Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 245 di venerdì 13 giugno 2014

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

  La seduta comincia alle 9,35.

  CLAUDIA MANNINO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amici, Biondelli, Michele Bordo, Boschi, Brescia, Brunetta, Caparini, Capezzone, Castiglione, Cirielli, Dambruoso, De Girolamo, Di Lello, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Giancarlo Giorgetti, Leone, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Ravetto, Realacci, Scalfarotto, Sisto, Speranza, Tabacci, Taglialatela e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente settantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

In morte dell'onorevole Bartolo Ciccardini.

  PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Bartolo Ciccardini, già membro della Camera dei deputati dalla V alla X legislatura.
  La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Approvazione in Commissione.

  PRESIDENTE. Comunico che, nella seduta di oggi, giovedì 12 giugno 2014, la XII Commissione permanente (Affari sociali) ha approvato, in sede legislativa, la seguente proposta di legge: BINETTI: «Disposizioni in materia di donazione del corpo post mortem e di utilizzo dei cadaveri ai fini di studio, di ricerca scientifica e di formazione» (100); GRASSI ed altri: «Disposizioni in materia di donazione del corpo post mortem ai fini di studio e di ricerca scientifica» (702); DORINA BIANCHI: «Disposizioni in materia di utilizzo del cadavere per scopi di studio, ricerca e di formazione» (1250), in un testo unificato con il seguente titolo: «Norme in materia di disposizione del proprio corpo e dei tessuti post mortem a fini di studio e di ricerca scientifica» (100-702-1250).

Discussione del disegno di legge: S. 1465 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, recante misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale. Deleghe al Governo per il completamento della revisione della struttura del bilancio dello Stato, per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa, nonché per l'adozione di un testo unico in materia di contabilità di Stato e di tesoreria (Approvato dal Senato) (A.C. 2433) (ore 9,40).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2433, Pag. 2già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, recante misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale. Deleghe al Governo per il completamento della revisione della struttura del bilancio dello Stato, per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa, nonché per l'adozione di un testo unico in materia di contabilità di Stato e di tesoreria.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2433)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Sinistra Ecologia Libertà, MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che le Commissioni V (Bilancio) e VI (Finanze) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la V Commissione (Bilancio), deputato Fauttilli.

  FEDERICO FAUTTILLI, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, colleghi, Viceministro, nel corso della mia relazione, mi soffermerò brevemente sugli ambiti del provvedimento di più diretta attinenza della Commissione bilancio. Prima, però, di passare ad analizzare le disposizioni del provvedimento, intendo evidenziare come i tempi ridotti che hanno avuto a disposizione le Commissioni V e VI per l'esame del provvedimento in sede referente, a causa del lungo iter legislativo che ha avuto luogo presso il Senato, di fatto hanno inevitabilmente inciso sul lavoro delle Commissioni stesse, che, in concreto, non sono state nelle condizioni di potere apportare modificazioni al testo.
  Adesso, senza entrare nel merito della spinosa questione dei rapporti tra i due rami del Parlamento nell'esame dei decreti-legge – che sarà sicuramente oggetto di una apposita iniziativa preannunciata dai presidenti delle due Commissioni bilancio e finanze nei confronti della Presidente della Camera – e sottolineando ancora una volta l'esigenza non più eludibile di una rivisitazione dei regolamenti parlamentari, ritengo tuttavia che il decreto-legge, seppur perfezionabile in alcuni punti, preveda significativi interventi normativi e finanziari in grado di incidere positivamente sulla situazione economica esistente.
  L'intervento, finalmente realizzato dal Governo, dopo molti proclami e analisi sul cuneo fiscale e in particolare sull'Irpef, è da tutti valutato positivamente, dai sindacati alle associazioni di categoria; non ultimo, il voto del 25 maggio sta a dimostrare la bontà del provvedimento.
  In effetti, il decreto-legge reca interventi di revisione e razionalizzazione della spesa pubblica, anche allo scopo di reperire le risorse necessarie per la copertura delle misure contenute nel provvedimento. In tale ambito, sono specificati gli obblighi di pubblicazione dei dati relativi alla spesa delle pubbliche amministrazioni e alla tempestività dei pagamenti e si dispone una riduzione della spesa per acquisto di beni e servizi.
  Tra le ulteriori numerose misure di controllo e riduzione della spesa pubblica recate dal provvedimento desidero citarne alcune: innanzitutto, l'ampliamento del ricorso a Consip o agli altri soggetti aggregatori per lo svolgimento delle procedure di acquisto di beni e servizi e il rafforzamento dei compiti dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici; l'abbassamento a 240 mila euro del limite previsto per il trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceva, a carico delle finanze pubbliche, emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali e con società dalle stesse partecipate; l'introduzione di nuovi limiti di spesa per gli incarichi di consulenza, studio e ricerca, per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, Pag. 3nonché per le autovetture di servizio; un risparmio di spesa per i Ministeri e la Presidenza del Consiglio dei ministri per il 2014; la riduzione dell'indennità di diretta collaborazione del personale in servizio presso gli uffici di diretta collaborazione dei Ministri; l'affidamento al sistema di pagamenti centralizzato presso il Ministero dell'economia e delle finanze di talune categorie di prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche, quali le ritenute periodiche sugli stipendi dei dipendenti e copie ed estratti di documenti di archivio ed altri; il contenimento della spesa degli organi costituzionali, nonché della Corte dei conti, del Consiglio di Stato, dei TAR, del Consiglio superiore della magistratura, del Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia e del CNEL; la soppressione dei regimi tariffari postali agevolati previsti per i candidati alle elezioni; alcune modifiche alla legge n. 56 del 2014 in materia di città metropolitane, province e comuni; la riduzione dei costi operativi delle società partecipate o controllate dallo Stato; il riassetto industriale della RAI, con la riduzione del relativo finanziamento; un programma di razionalizzazione delle aziende speciali, delle istituzioni e delle società direttamente o indirettamente controllate dalle amministrazioni locali; il contenimento della spesa per le locazioni passive e per la manutenzione degli immobili, nonché, per ultimo, la razionalizzazione degli spazi in uso alle amministrazioni pubbliche.
  Si prevedono altresì riduzioni di spesa per le regioni a statuto ordinario, nonché per le regioni a statuto speciale e le province autonome e si dispone altresì che le province, le città metropolitane e i comuni assicurino un contributo alla finanza pubblica per gli anni dal 2015 al 2017.
  Un'apposita disposizione prevede, poi, l'avvio di un programma straordinario di riaccertamento dell'effettiva consistenza dei residui passivi iscritti nel bilancio dello Stato.
  Oltre, però, alle misure di contenimento della spesa, il provvedimento reca norme per accelerare il processo di smaltimento dei debiti dello Stato, degli enti locali e delle regioni nei confronti delle imprese. A tal fine, si estende e velocizza il rilascio dello strumento della certificazione del credito, si estende la garanzia dello Stato sulle cessioni e si amplia il ruolo della Cassa depositi e prestiti.
  Si prevedono, quindi, nuove modalità di monitoraggio dei debiti delle pubbliche amministrazioni, dei pagamenti e dei ritardi nei pagamenti rispetto ai termini fissati dalla disciplina europea; si amplia il perimetro delle amministrazioni pubbliche tenute alla certificazione dei debiti, con la previsione di sanzioni a carico sia delle amministrazioni sia dei dirigenti responsabili; si aumenta la dotazione per il pagamento dei debiti maturati alla data del 31 dicembre 2013 da parte delle società e degli enti partecipati dagli enti locali e per i pagamenti da parte delle regioni e degli enti locali. Sono previste, inoltre, misure specifiche per le regioni sottoposte a piani di rientro sanitario e per i comuni dissestati.
  Inoltre, si introducono strumenti volti a favorire la cessione dei crediti di parte corrente certificati da parte di pubbliche amministrazioni diverse dallo Stato, con la garanzia dello Stato, che possono essere acquistati dalla Cassa depositi e prestiti e dalle istituzioni finanziarie dell'Unione europea e internazionali; sono ampliate le fattispecie di compensabilità dei crediti e si introduce l'obbligo per le pubbliche amministrazioni di allegare alle relazioni e ai bilanci un prospetto attestante l'importo dei pagamenti relativi a transazioni commerciali effettuati dopo la scadenza dei termini vigenti, nonché il cosiddetto indicatore annuale di tempestività dei pagamenti. Si stabilisce, altresì, che le amministrazioni dovranno adottare, a decorrere dal 1o luglio 2014, il registro unico delle fatture. Si prevede, altresì, un'anticipazione di liquidità per il pagamento dei debiti della società EUR Spa. Per il reperimento delle risorse concernenti il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, si autorizza l'emissione di titoli di Stato e si modificano i saldi di finanza pubblica indicati dalla legge di stabilità 2014.Pag. 4
  Si prevedono, altresì, specifiche misure per interventi di edilizia scolastica, disponendosi l'esclusione per gli anni 2014 e 2015 dal Patto di stabilità interno delle spese sostenute dai comuni per tale finalità, nonché l'assegnazione da parte del CIPE di risorse per la prosecuzione del programma di interventi di riqualificazione e messa in sicurezza delle istituzioni scolastiche statali.
  Quanto al disegno di legge di conversione, si interviene su alcuni dei termini di delega recati dalla legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 2009, il cui termine di esercizio è scaduto al 1o gennaio 2014. In particolare per due deleghe – concernenti, rispettivamente, la riforma della struttura del bilancio dello Stato e il riordino della disciplina della gestione del bilancio, con potenziamento del bilancio di cassa – viene previsto un nuovo termine al 31 dicembre 2015, mentre per la terza, relativa alla predisposizione di un testo unico delle disposizioni in materia di contabilità di Stato, viene fissato un nuovo termine al 31 dicembre 2016.
  In conclusione, Presidente, esprimo una valutazione complessivamente favorevole sul provvedimento all'esame dell'Assemblea.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore per la VI Commissione (Finanze), deputato Petrini.

