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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 211 di lunedì 14 aprile 2014

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 15.

  RICCARDO FRACCARO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 10 aprile 2014.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Abrignani, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Baldelli, Bellanova, Benamati, Mariastella Bianchi, Bini, Biondelli, Bobba, Bocci, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Brescia, Bressa, Brunetta, Busto, Caparini, Caruso, Casero, Castiglione, Censore, Cicchitto, Cimmino, Cirielli, Costa, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Frusone, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Grimoldi, La Russa, Lacquaniti, Legnini, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Marazziti, Mazzoli, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Orlando, Pellegrino, Peluffo, Pes, Pili, Pisicchio, Pistelli, Polidori, Ravetto, Realacci, Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Speranza, Tabacci, Vallascas, Vignali, Zan e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente ottantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Realacci ed altri; Bratti ed altri; De Rosa ed altri: Istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente e disciplina dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (A.C. 68-110-1945-A) (ore 15,05).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge d'iniziativa dei deputati Realacci ed altri; Bratti ed altri; De Rosa ed altri: istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente e disciplina dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 68-110-1945-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Partito democratico e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento Pag. 2senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto che la VIII Commissione (Ambiente) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Il relatore, onorevole Zaratti, ha facoltà di svolgere la relazione.

  FILIBERTO ZARATTI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, la Commissione VIII raccomanda all'Assemblea l'approvazione del testo unificato delle proposte di legge n. 68, n. 110 e 1945-A, di iniziativa rispettivamente del presidente Realacci e dei colleghi Bratti e De Rosa, che si pone l'obiettivo di istituire un Sistema nazionale dell'Agenzia ambientale, di cui fanno parte l'Istituto per la protezione e la ricerca ambientale, l'ISPRA e le agenzie regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano.
  Con il testo unificato all'esame dell'Assemblea si offre al Parlamento l'opportunità di operare nella direzione di un chiaro rafforzamento delle politiche ambientali, consolidando e completando il percorso riformatore avviato esattamente venti anni fa, dalla legge n. 61 del 1994. Fu infatti questa legge ad istituire l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente e a demandare alle regioni e alle province autonome l'istituzione dell'Agenzia territoriale per la protezione ambientale. Grazie a quella legge vennero poste le basi per la costruzione di un patrimonio importante di strutture, di competenze professionali e tecnologiche acquisite attraverso lo studio, l'analisi, il monitoraggio e il controllo dei dati ambientali, che a noi spetta oggi di riordinare e potenziare a beneficio dell'ambiente e della salute dei cittadini del nostro Paese.
  I numeri dati la scorsa settimana in occasione della dodicesima conferenza del Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente ci parlano di 73 mila istruttorie e pareri resi e di 100 mila tra ispezioni e sopralluoghi svolti ogni anno dagli 11 mila operatori, dell'ISPRA 1.350, e delle agenzie regionali e provinciali che sono 9.736. Si tratta inoltre di un sistema in crescita: più 16 per cento di ispezioni e sopralluoghi nel 2012 rispetto al 2005, più 50 per cento di campioni realizzati rispetto al 2006, e tutto questo anche con una, sia pur lieve, diminuzione dei costi a carico dei cittadini. Come si vede, un sistema vivo, fondamentale per un Paese moderno, tanto più nel momento nel quale si parla di semplificazione nelle procedure autorizzative. I controlli, da questo punto di vista, necessari, diventano indispensabili e fondamentali. Anche in questo caso però è un'Italia a due velocità: al nord, ogni operatore delle agenzie è al servizio di 5.300 cittadini, al sud di 7.800 al centro di 7.300. Al nord, ogni addetto ai monitoraggi ambientali sul campo presidia 131 chilometri quadrati di territorio, al sud deve presidiarne 345.
  Quindi, come si vede, è un'Italia a due velocità e credo che sia fondamentale riuscire ad approvare una legge che possa aiutare ad omogeneizzare gli interventi delle diverse agenzie ambientali.
  Di fronte a questi dati in una situazione nella quale, da un lato la legislazione, soprattutto quella proveniente dall'Unione europea, pone in termini sempre più stringenti l'obiettivo dell'uso e della gestione sostenibile delle risorse e, dall'altro, i cittadini si dimostrano sempre più attenti alle informazioni ambientali e sempre più interessati alla comprensione della relazione esistente tra i dati ambientali ed i fattori di rischio della salute, il Parlamento può fare oggi un deciso passo in avanti. Bisogna ridare certezze ai cittadini ed alle imprese. Da questo punto di vista l'autorevolezza, anche scientifica, dell'Agenzia nello svolgere i controlli è un elemento determinante. Dobbiamo riuscire a rispondere efficacemente ad una sempre maggiore domanda di controllo ambientale e sanitario e dobbiamo ricostruire quel livello di fiducia tra i cittadini e le istituzioni, che è un elemento basilare per ridare certezza anche ai processi partecipativi, di cui molte realtà locali si stanno dotando.
  Ci sono in tutte le regioni le condizioni per approvare una legge che consolidi i risultati raggiunti, gli obbiettivi chiave e Pag. 3che consenta, attraverso il riconoscimento formale del sistema nazionale delle agenzie per la protezione dell'ambiente e l'individuazione di regole e di risorse certe per un suo funzionamento, di rendere trasparente ed omogeneo su tutto il territorio nazionale il sistema dei controlli ambientali.
  Il testo unificato all'esame dell'Assemblea rappresenta uno strumento concreto per rafforzare la capacità delle istituzioni ambientali di lavorare insieme, di mettere in comune esperienze e buone pratiche, di creare una rete moderna di laboratori altamente specializzati, di condividere sistemi informativi a beneficio della conoscenza dei cittadini e a supporto delle decisioni pubbliche. Il Parlamento ha dunque l'opportunità di mettere a disposizione del Paese una legge che dà maggiore credibilità ed autonomia alle istituzioni ambientali e che, per questa via, contribuisce concretamente a riattivare quel circuito di fiducia tra i cittadini e le istituzioni pubbliche, che è alla base della forza, dell'autorevolezza e della vitalità stessa della democrazia.
  L'VIII Commissione è giunta all'elaborazione di un testo unificato delle proposte di legge n. 69, 110 e 1945, nella versione che si propone all'Assemblea, in esisto ad una complessa ed approfondita attività istruttoria che ha consentito l'acquisizione di una serie di significativi elementi conoscitivi e si è conclusa in termini relativamente rapidi, anche grazie al contributo costruttivo e propositivo di tutti i gruppi parlamentari, sia quelli di maggioranza che quelli di opposizione.
  L'esame è stato sostanzialmente realizzato tra luglio e ottobre 2013. In questo periodo sono state svolte una serie di audizioni importanti, per ben quattro sedute della Commissione, che hanno consentito di acquisire sui temi in oggetto del provvedimento soluzioni e proposte, di cui la Commissione ha tenuto conto in larga parte nel seguito dell'esame del provvedimento. Il lavoro istruttorio svolto nelle audizioni, dunque, non ha costituito una semplice e rituale formalità, ma ha rappresentato una vera e propria risorsa per l'arricchimento del testo. Anche per questo ritengo doveroso menzionare in questa sede il contributo di riflessioni e di proposte, portato nel corso delle audizioni dai rappresentanti di AssoArpa, dell'ISPRA, dai rappresentanti di Legambiente di Greenpeace, del WWF, dell'Associazione medici per l'ambiente, del capo della Protezione civile, dei rappresentanti del Ministero della giustizia, dell'ENEA e di Rete Imprese Italia.
  Il successivo esame abbinato delle proposte di legge, svolto in sede di Comitato ristretto, ha condotto alla predisposizione di un lavoro di sintesi e di coordinamento dei testi, che unitamente all'elaborazione dei principali elementi acquisiti nel corso delle audizioni ha portato alla stesura, a cura del relatore, di una proposta di testo unificato delle proposte di legge, che è stato poi adottato dall'VIII Commissione.
  Il testo unificato che si propone all'Assemblea si prefigge, come già detto, l'obiettivo fondamentale del riconoscimento normativo del Sistema nazionale delle agenzie per la protezione dell'ambiente e l'introduzione di sostanziali innovazioni organizzative e di funzionamento finalizzate, secondo quanto prevede espressamente l'articolo 1 del testo unificato, ad assicurare omogeneità ed efficacia nell'esercizio dell'azione conoscitiva e di controllo pubblico della qualità dell'ambiente, a supporto delle politiche di sostenibilità ambientale e di prevenzione sanitaria a tutela della salute pubblica.
  L'articolo 2 reca una serie di definizioni funzionali dell'applicazione della legge, tra le quali in particolare una definizione di Sistema nazionale delle agenzie per la protezione dell'ambiente quale rete che attua i LEPTA, i livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali disciplinati nel seguente articolo 9.
  La fissazione normativa delle funzioni del Sistema nazionale è recata invece all'articolo 3 del testo unificato, che contiene un elenco dei compiti ad esso attribuiti: dal monitoraggio dello stato dell'ambiente, al controllo dei fattori di inquinamento delle matrici ambientali e delle pressioni sull'ambiente, all'attività di ricerca, Pag. 4di trasmissione ai diversi livelli istituzionali e di diffusione pubblica dell'informazione ambientale, al supporto tecnico-scientifico all'esercizio di funzioni amministrative in materia ambientale, nonché il coordinamento degli interventi, la collaborazione in relazione ad attività di divulgazione, educazione ambientale, nonché di formazione e aggiornamento del personale di enti ed organismi pubblici, alla partecipazione, anche mediante integrazione dei sistemi conoscitivi ed erogazione di servizi specifici ai sistemi nazionali e regionali preposti agli interventi di protezione civile, sanitaria e ambientale, all'attività monitoraggio degli effetti sull'ambiente derivanti dalla realizzazione di opere infrastrutturali, alle funzioni di supporto tecnico allo sviluppo e all'applicazione di procedure di certificazione di qualità ecologica dei prodotti e dei sistemi di produzione. Come vedete, un'ampia gamma di funzioni che ridisegna lo stesso modo di operare dell'ISPRA e del neonato Sistema delle agenzie nazionali per la protezione dell'ambiente.
  Il comma 1 dell'articolo 4 attribuisce personalità giuridica di diritto pubblico e disciplina i profili di autonomia dell'ISPRA e la sua sottoposizione alla vigilanza del Ministero dell'ambiente. L'ISPRA deve adeguare la propria struttura organizzativa e tecnica al perseguimento degli obiettivi stabiliti dalla legge, che disciplinano rispettivamente le attribuzioni del consiglio di amministrazione e l'approvazione dello statuto. I commi 3 e 4 dell'articolo 4 attribuiscono all'ISPRA funzioni tecniche e scientifiche per la più efficace pianificazione ed attuazione delle politiche di sostenibilità delle pressioni sull'ambiente.
  L'ISPRA svolge inoltre, ai sensi dell'articolo 6, funzioni di indirizzo e coordinamento, al fine di rendere omogenee sotto il profilo tecnico le attività del Sistema nazionale. Tali funzioni comprendono tra l'altro lo svolgimento dell'attività istruttoria necessaria alla determinazione dei LEPTA, la definizione degli strumenti e dei criteri operativi per l'esecuzione delle attività di controllo, raccolta, valutazione e analisi dei dati ambientali e per la valutazione degli stessi, lo sviluppo e la gestione del sistema nazionale di qualità dei dati di monitoraggio ambientale, la realizzazione e la gestione del sistema informativo nazionale ambientale, la promozione e il coordinamento della rete nazionale dei laboratori accreditati, istituita all'articolo 10.
  Nel corso dell'esame in sede referente, il quadro delle funzioni di indirizzo e coordinamento è stato integrato, prevedendo tra l'altro l'elaborazione di criteri e di standard uniformi per lo svolgimento dell'attività conoscitiva nell'ambito della difesa del suolo, della pianificazione di bacino, il rilevamento, l'aggiornamento e la pubblicazione della carta geologica nazionale, attività di ricerca e controllo della prevenzione rischi geologici, con particolare attenzione al dissesto idrogeologico.
  Nel corso dell'esame in sede referente è stata altresì inserita, all'articolo 5, la specifica disposizione al fine di trasferire all'ISPRA le funzioni degli organismi collegiali già operanti presso il Ministero dell'ambiente, per i quali era stato avviato un procedimento di riordino. Tali funzioni sono individuate con decreto del Ministero dell'ambiente da adottarsi entro 90 giorni dall'approvazione della legge.
  Ai sensi del comma 6 dell'articolo 4, i componenti degli organi dell'ISPRA durano in carica quattro anni e possono essere rinnovati per un solo mandato. Identica durata è prevista per il contratto del direttore generale. Nel corso dell'esame presso la Commissione di merito sono stati specificati, all'articolo 8, i requisiti professionali e morali del direttore generale dell'ISPRA e delle agenzie ambientali e talune incompatibilità. Inoltre, è previsto che presso l'ISPRA sia istituita e costantemente aggiornata un'anagrafe dei direttori generali dell'ISPRA e delle agenzie regionali e provinciali, che contiene le informazioni sui requisiti professionali e sullo stato patrimoniale dei direttori delle medesime agenzie.
  L'articolo 7, comma 1, attribuisce anche alle agenzie regionali e provinciali la Pag. 5personalità giuridica di diritto pubblico e l'autonomia tecnico-scientifica, amministrativa e contabile.
  Le leggi regionali disciplinano la struttura, il funzionamento, il finanziamento e la pianificazione delle attività delle agenzie, nel rispetto dei LEPTA e del programma triennale delle attività di cui all'articolo 10.
  L'articolo 9 disciplina la determinazione dei LEPTA, che costituiscono il livello minimo omogeneo su tutto il territorio nazionale delle attività di cui all'articolo 3 che il Sistema nazionale è tenuto a garantire, anche ai fini del perseguimento degli obiettivi di prevenzione collettiva previsti dai livelli essenziali di assistenza sanitaria. Al riguardo, è opportuno richiamare la definizione recata dall'articolo 2, comma 1, lettera e), del testo unificato, secondo cui per «livello essenziale di prestazioni» si intende lo standard qualitativo e quantitativo di attività che deve essere garantito in modo omogeneo a livello nazionale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, di cui i LEPTA costituiscono l'applicazione in materia ambientale.
  Il comma 2 chiarisce che i LEPTA fissano gli standard funzionali, operativi, strutturali e qualitativi delle prestazioni. I relativi aspetti organizzativi, gestionali e finanziari, riferibili a costi standard per tipologia di prestazione, sono definiti tramite l'adozione del catalogo nazionale dei servizi. Io vorrei far notare la grande novità che rappresenta l'istituzione dei LEPTA, che credo sia addirittura un'innovazione che noi potremmo anche «esportare» a livello europeo, perché non credo esistano simili esempi nella legislazione dei Paesi dell'Unione europea. Quindi, stabilire che esistano dei livelli essenziali di prestazioni tecnico-ambientali rappresenta la possibilità di omogeneizzare i nostri interventi in tutte le regioni italiane, garantendo a tutti i cittadini italiani lo stesso livello e la stessa qualità di prestazioni in campo ambientale.
  Ricordo inoltre che, nel corso dell'esame in sede referente, sono state disciplinate le modalità di aggiornamento dei LEPTA e del catalogo nazionale, in funzione delle emergenze e delle esigenze specifiche del territorio nazionale e comunque con cadenza non superiore a cinque anni.
  L'articolo 10 prevede una specifica procedura di programmazione triennale delle attività, mentre l'articolo 11 disciplina la realizzazione e la gestione del sistema informativo nazionale ambientale.
  L'articolo 13 istituisce il consiglio del Sistema nazionale (presieduto dal presidente dell'ISPRA e composto dai legali rappresentanti delle agenzie regionali e provinciali e dal direttore generale dell'ISPRA), con funzioni consultive e parere vincolante su tutti gli atti di indirizzo e coordinamento per il governo del sistema, ivi compreso il programma triennale, nonché sui provvedimenti del Governo di carattere tecnico in materia ambientale e di segnalazione al Ministero dell'ambiente ed alla Conferenza Stato-regioni dell'opportunità di interventi, anche legislativi, per il perseguimento degli obiettivi stabiliti dalla legge.
  L'articolo 14 demanda ad un apposito regolamento l'individuazione del personale incaricato degli interventi ispettivi nell'ambito delle funzioni di controllo svolte dal Sistema (nonché dei criteri di svolgimento delle ispezioni), favorendo il principio di rotazione del medesimo personale, al fine di garantire la terzietà dell'intervento ispettivo. Nel corso dell'esame presso la Commissione di merito è stato specificato che l'individuazione del personale ispettivo deve basarsi su principi di meritocrazia e che con il citato regolamento sono disciplinate le modalità con cui i cittadini segnalano presunti illeciti ambientali.
  I commi 4 e 5 disciplinano i poteri del personale ispettivo, mentre il comma 6 dispone che il presidente dell'ISPRA ed i legali rappresentanti delle agenzie possono individuare, nell'ambito del personale incaricato degli interventi ispettivi, quelli che operano con la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria.
  Prima di concludere, vorrei ribadire il mio giudizio positivo su questo importante provvedimento, per le tematiche affrontate Pag. 6e le soluzioni proposte, ma vorrei esprimere un particolare apprezzamento per il metodo che è stato adottato dalla nostra Commissione nell'affrontare un tema così importante: il problema dei controlli ambientali, del funzionamento dell'ISPRA, della ricerca in campo ambientale, del funzionamento delle agenzie regionali presenti su tutto il nostro territorio, è un problema che in questo momento è particolarmente sentito.
  Basti pensare alle grandi emergenze, di cui anche quest'Aula si è occupata recentemente, da quella di Taranto a quella della «Terra dei fuochi», per capire come il rilancio e il rafforzamento della politica dei controlli ambientali possano determinare per il Paese un beneficio importante dal punto di vista della tutela della salute dei cittadini a quello ugualmente importante, comunque importante, della riduzione dei costi che servono al risanamento ambientale, ai disastri ambientali, che potrebbero essere limitati con una maggiore e più efficace presenza di controlli a monte.
  Come dicevo, il metodo adottato è stato quello di una fattiva collaborazione da parte di tutti i gruppi presenti nella nostra Commissione, sia di maggioranza che di opposizione: c’è sempre stato uno spirito assolutamente costruttivo nel cercare di migliorare il testo. E io credo che il testo che è stato, poi, alla fine, portato in quest'Aula davvero possa rappresentare un significativo passo in avanti. Del resto, penso che questo provvedimento possa essere abbinato, per certi versi, e paragonato come importanza a quello in tema di delitti ambientali, che la stessa Camera ha approvato...

