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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 30 aprile 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 30 aprile 2014.

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Michele Bordo, Borghi, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Brescia, Bressa, Brunetta, Casero, Castiglione, Causin, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Ambrosio, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Fedi, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Gasbarra, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Legnini, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Mannino, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Mogherini, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Portas, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Rossi, Sani, Scalfarotto, Schullian, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Velo, Vito, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Michele Bordo, Borghi, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Brescia, Bressa, Brunetta, Capezzone, Casero, Castiglione, Causin, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Ambrosio, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Fedi, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Gasbarra, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Legnini, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Mannino, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Mogherini, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Portas, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Rossi, Sani, Scalfarotto, Schullian, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Velo, Vito, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 29 aprile 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   DURANTI ed altri: «Modifica all'articolo 357 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, in materia di divieto di localizzazione delle aree addestrative non demaniali e dei poligoni semipermanenti od occasionali in aree naturali protette» (2328);
   PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE LAURICELLA e SIMONI: «Modifiche alla parte II della Costituzione in materia di composizione e funzioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, elezione e funzioni del Presidente della Repubblica, soppressione del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, incompatibilità dei membri del Parlamento, scioglimento dei consigli regionali nonché composizione e funzioni della Corte costituzionale» (2329);
   TINAGLI: «Modifiche alla legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di cumulabilità dei trattamenti pensionistici in favore dei superstiti con i redditi del beneficiario» (2330);
   ZANIN e MORETTO: «Distacco del comune di Cinto Caomaggiore dalla regione Veneto e sua aggregazione alla regione Friuli Venezia Giulia, ai sensi dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione» (2331);
   LUCIANO AGOSTINI: «Disposizioni per la promozione della cooperazione per lo sviluppo rurale» (2332);
   LUIGI GALLO: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fallimento della società Deiulemar compagnia di navigazione Spa» (2333);
   GIANNI FARINA: «Modifiche alla legge 6 novembre 1989, n. 368, concernenti l'organizzazione e il funzionamento del Consiglio generale degli italiani all'estero e sua ridenominazione in Assemblea nazionale degli italiani all'estero» (2334);
   GALAN: «Modifica dell'articolo 25 del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, in materia di cessione delle partecipazioni nelle società bancarie conferitarie da parte delle fondazioni» (2335);
   MORANI: «Modifica all'articolo 1 della legge 28 giugno 2012, n. 92, in materia di soppressione del rito speciale per la trattazione delle controversie aventi ad oggetto l'impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi regolate dall'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300» (2336).

  Saranno stampate e distribuite.

Modifica del titolo di proposte di legge.

  La proposta di legge n. 1727, d'iniziativa dei deputati LOREFICE ed altri, ha assunto il seguente titolo: «Disposizioni per la definizione dell'indennizzo straordinario a titolo di risarcimento del danno subìto, nonché per la definizione transattiva delle controversie promosse da soggetti danneggiati da sangue o emoderivati infetti».

  La proposta di legge n. 2067, d'iniziativa dei deputati COCCIA ed altri, ha assunto il seguente titolo: «Disposizioni concernenti l'insegnamento dell'educazione fisica e sportiva nella scuola primaria».

  La proposta di legge n. 2193, d'iniziativa del deputato BOCCIA, ha assunto il seguente titolo: «Disposizioni per il contenimento della spesa nel pubblico impiego».

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   VI Commissione (Finanze):
  CANCELLERI ed altri: «Soppressione della società Equitalia Spa e trasferimento delle funzioni in materia di riscossione all'Agenzia delle entrate, nonché determinazione del limite massimo degli oneri a carico dei contribuenti nei procedimenti di riscossione» (2299) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V e XI.

   XII Commissione (Affari sociali):
  FORMISANO: «Introduzione dell'obbligo di contrarre a carico delle imprese di assicurazione e altre disposizioni concernenti l'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile verso terzi degli esercenti professioni sanitarie» (2155) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   XIII Commissione (Agricoltura):
  OLIVERIO ed altri: «Sospensione delle azioni di recupero dei crediti fiscali, contributivi e per sanzioni nonché delle procedure esecutive relative a crediti bancari nei riguardi delle imprese agricole e interventi finanziari per il sostegno e lo sviluppo delle medesime imprese» (2028) Parere delle Commissioni I, II, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 28 aprile 2014, ha trasmesso copia del bollettino, predisposto ai sensi della legge 5 luglio 1982, n. 441, concernente la situazione patrimoniale di titolari di cariche elettive e direttive di alcuni enti, riferito all'anno 2013.
  Questo documento è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali).

Trasmissioni dal Ministro della difesa.

  Il Ministro della difesa, con lettere del 30 aprile 2014, ha trasmesso due note relative all'attuazione data alla mozione SPERANZA ed altri n. 1/00125, accolta dal Governo ed approvata dall'Assemblea nella seduta del 26 giugno 2013, sulla partecipazione italiana al programma di realizzazione dell'aereo Joint Strike Fighter-F35 e, per la parte di propria competenza, all'ordine del giorno BALDASSARRE ed altri n. 9/2149/35, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 13 marzo 2014, concernente la comunicazione al Parlamento entro il 30 aprile 2014 della pianificazione delle attività militari connesse con la missione ISAF.

  Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla IV Commissione (Difesa) competente per materia.

Annunzio di risoluzioni del Parlamento europeo.

  Il Presidente del Parlamento europeo ha trasmesso il testo di cinquantacinque risoluzioni approvate nella sessione dal 10 al 13 marzo 2014, che sono assegnate, ai sensi dell'articolo 125, comma 1, del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, nonché, per il parere, alla III Commissione (Affari esteri) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), se non già assegnate alle stesse in sede primaria:
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1365/2006 relativo alle statistiche sui trasporti di merci per vie navigabili interne per quanto riguarda il conferimento alla Commissione di poteri delegati e competenze di esecuzione ai fini dell'adozione di alcune misure (Doc. XII, n. 417) – alla IX Commissione (Trasporti);
   risoluzione legislativa concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla proroga dell'accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il Governo degli Stati Uniti d'America (Doc. XII, n. 418) – alla III Commissione (Affari esteri);
   risoluzione legislativa relativa al progetto di decisione del Consiglio concernente la conclusione, a nome dell'Unione europea, del protocollo di Nagoya alla Convenzione sulla diversità biologica relativo all'accesso alle risorse genetiche e alla giusta ed equa ripartizione dei benefìci derivanti dalla loro utilizzazione (Doc. XII, n. 419) – alla III Commissione (Affari esteri);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla produzione e alla messa a disposizione sul mercato di materiale riproduttivo vegetale (testo unico sul materiale riproduttivo vegetale) (Doc. XII, n. 420) – alla XIII Commissione (Agricoltura);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che adegua con effetto dal 1o luglio 2011 le retribuzioni e le pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell'Unione europea e i coefficienti correttori applicati alle retribuzioni e pensioni (Doc. XII, n. 421) – alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che adegua con effetto dal 1o luglio 2012 le retribuzioni e le pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell'Unione europea e i coefficienti correttori applicati alle retribuzioni e pensioni (Doc. XII, n. 422) – alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   risoluzione legislativa relativa alla posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ad alcune procedure di applicazione dell'accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Serbia, dall'altra (Doc. XII, n. 423) – alla III Commissione (Affari esteri);
   risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2003/71/CE e 2009/138/CE per quanto riguarda i poteri dell'Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPA) e dell'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) (Doc. XII, n. 424) – alla VI Commissione (Finanze);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi (Doc. XII, n. 425) – alle Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze);
   risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo (Doc. XII, n. 426) – alle Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze);
   risoluzione legislativa sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio sulla concessione di una garanzia dell'Unione alla Banca europea per gli investimenti in caso di perdite relative ad operazioni di finanziamento a sostegno di progetti di investimento al di fuori dell'Unione (Doc. XII, n. 427) – alla III Commissione (Affari esteri);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull'accesso alle risorse genetiche e la giusta ed equa ripartizione dei benefìci derivanti dalla loro utilizzazione nell'Unione (Doc. XII, n. 428) – alle Commissioni riunite X (Attività produttive) e XIII (Agricoltura);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai controlli tecnici periodici dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e recante abrogazione della direttiva 2009/40/CE (Doc. XII, n. 429) – alla IX Commissione (Trasporti);
   risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 1999/37/CE del Consiglio relativa ai documenti di immatricolazione dei veicoli (Doc. XII, n. 430) – alla IX Commissione (Trasporti);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai controlli tecnici su strada dei veicoli commerciali circolanti nell'Unione e che abroga la direttiva 2000/30/CE (Doc. XII, n. 431) – alla IX Commissione (Trasporti);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 91/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2002, relativo alle statistiche dei trasporti ferroviari, per quanto riguarda la raccolta dei dati relativi alle merci, ai passeggeri e agli incidenti (Doc. XII, n. 432) – alla IX Commissione (Trasporti);
   risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla fatturazione elettronica negli appalti pubblici (Doc. XII, n. 433) – alla VIII Commissione (Ambiente);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1166/2008 relativo alle indagini sulla struttura delle aziende agricole e all'indagine sui metodi di produzione agricola per quanto riguarda il quadro finanziario per il periodo 2014-2018 (Doc. XII, n. 434) – alla XIII Commissione (Agricoltura);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul regime di scambi per talune merci ottenute dalla trasformazione di prodotti agricoli (Doc. XII, n. 435) – alle Commissioni riunite X (Attività produttive) e XIII (Agricoltura);
   risoluzione sulla Banca europea per gli investimenti (BEI): relazione annuale 2012 (Doc. XII, n. 436) – alla V Commissione (Bilancio);
   risoluzione sull'accesso del pubblico ai documenti (articolo 104, paragrafo 7, del regolamento) tra il 2011 e il 2013 (Doc. XII, n. 437) – alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   risoluzione su uno scudo antimissile per l'Europa e sulle sue implicazioni politiche e strategiche (Doc. XII, n. 438) – alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e IV (Difesa);
   risoluzione sul patrimonio gastronomico europeo: aspetti culturali ed educativi (Doc. XII, n. 439) – alle Commissioni riunite XII (Affari sociali) e XIII (Agricoltura);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali e la libera circolazione di tali dati (regolamento generale sulla protezione dei dati) (Doc. XII, n. 440) – alla II Commissione (Giustizia);
   risoluzione legislativa sul progetto di regolamento del Consiglio che estende agli Stati membri non partecipanti l'applicazione del regolamento che istituisce un programma di azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell'euro contro la contraffazione monetaria (programma «Pericle 2020») (Doc. XII, n. 441) – alla VI Commissione (Finanze);
   risoluzione legislativa relativa al progetto di decisione del Consiglio concernente la conclusione dell'accordo di facilitazione del rilascio dei visti tra l'Unione europea e la Repubblica dell'Azerbaigian (Doc. XII, n. 442) – alla III Commissione (Affari esteri);
   risoluzione legislativa relativa al progetto di decisione del Consiglio sulla conclusione dell'accordo di riammissione delle persone che soggiornano illegalmente tra l'Unione europea e la Repubblica dell'Azerbaigian (Doc. XII, n. 443) – alla III Commissione (Affari esteri);
   risoluzione sul regolamento delegato della Commissione del 12 dicembre 2013, che modifica il regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, per quanto concerne la definizione di «nanomateriali ingegnerizzati» (Doc. XII, n. 444) – alla XII Commissione (Affari sociali);
   risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, e la libera circolazione di tali dati (Doc. XII, n. 445) – alla II Commissione (Giustizia);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'istituzione del cielo unico europeo (rifusione) (Doc. XII, n. 446) – alla IX Commissione (Trasporti);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 216/2008 per quanto riguarda aeroporti, gestione del traffico aereo e servizi di navigazione aerea (Doc. XII, n. 447) – alla IX Commissione (Trasporti);
   risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai pacchetti turistici e ai servizi turistici assistiti, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2011/83/UE e che abroga la direttiva 90/314/CEE del Consiglio (Doc. XII, n. 448) – alle Commissioni riunite II (Giustizia) e X (Attività produttive);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui gas fluorurati a effetto serra (Doc. XII, n. 449) – alla VIII Commissione (Ambiente);
   risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle misure intese ad agevolare l'esercizio dei diritti conferiti ai lavoratori nel quadro della libera circolazione dei lavoratori (Doc. XII, n. 450) – alla XI Commissione (Lavoro);
   risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (Doc. XII, n. 451) – alla VIII Commissione (Ambiente);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 471/2009 relativo alle statistiche comunitarie del commercio estero con i Paesi terzi per quanto riguarda il conferimento alla Commissione dei poteri delegati e di esecuzione per l'adozione di alcune misure (Doc. XII, n. 452) – alla X Commissione (Attività produttive);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Copernicus e abroga il regolamento (UE) n. 911/2010 (Doc. XII, n. 453) – alla X Commissione (Attività produttive);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) n. 912/2010 che istituisce l'Agenzia del GNSS europeo (Doc. XII, n. 454) – alla IX Commissione (Trasporti);
   risoluzione sul programma di sorveglianza dell'Agenzia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, sugli organi di sorveglianza in diversi Stati membri e sul loro impatto sui diritti fondamentali dei cittadini dell'Unione europea, e sulla cooperazione transatlantica nel campo della giustizia e degli affari interni (Doc. XII, n. 455) – alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e III (Affari esteri);
   risoluzione sulla relazione 2013 sulla cittadinanza dell'Unione – Cittadini UE: i vostri diritti, il vostro futuro (Doc. XII, n. 456) – alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e XIV (Politiche dell'Unione europea);
   risoluzione sulla relazione 2013 relativa ai progressi compiuti dalla Turchia (Doc. XII, n. 457) – alla III Commissione (Affari esteri);
   risoluzione sulla strategia dell'Unione europea per la regione artica (Doc. XII, n. 458) – alla III Commissione (Affari esteri);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo Asilo e migrazione (Doc. XII, n. 459) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   risoluzione legislativa relativa al progetto di decisione del Consiglio concernente la ratifica della convenzione internazionale di Hong Kong (2009) per un riciclaggio delle navi sicuro e compatibile con l'ambiente, o l'adesione ad essa, da parte degli Stati membri nell'interesse dell'Unione europea (Doc. XII, n. 460) – alla III Commissione (Affari esteri);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni generali sul Fondo Asilo e migrazione e sullo strumento di sostegno finanziario per la cooperazione di polizia, la prevenzione e la lotta alla criminalità e la gestione delle crisi (Doc. XII, n. 461) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, nell'ambito del Fondo Sicurezza interna, lo strumento di sostegno finanziario per la cooperazione di polizia, la prevenzione e la lotta alla criminalità e la gestione delle crisi (Doc. XII, n. 462) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, nell'ambito del Fondo Sicurezza interna, lo strumento di sostegno finanziario per le frontiere esterne e i visti (Doc. XII, n. 463) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante misure volte a garantire un livello comune elevato di sicurezza delle reti e dell'informazione nell'Unione (Doc. XII, n. 464) – alla IX Commissione (Trasporti);
   risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma dell'Unione per il sostegno di attività specifiche nel campo dell'informativa finanziaria e della revisione contabile per il periodo 2014-2020 (Doc. XII, n. 465) – alla VI Commissione (Finanze);
   risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di apparecchiature radio (Doc. XII, n. 466) – alla IX Commissione (Trasporti);
   risoluzione sul ruolo dei diritti di proprietà, del regime di proprietà e della creazione di ricchezza per l'eliminazione della povertà e la promozione dello sviluppo sostenibile nei Paesi in via di sviluppo (Doc. XII, n. 467) – alla III Commissione (Affari esteri);
   risoluzione sulle priorità dell'Unione europea per la 25a sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani (Doc. XII, n. 468) – alla III Commissione (Affari esteri);
   risoluzione sulla Russia: condanna dei manifestanti coinvolti nei fatti di Piazza Bolotnaja (Doc. XII, n. 469) – alla III Commissione (Affari esteri);
   risoluzione sulla sicurezza e sulla tratta di esseri umani nel Sinai (Doc. XII, n. 470) – alla III Commissione (Affari esteri);
   risoluzione del Parlamento europeo dell'11 marzo 2014 sulle attività della Commissione per le petizioni relative al 2013 (Doc. XII, n. 471) – alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 29 aprile 2014, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della Commissione XIV (Politiche dell'Unione europea):
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sugli sforzi compiuti dagli Stati membri nel 2012 per raggiungere un equilibrio sostenibile tra la capacità e le possibilità di pesca (COM(2014) 233 final), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
   Rettifica del regolamento delegato della Commissione, del 3 marzo 2014, che integra il regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (C(2014) 2794), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 29 aprile 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
  Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 20 MARZO 2014, N. 36, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI DISCIPLINA DEGLI STUPEFACENTI E SOSTANZE PSICOTROPE, PREVENZIONE, CURA E RIABILITAZIONE DEI RELATIVI STATI DI TOSSICODIPENDENZA, DI CUI AL DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 9 OTTOBRE 1990, N. 309, NONCHÉ DI IMPIEGO DI MEDICINALI MENO ONEROSI DA PARTE DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE (A.C. 2215-A/R)

A.C. 2215-A/R – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, recante «Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990; n. 309, nonché di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale», interviene a seguito della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli 4-bis e 4-vicies-ter del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, come convertito dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49 (cd. legge Fini-Giovanardi);
    dalla pronuncia è conseguita la reviviscenza delle disposizioni del Testo unico sugli stupefacenti, in vigore prima dell'entrata in vigore della legge n. 49 del 106 (cd. legge Iervolino-Vassalli);
    l'efficacia della normativa previgente, caratterizzata da pene più miti, ha determinato un abbassamento di due terzi della pena edittale per le violazioni relative alle sostanze cosiddette «leggere»;
    dalla pena della reclusione da sei a venti anni, si è infatti tornati alla pena previgente, in relazione a tali sostanze, della reclusione da due a sei anni;
    la rideterminazione della pena per i condannati che oggi si trovano a scontare una pena più grave rispetto a quella prevista dalla normativa «reviviscente» a seguito di incostituzionalità di norme caducate – doverosa in ossequio al principio del «favor rei» – è rimessa, in base alle motivazioni della sentenza citata, al giudice comune;
    mentre l'articolo 673 del codice di procedura penale disciplina il caso degli effetti sulle sentenze di condanna e sui decreti penali, laddove venga in una fase successiva abrogata o dichiarata l'illegittimità costituzionale delle norme incriminatrici (abolitio criminis), nulla è previsto nel codice di rito, o in norme extra codice, in relazione agli effetti, sugli stessi atti, nel caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma applicata per la determinazione della pena, dunque in relazione al solo trattamento sanzionatorio, con reviviscenza di norme più favorevoli al reo;
    stante tale grave lacuna, il caso è stato regolato sinora solo sulla base degli orientamenti giurisprudenziali, con il rischio di lasciare inattuato il principio del favor rei, anche per le lungaggini dovute all'ingolfamento dei tribunali conseguente ai numerosi incidenti di esecuzione sollevati in relazione alle richiesta di rideterminazione delle pene,

impegna il Governo

a intervenire a livello normativo per introdurre nel codice di procedura penale la disciplina degli effetti sulle sentenze di condanna e sui decreti penali nel caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma applicata per la determinazione della pena, con reviviscenza di norme più favorevoli al reo, in particolare prevedendo che il giudice dell'esecuzione provveda determinando la pena in misura inferiore.
9/2215-AR/1Sannicandro, Migliore, Daniele Farina, Nicchi, Paglia, Zaccagnini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, recante «Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale», all'articolo 1, comma 4, modifica l'articolo 26 del Testo Unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 in tema di coltivazione delle piante previste nelle Tabelle I e II;
    nella Tabella II è indicata la cannabis indica;
    ogni giorno decine di milioni di consumatori in Europa devono acquistare la canapa che consumano, anche a fini terapeutici, ad organizzazioni più o meno criminali, con conseguenze sanitarie, sociali ed economiche catastrofiche;
    in Parlamento giacciono diverse proposte di legge che sulla legalizzazione della canapa;
    i Cannabis social club (CSC), associazioni non-profit operanti legalmente in Spagna e in Belgio – e a breve anche in Francia, Slovenia e nella Repubblica Ceca – organizzano la produzione di una limitata quantità di cannabis per uso personale dei loro membri come alternativa al mercato illegale;
    in particolare, in Spagna è possibile associarsi ad un Cannabis Social Club per poter coltivare fino a tre piante ed avere accesso, per uso personale, alla cannabis;
    il Portogallo, con regole analoghe, ha già registrato un calo netto dell'uso di stupefacenti, depenalizzandolo e prevedendo altresì percorsi di recupero;
    nei Cannabis social club (CSC) la cannabis viene coltivata secondo standard di salute e sicurezza; la distribuzione avviene secondo un criterio guida di prevenzione contro l'uso personale irresponsabile. L'intera dinamica nella quale essi operano è trasparente per i membri dei club, nonché per le autorità;
    i membri dei CSC si impegnano a non vendere cannabis e a non incitare altre persone al consumo, soprattutto se minorenni,

