili per dare un segno concreto di lotta alla criminalità e di speranza di educazione alla legalità.

(Iniziative volte a definire una normativa organica e condivisa in materia di diritto d'autore sul web e a rivedere le competenze dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in tale ambito – n. 2-00285)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Migliore e Boccadutri Pag. 13n. 2-00285, concernente iniziative volte a definire una normativa organica e condivisa in materia di diritto d'autore sul web e a rivedere le competenze dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in tale ambito (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Boccadutri se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  SERGIO BOCCADUTRI. Sì, intendo illustrarla. Signor Presidente, colleghi deputati, colleghe deputate, gentile sottosegretario, la vigente normativa in materia di protezione del diritto d'autore fatica a conciliarsi con le nuove realtà determinate dallo sviluppo tecnologico e dalla diffusione delle moderne forme di fruizione dei contenuti multimediali.
  È un argomento ormai non più recente, tant’è vero che è contenuto nell'ambito della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 maggio 2001 sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione; direttiva che, al considerando n. 31, recita esplicitamente che: «Deve essere garantito un giusto equilibrio tra i diritti e gli interessi delle varie categorie di titolari nonché tra quelli dei vari titolari e quelli degli utenti dei materiali protetti. Le eccezioni e limitazioni alla protezione esistenti nelle legislazioni degli Stati membri devono essere riesaminate alla luce del nuovo ambiente elettronico. Le differenze esistenti nelle eccezioni e limitazioni relative a determinati atti hanno effetti negativi diretti sul funzionamento del mercato interno nel settore del diritto d'autore e dei diritti connessi. Tali differenze – continua il considerando – potrebbero facilmente accentuarsi con l'ulteriore sviluppo dell'utilizzazione economica transfrontaliera di opere e delle attività transfrontaliere. Onde garantire il corretto funzionamento del mercato interno, tali eccezioni e limitazioni dovrebbero essere definite in modo più uniforme. Il grado di armonizzazione di dette eccezioni dovrebbe dipendere dal loro impatto sul corretto funzionamento del mercato interno». Stiamo parlando, appunto, di un atto di oltre dieci anni fa.
  Ora, in seguito all'adozione di tale direttiva, il 16 luglio 2008 la Commissione europea ha pubblicato il Green Paper on Copyright in the Knowledge Economy, un documento che prende in esame le criticità emerse nell'implementazione del sistema delle eccezioni al diritto d'autore previsto dalla direttiva 2001/29/CE e si conclude con un invito a presentare commenti entro il 30 novembre 2008, invito rivolto a tutti gli interessati alla materia, al fine di promuovere un dibattito sui migliori mezzi per assicurare la diffusione online delle conoscenze per la ricerca, la scienza e l'istruzione. Punto di riferimento dell'indagine è la comunicazione della Commissione europea A single market for 21st Century Europe del 20 novembre 2007, dove veniva evidenziata la necessità di promuovere una quinta libertà del mercato interno, ossia la libera circolazione della conoscenza e dell'innovazione.
  Ora, il 25 luglio scorso, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, a suo tempo priva di un componente – e qui colgo l'occasione per esprimere le mie congratulazioni, per la nomina espletata ieri da questa Camera, al professor Nicita – ha pubblicato una bozza di regolamento sulla tutela del diritto d'autore in Rete. Si tratta dello «Schema di regolamento in materia di tutela del diritto d'autore sulle reti di comunicazione elettronica e procedure attuative ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70» di cui alla delibera n. 452/13/CONS. Questo schema di regolamento pone un primo problema relativo alla legittimazione dell'Agcom a normare in tale materia.
  Il citato decreto legislativo n. 70 del 2003, attuativo della direttiva e-commerce europea (2000/31/CE), non si occupa, infatti, di diritto d'autore, bensì della tutela dell'affidabilità delle transazioni a distanza, e in tale ottica esenta alcuni prestatori di servizi in Rete da responsabilità per gli illeciti commessi dagli utenti tramite i loro servizi. Insomma, la direttiva e il pedissequo decreto legislativo, però, non Pag. 14regolamentano alcun tipo di inibitoria, lasciando eventualmente tale possibilità ai singoli Stati membri. L'Italia, attuando le direttive europee Infosoc e Ipred, ha optato per la giurisdizionalizzazione di tali procedure (quindi riservandone la competenza alla magistratura, anche in via d'urgenza), senza prevedere in alcun modo un intervento di una qualsivoglia autorità amministrativa.
  Con tutta evidenza, tale situazione non è immutabile, ovviamente, ma una modifica può venire solo attraverso l'approvazione di norme di rango primario provenienti dal Parlamento o dal Governo, e non, come pensiamo noi, a mezzo di quella che dal nostro punto di vista appare un'autoassegnazione di una competenza in materia sulla base di una normativa secondaria dell'Agcom. In ogni caso, lo schema di regolamento è stato posto in consultazione per due mesi: è interessante in quale periodo, cioè dal 25 luglio al 25 settembre 2013. Un periodo, insomma, balneare, che sembra scelto apposta per limitare al massimo gli interventi e anche la pubblicità su questo regolamento.
  In ogni caso, detto regolamento dovrebbe entrare in vigore il 3 febbraio 2014. Al riguardo, diversi enti internazionali, come «Article 19», l'associazione internazionale che si occupa di promozione e tutela della libertà di informazione in tutto il mondo, hanno espresso numerose critiche sul citato schema del nuovo regolamento sul diritto d'autore online che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni si appresta a varare.