  PAOLO PETRINI, Relatore per la VI Commissione. Signor Presidente, Viceministro, colleghi, svolgerò una sintesi di questa relazione che poi consegnerò.
  Il provvedimento in esame – che si inserisce nel più ampio percorso di riforme economiche e istituzionali avviate dal Governo in questi ultimi mesi – costituisce il tentativo più compiuto e maturo per aumentare la crescita attraverso il sostegno ai consumi e la riduzione del peso fiscale sulle imprese. Questo obiettivo viene perseguito attraverso uno sforzo redistributivo che costituisce l'elemento che connota unitariamente tutte le misure presenti nel decreto-legge, indipendentemente dai singoli settori di intervento. In particolare, si restituiscono soldi ai cittadini e alle imprese attraverso un consistente recupero di risorse proveniente dalla riduzione della spesa pubblica e dalla tassazione delle rendite.
  Limitandosi a svolgere una sintetica, appunto, illustrazione delle disposizioni, è possibile individuare tre grandi aree di intervento: il settore fiscale, l'efficientamento del procedimento di pagamento dei debiti degli enti locali nei confronti delle imprese e la rimodulazione di alcune disposizioni in materia di spending review.
  In particolare, per il settore fiscale la misura più nota è indubbiamente rappresentata dall'introduzione del bonus di 80 euro. Si dispone, infatti, limitatamente all'anno 2014, il riconoscimento di un credito fiscale ai percettori di redditi di lavoro dipendente e di taluni redditi assimilati. L'importo del credito è pari a 640 euro se il reddito complessivo non è superiore a 24 mila euro e decresce linearmente al superamento del predetto limite, fino ad azzerarsi al raggiungimento di un livello di reddito pari a 26 mila euro. Si tratta di uno dei più significativi interventi in materia di riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti che – come è stato stabilito durante l'esame del provvedimento in Senato – sarà reso strutturale attraverso la legge di stabilità 2015, prevedendo prioritariamente interventi di natura fiscale che privilegino, con misure appropriate, il carico di famiglia e, in particolare, le famiglie monoreddito con due o più figli a carico.
  Il secondo aspetto rilevante, per quanto riguarda l'ambito fiscale, è la riduzione delle aliquote dell'imposta regionale sulle attività produttive applicabili ai diversi soggetti passivi del tributo. Questa disposizione, che determina complessivamente un taglio strutturale del 10 per cento dell'IRAP, è un primo passo concreto nella direzione di un progressivo abbassamento del carico fiscale che pesa sulle nostre imprese. A questi interventi in favore dei lavoratori e delle imprese corrisponde l'aumento delle ritenute e delle imposte sostitutive sui redditi di natura finanziaria dal 20 al 26 per cento che interpreta Pag. 5l'esigenza di spostare progressivamente il peso della tassazione dall'economia reale alle rendite.
  Sulla base di questa nuova disciplina l'articolo 12, comma 4, prevede che il versamento dell'imposta sostitutiva sulla rivalutazione delle quote di partecipazione al capitale di Banca d'Italia sia effettuato in un'unica soluzione nella misura del 26 per cento del valore nominale delle quote al netto del valore fiscalmente riconosciuto al 31 dicembre 2013. Ricordo che precedentemente questa misura era stata fissata al 12 per cento. È importante sottolineare che, rispetto a queste nuove misure, vengono fatti salvi alcuni trattamenti particolarmente rilevanti nel nostro Paese, come ad esempio i fondi pensione.
  La seconda significativa area di intervento del decreto in esame riguarda lo smaltimento dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese: un aspetto, questo, che ha impegnato il Parlamento e gli ultimi Governi a più riprese e che ha portato ad una incisiva immissione di liquidità nel sistema.
  L'obiettivo delle norme inserite in questo provvedimento, in linea con quanto è scritto nel DEF, è non solo quello di riuscire a diminuire drasticamente l'arretrato della pubblica amministrazione in materia di pagamenti alle imprese ma anche quello di impedire la formazione di nuovo debito. Per ottenere questo risultato non solo si stanziano ulteriori risorse per circa, complessivamente, 10 miliardi di euro, ma si introducono una serie di strumenti innovativi per velocizzare il procedimento e ampliarne l'ambito applicativo. In particolare, si potenzia lo strumento della certificazione, ampliando il perimetro delle amministrazioni pubbliche tenute alla certificazione dei debiti non estinti.
  Per favorire la cessione dei crediti delle pubbliche amministrazioni per i crediti certi, liquidi ed esigibili che interessano somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali, maturati al 31 dicembre 2013 e certificati, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, è prevista la concessione della garanzia dello Stato a partire dal momento dell'effettuazione di operazioni di cessione ovvero di ridefinizione con banche o intermediari finanziari. La Cassa depositi e prestiti e le istituzioni finanziarie dell'Unione europea e internazionali possono acquisire dalle banche e dagli intermediari finanziari i crediti assistiti dalla garanzia dello Stato, anche al fine di effettuare operazioni di ridefinizione dei termini e delle condizioni di pagamento dei relativi debiti.
  Sulla compensabilità, altro aspetto molto importante, l'articolo 39 introduce la possibilità di compensazione dei crediti verso la pubblica amministrazione anche per quelli maturati dal 1o gennaio 2013 in poi.
  L'articolo 40, invece, amplia la platea dei crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione compensabili con le somme iscritte a ruolo, differendo dal 31 dicembre 2012 al 30 settembre 2013 il termine entro il quale devono essere state notificate le relative cartelle di pagamento al fine di usufruire di detta compensazione.
  Infine, non ci si limita ad intervenire sui debiti della pubblica amministrazione ma si prendono in considerazione anche le partecipate.
  L'ultimo grande tema affrontato dal decreto riguarda la spending review. In questo caso, deve essere sottolineata con favore la scelta di finanziare gli interventi per la crescita attraverso un importante contenimento della spesa pubblica.
  Inoltre – e si tratta di un'altra novità – si abbandona la logica dei soli tagli lineari e si inizia a percorrere la strada delle riforme di sistema per diminuire gli sprechi e qualificare la spesa pubblica.
  In tema di innovazione della pubblica amministrazione e contenimento dei costi, per i profili di interesse della Commissione che rappresento, la Commissione finanze, segnalo alcune altre questioni come: l'obbligo per tutte le pubbliche amministrazioni di adottare, a decorrere dal 1o luglio 2014, il registro unico delle fatture; oppure, altro provvedimento significativo, la soppressione dei regimi tariffari postali Pag. 6agevolati previsti per i candidati alle elezioni e per le comunicazioni da parte dei partiti; il contenimento della spesa per le locazioni passive e per la manutenzione degli immobili e la razionalizzazione degli spazi in uso alle amministrazioni pubbliche oltre alla possibilità, per queste, di recesso dai contratti in essere.
  Vi è poi l'articolo 4, comma 12-quater, che interviene sulla delicata questione della TASI, fissando per il 2014 diverse scadenze per il pagamento del tributo; e il comma 11 dello stesso articolo 4, laddove consente la rivalutazione dei beni d'impresa mediante il pagamento di un'imposta sostitutiva in tre rate.
  Significativo è anche il provvedimento contenuto nell'articolo 11-bis, che consente ai contribuenti che sono decaduti dal beneficio della rateizzazione dei debiti fiscali di presentare la richiesta, anche per quelli appunto decaduti non oltre il 22 giugno 2013, e chiedere entro il 31 luglio 2014 un nuovo piano di rateazione.
  Vi è poi la riduzione dei compensi riconosciuti alle banche per il servizio di pagamento di imposte e contributi versati con il modello F24; così come un regime di favore per gli agricoltori che producono energia da fonti rinnovabili, mentre si punta a recuperare 350 milioni dall'IMU dei terreni che non sono a destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva, e soprattutto che non ricadono in zone montane o di collina. È previsto un maggior incasso IVA di 650 milioni in relazione al pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, con una clausola di salvaguardia che altrimenti prevederebbe l'aumento delle accise.
  Un rafforzamento delle strategie di contrasto all'evasione fiscale, con la presentazione anche di un rapporto, regione per regione, su quelli che sono i risultati, per avere poi, attraverso un efficientamento del lavoro, un incremento di almeno 2 miliardi di entrate dalla lotta all'evasione fiscale nell'anno 2015 rispetto al 2013.
  Segnalo in ultimo il comma 11 dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione, anch'esso introdotto dal Senato, il quale reca una nuova formulazione dell'invarianza finanziaria della legge di delega fiscale, prevedendo a tal fine anche la possibilità di compensazione contabile tra i decreti legislativi attuativi, mediante la costituzione di un apposito fondo cui affluiscono le risorse finanziarie recate dai decreti legislativi presentati prima o contestualmente a quelli che comportano oneri.
  Concludo, signor Presidente. Meglio abbassare le tasse che puntare agli investimenti pubblici, vista l'attuale scarsa efficienza della pubblica amministrazione e il terribile livello di corruzione: meglio, in questo momento, puntare ad abbassare le imposte sulle persone che consumano, piuttosto che sulle imprese, visto che si avvantaggerebbero solo quelle già più competitive, che esportano e che tra l'altro sono concentrate nel centro nord del Paese. È questa in definitiva la strada giusta ? Io credo di sì: dopo questi lunghi anni di crisi economica la domanda interna, la spesa degli italiani è diminuita di 60 miliardi. Lo stimolo ai consumi è chiaramente il miglior innesco possibile per ricominciare a crescere in un clima di maggior fiducia, utile ad attizzare questa ripresa ancora incerta. Per riuscire abbiamo bisogno di perseguire la sostenibilità del debito pubblico e l'equilibrio delle partite correnti, ma abbiamo anche bisogno di far comprendere ai nostri compagni di strada europei che se miglioriamo troppo in fretta possiamo prenderci un esaurimento.
  È quindi del tutto ragionevole presentare un saldo strutturale che migliora meno del previsto. Questa strada va ora allargata, come già indicato dal Governo, a pensionati ed incapienti; senza dimenticare che in Italia ci sono 1 milione 130 mila famiglie senza alcun reddito da lavoro, che versano in condizioni di estrema povertà, come ci ha ricordato l'ISTAT: a queste dovremo dedicare la nostra maggiore attenzione nei prossimi mesi.

  (Il Presidente autorizza, sulla base dei criteri costantemente seguiti, la pubblicazione in calce al resoconto stenografico Pag. 7della seduta odierna, del testo integrale della relazione).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

  ENRICO MORANDO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, semplicemente per dire che mi riservo di intervenire in sede di replica, dopo che qualche intervento si sarà sviluppato su questo argomento.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Renzo Carella. Ne ha facoltà.