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  FILIBERTO ZARATTI, Relatore. ...a significare – e concludo, Presidente – un lavoro importante che viene svolto in questa direzione.
  Mi permetto di esprimere un grande apprezzamento nei confronti del Governo, che ha determinato, ovviamente, la possibilità che si arrivasse a questa conclusione, a questo testo, collaborando in modo costruttivo, importante e positivo, dal primo momento fino al momento in cui il provvedimento è stato licenziato (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

  SILVIA VELO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, mi riservo di intervenire alla fine del dibattito.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Realacci. Ne ha facoltà.

  ERMETE REALACCI. Signor Presidente, l'eccellente relazione svolta dal collega Zaratti mi esime dallo spiegare le finalità in senso stretto del provvedimento e anche dal raccontare come siamo arrivati a questo testo unificato, che parte da un progetto di legge che avevo presentato io, da uno presentato dal collega Bratti e da uno presentato dal collega De Rosa, e che ha visto un lungo lavoro di coinvolgimento sia dei soggetti istituzionali che dei soggetti economici e associativi interessati al tema e che cerca di dare omogeneità e forza maggiore al sistema dei controlli ambientali.
  Ha ragione il collega Zaratti: è un po’ l'altra faccia del provvedimento, che questa Camera ha già approvato a larga maggioranza, concernente i delitti contro l'ambiente, che adesso è in discussione al Senato, ed è un passaggio importante non solo per le politiche ambientali, ma proprio per l'idea che noi abbiamo di Italia, di economia e di società.
  L'individuazione, attraverso i LEPTA, di una garanzia omogenea sul territorio nazionale, che vale per i cittadini, vale per l'ambiente, vale per le imprese, è, in realtà, una parte importante di un cambiamento necessario nella nostra economia. Noi sempre più spesso ci troviamo a fare i conti con eredità pesanti del passato, le ricordava di nuovo il collega Zaratti, l'Ilva, la «Terra dei fuochi», ma se ne potrebbero citare tante, dalla Caffaro di Brescia, a Bussi, a Marghera. Insomma, abbiamo Pag. 7tanti posti in Italia in cui una concezione, magari condivisa, allora, ma assolutamente primitiva del progresso e, poi, un'azione illegale e criminale o un'attenzione troppo omissiva e, qualche volta, connivente da parte delle istituzioni pubbliche e anche delle agenzie di controllo, hanno prodotto situazioni pesanti, pesanti dal punto di vista della salute, dell'ambiente, dal punto di vista anche delle risorse pubbliche.
  Se noi dovessimo quantificare oggi quanto ci costa mettere mano a tutti questi territori, scopriremmo cifre enormi, che, probabilmente, non saremmo mai in grado di mettere in campo; e, quindi, un'azione preventiva attraverso un sistema di controlli trasparente ed efficace è essenziale.
  Ma questi due provvedimenti, e, in particolar modo, questo, sono anche l'altra faccia di un ragionamento che vede, al tempo stesso, puntare su una semplificazione delle norme, ma su norme che possano essere applicate. Troppe volte nel nostro Paese si sono scritte norme senza guardare negli occhi il Paese: in campo ambientale penso, ad esempio, a quanto è accaduto sulla vicenda del Sistri, che, non a caso, adesso, va sottoposto ad una revisione profonda, perché, tante volte, si scrivono delle norme che poi non riescono ad essere portate avanti. E nell'incertezza delle norme c’è spazio per l'illegalità, c’è spazio, anche, per forme di economia opaca che non sono, poi, in grado di competere.
  In molti casi, nel nostro Paese, le norme ambientali sono state, poi, l'innesco di una maggiore efficacia del sistema delle imprese, potrei citare tantissimi esempi, in positivo e in negativo. Per esempio, il nostro Paese è leader nel mondo nella concia delle pelli. Le pelli migliori del mondo sono realizzate in Italia. Si è cominciato – parlo al sottosegretario Velo che è toscana e conosce la Toscana quanto me – da una norma che aveva un carattere ambientale, che serviva per salvare le nostre acque, nel caso della Toscana, l'Arno, ma vale anche per Arzignano o per Solofra; quella norma applicata all'inizio con forti proteste ha prodotto un'innovazione tecnologica e, oggi, il fatto che noi produciamo le pelli migliori del mondo deriva da quell'innovazione tecnologica, dal fatto che abbiamo bravi imprenditori e dal fatto che abbiamo lavoratori che hanno diritti, perché con gli schiavi si fa fatica a produrre cose belle.
  Non a caso, si è andati avanti prima nei posti che hanno applicato prima la legge, come nel Comprensorio del cuoio toscano e a Arzignano, e dopo a Solofra, perché a Solofra, dove anche adesso si sta andando avanti, il fatto di essere rimasti indietro nell'applicazione delle leggi ha prodotto un'arretratezza. Questo è vero in tanti posti del sud, lo ricordava anche Zaratti, e in tanti campi; anche per quanto riguarda, per esempio, l'uso degli incentivi per l'edilizia, l'esistenza di un'economia in nero in alcune regioni, come la Campania, non ha permesso di utilizzare appieno quei finanziamenti, ma questa scommessa di una trasparenza dell'economia, di un'economia avanzata, è in realtà una componente essenziale dello stare dell'Italia nel mondo.
  Si sono di recente svolti due importantissimi appuntamenti per l'economia italiana: Vinitaly a Verona e il Salone del mobile a Milano; in entrambi i casi le imprese che stanno in campo sono quelle che hanno scommesso sulla qualità e spesso questa qualità si incrocia con i temi ambientali, e spesso questa qualità può essere danneggiata dal non rispetto delle regole. Basta ricordare cosa è stato in Italia lo scandalo del metanolo; basta pensare a come vengono ferite la nostra agricoltura ma anche le nostre imprese di qualità dall'esistenza di economie in nero, di economie ai confini della legalità e quanto, invece, il rispetto di norme praticabili, avanzate, consenta alla nostra economia di essere effettivamente competitiva.
  Per questo serve un sistema di controllo e di agenzie efficace. Oggi questo sistema è molto disomogeneo. Per quanto riguarda il livello nazionale, l'ISPRA, c’è uno spostamento che va fatto verso il sistema dei controlli; l'ISPRA ha circa 1400 dipendenti, pochi lavorano nei controlli Pag. 8ambientali rispetto alle esigenze del Paese. È giustissimo, nel testo unificato si ribadisce che è importante che il sistema delle agenzie sia in grado anche di raccogliere dati, di coordinarli, di trasmetterli, che ci sia una parte importante di ricerca, perché bisogna presidiare le frontiere; fare dei controlli ambientali, oggi, significa anche avere un livello di conoscenza avanzato, ma il cuore dell'ISPRA e delle agenzie territoriali deve essere il sistema dei controlli. Deve essere un sistema di controlli che interviene spesso nella fase istruttoria delle decisioni, in maniera amichevole nei confronti dei cittadini e delle imprese, perché deve essere l'espressione di uno Stato che è, al tempo stesso, autorevole e amico e direi che è autorevole perché è amico. Autorevole nel senso che si deve sapere che questi controlli sono fatti in maniera trasparente, senza guardare in faccia nessuno, non orientati da interessi di parte e, al tempo stesso, in maniera amichevole, perché sono controlli non realizzati con una logica solo burocratica: se c’è il problema di capire qual è la direzione in cui andare, i tecnici delle agenzie di controllo devono essere in grado di interloquire, di interloquire con le istituzioni, con i cittadini, con le imprese.
  Questo è il senso del testo unificato delle proposte di legge che siamo chiamati ad approvare, nelle difficoltà del caso. Sappiamo che le risorse economiche sono quelle che sono. Non si parla di allargamento delle spese, ma si parla però di un passaggio che è essenziale e direi, perfino, di natura costituzionale. Non penso solo a quello che riguarda l'articolo 9 della Costituzione, in cui sappiamo che sarebbe stato naturalmente collocato l'ambiente, se all'epoca vi fosse stata sensibilità ambientale. Però, l'articolo 9 della nostra Costituzione, non a caso, mette assieme la ricerca scientifica e tecnica con la tutela del paesaggio e del patrimonio storico culturale e, in nuce, anche dell'ambiente. Quindi, il sistema di agenzie presidia questa intersezione. Ma vale anche per altri due articoli della nostra Costituzione, il 97 e il 98, in cui si parla di imparzialità dell'amministrazione e di pubblici impiegati al servizio esclusivo della nazione; il sistema delle agenzie deve avere queste caratteristiche. Troppe volte nel passato, per la sua debolezza e in qualche caso anche per l'opacità, esso non ha corrisposto a queste caratteristiche, e da questo punto di vista non ha svolto la sua funzione, perché si possono fare delle scelte se i cittadini si possono fidare del pubblico. Bisogna ridare onore all'azione pubblica; bisogna dare dignità al sistema delle agenzie; bisogna dare dignità al sistema dei controlli.
  Noi sappiamo che nel mondo e anche nel nostro Paese ci sono alcuni corpi dello Stato che sono investiti di una credibilità maggiore; penso alle forze dell'ordine, penso ai pompieri, ai Vigili del fuoco, che un po’ in tutto il mondo sono considerati espressione positiva dello Stato. Bene, il sistema di controllo ambientale deve avere queste caratteristiche: deve essere visto da tutti come un sistema amico, non solo perché le frontiere che abbiamo da presidiare sono difficili – non solo quelle dei grandi temi ambientali, penso ai dati che stanno emergendo sull'aumento di emissioni da CO2 e anche a quello dell'ambiente diffuso nel nostro territorio – ma perché presidiare queste frontiere è il presupposto non solo per salvaguardare la salute dei cittadini, ma anche per un'Italia che scommette sull'innovazione, sulla qualità, sulla conoscenza, che scommette sul futuro. Insomma, un'Italia che fa l'Italia.
  Ecco, un'Italia che fa l'Italia ha bisogno di un pubblico trasparente, che funzioni, e ha bisogno di un sistema di controlli ambientali all'altezza di un grande Paese civile. Abbiamo tutte le condizioni per realizzarlo, abbiamo le risorse umane per realizzarlo, questo testo unificato serve a realizzarlo (Applausi).

  PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Segoni, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
  È iscritta a parlare l'onorevole Dorina Bianchi. Ne ha facoltà.

  DORINA BIANCHI. Signor Presidente, si è riacceso, dopo un lungo periodo di Pag. 9silenzio, il dibattito in sede parlamentare e anche tra le agenzie ambientali italiane sul significato e sulle modalità di essere sistema agenziale. Tale interesse è stato fatto ripartire dal confronto sulle due proposte di legge che, seppur in anni diversi, hanno avuto come scopo la regolamentazione dell'aspetto connesso alle attività e alle funzioni delle agenzie ambientali italiane.
  Non dobbiamo dimenticare che le agenzie ambientali nascono a partire dal referendum del 18 aprile 1993, che vide l'83 per cento degli italiani votare «sì» riguardo all'ipotesi di enucleare le mansioni di controllo sull'ambiente dalle strutture delle organizzazioni sanitarie al fine di esaltarne la specificità e, quindi, con la consapevolezza di quanto fosse importante già a quel tempo un controllo reale sull'ambiente.
  È precisamente da quel momento che ha avuto inizio un percorso di natura normativa, organizzativa e, infine, operativa alla conclusione del quale si è costituito il sistema agenzie ambientali, che annovera circa 10 mila donne e uomini impegnati in opere di prevenzioni sanitarie in campo ambientale su tutto il territorio nazionale.
  A seguito degli esiti del referendum, fu promulgata la legge n. 61 del 1994, che conteneva disposizioni sulla riorganizzazione dei controlli ambientali, sull'istituzione dell'agenzia nazionale e indicava anche che regioni e province autonome si dotassero, attraverso proprie leggi, di agenzie regionali. Le leggi regionali sono state promulgate in un arco temporale piuttosto lungo, durato circa dieci anni, fino al 2006. E per molte agenzie, dopo la prima legge istitutiva, vi sono già stati significativi aggiornamenti normativi.
  Nel corso degli anni le agenzie hanno iniziato a confrontarsi, a dialogare, a misurarsi omogeneamente, spesso attraverso un ruolo di coordinamento centrale svolto dall'agenzia nazionale (ISPRA). Il parlarsi e il confrontarsi hanno rappresentato delle esigenze provenienti dal basso, spesso dai primi direttori delle neonate agenzie, spesso delle agenzie che per dimensioni e problematicità costituivano un riferimento per tutte le altre.
  Il fare squadra è, però, sempre stata un'esigenza insita nella riorganizzazione dei controlli ambientali voluti dalla legge n. 61 del 1994, e in diverse occasioni di confronti istituzionali il sistema agenziale è stato rappresentato come un positivo esempio di organizzazione federata a rete di organizzazioni pubbliche finalizzate agli stessi obiettivi (e non è improprio parlare di obiettivi condivisi). È, infatti, vero che ciascuna regione, nella propria autonomia, ha istituito la propria agenzia ambientale, in modo differenziato e sicuramente non omogeneo, per cui il panorama nazionale risulta essere composito, con agenzie che hanno diversi compiti, diverse funzioni, diverse organizzazioni e anche diverse dimensioni relative.
  È altrettanto vero, però, che le problematiche operative, che costituiscono il fulcro di quasi tutte le agenzie, i controlli sulle fonti di pressione e i monitoraggi sullo stato dell'ambiente presentano problematicità omogenee a cui una nazione deve sapere dare risposte univoche, qualsiasi sia il territorio dove vivono i cittadini. L'agenzia nazionale e quelle regionali negli anni hanno cercato di offrire analisi scientifiche a supporto dell'obiettivo dell'omogeneità operativa e si sono attivate affinché i confronti tra i sistemi delle agenzie fossero palesi ed evidenti. Questo percorso di confronto del sistema agenziale, arricchito anche da altre e diverse iniziative di confronto interagenziale di natura più tecnica e settoriale, si è molto rallentato, fino quasi a fermarsi a partire dal 2006.
  Vi sono, dunque, alcuni aspetti del complesso lavoro di riorganizzazione e razionalizzazione del sistema che andranno certamente chiariti, sia in fase di implementazione dell'attuale legge sia in rapporto alle normative regionali di riferimento per le singole agenzie regionali. Mi riferisco, ad esempio, alla necessità di un definitivo chiarimento in merito alla natura dell'ISPRA, ancora sospesa tra la duplice vocazione di coordinamento delle agenzie – e quindi di integrazione dei Pag. 10sistemi di monitoraggio e controllo ambientale – e di istituto di ricerca. Questa duplice mission ha comportato e comporta problemi di non semplice soluzione, perché i compiti che dovrebbero convivere nell'istituto appaiono molto diversi tra loro, con impatti sulla struttura organizzativa in termini di razionalizzazione ed efficienza che vanno attentamente valutati.
  Inoltre, occorrerà chiarire meglio alcune situazioni che rivestono carattere di particolare delicatezza, come il ruolo degli ufficiali di polizia giudiziaria all'interno delle agenzie e il tema delle attività svolte dalle agenzie stesse in conto terzi, dove il rischio di conflitti di interesse deve essere assolutamente evitato per evidenti ragioni di trasparenza. In questo senso, le previsioni dell'attuale testo di legge andrebbero rese più stringenti e dettagliate, attraverso una fase di definizione regolamentare della normativa. Su queste materie occorrerà approfondire valutazioni ulteriori anche in altre sedi, in particolare nel dialogo con le regioni.
  La speranza, dunque, è che si riesca finalmente a regolamentare una definizione di sistema agenziale, che oggi non può che essere un sistema di organizzazione in grado di dare risposte tecniche efficaci a costi minimizzati.
  Le attese più forti sono sul cambiamento e sulla stabilizzazione del ruolo e delle funzioni dell'agenzia ambientale del sistema, ruolo che deve cambiare poiché oggi sta cambiando il modo di essere della pubblica amministrazione. Deve cambiare poiché deve consolidare l'importante ruolo tecnico di ciascuna agenzia a supporto della prevenzione sanitaria e ambientale; deve cambiare poiché la sensibilità dei cittadini, nelle materie ambientali e di prevenzione della salute collettiva, è sempre crescente e ha bisogno di risposte chiare e trasparenti, oltre che tecnicamente ineccepibili.
  Il testo unificato oggi al nostro esame intende mettere ordine nel campo delle agenzie ambientali, attraverso l'istituzione di un sistema nazionale che ne coordini le competenze in maniera omogenea e puntuale. Devo dire che in Commissione, sebbene io purtroppo per motivi di salute non sia stata presente come avrei voluto, indubbiamente, anche dalle audizioni che ho letto, è stato fatto un buon lavoro, per un sistema che raccolga tutti i dati relativi al lavoro da svolgere da parte delle agenzie, garantendo loro il necessario supporto per la corretta funzionalità. Non meno importante è lo stimolo e l'incentivo alla ricerca in campo ambientale, nella politica essenziale di difesa del suolo.
  Quindi, lo scopo principale è istituire un soggetto istituzionale che faccia chiarezza sui ruoli e sulla funzione delle varie agenzie. In tal senso, la proposta di legge attribuisce un rilievo normativo alla connotazione sistemica delle agenzie ambientali, attraverso l'istituzione del Sistema nazionale delle agenzie per la protezione dell'ambiente.
  Di questo sistema fanno parte l'Istituto per la protezione e la ricerca ambientale, ISPRA, insieme alle agenzie regionali e le province autonome di Trento e Bolzano per la protezione dell'ambiente. A tale sistema viene attribuito il compito di monitorare lo stato dell'ambiente e della sua evoluzione, di tenere sotto controllo i fattori di inquinamento delle matrici ambientali e delle pressioni ambientali, ovvero i dati e i parametri utili alla valutazione qualitativa e quantitativa delle condizioni ambientali e socio-economiche di un sistema che ha aiutato a comprendere se le condizioni ambientali rientrino in determinate aspettative e soddisfino gli obiettivi di sviluppo sostenibile, di fornire materiale informativo ai diversi livelli istituzionali sempre in tema di salvaguardia e protezione dell'ambiente, di assicurare il dovuto supporto tecnico alle amministrazioni competenti per il coordinamento degli interventi per la tutela della salute.
  Viene appositamente prevista una collaborazione in relazione all'attività di divulgazione e di educazione ambientale, nonché di formazione e aggiornamento del personale di enti ed organismi pubblici operanti nel settore della lotta all'inquinamento, oltre ad un'azione di vera e propria integrazione dei sistemi conoscitivi e dei servizi specifici tra i sistemi nazionali Pag. 11e quelli regionali preposti agli interventi di protezione civile, sanitaria e ambientale.
  Appare evidente, quindi, che la strada che il presente progetto di legge intende percorrere sia quella dell'uniformità di mansioni da compiere, della trasparenza e del raggiungimento di un livello davvero efficiente di monitoraggio e salvaguardia dell'ambiente e della salute dei cittadini, propositi questi che soltanto un'univoca normazione è in grado di assicurare.