  In particolare, secondo un rapporto di questo ente, tra l'altro recentemente pubblicato, molte delle previsioni contenute nel nuovo regolamento non sarebbero compatibili con gli standard internazionali in materia di tutela della libertà di informazione e, soprattutto, violerebbero taluni diritti fondamentali dell'uomo, cristallizzati nella Convenzione internazionale sui diritti civili e politici dell'ONU e nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
  Analoghe preoccupazioni sono state espresse nel rapporto Freedom on the Net 2013, appena pubblicato dall'associazione Freedom House, che ha monitorato negli ultimi anni lo stato di salute della libertà in Rete e che analizza l'andamento di controlli, censure e repressione su Internet in 60 Paesi fra il maggio 2012 e l'aprile 2013, citando espressamente il predetto schema di regolamento dell'Agcom come possibile strumento di censura.
  La legislazione vigente, infatti, attribuisce all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni alcune circoscritte competenze in materia di tutela del diritto d'autore e, in particolare, quelle previste dall'articolo 182-bis della legge 22 aprile 1941, n. 633, introdotto dalla legge 18 agosto 2000, n. 248, e successivamente più volte modificato ed integrato.
  Ciononostante, l'allegato «A» alla menzionata delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 452/13/CONS, recante lo schema di regolamento in materia di tutela del diritto d'autore sulle reti di comunicazione elettronica e procedure attuative ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, ipotizza, all'interno di tale documento, tra le altre cose, nuove modalità di contrasto alla pirateria, che lascerebbero alla discrezionalità dell'Autorità la decisione in merito all'inibizione del sito web «i cui server siano localizzati al di fuori dei confini nazionali».
  Ora, la tutela costituzionale che garantisce la libertà di comunicazione e di manifestazione del pensiero impone, a nostro avviso, quanto meno una riflessione sull'opportunità e la legittimità di affidare ad un ente amministrativo, per quanto nella forma di un'autorità indipendente, e non all'autorità giudiziaria, una tale prerogativa.
  Consideriamo, dunque, necessario e urgente che il Parlamento o il Governo realizzino quanto prima un'organica riforma della materia del diritto di autore sul web, che tenga conto delle esigenze poste dal progresso e della necessità di non contrastare il naturale percorso di evoluzione dei costumi degli utenti, senza Pag. 15che tale prerogativa venga, di fatto, esercitata da un'autorità amministrativa indipendente, forse anche per inerzia, appunto, del Governo e del Parlamento. Non a caso, giacciono presso entrambi i rami del Parlamento alcune proposte di legge che, a vario titolo, mirano a modificare la normativa del diritto d'autore sul web.
  Va, oltretutto, considerato che il modo di affrontare una questione così delicata, quale quella della disciplina del diritto d'autore sul web, che inciderà in maniera profonda sulla società, costituisce, per certi versi, già un'anomalia rispetto alle altre democrazie occidentali. Alla luce dell'interesse che l'opinione pubblica ha dimostrato di nutrire nei confronti di questa questione, sarebbe opportuno avviare un ampio confronto in sede parlamentare, rispetto al quale il Governo potrebbe contribuire, per quanto di sua competenza, alla rapida revisione della disciplina del diritto d'autore sul web, tenendo in considerazione la necessaria affermazione dei diritti fondamentali e della tutela dei cittadini utenti sul web, ma anche, ovviamente, i diritti degli autori e degli editori.
  Per tali ragioni, chiediamo, in questa interpellanza, quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare al fine di pervenire alla definizione di una normativa organica sul diritto d'autore sul web che sia il più possibile condivisa, e in particolare quali iniziative intenda assumere a fronte dell'imminente entrata in vigore del citato schema di regolamento in materia di tutela del diritto di autore sulle reti di comunicazione elettronica e procedure attuative ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2013, n. 70, considerati i rilievi di numerose associazioni di categoria che hanno manifestato l'esigenza che tale delibera non entri in vigore in maniera, ad avviso dei firmatari, assolutamente non condivisibile e legittima.
  Infine, chiediamo se il Governo non intenda adottare immediate iniziative normative tese a limitare le attuali competenze conferite dalla legge all'Agcom in materia di diritto di autore, nel senso di escludere espressamente che l'Agcom possa varare, di fatto, una vera e propria riforma del diritto di autore sul web per via amministrativa.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo, Simonetta Giordani, ha facoltà di rispondere.

  SIMONETTA GIORDANI, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo. Signor Presidente, onorevoli deputati, in merito all'interpellanza appena illustrata, tendo già a sottolineare in premessa come concordiamo sulla grandissima importanza del tema, che ha un forte impatto sulle molte realtà legate e determinate dallo sviluppo tecnologico. A proposito del regolamento Agcom richiamato dall'interpellanza, vorrei iniziare con alcune precisazioni.
  La legge n. 249 del 31 luglio 1997, istitutiva dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ha affidato a tale Autorità indipendente il duplice compito di assicurare la corretta competizione degli operatori sul mercato e di tutelare il pluralismo e le libertà fondamentali dei cittadini nel settore delle telecomunicazioni e dei mezzi di comunicazione di massa. Ma, al di là della legge italiana, il quadro normativo in materia di diritto d'autore sulle reti di comunicazione elettronica fa capo, anche e soprattutto, al diritto europeo, rispetto al quale le fonti interne e nazionali costituiscono per lo più diretto recepimento. È in queste fonti che deve ricercarsi l'attribuzione all'Autorità di compiti di vigilanza sulle modalità di distribuzione dei servizi e dei prodotti e della potestà di emanare regolamenti nei settori di competenza.
  A tali generali attribuzioni dell'Agcom si è affiancato lo specifico riconoscimento di competenze in materia di proprietà intellettuale, ad opera della legge n. 248 del 2000 che, nell'aggiornare le disposizioni della legge sulla protezione dei diritti d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio, la n. 633, vi ha introdotto l'articolo 182-bis, con cui sono stati attribuiti all'Autorità e alla SIAE poteri di vigilanza nell'ambito delle rispettive competenze Pag. 16previste dalla legge. Il comma 3 di tale articolo attribuisce altresì all'Agcom poteri di ispezione.