  RENZO CARELLA. Signor Presidente, colleghi, rappresentante del Governo, questa mattina stiamo discutendo delle misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale. Naturalmente i giornali, la stampa hanno stigmatizzato questo provvedimento in maniera abbastanza semplicistica, parlando di bonus IRPEF: gli 80 euro, che molto hanno fatto discutere, soprattutto nella recente campagna elettorale per le elezioni europee. Ma leggendo e approfondendo il provvedimento, vediamo che si tratta anche di altro, e soprattutto di misure che tendono a modificare e ad invertire una rotta che per troppi anni è stata individuata, ma mai nessuno ha cercato di scalfire.
  Naturalmente il Partito Democratico e il Governo danno molta importanza a questo provvedimento e soprattutto ritengono che la scelta di dare, attraverso l'abbattimento del carico Irpef, 80 euro a famiglia, circa a 11 milioni di italiani, è una vera e propria rivoluzione rispetto ai sacrifici, all'erosione che la crisi ha prodotto in questi anni. Io vorrei ricordare che non c’è stato contratto di lavoro negli ultimi vent'anni che ha raggiunto un obiettivo così forte, che naturalmente non poteva riguardare milioni di persone. Quindi non va sottovalutata questa inversione di tendenza, soprattutto un atto che restituisce a milioni di cittadini una fiducia verso le istituzioni e verso lo Stato, che non è uno Stato che prende ma in un momento di grave difficoltà ha il coraggio di dare e di indicare la strada dove reperire le risorse, che sono i tagli alla spesa pubblica, che spesso è inefficiente, che nasconde privilegi e anche sacche di immoralità, come quelle che stanno emergendo in questi giorni, ed individua rispetto al passato anche una strada che non è quella del taglio selettivo, ma un taglio che va a guardare al merito delle scelte, che premia anche le amministrazioni locali che fanno degli sforzi per individuare efficienza e risparmio, non negando ai cittadini quei servizi che in un momento così particolare di crisi sono essenziali.
  Credo che questo vada incoraggiato, non con le polemiche, anche quelle che in questi giorni si sono attivate rispetto a delle legittime osservazioni che anche gli uffici di Camera e Senato hanno fatto rispetto all'aumento dell'aliquota sulle transazioni finanziarie dal 20 al 26 per cento. Su questo si è detto che è una previsione che non si realizzerà perché ci sarà una fuga di risparmiatori rispetto a certi investimenti, soprattutto a quelli di carattere azionario, verso i più facili rendimenti del debito pubblico, dei BOT e dei CCT. Intanto in questo momento, per fortuna del debito pubblico e delle casse dello Stato, quei rendimenti sono bassi, anche per una congiuntura positiva. Certamente non ci sarà questa fuga e quindi quella previsione riguardo a ciò che serve a finanziare questo provvedimento, come altre, non si verificherà.
  Noi pensiamo che il decreto-legge sia importante per tutte quelle famiglie che fanno fatica ad arrivare a fine mese; alcuni hanno ironizzato sulla pochezza dell'intervento e naturalmente è stato risposto e credo che gli italiani alla fine hanno capito perché anche la manifestazione del voto e del consenso ha dimostrato che si è capita la portata di questo provvedimento. Certo che non è esaustivo rispetto ad una crisi che abbiamo che è una crisi epocale, strutturale. C’è bisogno di un cammino, di un'attenzione e di provvedimenti di lunga durata ma certamente Pag. 8è stato un atto importante che ha dato fiducia e ridà fiducia alle persone e alle famiglie.
  Certo – questo è un impegno che il Governo si sta prendendo con la prossima legge di stabilità – non deve essere un provvedimento estemporaneo, noi vogliamo che questi provvedimenti siano stabilizzati nel tempo e che la fascia delle persone che possono godere di questo provvedimento sia estesa, a cominciare dalle famiglie monoreddito, con figli a carico, a cominciare dai pensionati che hanno pensioni minime. Questo è l'impegno del Governo, certo traendo vantaggio da entrate, come l'impegno che c’è per quanto riguarda la lotta all'evasione fiscale per arrivare al 2015 a un aumento di 2 miliardi di lotta all'evasione e l'impegno del Governo a riferire alle Camere su quanto si sta facendo, selezionando il Paese regione per regione.
  Questo mi pare un percorso, una strada giusta perché non ci sono comportamenti uguali dalle Alpi alla Sicilia. Tutto questo va analizzato e il Parlamento deve vigilare perché il Governo mantenga questi impegni di lotta all'evasione fiscale.
  Bisogna, anche a tal proposito, sfoltire quelle stazioni appaltanti che nel nostro Paese sono migliaia, cosa che il Governo si è impegnato a fare attraverso questa aggregazione, portandola a qualche decina rispetto alle migliaia di oggi. Questo che cosa vuol dire ? Vuol dire, per lo Stato, pagare i beni e i servizi allo stesso modo, a Milano o a Reggio Calabria. Sono note le polemiche e i dati delle ASL: una siringa si paga in maniera sproporzionata tra un'ASL e l'altra di una regione e da regione a regione, con spreco di risorse importanti, che vanno destinate alla garanzia del diritto alla salute dei cittadini. Allora questo accorpare vuol dire anche rendere più trasparenti i costi delle prestazioni e degli acquisti e darne comunicazione presso un centro che dia conto pubblicamente e continuamente di quanto lo Stato, un ente, una regione, un'ASL paga un determinato servizio o un determinato acquisto.
  Vedete, queste non sono azioni di propaganda, ma azioni che vanno a minare un'incrostazione di sprechi, di privilegi e di immoralità che stanno emergendo e che noi vogliamo sostenere con un'azione politica e non limitandoci a fare delle considerazioni di carattere strumentale su ogni evento che emerge. Allora, voi vedete che l'azione di questo Governo è un'azione che ha aperto una fiducia straordinaria nel Paese, che non possiamo sciupare perché il Paese vinca una sfida così difficile: noi dobbiamo reinventare un sistema produttivo nel nostro Paese, dobbiamo reinventare una missione nel nostro Paese. Ci sono tutte le possibilità, tutte le capacità, tutte le intelligenze, ma il Paese ci deve credere perché si deve riconoscere in una classe politica, in un Governo che chiama ai sacrifici ma indica degli obiettivi.
  Anche l'intervento che è stato fatto per le piccole e medie imprese di riduzione dell'IRPEF è un intervento straordinario perché sono settori trainanti della nostra economia. Quando si va all'estero con qualsiasi delegazione i nostri partner ci chiedono: come avete fatto ? Come funziona il vostro sistema delle piccole e medie imprese ? Ci viene riconosciuta questa peculiarità e in questo versante noi dobbiamo investire e dobbiamo sostenere queste imprese, che possono ritrovare un'efficienza e una capacità di penetrare nel mercato europeo e mondiale.
  Io non la voglio fare molto lunga, ma voglio, anche qui, indicare e concludere questo mio intervento pensando al futuro e soprattutto ai giovani. Vedete, in questi mesi, ogni giorno, esce una statistica, un indicatore che dà delle cifre drammatiche. Noi dobbiamo rispondere a questo disagio, a queste difficoltà. Noi dobbiamo rispondere a giovani che hanno passione e che hanno voglia di mettersi in gioco e di entrare nel mercato del lavoro. Anche a tal proposito, vorrei sottolineare che sono tra quelli che vanno in pensione a 67 anni con la legge Fornero – l'ho anche votata e quindi ne sono consapevole – ma credo che su questo fronte, non solo per i dipendenti pubblici, ma anche per i dipendenti Pag. 9di imprese private, noi attraverso anche una collaborazione e un contributo di solidarietà, dobbiamo permettere a quelle persone che devono aspettare i 67 anni di anticipare l'età pensionabile per permettere a decine di migliaia di giovani di entrare nel modo produttivo e nel mondo del lavoro.
  Questi sono segnali che il Governo deve dare, che la gente si aspetta, c’è un credito di fiducia straordinario. Mai in un momento della vita della nostra repubblica un Governo, in un momento di grave e grande difficoltà, in un'elezione che segnava un rifiuto della politica e delle istituzioni per le quali si stava votando, ha ricevuto un consenso così ampio e così straordinariamente importante. Credo che il Governo Renzi non tradirà questo fiducia che gli italiani gli hanno dato.
  Allora noi, e concludo, con questo provvedimento, pensiamo si stia cambiando rotta, è l'inizio di una nuova fase che saprà tenere insieme la crescita e l'equità sociale, che farà ritrovare al Paese ferito dalla crisi speranza e fiducia per il proprio futuro.