  PRESIDENTE. Saluto gli alunni e i docenti dell'Istituto comprensivo statale Dante Galiani di San Giovanni Rotondo, in provincia di Foggia, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  È iscritto a parlare l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di legge in esame ha ad oggetto un tema di particolare rilevanza in un Paese che vuole perseguire un livello sempre più alto di tutela dell'ambiente: l'istituzione di un sistema nazionale per la prevenzione e la protezione dell'ambiente.
  L'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ISPRA, è stato istituito dall'articolo 28 del decreto-legge n. 112 del 2008 e viene ora ad assorbire le funzioni delle risorse di tre enti contestualmente soppressi. In pratica è una riorganizzazione complessiva che comprende l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, l'Istituto nazionale per la fauna selvatica e l'Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare. Il provvedimento, pertanto, comporterebbe in primo luogo dei risparmi da realizzare per effetto della razionalizzazione amministrativa e della riduzione degli organi degli enti soppressi. In attuazione della predetta norma è stato emanato il decreto del Ministero dell'ambiente n. 123 del 2010, in base al quale si provvede alle finalità istituzionali dell'ISPRA mediante i seguenti mezzi: un contributo annuale dello Stato, le risorse provenienti da amministrazioni ed enti pubblici e privati, nonché dalle organizzazioni internazionali, i proventi di beni costituenti il patrimonio e derivanti dallo sfruttamento economico di eventuali brevetti e invenzioni, ed infine i proventi derivanti da promozione e vendita di servizi e prodotti, consulenza e collaborazione, diffusione di pubblicazioni.
  Il decreto ministeriale ha inoltre stabilito che il personale del ruolo dei tre enti soppressi fosse inquadrato nel ruolo dell'ISPRA mantenendo il proprio stato giuridico ed economico. Riguardo alle risorse pubbliche destinate all'ISPRA si segnala che l'istituto è finanziato annualmente dalla legge di stabilità e nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente sono iscritti, oltre ai predetti contributi, anche le risorse destinate all'ISPRA a titolo di contributo per le spese obbligatorie. Tali ultime risorse ammontano per l'anno 2014 a 59 milioni di euro. Il totale di queste tre voci determina il contributo ordinario per il 2014 che è pari a 85 milioni di euro. Si ricorda che l'ISPRA fa parte dell'elenco ISTAT delle amministrazioni pubbliche che concorrono alla formazione del conto economico consolidato della pubblica amministrazione. Inoltre poi ci sono le agenzie regionali e provinciali, che hanno autonomia tecnico-giuridica, amministrativa e contabile e sono poste sotto la vigilanza della presidenza della giunta provinciale o regionale.
  Anche le agenzie regionali fanno parte nell'elenco ISTAT delle amministrazioni pubbliche che concorrono alla formazione del conto consolidato della pubblica amministrazione. L'ISPRA è integrato in un sistema a rete, il sistema delle agenzie ambientali, che conta oggi la presenza sul territorio nazionale di ventuno tra agenzie regionali e provinciali, costituite con apposita legge regionale. Si tratta di un esempio di sistema federativo consolidato che con l'ISPRA garantisce la gestione del sistema.
  Ricordo in proposito che l'articolo 15 del decreto ministeriale n. 123 del 2010, recante disposizioni di riorganizzazione dell'ISPRA, prevede, al fine di promuovere lo sviluppo del sistema nazionale delle agenzie e dei controlli in materia ambientale, Pag. 12coordinato dall'ISPRA, che presso quest'ultimo operi il consiglio federale presieduto dal presidente dell'ISPRA e composto dal direttore generale e dai legali rappresentanti delle ARPA.
  Il provvedimento che stiamo discutendo in questa sede, in altre parole, istituisce il sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente, formato dall'Istituto nazionale per la protezione e la ricerca ambientale e dalle agenzie per la protezione dell'ambiente delle regioni e delle province autonome e comprende norme che istituiscono e disciplinano il sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente stesso.
  Le funzioni dell'ISPRA ricomprendono, tra l'altro, la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali. Queste ultime costituiscono standard qualitativi e quantitativi di attività che devono essere garantite in modo omogeneo a livello nazionale e rappresentano il parametro di riferimento obbligatorio per la definizione dei piani di attività delle agenzie al fine di garantire l'omogenea attività del sistema nazionale. A quest'ultimo viene affidata un'articolata serie di funzioni: indirizzo, coordinamento tecnico, controllo, monitoraggio, ricerca, consulenza tecnica e formazione.
  L'ISPRA adegua la propria struttura organizzativa e tecnica al perseguimento degli obiettivi di cui al provvedimento in esame; predispone, inoltre, il programma triennale delle attività del sistema nazionale, individuando le principali linee di intervento finalizzate ad assicurare il raggiungimento dei LEPTA all'interno del territorio nazionale. Con apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono individuate le funzioni degli organismi collegiali già operanti presso il Ministero e da trasferire all'ISPRA.
  Le regioni e le province autonome disciplinano con proprie leggi la struttura, il funzionamento, il finanziamento e la pianificazione delle attività delle agenzie per la protezione dell'ambiente nel rispetto dei livelli essenziali di prevenzione ambientale e tenendo conto delle disposizioni contenute nel programma triennale delle attività previste dal provvedimento stesso.
  Inoltre, il provvedimento in oggetto stabilisce le modalità di finanziamento dell'ISPRA e delle agenzie con riferimento alle funzioni svolte ai sensi del provvedimento in esame e all'integrazione delle risorse del Fondo ordinario previsto per lo svolgimento delle altre attività istituzionali. L'attività degli organismi operanti nel sistema nazionale è vincolata, in base al testo in esame, dalla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia ambientale, ai quali vengono commisurati i finanziamenti da erogare ai medesimi organismi da parte dello Stato e delle regioni.
  Non essendo prevista alcuna clausola che subordina la definizione di tali nuovi livelli a specifici massimali di spesa, non appare più determinante il relativo impatto sui saldi di finanza pubblica, cosa che è stata rilevata anche nel parere della Commissione bilancio rispetto alla formulazione originaria, che va sicuramente integrata e corretta, rispettando i saldi di finanza pubblica e, sicuramente, i vincoli anche in termini di personale.
  Per quanto riguarda, infine, la materia della tutela dell'ambiente, questa è attribuita dall'articolo 117, comma 2, lettera s) della Costituzione alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. La Corte costituzionale ha peraltro chiarito che non costituisce una materia in senso proprio, ma piuttosto un valore costituzionalmente protetto, cui corrisponde una competenza statale non rigorosamente circoscritta e delimitata, ma connessa e intrecciata con altri interessi. All'ISPRA, vigilato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono attribuite fondamentale funzioni di indirizzo e coordinamento tecnico del sistema nazionale, tra le quali la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali, la predisposizione del programma triennale delle attività del sistema nazionale e l'adozione di norme tecniche vincolanti per il sistema nazionale.
  Il provvedimento in esame, pertanto, propone un efficace e necessario riordino Pag. 13delle agenzie per la protezione dell'ambiente, rafforzando e rendendo trasparente il sistema dei controlli ambientali in Italia, dando certezza ai cittadini e alle imprese, difendendo l'ambiente e la salute, producendo un'economia più avanzata, pulita e competitiva. Il nostro Paese non può, infatti, sottrarsi dall'attuazione di una corretta ed efficace politica ambientale, che non può prescindere da un sistema di soggetti istituzionali autorevoli e indipendenti per i controlli. È per questo che il gruppo parlamentare di Forza Italia non solo è favorevole a questo provvedimento, ma contribuirà ad esso, con l'auspicio che siano poi anche recepite le osservazioni e le proposte che noi faremo in termini di emendamenti.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Cominelli. Ne ha facoltà.

  MIRIAM COMINELLI. Signor Presidente, il mio intervento è per dare alcuni elementi in più rispetto alla bontà e alla necessità del provvedimento oggi in discussione. Esso è infatti il frutto di un lavoro che è cominciato nelle scorse legislature e che mira ad una riorganizzazione complessiva del sistema delle agenzie per la protezione dell'ambiente, tanto più necessaria in quanto la legge quadro istitutiva delle agenzie risale ormai al 1994 e risulta superata, poiché ideata prima delle numerose disposizioni normative che hanno ridefinito il diritto ambientale, in primis il decreto legislativo n. 152 del 2006, e che hanno profondamente riformato la pubblica amministrazione.
  Il quadro in cui si trovano ad agire i soggetti che si occupano di monitoraggio e tutela ambientale è radicalmente mutato: in questi anni si è assistito alla crescita della domanda di prestazioni da parte delle istituzioni e della società civile e a trasformazioni importanti del contesto istituzionale, dalla revisione del Titolo V al federalismo amministrativo. Questo ha portato ad un risultato disomogeneo rispetto al territorio nazionale, sia per quanto riguarda la parte di controllo e monitoraggio ambientale, che per quanto riguarda il piano tecnico e di innovazione delle Agenzie Ambientali. Questo ha prodotto alcuni fra i più eclatanti casi di disastri ambientali di cui forse solo nell'ultimo periodo ci si sta riuscendo ad occupare in maniera efficace, ma anche e, mi viene da dire, soprattutto, una lunghissima serie di problematiche minori che il fatto di non essere ancora state investite da interesse mediatico, non rende meno gravi e da affrontare il prima possibile.
  L'urgente necessità di definire un quadro nazionale di azione coordinata fra ISPRA, le ARPA e APPA, che aiuti questi soggetti a collaborare fra loro e che uniformi il loro perimetro e potere d'azione fra le diverse regioni, trova in questo provvedimento il suo compimento. Un provvedimento frutto del dialogo costante con gli stessi soggetti su cui poi andrà ad agire, che si è dipanato nel corso del tempo alla ricerca della miglior definizione di un perimetro di azione, competenze e mezzi di sussistenza in grado di permettere la migliore azione terza possibile di questi soggetti, in grado cioè di essere il più utile possibile ai cittadini ed alle istituzioni con cui essi collaborano.
  Questo perché la situazione, il modo di gestire la questione ambientale che è stata portata avanti negli ultimi anni, non può più essere sostenibile per un Paese come l'Italia che deve essere in grado di affrontare con mezzi adeguati i due grandi temi che sottendono la questione ambientale. In primo luogo la parte di azione che riguarda il monitoraggio e controllo dell'esistente. L'ordinaria attività di controllo si deve strutturare definendo le priorità in maniera preventiva attraverso una pianificazione che si basi sulla cooperazione e sulla sinergia delle diverse autorità competenti (dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio del mare, alle regioni, alle province) e le varie autorità ispettive (le Agenzie ambientali, l'ISPRA, il Comando dei Carabinieri, il Corpo forestale) che garantiscano anche solide basi di valutazioni tecnico-scientifiche. Un ragionamento simile deve essere fatto anche per quel che riguarda il monitoraggio delle componenti ambientali in modo da avere Pag. 14un'azione di controllo efficace, cioè forte di una conoscenza complessiva del quadro ambientale e territoriale. Questo è il primo importante punto che viene sancito all'interno del testo in esame, che è strettamente collegato con ciò che si fa poi degli elementi conoscitivi, dei dati raccolti nella fase di monitoraggio e controllo che consistono in un patrimonio scientifico a cui giustamente viene attribuito il carattere ufficiale e di riferimento pubblico a garanzia di istituzioni e cittadini. In questo modo le Agenzie potranno diventare dei punti di riferimento certi per questo tipo di dati e ne verrà agevolata l'interconnessione in un sistema di rete per lo scambio e la condivisione delle informazioni.
  Tutto ciò non potrà che essere un elemento positivo in un'epoca in cui, da una parte cresce sempre di più la voglia di entrare nel dettaglio, anche da parte del singolo cittadino, in merito a queste questioni e dall'altra un'epoca in cui si viene investiti da enormi quantità d'informazioni che riguardano l'ambiente in cui viviamo e che condizionano poi le nostre scelte: riuscire ad avere dei punti di riferimento della cui bontà scientifica essere certi non potrà che aiutare nella reale conoscenza dei fatti e, di conseguenza, non potrà che favorire il rapporto fra i cittadini e le istituzioni che si occupano di gestire il territorio. Ancora di più, grazie al coordinamento su scala nazionale dei laboratori che si occupano di analisi ambientali attraverso una rete, sarà possibile armonizzare i sistemi di conoscenza, monitoraggio e controllo delle matrici ambientali anche al fine di assicurare economie nelle attività laboratoristiche che hanno natura di elevata complessità e specializzazione. In questo modo il nuovo sistema nazionale potrà divenire il luogo in cui si concentrano e convergono competenze, dati e informazioni, attraverso cui i soggetti pubblici e privati possono trovare il supporto necessario per qualificare dal punto di vista ambientale il proprio intervento nel settore di pertinenza.
  E qui si passa al secondo grande tema, cioè quello della pianificazione delle azioni future in un'ottica di prevenzione e tutela del territorio. Il provvedimento, infatti, prevede, da parte del sistema nazionale, il ruolo di supporto tecnico-scientifico alle amministrazioni competenti all'esercizio di funzioni amministrative in materia ambientale, supporto che si esplicherà con la redazione di istruttorie tecniche e l'elaborazione di proposte sulle modalità di attuazione nell'ambito di procedimenti autorizzativi e di valutazione, l'esecuzione poi di prestazioni tecnico-scientifiche analitiche e di misura e la formulazione di pareri e valutazioni tecniche.
  Un elemento in più da sottolineare è anche la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali, da garantire sull'intero territorio nazionale, direttamente collegati ai livelli essenziali di assistenza sanitaria. In questo modo il provvedimento in esame rafforza il legame tra la tutela dell'ambiente e la tutela della salute, avendo ben chiaro che una efficace pianificazione delle attività mirate a monitorare e garantire la qualità dell'ambiente influisce sulla qualità della salute e dei diritti fondamentali dei cittadini.
  Riuscire ad affrontare questi punti nodali, che ho prima descritto, potrà finalmente portare l'Italia fuori dal modo di concepire le questioni ambientali solo come emergenza, nell'incapacità molto spesso di riuscire a definire i responsabili delle azioni che causano queste emergenze. E potrà portare il nostro Paese dentro, invece, un processo di utilizzo del territorio e delle sue risorse in grado di essere sostenibile non solo a parole.
  L'istituzione del sistema nazionale mira a garantire, quindi, un adeguato presidio del territorio relativamente ai controlli e alla tutela dell'ambiente, facilita l'omogeneizzazione delle attività svolte e la collaborazione fra le varie agenzie, mentre l'attribuzione ad ISPRA della personalità giuridica e delle diverse autonomie è il giusto corollario di questo nuovo assetto e costituisce la garanzia dell'imparzialità delle attività svolte. Fin qui, quindi, il «chi fa cosa» trova finalmente una sua esplicazione utile ad agevolare il lavoro di tutti i soggetti coinvolti.Pag. 15
  Il raggiungimento di un obbiettivo così ambizioso, come quello del provvedimento in esame, potrà produrre i suoi effetti solo se accompagnato da una effettiva riforma anche delle modalità di finanziamento degli organi interessati, di cui si parla all'articolo 15, differenziata a seconda delle esigenze specifiche dei territori, ma che garantisca un livello minimo di finanziamento necessario per mantenere la qualità di questi servizi su tutto il territorio nazionale.
  In conclusione, Presidente, in un momento come questo, in cui il nostro Paese si sta confrontando con la riforma delle sue istituzioni, in un'ottica di miglior funzionamento dello Stato italiano, non solo per una mera questione di spesa, ma soprattutto per dare a queste istituzioni la struttura e i mezzi per essere sempre più efficaci ed incisive, in cui la vera chiave di volta della questione è riuscire ad individuare cosa è utile e cosa, invece, deve essere rivisto, credo che questo provvedimento sia uno degli esempi di razionalizzazione di un servizio per i cittadini, dal cui miglior funzionamento dipende il futuro dei nostri territori; un futuro che non deve più essere fatto di Ilva o Terra dei fuochi o di casi mediaticamente meno seguiti, ma altrettanto gravi, come quello del territorio da cui provengo, il caso della Caffaro di Brescia.
  Oggi parliamo, quindi, di un grande strumento per riuscire a controllare ciò che c’è già, definire i danni ambientali, i loro colpevoli, ma soprattutto per saper cogliere l'opportunità di pianificare il territorio utilizzandone le potenzialità e non uccidendolo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole De Rosa, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
  È iscritto a parlare l'onorevole Dellai. Ne ha facoltà.