impegna il Governo

a prevedere nel nostro ordinamento la regolamentazione di associazioni che, in generale, abbiano la natura di Cannabis Social Club, con particolare riguardo a quelle composte da pazienti aventi come scopo l'uso terapeutico della cannabis.
9/2215-AR/2Daniele Farina, Migliore, Nicchi, Piazzoni, Sannicandro, Paglia, Zaccagnini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame:
     fa seguito alla sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 12 febbraio 2014, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale degli articoli 4-bis e 4-vicies-ter del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dalla lesse 21 .febbraio 2006, n. 49. «in riferimento all'articolo 77, secondo comma della Costituzione per difetto di omogeneità, e quindi di nesso funzionale, tra le disposizioni del decreto-legge e quelle impugnate, introdotte nella legge di conversione» in quanto, detti articoli, introdotti in sede di conversione del decreto «In difetto del necessario legame logico-giuridico, richiesto dall'articolo 77, secondo comma, della Costituzione per «l'assenza di ogni nesso di interrelazione funzionale tra le disposizioni impugnate e le originarie disposizioni del decreto-legge» devono ritenersi adottati in carenza dei presupposti per il legittimo esercizio del potere legislativo di conversione e perciò costituzionalmente illegittimi, integrando con ciò un vizio procedurale;
     ripristina, con qualche modificazione, la disciplina normativa vigente alla data di pubblicazione della sentenza (ad eccezione di quella relativa all'apparato sanzionatorio, che resta pertanto quello risultante a seguito della richiamata sentenza della Corte costituzionale), facendo salvi gli effetti degli atti amministrativi adottati in vigenza della stessa;
    la peculiarità dell'intervento normativo avrebbe reso estremamente utili sia l'analisi di impatto della regolamentazione (AIR) sia, soprattutto, l'analisi tecnico-normativa (ATN);
    l'assenza di tali relazioni non viene in alcun modo giustificata né si fa riferimento all'esenzione evidentemente disposta, in difformità da quanto statuito dall'articolo 9 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 170 del 2008;
    queste mancanze appaiono particolarmente gravi in presenza di un testo che reintroduce nell'ordinamento, con qualche variante, disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale, e che quindi hanno già trovato applicazione per otto anni;
    in particolare, l'analisi tecnico-normativa avrebbe potuto e dovuto chiarire l'impatto sull'ordinamento dell'articolo 2, il quale dispone che «A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto continuano a produrre effetti gli atti amministrativi adottati sino alla data di pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 12 febbraio 2014», individuando così una data di decorrenza (il 21 marzo, giorno di entrata in vigore del decreto-legge) che sembra segnare una cesura temporale rispetto alla data di efficacia della sentenza della Corte costituzionale (6 marzo) e che potrebbe apparire contraddetta dall'uso dell'espressione «continuano a produrre effetti»;
    la relazione per l'analisi tecnico-normativa avrebbe potuto e dovuto sciogliere tali dubbi interpretativi, delineando il quadro in cui si inserisce il decreto-legge, con specifico riguardo alla salvaguardia dei numerosi provvedimenti emanati in attuazione della disciplina ora richiamata in vigore, cui la relazione illustrativa accenna in via molto generale e che l'ATN avrebbe potuto illustrare nel dettaglio;
    l'assenza delle relazioni e la mancanza di ogni riferimento a tale assenza non possono trovare nessuna giustificazione connessa con l'urgenza: il contenuto della sentenza era infatti noto dal 12 febbraio ed è per di più intercorsa quasi una settimana tra l'approvazione del decreto in Consiglio dei ministri (14 marzo) e l'emanazione (20 marzo);
    risulta in corso di emanazione ormai da molto tempo un nuovo regolamento in materia di AIR e VIR (verifica di impatto della regolazione), sul quale è stata svolta una consultazione pubblica nell'aprile dell'anno scorso e che contiene tra l'altro un modello semplificato di AIR per i decreti-legge;
    nella lunghissima attesa dell'emanazione del nuovo regolamento, il problema si è ulteriormente acuito, dal momento che nella legislatura in corso tutte le decisioni legislative sono state assunte – eccettuate la legge di stabilità, la legge europea e le leggi di delegazione – con lo strumento del decreto-legge,

impegna il Governo:

   a dare piena attuazione alla vigente disciplina in materia di AIR, con particolare riguardo a quanto disposto dall'articolo 9, comma 3 del regolamento di cui al DPCM n. 170 del 2008, in base al quale, quando sia disposta l'esenzione dall'obbligo di redazione dell'AIR, «la relazione illustrativa che accompagna il provvedimento contiene il riferimento alla disposta esenzione e alle sue ragioni giustificative e indica sinteticamente la necessità ed i previsti effetti dell'intervento normativo sulle attività dei cittadini e delle imprese e sull'organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni, dando conto della eventuale comparazione di opzioni regolatorie alternative»;
   ad informare il Parlamento in ordine alle prospettive di riforma della vigente disciplina in materia di AIR e di VIR, dal momento che la bozza di nuovo regolamento è in cantiere da almeno due anni ed è stata sottoposta sia ad una consultazione di esperti sia ad una consultazione pubblica.
9/2215-AR/3Taglialatela, Balduzzi, Businarolo, Cicu, Fabbri, Giorgis, Gianluca Pini, Sannicandro, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha anche ad oggetto l'impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale;
    a tal fine viene introdotto, all'articolo 1 del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, un nuovo comma 4-bis, regolante la possibilità di erogazione da parte del S.S.N. di un medicinale per un'indicazione terapeutica diversa da quella per il quale è registrato;
    la materia in oggetto presenta profili di particolare delicatezza, in ragione della necessità di garantire, da un lato, la sostenibilità economica del S.S.N., dall'altro la salute dei pazienti,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare, per quanto di competenza, iniziative legislative o regolamentari, affinché la valutazione dell'AIFA, di cui al citato comma 4-bis, sia compiuta sulla base di due chiari parametri: quello dell'economicità del trattamento per il S.S.N. e quello della conformità a ricerche condotte nell'ambito della comunità medico-scientifica nazionale e internazionale ovvero a sperimentazioni condotte secondo le linee guida dell'Unione europea di buona pratica clinica vigenti;
   a valutare l'opportunità di adottare, per quanto di competenza, iniziative legislative o regolamentari, con le quali sia espressamente previsto che il procedimento di cui al citato comma 4-bis possa essere iniziato d'ufficio dell'AIFA o ad istanza di associazioni di malati, società scientifiche, aziende sanitarie, università, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico;
   a valutare l'opportunità di adottare, per quanto di competenza, iniziative legislative o regolamentari, affinché, in caso di valutazione positiva dell'AIFA rispetto all'uso per un'indicazione terapeutica diversa da quella per il quale è registrato, l'AIFA emetta un'espressa «dichiarazione di pubblico interesse»;
   a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a porre al vaglio della Corte dei conti le deliberazioni dell'AIFA, ai sensi del comma 4-bis, idonee a consentire l'erogazione del medicinale a carico del Servizio Sanitario Nazionale, per la relativa registrazione.
9/2215-AR/4Catalano.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame ha anche ad oggetto l'impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale;
    a tal fine viene introdotto, all'articolo 1 del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, un nuovo comma 4-bis, regolante la possibilità di erogazione da parte del S.S.N. di un medicinale per un'indicazione terapeutica diversa da quella per il quale è registrato;
    la materia in oggetto presenta profili di particolare delicatezza, in ragione della necessità di garantire, da un lato, la sostenibilità economica del S.S.N., dall'altro la salute dei pazienti,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare, per quanto di competenza, iniziative legislative o regolamentari, affinché la valutazione dell'AIFA, di cui al citato comma 4-bis, sia compiuta sulla base di due chiari parametri: quello dell'economicità del trattamento per il S.S.N. e quello della conformità a ricerche condotte nell'ambito della comunità medico-scientifica nazionale e internazionale ovvero a sperimentazioni condotte secondo le linee guida dell'Unione europea di buona pratica clinica vigenti;
   a valutare l'opportunità di adottare, per quanto di competenza, iniziative legislative o regolamentari, con le quali sia espressamente previsto che il procedimento di cui al citato comma 4-bis possa essere iniziato d'ufficio dell'AIFA o ad istanza di associazioni di malati, società scientifiche, aziende sanitarie, università, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico;
   a valutare l'opportunità di adottare, per quanto di competenza, iniziative legislative o regolamentari, affinché, in caso di valutazione positiva dell'AIFA rispetto all'uso per un'indicazione terapeutica diversa da quella per il quale è registrato, l'AIFA emetta un'espressa «dichiarazione di pubblico interesse».
9/2215-AR/4. (Testo modificato nel corso della seduta) Catalano.


   La Camera,
   premesso che:
    in Italia l'uso terapeutico dei cannabinoidi è lecito e regolamentato, anche se mal regolamentato. La procedura per accedere ai farmaci è alquanto complessa, e il costo del trattamento è sostanzialmente a carico dei pazienti;
    diverse regioni hanno così deciso di intervenire per consentire il rimborso dei farmaci a carico del Servizio sanitario regionale, e regolarne la prescrizione. Ultima in ordine di tempo, la regione Abruzzo, che con la legge regionale n. 4 del 2014, ha regolamentato l'utilizzo della cannabis a scopo terapeutico con oneri a carico del Sistema sanitario regionale;
    da valutare positivamente la decisione del 7 marzo scorso del Governo attuale, di non impugnare dinanzi alla Corte Costituzionale la legge regionale abruzzese, perché se a livello nazionale la legge riconosce la legalità della cannabis per uso terapeutico, i precedenti governi, fino a quello tecnico di Mario Monti, avevano sempre impugnato le leggi regionali che avrebbero voluto regolamentare la materia;
    è ormai provata scientificamente l'efficacia terapeutica dei cannabinoidi nel trattamento di numerose patologie, nonché la loro capacità di consentire la riduzione dei dosaggi degli analgesici oppiacei, quali la morfina, necessari a diminuire il dolore ai malati oncologici sottoposti a trattamenti cronici, evitando così i pesanti effetti collaterali legati all'assunzione prolungata dei suddetti oppiacei;
    nonostante quanto suesposto, in Italia non si può coltivare la cannabis per fini terapeutici, I farmaci quindi, devono essere importati dall'estero, e i medici che decidono di sottoporre i propri pazienti a una terapia farmacologica con derivati della cannabis indica, possono richiederne l'importazione all'Ufficio centrale stupefacenti del Ministero della salute, oppure possono utilizzare le preparazioni magistrali fatte dalle farmacie. Peraltro l'articolo 5 del decreto del Ministero della Salute dell'11 febbraio 1997, stabilisce che relativamente all'acquisto di questi farmaci, «l'onere della spesa (...) non deve essere imputato a fondi pubblici, tranne il caso in cui l'acquisto medesimo venga richiesto da una struttura ospedaliera per l'impiego in ambito ospedaliero»;
    in assenza di una specifica normativa statale, i costi spesso molto elevati dei farmaci che vengono importati dall'estero finiscono per ricadere sulle regioni, comprese quelle che hanno legiferato sull'utilizzo della cannabis a scopo terapeutico prevedendone i relativi oneri a carico del Sistema sanitario regionale, e che proprio per gli alti costi dei farmaci importati, hanno difficoltà a garantirne la gratuità di detti farmaci;
    in Italia vi sono solamente due centri autorizzati a coltivare la cannabis a scopo sperimentale: l'istituto chimico farmaceutico militare di Firenze e il centro di ricerca per le colture industriali di Rovigo. Ma nessuno dei due può fornire la materia prima alle aziende farmaceutiche perché in Italia è vietato;
    è quindi necessario rivedere la normativa vigente al fine rendere possibile anche nel nostro Paese la coltivazione della materia prima anche in Italia a fini terapeutici, invece di continuare a importare i farmaci dall'estero a costi elevatissimi,

impegna il Governo

ad avviare le opportune iniziative legislative volte a consentire nel nostro Paese la coltivazione della cannabis indica, la cui produzione è finalizzata a soddisfare il fabbisogno nazionale di preparati medicinali e per uso terapeutico, individuando a tal fine le aree più idonee alla suddetta coltivazione, e i requisiti degli stabilimenti farmaceutici abilitati alla acquisizione e alla lavorazione dei prodotti delle suddette coltivazioni ai fini dello sviluppo dei medicinali, prendendo in considerazione la possibilità più immediata, di consentire allo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze – previo Protocollo tra Ministero della difesa e Ministero della salute – di produrre medicinali cannabinoidi per i pazienti italiani.
9/2215-AR/5Nicchi, Piazzoni, Daniele Farina, Aiello, Sannicandro.


   La Camera,
   premesso che:
    la normativa vigente in materia di medicinali omeopatici deriva dal nuovo Codice Europeo (Capo II decreto legislativo n. 219 del 2006) e dalle modifiche introdotte con il decreto legislativo 29 dicembre 2007, n. 274 (Gazzetta Ufficiale n. 38 del 14 febbraio 2008);
    per medicinale omeopatico si intende ogni medicinale ottenuto a partire da sostanze denominate materiali di partenza per preparazioni omeopatiche o ceppi omeopatici, secondo un processo di produzione omeopatico descritto dalla farmacopea europea o, in assenza di tale descrizione, dalle farmacopee utilizzate ufficialmente negli Stati membri della Comunità europea;
    l'autorizzazione all'immissione in commercio di un medicinale omeopatico è rilasciata con procedura semplificata di registrazione se il medicinale:
   a) è destinato ad essere somministrato per via orale od esterna;
   b) non reca specifiche indicazioni terapeutiche sull'etichetta o tra le informazioni di qualunque tipo che si riferiscono al prodotto;
   c) ha un grado di diluizione tale da garantire la sicurezza; in ogni caso il medicinale non può contenere più di una parte per diecimila di tintura madre, né più di 1/100 della più piccola dose eventualmente utilizzata nell'allopatia per le sostanze attive la cui presenza in un medicinale allopatico comporta l'obbligo di presentare una ricetta medica;
    i medicinali omeopatici presenti sul mercato italiano alla data del 6 giugno 1995 sono soggetti alla procedura semplificata di registrazione prevista dagli articoli 16 e 17 del Codice Europeo, anche quando non abbiano le caratteristiche di cui alle lettere a) e c);
    la suddetta procedura di registrazione prevede, in particolare, che dopo il 31 dicembre 2015 solo i medicinali omeopatici in possesso di un numero AIC e di un formale provvedimento autorizzativo potranno continuare ad essere commercializzati sul territorio italiano;
    nella Gazzetta Ufficiale del 15 marzo 2014 sono state pubblicate le nuove tariffe che le aziende omeopatiche saranno tenute a pagare per la registrazione;
    le suddette tariffe sono state tuttavia aumentate di circa 700 volte e le cifre che le aziende dovranno versare all'atto della presentazione della domanda, secondo un calcolo fatto dall'ALFA, potranno aggirarsi fino anche a più di 20.000 euro per ogni medicinale omeopatico unitario;
    avverso il suddetto decreto è stato proposto dalle aziende produttrici ricorso al Tar Lazio, che lo ha annullato, in quanto l'aumento delle tariffe superava il 10 per cento concesso, e peraltro avveniva attraverso una riclassificazione delle categorie degli stessi medicinali omeopatici;
    da notizie provenienti dagli organi di stampa si apprende che l'AIFA intenderebbe procedere a innalzare nuovamente le tariffe di registrazione dei medicinali omeopatici secondo la procedura semplificata;
    il mercato delle aziende produttrici di farmaci omeopatici è composto PMI, che hanno tutte delle produzioni piuttosto limitate. Si calcola, in particolare il 95 per cento dei medicinali omeopatici unitari in commercio viene venduto in lotti inferiori ai 5000 pezzi all'anno, a volte in solo poche decine di pezzi. Ne deriva che i ricavi, in questi casi, non sono nemmeno sufficienti a coprire le spese di produzione;
    la conseguenza dell'innalzamento di tali costi di registrazione sarà l'eliminazione dal mercato italiano della grande maggioranza delle aziende produttrici, con la sopravvivenza delle sole aziende più grandi, con conseguente impoverimento dell'offerta di medicinali omeopatici presenti nel nostro Paese; le grandi aziende produttrici, infatti, hanno una produzione che per il 90 per cento riguarda farmaci da banco;
    il suddetto innalzamento rischierebbe dunque, di far scomparire l'omeopatia in Italia, oltre ad avere conseguenze drammatiche sul fronte occupazionale;
    l'innalzamento delle tariffe potrebbe non tradursi, necessariamente, in un aumento del gettito; la scomparsa di molti medicinali dal mercato, a causa della mancata convenienza economica alla loro produzione, potrebbe addirittura tradursi in una riduzione del gettito,

impegna il Governo

ad intraprendere iniziative per evitare che un settore così importante per la medicina alternativa sia danneggiato dal probabile futuro innalzamento delle tariffe di registrazione in forma semplificata dei medicinali omeopatici.
9/2215-AR/6Boccadutri, Piazzoni, Aiello.


   La Camera,
   premesso che:
    la normativa vigente in materia di medicinali omeopatici deriva dal nuovo Codice Europeo (Capo II decreto legislativo n. 219 del 2006) e dalle modifiche introdotte con il decreto legislativo 29 dicembre 2007, n. 274 (Gazzetta Ufficiale n. 38 del 14 febbraio 2008);
    per medicinale omeopatico si intende ogni medicinale ottenuto a partire da sostanze denominate materiali di partenza per preparazioni omeopatiche o ceppi omeopatici, secondo un processo di produzione omeopatico descritto dalla farmacopea europea o, in assenza di tale descrizione, dalle farmacopee utilizzate ufficialmente negli Stati membri della Comunità europea;
    l'autorizzazione all'immissione in commercio di un medicinale omeopatico è rilasciata con procedura semplificata di registrazione se il medicinale:
   a) è destinato ad essere somministrato per via orale od esterna;
   b) non reca specifiche indicazioni terapeutiche sull'etichetta o tra le informazioni di qualunque tipo che si riferiscono al prodotto;
   c) ha un grado di diluizione tale da garantire la sicurezza; in ogni caso il medicinale non può contenere più di una parte per diecimila di tintura madre, né più di 1/100 della più piccola dose eventualmente utilizzata nell'allopatia per le sostanze attive la cui presenza in un medicinale allopatico comporta l'obbligo di presentare una ricetta medica;
    i medicinali omeopatici presenti sul mercato italiano alla data del 6 giugno 1995 sono soggetti alla procedura semplificata di registrazione prevista dagli articoli 16 e 17 del Codice Europeo, anche quando non abbiano le caratteristiche di cui alle lettere a) e c);
    la suddetta procedura di registrazione prevede, in particolare, che dopo il 31 dicembre 2015 solo i medicinali omeopatici in possesso di un numero AIC e di un formale provvedimento autorizzativo potranno continuare ad essere commercializzati sul territorio italiano;
    nella Gazzetta Ufficiale del 15 marzo 2014 sono state pubblicate le nuove tariffe che le aziende omeopatiche saranno tenute a pagare per la registrazione;
    le suddette tariffe sono state tuttavia aumentate di circa 700 volte e le cifre che le aziende dovranno versare all'atto della presentazione della domanda, secondo un calcolo fatto dall'ALFA, potranno aggirarsi fino anche a più di 20.000 euro per ogni medicinale omeopatico unitario;
    avverso il suddetto decreto è stato proposto dalle aziende produttrici ricorso al Tar Lazio, che lo ha annullato, in quanto l'aumento delle tariffe superava il 10 per cento concesso, e peraltro avveniva attraverso una riclassificazione delle categorie degli stessi medicinali omeopatici;
    da notizie provenienti dagli organi di stampa si apprende che l'AIFA intenderebbe procedere a innalzare nuovamente le tariffe di registrazione dei medicinali omeopatici secondo la procedura semplificata;
    il mercato delle aziende produttrici di farmaci omeopatici è composto PMI, che hanno tutte delle produzioni piuttosto limitate. Si calcola, in particolare il 95 per cento dei medicinali omeopatici unitari in commercio viene venduto in lotti inferiori ai 5000 pezzi all'anno, a volte in solo poche decine di pezzi. Ne deriva che i ricavi, in questi casi, non sono nemmeno sufficienti a coprire le spese di produzione;
    la conseguenza dell'innalzamento di tali costi di registrazione sarà l'eliminazione dal mercato italiano della grande maggioranza delle aziende produttrici, con la sopravvivenza delle sole aziende più grandi, con conseguente impoverimento dell'offerta di medicinali omeopatici presenti nel nostro Paese; le grandi aziende produttrici, infatti, hanno una produzione che per il 90 per cento riguarda farmaci da banco;
    il suddetto innalzamento rischierebbe dunque, di far scomparire l'omeopatia in Italia, oltre ad avere conseguenze drammatiche sul fronte occupazionale;
    l'innalzamento delle tariffe potrebbe non tradursi, necessariamente, in un aumento del gettito; la scomparsa di molti medicinali dal mercato, a causa della mancata convenienza economica alla loro produzione, potrebbe addirittura tradursi in una riduzione del gettito,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere iniziative per evitare che un settore così importante per la medicina alternativa sia danneggiato dal probabile futuro innalzamento delle tariffe di registrazione in forma semplificata dei medicinali omeopatici.
9/2215-AR/6. (Testo modificato nel corso della seduta) Boccadutri, Piazzoni, Aiello.


   La Camera,
   premesso che:
    con la disposizione del decreto-legge in esame a attraverso l'introduzione dell'articolo 1, comma 24-ter, si è previsto un ulteriore depotenziamento della sanzione prevista dall'articolo 73, comma 5 del testo unico in materia di stupefacenti (decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), giacché la pena edittale massima prevista è stata ridotta a quattro anni con la conseguenza che coloro che si macchieranno di detti crimini, e stante l'introduzione del nuovo istituto della «messa alla prova», non potrà essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere per detto reato né saranno incentivati al recupero e alla eliminazione dei danni dallo stato di tossicodipendenza;
    a causa di siffatta normativa risulta necessario garantire e rafforzare il controllo del territorio da parte delle forze di polizia, così da non consentire, sia l'aumento della criminalità che un diffuso allarme sociale nell'opinione pubblica;
    da tempo gli organici delle forze di polizia risultano essere, rispetto agli organici previsti dalle rispettive piante, vacanti anche a causa delle norme afferenti il contenimento della spesa del personale,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per destinare ulteriori risorse finanziarie all'Arma dei carabinieri così da consentire, attraverso l'aumento delle piante organiche o comunque la piena copertura delle esistenti, un maggiore e più puntuale controllo del territorio determinato dalle norme del presente decreto-legge.
9/2215-AR/7Allasia.