  PRESIDENTE. Constato l'assenza del collega Prataviera, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
  È iscritto a parlare il deputato Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Signor Presidente, questo provvedimento è sicuramente importante e Scelta Civica lo ha sostenuto fin dall'inizio. È importante perché il primo intervento, quello di cui più si è parlato, i famosi 80 euro di bonus fiscale, è il primo vero intervento sul cuneo fiscale, la prima vera riduzione che si ha, è il primo vero segnale di un'intenzione di cambiare rotta sotto il profilo della tassazione. Fino ad oggi si è andati avanti per anni aumentando le tasse, è la prima volta che si restituisce qualcosa cittadini e, quindi, è sicuramente un intervento importante ed è abbastanza singolare che le contestazioni siano venute, in particolare, da chi in questi anni ha portato all'aumento della tassazione, sia con la spesa pubblica, che con la cattiva gestione del Paese.
  Lo stesso vale per quello che riguarda l'IRAP. È chiaro che la riduzione non è una riduzione totale come le imprese avrebbero auspicato, non è una totale eliminazione, non ha un impatto probabilmente fortissimo sulle nostre imprese, però è, anche in questo caso, un inizio, un inizio importante e dà un segnale di direzione; questo credo sia un fatto essenziale di questo provvedimento.
  Anche gli interventi sui pagamenti alle imprese sono importanti, perché erano stati annunciati: oramai il primo provvedimento sui pagamenti alle imprese risale alla fine del Governo Monti e poi al Governo Letta, ma è indubbio che la procedura è andata a rilento e che anche sotto il piano dell'informativa e della trasparenza ci sono stati dei problemi. Quindi è importante che si spinga moltissimo su questo aspetto che serve per la fiducia alle imprese, serve perché non ha senso, come si dice spesso, che le imprese facciano la banca per lo Stato e serve per rilanciare la competitività di aziende che stanno cominciando a ripartire, ma che non possono avere l'onere finanziario di vedere continuamente ritardati loro pagamenti.
  Ci sono altri interventi positivi: da quelli relativi al monitoraggio e l'informazione sull'evasione fiscale, a quelli sulla riduzione della spesa, dove è importante che le riduzioni di spese di 2 miliardi 100 milioni imposti siano misurate anche secondo dei criteri premiali in relazione a quali amministrazioni si siano comportate meglio. Questo è un segnale importante, vedremo il decreto della Presidenza del Consiglio che dovrà stabilire effettivamente come verranno fatte queste riduzioni, ma è importante che si cambi, come è stato detto da altri, rispetto all'abitudine dei tagli lineari che sono stati una pessima abitudine degli ultimi anni, che avevano essenzialmente come motivazione quella che non si voleva scontentare nessun bacino elettorale specifico, nessun'area di riferimento specifica e quindi chiaramente è più facile colpire tutti, piuttosto che intervenire in maniera selettiva.Pag. 10
  Ci sono una serie di altri interventi positivi come quelli sui tagli alle consulenze, quelli sui tagli alle autovetture, che sono ovviamente simbolici e non di impatto finanziario, ma in questo momento in cui la nostra politica ha dato, e sta dando, degli esempi sicuramente negativi è importante dare anche questo tipo di segnali.
  Quindi, sotto il profilo generale, il nostro giudizio sul decreto è positivo. Ci sono sicuramente, dal nostro punto di vista, degli aspetti, invece, meno positivi, in particolare il ricorso all'aumento della tassazione sulle rendite finanziare, che ha una sua motivazione nel passaggio della tassazione dal reddito a quella che viene considerata rendita improduttiva; probabilmente avrà anche degli effetti negativi. Sarebbe stato meglio finanziare con tagli di spesa, piuttosto che con nuove tasse, il provvedimento, perché di fatto si sono favoriti i titoli di Stato – e questo è comprensibile –, ma quelle che si chiamano rendite improduttive poi sono gli strumenti di capitalizzazione delle imprese ed è indubbio che questo possa avere un effetto sulla capacità delle imprese di raccogliere capitali e fonti di finanziamento.
  Noi avevamo presentato un emendamento, ad esempio, che prevedeva quanto meno la disapplicazione in relazione alle start up e alle società innovative, perché è indubbio che per favorire l'accesso di capitali laddove le banche non prestano, cioè a chi sta partendo, sarebbe stato molto utile poter dire di avere un trattamento fiscale agevolato. È un tema su cui torneremo in seguito.
  L'altro aspetto sul quale avremmo voluto vedere più coraggio è l'aspetto delle società partecipate, soprattutto delle partecipate degli enti locali. È prevista la predisposizione di un programma da parte del commissario Cottarelli. Avevamo anche in questo caso presentato già al Senato un emendamento che è stato respinto, in cui chiedevamo che venisse previsto in quella stessa norma, nell'articolo 23, anche esplicitamente un piano o un principio di dismissione, da parte degli enti locali, delle società partecipate che non fanno servizi pubblici. Infatti, noi abbiamo un problema nazionale gravissimo che è quello di avere – credo – 40 mila, o qualcosa del genere, partecipazioni degli enti locali in società che operano sul mercato e, di queste, quelle che fanno servizi realmente pubblici sono pochissime. Delle 7-8 mila società in cui ci sono partecipazioni, ci sono – se ricordo i dati del MEF – società che vanno dal noleggio al turismo, società immobiliari e nella grandissima maggioranza sono in perdita.
  Esistono principi generici sul fatto che queste aziende vadano dismesse o liquidate ? Di fatto, il nostro sistema pubblico è ancora sterminato e sul settore degli enti locali, più che su quello dello Stato, gli interventi sono abbastanza timidi. Lo stesso DEF dice molto poco. Se non si attacca quell'aspetto una possibilità di ridurre davvero la spesa pubblica è – a nostro giudizio – quasi insussistente.
  In via più generale, questo è un provvedimento che può essere considerato un primo passo. Si parla di misure urgenti per la competitività. La competitività sicuramente potrà essere favorita dal fatto che le imprese potranno auspicabilmente recuperare più soldi dalle pubbliche amministrazioni, dal fatto che c’è una riduzione, per quanto limitata, dell'IRAP. Però la competitività delle imprese è fatta soprattutto di altre cose: è fatta di riduzione della pressione fiscale, che è possibile solo con i tagli alla spesa, è fatta di costo dell'energia, è fatta di semplificazioni, è fatta di giustizia e di liberalizzazioni. Tutti questi temi sono le sfide dei prossimi mesi.
  Ovviamente io considero molto importante questo provvedimento, però, se possiamo dirlo, forse è la parte più facile per una maggioranza approvare un provvedimento di questo tipo e trovare un consenso su un provvedimento di questo tipo, perché si ridanno soldi ai cittadini, si abbattono le tasse sulle imprese, in misura limitata, e per il resto si prendono misure abbastanza generali e di impatto non così violento. Quando si inizia a parlare di liberalizzazioni, quando si parla di tagli alla spesa profondi, come quelli che nel Pag. 11prossimo anno il Governo ha annunciato, lì verranno al pettine i nodi veri e noi speriamo che il Governo dimostri fin da subito altrettanto coraggio sia sul programma si privatizzazioni sia su quello di liberalizzazioni e sul processo di semplificazione e riduzione della burocrazia.
  Un'ultima nota è quella a cui ha già accennato l'onorevole Fauttilli: il procedimento che è stato seguito dal punto di vista parlamentare è stato pessimo, nel senso che ci siamo trovati con pochissimi giorni per l'analisi davanti alla Camera. Credo che anche il procedimento di produzione legislativa, anche al Senato, abbia scontato dei problemi di qualità.
  Ecco, la qualità normativa è uno dei temi sui quali il Governo Renzi dovrebbe cercare di concentrarsi e di cambiare verso, come dice il Presidente del Consiglio, perché da troppo tempo si legifera male. Ci sono dei problemi sui quali siamo stati coinvolti in lunghe discussioni, dalla norma dell'articolo 17, sulla riduzione dei costi degli organi costituzionali, dove c’è un tema di costituzionalità sul quale c’è stata una lunghissima discussione, alla norma sulla proroga dei finanziamenti alle province per le prefetture, quelli di apertura diciamo così, sui quali c’è stata una lunghissima discussione, dovuta fondamentalmente al fatto che mancavano le informazioni e non si riusciva a capire che cosa si stesse facendo, alle norme sulla riduzione dei costi che prevedono ad esempio le modifiche dei contratti della pubblica amministrazione. Quelle norme sono scritte in un modo che, perlomeno a mio modo di vedere, presenta dei rischi, perché si interviene su dei diritti di imprese già acquisiti, sostanzialmente, perché sono contratti già conclusi e lo stesso vale per le locazioni. Ora è importantissimo tagliare la spesa, però non si può dimenticare che dall'altra parte ci sono delle controparti che hanno fatto dei contratti e, pur essendo fondamentali gli aspetti di finanza pubblica, queste sono imprese. Noi stiamo parlando di competitività delle imprese: si va ad incidere su delle imprese, modificando situazioni già avviate, che possono aver portato a degli investimenti.
  Tutte queste cose sono cose che avremmo dovuto avere il tempo di analizzare e discutere, perché introdurre una norma che possa essere poi attaccata non è sicuramente utile.
  Pertanto, nel confermare un giudizio che è sicuramente positivo sul contenuto generale di questo provvedimento, credo che sia fondamentale, a partire dai prossimi, cercare di legiferare con più attenzione alla qualità normativa, perché noi troppo spesso ci troviamo di fronte a provvedimenti che sono scarsamente comprensibili e che presentano dei problemi che sarebbe il caso di discutere e non abbiamo quel tempo. Ci ritroviamo a votare, come è probabile che sarà, nuovamente un'altra fiducia. Io credo che questo non faccia bene all'immagine del Governo e quindi penso che per il futuro si dovrebbe cercare di lavorare molto di più in Parlamento. In questo senso tutti noi, tutti i partiti, a partire dal Partito Democratico, che è il partito di maggioranza, dovremmo spingere per approvare la modifica ai Regolamenti parlamentari, che è in discussione, dove i lavori sono per qualche ragione sospesi – qualche ragione che non mi è chiara – da un po’ di tempo. Credo che si debba accelerare, perché questo continuo percorso, a ostacoli o accelerato, che abbiamo qui alle Camera è un po’ assurdo, nel senso che avrebbe molto più senso approvare un Regolamento e poi agire in conformità a quel Regolamento, piuttosto che fare deroghe continue a quelle che sarebbero le regole del Regolamento (e le chiamo deroghe per non chiamarle violazioni palesi).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Paglia. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI PAGLIA. Signor Presidente, non è mai piacevole intervenire su un decreto blindato, che arrivi già destinato al voto di fiducia prima ancora che inizi la discussione, dopo essere già passato, peraltro, dal voto di fiducia del Senato e Pag. 12senza che i tempi, a nostro modo di vedere, imponessero questa decisione. Rimane quasi una traccia di presa in giro, di svilimento dell'attività parlamentare, che poi altro non sarebbe che l'impegno nel rappresentare il popolo italiano, come prescritto dalla Costituzione. Rimane l'idea che non possa essere cambiato ciò che il Governo ha pensato, spinto dalle esigenze della campagna elettorale, che non ci si possa confrontare tra ipotesi e culture diverse, anche magari condividendo i fini ultimi di un provvedimento e forse persino i mezzi.
  Non avremmo voluto dare il nostro contributo, perché è da quando frequentiamo quest'Aula che ci battiamo per molte delle cose contenute in questo decreto, come la minore tassazione per il lavoro e la produzione ed il maggior peso fiscale sulle rendite finanziarie, ma anche contro molte altre, come il taglio lineare alla capacità di spesa degli enti locali e dello Stato.
  E poi avremmo anche voluto capire meglio perché non pensiamo, noi, che i centri studi di Camera e Senato siano covi di sabotatori del cambiamento renziano, o presunto tale, il cambiamento, ma nemmeno automaticamente portatori della verità. Certamente, però, sono luoghi chiamati nell'interesse pubblico a ragionare su limiti ed effetti di una norma in approvazione e il loro parere andrebbe quindi come minimo preso in considerazione e analizzato, non fosse altro che per farsi venire un dubbio e poi superarlo. Evidentemente, tuttavia, il dubbio non è una facoltà adatta a questi tempi di decisionismo spacciato come panacea, così come sembra non lo sia il dialogo, né la condivisione. Ciò che conta, invece – lo si è visto anche al Senato – è l'esibizione costante muscolare della propria forza, sia essa derivante dai numeri parlamentari o, se non bastano, peggio, dei numeri elettorali.
  Quindi succede che si discute per due ore e poi si mette la fiducia, approvando in meno di sessanta giorni – meno dei sessanta giorni previsti dalla Costituzione – un decreto-legge che rimane gonfio di incertezze e di perplessità, con un solo punto fermo: che da qui a fine anno qualche milione di persone, forse dieci, forse qualcuno in più, forse qualcuno in meno, ma comunque molti, riceverà 80 euro al mese in busta paga, per un totale di 640 euro. E a questo punto non può che scattare da parte nostra un applauso corale, da parte di un partito che da un anno produce emendamenti ad ogni provvedimento fiscale volti a restituire qualcosa a chi più paga e più soffre la crisi, dato che non ha mai goduto, nemmeno quando la crisi non c'era.
Poi, però, iniziano i problemi e non possiamo nasconderli. E d'altronde, è ovvio che sia così, dato che questo provvedimento non è figlio, come dicevo, di un reale e approfondito desiderio di ridurre ingiustizie e disuguaglianze, ma della volontà, invece, di offrire un concreto spot elettorale ad un'Italia smarrita. Si fa quella che è la promessa apparentemente più folle e la si rispetta, perché questo, si pensa, renderà automaticamente credibili tutte quelle che non si rispetteranno, o si rispetteranno in minima parte, o si rispetteranno al contrario. È una tecnica antica, però non per questo è inefficace, anzi.
  I problemi, secondo la nostra opinione, sono nella platea, che sembra scelta perché suonava bene dire 80 euro al mese per dieci milioni di persone, ma così non si è pensato se fossero proprio quei dieci milioni di persone ad essere in maggiore sofferenza in questo Paese. Ci sono, in Italia, milioni di pensionati umiliati, costretti a sopravvivere con assegni da fame, che quest'anno dovranno, forse per la prima volta nella loro vita, pagare anche la tassa sulla casa, dato che la Tasi potrebbe non prevedere detrazioni e non le prevederà in almeno la metà dei comuni italiani. Ci sono milioni di piccole partite IVA, che spesso tali non sono, ma lavoratori dipendenti mascherati, che non arrivano a 1.000 euro al mese o li superano di poco, e che ad ogni decreto sul lavoro si sentono dire che la loro condizione migliorerà, in cambio della maggiore precarietà dei loro vicini, senza che questo succeda mai. Perché, naturalmente, se Pag. 13peggiora la condizione di qualcuno, non si è mai visto che migliori quella di chi gli è prossimo per condizioni. Ci sono gli incapienti, perché lavorano a tratti, o lavorano poco, o sono pagati pochissimo, oppure tutte e tre le cose insieme, e dato che non pagano tasse, non possono nemmeno pretendere che qualcuno gliele riduca, in questo clima in cui sembra che la riduzione del peso fiscale sia l'unica cosa che la politica ha da promettere. Ci sono quelli che non guadagnano meno di 26 mila euro, perché ne guadagnano 100 di troppo, ma hanno un solo reddito in casa, magari perché è difficile in questo Paese trovarne un altro, e forse uno o più figli, che potrebbero anche volersi iscrivere all'università, magari a quell'università che ha costi sempre più alti, di anno in anno, di taglio in taglio. Ci sono quelli che lavorano in nero, o in una delle mille sfumature di grigio che rendono impalpabili le buste paga ufficiali, che continueranno a lavorare in nero e non vedranno un euro. Poi ci sono i dipendenti pubblici, che gli 80 euro li vedranno, ma è una magra consolazione per chi intanto ha visto il proprio stipendio bloccato da anni e per i prossimi anni, e così ha perso ben più degli 80 euro, e ora sta pensando che forse dovrà viaggiare a sue spese per cento chilometri ogni mattina, e intanto, come accade per esempio a Bologna, città di un sindaco molto renziano e molto responsabile, si taglia il salario accessorio mangiando anche quegli 80 euro. Poi ci sono quelli, come è già stato denunciato, che hanno padroni poco simpatici, che evidentemente avevano capito che riduzione del cuneo fiscale significasse meno costi per loro; alcuni stanno già provando a imporre ai propri dipendenti di fare almeno a metà, rinunciando a quote di salario. E chissà cosa succederà a quei precari che di fronte hanno cinque rinnovi contrattuali. Cosa verrà proposto a loro ?
  Infine, ci sono i disoccupati, i 3 milioni e oltre di disoccupati, quelli che non hanno reddito, né nel passato recente, se sono giovani, né in futuro, se stiamo a quanto previsto dal Governo nel DEF, che di aumento dei posti di lavoro proprio non parla, scrivendo sostanzialmente zero alla voce incremento.
  Cosa tocca a loro, che sarebbero il problema numero uno dell'Italia, quello su cui perdere giorni e notti qui dentro a pensare come restituire una prospettiva, perché nessuno sa cosa significhi essere senza un lavoro, se non l'ha mai provato ?
  Cosa c’è qui dentro, nel decreto-legge che assorbe tutta la disponibilità finanziaria dello Stato per i prossimi mesi e forse anni, in una norma manifesto, cosa c’è qui dentro per i disoccupati italiani ? Cosa c’è per quella generazione trattata come se fosse scoppiata una guerra e l'avessimo mandata al fronte e poi dimenticata in trincea, perché al ritorno non c'era nulla da offrirle ? Nulla, nulla e ancora nulla.
  Solo l'idea priva di spessore che minori tasse sul lavoro significheranno maggiori consumi privati e quindi, forse, per cascata maggiore occupazione.
  Il problema è che questa idea è tanto vuota che voi stessi non le attribuite valore, né nei documenti ufficiali, né nelle parole del Ministro dell'economia, che più volte ha detto che avrebbe preferito una linea diversa, come ribadito oggi da Confindustria.
  Noi avevamo e abbiamo un'altra ipotesi, che abbiamo chiamato green new deal, ovvero l'idea di un grande piano di investimenti pubblici in infrastrutture, in efficientamento energetico, in innovazione del ciclo produttivo.
  Costerebbe quanto questa operazione di taglio fiscale e secondo i nostri calcoli, che sono depositati e verificabili, genererebbe nel triennio oltre un milione di posti di lavoro. Abbiamo ragione noi ? Avete ragione voi ? Io non lo so, ma sarebbe stato utile che questo Parlamento avesse la possibilità di confrontare laicamente più ipotesi, di confrontarle, per poi decidere quali obiettivi perseguire, una volta individuate le risorse.
  Si è invece agito per via di decreto-legge non modificabile, sulla base di un'idea preconcetta, e questo è un errore grave, sul piano del metodo e forse anche del merito.Pag. 14
  Veniamo alle coperture. Avete alzato la tassazione sulle rendite finanziarie al 26 per cento dal 20 a cui le aveva portate Monti. Solo i titoli di Stato rimangono ad un antico 12,5 per cento, incassando un vantaggio competitivo sul piano fiscale forse eccessivo e tanto squilibrato da rischiare di contribuire a determinare quell'effetto di sostituzione degli investimenti che potrebbe rendere parzialmente inefficace la copertura.
  Qualcuno vi accusa quindi di aumentare la pressione fiscale, noi, invece, vi diciamo che avete fatto benissimo, e che ora ci aspettiamo che si possa andare oltre e approvare finalmente in questo Paese anche una vera Tobin Tax, il luogo di quella non propriamente corretta che abbiamo in questo momento anzi dannosa.
  Avete fatto bene anche a collegare le maggiori entrate sul lato della tassazione della rendita ad una riduzione dell'IRAP, pur molto limitata e generica. Noi avremmo preferito che le risorse disponibili fossero collegate alla componente lavoro dell'IRAP, anche per dare un chiaro segnale politico.
  Anche in questo caso, tuttavia, complessivamente si poteva a nostro avviso fare meglio e diversamente. Credo infatti che sia sbagliato, in un Paese a tasso di risparmio alto come l'Italia, alzare pesantemente la tassazione sulle rendite finanziarie, colpite anche dalla tassa di bollo, senza porsi il problema di una progressività dell'aliquota.
  È una questione di equità e anche di giustizia, nel momento in cui stabilite che chi abbia milioni di euro in BTP paghi il 12,5 per cento e chi 20 mila euro, magari una parte del TFR risparmiato investiti in un'obbligazione privata, debba pagare il 26 per cento. Non è tempo finalmente di pensare, come noi abbiamo proposto e avremmo proposto anche con un emendamento, che i redditi finanziari contribuiscano semplicemente a formare l'imponibile IRPEF, e siano quindi tassati secondo la reale disponibilità complessiva del contribuente ? Anche per evitare, come succederà in questo 2014, che chi abbia una grande rendita e un lavoretto part-time possa prendere gli 80 euro di bonus fiscale, perché la rendita è sottoposta a tassazione separata, e chi ha un solo lavoro da 26.001 euro nulla. Questa non è giustizia, e lo capirebbe anche un bambino.
  Poi abbiamo la maggiore tassazione sulle rivalutazioni delle quote di Bankitalia. Bene, si va in parte a sanare un regalo che il precedente Governo e la stessa maggioranza avevano fatto alle banche italiane. Peccato tuttavia che, mentre si chiede loro 1 miliardo 900 milioni, già si cominci con il restituirne 380 milioni di euro in maggiori dividendi – l'anno scorso erano 80 – e lo stesso si farà nei prossimi anni. Diciamo quindi che alle banche avete chiesto un anticipo che tutti noi restituiremo con gli interessi nel tempo che viene, oltre al fatto che non avete incassato nessuna garanzia sul fatto che quel miliardo e 900 milioni non sarà scaricato per intero sulla clientela in forma di maggiori oneri o aumento dei tassi di interesse.
  Sappiamo, infatti, che mai come in questo momento di credit crunch le banche hanno la possibilità di rivalersi immediatamente di ogni maggior costo, e credo che sia la combinazione di questi due fattori – l'aumento dei dividendi e questa seconda questione – a far sì che, dopo un primo momento di proteste, la voce dell'Associazione dei bancari si sia immediatamente tranquillizzata.
  Rischiamo insomma di pagare due volte, come clienti e come proprietari in ultima istanza di Bankitalia, quello che oggi appare uno sgarbo alla finanza. Al netto del fatto che, se una corte dovesse accogliere il ricorso comunque fatto da ABI contro quella che appare – a molti occhi, non ai miei – una tassa che viola i principi di irretroattività e non discriminazione, le banche si troverebbero a incassare i benefici senza pagare alcun prezzo, e il Governo a dover rimediare immediatamente almeno 1 miliardo di euro. Non una bella situazione, che ci auguriamo di non dover affrontare, e su cui mi auguro il Governo mantenga alta l'attenzione.Pag. 15
  Infine, i tagli di spesa, e qui non ci siamo proprio, perché pensare di finanziare con riduzione della spesa pubblica e privatizzazioni sgravi fiscali di qualunque tipo è la cosa più sbagliata che si possa fare, per almeno due ragioni.
  La prima è che persino Milton Friedman avrebbe dovuto ammettere che la spesa pubblica abbia comunque una capacità di intervento sul ciclo economico più forte dei consumi privati, e mi sembra evidente che di sostegno e stimolo il nostro prodotto interno lordo abbia seriamente bisogno, anche per raggiungere quei target minimi che oggi sembrano molto lontani e senza i quali salta tutta l'impostazione anche di questo decreto.
  La seconda è che non è affatto scontato che oggi esista una richiesta di beni privati superiore a quella di servizi pubblici, come trasporti, scuola, sanità, servizi per l'infanzia e la terza età. A cosa serve mettere 80 euro al mese in tasca ai lavoratori italiani, se il prezzo da pagare poi è l'aumento dei costi per i pendolari, dei ticket sanitari, delle rette delle mense scolastiche e delle strutture protette, è la mancata manutenzione delle strade, la minore possibilità di fruire di contenuti culturali a prezzi accessibili ?
  La spesa pubblica va riqualificata per fare meglio tutto questo, non tagliata per arrendersi all'idea che ci debbano essere meno tasse che consentano di comprare sul mercato ciò che prima era garantito dal pubblico.
  Peraltro, non ci si sarebbe aspettato da un Governo di sindaci un'ulteriore compressione di 700 milioni di euro della spesa di comuni e province e di altrettanti per le regioni. Perché dovrebbero sapere – essendo stati sindaci – che questo, visto come sono ormai ridotti i bilanci degli enti locali dopo anni di tagli indiscriminati, rischia di poter portare solo alla soppressione di servizi essenziali o all'aumento della pressione fiscale locale, con comuni e regioni banalmente impegnati a riprendersi ciò che lo Stato apparentemente concede.
  Lo Stato, peraltro, va detto, già si riprende per mezzo dei comuni con la TASI la metà di quanto apparentemente restituisce con questo provvedimento.
  Gli euro sono già diventati 40, e questo lo saprebbero bene i lavoratori italiani, se solo fosse consentito loro di saperlo appunto, visto che pare abbiate inventato con la TASI il sistema di tassazione più barocco della storia.
  Di altre coperture non vale la pena dire, perché io credo che entreremmo nel regno della fantasia. Eppure – qui lo voglio dire, invece, con chiarezza – io credo che anche sotto questo aspetto il Governo abbia avuto un grande merito: fingere che esistano soldi che non ci sono, e intanto provare a fare politica economica, per quanto non convincente, o almeno non del tutto, dal mio punto di vista.
  Io non ho nessun desiderio di unirmi al coro dei rigoristi, di quelli che ogni giorno si applicano a dimostrare l'assenza di coperture, invocandola come strumento di nuovi sacrifici o di inazione. Io lo ripeto: fate bene, benissimo, a fare, fingendo che ci siano le risorse. Però una cosa ce la dovete dire: quando si scoprirà il gioco – e questo succederà in autunno – cosa farete ? Quello che noi vi consigliamo e vi consiglieremo, ovvero finanziare in deficit ciò che manca, dando così a questa manovra uno spirito finalmente keynesiano e anticiclico ? O vi dedicherete, piuttosto, allora a quei tagli di cui già si era sentito parlare negli scorsi mesi, come quelli alla sanità, e poi accantonati ? Dovreste dircelo ora, perché non è cosa da poco, ma è determinante per il giudizio.
  Pare che pagheremo – dicono – a breve circa 3 miliardi, più o meno, di maggiori accise, per coprire i buchi lasciati dall'IMU 2013, e quindi maggiori tasse. Voi, invece, cosa farete ? Maggiori tasse, tagli alla sanità e ai servizi, o maggiore deficit ? In Commissione a questa domanda avete risposto che gli obiettivi di finanza pubblica non si toccano, e questa è una risposta. Significa che l'austerità continua a essere un dogma, contro ogni promessa di campagna elettorale, ma forse quella del Viceministro in Commissione era un'opinione personale, singolarmente molto simile a quella del Ministro.Pag. 16
  Questo non è incoraggiante, viste le premesse di questo decreto, i suoi costi e la promessa di renderlo permanente, perché rischia di diventare una minaccia, non una promessa, visto quello che potrebbe significare sul piano dei tagli alla spesa, che significano meno posti di lavoro – già cominciamo a vederlo con il decreto-legge sulla pubblica amministrazione – e, io temo, meno sanità pubblica, perché sappiamo tutti che è solo lì che è rimasto il vero grasso della spesa in questo Paese.
  Però forse mi sbaglio – lo spero – e, forse, si sta, invece, veramente per aprire la stagione in cui il Presidente del Consiglio trascinerà con la sua forza strabiliante l'Europa fuori dalla stagione della depressione e dell'austerità. Vedremo, e su questo vi incalzeremo, ma per il momento, in tutta onestà, non posso dire che ci abbiate convinto.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Fitzgerald Nissoli. Ne ha facoltà.