  Di particolare rilievo risultano, poi, le disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 70 del 2003, prima richiamato, sul commercio elettronico. Tale normativa, nell'introdurre il doppio binario di tutela, giudiziaria e amministrativa, prevede che l'autorità amministrativa avente funzioni di vigilanza possa esigere, al pari di quella giudiziaria, che il prestatore di servizi impedisca o ponga fine alle violazioni riscontrate. La possibilità di attribuire queste funzioni anche a un'autorità amministrativa indipendente ha trovato ulteriore conferma a livello europeo nella direttiva cosiddetta «Enforcement» – 2004/48/CE – che agli articoli dal nono all'undicesimo, nel disciplinare i poteri dell'autorità giudiziaria, non esclude che gli stessi possano essere accordati anche a un'autorità amministrativa, in linea con le disposizioni della direttiva sul commercio elettronico, disposizioni recepite a livello nazionale con il decreto legislativo n. 70 del 2003, articoli 14, 15 e 16, che affidano sia all'autorità giudiziaria sia a quella amministrativa, dotata di poteri di vigilanza, il potere di impedire o porre fine alle violazioni.
  Infine, alle previsioni suddette si sono aggiunti, nel 2010, gli specifici poteri di regolazione attribuiti dall'articolo 32-bis del decreto legislativo n. 44 del 2010, che ha modificato il decreto legislativo n. 177 del 2005, il quale, imponendo ai fornitori di servizi di media il rispetto dei diritti d'autore e dei diritti connessi nell'esercizio della propria attività, prevede che l'Agcom adotti le disposizioni regolamentari necessarie per rendere effettiva l'osservanza dei limiti e dei divieti di cui alla norma citata.
  Peraltro, si evidenzia che il regolamento proposto dalla delibera Agcom, concentrando la sua azione contro le violazioni esercitate con finalità di lucro, assegna un carattere assolutamente prioritario alla lotta contro la pirateria «massiva» ed esclude dal proprio perimetro d'azione gli utenti finali, i downloaders, operando un giusto bilanciamento. La bozza di regolamento non prevede nessuna pratica di filtraggio preventivo dei contenuti da parte degli operatori di rete, né interventi sugli utenti che scaricano contenuti protetti. L'obiettivo sono le centrali di spaccio abusive e non le libertà del singolo utente, che devono essere tutelate e promosse.
  Si intende colpire soltanto i siti web dedicati alla pirateria e alla contraffazione. Si tratta di piattaforme transfrontaliere con server all'estero, che incassano risorse attraverso la pubblicità, sfruttando la disponibilità di opere dell'ingegno illecitamente caricate, che non collaborano con i titolari dei diritti e che sono nate col preciso scopo di diffondere abusivamente contenuti protetti senza autorizzazione.
  Secondo l'ultimo Report 301, pubblicato a maggio 2013, l'Italia resta nella Watch List che segnala i Paesi a più elevato tasso di pirateria. Il rapporto sollecita, pertanto, una tempestiva ed effettiva adozione di misure adeguate per sviluppare un sano mercato digitale delle opere dell'ingegno.
  Inoltre, in linea con la connotazione del diritto d'autore come diritto soggettivo disponibile, è previsto che il procedimento dinanzi all'Autorità possa essere avviato solo su istanza del soggetto legittimato, e non d'ufficio, e dopo aver rivolto, senza esito positivo, una richiesta di rimozione al gestore della pagina Internet.
  Le misure proposte in consultazione sono quelle previste dal decreto legislativo n. 70 del 2003 (rimozione selettiva o disabilitazione dell'accesso ai contenuti illeciti) e saranno improntate a gradualità e proporzionalità, tenendo conto della gravità della violazione e della localizzazione del server.
  L'intervento proposto dall'Agcom si fonda comunque sul convincimento che la lotta all'illegalità non possa limitarsi all'opera di contrasto, ma debba essere accompagnata da una serie di azioni positive di importanza cruciale: la promozione dell'offerta legale, l'informazione e l'educazione dei consumatori, essenziali per creare una «cultura della legalità» nella fruizione dei contenuti. Viene inoltre Pag. 17istituito un comitato tecnico formato da stakeholder ed istituzioni, incaricato, tra l'altro, di sviluppare forme di autoregolamentazione per la diffusione di contenuti digitali legali, di monitorare l'applicazione del regolamento e di formulare all'Agcom proposte di aggiornamento in relazione ai cambiamenti tecnologici e di mercato.
  In sintesi, non sembra che lo schema di regolamento in esame si ponga in contrasto con l'articolo 19 (libertà di espressione) della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, mentre potrebbe fornire un contributo rilevante nella tutela delle previsioni dell'articolo 27 della medesima Dichiarazione, che, al comma 2, stabilisce che «Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.».
  Sul piano formale, la tempistica e la sequenza procedurale, molto articolata, seguita dall'Autorità non appare violativa dei diritti di partecipazione e sembra rispettosa del principio del contraddittorio, in modo da consentire a tutti i soggetti interessati di far valere le proprie ragioni. Dopo l'adozione e i sessanta giorni per la consultazione pubblica, il documento è all'esame della Commissione dell'Unione europea ed è aperto alle osservazioni di tutti gli altri paesi dell'Unione. Allo stato, peraltro, non sembra che siano emerse criticità di sorta in sede europea, dove, peraltro, come è noto, già sono in vigore sistemi anche più invasivi e severi, che colpiscono l'utente finale, come in Francia, dove è stata costituita un'apposita autorità.
  Riguardo a futuri, possibili interventi del legislatore nazionale, senz'altro auspicabili, vi è però da precisare che nuovi interventi sul diritto d'autore nel web dovranno tenere conto della revisione in corso del vigente acquis comunitario in materia, il progetto Licenze per l'Europa. È infatti noto che è già in corso, e continuerà nei prossimi due anni, il riesame del quadro giuridico dell'Unione europea sul diritto d'autore. Sarà la stessa Commissione a valutare, nel 2014, l'opportunità di presentare proposte di riforma legislativa in tale settore a seguito della quale tutti i Paesi membri dovranno adottare nuove normative armonizzate.