  LUIGI DALLAI. Signor Presidente, il testo unificato che stiamo discutendo e che vede una larga convergenza delle forze politiche, è oggettivamente un passo importante verso la riorganizzazione del sistema di protezione dell'ambiente nel nostro Paese. È un primo passo perché molto lavoro è ancora da compiere per una completa razionalizzazione del settore degli enti pubblici che svolgono compiti di monitoraggio e ricerca ambientale, ma è molto importante perché, finalmente, si istituzionalizza un sistema coordinato di agenzie per l'ambiente caratterizzato da terzietà e alta professionalità.
  Come recentemente dichiarato dal Ministro Galletti: «Il sistema delle agenzie ambientali di prevenzione, sia a livello nazionale con l'ISPRA, sia locale con le ARPA, è essenziale per l'ambiente e per il Ministero; il compito di monitoraggio, prevenzione e controllo diventa fondamentale. Il sistema di controllo va potenziato e omogeneizzato».
  Dunque va potenziato, sia nei numeri che nelle funzioni. A questo proposito abbiamo recepito le osservazioni degli operatori e soprattutto abbiamo utilizzato le esperienze maturate...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Dallai. Collega... Grazie.

  LUIGI DALLAI. ...sul campo negli ultimi anni. Nell'articolo 5 è specificato che, all'interno del personale, il presidente ed i legali rappresentanti di ISPRA possono individuare e nominare figure che operino con la qualifica di ufficiale di Polizia giudiziaria.
  Dicevamo che il sistema di controllo va omogeneizzato. Ricordo, infatti, che all'interno di ISPRA convivono settori con storie e prerogative molto diverse. Essi svolgono attività propedeutiche alle finalità di controllo proprie dell'istituto di protezione ambientale e, in alcuni casi, assolutamente in linea con le finalità di ricerca proprie di enti pubblici vigilati dal MIUR. Sappiamo, d'altronde, che ricerca di base e ricerca applicata, e dunque anche ricerca applicata alla protezione dell'ambiente, come specificato nell'articolo 3, commi 2 e 3, del presente testo, possono utilmente sovrapporsi e risultare fattivamente complementari. In particolare, il comma 3 Pag. 16indica i limiti entro cui la ricerca finalizzata può e deve essere svolta anche mediante convenzioni con enti pubblici di ricerca, competenti per definizione del sistema di ricerca di base a livello nazionale.
  Non si tratta dunque di una questione di funzione, ma di funzionalità; e del resto anche una razionalizzazione degli enti pubblici di ricerca diventa sempre più difficile da rinviare. Ma, dicevo, questo testo è una prima importante opera di razionalizzazione, ed il rafforzamento del concetto dei Lepta al fine di consentire al sistema agenziale di consolidarsi e pianificare adeguatamente le attività, ne è chiara testimonianza.
  Risulta ormai chiaro che la qualità dell'ambiente in cui viviamo, ovvero dell'aria, delle risorse idriche, dei terreni e delle loro produzioni agricole siano dipendenti dalla pressione degli inquinanti che le attività antropiche mettono in circolo, non solo in termini di apporto diretto, ma anche e forse soprattutto in termini di mobilizzazione di elementi tossici per la salute dell'uomo naturalmente presenti (ad esempio, cromo, arsenico, mercurio, eccetera). È necessario dunque definire dei livelli essenziali di prestazioni tecniche ambientali per avere uniformità di giudizio nei casi in cui si manifestino anomale concentrazioni di elementi potenzialmente tossici per ambiente e salute umana, ed è necessario rendere gli organi di controllo (ISPRA e ARPA) indipendenti nelle proprie funzioni ispettive.
  Politiche attive, dunque, ma soprattutto proattive, perché la capacità di prevenire e anticipare problematiche di tipo ambientale e gestire i mutamenti che possono derivare da un non corretto rapporto tra attività antropiche e tutela dell'ambiente e della salute pubblica necessitano di pianificazione, competenze scientifiche ed esperienza pregressa. Ciò è valido per problematiche derivanti da fattori globali che hanno una ricaduta locale, quali ad esempio gli effetti sulle matrici ambientali determinati dall'impatto dei cambiamenti climatici su agricoltura, approvvigionamento idrico, attività forestali, e dunque anche sulla salute della popolazione. I materiali diffusi dal Centro euromediterraneo sui cambiamenti climatici, sulla base dei risultati contenuti nel V rapporto del Working Group 2 dell'Ipcc, indicano infatti che a livello europeo la fascia mediterranea, è «la regione più a rischio dai cambiamenti climatici a causa dei molteplici fattori che vengono impattati».
Ma politiche proattive sono necessarie anche per affrontare questioni di natura prettamente locale, quali ad esempio le problematiche legate all'esplosione demografica di alcune tipologie di fauna selvatica, ad esempio gli ungulati, per citare un caso di estremo allarme, in un numero significativo di regioni, e la cui gestione e conservazione è prerogativa attribuita ad ISPRA, come consulenza che l'Istituto fornisce a regioni e province, nell'ambito dei compiti previsti dalla legge sulla caccia (la n. 157 del 1992).
  La razionalizzazione del sistema delle agenzie ambientali costituisce inoltre un possibile banco di prova per una reale integrazione delle banche dati dei diversi soggetti. Questo non è un dato da sottovalutare, perché è sulla base della capacità di incrociare dati liberi ed interoperabili che noi poniamo le basi per poter scegliere le modalità di monitoraggio nelle situazioni di emergenza. Non sono valutazioni teoriche, ma valutazioni che hanno diretta ricaduta sulle modalità operative messe in atto in aree del territorio nazionale che tuttora affrontano situazioni molto critiche, quali ad esempio quelle riscontrate nella cosiddetta Terra dei fuochi. In definitiva, sono gli obiettivi espressi al secondo comma dell'articolo 1 che ci guidano nell'elaborazione di un sistema integrato di agenzie ambientali: sviluppo sostenibile, riduzione del consumo di suolo, salvaguardia e promozione della qualità ambientale, tutela delle risorse naturali.
  Ecco, signor Presidente, un provvedimento come quello che stiamo discutendo e che andremo a votare nelle prossime giornate, può sembrare ovvio, in virtù del generale consenso tra le forze politiche presenti in quest'Aula. Non lo è, affatto. Ed il consenso che esso suscita è dovuto Pag. 17alla consapevolezza che anche di fronte ai legittimi scontri su questioni specifiche dell'agenda politica, esistono altre questioni che impattano sulla vita di tutti per ordini di grandezza superiori; esse sono le questioni del rapporto dell'uomo con il proprio ambiente e con la propria salute. Questioni che, come ci ricordano anche le cronache dei maggiori poli industriali del nostro Paese, ad esempio l'Ilva, sono intimamente legate al tema della democrazia e della libertà delle proprie scelte. Oggi noi facciamo un passo significativo per determinare una maggiore tutela del nostro ambiente. A ben vedere è un passo per garantire a tutti anche maggiori possibilità di operare scelte consapevoli.

  PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti della Scuola primaria «Giacomo Leopardi» di Serra dei Conti, in provincia di Ancona che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune. Grazie di essere qui a seguire i nostri lavori (Applausi).
  È iscritto a parlare l'onorevole Zan. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO ZAN. Signor Presidente, in questi anni – anche grazie al Sistema agenziale – la prassi e la cultura dei controlli in materia ambientale si sono molto trasformate: l'evoluzione della normativa ha progressivamente portato a un'evoluzione delle tecniche e dei metodi di verifica e analisi in questo campo.
  Molti nuovi temi hanno conquistato l'attenzione dell'opinione pubblica: l'ambiente, – che era considerato un interesse tradizionalmente «debole» – si è andato a coniugare infatti con interessi forti come la salute, l'economia, l'uso del territorio, il bisogno di partecipazione e non ultimo anche il tema dell'occupazione.
  Sempre di più si riscontrano casi molto critici sul territorio nazionale – lo accennavano i colleghi –, dall'Ilva di Taranto alla Terra dei fuochi, dal dissesto idrogeologico, connesso ad un indiscriminato consumo di suolo in moltissime zone del Paese, all'inquinamento acustico e dell'aria. Il compito di monitoraggio e controllo diventa dunque essenziale, assolutamente irrinunciabile.
  Inoltre, si è andata evidenziando la necessità di operare dei controlli che non siano solo finalizzati a politiche di mera repressione, ma anche – e oserei dire soprattutto – alla prevenzione. Partendo da quest'ottica, la proposta di legge affronta ed individua delle proposte convincenti. Del resto, onorevoli colleghi, è quanto mai necessario definire le attività dell'ISPRA, eliminando le ambiguità e le indeterminazioni presenti nelle norme vigenti. Si tratta di un'iniziativa politica che è volta a rilanciare i valori dell'ambiente e dello sviluppo sostenibile e che vede nelle agenzie ambientali un elemento fondamentale per un efficace sistema di controlli in materia.
  Le agenzie, infatti, costituiscono un presidio naturale e costante per la tutela dell'ambiente nei nostri territori. Si tratta di un sistema federativo, sì consolidato, ma che necessita di una sensibile rivisitazione, un sistema che deve mirare a coniugare la conoscenza diretta del territorio e dei problemi ambientali locali con delle incisive politiche nazionali di prevenzione e protezione dell'ambiente, arrivando a costituire un vero e proprio punto di riferimento, tanto istituzionale quanto tecnico-scientifico. Molte agenzie sono impegnate oggi in processi di revisione anche organizzativa, finalizzati al miglioramento continuo delle proprie funzioni, al recupero di efficienza, principi cardine che, insieme all'autonomia scientifica, di gestione e di programma, e alla trasparenza – che sono essenziali nel processo decisionale – devono poter regolare l'attività amministrativa di questi enti.
  L'obiettivo che dobbiamo porci, colleghi, è quello di riorganizzare ed ampliare i poteri ispettivi delle agenzie ambientali, garantendo non solo una migliore organizzazione del lavoro, ma altresì assicurando su tutto il territorio italiano una definita, efficace, diffusa ed omogenea azione di prevenzione, controllo e monitoraggio dell'inquinamento ambientale, che svolga altresì una funzione di supporto tecnico alla pubblica amministrazione. Dobbiamo puntare a garantire livelli essenziali di attività conoscitiva e di informazione Pag. 18ambientale, che si coniughino con una qualità ed un'efficienza maggiori per la pubblica amministrazione
  Vorrei accennare al tema del personale ispettivo delle agenzie ambientali. Permettetemi di fare qualche osservazione su questo punto. Attualmente il personale delle Arpa è dipendente del Sistema sanitario nazionale. Non a caso il personale è stato inserito contrattualmente nella sanità coniugata in termini di prevenzione. Nelle Arpa il personale che svolge le attività ispettive è il tecnico della prevenzione, una figura professionale istituita con il decreto ministeriale n. 58 del 1997, un operatore sanitario a tutti gli effetti che, dopo un percorso universitario specifico ed il superamento dell'esame di Stato, svolge le attività indicate nel decreto ed è in possesso della qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria. In quest'ottica, quindi, costituisce un interlocutore privilegiato dell'autorità giudiziaria.
  Evidentemente, però, alla luce di quanto sempre più spesso si verifica a livello nazionale, quest'autonomia da parte del personale delle agenzie non è stata sempre gradita. Abbiamo, infatti, assistito in questi anni ad un'immissione forzata nel sistema di personale tecnico, non sanitario, che di fatto svolge le stesse attività dei tecnici della prevenzione, pur non essendo in possesso dei requisiti richiesti. Questa situazione cosa determina ? Determina un depotenziamento dell'azione di controllo – pensiamo all'impossibilità di agire di fronte a molte fattispecie di reati ambientali, dato che tecnici non sanitari non possono svolgere atti di polizia, come per esempio i sequestri – e va assolutamente superata, colleghi. Peraltro, si tratta di una situazione che, di fatto, lede l'ambito delle attribuzioni del tecnico di prevenzione, come codificate dalla legge e, fatto ancor più rilevante, data la mancanza di una specifica preparazione di determinati soggetti a cui vengono affidate attività di controllo, espone a possibili conseguenze pregiudiziali l'amministrazione stessa, oltre a non garantire un livello accettabile di prestazioni preventive poste a salvaguardia della salute pubblica.
  È, infatti, evidente come la professionalità e la competenza dell'operatore significhino anche qualità dei controlli. Viceversa, continuare a consentire la possibilità di effettuare tale attività anche ad operatori diversi dai tecnici della prevenzione, non specificamente qualificati e formati, oltre a determinare un vulnus rispetto alla riserva del decreto ministeriale n. 58 del 1997, relativizza di fatto la qualità dei controlli, a detrimento della tutela e del diritto alla salute e della sicurezza dei cittadini.
  Ancora: accade che tali controlli finiscano per determinare comunque uno sbilanciamento eccessivo in chiave repressiva, impedendo o comunque ostacolando le azioni che il tecnico di prevenzione ha sempre svolto, avendo di mira per l'appunto un'attività di prevenzione, e non certo di repressione.
  Gli obiettivi allora di questa proposta di legge sono dunque quelli di rafforzare e rendere più efficiente e trasparente il sistema delle agenzie e dei controlli ambientali in Italia: è necessario sempre più dare certezza ai cittadini e alle imprese, difendendo l'ambiente e la salute pubblica al fine di produrre un'economia pulita, più avanzata e competitiva. Se vogliamo guardare con fiducia al domani, non possiamo sottrarci all'attuazione di politiche ambientali corrette ed efficaci, che non possono in alcun modo prescindere da un sistema, che va ridefinito e potenziato, di soggetti istituzionali che sia autorevole, autonomo, indipendente dalla politica e che costituisca anche un interlocutore adeguato tra tutti i soggetti coinvolti nel processo ambientale. Ed è per questo che dopo che questa proposta di legge ha attraversato più legislature, confido che finalmente segua il suo iter in modo spedito ed efficace (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