   La Camera,
   premesso che:
    con la disposizione del decreto-legge in esame a attraverso l'introduzione dell'articolo 1, comma 24-ter, si è previsto un ulteriore depotenziamento della sanzione prevista dall'articolo 73, comma 5 del testo unico in materia di stupefacenti (decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), giacché la pena edittale massima prevista è stata ridotta a quattro anni con la conseguenza che coloro che si macchieranno di detti crimini, e stante l'introduzione del nuovo istituto della «messa alla prova», non potrà essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere per detto reato né saranno incentivati al recupero e alla eliminazione dei danni dallo stato di tossicodipendenza;
    a causa di siffatta normativa risulta necessario garantire e rafforzare il controllo del territorio da parte delle forze di polizia, così da non consentire, sia l'aumento della criminalità che un diffuso allarme sociale nell'opinione pubblica;
    da tempo gli organici delle forze di polizia risultano essere, rispetto agli organici previsti dalle rispettive piante, vacanti anche a causa delle norme afferenti il contenimento della spesa del personale,

impegna il Governo

ad adottare, nei limiti delle esigenze di finanza pubblica, le opportune iniziative per destinare ulteriori risorse finanziarie all'Arma dei carabinieri così da consentire, attraverso l'aumento delle piante organiche o comunque la piena copertura delle esistenti, un maggiore e più puntuale controllo del territorio determinato dalle norme del presente decreto-legge.
9/2215-AR/7. (Testo modificato nel corso della seduta) Allasia.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in esame di fatto si attua il depotenziamento delle misure atte a contrastare lo spaccio di sostanze stupefacenti, atteso che si è proceduto ad un forte indebolimento di dette misure poiché si è prevista la soppressione della distinzione tra droghe «leggere» e «pesanti»,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa anche al fine di ripristinare anche attraverso provvedimenti emergenziali, la previgente normativa «cosiddetta Fini-Giovanardi» che sanzionava in modo adeguato le condotte illecite.
9/2215-AR/8Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in esame attraverso l'introduzione dell'articolo 1, comma 24-ter, si è previsto un ulteriore depotenziamento della sanzione prevista dall'articolo 73, comma 5, del testo unico in materia di stupefacenti (decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), giacché la pena edittale massima prevista è stata ridotta a quattro anni con la conseguenza che coloro che si macchieranno di detti crimini, e stante l'introduzione del nuovo istituto della «messa alla prova» non potranno né essere arrestati (misura della custodia cautelare in carcere) per detto reato, né saranno incentivati al recupero e alla eliminazione dei danni dallo stato di tossicodipendenza,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, anche al fine di ripristinare anche attraverso provvedimenti emergenziali la misura previgente, e nello specifico quella della pena edittale massima pari ad anni sei di reclusione, al fine, da un lato, di consentire l'eventuale misura cautelare in carcere, ma consentendo in questo modo, stante «l'impianto normativo», l'effettiva dissuasione a commettere altri reati e, di fatto, incentivando il recupero e alla eliminazione dei danni dallo stato di tossicodipendenza.
9/2215-AR/9Matteo Bragantini.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in parola attraverso l'introduzione dell'articolo 1, comma 24-ter, si è previsto un ulteriore depotenziamento della sanzione prevista dall'articolo 73, comma 5, del testo unico in materia di stupefacenti (decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), giacché la pena edittale massima prevista è stata ridotta a quattro anni con la conseguenza che coloro che si macchieranno di detti crimini, e stante l'introduzione del nuovo istituto della «messa alla prova», non potrà essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere per detto reato né saranno incentivati al recupero e alla eliminazione dei danni dallo stato di tossicodipendenza;
    a causa di siffatta normativa risulta necessario garantire e rafforzare il controllo del territorio da parte delle forze di polizia, così da non consentire, sia l'aumento della criminalità che un diffuso allarme sociale nell'opinione pubblica;
    da tempo gli organici delle forze di polizia risultano essere, rispetto agli organici previsti dalle rispettive piante, vacanti anche a causa delle norme afferenti il contenimento della spesa del personale,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per destinare ulteriori risorse finanziarie alla polizia di Stato così da consentire, attraverso l'aumento delle piante organiche o comunque la piena copertura delle esistenti, un maggiore e più puntuale controllo del territorio determinato dalle norme del presente decreto-legge.
9/2215-AR/10Buonanno.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in parola attraverso l'introduzione dell'articolo 1, comma 24-ter, si è previsto un ulteriore depotenziamento della sanzione prevista dall'articolo 73, comma 5, del testo unico in materia di stupefacenti (decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), giacché la pena edittale massima prevista è stata ridotta a quattro anni con la conseguenza che coloro che si macchieranno di detti crimini, e stante l'introduzione del nuovo istituto della «messa alla prova», non potrà essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere per detto reato né saranno incentivati al recupero e alla eliminazione dei danni dallo stato di tossicodipendenza;
    a causa di siffatta normativa risulta necessario garantire e rafforzare il controllo del territorio da parte delle forze di polizia, così da non consentire, sia l'aumento della criminalità che un diffuso allarme sociale nell'opinione pubblica;
    da tempo gli organici delle forze di polizia risultano essere, rispetto agli organici previsti dalle rispettive piante, vacanti anche a causa delle norme afferenti il contenimento della spesa del personale,

impegna il Governo

ad adottare, nei limiti delle esigenze di finanza pubblica, le opportune iniziative per destinare ulteriori risorse finanziarie alla polizia di Stato così da consentire, attraverso l'aumento delle piante organiche o comunque la piena copertura delle esistenti, un maggiore e più puntuale controllo del territorio determinato dalle norme del presente decreto-legge.
9/2215-AR/10. (Testo modificato nel corso della seduta) Buonanno.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in parola attraverso l'introduzione dell'articolo 1, comma 24-ter, si è previsto un ulteriore depotenziamento della sanzione prevista dall'articolo 73, comma 5, del testo unico in materia di stupefacenti (decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), giacché la pena edittale massima prevista è stata ridotta a quattro anni con la conseguenza che coloro che si macchieranno di detti crimini, e stante l'introduzione del nuovo istituto della «messa alla prova», non potrà essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere per detto reato né saranno incentivati al recupero e alla eliminazione dei danni dallo stato di tossicodipendenza;
    a causa di siffatta normativa risulta necessario garantire e rafforzare il controllo del territorio da parte delle forze di polizia, così da non consentire, sia l'aumento della criminalità che un diffuso allarme sociale nell'opinione pubblica;
    da tempo gli organici delle forze di polizia risultano essere, rispetto agli organici previsti dalle rispettive piante, vacanti anche a causa delle norme afferenti il contenimento della spesa del personale,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche con la modifica del patto di stabilità interno, per destinare ulteriori risorse finanziarie affinché si consenta alle amministrazioni comunali di far fronte ad un maggiore e più puntuale controllo del territorio determinato dalle norme del presente decreto-legge, attraverso una maggiore dotazione di mezzi destinati ai propri corpi di polizia.
9/2215-AR/11Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in parola attraverso l'introduzione dell'articolo 1, comma 24-ter, si è previsto un ulteriore depotenziamento della sanzione prevista dall'articolo 73, comma 5, del testo unico in materia di stupefacenti (decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), giacché la pena edittale massima prevista è stata ridotta a quattro anni con la conseguenza che coloro che si macchieranno di detti crimini, e stante l'introduzione del nuovo istituto della «messa alla prova», non potrà essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere per detto reato né saranno incentivati al recupero e alla eliminazione dei danni dallo stato di tossicodipendenza;
    a causa di siffatta normativa risulta necessario garantire e rafforzare il controllo del territorio da parte delle forze di polizia, così da non consentire, sia l'aumento della criminalità che un diffuso allarme sociale nell'opinione pubblica;
    da tempo gli organici delle forze di polizia risultano essere, rispetto agli organici previsti dalle rispettive piante, vacanti anche a causa delle norme afferenti il contenimento della spesa del personale,

impegna il Governo

ad adottare, nei limiti delle esigenze di finanza pubblica, le opportune iniziative, anche con la modifica del patto di stabilità interno, per destinare ulteriori risorse finanziarie affinché si consenta alle amministrazioni comunali di far fronte ad un maggiore e più puntuale controllo del territorio determinato dalle norme del presente decreto-legge, attraverso una maggiore dotazione di mezzi destinati ai propri corpi di polizia.
9/2215-AR/11. (Testo modificato nel corso della seduta) Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in parola di fatto si attua il depotenziamento delle misure atte a contrastare lo spaccio di sostanze stupefacenti, atteso che si è proceduto ad un forte indebolimento di dette misure poiché si è prevista la soppressione della distinzione tra droghe «leggere» e «pesanti»;
     appare opportuno prevedere delle misure specifiche per i cittadini extracomunitari che si macchiano dei reati di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, anche al fine di non gravare sulle ridotte risorse pubbliche destinate al settore,

impegna il Governo

a considerare la necessità di incidere ulteriormente sviluppando e intensificando la politica di sottoscrizione di accordi bilaterali o multilaterali con i Paesi di provenienza dei rei stranieri, al fine di consentire che i medesimi siano con immediatezza rimpatriati a scontare la pena nel loro Paese di origine e di informare il Parlamento entro sei mesi dall'approvazione del presente provvedimento dello stato di avanzamento degli accordi bilaterali/multilaterali in parola.
9/2215-AR/12Caon.


   La Camera,
   premesso che:
     appare opportuno prevedere delle misure specifiche per i cittadini extracomunitari che si macchiano dei reati di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, anche al fine di non gravare sulle ridotte risorse pubbliche destinate al settore,

impegna il Governo

a considerare la necessità di incidere ulteriormente sviluppando e intensificando la politica di sottoscrizione di accordi bilaterali o multilaterali con i Paesi di provenienza dei rei stranieri, al fine di consentire che i medesimi siano con immediatezza rimpatriati a scontare la pena nel loro Paese di origine e di informare il Parlamento entro sei mesi dall'approvazione del presente provvedimento dello stato di avanzamento degli accordi bilaterali/multilaterali in parola.
9/2215-AR/12. (Testo modificato nel corso della seduta) Caon.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni del decreto-legge in parola di fatto si attua il depotenziamento delle misure atte a contrastare lo spaccio di sostanze stupefacenti, atteso che si è proceduto ad un forte indebolimento di dette misure poiché si è prevista la soppressione della distinzione tra droghe «leggere» e «pesanti»;
    l'attuale formulazione introdotta all'articolo 1, comma 24-ter, lettera b), dispone i suoi effetti solo qualora non debba concedersi l'applicazione della sospensione condizionale della pena, e quindi quando vi sia la probabilità che il reo possa commettere ulteriori reati anche della stessa indole, ed altresì la norma non pone delle limitazioni alla concessione del lavoro di pubblica utilità,

impegna il Governo

ad adottare un provvedimento, anche a carattere di urgenza, che introduca la limitazione all'accesso al procedimento con messa alla prova a coloro che sia stata applicata la recidiva prevista dall'articolo 99 del codice di procedura penale.
9/2215-AR/13Fedriga.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, nella ricerca di colmare un vuoto normativo, è andato sicuramente oltre quanto i cittadini si aspettassero per la propria sicurezza;
    come rimarcato nel corso delle audizioni svolte in Commissione «non esistono droghe leggere e pesanti, ma una dipendenza più o meno radicata che richiede un serio percorso di recupero. La pericolosità delle singole sostanze, infatti, è determinata non solo dal tipo di sostanza, ma dalla modalità, quantità e frequenza di assunzione»;
    il dato circa la potenziale pericolosità e dipendenza: la percentuale di THC presente nell'hashish e nella marijuana in commercio più di vent'anni fa era decisamente più bassa rispetto a quella che oggi possiamo trovare. Le percentuali sono variate dal 5-10 per cento agli attuali 40-50 per cento,

impegna il Governo

a valutare, alla luce di quanto esposto in premessa, gli effetti applicativi della normativa al fine di adottare ulteriori iniziative volte a prevedere una differenziazione dei tipi di THC presenti nell'hashish e nella marijuana e destinando quelli con la percentuale superiore al 4 per cento per quanto riguarda le infiorescenze ed il 12 per cento per quanto riguarda le sostanze resinose, nella tabella delle droghe pesanti.
9/2215-AR/14Rondini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, nella ricerca di colmare un vuoto normativo, è andato sicuramente oltre quanto i cittadini si aspettassero per la propria sicurezza;
    come rimarcato nel corso delle audizioni svolte in Commissione «non esistono droghe leggere e pesanti, ma una dipendenza più o meno radicata che richiede un serio percorso di recupero. La pericolosità delle singole sostanze, infatti, è determinata non solo dal tipo di sostanza, ma dalla modalità, quantità e frequenza di assunzione»;
    il dato circa la potenziale pericolosità e dipendenza: la percentuale di THC presente nell'hashish e nella marijuana in commercio più di vent'anni fa era decisamente più bassa rispetto a quella che oggi possiamo trovare. Le percentuali sono variate dal 5-10 per cento agli attuali 40-50 per cento,

impegna il Governo

a valutare, alla luce di quanto esposto in premessa, gli effetti applicativi della normativa al fine di adottare ulteriori iniziative con riferimento ai temi evidenziati in premessa.
9/2215-AR/14. (Testo modificato nel corso della seduta) Rondini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, all'articolo 3 ha un intento sicuramente apprezzabile, essendo diretto a dare una prima risposta all'evidente carenza normativa posta in luce dalla vicenda che ha portato l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ad infliggere una sanzione ad alcune note aziende farmaceutiche per un'intesa restrittiva della concorrenza che ha comportato oneri aggiuntivi per le finanze pubbliche;
    il danno procurato alle casse dell'erario da quanto messo in atto dalle case farmaceutiche nel caso divenuto di dominio pubblico nei mesi scorsi è di rilevate entità;
    la mancata concorrenza potrebbe manifestarsi o essere già presente in numerosi altri casi,

impegna il Governo

a predisporre uno studio approfondito sui costi dei farmaci presenti sul mercato nazionale ed a riferirne alle Commissioni permanenti entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
9/2215-AR/15Grimoldi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, all'articolo 3 ha un intento sicuramente apprezzabile, essendo diretto a dare una prima risposta all'evidente carenza normativa posta in luce dalla vicenda che ha portato l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ad infliggere una sanzione ad alcune note aziende farmaceutiche per un'intesa restrittiva della concorrenza che ha comportato oneri aggiuntivi per le finanze pubbliche;
    il danno procurato alle casse dell'erario da quanto messo in atto dalle case farmaceutiche nel caso divenuto di dominio pubblico nei mesi scorsi è di rilevate entità;
    la mancata concorrenza potrebbe manifestarsi o essere già presente in numerosi altri casi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre uno studio approfondito sui costi dei farmaci presenti sul mercato nazionale ed a riferirne alle Commissioni permanenti.
9/2215-AR/15. (Testo modificato nel corso della seduta) Grimoldi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, all'articolo 3 ha un intento sicuramente apprezzabile, essendo diretto a dare una prima risposta all'evidente carenza normativa posta in luce dalla vicenda che ha portato l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ad infliggere una sanzione ad alcune note aziende farmaceutiche per un'intesa restrittiva della concorrenza che ha comportato oneri aggiuntivi per le finanze pubbliche;
    il danno procurato alle casse dell'erario da quanto messo in atto dalle case farmaceutiche nel caso divenuto di dominio pubblico nei mesi scorsi è di rilevate entità;
    il controllo sul completo raggiungimento degli obbiettivi che il disegno di legge si propone appare indispensabile,

impegna il Governo:

a riferire alle Commissioni competenti entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente provvedimento sul pieno raggiungimento degli obbiettivi di rispetto della concorrenza e salvaguardia delle risorse pubbliche in merito ai farmaci oggetto dell'indagine dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
9/2215-AR/16Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, all'articolo 3 ha un intento sicuramente apprezzabile, essendo diretto a dare una prima risposta all'evidente carenza normativa posta in luce dalla vicenda che ha portato l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ad infliggere una sanzione ad alcune note aziende farmaceutiche per un'intesa restrittiva della concorrenza che ha comportato oneri aggiuntivi per le finanze pubbliche;
    il danno procurato alle casse dell'erario da quanto messo in atto dalle case farmaceutiche nel caso divenuto di dominio pubblico nei mesi scorsi è di rilevate entità;
    il controllo sul completo raggiungimento degli obbiettivi che il disegno di legge si propone appare indispensabile,

impegna il Governo

a riferire alle Commissioni competenti sul pieno raggiungimento degli obbiettivi di rispetto della concorrenza e salvaguardia delle risorse pubbliche in merito ai farmaci oggetto dell'indagine dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
9/2215-AR/16. (Testo modificato nel corso della seduta) Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge, nella ricerca di colmare un vuoto normativo è andato sicuramente oltre quanto i cittadini si aspettassero per la propria sicurezza;
    la decadenza del principio dell'equiparazione tra le droghe cosiddette leggere e le droghe pesanti ripropone il nascere di un importante allarme sociale;
    le comunità di recupero sono in prima linea per il sostegno e l'aiuto di soggetti in difficoltà e delle loro famiglie;
    le risorse per il mantenimento delle attività e delle strutture sono sempre limitati,

impegna il Governo

a prevedere, attraverso apposito decreto, l'esenzione per le comunità di recupero dei tossicodipendenti della TASI per quanto riguarda tutte le attività collegate alla gestione delle strutture.
9/2215-AR/17Invernizzi.


   La Camera,
   premesso che:
    le comunità di recupero sono in prima linea per il sostegno e l'aiuto di soggetti in difficoltà e delle loro famiglie;
    le risorse per il mantenimento delle attività e delle strutture sono sempre limitati,

impegna il Governo

a prevedere, nei limiti delle esigenze di finanza pubblica, attraverso apposito decreto, l'esenzione per le comunità di recupero dei tossicodipendenti della TASI per quanto riguarda tutte le attività collegate alla gestione delle strutture.
9/2215-AR/17. (Testo modificato nel corso della seduta) Invernizzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, nella ricerca di colmare un vuoto normativo è andato sicuramente oltre quanto i cittadini si aspettassero per la propria sicurezza;
    la decadenza del principio dell'equiparazione tra le droghe cosiddette leggere e le droghe pesanti ripropone il nascere di un importante allarme sociale;
    le comunità di recupero sono in prima linea per il sostegno e l'aiuto di soggetti in difficoltà e delle loro famiglie,

impegna il Governo

a reperire risorse finanziarie da destinare al sostegno delle attività delle comunità di recupero affinché possano implementare le proprie possibilità di intervento alla luce del prevedibile incremento di ospiti nelle proprie strutture.
9/2215-AR/18Marcolin.


   La Camera,
   premesso che:
    le comunità di recupero sono in prima linea per il sostegno e l'aiuto di soggetti in difficoltà e delle loro famiglie,