  In ogni caso condividiamo quanto auspicato dagli onorevoli interpellanti circa la necessità di una riforma organica della materia del diritto d'autore sul web, pur nel doveroso rispetto delle indicazioni comunitarie e ci impegniamo a che tale riforma consideri quelle che debbono essere le responsabilità da esercitare da parte di questo Ministero e quelle spettanti all'Agcom.

  PRESIDENTE. L'onorevole Boccadutri ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta.

  SERGIO BOCCADUTRI. Signor Presidente, colleghe, colleghi, gentile sottosegretaria, io mi ritengo parzialmente soddisfatto dalla risposta. Ovviamente si tratta di una materia assai complessa, perché ovviamente stiamo parlando di tutele che nel tempo si sono anche incorporate in mezzi quali appunto quelli digitali, che, invece, una volta potevano anche avere una vita propria differente, perché oggi la trattazione del diritto d'autore non può prescindere dalla trattazione della velocità con la quale si scambiano le informazioni.
  Io penso, però, che da questo punto di vista – diciamo che lo ha detto anche il presidente dell'Agcom, il professor Cardani, che sarebbe pronto anche a passare la palla al Parlamento, nel momento in cui il Governo e il Parlamento provvedessero nelle forme, che sono appunto quelle previste dalla nostra Costituzione, a occuparsi della cosa, e lo ha ricordato anche ieri la nostra Presidente della Camera Laura Boldrini – forse è il tempo che anche il Parlamento si occupi della questione, dato che giacciono alcune proposte di legge in materia del diritto d'autore nell'era del web.
  Io, quindi, non entro nella disquisizione sul merito del regolamento, perché su questo ci sono anche opinioni diverse, anche letture diverse. Ciò che mi preme naturalmente sottolineare è la natura dell'atto che ha impedito comunque un confronto Pag. 18in quella che è la casa della democrazia. Stiamo parlando di un argomento che probabilmente dovremmo cominciare anche un po’ a «masticare» di più in queste aule, dato che riguarda la vita delle persone. Da un certo punto di vista, io comprendo la necessità e l'urgenza di provvedere con dei regolamenti per non uscire in questo senso dall'Europa. Dall'altro, io penso che vi è un forte ritardo del legislatore ad occuparsi di questi temi che troppo spesso – come ormai l'annosa questione dell'agenda digitale, ma non voglio aprire altre discussioni – vengono posti come una questione, come una cosa che «s'ha da fare» ma che poi non se ne vede mai un esito rispetto agli effettivi cambiamenti, che potrebbero anche migliorare di tanto i rapporti tra i cittadini e le istituzioni, non soltanto, ma anche tra cittadini e tra produttori di contenuti, in questo caso, e consumatori.
  Io penso che sia un argomento che riguarda una sfida vera, una sfida per il futuro: è colpevole, quindi, questo ritardo. Quello che noi chiedevamo al Governo è di provvedere anche in questo senso a farsi carico anche di una proposta da discutere poi in quest'Aula, anche alla luce della necessità e urgenza che c’è, anche alla luce delle nuove discussioni che ci sono in Europa, perché io penso che quest'Aula non possa, da questo punto di vista, continuare a non discutere di queste cose come se non riguardassero, invece, ormai uno dei fattori anche di produzione economica di questo Paese, dell'Europa e del mondo, connesso anche all'idea che ormai la conoscenza e il sapere non passano più attraverso i mezzi convenzionali che abbiamo conosciuto.
  E da qui, naturalmente, dovrebbe aprirsi anche una discussione, probabilmente anche rieducativa, rispetto a quello che significano questi strumenti rispetto alla vita delle persone, perché attraverso questi strumenti, attraverso il web, attraverso l'utilizzo anche di opere della conoscenza nel web oggi nel mondo fuori da qui si costruisce consenso e si costruisce anche una macchina del consenso, spesso anche in un'ottica di una «stanza sorda» dove magari gruppi continuano a dirsi la solita cosa di autoconvincimento. Da questo punto di vista, però, qui aprirei altri orizzonti, mi fermo per sollecitare quindi al più presto una discussione e un provvedimento, anche da parte del Governo, per discuterne in queste aule.

(Iniziative finalizzate a rendere più funzionale ed efficiente il trasporto ferroviario nelle regioni Toscana ed Umbria, con particolare riferimento alle tratte interessate dal pendolarismo – n. 2-00299)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Gagnarli n. 2-00299, concernente iniziative finalizzate a rendere più funzionale ed efficiente il trasporto ferroviario nelle regioni Toscana ed Umbria, con particolare riferimento alle tratte interessate dal pendolarismo (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Gagnarli se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  CHIARA GAGNARLI. Signor Presidente, la illustro. Sottosegretario, questa interpellanza è solo uno dei numerosi atti presentati al Governo dal MoVimento 5 Stelle in merito ad un problema che non riguarda solo le regioni da noi elencate, quindi Toscana e Umbria, ma sappiamo che è un'emergenza di carattere nazionale. È proprio notizia di questi giorni che, in vista della rimodulazione e della riorganizzazione dell'offerta degli orari ferroviari, ci sarebbe intenzione di cancellare, in quanto non più sostenibile dal mercato, una grossa fetta dell'offerta di trasporto ferroviario di collegamento da e per la regione Toscana. Si tratta di dodici intercity in tratte che già oggi presentano molte criticità, con pendolari letteralmente ammassati sulle vetture che si trovano ad affrontare tragitti, spesso molto lunghi, in condizioni non certo agevoli. Sono interregionali che comunque riguardano un'utenza di nove regioni (Toscana, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria e Campania).Pag. 19
  Sappiamo che sono almeno 2 milioni 903 mila pendolari in Italia e dal 2007 ad oggi si è registrato un incremento del 20 per cento del numero dei viaggiatori giornalieri italiani, così come sono aumentati i costi dei biglietti e degli abbonamenti a fronte di tagli dei servizi. Ritardi, soppressioni e disservizi costringono ogni giorno milioni di italiani a spostarsi in tutta Italia in condizioni vergognose, al limite della decenza. Un caso emblematico che abbiamo citato nell'interpellanza è l'intercity 531 che da anni ormai registra un ritardo a regime di almeno venti minuti imputabile sempre a guasti tecnici dovuti alle difficoltà del controllo del blocco delle porte, segno questo di un materiale vetusto e, quindi, un materiale forse non più utilizzabile. Dovremmo spostare direttamente l'orario di partenza di venti minuti almeno, forse, a volte, sarebbe puntuale.