  FUCSIA FITZGERALD NISSOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in via preliminare, dobbiamo segnalare che il provvedimento giunge all'esame di questo ramo del Parlamento senza che si sia potuto svolgere quell'esame attento che la natura degli interventi contenuti avrebbe meritato, ma almeno questa volta la sosta forzata è stata causata non da un iter difficile, quanto dal concorso di una serie di festività e dalle elezioni europee che hanno prodotto una sostanziale pausa dei lavori del Senato. Ci ritroviamo quindi, ancora una volta, a svolgere una mera attività certificatoria di un decreto che interviene su una molteplicità di materie e settori, ognuno con le proprie specifiche e i propri problemi, rinviando quelle modifiche, che pure lo stesso Governo ha ritenuto fondate, ad altre sedi e ad altri provvedimenti.
  Questo decreto-legge si inserisce nel solco di riforme economiche e istituzionali che il Governo ha avviato in questi mesi e finalizzato a contrastare le difficoltà ed il peso della crisi che sta gravando sulle famiglie italiane e, come tale, ha riscosso un generale consenso per gli obiettivi che si prefiggeva, anche se permangono alcuni dubbi circa la effettiva portata dei medesimi.
  L'obiettivo del Governo è stato chiaro sin dall'inizio: cercare di sostenere i consumi ed una domanda asfittica lasciando un bonus nelle buste paga di una ben individuata platea di percettori, quella, tanto per essere chiari, più direttamente colpita dalla «crisi della quarta settimana».
  Due sono i principali interrogativi di cui si diceva: il primo riguarda la platea dei beneficiari, in quanto il provvedimento ha escluso alcune categorie ugualmente meritorie, quali per esempio i pensionati, una parte del lavoro autonomo, gli incapienti e quella fascia di famiglie con figli ripescata in extremis e rinviata alle determinazioni della legge di stabilità.
  L'altro interrogativo, più preoccupante, riguarda l'orizzonte temporale, nel senso che non sappiamo, oggi, se considerare questa misura una tantum o l'avvio di una modifica strutturale della tassazione delle buste paga dei lavoratori italiani. Su entrambi gli interrogativi saremo attenti e scrupolosi nell'esaminare l'azione del Governo.
  Dal lato dell'offerta, cogliamo con favore il taglio dell'IRAP: anche in questo caso ne apprezziamo l'avvio, ma attendiamo interventi ancor più incisivi per rilanciare le nostre attività produttive.
  Sosteniamo questo provvedimento per dare forza al Governo nell'azione di rilancio del nostro sistema economico e sociale. Tuttavia, vorremmo una maggiore concertazione nell'individuare adeguate coperture e la loro effettiva portata. Possiamo condividere, infatti, l'innalzamento dell'aliquota sui redditi alti, e non su quelli bassi, di natura finanziaria e della tassazione della rivalutazione delle quote di Banca d'Italia, ma qualche dubbio lo solleva la rinegoziazione dei contratti dei beni e servizi della pubblica amministrazione che potrebbero avere delle ripercussioni sulla fornitura di servizi ai cittadini.
  In particolare, riteniamo fondamentale evitare che tali rinegoziazioni si traducano Pag. 17in una riduzione della quantità e qualità delle prestazioni di servizi socio-sanitari ed assistenziali e, quindi, di sostegno a persone e alle famiglie già in condizioni di fragilità. Inoltre, va detto che questa misura potrebbe determinare una contrazione immediata dei livelli occupazionali in ragione dell'altissima intensità di lavoro che caratterizza questo tipo di servizi.
  Il decreto interviene anche sui debiti commerciali della pubblica amministrazione che, secondo le ultime stime, oscillerebbero tra i 60 e i 75 miliardi, rispetto ai 90 dello scorso anno. È una buona notizia, anche se bisogna dire che, per quanto riguarda il rispetto dei tempi, siamo ancora nell'ordine dei mesi e non dei giorni e che risulta ancora troppo elevata la massa dei debiti rispetto al PIL se confrontata con quella rilevata negli altri Paesi europei.
  Un progetto di equità sociale: tagliamo spesa improduttiva, spesso opaca, per sostenere il reddito di quanti fanno fatica ad arrivare alla fine del mese, per far ripartire la domanda interna, i consumi, per ridurre il peso fiscale alle imprese.
  Sono misure concrete, che rispondono esattamente alla drammaticità dei dati che abbiamo visto anche nel primo trimestre del 2014 e che insieme dobbiamo cercare di affrontare.
  Sul lato delle entrate dobbiamo dire che, oltre alle coperture già citate, condividiamo, in via generale, la scelta di finanziare questo intervento riducendo strutturalmente la spesa pubblica, attraverso le centrali uniche degli acquisti, con la Consip, e per l'entrata a regime dei costi standard.
  Noi condividiamo questo approccio per rendere la nostra pubblica amministrazione più snella, meno invasiva e meno costosa, ma con le accortezze di cui ho accennato prima e con altre considerazioni che riguardano più da vicino la mia area di interesse. Mi riferisco cioè alla decisione di aumentare il costo dei diritti consolari per l'acquisto della cittadinanza. In un momento in cui la crisi è stata globale e ha colpito sia le famiglie di Roma che quelle di Buenos Aires, piuttosto che di Caracas o di New York, non ci convince la decisione di aumentare la tariffa consolare per il riconoscimento della cittadinanza italiana a 300 euro e per il rilascio del passaporto a 73,50 euro, oltre al costo del libretto, sia perché potrebbero essere mal percepiti dai nostri concittadini sia perché sappiamo che tali incassi non ritornano nelle casse consolari portando ad un effettivo miglioramento dei servizi offerti.
  Effettivamente, se andiamo a vedere gli introiti derivanti dal rilascio di visti consolari, troviamo che dei 94 milioni di euro incassati, secondo i dati riferiti dall'ambasciatore Belloni in sede di CGIE (Consiglio Generale degli Italiani all'Estero), neanche un euro è rimasto nelle casse del MAE, per il miglioramento della rete consolare, ma sono andati a finire tutti nel calderone del MEF.
  Semmai, potremmo valutare l'opportunità di prevedere, al pari di quanto avviene, per esempio, per il visto turistico di entrata (14 dollari) o per quello di studio (120-220 dollari) negli Stati Uniti, l'esazione di un diritto di entrata per i cittadini provenienti da Paesi extraeuropei da destinare al funzionamento della nostra rete consolare.
  Il nostro auspicio è, infatti, che gli introiti che deriveranno da questo nuovo tariffario siano strumentali a promuovere l'immagine e la cultura del nostro Paese all'estero e a sostenere le nostre comunità all'estero.
  In conclusione, signor Presidente, il nostro gruppo sosterrà questo decreto-legge, che seppur incompleto e parziale e con le criticità su esposte, ci auguriamo possa rappresentare, soprattutto attraverso lo spostamento del carico fiscale dal lavoro e dall'impresa alla rendita e alla riduzione della spesa pubblica, una opportunità per far ripartire il Paese, bloccato e stremato dalla crisi. Anche se, ancora una volta, il Governo ha trascurato la grande opportunità della rete degli italiani all'estero per aiutare la ripresa e non è certo chiedendo 300 euro agli italiani che hanno perso la cittadinanza per riacquistarla che si risolvono i problemi Pag. 18della crescita. Tuttavia, sono fiduciosa che i cittadini italiani all'estero avranno il giusto ruolo, anche in termini di rete, nei prossimi provvedimenti.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Prestigiacomo. Ne ha facoltà.