impegna il Governo

ad avviare ogni opportuna iniziativa volta a reperire, nel rispetto delle esigenze di finanza pubblica, risorse finanziarie da destinare al sostegno delle attività delle comunità di recupero affinché possano implementare le proprie possibilità di intervento alla luce del prevedibile incremento di ospiti nelle proprie strutture.
9/2215-AR/18. (Testo modificato nel corso della seduta) Marcolin.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 36 del 20 marzo 2014 introduce una importante novità in materia di farmaci off label, cioè quelli fuori indicazione il cui impiego rappresenta un risparmio per il Ssn, pur essendo di uguale efficacia terapeutica, consentendo una razionalizzazione della spesa farmaceutica con evidenti effetti positivi;
    a fronte di farmaci che possono essere impiegati pur presentando un'iniziale indicazione per malattie diverse, l'AIFA può quindi richiedere una sperimentazione che consenta di utilizzare efficacemente entrambi i farmaci, con la maggiore sicurezza possibile per i pazienti ed un minore costo per il SSN;
    la norma interviene dopo lo scandalo Roche-Novartis, i colossi del farmaco che davanti ad alcune patologie dell'occhio si erano accordati per proibire l’Avastin e promuovere al suo posto, il Lucentis, molto più caro. L'attuale Decreto prevede che l'Aifa possa autonomamente fare sperimentazioni sui farmaci da utilizzare off-label, per accelerare e semplificarne l'accesso con piena garanzia per i pazienti. L'Aifa può quindi avviare anche d'ufficio sperimentazioni su farmaci da utilizzare off-label e può iscriverli provvisoriamente nell'elenco dei farmaci off-label autorizzati, se ciò avviene anche in altri Paesi;
    la tutela del diritto alla salute per tutti i cittadini attraverso un accesso alle cure, che sia gratuito per gli indigenti e rispetti la libertà delle loro scelte, garantito dall'articolo 32 della nostra Costituzione, non esime tuttavia lo Stato, o la regione, dal verificare la qualità di ciò che autorizzano e di cui si fanno carico sul piano economico, a cominciare dai livelli essenziali di assistenza (LEA). Diritti e doveri riguardano in modo analogo sia i cittadini che lo Stato, ognuno per quanto di sua competenza e lo Stato ha l'obbligo di verificare che qualità abbiano i servizi richiesti dai cittadini e quelli da lui offerti;
    l'alleanza terapeutica tra medico e paziente si fonda infatti sul consenso debitamente informato che il paziente dà al trattamento che gli viene proposto, ma se il consenso viene acquisito senza corretta informazione, non può essere considerato valido. Non a caso il consenso informato del paziente è un requisito irrinunciabile per ottenere, solo successivamente, il consenso del Comitato etico alla sperimentazione. I casi recentemente presi in considerazione, da quello Stamina a quello dell'Avastin-Lucentis avevano alla base una informazione parziale, distorta e potenzialmente lesiva per il paziente;
    il decreto 5 dicembre 2006 dell'allora Ministro della sanità, Livia Turco, specificava i casi in cui era ammessa l'utilizzazione di medicinali per terapia cellulare somatica privi dell'autorizzazione in commercio prevista per i medicinali industriali. Venivano, cioè, concesse, in mancanza di valida alternativa terapeutica, alcune deroghe alla normale procedura per quanto riguarda l'immissione in commercio dei farmaci;
    il Regolamento europeo sui medicinali per terapie avanzate, del novembre 2007, contiene norme specifiche sull'autorizzazione, la supervisione e la farmacovigilanza relativa a tale tipologia di medicinali, stabilendo che la produzione di questi medicinali debba essere «autorizzata dall'autorità competente», che in Italia è rappresentata dall'AIFA;
    si ricorda che, per il caso Stamina, in data 8 e 9 maggio 2012 i NAS di Torino, coadiuvati da ispettori dell'AlFA, effettuavano su delega della procura della Repubblica torinese un sopralluogo ispettivo di accertamento e acquisizione di documentazione presso l'Azienda ospedaliera di Brescia. Dopo l'accertamento, il Direttore generale dell'AlFA preannunciava l'intenzione di emettere un'ordinanza inibitoria delle attività di trattamento presso gli Spedali Civili di Brescia e il ministero il 16 maggio 2013 disponeva un'indagine tecnico-amministrativa con relativa visita ispettiva presso l'Azienda ospedaliera di Brescia, da effettuarsi in collaborazione con l'Assessorato alla sanità della Regione Lombardia per verificare la regolarità delle procedure seguite sotto il profilo tecnico e amministrativo nel rapporto tra l'Azienda e Stamina Foundation;
    gli ispettori accertavano che la terapia cellulare effettuata non era riconducibile alla normativa sulla sperimentazione clinica dei medicinali; veniva confermato che il laboratorio dell'Azienda ospedaliera non aveva l'esperienza necessaria per la preparazione di medicinali per terapia cellulare somatica, avendo svolto fino ad allora solo attività di manipolazione di cellule staminali emopoietiche a fine di trapianto, sottoposta ad altra normativa;
    nonostante le molteplici irregolarità riscontrate presso l'Azienda ospedaliera di Brescia e nonostante la piena vigenza della ordinanza dell'AIFA che inibiva la continuazione delle attività, nei mesi successivi numerosi tribunali hanno accolto richieste di malati o loro legali rappresentanti dirette ad ottenere il trattamento secondo il protocollo Stamina. Tali pronunce imponevano all'Ospedale di Brescia di iniziare o proseguire un trattamento disapplicando l'ordinanza dell'AlFA; oppure prendendo atto della non idoneità del laboratorio dell'Ospedale, ordinavano che a provvedere all'allestimento dei prodotti da somministrare un laboratorio regolarmente autorizzato dall'AIFA. Soltanto in alcuni casi le decisioni dei giudici risultavano supportate da una valutazione di un consulente tecnico d'ufficio (CTU) sulla necessità del trattamento in relazione alle condizioni cliniche dei pazienti;
    si è venuta a creare una situazione caotica, anche sulla spinta di ben note campagne mediatiche che continuavano ad alimentare le speranze dei familiari dei malati nei riguardi di una terapia priva di validazione scientifica;
    con il decreto-legge 25 marzo 2013, n. 57, il Governo chiariva e completava il quadro normativo sulla produzione e sull'impiego dei medicinali per terapie avanzate e per superare, senza entrare in conflitto con le singole autorità giudiziarie, l'emergenza conseguente ai tanti interventi dei tribunali;
    il comma 2 dell'articolo 2 del decreto-legge prevedeva che i trattamenti avviati anteriormente alla data del decreto-legge potessero proseguire sotto la responsabilità del medico curante, anche se preparati in un laboratorio, come quello di Brescia, non conforme ai principi delle norme di buona fabbricazione dei medicinali e in difformità dal decreto. Tale disposizione rispondeva ad una esigenza solo apparentemente di ordine etico: non impedire il completamento di un trattamento a pazienti che già l'avevano iniziato ed evitare un contrasto istituzionale clamoroso tra le scelte del legislatore e le decisioni già assunte dall'ordine giudiziario su casi concreti;
    non dovrebbe esistere una ragione etica che imponga di somministrare, a carico di una struttura pubblica, farmaci di cui non si conosce esattamente il funzionamento, esponendo i pazienti a concreti rischi sanitari, legati non solo alla totale inconsistenza scientifica, ma anche alla grossolanità metodologica di produzione e di applicazione, già rilevate e denunciate da NAS e AIFA;
    non stupisce quindi che siano state formulate pesanti accuse: associazione per delinquere aggravata e finalizzata alla truffa, esercizio abusivo della professione medica e violazione delle norme della privacy, ma soprattutto c'erano esseri umani usati come cavie, approfittando della loro fragilità;
    a riguardo si devono purtroppo registrare ordinanze di tribunali contraddittorie; da una parte, ordinanze che dispongono la ripresa dei trattamenti, dall'altra dispositivi di ordinanze che prevedono accuse che vanno dall'associazione a delinquere finalizzata alla truffa, alla somministrazione di farmaci pericolosi,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative, anche di tipo normativo, volte ad impedire che si ripetano in futuro non solo casi come quelli dell'Avastin, Di Bella e soprattutto il recente caso Stamina;
   a garantire ai pazienti attualmente in trattamento con il metodo Stamina una adeguata informazione scientifica sugli avanzamenti scientifici e terapeutici che si renderanno progressivamente disponibili nell'ambito della loro patologia;
   ad adottare misure volte a rendere maggiormente fruibili le più efficaci terapie attualmente disponibili, in quanto autorizzate sulla base di una adeguata documentazione scientifica, siano farmacologiche o meno;
   ad attivare servizi di sostegno psicologico e di counseling genetico alle famiglie anche per evitare che si facciano attrarre da proposte tanto seduttive quanto fallaci;
   ad utilizzare, i fondi accantonati per la sperimentazione del metodo Stamina per venire incontro alle esigenze di questi pazienti ingannati e frastornati da proposte inutili e da false promesse.
9/2215-AR/19Binetti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 36 del 20 marzo 2014 introduce una importante novità in materia di farmaci off label, cioè quelli fuori indicazione il cui impiego rappresenta un risparmio per il Ssn, pur essendo di uguale efficacia terapeutica, consentendo una razionalizzazione della spesa farmaceutica con evidenti effetti positivi;
    a fronte di farmaci che possono essere impiegati pur presentando un'iniziale indicazione per malattie diverse, l'AIFA può quindi richiedere una sperimentazione che consenta di utilizzare efficacemente entrambi i farmaci, con la maggiore sicurezza possibile per i pazienti ed un minore costo per il SSN;
    la norma interviene dopo lo scandalo Roche-Novartis, i colossi del farmaco che davanti ad alcune patologie dell'occhio si erano accordati per proibire l’Avastin e promuovere al suo posto, il Lucentis, molto più caro. L'attuale Decreto prevede che l'Aifa possa autonomamente fare sperimentazioni sui farmaci da utilizzare off-label, per accelerare e semplificarne l'accesso con piena garanzia per i pazienti. L'Aifa può quindi avviare anche d'ufficio sperimentazioni su farmaci da utilizzare off-label e può iscriverli provvisoriamente nell'elenco dei farmaci off-label autorizzati, se ciò avviene anche in altri Paesi;
    la tutela del diritto alla salute per tutti i cittadini attraverso un accesso alle cure, che sia gratuito per gli indigenti e rispetti la libertà delle loro scelte, garantito dall'articolo 32 della nostra Costituzione, non esime tuttavia lo Stato, o la regione, dal verificare la qualità di ciò che autorizzano e di cui si fanno carico sul piano economico, a cominciare dai livelli essenziali di assistenza (LEA). Diritti e doveri riguardano in modo analogo sia i cittadini che lo Stato, ognuno per quanto di sua competenza e lo Stato ha l'obbligo di verificare che qualità abbiano i servizi richiesti dai cittadini e quelli da lui offerti;
    l'alleanza terapeutica tra medico e paziente si fonda infatti sul consenso debitamente informato che il paziente dà al trattamento che gli viene proposto, ma se il consenso viene acquisito senza corretta informazione, non può essere considerato valido. Non a caso il consenso informato del paziente è un requisito irrinunciabile per ottenere, solo successivamente, il consenso del Comitato etico alla sperimentazione. I casi recentemente presi in considerazione, da quello Stamina a quello dell'Avastin-Lucentis avevano alla base una informazione parziale, distorta e potenzialmente lesiva per il paziente;
    il decreto 5 dicembre 2006 dell'allora Ministro della sanità, Livia Turco, specificava i casi in cui era ammessa l'utilizzazione di medicinali per terapia cellulare somatica privi dell'autorizzazione in commercio prevista per i medicinali industriali. Venivano, cioè, concesse, in mancanza di valida alternativa terapeutica, alcune deroghe alla normale procedura per quanto riguarda l'immissione in commercio dei farmaci;
    il Regolamento europeo sui medicinali per terapie avanzate, del novembre 2007, contiene norme specifiche sull'autorizzazione, la supervisione e la farmacovigilanza relativa a tale tipologia di medicinali, stabilendo che la produzione di questi medicinali debba essere «autorizzata dall'autorità competente», che in Italia è rappresentata dall'AIFA;
    si ricorda che, per il caso Stamina, in data 8 e 9 maggio 2012 i NAS di Torino, coadiuvati da ispettori dell'AlFA, effettuavano su delega della procura della Repubblica torinese un sopralluogo ispettivo di accertamento e acquisizione di documentazione presso l'Azienda ospedaliera di Brescia. Dopo l'accertamento, il Direttore generale dell'AlFA preannunciava l'intenzione di emettere un'ordinanza inibitoria delle attività di trattamento presso gli Spedali Civili di Brescia e il ministero il 16 maggio 2013 disponeva un'indagine tecnico-amministrativa con relativa visita ispettiva presso l'Azienda ospedaliera di Brescia, da effettuarsi in collaborazione con l'Assessorato alla sanità della Regione Lombardia per verificare la regolarità delle procedure seguite sotto il profilo tecnico e amministrativo nel rapporto tra l'Azienda e Stamina Foundation;
    gli ispettori accertavano che la terapia cellulare effettuata non era riconducibile alla normativa sulla sperimentazione clinica dei medicinali; veniva confermato che il laboratorio dell'Azienda ospedaliera non aveva l'esperienza necessaria per la preparazione di medicinali per terapia cellulare somatica, avendo svolto fino ad allora solo attività di manipolazione di cellule staminali emopoietiche a fine di trapianto, sottoposta ad altra normativa;
    nonostante le molteplici irregolarità riscontrate presso l'Azienda ospedaliera di Brescia e nonostante la piena vigenza della ordinanza dell'AIFA che inibiva la continuazione delle attività, nei mesi successivi numerosi tribunali hanno accolto richieste di malati o loro legali rappresentanti dirette ad ottenere il trattamento secondo il protocollo Stamina. Tali pronunce imponevano all'Ospedale di Brescia di iniziare o proseguire un trattamento disapplicando l'ordinanza dell'AlFA; oppure prendendo atto della non idoneità del laboratorio dell'Ospedale, ordinavano che a provvedere all'allestimento dei prodotti da somministrare un laboratorio regolarmente autorizzato dall'AIFA. Soltanto in alcuni casi le decisioni dei giudici risultavano supportate da una valutazione di un consulente tecnico d'ufficio (CTU) sulla necessità del trattamento in relazione alle condizioni cliniche dei pazienti;
    si è venuta a creare una situazione caotica, anche sulla spinta di ben note campagne mediatiche che continuavano ad alimentare le speranze dei familiari dei malati nei riguardi di una terapia priva di validazione scientifica;
    con il decreto-legge 25 marzo 2013, n. 57, il Governo chiariva e completava il quadro normativo sulla produzione e sull'impiego dei medicinali per terapie avanzate e per superare, senza entrare in conflitto con le singole autorità giudiziarie, l'emergenza conseguente ai tanti interventi dei tribunali;
    il comma 2 dell'articolo 2 del decreto-legge prevedeva che i trattamenti avviati anteriormente alla data del decreto-legge potessero proseguire sotto la responsabilità del medico curante, anche se preparati in un laboratorio, come quello di Brescia, non conforme ai principi delle norme di buona fabbricazione dei medicinali e in difformità dal decreto. Tale disposizione rispondeva ad una esigenza solo apparentemente di ordine etico: non impedire il completamento di un trattamento a pazienti che già l'avevano iniziato ed evitare un contrasto istituzionale clamoroso tra le scelte del legislatore e le decisioni già assunte dall'ordine giudiziario su casi concreti;
    non dovrebbe esistere una ragione etica che imponga di somministrare, a carico di una struttura pubblica, farmaci di cui non si conosce esattamente il funzionamento, esponendo i pazienti a concreti rischi sanitari, legati non solo alla totale inconsistenza scientifica, ma anche alla grossolanità metodologica di produzione e di applicazione, già rilevate e denunciate da NAS e AlFA.
  Non stupisce quindi che siano state formulate pesanti accuse: associazione per delinquere aggravata e finalizzata alla truffa, esercizio abusivo della professione medica e violazione delle norme della privacy, ma soprattutto c'erano esseri umani usati come cavie, approfittando della loro fragilità;
    a riguardo si devono purtroppo registrare ordinanze di tribunali contraddittorie; da una parte, ordinanze che dispongono la ripresa dei trattamenti, dall'altra dispositivi di ordinanze che prevedono accuse che vanno dall'associazione a delinquere finalizzata alla truffa, alla somministrazione di farmaci pericolosi,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative, anche di tipo normativo, volte ad impedire che si ripetano in futuro non solo casi come quelli dell'Avastin, Di Bella e soprattutto il recente caso Stamina;
   a garantire ai pazienti attualmente in trattamento con il metodo Stamina una adeguata informazione scientifica sugli avanzamenti scientifici e terapeutici che si renderanno progressivamente disponibili nell'ambito della loro patologia;
   ad adottare misure volte a rendere maggiormente fruibili le più efficaci terapie attualmente disponibili, in quanto autorizzate sulla base di una adeguata documentazione scientifica, siano farmacologiche o meno;
   ad attivare servizi di sostegno psicologico e di counseling genetico alle famiglie anche per evitare che si facciano attrarre da proposte tanto seduttive quanto fallaci;
   a valutare ogni idonea misura volta a tutelare le esigenze dei pazienti sottoposti alla sperimentazione del metodo Stamina.
9/2215-AR/19. (Testo modificato nel corso della seduta) Binetti.


   La Camera,
   premesso che:
    per l'autorizzazione di nuove terapie o per il riconoscimento di nuove indicazioni terapeutiche per prodotti già in commercio la correttezza dell'azione delle istituzioni sanitarie richiede che siano tenuti in adeguata considerazione i doveri fondamentali di tutela della salute pubblica, di corretta allocazione delle risorse in sanità e di rispetto del metodo scientifico nella ricerca biomedica e nella ricerca clinica. Ogni autorizzazione non può prescindere da valutazioni di efficacia e di sicurezza basate sulle evidenze scientifiche pubblicate nella letteratura internazionale;
    si ripropongono invece di frequente situazioni nelle quali le istituzioni sanitarie si trovano costrette a rispondere a giustificate aspettative di salute per malattie molto gravi, ad una conseguente pressione di pubblico amplificata dalla comunicazione telematica e dagli organi di informazione, a interventi inappropriati da parte di altre istituzioni a cui non competono i giudizi di efficacia e di sicurezza che appartengono solo alla comunità scientifica e alle istituzioni sanitarie;
    a tale riguardo viene di frequente invocata una libertà di cura fondata su una cattiva interpretazione del principio di autodeterminazione, sulla base del quale si vorrebbe riconosciuto un presunto diritto ad avvalersi di terapie innovative senza che esse siano state precedute da fasi sperimentali tali da soddisfare il rispetto di tutti I criteri previsti dal percorso per la validazione di nuove terapie che la comunità scientifica si è data a livello internazionale;
    né può considerarsi accettabile che più o meno marcate deviazioni dall’iter necessario per mettere nuove terapie a disposizione della comunità possano essere tollerate solo perché frutto di azioni giudiziarie promosse dai pazienti o dalle loro famiglie. La libertà di cura e il diritto alla tutela della salute, che la Costituzione vede come bene non solo dell'individuo ma anche della comunità, non possono infatti arrivare al riconoscimento della facoltà di curarsi con sostanze prive di efficacia o, peggio, pericolose per la salute. Tantomeno tale percorso può realizzare di fatto la possibilità di far prosperare le azioni commerciali di chi, millantando credito, specula sulle aspettative di salute delle persone in condizioni di bisogno;
    in assenza di sicurezza e tollerabilità e di un razionale per il suo possibile funzionamento, la somministrazione di qualsivoglia prodotto a malati, per quanto privi di riconosciute terapie, sarebbe qualificabile soltanto come avventurismo scientifico. Infatti, I paletti che la scienza pone sono nel diretto interesse dei pazienti e nell'interesse della comunità tutta, per evitare danni alla salute dei pazienti ed eventuali speculazioni sui loro bisogni;
    l'Italia è stata ciclicamente interessata dal ripetersi di pressioni per la autorizzazione alla utilizzazione di terapie non sufficientemente validate o prive di qualsivoglia validazione scientifica. Basta richiamare le vicende passate note come «caso Bonifacio» e «caso Di Bella», o il più recente «caso Stamina»;
    occorre, dunque, fare ogni sforzo per evitare che in futuro possano riproporsi altre vicende analoghe. L'Italia non ha bisogno di affrontare dibattiti laceranti su presunte terapie miracolose ogni venti anni. Per far questo, occorre trovare gli strumenti legislativi per far sì che la proposta di autorizzazione a sperimentare nuove cure possa essere portata avanti solo man mano che i suoi fondamenti siano dimostrati, effettuando ciò è un rigoroso controllo sulle credenziali dei proponenti, e affinché siano evitati, in futuro, interventi non pertinenti da parte di autorità diverse dalle istituzioni sanitarie del Paese. Non far ciò significa tornare ad esporsi In futuro a tentativi per ottenere che presunte terapie possano essere validate dalle agitazioni di piazza o da ricorsi in sede giudiziaria;
   in data 20 maggio 2013, il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/734-A/6 a firma Gigli ed altri, con il quale, si impegnava il Governo «a valutare la possibilità di nominare una Commissione ad hoc per precisare il meccanismo di verifica delle credenziali scientifiche dei soggetti che propongono sperimentazioni con terapie innovative, affine di escludere eventuali proposte prive di sufficiente background scientifico e di diretta esperienza nel campo oggetto della proposta e a studiare come evitare per il futuro che ordinanze della magistratura possano imporre alle strutture sanitarie l'adozione di protocolli di cura non ancora validati scientificamente»;
    il decreto legge in esame disciplina una nuova procedura per la richiesta di nuove indicazioni terapeutiche per farmaci già commercializzati, prevedendo che ciò possa avvenire solo quando sia noto che la comunità scientifica abbia prodotto sufficienti evidenze a favore della nuova indicazione,

impegna il Governo:

   a predisporre idonei strumenti legislativi atti a scongiurare il ripetersi di casi analoghi a quelli citati in premessa impedendo a qualsiasi ente o istituzione l'autorizzazione all'uso di farmaci o terapie al di fuori del percorso previsto dal decreto in oggetto;
   a dare piena attuazione all'impegno già assunto con l'accoglimento del citato ordine del giorno del 20 maggio 2013.
9/2215-AR/20Gigli.