  È evidente che il rinnovo del parco macchine dei treni destinati al trasporto dei pendolari sia stato sacrificato per privilegiare scelte aziendali volte a potenziare lo sviluppo dell'alta velocità, motivo di vanto peraltro di una gestione manageriale che risulta però fallimentare sotto tutti gli altri punti di vista. Il trasporto regionale ed interregionale su ferro che collega piccole e grandi città italiane, a prescindere da quello dedicato all'alta velocità, dovrebbe essere garantito ai cittadini che ne usufruiscono ogni giorno per lavoro o studio. Una persona che utilizza un treno per spostarsi solo qualche volta non può capire il disagio dei pendolari che invece usano il mezzo su rotaia quotidianamente e che risulta spesso essere l'unico mezzo di trasporto per raggiungere la propria meta. Spesso poi i ritardi che il treno accumula sulla sua tratta non consentono ai pendolari di prendere le coincidenze e li costringono anche a chiedere permessi di lavoro. Ed oltre al danno devono subire anche la beffa, dato che sono spesso costretti a viaggiare stipati sui treni, senza posti a sedere, con riscaldamento o aria condizionata non funzionanti. Più che di treni vorremmo parlare di carri bestiame.
  E cosa dichiara il super stipendiato amministratore delegato Moretti ? Ci aspetteremmo almeno parole rassicuranti, invece ha dichiarato recentemente: se una infrastruttura ferroviaria non è più utile per fornire un servizio di qualità, bisogna dismetterla. Peccato che tutto questo sia frutto proprio di una scelta imprenditoriale dello stesso amministratore, una scelta che ha privilegiato le tratte ad alta velocità solo perché più redditizie, mandando in malora tutto il resto in quanto i ricavi non erano all'altezza delle spese.
  Le dichiarazioni assurde non finiscono qui: biglietti più cari nelle ore di punta per svuotare i treni locali stracarichi. Proposta a suo stesso dire impopolare, ma che secondo lui permetterebbe di risolvere il problema dei pendolari, come se i lavoratori avessero la possibilità di scegliere gli orari di lavoro. Un «genio» della logistica. Purtroppo per i comuni mortali pendolari non si è fermato qui. È andato avanti dichiarando: gli abbonamenti ferroviari dei pendolari devono aumentare, anzi dovrebbero almeno raddoppiare: 50 euro al mese vuol dire nemmeno un caffè al giorno. Ed ha sottolineato, non si sa con quali riscontri, che sui treni pendolari, pur rimanendo tantissimi problemi, la qualità è migliorata in tutti i settori. Siamo sicuri che i pendolari sarebbero disposti anche a pagare qualcosa in più per gli abbonamenti, ma di fronte alla garanzia di più corse, alla puntualità, alla pulizia dei vagoni e a un posto a sedere. Gli aumenti delle tariffe non possono essere giustificati dalla bassa qualità e dalla riduzione dei servizi offerti. D'altronde Moretti è lo stesso che nel 2009, di fronte ai disagi dovuti al maltempo, suggerì ai pendolari di munirsi di panini e coperte o almeno di un maglione in più. Ricordiamo che Ferrovie dello Stato Spa ha realizzato nel 2012 utili per 380 milioni di euro derivanti dall'alta velocità.
  Utili che dovrebbero essere investiti sui treni regionali e interregionali per migliorare le infrastrutture e il materiale rotabile o usati per aumentare il numero di corse, e invece cosa si fa ? Da un lato si fanno sconti agli operatori dell'alta velocità implicando minori introiti per 70 milioni di euro a Rete Ferroviaria Italiana, Pag. 20facendo risparmiare 50 milioni a Trenitalia e 20 milioni al gestore privato; dall'altro si procede al taglio dei servizi essenziali e irrinunciabili per i cittadini. I 50 milioni di euro di sconto accordati a Trenitalia saranno «al caldo» del proprio bilancio di fine anno e non potranno più essere rinvestiti in interventi diretti sugli impianti e sulla manutenzione. Riteniamo davvero inopportuno puntare tutta la riorganizzazione e gli investimenti sui treni ad alta velocità che pur essendo fondamentali per il collegamento su ferro in tutta Italia non sono certo quelli fruiti maggiormente e quotidianamente dai pendolari. Questi treni dovrebbero affiancare la rete regionale ed interregionale che andrebbe quindi potenziata e valorizzata.
  Chiediamo quindi al Governo di avviare con urgenza un'opportuna valutazione dell'impatto che la cancellazione degli intercity avrebbe sul pendolarismo, di verificare le cause del giornaliero disservizio dell'intercity 531, di predisporre urgentemente, in collaborazione con le regioni, un piano di risanamento del trasporto pendolari assicurando il funzionamento e la copertura con un adeguato numero di treni nei territori interessati al pendolarismo.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo, Giordani, ha facoltà di rispondere.