  STEFANIA PRESTIGIACOMO. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, anche in occasione dell'esame di questo provvedimento, come è già stato rilevato dai colleghi che mi hanno preceduto, la pratica della degenerazione e della reiterazione dei decreti-legge può dirsi compiuta. Con la compiacenza, evidentemente, di entrambi i Presidenti dei rispettivi rami del Parlamento, di fatto, si opera già come fossimo in un sistema monocamerale.
  Se infatti, lo scorso mese di maggio, un altro decreto-legge, il cosiddetto decreto casa è stato fermo in prima lettura per 45 giorni per essere successivamente esaminato in 72 ore dalla Camera con l'ennesima richiesta del voto di fiducia, esautorando di fatto ogni prerogativa dei deputati, anche in questa circostanza l'Assemblea di Montecitorio si trova ad analizzare un provvedimento importante, considerato d'urgenza, composto da ben 51 articoli, che contiene una molteplicità di norme che intervengono su diversi settori dell'economia e della società civile, con un tempo a disposizione francamente inaccettabile.
  Se i colleghi di palazzo Madama hanno avuto oltre un mese a disposizione per esaminare le corpose misure contenute nel decreto-legge, anche in questa occasione la Camera dei deputati è chiamata ad esaminare un provvedimento importante in appena due giorni.
  In considerazione del modo inammissibile di esaminare provvedimenti come questo, profondamente modificato rispetto al suo impianto originario dal Governo e dalla maggioranza attraverso un «emendamento cattedrale» interamente sostitutivo del testo sul quale poi il Senato ha chiesto il voto di fiducia chiudendo in pratica la partita, ritengo anch'io, come è stato fatto da chi mi ha preceduto in questa discussione sulle linee generali, doveroso richiamare l'attenzione della Presidenza della Camera e dell'intero Parlamento sull'indispensabile e inderogabile riforma dei Regolamenti parlamentari che, non capiamo perché, si è fermata.
  E veniamo al merito del provvedimento. Il famoso bonus degli 80 euro in busta paga a circa 10 milioni di italiani, che tutti ricorderemo come un grande spot elettorale servito a Renzi per vincere le elezioni europee, risulta tanto inutile dal punto di vista economico, nel senso che non produrrà effetti tangibili per stimolare la ripresa della domanda interna, quanto dannoso per gli evidenti risultati finanziari derivanti dalla quantificazione delle minori entrate che si rinvengono all'interno delle disposizioni che hanno tutte natura di spesa.
  I sonori richiami e gli avvertimenti provenienti dai tecnici del Servizio bilancio del Senato, successivamente dalla Corte dei conti e proseguiti sia dalla Banca d'Italia che poi dai funzionari del Servizio studi della Camera dei deputati sui dubbi e le perplessità riconducibili alle coperture finanziarie insufficienti e traballanti utilizzate per finanziare i rinomati 80 euro, ma anche le incertezze relative alla compatibilità costituzionale dell'aumento della tassazione sulle quote della Banca d'Italia utilizzate come copertura, solo per citare alcuni esempi, rappresentano un segnale preoccupante per come questo Governo, nato, a dire del Premier, per salvare l'Italia, sta dimostrando in realtà la sua inconcludenza, in particolare sulla politica economica sin qui intrapresa, i cui effetti macroeconomici sull'impianto dell'economia reale, come dimostra questo decreto-legge, si stanno rivelando praticamente inutili.
  Che dire poi sul versante della tassazione. Ricordiamo tutti come il neo Premier Renzi, appena insediatosi, dichiarò che non avrebbe aumentato la già insostenibile pressione fiscale nel Paese, aggiungendo, dinanzi agli onori internazionali Pag. 19ricevuti e ai contestuali ordini impartiti dalla signora Merkel, che le tasse le avrebbe invece addirittura ridotte.
  Ebbene, cari colleghi della maggioranza e del Governo, è evidente anche a voi come questo decreto-legge, pur di accontentare una limitata platea di contribuenti con gli 80 euro in busta paga, aumenterà ulteriormente la pressione fiscale per le famiglie e per le imprese: dai microaumenti che nel breve termine riguarderanno i bolli sui passaporti – decisi dal Partito Democratico – alle misure sull'incremento delle aliquote sulle rendite finanziarie, che deprimeranno gli investitori e i mercati finanziari, alla reintroduzione di fatto dell'IMU sui terreni agricoli collinari e montani e una modifica in peggio del trattamento fiscale per la produzione di energie rinnovabili legate all'agricoltura.
  Insomma, a conti fatti, per pagare questi famosi 80 euro, il Governo e la maggioranza stanno di fatto scassando i già fragili equilibri di bilancio pubblico ricorrendo a coperture finanziarie per così dire deboli e incerte ed aumentando in maniera indiscutibile la già esorbitante pressione fiscale.
  Vorrei ricordare come, a proposito di coperture finanziarie tutt'altro che strutturali, la Banca d'Italia ha evidenziato come per il 2015 saranno necessari oltre 14 miliardi di euro per finanziare in modo permanente gli 80 euro in busta paga, nonostante il Premier Renzi affermi che si tratti di un intervento strutturale.
  Ma in realtà, l'articolo 1 del decreto-legge afferma con chiarezza che dal 1o gennaio 2015 l'effetto bonus si esaurisce. Sarà infatti rimandato, a detta del Premier, alla prossima legge di stabilità l'intervento normativo che renderà strutturale il beneficio fiscale; e, a tal fine, in considerazione di come questo Governo dà con la mano destra e riprende con la mano sinistra aumentando le tasse, per recuperare gli oltre 15 miliardi di euro al prossimo appuntamento di autunno non c’è da aspettarsi nulla di buono.
  L'azione sbagliata e dannosa che sta seguendo il Governo Renzi in tema di politica economica e di rilancio del Paese, conferma infatti come sia nettamente contraria, rispetto alle reali esigenze che chiedono i cittadini e le imprese. Il famoso Piano Cottarelli che sembrava dovesse rappresentare il perno fondamentale su cui intervenire per diminuire gli esorbitanti costi della spesa pubblica improduttiva e sul quale il funambolico Renzi aveva dichiarato ogni priorità, attraverso un rigoroso taglio della cosiddetta spending review, appare essersi arenato.
  Al di là della buone intenzioni sino ad oggi esternate da Renzi e dai suoi Ministri e dell'ambizione di ridurre in modo significativo la pressione fiscale sul lavoro e sulle imprese, restituendo al Paese la capacità di competere, si ha la netta impressione che quando si arriva al dunque tagliare la spesa pubblica anche per questo Governo, come per il precedente, resti un'azione molto difficile. L'IRAP si riduce, ma solo in modo marginale, il cuneo fiscale si affronta, ma non si abbatte. Per non parlare del pasticcio della TASI. Non è solo una nuova imposta complicata, è qualcosa di più: è la metafora del fallimento del fisco, dei buoni propositi di semplificazione, purtroppo disattesi dal precedente Governo Letta e in modo palese anche da questo Esecutivo.
  I continui rinvii, i tentennamenti, le conferme e le successive smentite sull'inserimento delle relative norme in materia di disciplina inerente la fiscalità locale, dimostrano quanto sia evidente la schizofrenia normativa, che non sembra trovare tregua. Un sistema fiscale che ci ha ormai purtroppo fatalmente addestrati alla «normalità delle emergenze», con la rassegnazione di chi appunto, come questo Governo, finisce per considerare «normale» che milioni e milioni di contribuenti siano costretti a salti mortali per pagare le imposte, con un ingorgo di scadenze mai visto !
  Rispetto a questo scenario indegno per un Paese che si ritiene essere ormai l'ottava potenza industriale, occorre evidenziare come di fatto la quota di coperture che si può attribuire a una vera spending review, all'interno di questo decreto-legge, è molto ridotta. Ed è qui che emerge la Pag. 20questione di fondo che riguarda non solo questo provvedimento, ma l'intera azione di questo Governo: la scarsa capacità di rilanciare l'economia affrontando il nodo dei costi e dell'efficienza della macchina organizzativa. Alla determinazione nelle parole con cui attraverso i suoi tweet Renzi mette sotto assedio la burocrazia e i suoi sacerdoti, non corrispondono altrettanti interventi concreti e reali in grado di invertire su un trend di permanente sfiducia, così deprimente che continua ad attanagliare le famiglie e le imprese italiane.
  È tempo di dare un freno all'euforia, che sembra essersi diffusa da parte del Partito democratico e del suo Premier, dopo la sbornia del 40 per cento conquistato alle elezioni europee. I recenti, drammatici dati dell'ISTAT sulla disoccupazione record, con un dato rilevato pari al 13,6 per cento, il più alto dal 1977, il cui fenomeno diventa ancora più tragico nel Mezzogiorno, con il tasso di disoccupazione che vola al 21,7 per cento e tra i giovani arriva al 60,9 per cento; il quadro debole che emerge dagli indicatori sulla produzione industriale, il pessimismo che serpeggia fra le famiglie e le imprese nel futuro, anche a causa della ristrettezza del credito, fotografano inesorabilmente una contrazione economica ancora grave che affligge il Paese e dimostra come sia ancora lontana la luce e quanto questo Governo non abbia innescato nessun cambio di marcia.
  Pertanto signor Presidente, colleghi, non posso non evidenziare la più completa delusione unita alle perplessità per il futuro per quanto contenuto dal presente decreto-legge, che di competitività altro non ha se non il titolo.
  Siamo di fronte ad un testo che in realtà ha evidenziato un comportamento pilatesco da parte del Governo Renzi, le cui norme ad effetto mediatico non determineranno nessun impatto positivo per il tessuto socioeconomico del Paese. I benefici degli 80 euro, compensati con nuove tasse, che si mangeranno nei prossimi 8 mesi oltre il 40 per cento del bonus previsto, confermano infatti come il provvedimento sia nel complesso pura propaganda e dimostra quanto sia fumosa e superficiale l'azione di politica economica di questo Governo ed in particolare del Presidente del Consiglio, che va sempre di corsa, affermando anche dalla Cina che vuole cambiare e rottamare tutto e tutti. Ma i problemi per ora restano tutti lì, come le riforme da fare. La fiducia può aiutare, signor Presidente del Consiglio, ma l'euforia e le dichiarazioni di autoproclamazione, certamente no.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Tancredi. Ne ha facoltà.