   La Camera,
   premesso che:
    per l'autorizzazione di nuove terapie o per il riconoscimento di nuove indicazioni terapeutiche per prodotti già in commercio la correttezza dell'azione delle istituzioni sanitarie richiede che siano tenuti in adeguata considerazione i doveri fondamentali di tutela della salute pubblica, di corretta allocazione delle risorse in sanità e di rispetto del metodo scientifico nella ricerca biomedica e nella ricerca clinica. Ogni autorizzazione non può prescindere da valutazioni di efficacia e di sicurezza basate sulle evidenze scientifiche pubblicate nella letteratura internazionale;
    si ripropongono invece di frequente situazioni nelle quali le istituzioni sanitarie si trovano costrette a rispondere a giustificate aspettative di salute per malattie molto gravi, ad una conseguente pressione di pubblico amplificata dalla comunicazione telematica e dagli organi di informazione, a interventi inappropriati da parte di altre istituzioni a cui non competono i giudizi di efficacia e di sicurezza che appartengono solo alla comunità scientifica e alle istituzioni sanitarie;
    a tale riguardo viene di frequente invocata una libertà di cura fondata su una cattiva interpretazione del principio di autodeterminazione, sulla base del quale si vorrebbe riconosciuto un presunto diritto ad avvalersi di terapie innovative senza che esse siano state precedute da fasi sperimentali tali da soddisfare il rispetto di tutti I criteri previsti dal percorso per la validazione di nuove terapie che la comunità scientifica si è data a livello internazionale;
    né può considerarsi accettabile che più o meno marcate deviazioni dall’iter necessario per mettere nuove terapie a disposizione della comunità possano essere tollerate solo perché frutto di azioni giudiziarie promosse dai pazienti o dalle loro famiglie. La libertà di cura e il diritto alla tutela della salute, che la Costituzione vede come bene non solo dell'individuo ma anche della comunità, non possono infatti arrivare al riconoscimento della facoltà di curarsi con sostanze prive di efficacia o, peggio, pericolose per la salute. Tantomeno tale percorso può realizzare di fatto la possibilità di far prosperare le azioni commerciali di chi, millantando credito, specula sulle aspettative di salute delle persone in condizioni di bisogno;
    in assenza di sicurezza e tollerabilità e di un razionale per il suo possibile funzionamento, la somministrazione di qualsivoglia prodotto a malati, per quanto privi di riconosciute terapie, sarebbe qualificabile soltanto come avventurismo scientifico. Infatti, I paletti che la scienza pone sono nel diretto interesse dei pazienti e nell'interesse della comunità tutta, per evitare danni alla salute dei pazienti ed eventuali speculazioni sui loro bisogni;
    l'Italia è stata ciclicamente interessata dal ripetersi di pressioni per la autorizzazione alla utilizzazione di terapie non sufficientemente validate o prive di qualsivoglia validazione scientifica. Basta richiamare le vicende passate note come «caso Bonifacio» e «caso Di Bella», o il più recente «caso Stamina»;
    occorre, dunque, fare ogni sforzo per evitare che in futuro possano riproporsi altre vicende analoghe. L'Italia non ha bisogno di affrontare dibattiti laceranti su presunte terapie miracolose ogni venti anni. Per far questo, occorre trovare gli strumenti legislativi per far sì che la proposta di autorizzazione a sperimentare nuove cure possa essere portata avanti solo man mano che i suoi fondamenti siano dimostrati, effettuando ciò è un rigoroso controllo sulle credenziali dei proponenti, e affinché siano evitati, in futuro, interventi non pertinenti da parte di autorità diverse dalle istituzioni sanitarie del Paese. Non far ciò significa tornare ad esporsi In futuro a tentativi per ottenere che presunte terapie possano essere validate dalle agitazioni di piazza o da ricorsi in sede giudiziaria;
   in data 20 maggio 2013, il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/734-A/6 a firma Gigli ed altri, con il quale, si impegnava il Governo «a valutare la possibilità di nominare una Commissione ad hoc per precisare il meccanismo di verifica delle credenziali scientifiche dei soggetti che propongono sperimentazioni con terapie innovative, affine di escludere eventuali proposte prive di sufficiente background scientifico e di diretta esperienza nel campo oggetto della proposta e a studiare come evitare per il futuro che ordinanze della magistratura possano imporre alle strutture sanitarie l'adozione di protocolli di cura non ancora validati scientificamente»;
    il decreto legge in esame disciplina una nuova procedura per la richiesta di nuove indicazioni terapeutiche per farmaci già commercializzati, prevedendo che ciò possa avvenire solo quando sia noto che la comunità scientifica abbia prodotto sufficienti evidenze a favore della nuova indicazione,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di predisporre idonei strumenti legislativi atti a scongiurare il ripetersi di casi analoghi a quelli citati in premessa impedendo a qualsiasi ente o istituzione l'autorizzazione all'uso di farmaci o terapie al di fuori del percorso previsto dal decreto in oggetto;
   a dare piena attuazione all'impegno già assunto con l'accoglimento del citato ordine del giorno del 20 maggio 2013.
9/2215-AR/20. (Testo modificato nel corso della seduta) Gigli.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 15 marzo 2010, n. 38, «Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore», regolamenta, sul territorio nazionale, le modalità di fruizione e di accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore dei cittadini italiani;
    la stessa legge all'articolo 2, comma 1, lettera c) definisce il malato come persona affetta da una patologia ad andamento cronico ed evolutivo, per la quale non esistono terapie o, se esse esistono, sono inadeguate o sono risultate inefficaci ai fini della stabilizzazione della malattia o di un prolungamento significativo della vita, nonché la persona affetta da una patologia dolorosa cronica da moderata a severa;
    l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore da parte del malato, è garantita nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, al fine di assicurare il rispetto della dignità e dell'autonomia della persona umana, il bisogno di salute, l'equità nell'accesso all'assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni;
    il 25 luglio 2012 scorso è stata sancita l'intesa della conferenza Stato-Regioni per la definizione dei requisiti minimi e le modalità organizzative per realizzare in ogni regione una rete dei centri di terapia del dolore; allo stato attuale mancano, però, percorsi di cura di qualità in ogni regione, in particolare la disomogeneità territoriale è maggiormente accentuata per quel che riguarda l'aspetto degli investimenti in ricerca e semplificazione delle procedure di accesso ai cannabinoidi;
    all'articolo 10 della legge 15 marzo 2010, n. 38 si riportano le misure di semplificazione delle procedure di accesso ai medicinali impiegati nella terapia del dolore che modificano il testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni;
    il Ministero della salute con decreto ministeriale 23 gennaio 2013, ha inserito nella Tabella II, sezione B, i medicinali stupefacenti di origine vegetale a base di Cannabis (sostanze e preparazioni vegetali, inclusi estratti e tinture), confermando la possibilità di utilizzare in terapia, non solo il delta-9-tetraidrocannabinolo o THC, ma anche i composti vegetali che lo contengono, senza la necessità di un modulo di importazione dall'estero o autorizzazione, ma della sola ricetta non ripetibile redatta su ricettario privato (cosiddetta «ricetta bianca») prescritta da un medico neurologo (senza alcuna particolarità) o da qualsiasi altro medico (oncologo, medico di base, ecc.) nel rispetto dei formalismi previsti dalla legge 8 aprile 1998, n. 94 (Legge «Di Bella»);
    tre tipologie sono le tipologie di farmaci teoricamente utilizzabili, bedrocan: titolato al 19 per cento in THC (Delta-9-tetraidrocannabinolo o dronabinolo) e <1 per cento in CBD (cannabidiolo), bedrobinol: titolato al 12 per cento in THC (Delta-9-tetraidrocarmabinolo o dronabinolo) e <1 per cento in CBD (cannabidiolo), bediol: titolato al 6 per cento in THC (Delta-9-tetraidrocannabinolo o dronabinolo) e <7,5 per cento in CBD (cannabidiolo); ma, di fatto, dalla loro utilizzazione restano escluse un gran numero di persone a causa dei costi proibitivi;
    una delle patologie neuro degenerative che maggiormente necessita di palliativi ed antidolorifici, per la sua dolorosità ed irreversibilità è la sclerosi multipla (SM), della quale in Italia sono affette circa 68 mila persone;
    i farmaci sopracitati costano dalle 42 alle 50 euro a confezione, contenenti 5 grammi di prodotto; il costo della terapia di una persona affetta da SM, calcolando che per 3 mesi sarebbero necessari circa 18 flaconi, ammonterebbe a 900 euro + 200 euro per spese spedizione; il trattamento, benché allo stato attuale sia molto oneroso, potrebbe essere un'importante terapia sostitutiva dell'interferone per un malato di sclerosi multipla, del costo di circa 1500 euro mensili;
    è importante ricordare, in ogni caso, che soltanto in alcune regioni è oggi possibile importare i farmaci a base di cannabis e, peraltro, dietro difficilissima prescrizione medica;
    il dolore cronico di cui soffrono circa 2 milioni di italiani dovrebbe essere inserito nei bandi ministeriali e regionali di ricerca così da dare una speranza a chi, pur vivendo ogni giorno nella sofferenza (a causa, ad esempio, di lesioni cerebrali, amputazioni, fibromialgia, esiti di herpes zoster, traumi, fratture, nevralgia e interventi malriusciti alla schiena... ecc...), non rientra in alcuna patologia riconosciuta e quindi si vede negato il diritto non solo alla salute, ma anche ad esenzioni, rimborsi e programmi di assistenza,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di intraprendere tutte le azioni necessarie affinché, riguardo l'erogazione di farmaci che possano essere di aiuto nell'alleviare il dolore o di sostegno per la terapia della sclerosi multipla, dell'HIV e dell'inappetenza da chemioterapia, quali i cannabinoidi a vario tenore di THC, ammessi dal Ministero per il trattamento del dolore cronico centrale e per i quali la procedura di prescrizione esiste, siano superate le molteplici criticità di autosufficienza nella produzione nazionale, di acquisto e di fruizione e le relative differenze regionali nei tempi e nei modi di erogazione di questi farmaci.
9/2215-AR/21Massimiliano Bernini, Lupo, Lorefice, Cecconi, Baroni, Dall'Osso, Di Vita, Silvia Giordano, Grillo, Mantero.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 15 marzo 2010, n. 38, «Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore», regolamenta, sul territorio nazionale, le modalità di fruizione e di accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore dei cittadini italiani;
    la stessa legge all'articolo 2, comma 1, lettera c) definisce il malato come persona affetta da una patologia ad andamento cronico ed evolutivo, per la quale non esistono terapie o, se esse esistono, sono inadeguate o sono risultate inefficaci ai fini della stabilizzazione della malattia o di un prolungamento significativo della vita, nonché la persona affetta da una patologia dolorosa cronica da moderata a severa;
    l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore da parte del malato, è garantita nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, al fine di assicurare il rispetto della dignità e dell'autonomia della persona umana, il bisogno di salute, l'equità nell'accesso all'assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni;
    il 25 luglio 2012 scorso è stata sancita l'intesa della conferenza Stato-Regioni per la definizione dei requisiti minimi e le modalità organizzative per realizzare in ogni regione una rete dei centri di terapia del dolore; allo stato attuale mancano, però, percorsi di cura di qualità in ogni regione, in particolare la disomogeneità territoriale è maggiormente accentuata per quel che riguarda l'aspetto degli investimenti in ricerca e semplificazione delle procedure di accesso ai cannabinoidi;
    all'articolo 10 della legge 15 marzo 2010, n. 38 si riportano le misure di semplificazione delle procedure di accesso ai medicinali impiegati nella terapia del dolore che modificano il testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni;
    il Ministero della salute con decreto ministeriale 23 gennaio 2013, ha inserito nella Tabella II, sezione B, i medicinali stupefacenti di origine vegetale a base di Cannabis (sostanze e preparazioni vegetali, inclusi estratti e tinture), confermando la possibilità di utilizzare in terapia, non solo il delta-9-tetraidrocannabinolo o THC, ma anche i composti vegetali che lo contengono, senza la necessità di un modulo di importazione dall'estero o autorizzazione, ma della sola ricetta non ripetibile redatta su ricettario privato (cosiddetta «ricetta bianca») prescritta da un medico neurologo (senza alcuna particolarità) o da qualsiasi altro medico (oncologo, medico di base, ecc.) nel rispetto dei formalismi previsti dalla legge 8 aprile 1998, n. 94 (Legge «Di Bella»);
    tre tipologie sono le tipologie di farmaci teoricamente utilizzabili, bedrocan: titolato al 19 per cento in THC (Delta-9-tetraidrocannabinolo o dronabinolo) e <1 per cento in CBD (cannabidiolo), bedrobinol: titolato al 12 per cento in THC (Delta-9-tetraidrocarmabinolo o dronabinolo) e <1 per cento in CBD (cannabidiolo), bediol: titolato al 6 per cento in THC (Delta-9-tetraidrocannabinolo o dronabinolo) e <7,5 per cento in CBD (cannabidiolo); ma, di fatto, dalla loro utilizzazione restano escluse un gran numero di persone a causa dei costi proibitivi;
    una delle patologie neuro degenerative che maggiormente necessita di palliativi ed antidolorifici, per la sua dolorosità ed irreversibilità è la sclerosi multipla (SM), della quale in Italia sono affette circa 68 mila persone;
    i farmaci sopracitati costano dalle 42 alle 50 euro a confezione, contenenti 5 grammi di prodotto; il costo della terapia di una persona affetta da SM, calcolando che per 3 mesi sarebbero necessari circa 18 flaconi, ammonterebbe a 900 euro + 200 euro per spese spedizione; il trattamento, benché allo stato attuale sia molto oneroso, potrebbe essere un'importante terapia sostitutiva dell'interferone per un malato di sclerosi multipla, del costo di circa 1500 euro mensili;
    è importante ricordare, in ogni caso, che soltanto in alcune regioni è oggi possibile importare i farmaci a base di cannabis e, peraltro, dietro difficilissima prescrizione medica;
    il dolore cronico di cui soffrono circa 2 milioni di italiani dovrebbe essere inserito nei bandi ministeriali e regionali di ricerca così da dare una speranza a chi, pur vivendo ogni giorno nella sofferenza (a causa, ad esempio, di lesioni cerebrali, amputazioni, fibromialgia, esiti di herpes zoster, traumi, fratture, nevralgia e interventi malriusciti alla schiena... ecc...), non rientra in alcuna patologia riconosciuta e quindi si vede negato il diritto non solo alla salute, ma anche ad esenzioni, rimborsi e programmi di assistenza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere tutte le azioni necessarie affinché, riguardo l'erogazione di farmaci che possano essere di aiuto nell'alleviare il dolore o di sostegno per la terapia della sclerosi multipla, dell'HIV e dell'inappetenza da chemioterapia, quali i cannabinoidi a vario tenore di THC, ammessi dal Ministero per il trattamento del dolore cronico centrale e per i quali la procedura di prescrizione esiste, siano superate le molteplici criticità di autosufficienza nella produzione nazionale, di acquisto e di fruizione e le relative differenze regionali nei tempi e nei modi di erogazione di questi farmaci.
9/2215-AR/21. (Testo modificato nel corso della seduta) Massimiliano Bernini, Lupo, Lorefice, Cecconi, Baroni, Dall'Osso, Di Vita, Silvia Giordano, Grillo, Mantero.


   La Camera,
   premesso che:
    il Consiglio dei ministri nella sua riunione del 7 marzo 2014 ha correttamente deciso di non impugnare la legge della regione Abruzzo in materia di uso terapeutico della cannabis;
    altre regioni come Liguria, Toscana, Veneto, Puglia e Trentino-Alto Adige si sono dotate di leggi che consentano l'uso terapeutico del derivati della cannabis;
    in Italia, il ricorso a farmaci cannabinoidi è legittimo ormai da quattordici mesi, ma la possibilità di accedervi per I pazienti è rimasta nulla, essendo la procedura lenta e macchinosa;
    farmaci cannabinoidi valutati dalla letteratura scientifica come efficaci non sono disponibili per alleviare i dolori dei pazienti e per migliorarne la qualità di vita;
    la legge della regione Abruzzo prevede la possibilità di stipulare convenzioni con centri attrezzati per la produzione e la preparazione dei farmaci;
    nessuna azienda farmaceutica italiana tuttavia ha ancora chiesto licenza di produrre farmaci cannabinoidi;
    anche per questo è stata avanzata ai due Ministri una petizione via internet per chiedere che lo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, che già prepara diverse tipologie di farmaci, cominci a produrre medicinali cannabinoidi per i pazienti italiani attraverso un protocollo d'intesa tra Ministero della salute e Ministero della difesa. Lo stabilimento avrebbe già dichiarato un interesse in tal senso;
    questo consentirebbe al Sistema sanitario nazionale di godere di una notevole riduzione di tempi e soprattutto costi,

impegna il Governo

ad avviare le necessarie iniziative affinché lo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze avvii la produzione di medicinali cannabinoidi anche stipulando con lo stesso una apposita convenzione.
9/2215-AR/22Paolo Bernini, Corda, Artini.


   La Camera,
   premesso che:
    con la sentenza n. 32 del 2014, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli 4-bis e 4-vicies ter del decreto-legge n. 272 del 2005, convertito, con modificazioni dalla legge n. 49 del 2006 per violazione dell'articolo 77 della costituzione, censurando il difetto di omogeneità, e quindi di nesso funzionale, tra le disposizioni originarie del decreto-legge e quelle impugnate, introdotte ex novo in sede di conversione del predetto decreto, così rimuovendo le modifiche apportate con le norme dichiarate illegittime agli articoli 73, 13 e 14 del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sulla disciplina sanzionatoria dei delitti concernenti gli stupefacenti;
    l'effetto della declaratoria di incostituzionalità ha determinato la «reviviscenza» delle previgenti fattispecie delittuose e delle relative tabelle che – nel sistema vigente prima dell'entrata in vigore della legge n. 49 del 2006 – prevedeva un diverso trattamento sanzionatorio per le condotte illecite aventi ad oggetto le cosiddette «droghe pesanti», articolo 73, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica, n. 309/1990, tabelle I e III dell'articolo 14 e le cosiddette «droghe leggere», articolo 73, comma 4, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, tabelle II e IV dell'articolo 14;
    il Governo, nel Consiglio dei ministri del 14 marzo 2014, ha approvato il testo del decreto legge del 20 marzo 2014, n. 93 che ha ripristinato le tabelle caducate dalla sentenza della Consulta, mantenendo la distinzione tra droghe «leggere» e pesanti;
    il decreto-legge non prevede alcuna norma transitoria volta ad attenuare i devastanti effetti delle sentenze passate in giudicato per reati relativi alla detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti «leggere», sotto la vigenza della legge n. 49 del 2006;
    tale normativa costituzionalmente illegittima e ormai caducata, non prevedendo differenziazione tra le tabelle uniformava il carico sanzionatorio da 6 a 20 anni, ed in forza di essa, tuttavia, molti imputati hanno sopportato una quantificazione di pena eccessiva anche nei casi riferentesi alle sostanze «leggere»;
    la normativa illegittima non dovrebbe continuare a svolgere i suoi effetti dal momento che con le previsioni sanzionatorie oggi in vigore, a seguito della riviviscenza della normativa precedente, molti giudicati avrebbero ricevuto una quantificazione di pena più bassa;
    si ritiene sia straordinariamente necessario e urgente un provvedimento mirato a risolvere la posizione dei soggetti condannati definitivi a causa di una legge incostituzionale la cosiddetta Fini-Giovanardi, volto ad ovviare alla situazione di diffusa illegalità di soggetti detenuti in forza di condanne calibrate su pene oggi dichiarate incostituzionali,

impegna il Governo

ad intervenire anche con idonee misure normative al fine di provvedere all'emissione di uno specifico provvedimento volto a fornire un'interpretazione autentica in merito all'esecuzione delle pene che sono state inflitte per condotte riferentesi a sostanze ricomprese nelle tabelle II e IV dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 309/90, finalizzata ad offrire un trattamento paritario per i soggetti già condannati in forza delle più afflittive norme della legge n. 49 del 2006 ormai dichiarate incostituzionali.
9/2215-AR/23Colletti, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    con la sentenza n. 32 del 2014, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli 4-bis e 4-vicies ter del decreto-legge n. 272 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 49 del 2006, per violazione dell'articolo costituzionale, censurando il difetto di omogeneità, e quindi di nesso funzionale, tra le disposizioni originarie del decreto-legge e quelle impugnate, introdotte ex novo in sede di conversione del predetto decreto, così rimuovendo le modifiche apportate con le norme dichiarate illegittime agli articoli 73, 13 e 14 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sulla disciplina sanzionatoria dei delitti concernenti gli stupefacenti;
    l'effetto della declaratoria di incostituzionalità ha determinato la «reviviscenza» delle previgenti fattispecie delittuose e delle relative tabelle che - nel sistema vigente prima dell'entrata in vigore della legge n. 49 del 2006 – prevedeva un diverso trattamento sanzionatorio per le condotte illecite aventi ad oggetto le cosiddette «droghe pesanti», articolo 73, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, tabelle I e III dell'articolo 14 e le cosiddette «droghe leggere», articolo 73, comma 4, decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, tabelle II e IV dell'articolo 14;
    il Governo, nel Consiglio dei ministri del 14 marzo 2014, ha approvato il testo del decreto legge del 20 marzo 2014, n. 93, che ha ripristinato le tabelle caducate dalla sentenza della Consulta, mantenendo la distinzione tra droghe «leggere» e «pesanti»;
    nel testo licenziato dalle Commissioni della Camera si prevedono, all'articolo 75, anche per il solo consumatore, diverse sanzioni amministrative, che variano da due mesi a un anno, se si tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope comprese nelle tabelle I e III previste dall'articolo 14, e da uno a tre mesi, se si tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope comprese nelle tabelle II e IV previste dallo stesso articolo;
    s'intende promuovere il radicale superamento della concezione repressiva e sanzionatoria volta a punire il consumatore di cannabis sia sul piano penale sia sul piano amministrativo, consentendo la coltivazione di qualche pianta di marijuana per fame uso personale, rendendo quindi inapplicabile sia la sanzione penale sia quella amministrativa;
    dal punto di vista della detenzione illecita, s'intenderebbe eliminare totalmente l'illiceità delle condotte relative alla cannabis definendo e depenalizzando il possesso sotto ogni forma di una «quantità massima detenibile», individuata per legge,

impegna il Governo

ad intervenire anche con ulteriori idonee misure normative al fine di provvedere all'emanazione di uno specifico provvedimento volto ad eliminare la sanzionabilità in via amministrativa, delle fattispecie disciplinate dall'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, per chiunque, per farne uso personale, detenga e utilizzi modiche quantità di cannabis.
9/2215-AR/24Businarolo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 14 e l'articolo 3 recano disposizioni in materia di dispensazione e prescrizione di medicinali;
    l'articolo 5 del decreto legge 4 luglio 2006 n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 ha previsto la possibilità anche per le parafarmacie di effettuare attività di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medica (SOP e OTC), e dei prodotti omeopatici alla presenza e con l'assistenza personale e diretta al cliente di uno o più farmacisti abilitati all'esercizio della professione ed iscritti al relativo ordine;
    il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, pur ampliando alla fascia C le categorie di medicinali che possono essere venduti nelle parafarmacie, ha previsto il cosiddetto delisting, sicché nelle parafarmacie possono essere venduti senza ricetta medica anche questi ultimi medicinali, ma con molte eccezioni di prodotti inclusi in un elenco per i quali permane l'obbligo di ricetta medica e dei quali non è consentita la vendita nelle parafarmacie;
    la normativa attualmente esclude per le parafarmacie la possibilità di vendere i farmaci di fascia C con obbligo di ricetta e a carico esclusivo del cittadino;
    la classe dei farmaci di fascia C comprende circa 3.800 medicinali (tra cui farmaci di largo consumo come Aulin, Tavor, Viagra, Yasmin) che insieme ai medicinali da banco rappresentano circa il 30 per cento dell'intero mercato farmaceutico italiano;
    in Italia le parafarmacie sono oltre 4 mila e il divieto normativo di vendere i suddetti farmaci con obbligo di ricetta rappresenta una discriminazione tra farmacie tradizionali e parafarmacie che penalizza non solo i farmacisti titolari di parafarmacie che già stanno scontando il prezzo della pesante crisi economica, ma anche gli interessi dei cittadini che sono gli unici chiamati a sostenere l'onere e la spesa del farmaco di fascia C;
    l'inserimento nel mercato di ulteriori operatori economici accreditati consentirebbe per tali tipi di farmaci una concorrenza che andrebbe a tutto vantaggio del cittadino portando il prezzo di tali farmaci ad una sensibile diminuzione senza compromettere in maniera significativa i margini di ricavo delle farmacie tradizionali;
    è necessario un intervento che promuova la concorrenza nel settore della distribuzione dei farmaci per favorire la diminuzione dei prezzi di questi ultimi a favore del cittadino e nel contempo migliori le condizioni dei farmacisti titolari di parafarmacie,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa, anche di tipo normativo, volta ad aumentare la concorrenza nel settore della distribuzione dei farmaci e migliorare l'accessibilità del servizio ai cittadini dando la facoltà ai farmacisti titolari di parafarmacie di vendere anche i farmaci di fascia C non dispensati dal Servizio sanitario nazionale.
9/2215-AR/25Ciprini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 14 e l'articolo 3 recano disposizioni in materia di dispensazione e prescrizione di medicinali;
    l'articolo 5 del decreto legge 4 luglio 2006 n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 ha previsto la possibilità anche per le parafarmacie di effettuare attività di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medica (SOP e OTC), e dei prodotti omeopatici alla presenza e con l'assistenza personale e diretta al cliente di uno o più farmacisti abilitati all'esercizio della professione ed iscritti al relativo ordine;
    il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, pur ampliando alla fascia C le categorie di medicinali che possono essere venduti nelle parafarmacie, ha previsto il cosiddetto delisting, sicché nelle parafarmacie possono essere venduti senza ricetta medica anche questi ultimi medicinali, ma con molte eccezioni di prodotti inclusi in un elenco per i quali permane l'obbligo di ricetta medica e dei quali non è consentita la vendita nelle parafarmacie;
    la normativa attualmente esclude per le parafarmacie la possibilità di vendere i farmaci di fascia C con obbligo di ricetta e a carico esclusivo del cittadino;
    la classe dei farmaci di fascia C comprende circa 3.800 medicinali (tra cui farmaci di largo consumo come Aulin, Tavor, Viagra, Yasmin) che insieme ai medicinali da banco rappresentano circa il 30 per cento dell'intero mercato farmaceutico italiano;
    in Italia le parafarmacie sono oltre 4 mila e il divieto normativo di vendere i suddetti farmaci con obbligo di ricetta rappresenta una discriminazione tra farmacie tradizionali e parafarmacie che penalizza non solo i farmacisti titolari di parafarmacie che già stanno scontando il prezzo della pesante crisi economica, ma anche gli interessi dei cittadini che sono gli unici chiamati a sostenere l'onere e la spesa del farmaco di fascia C;
    l'inserimento nel mercato di ulteriori operatori economici accreditati consentirebbe per tali tipi di farmaci una concorrenza che andrebbe a tutto vantaggio del cittadino portando il prezzo di tali farmaci ad una sensibile diminuzione senza compromettere in maniera significativa i margini di ricavo delle farmacie tradizionali;
    è necessario un intervento che promuova la concorrenza nel settore della distribuzione dei farmaci per favorire la diminuzione dei prezzi di questi ultimi a favore del cittadino e nel contempo migliori le condizioni dei farmacisti titolari di parafarmacie,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa, anche di tipo normativo, volta ad aumentare la concorrenza nel settore della distribuzione dei farmaci e migliorare l'accessibilità del servizio ai cittadini dando la facoltà ai farmacisti titolari di parafarmacie di vendere anche i farmaci di fascia C.
9/2215-AR/25. (Testo modificato nel corso della seduta) Ciprini.