  SIMONETTA GIORDANI, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo. Onorevole Presidente, onorevoli deputati, gli interpellanti pongono all'attenzione la delicata questione del trasporto ferroviario regionale ed interregionale evidenziando, con particolare riferimento alle regioni Toscana e Umbria, oltre alla scarsa qualità dei servizi resi, il timore di una soppressione di dodici treni interregionali intercity.
  Come è noto, i servizi ferroviari passeggeri si dividono in servizi «a mercato», servizio universale, servizi regionali.
  I servizi «a mercato» (di media/lunga percorrenza) non essendo oggetto di alcun corrispettivo pubblico, sono effettuati a rischio di impresa e si sostengono esclusivamente con i ricavi da traffico: le dimensioni e le caratteristiche dell'offerta, quindi, sono determinate da valutazioni commerciali; rientrano tra i servizi «a mercato» le «Frecce» di Trenitalia («Frecciarossa», «Frecciargento» e Frecciabianca«), nonché i treni internazionali e una quota di treni intercity: gli intercity di cui si paventa la soppressione, che riguarda, in realtà, molte regioni e non solo la Toscana, fanno parte dell'offerta «a mercato».
  La relativa programmazione, pertanto, è effettuata direttamente da Trenitalia che per i servizi in questione ha evidenziato uno squilibrio economico pari a circa 29 milioni di euro. In particolare, Ferrovie dello Stato ha riferito che nella quota di intercity effettuati »a mercato” che percorrono la linea dorsale tra Roma e Firenze e servono varie destinazioni (da Milano, Trieste/Venezia sino a Roma/Napoli/Salerno), rientrano 6 coppie di collegamenti: si tratta di collegamenti che svolgono spesso, per buona parte, un servizio di cabotaggio, servendo flussi pendolari che li utilizzano per tratte limitate, sostanzialmente paragonabile a quello del trasporto ferroviario locale gestito dalle regioni. Questi treni presentano, come appena detto, ormai da tempo un rapporto costi/ricavi fortemente negativo, con perdite rilevanti.
  Il servizio universale comprende, invece, quei treni di media-lunga percorrenza che per poter essere effettuati, necessitano di un corrispettivo, definito nell'ambito di un contratto di servizio, in quanto presentano un conto economico negativo.
  Come è noto, infatti, la caratteristica dei treni oggetto del contratto è quella di non essere economicamente sostenibili da parte di Trenitalia e, quindi, i Ministeri contraenti (MIT-MEF), nell'ambito delle risorse di cui dispongono, erogano corrispettivi in coerenza con quanto stabilito nel Piano economico-finanziario anch'esso inserito nel contratto; in tale ambito, pertanto, vengono gestiti sia la programmazione Pag. 21dei servizi contrattualizzati, che comprende, fra l'altro, numero e tipologia dei collegamenti, itinerari e fermate, sia la determinazione delle tariffe applicabili.
  Allo stato, la difficoltà ad inserire nel perimetro dei servizi contribuiti nuove relazioni, quali quelle a rischio soppressione prima citate, è dovuta alla necessità di mantenere le condizioni di equilibrio economico-finanziario del contratto di servizio, anche in assenza di risorse ulteriori rispetto a quelle del 2012.
  In ogni caso, assicuriamo che le competenti strutture del MIT si sono già attivate, al fine di avviare un tavolo di confronto con le singole regioni interessate, nell'ambito del quale approfondire, dal punto di vista tecnico, le possibili ipotesi di mantenimento dei servizi ovvero di ottimizzazione degli stessi in relazione alle possibili integrazioni con i servizi a committenza regionale già esistenti, come anche con quelli in autonomia commerciale svolti da Trenitalia.
  In merito poi alla qualità dei servizi dei collegamenti inseriti in detto contratto, il MIT può incidere, in primo luogo, in termini tariffari sulla base di quanto indicato nel citato atto negoziale: l'articolo 5, infatti, pone a carico della società erogatrice la rilevazione dei valori degli indicatori di qualità, i quali concorrono, unitamente ad altri elementi, alla determinazione dell'incremento tariffario dei servizi che compongono l'offerta sovvenzionata dallo Stato, secondo quanto previsto dall'articolo 10, commi 3 e 5.
  Inoltre, la puntualità dei collegamenti compresi nel contratto di servizio, qualora non assicurata secondo quanto contrattualmente previsto, contribuisce, unitamente agli altri fattori di qualità, alla determinazione di penali che vanno poi a ridurre l'ammontare delle risorse da versare all'impresa ferroviaria.
  Dal canto suo, Ferrovie dello Stato ha evidenziato che tutto il materiale rotabile impiegato da Trenitalia nei servizi di trasporto sull'intera rete nazionale, quindi anche l'Intercity 531 Perugia-Roma specificatamente citato dagli interpellanti, viene regolarmente sottoposto ad operazioni di manutenzione programmata secondo piani manutentivi che ciclicamente si ripetono, in base alla percorrenza chilometrica e/o alla scadenza temporale prevista, con varie fasi di controllo, verifiche ed interventi effettuati a livelli differenti, che ne determinano il ciclo di utilizzo.
  Ferrovie dello Stato ha informato, altresì, che nello scorso mese di ottobre, per l'Intercity 531, si è registrato un trend di miglioramento della puntualità rispetto al precedente mese di settembre. Per l'effettuazione degli Intercity in servizio sulla Roma-Perugia-Ancona vengono utilizzate le nuove carrozze della serie 270: si tratta, nell'ambito del parco Intercity, del materiale rotabile di più recente immissione in esercizio dopo un processo di riqualificazione degli impianti e degli arredi, affidato all'industria nazionale del settore. Tuttavia, Ferrovie dello Stato ha fatto presente che per dette carrozze Intercity serie 270 si sono verificati alcuni episodi di malfunzionamento, riconducibili essenzialmente alla prima fase della messa in esercizio del materiale rotabile dopo il processo di riqualificazione. Si è reso necessario, pertanto, il ricorso alla pianificazione di interventi di natura tecnica dedicati al superamento di tali problematiche che consentiranno, progressivamente, il ripristino della piena efficienza dei rotabili di cui trattasi, con conseguente miglioramento della regolarità di marcia dei convogli.