  PAOLO TANCREDI. Signor Presidente, molto brevemente, si tratta per noi del Nuovo Centrodestra di un provvedimento importante, caratterizzante dell'azione del Governo di questi primi mesi, insieme ai primi provvedimenti già approvati dal Parlamento in tema di lavoro, a cui seguiranno le legge delega e tutto il programma annunciato già dall'attuale Governo, ma questo è assolutamente un provvedimento caratterizzante, per come è stato annunciato dal Presidente del Consiglio, per come è stato recepito, per il consenso che esso ha avuto. Anche i più critici non esitano a metterlo fra i motivi più importanti del successo elettorale ottenuto dal Partito Democratico e quindi dall'azione del Governo alle elezioni europee.
  Io credo che questo provvedimento venga dopo comunque un'azione di alcuni anni svolta da diversi Governi che si sono succeduti, che noi – secondo me – frettolosamente archiviamo in un giudizio bene o male negativo. Sono stati in realtà, dal 2010 in poi, gli anni in cui questo Paese e i conti pubblici italiani sono tornati all'avanzo primario, sono stati gli anni in cui c’è stata riduzione della spesa primaria, sicuramente invertendo una tendenza invece contraria degli anni precedenti. In un momento di ciclo negativo politiche di rigore – nel merito non entro – come queste sono state sicuramente sentite come accentuanti questo ciclo negativo dell'economia e negli anni forse in cui la crisi è stata più dura e più forte. Pag. 21Oggi siamo a valle di questi provvedimenti di riduzione forte della spesa pubblica, che hanno portato delle conseguenze forti anche nell'economia, nell'occupazione, nel sistema della pubblica amministrazione italiana, ma credo che le conseguenze siano state piuttosto accentuate e a fronte dei tanto vituperati tagli lineari del passato io credo che oggi la pubblica amministrazione comunque stia cercando di adeguarsi a un regime più ristretto che è opportuno. Sostanzialmente io con questo mio intervento voglio dire è stato positivo per i conti pubblici italiani questo atteggiamento tenuto coerentemente dagli ultimi tre Governi, quelli che hanno preceduto questo Governo. Quindi questo in pochi mesi – perché io non credo che si debba dare un giudizio su questo decreto alla luce dei pochi mesi in cui ha operato questo Governo e anche delle difficoltà in cui si è trovato – è un provvedimento nuovo, è sicuramente stravolgente rispetto all'andamento delle manovre di questi ultimi anni. Non si può negare che si tratta di un provvedimento di riduzione fiscale a cui uno che ha la mia cultura politica non può che essere orgoglioso di contribuire.
  Qualcuno discute da settimane, da mesi su quanto questa riduzione fiscale possa andare veramente a beneficio dell'economia, se sia essa orientata ad un aumento dei consumi interni – che è uno dei grossi problemi dell'economia italiana – e per quanto, adesso non lo sia, però non si può discutere il fatto che si tratta di un aumento del reddito disponibile che storicamente inverte una tendenza e lo fa su una platea larghissima, mai fino ad ora coinvolta in un provvedimento di aumento del reddito disponibile come questo.
  Quindi, con tutto quello che possono essere le obiezioni nei dettagli, le critiche e il dibattito che c’è stato – chi mi ha preceduto ha accentuato alcune questioni – sicuramente non possiamo negare la storicità e l'importanza di un provvedimento del genere e anche del segno che dà all'economia italiana e ai cittadini italiani.
  Credo che questa sia stata, come il Presidente del Consiglio opportunamente la chiama, una prima restituzione rispetto ad un andamento invece delle manovre precedenti. Così come non si può negare che per mettere a regime questo provvedimento ci sarà bisogno della legge di stabilità. Oggi, molte misure di copertura – e non lo dobbiamo, né possiamo negarlo – ma, insomma in corso d'anno, a bilancio fatto, probabilmente non si poteva fare altrimenti, non sono strutturali, ma sono episodiche e questo è uno dei problemi.
  Tra l'altro, la forza politica a cui appartengo ha posto un paio di questioni importanti, soprattutto, su cui si è discusso nel dibattito che c’è stato in Senato, ma le si è rinviate, comunque, per metterle in norma nella legge di stabilità dando loro una soluzione strutturale. Le due questioni sono quella delle partite IVA e dei lavoratori autonomi – anch'essi secondo noi meritevoli di una restituzione, di un aumento del reddito o di un abbassamento del cuneo – e quella della presa in considerazione del quoziente familiare, semplificando sul discorso del bonus, che è sicuramente importante.
  Per questo motivo, noi riteniamo di essere in un percorso, che è quello che c'eravamo immaginati mesi fa, con il nostro ruolo di caposaldo e alleato importante di Governo, che mantiene la maggioranza, che è un ruolo in questo momento strutturalmente importante, un impegno non derogabile che risponde anche ai motivi per cui siamo in politica e per cui abbiamo fondato il nostro movimento politico, soprattutto in uno scenario politico assolutamente senza sbocchi.
  Chi propone scenari di crisi o di accelerazione del percorso verso le elezioni non dà sbocchi futuri per il Paese, più che per la politica o per la parte politica per cui parla. Sono necessarie le riforme economiche, che ci possano portare a un ciclo di normalità naturalmente, sperando anche in un alleggerimento della crisi che ha condizionato in questi ultimi anni tutta l'economia mondiale ed europea. A tal proposito, non sono d'accordo con chi mi ha preceduto, perché qualche segnale, seppur debole, di ripresa oggi si vede, soprattutto sulla produttività e sui consumi.Pag. 22
  Io credo che dobbiamo salutare con ottimismo questi minimi segnali di positività.
  Inoltre, non è derogabile, non è ulteriormente rinviabile, il processo di riforma delle istituzioni che con qualche difficoltà, con tanti distinguo, questo Governo ha messo in agenda con grande determinazione, dopo tanti anni di esitazione, e che credo vada completato prima di immaginare scenari diversi dal punto di vista politico per questo Paese.
  Altri temi vanno affrontati e alcuni sono affrontati anche all'interno di questo decreto-legge. Ho parlato già del lavoro, che è una parte importantissima della politica di questo Governo, che si differenzia anche da provvedimenti del Governo precedente e c’è la questione dell'energia che è stata affrontata (oggi dovrebbe esserci un altro atto del Governo riguardo ai costi dell'energia in bolletta). Anche qui, sull'energia rinnovabile, si è fatto molto in questi anni e si è fatto male. Oggi c’è una consapevolezza, c’è un'inversione di tendenza a fronte di tanti soldi spesi dai consumatori italiani per le energie rinnovabili, su questo voglio dire che sono d'accordo, i miei interventi in Parlamento hanno molto stigmatizzato le politiche del primo, secondo, terzo conto energia. Però è chiaro ed è vero anche che di quelle politiche hanno beneficiato costruttori non italiani di tecnologia, banche, probabilmente, e oggi i gestori che stanno ripagando gli investimenti non possono essere quelli che pagano per tutti, anche perché ne va della credibilità delle politiche degli incentivi del Governo anche per il futuro e dell'attrazione degli investimenti esteri. Quindi, è necessario un momento di riflessione su questo. L'alto costo della bolletta energetica è importante per le grandi imprese, per le piccole e medie imprese, per gli artigiani e lo è anche per il reddito disponibile delle famiglie, essendo anche questa una voce caratterizzante del bilancio familiare.
  La misura contenuta in questo decreto-legge sulla tassazione del reddito da energie rinnovabili sui terreni agricoli, non è così dolorosa perché era prevista. È chiaro che era un'incongruità quella dell'azzeramento della tassazione sui terreni agricoli. Voglio richiamare l'attenzione del rappresentante del Governo: la materia va trattata nel suo complesso e non si possono trascurare alcuni punti.
  Per questo comunque c’è sicuramente un giudizio positivo del Nuovo Centrodestra sul decreto-legge in esame a cui speriamo seguiranno con la legge di stabilità anche quelle misure più strutturali che abbiamo fortemente chiesto in Parlamento e che ci aspettiamo vedano la luce e i loro effetti nella prossima annualità,