   La Camera,
   premesso che:
    con la sentenza n. 32 del 2014, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli 4-bis e 4-vicies ter del decreto-legge n. 272 del 2005, come convertito, con modificazioni, dalla legge n. 49 del 2006 per violazione dell'articolo 77 Cost., censurando il difetto di omogeneità, e quindi di nesso funzionale, tra le disposizioni originarie del decreto-legge e quelle impugnate, introdotte ex novo in sede di conversione del predetto decreto, così rimuovendo le modifiche apportate con le norme dichiarate illegittime agli articoli 73, 13 e 14 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sulla disciplina sanzionatoria dei delitti concernenti gli stupefacenti;
    l'effetto della declaratoria di incostituzionalità ha determinato la «reviviscenza» delle previgenti fattispecie delittuose e delle relative tabelle che – nel sistema vigente prima dell'entrata in vigore della legge n. 49 del 2006 – prevedeva un diverso trattamento sanzionatorio per le condotte illecite aventi ad oggetto le cosiddette «droghe pesanti», di cui all'articolo 73, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, tabelle I e III dell'articolo 14 e le cosiddette «droghe leggere», di cui all'articolo 73, comma 4, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, tabelle II e IV dell'articolo 14;
    il Governo, nel Consiglio dei ministri del 14 marzo 2014, ha approvato il testo del decreto-legge in esame, che ha ripristinato le tabelle caducate dalla sentenza della Consulta, mantenendo la distinzione tra droghe «leggere» e «pesanti»;
    nel testo licenziato dalle Commissioni della Camera si prevedono, all'articolo 73, sanzioni penali, con un compasso edittale da sei mesi a quattro anni, per chiunque coltivi piante di cannabis, inserite nelle tabelle II e IV previste dall'articolo 14;
    s'intende promuovere il radicale superamento della concezione repressiva e sanzionatoria volta a punire il consumatore di cannabis sia sul piano penale sia sul piano amministrativo, consentendo la coltivazione di qualche pianta di marijuana per fame uso personale, rendendo quindi inapplicabile sia la sanzione penale sia quella amministrativa;
    dal punto di vista della detenzione illecita, s'intenderebbe eliminare totalmente l'illiceità delle condotte relative alla cannabis definendo e depenalizzando il possesso sotto ogni forma di una «quantità massima detenibile», individuata per legge,

impegna il Governo

ad intervenire, anche con idonee misure normative, al fine di provvedere all'emanazione di uno specifico provvedimento volto ad eliminare la sanzionabilità sia in via penale sia in via amministrativa, delle fattispecie disciplinate dagli articoli 73 e 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/90, per chiunque, per fame uso personale, coltivi un numero inferiore a quattro piante di cannabis ovvero detenga e utilizzi modiche quantità di detta sostanza.
9/2215-AR/26Agostinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge prevede per l'autonomo reato speciale previsto dal testo del comma 5 dell'articolo 73 così come modificato dal decreto-legge n. 146/2013, convertito in legge n. 10/2014, nel caso che si tratti di fatti di «lieve entità», una pena massima sino a 4 anni, senza alcuna differenziazione in forza del tipo di sostanza della quale si tratta;
    si ritiene non «coerente» tale disposizione indifferenziata per qualunque tipo di sostanza e, quindi, con l'attuale sistema penale degli stupefacenti, che distingue il trattamento sanzionatorio tra diverse tipologie di sostanze stupefacenti, riverberandosi su nette differenziazioni di pene delle condotte criminose previste nei commi precedenti al 5,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che venga effettuata la differenziazione tra i fatti che riguardano le così dette droghe pesanti ovvero leggere in maniera tale da graduare le disposizioni di cui all'articolo 73, comma 5, così da ottenere che le sanzioni comminate tengano in considerazione la differente collocazione delle sostanze nelle tabelle I e III ovvero II e IV.
9/2215-AR/27Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'accelerazione che si sta imprimendo al presente provvedimento se da un lato può apparire iniziativa meritevole per avere lo scopo di correggere un vuoto normativo determinato dal noto provvedimento della Corte costituzionale, dall'altro deve affrontare con la giusta attenzione le diverse problematiche che sono emerse nel corso di vigenza della normativa che la suprema corte ha dovuto annullare a causa delle ben note motivazioni di forma;
    una delle riflessioni che si impongono riguarda la necessità di svincolare le sanzioni da comminare valutando caso per caso la possibilità di prevedere che queste vengano trattate con un minor rigore,

impegna il Governo

a prevedere che sia il magistrato giudicante a valutare caso per caso la possibilità di sostituire la pena da comminare con il lavoro di pubblica utilità eliminando ogni previsione che possa determinare automatismo nella scelta della sanzione.
9/2215-AR/28Sarti.


   La Camera,
   premesso che:
    con la sentenza n. 32 del 2014, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli 4-bis e 4-vicies ter del decreto-legge n. 272 del 2005, come convertito, con modificazioni, dalla legge n. 49 del 2006 per violazione dell'articolo 77 Cost., censurando il difetto di omogeneità, e quindi di nesso funzionale, tra le disposizioni originarie del decreto-legge e quelle impugnate, introdotte ex novo in sede di conversione del predetto decreto, così rimuovendo le modifiche apportate con le norme dichiarate illegittime agli articoli 73, 13 e 14 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sulla disciplina sanzionatoria dei delitti concernenti gli stupefacenti;
    l'effetto della declaratoria di incostituzionalità ha determinato la «reviviscenza» delle previgenti fattispecie delittuose e delle relative tabelle che – nel sistema vigente prima dell'entrata in vigore della legge n. 49 del 2006 – prevedeva un diverso trattamento sanzionatorio per le condotte illecite aventi ad oggetto le cosiddette «droghe pesanti», di cui all'articolo 73, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, tabelle I e III dell'articolo 14 e le cosiddette «droghe leggere», di cui all'articolo 73, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, tabelle II e IV dell'articolo 14;
    il Governo, nel Consiglio dei ministri del 14 marzo 2014, ha approvato il testo del decreto-legge in esame che ha ripristinato le tabelle caducate dalla sentenza della Consulta, mantenendo la distinzione tra droghe «leggere» e «pesanti»;
    il decreto-legge prevede per l'autonomo reato speciale previsto dal testo comma 5 dell'articolo 73, così come modificato dal decreto-legge n. 146/2013, convertito in legge n. 10/2014, nel caso che si tratti di fatti di «lieve entità», una pena massima sino a 4 anni, senza alcuna differenziazione in forza del tipo di sostanza della quale si tratta;
    si ritiene non «coerente» tale disposizione indifferenziata per qualunque tipo di sostanza e, quindi, con l'attuale sistema penale degli stupefacenti, che distingue il trattamento sanzionatorio tra diverse tipologie di sostanze stupefacenti, riverberandosi su nette differenziazioni di pene delle condotte criminose previste nei commi precedenti al 5;
    in proposito, si ricorda che l'assenza di tale disciplina potrebbe ingenerare incertezze interpretative in merito alla disciplina sanzionatoria applicabile agli illeciti di «lieve entità», in considerazione del fatto che potrebbe sollevare diverse perplessità dal punto di vista della ragionevolezza-uguaglianza ex articolo 3 Cost.,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa al fine di provvedere all'emanazione di uno specifico provvedimento volto a differenziare nei casi di «lieve entità» disciplinati dal comma 5 dell'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/90 così come modificato dal decreto-legge n. 146/2013, convertito in legge n. 10/2014, gli effetti sanzionatori in relazione alle diverse sostanze stupefacenti o psicotrope appartenenti o alle tabelle I e III ovvero II e IV, ed a graduarne le pene in linea con quelle previste nei commi precedenti al 5 dello stesso articolo.
9/2215-AR/29Bonafede.


   La Camera,
   premesso che:
    il Ministero della salute, con decreto del 18 aprile 2007 ha aggiornato le tabelle delle sostanze stupefacenti e psicotrope, ed ha posto nella Tabella II delle sostanze stupefacenti dotate di proprietà terapeutiche, alla sezione B, alcuni cannabinoidi derivati naturali o di sintesi della Cannabis. Il decreto Ministeriale rende possibile prescrivere ed utilizzare questi principi attivi, quindi mette nella disponibilità un ulteriore strumento terapeutico per la cura palliativa del dolore o per altre applicazioni terapeutiche in molte forme di disabilità fisica e mentale a discrezione del medico, dietro presentazione di ricetta medica, da rinnovarsi di volta in volta nel caso di preparazioni magistrali. Non essendo infatti a tutt'oggi disponibili in commercio nel nostro Paese farmaci e specialità medicinali a base di cannabinoidi di produzione nazionale o comunque dotati di Autorizzazione all'immissione in Commercio per l'Italia, ma solo preparazioni galeniche magistrali, l'unica normativa nazionale di riferimento per tali farmaci è il decreto Ministeriale 11 febbraio 1997 relativo all'importazione di farmaci esteri direttamente dal produttore da parte delle Farmacie del servizio sanitario pubblico, per utilizzo in ambito ospedaliero ed extra-ospedaliero;
    con la Sentenza n. 32 del 2014 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità degli articoli 4-bis e 4-vicies ter del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272 rendendo urgente e necessaria l'adozione di un decreto-legge che rispondesse al vuoto normativo determinatosi;
    il Governo, in sede di conversione in legge del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, nonché di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale, ha colmato quel vuoto allo stesso tempo procedendo a una riclassificazione delle sostanze in esame attraverso tre tabelle secondo criteri stabiliti in premessa;
    con riferimento a tale riclassificazione, e alla ri-regolamentazione di aspetti dallo stesso Governo ritenuti «fortemente rilevanti come la fabbricazione, la produzione, la commercializzazione e la dispensazione dei medicinali contenti sostanze ad azione stupefacente o psicotropa», le Associazioni dei pazienti e dei malati di Sla, hanno lanciato un allarme che può essere sintetizzato nei modo seguente: «nonostante la Sentenza della Consulta, ancora proibito coltivare per i malati». Tale allarme troverebbe una sua ragion d'essere, sempre secondo le Associazioni, nella reintroduzione del divieto di coltivazione della cannabis anche a scopi terapeutici da parte del Governo con il presente decreto all'attenzione dell'Aula;
    giova ricordare, proprio a tale riguardo, che nella seduta del 7 marzo scorso il Consiglio dei ministri ha deciso di non impugnare dinanzi alla Corte Costituzionale la legge regionale dell'Abruzzo n. 4 del 2014 che disciplina la «Modalità di erogazione dei farmaci e dei preparati galenici magistrali a base di cannabinoidi per finalità terapeutiche». Secondo tale norma, i «medicinali cannabinoidi possono essere prescritti, con oneri a carico del Sistema sanitario regionale, da medici specialisti del Ssr e da medici di medicina generale del Ssr, sulla base di un piano terapeutico redatto dal medico specialista». Sempre secondo la norma, la cura potrà avvenire sia «in ambito ospedaliero o in strutture ad esso assimilabile» che «in ambito domiciliare». In entrambi i casi è prevista l'erogazione gratuita. I medicinali «cannabinoidi» sono acquistati dalla farmacia ospedaliera o dell'Azienda sanitaria di appartenenza dell'assistito e posti a carico del Ssr qualora l'inizio del trattamento avvenga nelle strutture ospedaliere o in quelle stesse assimilabili, anche nel caso del prolungamento della cura dopo la dimissione. Decisione che ha segnato un punto di rottura evidente con il comportamento assunto, dal precedente Governo sullo stesso tema, interpretata «come un via libera più generale» (Il Messaggero – 8 marzo 2014);
    sono ormai nove le regioni italiane dove, in attuazione delle disposizioni ministeriali del 2007 in cui si riconosce la valenza terapeutica dei derivati dalla cannabis, i rispettivi Governi hanno approvato leggi che dispongono la gratuità dei cannabinoidi per uso terapeutico: Toscana (dove l'uso della cannabis per fini terapeutici è stato legalizzato dal 2012), Liguria (che si è vista impugnare la legge dal Governo Monti), Marche, Friuli Venezia Giulia, Puglia, Veneto, Umbria, Sicilia (in questo caso una delibera di indirizzo), mentre altre due regioni, Basilicata e Lazio, hanno avviato la discussione in Giunta e si apprestano a varare una normativa. Nove regioni e, come si può constatare leggendo i differenti dispositivi, differenti torsioni di approccio al problema, «nelle modalità di somministrazione e nelle restrizioni relativamente alle patologie trattabili con i cannabinoidi». Inoltre il problema è quello dell'assenza di regolamenti attuativi;
    a latere della decisione del Consiglio dei ministri relativamente alla decisione di non impugnare la legge della regione Abruzzo, il Ministro Lorenzin ha dichiarato: «Ricordo che in Italia i cannabinoidi al pari degli oppiacei per uso curativo sono pienamente legittimi e il costo può essere a carico del Servizio Sanitario Regionale», sebbene, come è stato affermato su autorevoli organi di stampa, pur essendo il ricorso a farmaci cannabinoidi legittimo da ormai quattordici mesi, «questa cura è negata, per mancanza di fondi, quasi dovunque» (L'Unità – 9 marzo 2014), mentre anche relativamente alla decisione di non impugnazione si è commentato: «per i pazienti non cambia nulla. La decisione del Governo di non opporsi alla legge dell'Abruzzo sull'uso terapeutico della cannabis non ha per ora una ricaduta concreta. Continueranno a pagare l'antidolorifico presentando la ricetta bianca che esclude il rimborso» (Corriere della Sera, 9 marzo 2014);
    se le leggi regionali fanno emergere una diffusa nuova sensibilità relativamente alla questione, confermando peraltro «le qualità terapeutiche della cannabis che in relazione a patologie quali alcune malattie neurodegenerative come la sclerosi multipla o alcune forme tumorali sono ampiamente riconosciute» (L'Unità – 8 marzo 2014), al contempo rivelano anche discrasie e contraddizioni, a partire dalla differenza degli impianti legislativi che, in assenza di una legge quadro nazionale, restituiscono complessivamente un quadro a macchia di leopardo. Lo si evince proprio scorrendo la legge regionale dell'Abruzzo, che prevede l'obbligo del Ssr a garantire la terapia gratuitamente sia in ambito ospedaliero, o in struttura ad esso assimilabile, che domiciliare e inoltre, all'articolo 6, recita: «La Giunta regionale può stipulare convenzioni con i Centri e gli Istituti autorizzati ai sensi della normativa statale alla produzione o alla preparazione dei medicinali cannabinoidi (...). Ai fini della presente legge e anche per ridurre il costo dei medicinali cannabinoidi importati dall'estero, è autorizzata ad avviare azioni sperimentali o specifici progetti pilota con lo Stabilimento chimico farmaceutico o con altri soggetti autorizzati, secondo la normativa vigente, a produrre medicinali cannabinoidi»;
    la contraddizione forte che le leggi regionali evidenziano è quella relativa alla produzione dei medicinali cannabinoidi. Come riportato dagli organi di stampa: «In Italia esistono solo due centri che sono autorizzati a coltivare la canapa a scopo sperimentale, e sono l'istituto farmaceutico militare di Firenze e l'istituto farmaceutico militare di Rovigo. Ma nessuno dei due può fornire la materia prima alle case farmaceutiche o a chiunque possieda autorizzazione per i farmaci galenici, perché in Italia è vietato. Ora invece si apre uno spiraglio e con opportune norme sarà possibile la coltivazione della materia prima anche in Italia, invece di importare i farmaci dall'Olanda a costi elevatissimi» (L'Unità – 8 marzo 2014). Tali contraddizioni emergono anche da inchieste giornalistiche dove si racconta la vita concreta di persone affette da sclerosi multipla e però costrette a fare i conti con «trafile lunghe, attese solo a volte risolutive, percorsi burocratici tortuosi» e alla fine «cura negata per mancanza di fondi, quasi ovunque senza eccezioni», dal momento che a quanto si apprende «un flacone costa 750 euro, senza rimborso», e se «dall'aprile 2013 l'Agenzia del farmaco ha inserito nel prontuario il Sativex, medicinale a base di cannabinoidi, per la cura della sclerosi multipla. In teoria dovrebbe essere liberamente distribuito» (L'Unità – 9 marzo 2014);
    sempre relativamente alle leggi regionali già esistenti, è illuminante quanto, ancora sulla stampa, si legge. Ad esempio, in riferimento alla legge regionale Toscana, legge regionale 8 maggio 2012, n. 18, si apprende che «appare impossibile per la Toscana rispettare l'impegno preso con la sua legge», mentre allo stato «tutto sarebbe lettera morta», come afferma anche lo stesso promotore della legge, Enzo Brogi: «Il rischio è che una montagna partorisca un topolino. Aver fatto la legge è certamente importante. Purtroppo, anche per le indicazioni del Consiglio sanitario, oltre che per la lentezza e un eccesso di timore da parte della Giunta, rischiamo di non soddisfare le legittime aspettative di tanti malati» (Il Fatto Quotidiano.it – 5 febbraio 2014);
    a quanto dichiarato in Toscana, fanno eco le difficoltà che anche la regione Sicilia starebbe incontrando nell'attuazione di una delibera di giunta mirata alla distribuzione gratuita nell'isola di farmaci a base di cannabinoidi, In base a detta delibera è in corso una ricognizione per valutare la possibilità di poter stipulare convenzioni con gli istituti autorizzati a produrre medicinali con il principio attivo;
    in questi anni sono state numerose le proposte di legge presentate, nei due rami del Parlamento, aventi come obiettivi prioritari modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti, e la disciplina della coltivazione della cannabis,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di incaricare, ai fini della produzione e preparazione dei farmaci, e attraverso un Protocollo tra Ministero dell'interno, Ministero della difesa e Ministero della salute, lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, considerati peraltro i segnali di grande attenzione giunti in questa direzione dai responsabili dello Stabilimento, per la produzione di medicinali cannabinoidi destinati ai pazienti italiani.
9/2215-AR/30Capone, Miotto, Grassi, Beni, Fossati, Lenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 3 così come modificato dalle Commissioni referenti l'approvazione dell'emendamento dei relatori, introduce una modifica all'articolo 48, comma 19, lettera b) numero 3) del decreto-legge n. 269 del 2003 al fine di prevedere che una parte delle risorse del Fondo istituito presso AIFA grazie ad un contributo delle aziende farmaceutiche pari al 5 per cento delle spese promozionali autocertificate, possa essere destinata alla sperimentazione clinica su medicinali per indicazioni terapeutiche diverse da quelle indicate nell'autorizzazione all'immissione in commercio;
    il predetto comma 19 dell'articolo 48 già prevede alcune destinazioni per le risorse derivanti dal fondo AIFA rivolte a studi, ricerche e sperimentazioni, da affidare mediante bando ad evidenza pubblica, modalità che non è esplicitamente prevista per le sperimentazioni introdotte con il comma 1 dell'articolo 3 del decreto in esame,

impegna il Governo

ad affidare le sperimentazioni previste dal comma 1 dell'articolo 3 del decreto in esame esclusivamente mediante bando di gara ad evidenza pubblica.
9/2215-AR/31Miotto, Beni, Grassi, Fossati, Lenzi, D'Incecco, Scuvera, Amato, Sbrollini, Casati.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 3 così come modificato dalle Commissioni referenti con l'approvazione dell'emendamento dei relatori, introduce una modifica della legge n. 648 del 1996 con l'aggiunta del comma 4-bis, prevedendo che anche se sussista altra alternativa terapeutica nell'ambito dei medicinali autorizzati, dopo la valutazione della Commissione tecnico scientifica dell'AlFA, siano inseriti nell'elenco per l'uso consolidato i medicinali off-label, purché l'indicazione diversa da quella autorizzata sia nota e conforme a ricerche condotte nell'ambito della comunità medico-scientifica nazionale e internazionale, «secondo parametri di economicità e appropriatezza». Resta confermata la previsione sul monitoraggio da parte dell'AlFA, a tutela della sicurezza dei pazienti;
    la legge n. 648 del 1996 costituisce una garanzia per l'erogazione a totale carico del Servizio sanitario nazionale di determinate categorie di farmaci: medicinali innovativi autorizzati in altri Stati ma non sul territorio nazionale, medicinali non ancora autorizzati ma sottoposti a sperimentazione clinica, e medicinali da impiegare per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata qualora non esista valida alternativa terapeutica;
    tra i farmaci attualmente esclusi dalla legge n. 648 per l'uso consolidato figurano i medicinali orfani definiti a livello europeo dal Regolamento (CE) 141/2000 del 16 dicembre 1999, che spesso rappresentano l'unica possibilità di cura per i soggetti affetti da patologie rare;
    estendendo dunque la previsione dell'articolo 4 della legge n. 648 del 1996 anche a tali medicinali si consentirebbe ai soggetti affetti da patologie rare di accedere alle terapie esistenti, rendendole erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere le previsioni dell'articolo 4 della legge n. 648 del 1996 anche ai medicinali definiti a livello europeo dal Regolamento (CE) 141/2000 del 16 dicembre 1999, permettendo la creazione di una nuova lista di medicinali cosiddetti a uso consolidato.
9/2215-AR/32D'Incecco, Casati, Patriarca, Grassi, Piccione, Sbrollini.