  In merito, infine, ai servizi regionali, che assicurano principalmente la mobilità pendolare, ricordo che questi vengono programmati e gestiti dalle singole regioni: i rapporti con Trenitalia sono disciplinati da contratti di servizio, nell'ambito dei quali vengono definiti, tra l'altro, il volume e le caratteristiche dei servizi da effettuare, sulla base delle risorse economiche rese disponibili dalle stesse Regioni; detti contratti, fissano, tra l'altro, i relativi standard qualitativi e i meccanismi di penalità da applicare nei casi di eventuali difformità dai parametri contrattualmente stabiliti.
  In ogni caso, ferma restante la competenza regionale nell'ambito della programmazione dei servizi di trasporto pubblico Pag. 22locale e dei servizi ferroviari regionali è, tuttavia, evidente la necessità di un coordinamento tra le regioni e lo Stato. In tale ottica, l'articolo l, comma 301, della legge n. 228 del 2012, nel sostituire l'articolo 16-bis del decreto-legge n. 95 del 2012, ha previsto, a decorrere dal 2013, l'istituzione del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario; tale norma ha, infatti, lo scopo di incentivare le regioni a riprogrammare i servizi secondo criteri oggettivi ed uniformi a livello nazionale, di efficientamento e razionalizzazione, criteri questi definiti con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 marzo 2013, emanato ai sensi del comma 3 del citato articolo 16-bis. L'applicazione di tali criteri, superando la cristallizzazione dei servizi storici e della spesa storica, consentirà la progressiva rispondenza tra offerta e domanda di trasporto. Tale programmazione sarà diretta ad individuare e ridurre i servizi scarsamente utili e sovrapposti o prodotti con modalità eccessivamente onerosa in relazione alla domanda esistente, secondo criteri di efficientamento e razionalizzazione che dovranno, ai sensi dell'articolo 16-bis del decreto-legge n. 95 del 2012, attuarsi in particolare mediante: un'offerta di servizio più idonea, efficiente ed economica per il soddisfacimento della domanda di trasporto pubblico; il progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi; la progressiva riduzione dei servizi offerti in eccesso in relazione alla domanda ed il corrispondente incremento qualitativo e quantitativo dei servizi a domanda elevata; la definizione di livelli occupazionali appropriati; la previsione di idonei strumenti di monitoraggio e di verifica.
  Il MIT, dal canto suo, avrà cura di verificare, anche per il tramite dell'osservatorio istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 300, della legge n. 244 del 2007, che la regione stia procedendo, secondo i criteri indicati dal citato articolo 16-bis, alla riprogrammazione dei servizi, per ovviare alle criticità riscontrate dall'utenza. La verifica è diretta a ripartire tra le regioni a statuto ordinario le somme stanziate sul fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, con la previsione, qualora la regione non esegua tale efficientamento e razionalizzazione, di una penalizzazione corrispondente ad una riduzione, nel limite massimo del 10 per cento, delle risorse ad essa destinate.
  In seguito a tale programmazione potranno essere valutati gli eventuali ulteriori interventi di carattere strutturale di cui è cenno nell'interpellanza.
  Ricordo, da ultimo, che il disegno di legge di stabilità 2014, all'esame del Parlamento, oltre alle risorse di cui al predetto Fondo nazionale, dispone l'incremento del Fondo per il miglioramento della mobilità dei pendolari, pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2014-2016, da destinare all'acquisto di materiale rotabile su gomma, e a 200 milioni di euro per l'anno 2014, da destinare all'acquisto di materiale rotabile ferroviario. Assicuro che il MIT continuerà a vigilare, con rinnovato impegno, affinché vengano garantiti collegamenti adeguati ed efficienti.

  PRESIDENTE. L'onorevole Gallinella ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Gagnarli n. 2-00299, di cui è cofirmatario.

  FILIPPO GALLINELLA. Signor Presidente, chiaramente ringrazio il sottosegretario Giordani, ma, come si può capire, avremmo avuto il piacere di dire direttamente a Lupi quello che sto per dire, perché c’è un problema grande sui treni. La collega ha spiegato che cosa comporta la soppressione e la risposta, a mio avviso insoddisfacente, è che si fanno i conti. Il problema è che un Paese deve pianificare i trasporti in un'ottica. Anche la strategia «Europa 2020» prevede che ci deve essere una riduzione dell'inquinamento, quindi passare dalla gomma al ferro è la soluzione migliore. Questo come strategia generale. Quindi, la prima critica che faccio alla risposta è questa. In secondo luogo, quando si parla dell’Intercity, nello specifico Pag. 23l'IC 531, il sottosegretario ci ha detto che il ritardo e i tempi di trasporto sono migliorati nel mese di ottobre rispetto a settembre, ma probabilmente è una fase ciclica, perché mi sono messo a registrare i ritardi della prima settimana di novembre di questo treno, che voglio andare a leggere. Giorno 4 novembre: il treno IC 531 è arrivato con 30 minuti di ritardo alla stazione Roma Termini, causa problemi di controllo blocco porte in galleria; il giorno 6 novembre, sempre lo stesso treno si è fermato nei pressi di Narni per un guasto tecnico, e il treno è arrivato con 30 minuti di ritardo; il giorno 7 novembre, la stesso treno è giunto a Roma con 60 minuti di ritardo (io sono pendolare, prendo di frequente questo treno, e vi dico, perché è successo, che il capotreno si è dovuto nascondere in bagno); il giorno 8 novembre il treno IC 531 è partito dalla stazione di Perugia con un ritardo di dieci minuti ed è giunto alla stazione di Ponte San Giovanni, che sono cinque, sei chilometri, con un ritardo di 17 minuti, ed è arrivato a Roma Termini con un ritardo di 20 minuti.