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(Repliche del relatore e del Governo – A.C. 68-110-1945-A)

  PRESIDENTE. A questo punto dovrei dare la parola al relatore per la replica, che avendo utilizzato praticamente tutto il tempo nell'intervento introduttivo mi pare di capire che rinunci.
  Prendo atto che anche il rappresentante del Governo rinuncia a replicare.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Cirielli ed altri n. 1-00248 concernente iniziative per la tutela delle vittime di reato (ore 16,15).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Cirielli ed altri n. 1-00248 concernente iniziative per la tutela delle vittime di reato (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nel calendario (vedi calendario).
  Avverto che è stata presentata la mozione Verini, Leone, Dambruoso, D'Alia, Pisicchio ed altri n. 1-00432 (Vedi l'allegato A – Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente. Il relativo testo è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  È iscritto a parlare l'onorevole Rampelli, che illustrerà anche la mozione Cirielli ed altri n. 1-00248, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentante del Governo, la tutela delle vittime di reato attiene alla sfera dei diritti fondamentali della persona e costituisce uno degli aspetti essenziali cui occorre avere riguardo, sia nell'ambito del procedimento giudiziario sia soprattutto nelle fasi preliminari e successiva ad esso. Uno dei fondamentali del patto sociale stipulato tra i cittadini e lo Stato si fonda su un'assunzione di responsabilità del secondo rispetto ai primi, con la quale si impegna a riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell'uomo, primo tra tutti il diritto alla vita, all'integrità personale e alla sicurezza contro il crimine. L'impegno a garantire la sicurezza dei cittadini contro il crimine si accompagna all'esistenza di un monopolio statale dell'uso della forza, che giustamente impedisce al cittadino di farsi giustizia da solo, secondo il principio del ne cives ad arma ruant, salva l'ipotesi in cui ricorra la fattispecie della legittima difesa.
  Gli ultimi decenni hanno visto una crescente attenzione delle forze politiche e del mondo universitario, dei giuristi verso l'individuazione di sempre maggiori vincoli cui lo Stato è assoggettato nell'esercizio dell'attività repressiva del crimine. Al contrario, la parte del patto sociale riguardante la sicurezza dei cittadini è stata trascurata, se non dimenticata. Sono fioriti gli interventi normativi e gli istituti giuridici volti a spostare il baricentro del diritto penale dal reo al fatto, a introdurre sempre maggiori benefici penitenziari, ridurre le pene, aumentare le garanzie nel processo penale. Non si intende criticare in questa sede tutto il movimento di pensiero che ha portato a queste innovazioni, molte delle quali condivisibili: si vuole invece sottolineare come quelle stesse forze politiche e quel mondo accademico che si sono sforzati di concepire benefici in senso unilaterale non abbiano «sprecato» alcuna risorsa materiale o intellettuale per migliorare la condizione della vittima del reato.
  La necessità di tutelare quanti subiscono danni in conseguenza di reati, in linea con i principi di libertà, sicurezza e giustizia dell'Unione europea, fu stigmatizzata già all'indomani del Trattato di Amsterdam, nel 1997. Apparve evidente, infatti, come l'esistenza di un reale spazio Pag. 20di giustizia dovesse inderogabilmente rappresentare anche la possibilità, per le vittime di reati, di ottenere, da parte delle autorità competenti di tutti gli Stati membri dell'Unione europea, una tutela dei propri diritti equivalente a quella che avrebbero ottenuto da parte del proprio Stato.
  In questo senso, la normativa internazionale si è vieppiù orientata nel senso di riconoscere la necessità di rispondere alla globalità dei bisogni della vittima, dei suoi familiari e degli eventuali testimoni del reato e, sulla base di questi presupposti, intende tutelarla sia in quanto persona (attraverso l'accoglienza, la tutela, l'informazione, la protezione e la possibilità di disporre di forme di mediazione con il reo), sia in quanto soggetto processuale (mediante l'accompagnamento nel processo penale ed il risarcimento).
  Con riguardo a tutti questi aspetti, nel nostro Paese si verificano, purtroppo, ancora molti ritardi, malfunzionamenti e colpevoli inadempienze.
  Con specifico riguardo alla fase risarcitoria, ad esempio, si può rilevare che, mentre le norme internazionali e comunitarie allargano la tutela a tutte le vittime di reati intenzionali violenti, quella italiana si occupa di predisporre fondi di risarcimento solo in favore di alcune categorie di vittime (essenzialmente vittime del terrorismo, della criminalità organizzata, di richieste estorsive e di usura), limitando, quindi, la tutela alle mere fasi processuale e risarcitoria.
  Giova ricordare, in proposito, che l'Italia risulta attualmente messa in mora a seguito del procedimento di infrazione promosso a suo carico da parte della Commissione europea (201174147) per la «cattiva applicazione» della direttiva 2004/80/CE, che stabilisce che «tutti gli Stati membri provvedano a che le loro normative nazionali prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime», nel caso in cui il condannato non abbia i mezzi per farlo.
  La legislazione italiana sul tema, adottata, seppur con ritardo, con il decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 204, ha semplicemente esteso al soggetto «stabilmente residente in un altro Stato membro dell'Unione europea» e che risulti essere la «vittima di reato commesso nel territorio dello Stato» il riconoscimento dell'indennizzo statale già previsto in ambito nazionale per la medesima tipologia di reato, ma senza estendere tale misura ad altri reati intenzionali violenti, nonostante in Italia i reati più gravi ed efferati siano commessi da singoli ai danni delle categorie più deboli, come donne e bambini.
  A ciò si aggiunga che l'Italia non ha firmato neanche la Convenzione europea relativa al risarcimento delle vittime di reati violenti, sottoscritta a Strasburgo il 24 novembre 1983 ed entrata in vigore il primo febbraio 1998, che obbliga gli Stati contraenti a prevedere, nell'ambito delle legislazioni nazionali, un meccanismo di risarcimento per le vittime di infrazioni violente che hanno causato gravi lesioni corporali o il decesso.
  Dopo decenni durante i quali l'attenzione era stata prevalentemente rivolta alla tutela dei diritti violati, negli ultimi anni si sono registrati un'attenzione ed un interesse crescente verso i bisogni delle vittime e si è giunti a stabilire come diventi essenziale per la vittima l'essere riconosciuta in condizione di difficoltà anche da parte della collettività e delle istituzioni.
  Nel nostro Paese, le attività di assistenza, aiuto, ascolto e sostegno psicologico sono per lo più affidate a strutture di volontariato e risultano frammentate sia sotto il profilo degli ambiti di intervento, sia sotto quello geografico, considerata la diseguale distribuzione sul territorio delle pur numerose strutture dedicate e che, a fronte di aree geografiche capillarmente servite, ve ne sono altre molto carenti.
  L'assenza di un coordinamento a livello regionale, o meglio ancora nazionale, costituisce un fattore che facilita tali disparità, finendo con l'enfatizzare gli svantaggi propri di alcuni contesti sociali, e, in egual Pag. 21misura, pesa lo scarso coordinamento tra pubblico e privato, tra terzo settore e volontariato.
  Uno degli aspetti primari dell'assistenza alle vittime riguarda la questione degli operatori e della loro formazione, richiamata più volte anche dalla normativa europea e che andrebbe implementata sia sotto il profilo delle conoscenze e delle competenze, sia sotto il profilo dell'empatia che deve caratterizzare l'operatore quando ascolta le vittime.
  Altro tema di primaria importanza è certamente quello del sostegno finanziario che occorre dedicare e garantire alle politiche in favore della tutela delle vittime, alle quali occorrerebbe garantire una quota annua certa di finanziamenti per assicurare la qualità dei servizi erogati, oltre che la diffusione delle attività svolte nei centri su tutto il territorio, permettendo loro di operare all'interno di una sostanziale continuità.
  Infine, ulteriori problematiche riscontrabili nell'ordinamento italiano attengono alla tutela in fase processuale, non solo sotto il profilo risarcitorio, ma anche sotto quello del pagamento delle spese processuali, posto che si sono verificati numerosi casi in cui i familiari delle vittime di reato si sono trovati a dover corrispondere allo Stato le spese giudiziali perché il condannato risultava nullatenente.
  Il 25 ottobre 2012, il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno adottato la direttiva 2012/29/UE, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la precedente normativa in materia, contenuta nella decisione quadro del 2001.
  La direttiva muove, tra le altre, dalla premessa che un reato non è solo un torto alla società, ma anche una violazione dei diritti individuali delle vittime, che, come tali, dovrebbero essere riconosciuti e trattati in maniera rispettosa, sensibile e professionale, senza discriminazioni di sorta, e si pone come obiettivo quello di «garantire che le vittime di reato ricevano informazione, assistenza e protezione adeguate e possano partecipare ai procedimenti penali».
  Altri aspetti della direttiva attengono alla necessità di limitare il rischio della cosiddetta vittimizzazione secondaria e ripetuta, alla particolare tutela della quale sono meritevoli le vittime minori, quelle affette da disabilità, le vittime di atti di terrorismo e quelle della violenza di genere e della violenza nelle relazioni strette, nonché, tra queste, possono essere considerati anche i familiari delle vittime. Infine, la direttiva dedica ben due articoli alla tutela finanziaria delle vittime, disponendo in merito il «diritto al patrocinio a spese dello Stato» e il «diritto al rimborso delle spese».
  Una recente iniziativa legislativa sul tema della tutela delle vittime si è avuta appena pochi mesi fa sull'onda emotiva dei numerosissimi casi di femminicidio verificatisi nel nostro Paese, oltre alla ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta ad Istanbul, nel maggio 2011. Infatti, è stato approvato il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province», che contiene un primo pacchetto di norme che recepiscono le indicazioni della Convenzione. Tuttavia, questo decreto-legge è apparso fortemente sbilanciato sull'aspetto dell'inasprimento del sistema sanzionatorio e, pur compiendo un piccolo passo nel senso della tutela delle vittime attraverso la previsione di un piano nazionale antiviolenza, dedica a questo tema un'attenzione ancora insufficiente.
  Numerosi provvedimenti recanti norme a protezione e sostegno delle vittime di reati giacciono in Parlamento in attesa di essere esaminati e altri, nelle precedenti legislature, non sono mai stati calendarizzati. Tra questi figurano ben due provvedimenti presentati dal nostro gruppo parlamentare: il primo, volto a dare rilievo Pag. 22costituzionale alla questione dei diritti delle vittime, collocandola all'interno dell'articolo 111 della Costituzione italiana, già modificato dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, nel quale sono raccolti i principi costituzionali che presiedono al giusto processo regolato dalla legge. Il secondo, più strettamente attinente al tema del risarcimento delle vittime di reato, con il quale si prevede, attraverso l'introduzione di un nuovo articolo del codice penale, che siano poste a carico dello Stato le spese per il risarcimento del danno patrimoniale o non patrimoniale cagionato dal reato, quando il fatto sia stato commesso da persona tornata in libertà in forza di provvedimenti di clemenza o di provvedimenti legislativi che prevedono, a vario titolo, che persone già condannate per reati siano rimesse in libertà e, quindi, nel peggiore dei casi, tornino a delinquere, affinché non siano più i cittadini a pagare il fallimento della rieducazione, ma lo Stato.
  Lo Stato, infatti, nell'applicare la pena e nell'attuare la rieducazione dei condannati, sostituisce doverosamente la propria giustizia a quella privata. È indubbio che la rieducazione, se va a buon fine con l'effettiva risocializzazione del condannato, comporta benefici generali per lo Stato e per la società.
  Nel caso opposto, invece, i danni, oltre ad avere effetti generali, hanno sempre preponderanti effetti particolari. Infatti, quando il condannato, liberato attraverso l'applicazione degli istituti giuridici preposti alla sua rieducazione, incorre nella recidiva, i danni del nuovo reato, spesso gravissimi e irreparabili, incidono sull'integrità, sulla sicurezza e sulla libertà dei singoli cittadini onesti, né alcuno può, con onestà intellettuale, affermare che i casi di recidiva siano un dato statistico irrilevante, perché tutti sanno che i tribunali della Repubblica e le forze di Polizia si occupano sempre delle stesse persone che entrano ed escono dal carcere continuamente.
  La citata direttiva europea 2012/29/UE è stata inserita nell'allegato B alla legge europea 2013 (legge 6 agosto 2013 n. 96: Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013), in base alla quale il termine massimo per l'adozione del decreto legislativo di recepimento è fissato al 15 settembre 2015; ai sensi del testo della direttiva 2012/29/UE, essa stabilisce norme minime; gli Stati membri possono ampliare i diritti da essa previsti ai fini di assicurare un livello di protezione più elevato. Questo costituisce una formidabile possibilità per il Governo di allargare la nozione di tutela delle vittime di reato, considerando alcuni peculiari aspetti che noi chiediamo con la presente mozione, vale a dire che il Governo, nel provvedere al tempestivo recepimento della direttiva, tenga conto anche dei seguenti criteri: che il Governo possa svolgere un ruolo di impulso e di coordinamento centrale delle strutture, pubbliche e private, deputate a svolgere funzioni di assistenza, sostegno e tutela delle vittime, al fine, da un lato, di potenziare e rendere più omogenea la distribuzione sul territorio delle stesse e, dall'altro, di operare nel senso della creazione di una rete tra pubblico e privato.
  Chiediamo che il Governo promuova la collaborazione intersettoriale tra i diversi attori che, a vario titolo, si occupano di queste problematiche, quali le forze dell'ordine, la magistratura, i servizi sociali, le associazioni di volontariato sul territorio, gli operatori di victim support. Con particolare riferimento alle strutture di assistenza, chiediamo che sia previsto un ampliamento delle loro competenze attraverso la migliore formazione degli operatori impiegati, grazie ad approfondimenti sulle materie sociologiche, psico-pedagogiche, sulle scienze giuridiche, nell'ambito della criminologia e della vittimologia, nonché richiamando le funzioni e il ruolo svolti dal servizio sociale e territoriale e da quello sanitario.
  Chiediamo che il Governo fornisca un adeguato e continuativo sostegno economico alle realtà che operano nel campo dell'assistenza e tutela delle vittime di reato; che siano previste adeguate forme di pubblicizzazione dei servizi offerti e delle strutture di accoglienza presenti sul Pag. 23territorio nonché campagne di informazione e sensibilizzazione sul tema della violenza nelle sue diverse declinazioni.
  Inoltre, chiediamo che siano elaborate modalità per la verifica e la valutazione dell'impatto delle misure di assistenza e protezione delle vittime e, infine, con specifico riferimento alla fase processuale, che sia prevista una disciplina risarcitoria da parte dello Stato, laddove l'autore del reato sia tornato a delinquere perché rilasciato dal carcere a seguito di provvedimenti di clemenza o alternativi alla detenzione adottati dallo stesso, e che sia modificata la disciplina inerente al pagamento delle spese giudiziarie, affinché esse non possano più gravare proprio sulle vittime o sulle loro famiglie.
  Infine, la nostra mozione chiede al Governo di valutare la necessità che alle vittime e alle persone danneggiate dal reato sia riconosciuta una tutela di rango costituzionale nonché di impegnarsi a sottoscrivere la Convenzione europea relativa al risarcimento delle vittime di reati violenti, fatta a Strasburgo nel 1983, affinché nel nostro ordinamento possano essere recepite le indicazioni ivi previste.