   La Camera,
   premesso che:
    il Dipartimento per le politiche antidroga, istituito nel 2008 ed operativo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri dall'ottobre del 2009, costituisce la struttura di supporto per la promozione e il coordinamento dell'azione di Governo in materia di politiche antidroga;
    in particolare il Dipartimento provvede a promuovere, indirizzare e coordinare le azioni di Governo atte a contrastare il diffondersi dell'uso di sostanze stupefacenti, delle tossicodipendenze e delle alcoldipendenze, promuove e realizza attività in collaborazione con le pubbliche amministrazioni competenti nello specifico settore, e con le associazioni e le comunità terapeutiche;
    nell'ambito del Dipartimento opera l'Osservatorio nazionale permanente sulle droghe e sulle tossicodipendenze, che cura e coordina la raccolta centralizzata dei dati, i flussi dei dati provenienti dalle amministrazioni centrali competenti, provvede all'archiviazione, all'elaborazione e all'interpretazione di dati statistico-epidemiologici, farmacologico-clinici, psico-sociali e di documentazione sul consumo, lo spaccio ed il traffico di sostanze stupefacenti e psicotrope e le azioni di prevenzione e contrasto;
    il Dipartimento, inoltre, cura la definizione ed il monitoraggio del piano di azione nazionale antidroga;
    la conoscenza della materia, la competenza e la professionalità degli operatori del Dipartimento sono particolarmente elevate e hanno consentito, sinora, un'utilissima attività di supporto alle strutture governative incaricate della materia della lotta alle tossicodipendenze;
    il decreto-legge in esame, invece, detta alcune disposizioni che, di fatto, determinano uno «svuotamento» delle competenze dello stesso Dipartimento, posto che attribuiscono delle funzioni precedentemente in capo ad esso all'Istituto superiore di Sanità,

impegna il Governo

a preservare le fondamentali funzioni di supporto, coordinamento ed iniziativa svolte dal Dipartimento per le politiche antidroga nella lotta a tutte le dipendenze, riconoscendo, e non disperdendo, il patrimonio di una struttura con un profilo altamente specialistico e che sinora ha operato con grandissima efficacia.
9/2215-AR/33Rampelli.


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Elementi ed iniziative in merito agli sviluppi della trattativa tra Alitalia e Etihad – 3-00786

   SQUERI, BERGAMINI e PALESE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'amministratore delegato della compagnia di Abu Dhabi Etihad, James Hogan, ritiene che la nostra compagnia di bandiera Alitalia possa tornare alla redditività e riprendere slancio grazie ad un'iniezione di 300 milioni di euro e all'acquisto di una quota tra il 40 e il 49,9 per cento da parte della compagnia araba;
   l'Italia è considerata il terzo mercato europeo per il traffico in uscita e ciò la rende attraente per la compagnia araba che avrebbe la possibilità di potenziare la propria rete nel Sud Europa a completamento dei rapporti con Air Berlin, ampliando l'alleanza commerciale di code sharing con Air France-Klm, già legata ad Alitalia e che forse potrebbe ripensarci dopo la mancata sottoscrizione della ricapitalizzazione e la riduzione della partecipazione dal 25 al 7 per cento;
   Carlo Messina, l'amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, la banca principale azionista di Alitalia (20,59 per cento), nonché principale creditore, si augura che la trattativa tra le due compagnie aeree si concluda e, a fronte della richiesta della compagnia araba di una ristrutturazione del debito di Alitalia, insieme alle altre banche creditrici, ha concesso un ulteriore finanziamento per circa 165 milioni di euro e un allungamento, fino a giugno 2015, delle linee di credito in essere;
   la due diligence posta in essere dalla Etihad avrebbe, tuttavia, dovuto già essere conclusa ed è, invece, stata procrastinata per valutare la possibilità per la compagnia italiana di ristrutturare il pesante debito (di circa 550 milioni di euro) che la stessa ha con le principali banche azioniste, (Intesa Sanpaolo e Unicredit), realizzando un abbattimento dello stesso per almeno 400 milioni di euro;
   dalle ultime dichiarazioni dell'amministratore delegato di Etihad non appare, tuttavia, scontato che la due diligence debba necessariamente avere un esito positivo, visto che il top manager ha quantificato al 50 per cento la possibilità che il matrimonio tra le due compagnie venga celebrato;
   la compagnia Etihad non sta valutando soltanto il pesante debito di Alitalia verso le banche, ma anche il costo del lavoro e della burocrazia in Italia. Secondo Hogan, Alitalia dovrebbe ottenere economie per 128 milioni di euro e focalizzarsi sui voli intercontinentali piuttosto che su quelli – meno remunerativi – a medio raggio, con conseguenti ricadute in termini di tagli al personale;
   la compagnia araba chiede, inoltre, garanzie rispetto al fatto che i pregressi contenziosi penali e fiscali che pendono sulla compagnia italiana, e che potrebbero trasformarsi in ulteriori esborsi futuri, non ricadano sui nuovi soci;
   la compagnia tedesca Lufthansa ha attaccato il progetto di alleanza tra Etihad e Alitalia in quanto lo reputa un aiuto di Stato mascherato, che comporta un aggiramento delle regole europee della concorrenza e, dal momento che Etihad non intende comprare azioni dai soci attuali, ma sottoscrivere un aumento di capitale, nell'acquisto di quest'ultimo dovrebbe rispettare il tetto azionario del 50 per cento stabilito per le compagnie extraeuropee. Si ventila anche un tentativo della compagnia franco-olandese Air France-Klm di frenare l'accordo;
   da ultimo è slittato il consiglio di amministrazione di Alitalia previsto per il 14 aprile 2014 a Milano, riunione che era stata convocata dal presidente Roberto Colaninno dopo le assicurazioni del Governo all'indomani dell'incontro del 10 aprile 2014 tra il Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, e l'amministratore delegato di Etihad, James Hogan;
   il consiglio di amministrazione ha, dunque, esaminato le condizioni base del negoziato finale che la compagnia degli Emirati Arabi Uniti ha reso note soltanto il 17 aprile 2014 e sulle quali, secondo fonti governative e a detta del Ministro interrogato, ci si aspetta un rigido controllo del Governo per quanto riguarda il piano industriale, lo sviluppo strategico e il piano occupazionale; dopo tale riunione si è in attesa della risposta della compagnia araba;
   tuttavia, sembra che la compagnia di Abu Dhabi abbia frenato sull'accordo in cantiere, sottolineando la perdurante assenza delle garanzie richieste sulla rinegoziazione del debito bancario dell’Alitalia, sui nodi finanziari e legali del passato e sulla gestione degli esuberi; a più di due mesi dall'apertura formale della due diligence, annunciata il 2 febbraio 2014, rimangono irrisolti i punti chiave, le condizioni e i paletti posti da Etihad:
    a) la riduzione del debito per 400 milioni di euro che le banche dovrebbero convertire in capitale e una garanzia sulle passività e pendenze legali e finanziarie del passato di Cai, in particolare per il contenzioso con l'ex proprietario di Air One, Carlo Toto, originato da una multa fiscale di 40 milioni di euro che Alitalia vuole ribaltare su Toto, il quale si oppone;
    b) il taglio del costo del lavoro con circa 3.000 esuberi definitivi (e non in cassa integrazione guadagni straordinaria temporanea o con contratti di solidarietà);
    c) il riassetto regolamentare negli aeroporti con l'ampliamento dei voli di Linate, la riduzione degli spazi per le compagnie low cost e delle autorizzazioni alle compagnie extraeuropee a fare voli intercontinentali in libertà, di cui sono un esempio quella concessa a Emirates per il volo Malpensa-New York (autorizzazione bocciata pochi giorni fa dal tribunale amministrativo regionale del Lazio, ma la decisione non è esecutiva);
    d) l'arrivo dell'alta velocità ferroviaria negli aeroporti, in particolare in quello di Fiumicino;
   non è, infatti, un mistero che Etihad voglia forzare la limitazione dell'uso degli slot (fasce orarie) a Linate per poter sostituire i voli Milano-Roma con rotte europee e forse anche extraeuropee, più utili alla compagnia araba per servire i propri hub (scali principali);
   la Commissione europea ha acceso un faro sulla trattativa in corso tra Alitalia e Etihad, chiedendo alle autorità italiane di «vigilare» sull'operazione perché sia in regola con le norme dell'Unione europea relative alla proprietà e al controllo delle compagnie aeree;
   al momento Bruxelles sta esaminando le partecipazioni di vari gruppi extraeuropei in compagnie aeree europee. In particolare, sono sotto indagine la partecipazione di Etihad in Air Berlin, la quota di Delta Air Lines in Virgin Atlantic, la quota dei cinesi di Hnca in Cargolux del Lussemburgo e la partecipazione di Korean Air nella compagnia di bandiera ceca Czech Airlines;
   la Commissione europea ha chiesto agli Stati membri, dove le compagnie sono registrate, i dettagli su come questi investimenti rispettino le regole europee in materia di proprietà e controllo delle compagnie aeree, dal momento che le regole dell'Unione europea prevedono che una quota superiore al 50 per cento di ciascuna compagnia aerea europea debba essere in capo a Stati o aziende dell'Unione europea, che devono, inoltre, dimostrare di avere un reale controllo sulla compagnia –:
   quale sia la reale situazione delle risorse della compagnia aerea Alitalia per evitare la dichiarazione di fallimento e, in senso più ampio, se il Governo abbia intenzione di attivarsi per controllare che l'accordo con Etihad non comporti una situazione di disagio per la gestione degli aeroporti italiani e garantisca la tutela delle rotte nazionali, oltre che il piano industriale della società. (3-00786)


Interventi per la tutela del patrimonio storico-culturale della città di San Leo (Rimini) – 3-00787

   PIZZOLANTE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 27 febbraio 2014 si è verificato il crollo di una porzione di parete rocciosa sul versante nord-est della rupe su cui sorge la città di San Leo, in provincia di Rimini. La massa è stata stimata pari a circa 450.000 metri cubi;
   San Leo è un paese situato su di una rocca in posizione panoramica a 532 metri di altitudine, noto per aver ospitato personaggi storici quali San Francesco d'Assisi e Dante Alighieri ed il cui forte, risalente al XV secolo, venne fatto costruire da Federico da Montefeltro;
   già nel 2006 e nel 2008 alcuni crolli avevano richiesto interventi urgenti di ripristino per un totale di 1 milione e mezzo di euro: somma oggi ben più alta in considerazione dei nuovi crolli avvenuti nel mese di febbraio 2014;
   la situazione che si è venuta a creare pregiudica seriamente il settore turistico-alberghiero della zona, dal momento che i crolli hanno portato ad una diminuzione della capacità di accoglienza all'interno della Fortezza –:
   alla luce di quanto denunciato in premessa, se sia stato già previsto un piano di intervento per salvaguardare l'inestimabile patrimonio socio-culturale di San Leo, per mettere in sicurezza i luoghi minacciati dai crolli e dagli smottamenti del territorio e per consentire alla popolazione di continuare a svolgere la propria attività lavorativa, seriamente danneggiata dai crolli del 27 febbraio 2014.
(3-00787)


Iniziative per un intervento perequativo relativo alla distribuzione sul territorio nazionale delle risorse del fondo unico per lo spettacolo – 3-00788

   BRUNO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il fondo unico per lo spettacolo (fus) sin dalla sua istituzione è stato utilizzato per regolare l'intervento pubblico nei settori del mondo dello spettacolo, fornire sostegno finanziario ad enti, istituzioni, associazioni, organismi e imprese operanti in cinema, musica, danza, teatro, circo e spettacolo viaggiante, nonché promuovere e sostenere manifestazioni e iniziative di carattere e rilevanza nazionale in Italia o all'estero;
   il volume di risorse stanziate, a prezzi correnti, nel 1985 risulta pari a 357,48 milioni euro e raggiunge il valore più alto nel 2001, superando i 530 milioni. Nel 2009 e nel 2010 torna di nuovo sotto i 400 milioni di euro e negli ultimi due anni arriva a circa 410 milioni di euro. Considerando il valore reale delle risorse stanziate, calcolato a prezzi costanti, in modo da eliminare l'effetto distorsivo dell'inflazione, il valore del 2012 è il più basso di sempre e la variazione rispetto al 1985 è di -53,02 per cento;
   nel 2011 la percentuale più alta di risorse è destinata alle fondazioni lirico-sinfoniche, il 47 per cento, e, a seguire, alle attività cinematografiche, il 18,6 per cento;
   per il settore teatrale i contributi più elevati, 3.267.092 euro, sono andati alla Fondazione ente autonomo Piccolo Teatro di Milano; per le attività musicali il contributo più alto è andato alla fondazione emiliana «Arturo Toscanini»; per il settore cinematografico i contributi più elevati sono i 7 milioni di euro per La Biennale di Venezia, i 10,3 milioni di euro per la Fondazione Centro sperimentale di cinematografia e i 6,9 milioni di euro per Istituto Luce Cinecittà;
   a livello della distribuzione territoriale si registra, sempre nel 2011, che al Centro Italia va il 30 per cento circa del totale delle risorse, tra Nord Ovest e Nord Est viene assorbito il 48,6 per cento delle risorse, al Sud rimane il 13,8 per cento e alle Isole il 6,8 per cento;
   giova ribadire che il Sud in termine di popolazioni vale il 36,5 per cento del Paese o, se si vuole un altro dato di raffronto, circa il 25 per cento del prodotto interno lordo nazionale;
   l'evidente squilibrio viene confermato se si guardano i dati regione per regione: nel 2012, come per il triennio precedente, Lazio, Lombardia e Veneto superano singolarmente la soglia del 10 per cento di risorse. In dieci regioni il numero dei contributi assegnati non supera il 3 per cento del totale e Basilicata, Calabria, Molise, Valle d'Aosta si attestano al di sotto dell'1 per cento;
   il contributo per abitante è di 0,88 euro per un calabrese, di 20,75 euro per un abitante della regione Lazio, per un lombardo 5,39 euro, per un toscano 8,30 euro;
   il numero dei soggetti beneficiari in alcune regioni è maggiore, ma confrontandolo con le risorse destinate in alcune regioni si riscontra una forbice positiva, cioè una percentuale più alta di risorse a fronte di una percentuale più bassa di soggetti beneficiari, in altre regioni, tra cui la Calabria, la forbice è negativa;
   in Calabria poi si verifica un'ulteriore caso anomalo: alla provincia di Vibo Valentia viene sostanzialmente destinato lo 0,0 per cento di contributi, dato riscontrabile solo ad Isernia e a Medio Campidano;
   in particolare, nelle cinque province della Calabria, nel 2011, il capoluogo di regione assorbe il 20,1 per cento delle risorse del fondo unico per lo spettacolo, Reggio Calabria consegue un intervento di 434.000 euro pari al 23 per cento del contributo regionale, Cosenza, prima provincia per numero di abitanti (733 mila) e di soggetti (36,4 per cento), ottiene il 14 per cento dei contributi, di Vibo Valentia si è già detto. Crotone ottiene il 43 per cento di risorse, pari ad un intervento pro capite di 4,7 euro per circa 173.000 abitanti;
   un solo soggetto con sede nella provincia di Crotone, ma, sembrerebbe, operante in prevalenza in altra regione d'Italia, ottiene un contributo superiore a quello delle intere province di Cosenza, Reggio Calabria e Vibo Valentia;
   in termini di intervento pro capite in Calabria si registra in tre casi su cinque un livello inferiore alla soglia di 1 euro: 0,77 di Reggio Calabria, 0,36 di Cosenza e prossima allo zero, appunto, Vibo Valentia;
   inoltre, per il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo esiste la possibilità di finanziare dei «progetti speciali» come «iniziative straordinarie di particolare rilevanza per le quali sia stata presentata domanda di contributo da soggetti esterni anche su invito dell'amministrazione». Anche in questo caso sembrerebbe che nessuno intervento sia stato effettuato in Calabria nei progetti speciali finanziati nel 2012;
   oltre al fondo unico per lo spettacolo, il settore culturale viene finanziato con dei fondi detti «extra fus», cioè, per esempio, il gioco del lotto o il 5 per mille, ma anche per i fondi «extra fus» dal 2004 al 2011 si nota una forte concentrazione delle risorse su poche iniziative, concentrate in aree geografiche limitate; si segnala, in particolare, la totale assenza della Calabria;
   negli anni fondi «extra fus» sono stati destinati a Cinecittà Luce s.p.a., all'Accademia nazionale di danza, alla Biennale di Venezia; in misura minore fondi «extra fus» sono andati anche all'Accademia nazionale di arte drammatica «Silvio D'Amico», alla Fondazione Centro sperimentale di cinematografia e all'Istituto nazionale per il dramma antico;
   se si guarda la distribuzione per settore e per territorio dei fondi «extra fus» si nota che anche nell'ambito delle fondazioni lirico-sinfoniche sono state finanziati il Teatro regio di Torino, il Teatro Carlo Felice di Genova, le Fondazioni Teatro alla Scala di Milano, Teatro lirico Giuseppe Verdi di Trieste, Teatro La Fenice di Venezia, Arena di Verona, Teatro comunale di Bologna, Accademia nazionale di Santa Cecilia, Teatro dell'Opera di Roma, Teatro Maggio musicale fiorentino, Teatro San Carlo di Napoli, Petruzzelli e Teatri di Bari, il Teatro Massimo di Palermo e il Teatro lirico di Cagliari;
   dal 2002 al 2012 alla Calabria è toccato lo 0,6 per cento circa del fondo unico per lo spettacolo. Estendendo e proiettando tale percentuale negli altri anni, si riscontra che, a fronte di un'erogazione di circa 10,2 miliardi di euro, alla Calabria è stata destinata una cifra inferiore ai 70 milioni di euro. Si tratta, quindi, di una percentuale in linea con il dato precedente: lo 0,68 per cento del totale nel corso di 29 anni. Esattamente 34,7 euro per abitante. Praticamente per ogni calabrese è stato speso poco più di un euro all'anno;
   in 29 anni il fondo unico per lo spettacolo ha destinato al Nord oltre quattro miliardi di euro (4.637.699,648), al Centro oltre tre miliardi (3.715.697,150), al Sud e alle Isole meno di due miliardi (1.888.541,507);
   secondo gli ultimi dati statistici in Calabria la povertà relativa ha un'intensità del 22,1 per cento ogni 100 famiglie;
   dal 1990 al 2010 la Calabria è stata la regione che ha evidenziato le migliori performance degli indicatori turistici, con una forte crescita delle presenze;
   tale situazione ha contribuito di fatto, durante gli anni, alla chiusura o alla crisi di importanti strutture artistiche operanti in Calabria –:
   in relazione a quanto riportato in premessa quali siano le valutazioni di merito del Ministro interrogato e se non ritenga opportuno avviare un'azione, d'intesa con regioni ed enti locali, per un intervento perequativo che riduca tali differenze, anche stabilendo una soglia minima da destinare ad ogni territorio provinciale. (3-00788)


Iniziative per l'attuazione della disposizione della legge di stabilità per il 2014 relativa a coloro che hanno completato il tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari – 3-00789