  Poi cambierò argomento, perché questo è un treno che prendo di frequente, ma dovete tener presente che questo treno parte da Perugia e arriva a Roma, sono circa 200 chilometri, e secondo me è inaccettabile, in ogni caso, a meno che non ci sia un evento di calamità naturale, un ritardo di 60 minuti. Detto questo, il problema poi si riscontra con altri treni, perché, come ha detto la collega Gagnarli, la politica industriale dell'amministratore è quella di puntare sull'Alta velocità e aiutare magari anche gli amici, diciamo così. Il problema è che purtroppo la maggior parte delle persone sono pendolari, ma ci sono anche gli studenti. I lavoratori devono arrivare puntuali e devono trovare sempre giustificazioni con il datore di lavoro; questi sono problemi per i lavoratori, in un momento di crisi come questo.
  Oltretutto ne va a scapito anche dell'economia nazionale, perché se uno fa due conti, ci sono 30, 40, 60 minuti di ritardo che sono comunque soldi, e quindi secondo me dovrebbe esserne investito anche il Ministro Saccomanni di questo problema.
  Chiaramente, in una azienda privata se l'azienda non va bene la prima cosa che si fa, solitamente, si dà la colpa all'amministratore; ora Moretti è l'unico manager che, ricordo, non è stato investito dal taglio degli stipendi, pari a 294 mila euro mi sembra, e lui ne prende oltre 800 mila. È stato poi riconfermato sia da Saccomanni che da Letta nonostante ci sono stati anche dei disastri che hanno evidenziato che forse l'amministratore dal 2006 andrebbe cambiato, questo è a mio avviso evidente come fatto. Quindi tocca anche rinnovare le persone che ci dirigono, perché chiaramente una persona come l'amministratore di Trenitalia che guadagna oltre 800 mila euro e si permette di dire che un pendolare si può permettere anche 50 euro in più al mese per il biglietto del treno, per l'abbonamento – considerando il fatto che questi treni li prendono anche gli studenti che non hanno reddito – e se uno vede i dati ISTAT lo stipendio medio di quelli che lavorano è 15 mila euro, magari 50, 60 euro al mese possono essere anche pesanti per qualcuno e magari uno non deve comprare i libri di scuola.
  Quindi, secondo me, un amministratore, oltre che alla gestione fallimentare sotto ogni profilo – ma non è che lo diciamo noi, sono i dati e basta sentire le persone che prendono i treni, è sul campo che si vede l'operato delle persone –, è bene che stia attento anche a livello comunicativo, si tratta infatti di una questione insopportabile dal nostro punto di vista.
  Poi volevo aggiungere anche il fatto che quando si parla di miglioramento di Trenitalia, della gestione dei treni, purtroppo si usano sempre degli slogan, perché quando si dice «è migliorata», ma che cosa ? Come ha detto lei ci sono varie categorie di treni, ma ci sono anche varie categorie di soluzioni: c’è il trasporto merci, il trasporto persone a lunga percorrenza, pendolari, e quindi bisogna fare la differenza e purtroppo è evidente che Pag. 24per migliorare l'Alta velocità i trasporti regionali di competenza si sono deteriorati.
  Poi in merito a tutto questo, aldilà della soppressione, che crea sovraffollamento, mi si deve spiegare come mai su quelli che rimangono ogni giorno si blocca la porta. È impossibile ! Allora dico, togliamo qualcosa a Moretti e aggiustiamoci le porte, perché è evidente per chiunque pensare questa cosa.
  Sicuramente la gestione, a nostro avviso, è totalmente sbagliata, va rinnovato sicuramente non solo il parco macchine ma anche il «parco dirigenziale» a questo punto, quindi chiedo che queste mie parole possano essere spedite direttamente all'amministratore, sennò le faremo in qualche modo pervenire, che anche il Ministro Lupi si faccia carico di questa gestione, anche perché quando c'era la questione del TAV era qui e non vedo perché non è venuto nuovamente; magari con un altro striscione, forse, la prossima volta, «Abbassiamo i ritardi», ci scriviamo qualcosa, «Ci sono anche i pendolari», potrebbe esser da stimolo per lui.
  Oltretutto, anche il Ministro Saccomanni e Letta, che ha riconfermato Moretti, è bene che si facciano carico di questa vicenda, perché chiaramente ne va anche dell'economia del Paese.
  Ritengo, e concludo, che il trasporto su ferro è indispensabile, perché in un'ottica anche ambientale, oltre che per ridurre il disagio, bisogna puntare sui trasporti regionali, perché le persone si spostano più facilmente all'interno della regione con un treno che con una macchina. Questa è una cosa strategica, oltre al fatto che le carrozze sono vecchie, che fanno letteralmente schifo. Quando le persone, i cittadini sapevano che oggi c'era questa interpellanza sui treni hanno detto: «Dite veramente come stanno le cose, perché probabilmente non l'hanno preso mai un regionale o un intercity che percorre queste brevi tratte e che sono sempre sovraffollati».
  Io concludo chiedendo veramente, anche tramite il Presidente, che si faccia carico di riportare queste parole perché è un disagio che colpisce tante persone, persone che lavorano e che non si possono permettere magari di andare al lavoro con la macchina. Questa è una cosa che bisogna mettersi in testa.

  PRESIDENTE. La ringrazio, al di là della buona volontà del Presidente tutto rimane negli atti parlamentari, quindi sicuramente arriverà a destinazione.
  È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 18 novembre 2013, alle 15:

  Svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni.

  La seduta termina alle 10,45.

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