  PRESIDENTE. Avverto che è stata testé presentata la mozione Mottola e Palese n. 1-00433 (Vedi l'allegato A – Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente. Il relativo testo è in distribuzione.
  È iscritto ora a parlare l'onorevole Ermini, che illustrerà anche la mozione Verini, Leone, Dambruoso, D'Alia, Pisicchio e altri n. 1-00432, di cui è cofirmatario.

  DAVID ERMINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la mozione che i capigruppo e alcuni deputati della maggioranza hanno presentato verte sulla promozione e sulla tutela dei diritti delle vittime del reato. Qui si sta parlando di vittime del reato, quindi mi pare che l'argomento sia abbastanza circostanziato: la vittima del reato è un soggetto diverso dalla persona offesa del reato, come probabilmente molti sanno. Io intendo parlare, come del resto la mozione, di vittima del reato in senso più ampio, comprendendo anche le persone che sono state danneggiate dallo stesso reato.
  Il punto principale è che, mentre l'individuazione della vittima è «abbastanza semplice», l'individuazione delle persone offese non è sempre semplice e, per cui vi è comunque sempre la necessità di un intervento giudiziario per individuare le persone che sono state danneggiate. Qui si sta parlando naturalmente di vittime, però, come dicevo prima, intendo ampliare l'argomento.
  Il nostro sistema processuale prevede la possibilità per la vittima o la parte danneggiata del reato della costituzione di parte civile, che può naturalmente intervenire esclusivamente al momento dell'esercizio dell'azione penale. Fino al momento in cui il pubblico ministero non esercita l'azione penale parliamo e siamo nel campo delle semplici parti offese, che hanno naturalmente meno tutele, perché non fanno parte del processo. Hanno dei diritti di partecipazione ad alcune fasi delle indagini preliminari, ma non hanno la forza di essere parte nel processo, che acquistano nel momento in cui appunto il processo viene incardinato, attraverso la costituzione di parte civile. Vi è nel nostro sistema questo ingresso della tutela civilistica all'interno del processo penale. Sostanzialmente, la costituzione di parte civile non è altro che un atto di citazione che viene inserito nel procedimento penale. Per evitare il doppio binario del giudizio civile e del giudizio penale, il nostro sistema prevede questo inserimento, che porta il giudice penale ad emettere, quando può, una sentenza dove indica anche il risarcimento per le parti offese, o comunque può liquidare una provvisionale immediatamente esecutiva e rimettere gli atti davanti al giudice civile.
  Tutto questo sistema, che sotto l'aspetto delle garanzie può essere ed è sufficiente sotto l'aspetto delle tutele, non lo è sotto l'aspetto fattuale, perché le vittime vengono spesso costrette ad investire dei denari, vengono spesso costrette a dover Pag. 24spendere dei soldi, vengono spesso costrette ad aspettare il termine del procedimento, e una volta arrivati al termine del procedimento, magari dopo un processo penale e anche il conseguente processo civile se non viene liquidata la somma, spesso si sentono dire: sì, lei ha ragione, ha diritto al risarcimento, però la persona che dovrebbe pagarla non ha capienza e quindi il suo diritto purtroppo rimane soltanto scritto su un foglio di carta, che è la sentenza. Si pensi addirittura che in passato, quando vi era una liquidazione di un risarcimento nel procedimento penale, la parte offesa era anche costretta a pagare la tassa di registrazione al vecchio ufficio del registro indipendentemente dal risultato, prima che addirittura potesse riuscire ad entrare in possesso delle somme che venivano indicate a titolo di risarcimento del danno.
  Quindi, il sistema italiano è un sistema che può avere delle tutele, ma che non sono assolutamente sufficienti. Non sono assolutamente sufficienti perché spesso colui che viene condannato per aver infranto la legge non ha la capienza per poter riparare il danno causato. Spesso addirittura ci troviamo di fronte a processi fatti contro soggetti irreperibili, soggetti che spesso non vengono neanche rintracciati, senza contare le vittime di reati per i quali non viene neanche individuato il colpevole.
  Allora, come si pone il nostro sistema di fronte a queste esigenze della tutela da parte delle vittime ? Ci sono diversi momenti; ci sono dei reati per cui lo Stato in qualche modo si fa parte: abbiamo licenziato qualche mese fa la legge sullo stalking, in cui vi è una presenza dello Stato anche nella richiesta e nel tentativo di risarcimento da parte delle persone offese. In realtà, spesso, invece, nella maggior parte dei reati, questo non succede. Si pensi, per esempio, ai danneggiamenti che qualche soggetto riceve, dovuti a manifestazioni violente, oppure a reati per i quali, dopo mesi e mesi, o anni di procedimenti, vi è un'assoluzione del presunto responsabile e si deve ricominciare da capo per avere un tentativo di individuazione di colui che deve risarcire.
  Allora, in qualche modo lo Stato deve intervenire; deve intervenire perché lo Stato ha una necessità – è vero – che è quella dell'azione pubblica punitiva. Il pubblico ministero e la procura della Repubblica intervengono al fine di dare una tutela per una punizione verso chi infrange la legge. La parte privata, in questo caso la vittima del reato o la persona danneggiata dal reato, ha la necessità di essere risarcita e, quindi, vi è una tutela di tipo privato. Bene, lo Stato italiano è, secondo le direttive europee, responsabile per non tutelare a sufficienza le parti private che devono e che intendono essere risarcite. Vi è un abbandono sotto l'aspetto personale. Spesso i soggetti, se non hanno disponibilità per recarsi da un avvocato, rimangono isolati. Vi sono persone che, anche per cultura e per ambiente, non hanno neanche la forza per recarsi da un legale per potere fare valere le proprie ragioni e, quindi, in qualche modo lo Stato deve supplire, perché uno dei doveri principali dello Stato è proprio quello di tutelare le persone più deboli, che spesso, in questi casi, sono persone che hanno veramente necessità.
  La mozione che noi abbiamo presentato tende proprio a questo, cioè a supplire a quelle carenze che vi sono nel nostro sistema di diritto processuale, che non danno le garanzie, e negli impegni che noi chiediamo al Governo, proprio in attuazione dell'articolo 12, comma 2, della direttiva n. 2080 del 2004, vi è quello che vengano predisposte iniziative normative volte ad assicurare un equo indennizzo alle vittime dei reati intenzionalmente violenti, in particolare per tutti i casi in cui la vittima non possa ottenere risarcimento dal soggetto colpevole del reato – e sono gli esempi che prima portavo –, ma contestualmente anche prevedendo il coordinamento e la semplificazione delle norme settoriali oggi vigenti. In effetti, oggi, come dicevo, soltanto attraverso la difesa tecnica il cittadino che subisce un reato può riuscire a tentare per lo meno di ottenere un ristoro per il danno subito.
  Oltre a questo, bisogna adottare ogni iniziativa, anche normativa, per garantire Pag. 25una partecipazione effettiva, consapevole ed informata, della vittima del reato in tutte le fasi del procedimento e del processo, anche prevedendo la possibilità per la vittima di partecipare adeguatamente alla fase processuale nei casi in cui non si sia costituita parte civile. Su questo vi sono naturalmente problemi di carattere giurisprudenziale e dottrinale, però è evidente che la parte offesa oggi riesce, attraverso dei meccanismi, ad intervenire già nella fase delle indagini preliminari. Si pensi a tutti i casi di incidente probatorio o a casi simili, dove comunque la parte offesa riesce, in qualche modo, ad essere parte. Diciamo che questa facoltà deve essere ampliata.
  Si può intervenire e si potrebbe intervenire anche sul versante dei sequestri, perché come lo Stato interviene con il sequestro per garantirsi le spese si può in qualche modo – e potremmo anche lavorare su questo – prevedere che il sequestro penale possa intervenire anche a tutela di un ristoro, quando obiettivamente l'organo inquirente ed eventualmente il giudice per le indagini preliminari possono verificare che vi sia un danno di fatto già accertato.
  Inoltre, si può intervenire provvedendo al reperimento delle risorse per assicurare la possibilità di accesso al patrocinio a spese dello Stato, come è successo per esempio per lo stalking, e con la riduzione degli oneri delle spese processuali a carico delle vittime.
  Poi, in vista dell'adozione del decreto legislativo di recepimento della direttiva n. 29 del 2011, occorre intervenire per assicurare la formazione del personale giudiziario e di Polizia che entra in contatto con le vittime dei reati, al fine di assicurare che i diritti stabiliti dagli articoli 3, 4 e 5 della citata direttiva siano garantiti sia al momento del primo contatto con l'autorità competente sia successivamente, al momento della denuncia.
  Infine, occorre intervenire per predisporre quanto prima un piano globale di interventi integrati a favore della vittima, al fine di offrire un adeguato supporto materiale e psicologico, nonché consulenza legale alle vittime e alle persone vittime di reato, in particolare a quelle fra loro vittime di reati violenti, costituendo una rete nazionale di sostegno alle vittime che sia presente in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale.
  Le vittime spesso non hanno la necessità della vendetta, chiedono soltanto che sia fatta una giustizia e che la giustizia sia equa. In tutti i provvedimenti che noi abbiamo adottato dall'inizio di questa legislatura vi è sempre una linea di congiunzione, che è quella di riuscire a portare nel nostro sistema il criterio della giustizia riparativa. Noi abbiamo visto, anche nei provvedimenti che abbiamo approvato recentemente, come quello sulla messa alla prova, come vi sia comunque la necessità da parte del soggetto che è responsabile del reato e di un danno nei confronti di un'altra persona di offrire un lavoro, di offrire un recupero, di offrire un ristoro, comunque di andare verso una pacificazione sociale, che è necessaria perché poi anche la pena principale, che è la sanzione penale che lo Stato eroga, possa essere in qualche modo veramente considerata un recupero verso la società, per cui possano essere concesse anche le varie misure alternative al carcere e dei benefici che possano reinserirlo all'interno della società.
  Quindi, il nostro sistema deve essere comunque completato. Deve essere completato perché è evidente che la giustizia non può prescindere dal traguardo ultimo, che è quello del raggiungimento di una pace sociale. Se noi riusciamo a mettere insieme tutti i tasselli per il raggiungimento della pace sociale, avremo meno voglia di vendetta, avremo più diritti per le vittime ed avremo anche un crearsi di quei diritti naturali che sono alla base del vivere civile, di cui lo Stato oggi ha certamente più bisogno forse di prima. Perché per il fatto che oggi tante persone arrivano in Italia, che tante persone hanno anche modi di pensare diversi, che oggi il nostro modo di vivere è ormai internazionalizzato, anche sotto l'aspetto dei rapporti giuridici diversi e con pensieri globali, noi abbiamo la necessità di ricostruire Pag. 26un sistema di tutele reciproche, pubbliche e private, che consentano al nostro sistema di procedere, e al nostro vivere civile di procedere in modo pacifico ed in modo solidale.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mottola, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00433. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI CARLO FRANCESCO MOTTOLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, gli episodi di violenza che quotidianamente si verificano su tutto il territorio nazionale richiedono una tutela, preventiva e successiva che lo Stato, talora, non è in grado di dare; uno Stato civile dovrebbe essere in grado, se non di garantire la sicurezza e, dunque, la tutela preventiva al cittadino, quantomeno di fornire un aiuto, economico e morale, dopo che il reato è avvenuto, e dunque di fornire una tutela successiva; a questo scopo, allo stato attuale, esistono diversi fondi di garanzia, di solidarietà o di tutela, tanto di rilievo nazionale quanto di rilievo locale. Detti istituti di sostegno e di aiuto, senza alcun dubbio utilissimi, essendo nati in momenti diversi e non essendo conseguentemente raccordati gli uni con gli altri, creano sovrapposizione di competenze, lungaggini nell'elargizione dei contributi economici e, soprattutto, inutile dispendio di energie da parte dei soggetti interessati. Talora accade che gli istituti di sostegno spesso non servano allo scopo per cui sono stati previsti e creati, e detta frammentarietà della risposta istituzionale alle istanze di giustizia avanzate dalle vittime dei vari reati, direttamente collegata alla scarsità di fondi, provoca la conseguente insufficienza dei fondi stessi rispetto alle richieste. Il risultato ultimo della moltiplicazione di tali fondi rischia di essere il non raggiungimento dell'obiettivo di aiutare, anche economicamente, le vittime dei reati. Credo dunque che sia opportuno riunire tutte le provvidenze economiche attualmente in essere, ponendole sotto un'unica voce, attraverso la creazione di un Fondo di garanzia per le vittime della violenza e dovrebbe essere specificato meglio il concetto di violenza, comprendendovi qualsiasi comportamento, doloso o colposo, fuori dai casi di provocazione o comunque di volontaria causazione, volto a limitare, ridurre o, comunque, comprimere, impedire o escludere la libertà altrui, e a ledere o, comunque, danneggiare la persona.
  La legislazione del nostro Paese, soprattutto a partire dalla fine degli anni Settanta, ha registrato numerosi interventi legislativi contenenti misure e forme di assistenza, sostegno e informazione a favore di alcune vittime di specifici illeciti. Citerò due esempi, in particolare: il primo è rappresentato dalla legge 3 agosto 2004, n. 206, che ha dettato norme in favore dei cittadini italiani vittime di atti di terrorismo e di stragi, compiute sul territorio nazionale o all'estero, e dei loro familiari superstiti, e ha introdotto una serie di benefici ad esclusivo vantaggio delle vittime del terrorismo, ma non anche delle vittime del dovere e di quelle della criminalità organizzata.
  Il secondo intervento, in materia di tutela delle vittime del reato, è stato delineato nell'ambito della prevenzione e della repressione della tratta di esseri umani e di protezione delle vittime di reato, in data 28 febbraio 2014, su proposta del Ministro per gli affari europei, del Ministro della giustizia e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro degli affari esteri, il Ministro dell'interno e il Ministro dell'economia e delle finanze, mediante un decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio. Quest'ultimo provvedimento è intervenuto in attuazione della delega conferita al Governo dall'articolo 5 della legge di delegazione europea 2013 (legge 6 agosto 2013, n. 96), che, in materia di tutela delle vittime di reato, ha però recepito in modo non del tutto corretto alcune disposizioni previste nella direttiva citata, poiché non ha apportato né una tutela generale per le vittime di violenza, né una tutela sufficientemente adeguata. Non è, infatti, previsto un sistema efficace di risarcimento delle vittime Pag. 27di reato, dal momento che si stabilisce, a titolo di risarcimento, la somma forfettaria di 1.500 euro (piuttosto esigua, avuto riguardo a quanto subito dalle persone vittime di tratta di esseri umani) per ogni vittima.
  Il complesso di tali interventi dell'Esecutivo è stato determinato, quindi, dal preciso intento dello Stato di offrire un segnale di sostegno, in termini morali ed economici, a fronte di quei delitti diretti contro la sua stessa ragione di essere, ma, pur considerando favorevolmente tutti gli interventi predisposti in materia, si ravvisano ancora alcuni profili di criticità in merito alla piena applicazione e al riconoscimento di tali diritti alle vittime di reato ed è necessario evidenziare che nell'ordinamento italiano ancora non esiste una normativa generale sostanziale a tutela di queste ultime.
  In linea di principio, il risarcimento del danno dovrebbe essere attuato a cura dell'autore del reato; tuttavia, oggi, sul piano generale, il quadro complessivo dei risarcimenti risulta tutt'altro che rassicurante, ove si pensi alle numerose ipotesi di autori di reato rimasti ignoti o comunque insolvibili. Infatti, l'esigenza di una piena tutela delle vittime del reato è fortemente avvertita ai vari livelli e alle diverse istanze della nostra società, anche perché la parte danneggiata, la parte offesa dal reato, ovvero la parte civile costituita nel processo, ricoprono un ruolo e rappresentano un interesse che potrebbe essere definito di natura pubblica o collettiva.
  Si pensi, inoltre, che il trattamento adeguato delle vittime corrisponde a una serie di diritti fondamentali riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, e l'effettivo riconoscimento, nonché il rispetto dei diritti delle vittime, in particolare della loro dignità umana, della loro vita privata e familiare e della loro proprietà, devono essere salvaguardati, garantendo, nel contempo, i diritti fondamentali altrui, quali quelli dell'accusato. È, dunque, necessario soddisfare le esigenze delle vittime prima, durante e dopo i procedimenti penali, per ridurre significativamente il costo globale della criminalità, che comprende tanto i costi materiali connessi ai settori dell'economia e della sanità e al sistema della giustizia penale, quanto i costi immateriali, quali il dolore, la sofferenza e la riduzione della qualità della vita della vittima.
  In tale sede, chiediamo, in conclusione, al Governo di risarcire le vittime di reato, prevedendo la possibilità di una commisurazione diversa dell'indennizzo, che non deve essere determinato in maniera fissa, ma necessita di essere proporzionale al pregiudizio subito, e di promuovere interventi finalizzati a superare ritardi e vuoti normativi fortemente pregiudizievoli per il soggetto più debole e meno garantito del processo, al fine di garantire il pieno riconoscimento della cittadinanza processuale a tutte le vittime di reato.
  Sarebbe, inoltre, auspicabile l'istituzione di un fondo di garanzia per le vittime di reato che sia un istituto pubblico o, comunque, con la partecipazione pubblica, finanziato anche attraverso la cessione, da parte dello Stato, dei crediti vantati nei confronti di coloro che sono stati condannati in via definitiva a pene pecuniarie, e che in detto fondo confluisca una quota parte dei beni, mobili e immobili, che sono oggetto di confisca.
  Infine, il Governo dovrebbe impegnarsi a risarcire congruamente le vittime di reato allo scopo di riconoscere e rispettare i diritti delle stesse, in particolare la loro dignità umana, la loro vita privata e familiare.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zaratti. Ne ha facoltà.