   TIDEI, CARELLA, VERINI, AMODDIO, BAZOLI, BIFFONI, CAMPANA, ERMINI, GIULIANI, GRECO, LEVA, MAGORNO, MARRONI, MARZANO, MATTIELLO, MORANI, MORETTI, GIUDITTA PINI, ROSSOMANDO, ROSTAN, TARTAGLIONE, VAZIO, MARTELLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la legge di stabilità per il 2014, all'articolo 1, comma 344, prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e della giustizia, sia stabilita la ripartizione in quote delle risorse confluite nel capitolo del Ministero della giustizia in cui è versato il maggior gettito derivante dall'aumento del contributo unificato per essere destinate: oltre che all'assunzione di personale di magistratura ordinaria, anche, e per il solo 2014, per consentire lo svolgimento di un periodo di perfezionamento, da completare entro il 31 dicembre 2014, a coloro che hanno completato il tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari. Si tratterebbe, secondo quanto previsto dall'articolo 1, comma 25, della legge n. 228 del 2013 (legge di stabilità per il 2013), di lavoratori cassintegrati, in mobilità, socialmente utili e disoccupati;
   l'onere di spesa, dalla richiamata legge di stabilità per il 2014, per consentire lo svolgimento del periodo di perfezionamento, è stato fissato in 15 milioni di euro. La suddetta legge ha, altresì, stabilito che la titolarità del predetto progetto formativo spetta al Ministro della giustizia;
   la legge di stabilità per il 2014, allo stesso articolo 1, comma 344, prevede che, a decorrere dall'anno 2015, una quota di 7,5 milioni di euro dell'importo destinato ai sopra citati progetti formativi del 2014, ovvero 15 milioni di euro, deve essere destinata all'incentivazione del personale amministrativo;
   ad oggi i tirocinanti della giustizia in Italia sono poco meno di tremila. Essi hanno ormai acquisito un ragguardevole bagaglio di competenza e di professionalità, che se venisse disperso inciderebbe negativamente sul livello di efficienza degli uffici giudiziari –:
   se il Governo non ritenga opportuno ed urgente adottare, di concerto con i Ministri interessati, il provvedimento di cui in premessa, affinché l'intera somma dei 15 milioni di euro vada al progetto formativo, come previsto dalla legge n. 147 del 2013, all'articolo 1, comma 344, se non ritenga di valutare la possibilità di un ulteriore finanziamento come risulta dall'ordine del giorno 9/1865-A/268, approvato in data 20 dicembre 2013, e, in ultimo, se non ritenga necessario valutare, per gli ambiti di propria competenza, la possibilità di una regolarizzazione contrattuale a partire da gennaio 2015, nel rispetto della normativa vigente in materia di lavoro, dei suddetti tirocinanti al termine del periodo di perfezionamento da completarsi, come sopra ricordato, entro il 31 dicembre 2014. (3-00789)


Elementi ed iniziative in relazione alla vicenda dell'omicidio del signor Claudio Meggiorin commesso da un cittadino albanese introdottosi clandestinamente in Italia – 3-00790

   GIANCARLO GIORGETTI, MOLTENI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e RONDINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'11 giugno 2005 a Besano (Varese), per aver tentato di sedare una rissa davanti al proprio bar, venne accoltellato e ucciso Claudio Meggiorin, un giovane di soli 23 anni, per mano di Vladimir Mnela, cittadino albanese che si trovava sul suolo italiano clandestinamente e già con precedenti penali per prostituzione e porto abusivo di armi;
   il tribunale di Varese, con sentenza n. 252 del 4 agosto 2006, ha riconosciuto colpevole Vladimir Mnela dei reati di cui agli articolo 110, 112, 575 e 577, n. 4 ,e 61 del codice penale, nonché della contravvenzione di cui all'articolo 4, comma 2, della legge n. 110 del 1975, condannandolo, inoltre, al risarcimento del danno non patrimoniale, quantificato in euro 475.000,00, a favore dei familiari del giovane barbaramente ucciso;
   la citata sentenza è stata parzialmente confermata dalla corte di assise di appello di Milano con sentenza del 17 ottobre 2007, in quanto è stata esclusa la circostanza aggravante prevista dall'articolo 112, n. 4, del codice penale;
   successivamente la Corte di cassazione, con sentenza n. 889 del 25 giugno 2008, ha confermato la pronuncia della corte di assise di appello di Milano;
   nonostante le pronunce sopra riportate, pare che l'autorità giudiziaria, pur ritenendo Vladimir Mnela colpevole dell'omicidio del signor Claudio Meggiorin, non avesse comunque disposto nei suoi confronti la misura di sicurezza dell'espulsione;
   come da consolidata giurisprudenza costituzionale, la regolamentazione dell'ingresso e del soggiorno degli stranieri nel territorio dello Stato è, difatti, «collegata alla ponderazione di svariati interessi pubblici, quali, ad esempio, la sicurezza e la sanità pubblica, l'ordine pubblico» (sentenze nn. 148 del 2008, 206 del 2006 e 62 del 1994 della Corte costituzionale), e, pertanto, il potere e dovere di disciplinare l'immigrazione rappresenta una prerogativa essenziale dello Stato in quanto espressione del controllo del territorio;
   per dettato normativo nazionale e comunitario, lo Stato è, dunque, tenuto a garantire il controllo delle proprie frontiere e del proprio territorio, mediante l'identificazione dei soggetti ivi presenti non solo in occasione di fatti criminosi ma anche in relazione alla circostanza che il cittadino clandestino sia effettivamente e nel più breve tempo possibile allontanato dal suolo nazionale;
   alla luce delle considerazioni sopra esposte ad avviso degli interroganti discende necessariamente che, anche sotto il profilo del nesso di causalità, se in generale lo Stato non può essere ritenuto responsabile per i singoli fatti illeciti commessi da singoli soggetti, salvo che questi ultimi abbiano operato per conto dello Stato o non sussistano altri specifici rapporti causali, tuttavia per fatti illeciti commessi da soggetti che non si sarebbero dovuti trovare sul territorio nazionale lo Stato deve sicuramente ritenersi responsabile;
   è evidente, dunque, che a parere degli interroganti lo Stato deve ritenersi responsabile nella causazione della morte del signor Claudio Meggiorin per non aver impedito l'ingresso del signor. Mnela e per non aver provveduto all'espulsione di quest'ultimo, nonostante fosse stato precedentemente già denunciato per altri reati, ed altresì, nel caso, per mancata adozione della misura di sicurezza dell'espulsione da parte dell'autorità giudiziaria, ai sensi di quanto disposto anche dalla legge n. 117 del 1988;
   è onere dello Stato garantire non soltanto la sicurezza dei cittadini, ma anche l'effettiva e celere giustizia nei confronti delle vittime di reato e dei loro familiari;
   pertanto, anche alla signora Elisabetta Garruti, alla signora Alessandra Meggiorin e al signor Giampaolo Meggiorin, rispettivamente madre, sorella e padre della giovane vittima, Claudio Meggiorin, va garantita giustizia per il crimine subito e il risarcimento del danno non patrimoniale, così come disposto dalle sentenze indicate in premessa ma mai corrisposto effettivamente;
   dell'elevato numero di clandestini presenti sul territorio italiano, il cui ingresso nel nostro Paese è agevolato dalle iniziative della maggioranza parlamentare e del Governo degli ultimi due anni in materia di immigrazione e sicurezza, tra cui l'abrogazione del reato di immigrazione clandestina di cui all'articolo 10-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, l'operazione Mare nostrum, la chiusura di sei centri di identificazione ed espulsione, la mancata applicazione della normativa in materia di espulsione dei cittadini comunitari ed extracomunitari irregolari –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei tragici fatti sopra rappresentati, se, alla luce delle considerazioni sopra esposte, ritenga di dover procedere al risarcimento dei danni a favore della famiglia di Claudio Meggiorin e se intenda avviare un'ispezione ministeriale in relazione ai fatti esposti in premessa.
(3-00790)


Problematiche riguardanti il negoziato tra Unione europea e Stati Uniti per la conclusione dell'accordo di partenariato economico-finanziario noto come Transatlantic trade and investment partnership (Ttip) – 3-00791

   GALLINELLA, DAGA, LUPO, BUSTO, MASSIMILIANO BERNINI, DE ROSA, BENEDETTI, TERZONI, GAGNARLI, MANNINO, L'ABBATE, SEGONI, PARENTELA, ZOLEZZI e MICILLO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   dal mese di luglio 2013 è ufficialmente in corso il negoziato tra Unione europea e Stati Uniti per la conclusione dell'accordo di partenariato economico-finanziario noto come Transatlantic trade and investment partnership o Ttip;
   la creazione di una zona euro-americana di libero scambio, priva di frontiere interne, ha conseguenze estremamente significative per il quadro normativo globale in materia di commercio ed investimenti ed impone un'attenta riflessione che evidenzi tutte le implicazioni di un'iniziativa che, oltre ai benefici economici, ha anche rilevanti finalità politiche;
   le condizioni per la creazione della Transatlantic trade and investment partnership vennero poste nel 2007 con l'istituzione di un Consiglio economico transatlantico, formato da rappresentanti dell'Unione europea e del Governo statunitense, ed è poi proseguita grazie ai lavori di una commissione tecnica mista costituita nel 2011, i cui componenti, salvo il Commissario per il commercio dell'Unione europea, non sono mai stati resi noti dalla Commissione europea, nonostante i ripetuti richiami alle norme comunitarie sul diritto all'informazione, operati da varie organizzazioni della società civile interessate a conoscerne i nomi;
   sebbene i fautori dell'accordo sostengano la straordinarietà dell'iniziativa destinata ad aumentare lo scambio delle merci attraverso l'eliminazione di dazi e barriere commerciali, non è difficile individuare nelle potenti multinazionali americane ed europee i veri promotori del Transatlantic trade and investment partnership; riuniti in gruppi di pressione esse esercitano ormai da decenni una fortissima influenza, mediante gli strumenti del lobbying, sugli organismi regolatori siano essi l'Unione europea o gli Stati nazionali, come dimostra la presenza di alcune grandi aziende americane nel consiglio direttivo dell'associazione americana che opera per indirizzare le trattative del Transatlantic trade and investment partnership;
   un'iniziativa di tale portata, destinata ad incidere su ogni aspetto della vita sociale europea, dato che investe tutti i settori economici per assoggettarli al principio dell'abolizione di ogni barriera regolamentativa, avrebbe dovuto coinvolgere maggiormente i Parlamenti e le parti sociali ai fini di un esame pubblico prima dell'approvazione del mandato negoziale e di un costante monitoraggio dopo l'entrata in vigore dell'accordo, anche in virtù delle conseguenze sui livelli occupazionali, sul rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori e sul generale impatto sociale ed ecologico;
   l'abolizione di ogni barriera tariffaria – e non – rischia di incidere negativamente sugli strumenti a garanzia del consumatore, quali, ad esempio, i controlli, l'etichettatura, le certificazioni, ovvero tutte quelle barriere indirette a tutela della sicurezza e della qualità; l'esempio più ricorrente è in materia di organismi geneticamente modificati, la cui introduzione nell'agricoltura europea è stata fino ad oggi rallentata da una serie di regole comunitarie che, con l'entrata in vigore del Transatlantic trade and investment partnership, diverrebbero illegittime, consentendo ai grandi gruppi della genetica agricola di commercializzare liberamente i loro prodotti;
   sul piano strettamente economico-commerciale giova, inoltre, rilevare che, mentre il mercato unico è il risultato di un'omogeneità di regolamentazione senza precedenti, volta ad assicurare ai cittadini europei uguali condizioni di partenza per l'esercizio dell'attività imprenditoriale, quello statunitense è frutto di anni di deregulation e gli operatori economici europei si troveranno a competere con concorrenti americani in un quadro caratterizzato dalla compresenza di assetti legislativi molto differenti –:
   se e quando il Governo intenda rendere noti gli ultimi sviluppi dell'iniziativa citata in premessa, posto che un simile accordo, lungi dal restare riservato, dovrebbe essere reso quanto più pubblico ai cittadini europei sui quali ricadono le principali conseguenze, e quali azioni intenda intraprendere, presso le competenti sedi comunitarie, affinché il partenariato si articoli su assetti legislativi omogenei, preveda forti tutele per l'agricoltura comunitaria ed adeguate salvaguardie per gli interessi produttivi e i livelli occupazionali del nostro Paese. (3-00791)


Intendimenti del Governo in merito alle risorse effettive da destinare al finanziamento dell'edilizia scolastica – 3-00792

   GIANCARLO GIORDANO, COSTANTINO, FRATOIANNI, ZAN, PELLEGRINO, ZARATTI, MIGLIORE, DI SALVO, PIAZZONI e BOCCADUTRI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   le norme approvate nel corso della XVII legislatura in materia di edilizia scolastica vanno a sommarsi ad un lungo elenco di disposizioni normative approvate nel corso dell'ultimo decennio. La mancanza di una legislazione unitaria ha dato luogo al sovrapporsi di diversi filoni di interventi di edilizia scolastica ed ha spinto il Parlamento, in sede di conversione del decreto-legge n. 104 del 2013 ad inserire una disposizione volta ad imporre ai Ministeri competenti (vale a dire quelli dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'istruzione, dell'università e della ricerca) l'obbligo di relazionare annualmente alle Camere sullo stato di avanzamento dei lavori e sull'andamento della spesa destinata ai medesimi interventi: 1) dalle disposizioni emanate nel corso della XVII legislatura (comma 1 dell'articolo 10 del decreto-legge n. 104 del 2013 e articolo 18 del decreto-legge n. 69 del 2013); dal fondo unico per l'edilizia scolastica, nel quale l'articolo 11, comma 4-sexies, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, ha fatto confluire tutte le risorse iscritte nel bilancio dello Stato comunque destinate a finanziare interventi di edilizia scolastica; e infine, da ulteriori stanziamenti destinati alle medesime finalità nel bilancio dello Stato ai sensi della normativa vigente;
   nell'ambito della legge di stabilità per il 2014, legge n. 147 del 2013, è stata, inoltre, approvata una norma (articolo 1, comma 206) che introduce, tra le finalità cui possono essere destinate le risorse della quota di competenza statale dell'8 per mille del gettito irpef, gli interventi straordinari relativi a ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico ed efficientamento energetico degli immobili di proprietà pubblica adibiti all'istruzione scolastica;
   l'attuale Governo e, in particolare, il Presidente del Consiglio dei ministri avevano annunciato, sin dai primissimi giorni successivi all'insediamento, un piano straordinario per la messa in sicurezza delle scuole italiane che avrebbe previsto il finanziamento di 3,5 miliardi di euro, tra i fondi già disponibili e le risorse recuperate dall'allentamento del patto di stabilità interno, oltre che l'istituzione di una cabina di regia per la gestione degli interventi;
   sono passati due mesi da tale annuncio; pur tuttavia, l'unico provvedimento varato sino ad oggi che interviene in modo puntuale sulle risorse relative all'edilizia scolastica è rappresentato dal decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, recante «Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale», che, all'articolo 48, prevede in concreto solo 244 milioni di euro per il biennio 2014-2015 ai fini dell'esclusione dal patto di stabilità interno. Inoltre, il medesimo articolo 48, con riferimento agli interventi di cui all'articolo 18, comma 8-ter, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 (il cosiddetto decreto del fare), recante disposizioni in materia di riqualificazione e di messa in sicurezza delle istituzioni scolastiche statali, con particolare riguardo a quelle in cui è stata censita la presenza di amianto, prevede un intervento di assegnazione di risorse del Cipe, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nell'ambito della programmazione nazionale del fondo per lo sviluppo e la coesione relativa al periodo 2014-2020, fino all'importo massimo di soli 300 milioni di euro, previa verifica, peraltro, dell'utilizzo delle risorse assegnate nell'ambito della programmazione 2007-2013 del fondo medesimo e di quelle assegnate a valere sugli stanziamenti relativi al programma delle infrastrutture strategiche per l'attuazione di piani stralcio del programma di messa in sicurezza degli edifici scolastici;
   l'annunciato finanziamento da parte dell'Esecutivo pari a 3,5 miliardi di euro non ha trovato alcun riscontro nell'ambito di tutti provvedimenti varati sino ad oggi;
   solo la scorsa settimana il Ministro interrogato, al termine di un'audizione svoltasi alla Camera dei deputati, ha dichiarato, come pure si evince dalla stampa nazionale, di aver concordato un incontro con il Ministro dell'economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan, per capire effettivamente quali siano le possibilità economiche «perché si programma quando ci sono fondi certi»;
   per quanto risulta agli interroganti, risulterebbero circa 4.500 scuole che hanno già inoltrato le loro richieste per l'apertura dei cantieri –:
   quali elementi il Governo intenda fornire al Parlamento, per quanto di competenza, sulla certezza delle risorse che il Governo intende concretamente destinare al finanziamento dell'edilizia scolastica alla luce di quanto descritto in premessa.
(3-00792)


Tempi per l'adozione dei decreti attuativi del decreto-legge n. 104 del 2013 in materia di istruzione, università e ricerca – 3-00793

   SANTERINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   si registrano ritardi nel cronoprogramma dei decreti attuativi del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, recante «Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca», convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128;
   allo stato risulterebbero emanati, nei tempi previsti dal provvedimento, solo alcuni decreti: quello relativo al bando nazionale per i progetti delle scuole contro la dispersione scolastica, emanato il 7 febbraio 2014, quello per finanziamenti agli istituti per le reti wireless, emanato il 9 ottobre 2013, ed il decreto relativo all'assunzione dei docenti su posto di sostegno del 6 febbraio 2014;
   mancherebbero all'appello quello relativo all'assegnazione delle risorse alle scuole per l'acquisto di libri e tablet (il cui termine era il 20 ottobre 2013) e quello per l'attribuzione di contributi e benefici agli studenti delle medie e delle superiori, che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, avrebbe dovuto attuare entro il 2 dicembre 2013, cui sarebbero dovuti seguire i bandi regionali;
   entro il 10 febbraio 2014 doveva partire il monitoraggio per valutare i sistemi di istruzione professionale, tecnica e liceale per poi concludersi entro un anno, ma manca il finanziamento;
   a maggio 2014 dovrebbero essere adottati: il codice di autoregolamentazione da parte di mass media e produttori sui contenuti dei messaggi pubblicitari sulle sigarette elettroniche ed il regolamento sulle modifiche alla durata del permesso di soggiorno per stranieri per la frequenza di corsi di studio e per formazione;
   entro il 2014 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dovrebbe, infine, definire come integrare le anagrafi degli studenti, misura particolarmente importante per prevenire la dispersione scolastica;
   vi sono poi altri provvedimenti attuativi per i quali non è stata definita una scadenza, né i relativi finanziamenti, come i programmi di educazione alimentare, le linee guida per una corretta alimentazione e la sperimentazione per il triennio 2014-2016 di periodi di formazione in azienda degli studenti degli ultimi due anni delle superiori –:
   se non ritenga di procedere senza ulteriori ritardi all'adozione dei decreti attuativi relativi al decreto-legge citato in premessa e di verificare, in particolare, se sia stata rispettata l'equa distribuzione dei posti di sostegno stabilizzati tra tutte le regioni, come prescriveva l'articolo 15, comma 2-bis, del citato decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, atteso che risulta che la percentuale degli insegnanti stabilizzati non sia uguale in tutte le regioni, ma che la metà delle regioni ha valori più alti.
(3-00793)


Iniziative in ordine al fenomeno del precariato nella scuola – 3-00794

   MOLEA, CAPUA e VEZZALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la scuola è afflitta da una «piaga»: quella del precariato;
   le legittime aspettative di generazioni di maestri e professori si sono trasformate in un'ingiusta «guerra tra poveri»: precari e abilitati a seguito del tirocinio formativo attivo, docenti in ruolo e supplenti, idonei e inidonei, visibili e invisibili. Ciascuno portavoce di legittime rivendicazioni;
   come il Ministro interrogato ha ricordato, nell'illustrazione delle linee programmatiche presso la Commissione cultura, scienza e istruzione della Camera dei deputati, «alcuni aspettano qualche anno, altri un decennio, altri ancora erano precari quando hanno iscritto un figlio alla prima elementare e continuano ad esserlo ancora, quando lo stesso figlio si diploma alla fine del liceo»;
   i numeri parlano chiaro: per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario, si hanno poco meno di 50 mila persone che svolgono – ormai «stabilmente» – un lavoro precario nelle scuole;
   per i docenti:
    a) poco meno di 170 mila sono inseriti nelle cosiddette graduatorie ad esaurimento di I, II, III fascia e IV fascia aggiuntiva, che costituiscono il cosiddetto precariato storico;
    b) più di 460 mila sono inseriti nelle graduatorie di istituto e utilizzati per le supplenze annuali e fino al termine delle lezioni, di cui 168 mila iscritti nelle graduatorie ad esaurimento;
    c) oltre 10 mila abilitati a seguito del tirocinio formativo attivo;
    d) quasi 70 mila hanno maturato titoli di servizio utili all'abilitazione grazie ad un percorso abilitante speciale;
    e) 55.000 diplomati magistrali;
    f) 40.000 idonei di vecchi concorsi;
   il precariato, alla luce di questi numeri, è un problema rilevante sotto il profilo quantitativo, drammatico per le vite di molte persone e di molte famiglie;
   non si può ignorarlo nella speranza che scompaia;
   più volte il Ministro interrogato ha ribadito l'esigenza di scegliere: soccombere all'emergenza o programmare, avvitarci nella contingenza o lavorare ad aggiustamenti strutturali;
   ebbene, il bivio più importante di tutti da affrontare è proprio questo, ossia se continuare ad approcciarsi al tema del precariato della scuola in termini emergenziali o darsi una prospettiva lungimirante che miri a risolvere la problematica strutturalmente –:
   come intenda affrontare la questione del reclutamento ai fini di contemperare l'esigenza di garantire una nuova classe di insegnati e allo stesso tempo soddisfare le legittime aspettative di chi come precario ha permesso sino ad oggi al sistema scolastico di non collassare, se intenda indire un nuovo concorso e come intenda corrispondere alle aspettative di tanti giovani laureati e non abilitati al fine di una loro partecipazione al concorso. (3-00794)


Chiarimenti ed iniziative in merito all'introduzione delle diciture «genitore 1» e «genitore 2» nei moduli per l'iscrizione ad istituti scolastici – 3-00795

   RAMPELLI, LA RUSSA, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nei moduli per l'iscrizione ad istituti scolastici e prescolastici per il prossimo anno in alcune aree territoriali le diciture «padre» e «madre» sono state sostituite dalle diciture «genitore 1» e «genitore 2»;
   le nuove diciture mortificano profondamente tutti quei genitori che vivono con normalità ma anche con orgoglio la propria genitorialità, tanto che il caso di una madre milanese, che ha cancellato «genitore 1» sostituendolo con «mamma», sta raccogliendo migliaia di consensi sul web;
   definire un padre ed una madre semplicemente come «genitore 1» e «genitore 2» significa svilire quel concetto di famiglia, i cui diritti sono espressamente riconosciuti dalla Costituzione –:
   sulla base di quali normative o istruzioni ministeriali sia stato disposto il cambio delle denominazioni sui moduli per l'iscrizione degli alunni di cui in premessa e se non lo ritenga lesivo della dignità di tutti quei genitori che sono semplicemente «papà» e «mamma». (3-00795)