  FILIBERTO ZARATTI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, la mozione al nostro esame interviene su un tema tanto delicato, quale è quello della tutela delle vittime dei reati, in particolare dei reati violenti.
  Va premesso che nel nostro ordinamento la vittima di reati violenti non è tutelata quanto in altri Paesi europei, in Pag. 28quanto tendenzialmente, e salvo alcune specifiche ipotesi, non ha diritto ad un processo pubblico ed equo, così come previsto dalla risoluzione del Parlamento europeo sul Libro verde e dalla Convenzione europea per i diritti dell'uomo, nel caso in cui l'autore del reato scelga di essere processato in base al giudizio abbreviato; non ha diritto di informare e di essere informata, e di comprendere e di essere compresa, così come previsto dal comma 1 dell'articolo 3 e dal punto 8 delle considerazioni iniziali della decisione quadro 2001/220/GAI del 15 marzo 2001; non ha praticamente diritto al rimborso delle spese sostenute in relazione al procedimento penale; non ha praticamente diritto ad un risarcimento nell'ambito del procedimento penale; non ha diritto a che le sia prestata particolare attenzione onde evitare una sua vittimizzazione secondaria; non ha diritto ad un indennizzo equo ed adeguato da parte dello Stato.
  Proprio in relazione a tale ultimo aspetto, e dunque per questa inadempienza, la Corte di Giustizia europea ha condannato – e più volte – lo Stato italiano. La sensibilità sul tema in Europa si manifesta più di 30 anni fa con la Convenzione sul risarcimento alle vittime di reati violenti, firmata a Strasburgo in data 24 novembre 1983 ed entrata in vigore il 1o febbraio 1998, che prevede un meccanismo di risarcimento per le vittime di reati violenti che abbiano causato gravi lesioni o il decesso, alla quale lo Stato italiano non ha mai aderito e che obbliga, in particolare, le parti a prevedere, nelle loro legislazioni o pratiche amministrative, un sistema di compensazione per risarcire, con fondi pubblici, le vittime di infrazioni violente dolose che abbiano causato gravi lesioni corporali o la morte e, oltre ad individuare le previsioni minime che devono essere contenute in tale sistema, indica i danni che devono necessariamente essere risarciti, quali il mancato guadagno subito da una persona immobilizzata in seguito alla lesione, le spese mediche, le spese di ospedalizzazione, le spese funebri e, in caso di persone a carico, la perdita di alimenti.
  In seguito, in applicazione del Trattato di Amsterdam che prevede di «agevolare la libera circolazione delle persone, garantendo nel contempo la sicurezza dei loro popoli, con l'istituzione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia», il Consiglio d'Europa ha emanato numerosi atti, tra i quali la decisione quadro 2001/220/GAI del 15 marzo 2001, citata precedentemente, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale, che prevede diverse e specifiche norme a favore delle vittime di reati violenti che gli Stati aderenti avrebbero dovuto recepire in gran parte entro il 2002 (e lo sappiamo: lo Stato italiano non si è mai messo in regola); e la direttiva 2004/80/CE del 29 aprile 2004, che impegna gli Stati aderenti ad adottare leggi atte ad indennizzare le vittime di reati violenti, e tutto entro il 1o luglio del 2005.
  L'inadempienza italiana sul punto ha trovato riscontro in condanne da parte degli organismi della Comunità europea. Nelle stesse si evidenzia la mancata adozione nella nostra legislazione di norme che prevedono il diritto delle vittime di reati intenzionali violenti di essere indennizzate in modo «equo e adeguato», come indicato nella direttiva 2004/80/CE. «L'Italia non dispone di alcun sistema generale di indennizzo per tali reati: la sua legislazione prevede soltanto l'indennizzo delle vittime di alcuni reati intenzionali violenti, quali il terrorismo o la criminalità organizzata, ma non di altri (...). Alcune vittime di reati intenzionali violenti potrebbero non avere accesso all'indennizzo cui avrebbero diritto». Questo è quello che ci dice la Comunità europea.
  Il percorso di attuazione della direttiva 2004/80/CE è oggi ancora a metà. La soluzione legislativa italiana individuata nel 2007, il decreto legislativo n. 204 del 2007, attiene quasi esclusivamente ad aspetti formali della procedura e dimentica una parte delle vittime, come quelle Pag. 29che hanno subito violenza sessuale, o più di recente quelle riconducibili al fenomeno del cosiddetto femminicidio.
  A fronte della situazione italiana, esistono casi positivi, quali ad esempio la Germania, che, al tempo, ha rivendicato che non fossero necessarie misure legislative per implementare la direttiva in detto Paese. La legge tedesca per il risarcimento delle vittime della criminalità è entrata in vigore sin dal 1976.
  Va sottolineato che, in un moderno Stato di diritto, i principi non possono non esplicitare i diritti e le facoltà delle vittime e la lacuna stride profondamente, specialmente se relativa alle vittime dei reati violenti. E a colmarla non è sufficiente – non lo era prima e non lo è oggi – il riferimento alla normativa civile che prevede nel nostro ordinamento i risarcimenti. Pensiamo al decreto legislativo n. 204 del 9 novembre 2007. Trattasi di norme «minime», oggi possiamo dirlo con convinzione, rispetto alle quali, tuttavia, va registrato comunque il passo in avanti significativo compiuto dal nostro Paese nella legge e nella politica sociale.
  Di recente è intervenuta la direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012, in particolare oggetto della mozione al nostro esame, che sostituisce – come riferito nel titolo della stessa direttiva – la decisione quadro del 15 marzo 2001 e alla quale l'Italia non si è ancora attenuta.
  La recente direttiva del 2012 dovrà essere recepita dagli Stati dell'UE entro il 16 novembre 2015. La direttiva del 2012 si applica ai reati commessi e ai procedimenti penali che si svolgono nell'Unione, conferendo un livello minimo di diritti alle vittime di reati extraterritoriali. La stessa specifica, infatti, di occuparsi di stabilire soltanto norme minime e che, quindi, agli Stati è permesso di assicurare un livello di tutela più elevato di quello richiesto dalla direttiva, senza incidere su quelle direttive, già in vigore (come quelle sulla tratta degli esseri umani o sullo sfruttamento sessuale dei minori), che dettano norme particolareggiate a favore di alcune categorie di vittime.
  All'articolo 2 del paragrafo 1 si legge che per «vittima», non solo si deve intendere chi abbia subito un pregiudizio (fisico, mentale, emotivo o economico) a causa di un reato, ma anche i familiari della persona la cui morte sia stata causata direttamente da un reato e che abbiano conseguentemente subito pregiudizio.
  Non solo: la direttiva, partendo dalla constatazione che ogni reato comporta una violazione dei diritti individuali delle vittime, stabilisce che i diritti in essa previsti dovranno essere assicurati indipendentemente dal fatto che l'autore del reato sia identificato, arrestato, perseguito o condannato e indipendentemente dalla relazione familiare tra quest'ultimo e la vittima, precisando che, salva la presunzione d'innocenza, potrà intendersi per «autore del reato» anche l'indagato o l'imputato.
  Nel rispetto dei diritti fondamentali e dei principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, la direttiva dichiara, a più riprese nei paragrafi, di essere diretta a promuovere il diritto alla dignità, alla vita, all'integrità fisica e psichica, alla libertà, il principio di non-discriminazione, i diritti dei minori, delle persone con disabilità e il diritto a un giudice imparziale, sancendo una protezione «rafforzata» delle vittime nello spazio UE.
  Gli Stati sono, dunque, tenuti a garantire in modo effettivo i diritti delle vittime di reato, anche dopo la conclusione dei procedimenti penali, con una particolare attenzione alle persone vulnerabili, che devono essere individuate sulla base di una specifica valutazione, e alle vittime di violenza familiare e di genere. È rafforzato il diritto della vittima a ricevere informazioni anche se non si costituisce parte civile. Fondamentale, poi, una tutela a largo raggio della vittima con la possibilità, nei casi in cui subisca un reato in uno Stato diverso da quello della residenza, di Pag. 30denunciarlo nel proprio Paese, se non ha potuto farlo nel primo Stato, o se non voglia farlo in caso di gravi reati.
  Su questo tema, sul riconoscimento di diritti e garanzie delle vittime dei reati, ivi compreso l'innalzamento degli standard a livello europeo di tutela delle vittime dei reati, Sinistra Ecologia Libertà è pronta a dare il proprio sostegno e il proprio contributo, anche prevedendo l'inserimento nella nostra Costituzione di un riconoscimento dei diritti e delle facoltà delle stesse, evidentemente diversi da quelli dell'indagato, ma che debbono essere ugualmente tutelati.
  Va detto che i diritti delle vittime del reato sono spesso ignorati a livello processuale, proprio perché a livello costituzionale non esiste una norma specifica che possa garantirli.
  A tal fine, lo sottolineo, dal nostro gruppo è stata depositata una proposta di legge costituzionale che auspichiamo venga presto sottoposta all'esame del Parlamento. Fermo restando, tuttavia, che su tale aspetto la prima delle garanzie non può che essere quella di assicurare una durata ragionevole dei processi; occorre garantire alle vittime dei reati adeguate tutele, quali quelle relative alla posizione della vittima nel procedimento penale, nonché a tutte le situazioni individuate da ultimo nella direttiva del 2012.
  Tuttavia, nella mozione Cirielli al nostro esame – e vado a concludere –, condivisibile nelle premesse e in buona parte degli impegni, nel chiedere iniziative volte al recepimento della direttiva europea del 2012, si fa riferimento ad un impegno del Governo che prevede una disciplina risarcitoria da parte dello Stato laddove l'autore del reato sia tornato a delinquere «perché rilasciato dal carcere a seguito di provvedimenti di clemenza alternativi alla detenzione adottati dallo stesso». Questo punto non raccoglie la ratio dei provvedimenti sul carcere, sulla messa alla prova, nonché sull'incentivazione delle misure alternative alla detenzione, già presenti nel nostro ordinamento o approvati da ultimo in questa legislatura.
  Non può che stonare, in tale ottica...

  PRESIDENTE. Onorevole, concluda.

  FILIBERTO ZARATTI. Non ho un altro minuto ?
  Non tiene conto, infatti, della ratio, nonché degli effetti degli interventi in linea con quanto previsto dalla nostra Costituzione circa la finalità della pena e da tempo auspicati da chi si occupa da anni di carceri e vi lavora.
  È per queste ragioni che, seppur favorevoli al risarcimento delle vittime dei reati, e considerato che la specificazione da noi contestata sugli impegni non è presente nella direttiva del 2012, in relazione a questo punto degli impegni al Governo, per noi dirimente, chiederemo una riformulazione da parte del proponente, o la votazione per parti separate.
  Riteniamo invece condivisibile la mozione illustrata dall'onorevole Ermini, che a nostro parere coglie i punti fondamentali da noi sottolineati.

  PRESIDENTE. Saluto il Presidente del Parlamento della Repubblica Federale di Somalia, onorevole Mohamed Osman Jawari, in visita ufficiale in Italia, accompagnato da una delegazione di parlamentari e diplomatici, che sta assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  È iscritta a parlare l'onorevole Businarolo. Ne ha facoltà.

  FRANCESCA BUSINAROLO. Signor Presidente, volevo cominciare spiegando ai cittadini cosa stiamo facendo questo pomeriggio alla Camera. Stiamo discutendo sulla mozione sulle vittime dei reati presentata dal deputato Cirielli e da altri nove suoi colleghi di Fratelli d'Italia.
  Ma cos’è una mozione parlamentare ? È un testo che serve a dare un indirizzo politico al Governo. Mi spiego meglio: attraverso una mozione, la Camera o il Senato danno direttive al Governo sul comportamento da tenere o le misure da prendere per affrontare una determinata questione.Pag. 31
  È un atto importante, penserete, ma invece non comporta vincoli giuridici per il Governo, che infatti può assumersi la responsabilità politica di comportarsi diversamente dall'indirizzo indicato dal Parlamento. Siccome la discussione in Aula avviene in maniera simile a quella di una legge, sembra che stiamo facendo una legge. Il testo della mozione infatti viene discusso, possono essere presentati e votati gli emendamenti al testo iniziale e poi si procede ad una votazione finale. Ma il Governo può tenere in considerazione o meno quello che stiamo facendo. Meglio questo piuttosto che niente – direte – ma in realtà questa attività ha poco a che vedere con un vero e proprio procedimento legislativo.
  Calendarizzando una mozione, i cittadini vengono illusi che si stia facendo qualcosa, quando sappiamo benissimo che tutto quello che uscirà oggi da quest'Aula Matteo Renzi potrà tranquillamente non rispettarlo. E questa settimana abbiamo addirittura quattro mozioni in calendario.
  Questa questione è ancora più grave se consideriamo il tema della mozione oggi in discussione, che riguarda la tutela delle vittime di reato. Una materia che attiene alla sfera dei diritti fondamentali della persona e costituisce uno degli aspetti essenziali cui occorre avere riguardo nell'ambito del procedimento giudiziario, sia nelle fasi preliminari che in quelle successive.
  Nel 2012, la Commissione europea – come se non bastasse – ha avviato un procedimento di infrazione nei confronti dell'Italia per mancata conformità alla direttiva 2004/80/CE. In particolare, l'articolo 12 della direttiva, al paragrafo 12, parla chiaro: «Tutti gli Stati membri provvedono affinché le loro normative nazionali prevedano un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato alle vittime». Ma la legislazione italiana prevede solo l'indennizzo delle vittime di alcuni reati intenzionali violenti, quali il terrorismo e la criminalità organizzata, e nemmeno tutti i reati di quel tipo.
  Così, il 17 ottobre 2013 la Commissione europea ha inviato un parere motivato all'Italia per la mancata attuazione della direttiva UE sul risarcimento delle vittime di reati violenti. In realtà, si tratta del secondo stadio della procedura d'infrazione, dopo il quale l'Italia dovrà rispondere davanti alla Corte di giustizia europea. «L'Italia – lamenta Bruxelles – non ha alcuno schema generale di risarcimenti per tali crimini». Il nostro Paese, sempre secondo Bruxelles «non ha preso le misure necessarie per aggiornare la legislazione nazionale e adeguarsi alle richieste delle normative comunitarie». Alle autorità italiane erano stati concessi due mesi di tempo per rispondere, dopo i quali la Commissione europea poteva decidere di deferire l'Italia alla Corte di giustizia europea. Sono passati 6 mesi e nulla è stato fatto.
  Una piena tutela processuale della vittima di reati intenzionali violenti si realizza non solo garantendo il risarcimento dei danni subiti dalla stessa nel caso in cui l'autore del reato sia insolvente o irreperibile, attraverso un sistema di indennizzi, così come imposto dalla direttiva 2004/80/CE, ma anche riconoscendole il diritto al gratuito patrocinio ed il diritto al rimborso delle spese sostenute in sede processuale.
  Si tratta di diritti che trovano la loro radice sia a livello nazionale, nell'articolo 24 della Costituzione, che a livello comunitario, nella direttiva 2012/29/UE. In particolare, l'articolo 24 della Costituzione, nel riconoscere il diritto di difesa quale diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, dispone al comma 3 che «sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione». La disciplina attuale sul patrocinio a spese dello Stato è quella di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, detto anche Testo Unico in materia di spese di giustizia. In base all'articolo 76, comma 1, del Testo unico «può essere ammesso al patrocinio chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore a euro Pag. 3210.766,33». Dunque, per accedere al gratuito patrocinio, è previsto, di regola, un limite reddituale attributivo dello status di non abbiente. Tuttavia, il comma 4-ter dell'articolo 76 dispone che le vittime di reati a sfondo sessuale vengono ammesse al gratuito patrocinio a prescindere da un determinato limite reddituale. Si tratta di una previsione introdotta dal cosiddetto decreto sicurezza del 2009, in tema di misure di contrasto alla violenza sessuale ed allo stalking; disposizione che è stata recentemente modificata dal cosiddetto decreto sul femminicidio. La ratio di questa disposizione è garantire sempre e comunque l'accesso al gratuito patrocinio alle vittime dei reati di violenza sessuale, a prescindere dalla loro situazione reddituale; si tratta infatti di reati particolarmente odiosi perché in genere commessi ai danni di soggetti deboli, quali donne e bambini, in quanto tali, meritevoli di una maggiore attenzione e tutela da parte del nostro ordinamento.
  Il diritto al gratuito patrocinio trova riconoscimento anche a livello comunitario. In particolare, nella direttiva 2012/29/UE, che introduce «norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato». Gli articoli 13 e 14 della direttiva riconoscono alla vittima il «diritto al patrocinio a spese dello Stato» ed il «diritto al rimborso delle spese». In particolare, l'articolo 13 dispone che «gli Stati membri garantiscono che le vittime, che sono parti del procedimento penale, abbiano accesso al patrocinio a spese dello Stato. Le condizioni o le norme procedurali, in base alle quali le vittime accedono al patrocinio a spese dello Stato, sono stabilite dal diritto nazionale»; l'articolo 14, invece, statuisce che «gli Stati membri concedono alle vittime che partecipano al procedimento penale la possibilità di ottenere il rimborso delle spese sostenute a seguito di tale attiva partecipazione, secondo il ruolo della vittima nel pertinente sistema giudiziario penale». Queste disposizioni vanno lette assieme alla direttiva 2004/80/CE relativa all'indennizzo delle vittime di reato, rendendo così necessario ampliare l'accesso al gratuito patrocinio per le vittime di reati intenzionali violenti.
  Per questi motivi, il MoVimento 5 Stelle propone l'inserimento nel corpo dell'articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, di un ulteriore comma diretto a raddoppiare il limite di reddito per l'accesso al gratuito patrocinio (attualmente pari ad euro 10.766,33) a favore delle vittime di reati intenzionali violenti. In questo modo, verrebbero fugati i sospetti di incostituzionalità, per violazione del principio di uguaglianza, che ci sono sul comma 4-ter dell'articolo 76, che esclude qualsiasi limite reddituale per le vittime di reati di violenza sessuale.
  In definitiva, il MoVimento 5 Stelle propone di modificare la disciplina di cui all'articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 mediante l'introduzione di un ulteriore comma, in modo da graduare l'accesso al gratuito patrocinio nel seguente modo: per le vittime di reati sessuali l'accesso al gratuito patrocinio avverrà a prescindere dalla posizione reddituale; per le vittime dei reati intenzionali violenti, accesso al gratuito patrocinio solo per i titolari di un reddito non superiore ad euro 21 mila; per gli altri reati, accesso al gratuito patrocinio solo per i titolari di un reddito non superiore ad euro 10.766. Questa è la proposta del MoVimento 5 Stelle.
  Concludo denunciando un fatto: una mozione come quella in discussione oggi, per il Governo, purtroppo, vale come il 2 di coppe quando la briscola è spade. Lo dico con dispiacere. Matteo Renzi dovrebbe impegnarsi davvero, questa volta, per adeguare l'ordinamento italiano alla disciplina internazionale in materia di vittime di reati, ossia dare esecuzione alle direttive UE 2004/80 e 2012/29. Pena, la sanzione della Corte di giustizia europea.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
  Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.Pag. 33
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Boccadutri ed altri n. 1-00216 concernente iniziative per la sospensione del conio delle monete da 1 e 2 centesimi (ore 17,20).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Boccadutri ed altri n. 1-00216 concernente iniziative per la sospensione del conio delle monete da 1 e 2 centesimi.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali della mozione.
  È iscritto a parlare l'onorevole Boccadutri, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00216. Ne ha facoltà.

  SERGIO BOCCADUTRI. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi e colleghi, in effetti forse è un po’ irrituale, è una cosa che può apparire da sorriso, una mozione come quella che discutiamo oggi e che ho presentato con altri colleghi, che l'hanno voluta condividere nel merito. Però, sebbene sia un tema molto marginale e piccolo rispetto ai grandi temi che ogni giorno affrontiamo in quest'Aula, può poi comportare delle conseguenze evidenti nella vita dei cittadini, facendo risparmiare allo Stato anche milioni di euro ogni anno da qui in avanti.
  La proposta – lo dico in modo molto semplice – è quella di sospendere la produzione, in Italia, delle monetine da 1 e 2 centesimi. Dal passaggio all'euro, nel 2002, ad oggi, sono stati emessi oltre 5 miliardi di monete da 1 e 2 centesimi. Oggi, quasi una moneta messa in circolazione su due è da 1 o 2 centesimi. Monete piccolissime, che si perdono nel portafogli o nel portamonete, che molti non si chinano nemmeno a raccogliere quando cadono per terra in strada, ma che pesano molto nel bilancio dello Stato: quasi 21 milioni di euro soltanto nel 2013. Un'enormità.
  Mi limito a fare un solo esempio di cosa potremmo fare con questi soldi: ad esempio, estendere, come ci ha concesso con una deroga la Commissione europea fino al 2016, il regime dei minimi alle partite IVA fino a 65 mila euro, cosa che potremmo fare e che il Governo non ha fatto, per una quantificazione di copertura, come detto anche dal sottosegretario Baretta in un question time in Commissione, appunto di 20 milioni di euro.
  Tornando ai nostri centesimi, voglio dare un po’ di dati: secondo fonti giornalistiche, pare che i costi di fabbricazione – e molti di questi costi sono anche in alcuni casi coperti da segreto – di ciascuna moneta da un centesimo ammonterebbero a 4,5 centesimi e quelli di ciascuna moneta da 2 centesimi a 5,2 centesimi. Dall'introduzione dell'euro al 2012 la Zecca, quindi, avrebbe fuso oltre 2,8 miliardi di monetine da un centesimo e 2,3 miliardi di monetine da 2 centesimi. Se si considerano anche le monete da 5 centesimi, il costo complessivo di produzione è stato di 362 milioni di euro.
  Ma ci sono anche altri costi, difficilmente quantificabili, e che comprendono il trasporto, lo stoccaggio e altri costi di distribuzione e di reimmissione in circolazione a carico delle banche e delle catene di distribuzione dettaglianti. Secondo la Commissione europea – che si è occupata del tema, pensate un po’, in una recente comunicazione al Parlamento europeo ed al Consiglio –, occorre considerare non solo i costi delle materie prime utilizzate per il tondello, ma anche i costi di produzione dei tondelli ed il conio. Solo in Italia si tratterebbe quindi, ho detto, di 21 milioni di euro al 2013. Si tratta di costi che, però, potrebbero anche crescere, perché è forte la riproduzione e la produzione di monete da 1 o 2 centesimi, per il semplice fatto che si perdono.Pag. 34
  I consumatori spesso non pagano con monete da 1 o 2 centesimi, quindi non le riutilizzano; in molti casi, le ricevono come resto nella grande distribuzione, ma molti dettaglianti del commercio, invece, preferiscono arrotondare per non ricevere monete da 1 o 2 centesimi e per non doverle dare in resto.
  Devo dire, tra l'altro, che anche se l'inflazione è rimasta ad un livello molto basso dall'introduzione dell'euro, il potere d'acquisto di queste monete si è già notevolmente eroso, scendendo in media a 0,81 centesimi per le monete da un centesimo. È vero che le Zecche sono favorevoli al proseguimento dell'emissione di tali monete, se non altro perché il conio di 1 e 2 centesimi rappresenta una parte considerevole della loro attività. Dal canto loro, le associazioni bancarie non prendono posizione sulla questione, così come anche le grandi catene di distribuzione, però loro, è ovvio, possono ripercuotere i costi connessi a tali monete sui loro clienti.
  Per l'industria dei distributori automatici, le monete da 1 e 2 centesimi non sono di alcun interesse: i distributori non le accettano perché costerebbe tantissimo andarle a recuperare. Le organizzazioni dei dettaglianti non hanno una posizione univoca, però sanno bene che gestire un rotolo di 50 monete da un centesimo costa 40 centesimi. Le monete sono ritenute utili per le operazioni di pagamento al dettaglio, in qualche caso, ma, appunto, se ne scaricano i costi sui prezzi al consumatore, soprattutto nella grande distribuzione.
  Quello che, tuttavia, con questa mozione vogliamo proporre non è l'abolizione delle monete, ma semplicemente la sospensione del loro conio. Già altri Paesi l'hanno fatto: la Finlandia, che vi ha provveduto già pochi mesi dopo l'ingresso nell'euro, e i Paesi Bassi nel 2004; ed è stata la stessa Commissione europea a definirla un'attività in perdita in una comunicazione al Parlamento europeo e al Consiglio d'Europa. Si dovrebbero emanare anche delle regole di arrotondamento: quindi, le monete continuerebbero ad avere un valore legale e a circolare, però dato che l'emissione cesserebbe, sarebbero destinate a sparire gradualmente dalla circolazione a causa dell'elevato tasso di perdita e della loro scarsa attrattiva come mezzi di pagamento.
  È vero che una delle principali preoccupazioni dei consumatori – e mi avvio a concludere – è quella di un aumento dell'inflazione – questo viene ripetuto come tesi contro questa ipotesi –, ma è un effetto che si verificherebbe soltanto nel caso di un rapido ritiro e non di una sospensione del conio; mentre la sospensione accompagnata da regole di arrotondamento non avrebbe un impatto significativo sulla stabilità dei prezzi, per tanti motivi. L'ha fatto il Canada: secondo alcuni dati della Bank of Canada non c’è stato alcun impatto sull'inflazione (il Canada ha coniato l'ultimo penny nel 2012); l'hanno fatto, in Europa, Finlandia e Paesi Bassi, che hanno dimostrato che non c’è stato alcun impatto sull'inflazione.
  Per queste ragioni, Presidente, colleghi deputati, sottosegretario, abbiamo proposto questa mozione: si risparmierebbero almeno 21 milioni di euro l'anno, si libererebbero, quindi, risorse che potrebbero essere investite in altro e, quindi, ci sarebbero soltanto vantaggi.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Carella. Ne ha facoltà.

  RENZO CARELLA. Signor Presidente, colleghi, credo che l'approvazione di questa mozione, che tende a sospendere il conio di monete da 1 e 2 centesimi, non possa che portare dei benefici alle casse dello Stato, perché, come diceva il collega, ci sarebbe un risparmio di circa 20-21 milioni l'anno, a fronte di monete a cui i cittadini, i consumatori non danno molta considerazione, perché non vengono praticamente apprezzate. C’è un tasso di perdita di circa il 60 per cento: questo è un dato stabile, che si ripete anno dopo anno. È chiaro che c’è la necessità di garantire che questa sospensione non provochi processi di inflazione. A questo punto, noi proponiamo che ci siano delle regole di arrotondamento vincolanti, in Pag. 35modo da evitare un aumento dei costi e un danno per i consumatori.
  L'introduzione dell'euro nel 1999 ha rappresentato un passo fondamentale nell'ambito dell'integrazione europea. Dal 1o gennaio 2002 l'euro è disponibile fisicamente sotto forma di banconote e monete ed è attualmente la valuta utilizzata da circa 330 milioni di cittadini europei. Le monete in euro sono emesse dagli Stati membri, ma spetta al Consiglio armonizzare i valori unitari e la specificazione tecnica. Come si diceva, e come il collega poc'anzi ricordava, il conio di una moneta da 1 centesimo costa allo Stato circa 4,5 centesimi. Fino ad oggi sono stati spesi circa 362 milioni di euro dal gennaio del 2002, per un valore facciale delle monete stampate da 1 centesimo, 2 centesimi e 5 centesimi pari a 174 milioni di euro. Quindi, voi capite che c’è una contraddizione forte nell'uso di queste monete.
  Qualcuno potrebbe obiettare che si potrebbe ridurre il costo di produzione di queste monete, cambiando magari metallo, utilizzando, quindi, un metallo che abbia un valore inferiore, oppure cambiando il peso dello stesso metallo. È chiaro che sono tutte tecniche e espedienti che non eliminano comunque un costo che è circa cinque volte il valore nominale della moneta.
  Noi crediamo che la sospensione non crei quei timori e quelle preoccupazioni che alcuni agitano per impedire questo provvedimento. Noi pensiamo che, dopo gli studi, dopo le considerazioni fatte dalla stessa Unione europea, si debba giungere a una definitiva assunzione di provvedimenti che vadano in questa direzione. L'atteggiamento del pubblico nei confronti delle monete da 1 o 2 centesimi è contraddittorio; da un lato, sembra essere addirittura affezionato a questa moneta di piccolo valore e teme la possibile inflazione, come dicevo, qualora dovessero scomparire, dall'altro, le tratta come se fossero prive di valore. Infatti, molti di noi, pur ricevendo come resto, magari al supermercato, magari in un bar, queste monete, mai le riutilizzano per l'acquisto di altra merce, quindi si disperdono in casa, si disperdono in macchina, si disperdono in mille rivoli; tant’è che c’è questo dato costante del 60 per cento annuo di monete che, appunto, non vengono messe in circolazione. Mi riferivo a un tasso di perdita molto elevato che, combinato con l'esistenza di prezzi psicologici, porta a una crescente domanda di nuove emissioni e, quindi, a nuovi costi per lo Stato. Se si considerano gli aspetti economici, avremmo un grande risparmio e noi vogliamo considerare solo questi, perché 20 o 21 milioni di euro di costo l'anno sono una cifra enorme.
  Stiamo facendo tagli, spesso tagli che significano anche perdita di servizi essenziali per i cittadini. Questo sarebbe un risparmio importante. Quindi, noi vogliamo esaminare esclusivamente questo aspetto. Vi sono, tuttavia, altri elementi che devono essere tenuti in considerazione, in particolare la reazione negativa che le regole di arrotondamento potrebbero provocare nel pubblico. È chiaro che questo andrebbe valutato e controllato da parte di chi, anche sugli abusi dell'aumento dei prezzi, è tenuto a fare un controllo. Quindi, il tutto, se lo inquadriamo nell'attuale crisi economica, ci porta a dire che questo provvedimento, a nostro avviso, deve essere adottato, e il Partito Democratico conferma la disponibilità a sostenere questa mozione.

  PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
  Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Annunzio della convocazione della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo per la sua costituzione.

  PRESIDENTE. Comunico che la Commissione parlamentare di inchiesta sui Pag. 36fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo è convocata per giovedì 17 aprile 2014, alle ore 13,30, presso la sede di Palazzo San Macuto, per procedere alla propria costituzione.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 15 aprile 2014, alle 9:

  1. – Svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni.

  (ore 15)

  2. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   Ratifica ed esecuzione del Protocollo concernente le preoccupazioni del popolo irlandese relative al Trattato di Lisbona, fatto a Bruxelles il 13 giugno 2012 (C. 1619).
  Relatore: Picchi.

  3. – Seguito della discussione delle mozioni Molea ed altri n. 1-00327, Lacquaniti ed altri n. 1-00388, Abrignani e Palese n. 1-00394, Schirò ed altri n. 1-00395, Allasia ed altri n. 1-00396, Prodani ed altri n. 1-00397, Benamati ed altri n. 1-00401 e Pagano ed altri n. 1-00402 concernenti iniziative a sostegno del settore del turismo.

  4. – Seguito della discussione delle mozioni Giancarlo Giorgetti ed altri n. 1-00339, Palese ed altri n. 1-00414, Piccone e Dorina Bianchi n. 1-00415, Braga ed altri n. 1-00416, Zan ed altri n. 1-00417, Gigli ed altri n. 1-00418, Segoni ed altri n. 1-00419 e Matarrese ed altri n. 1-00421 concernenti iniziative per l'esclusione dai vincoli previsti dal Patto di stabilità interno delle spese volte a finanziare interventi di contrasto al dissesto idrogeologico.

  5. – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
   REALACCI ed altri; BRATTI ed altri; DE ROSA ed altri: Istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente e disciplina dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (C. 68-110-1945-A).
  Relatore: Zaratti.

  6. – Seguito della discussione delle mozioni Cirielli ed altri n. 1-00248, Verini, Leone, Dambruoso, D'Alia, Pisicchio ed altri n. 1-00432 e Mottola e Palese n. 1-00433 concernenti iniziative per la tutela delle vittime di reato.

  7. – Seguito della discussione della mozione Boccadutri ed altri n. 1-00216 concernente iniziative per la sospensione del conio delle monete da 1 e 2 centesimi.

  La seduta termina alle 17,30.