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Fanucci. Ne ha facoltà.

  EDOARDO FANUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, il decreto-legge n. 66 del 2014, il cosiddetto decreto IRPEF, rappresenta una vera e propria rivoluzione per il sistema fiscale del nostro Paese e per i rapporti tra cittadini e Stato. Il primo effetto del cambio di passo voluto dal Governo sono le ripercussioni positive sul PIL e sull'economia italiana: le famiglie potranno spendere di più, mentre le aziende saranno nella condizione di tornare ad investire, stimolate a creare lavoro ed occupazione. Si tratta del primo passo per realizzare un'Italia coraggiosa e semplice, con più fiducia e speranza, in grado di liberare risorse facendo stringere la cinghia alla pubblica amministrazione, creare nuove opportunità tagliando le tasse alle imprese, favorire nuove occasioni di crescita, sostenendo i consumi delle famiglie.
  All'articolo 1 del decreto-legge si prevede un bonus fiscale pari a 640 euro per i lavoratori dipendenti, ovvero 80 euro al mese da maggio a dicembre per i possessori di un reddito complessivo non superiore a 24 mila euro.
  Il provvedimento stabilisce che, in caso di superamento di questo limite, il credito decresca, fino ad azzerarsi, al raggiungimento di un livello di reddito complessivo pari a 26 mila euro. Il bonus non concorre alla formazione del reddito e per ottenerlo Pag. 23non c’è bisogno di avanzare alcuna domanda: viene riconosciuto automaticamente dai sostituti d'imposta.
  Per essere credibili e dire basta alla burocrazia occorre muoversi nella giusta direzione ed essere conseguenti: no alla compilazione di alcuna modulistica per ottenere questi vantaggi; no a odiose file ai CAF; no a dispendiose pratiche presso commercialisti ed esperti. Senza contare che in passato spesso, troppo spesso, chi ha chiesto agevolazioni, facendo queste pratiche, legittime e previste dalla legge, si è trovato oggetto di accertamenti da parte dell'Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza. Da oggi in poi si cambia, in meglio, con forza e autorevolezza.
  La rivoluzione parte dal basso, dal ceto medio-basso. Il credito IRPEF, infatti, scatta anche per i lavoratori che percepiscono somme a sostegno del reddito: la cassa integrazione, l'indennità di mobilità e l'indennità di disoccupazione. Si tratta di una misura antirecessiva, in grado di aggredire le difficoltà, rilanciare i consumi, restituire soldi nelle tasche degli italiani.
  Tuttavia – lo dico con la dovuta chiarezza e fermezza –, siamo ad un punto di partenza, forse di ripartenza, non di arrivo. Il passo ulteriore sarà destinare risorse agli incapienti e ai disoccupati, quelli veri, quelli che non godono neanche degli ammortizzatori sociali. Il Presidente del Consiglio ha assicurato un chiaro impegno in questa direzione e ha già affermato che il prossimo intervento strutturale andrà rivolto a chi percepisce fino a 8 mila euro di reddito annuo, gli incapienti, e a quel milione di famiglie che è fuori dal mondo del lavoro, da ogni fascia di reddito e non gode di alcun ammortizzatore sociale.
  Allo stesso tempo è fondamentale e assolutamente urgente anche un intervento per le pensioni minime e per le partite IVA. Ma noi abbiamo scelto da dove partire e abbiamo rivendicato – e oggi lo facciamo in questo intervento – con forza questa scelta.
  Dalla parte delle imprese, si riducono le aliquote dell'imposta regionale sulle attività produttive, la tanto odiata IRAP, con un taglio complessivo del 10 per cento per tutte le aziende. Inoltre, il Governo ha stabilito un taglio anche alla possibilità per le regioni di aumentare le aliquote con addizionali regionali: abbiamo ridotto il gap.
  Si è molto discusso sulle coperture del decreto IRPEF. Gli 80 euro a 10 milioni di lavoratori hanno copertura certa, forte e solida.
  La spending review. È stato istituito un fondo per la copertura dell'IRPEF e per rendere strutturale la riduzione del cuneo fiscale, a cui sono assegnati 2,7 miliardi di euro per il 2015, 4,7 miliardi di euro per il 2016, 4,1 miliardi di euro per il 2017 e 2 miliardi di euro a partire dal 2019. Risorse strutturali presenti nel DEF: nessun rischio per la finanza pubblica. Nella relazione tecnica sono indicati chiaramente tutti i capitoli dai quali proverranno le risorse, con stime – ci tengo a sottolinearlo – assolutamente prudenziali. Il Governo precedente, ad esempio, aveva previsto una crescita dell'1,1 per cento per il 2015, mentre il Governo Renzi l'ha sottostimata allo 0,8 per cento.
  I margini ci sono, ma certamente occorre rafforzare la spending review, rendendola sempre più efficace e chirurgica, ovvero aggredendo le sacche di spreco e di privilegio che purtroppo resistono ancora nel nostro Paese. Soltanto in questo modo sarà possibile cogliere una crescita reale e duratura, nel pieno rispetto dei vincoli europei e delle stringenti esigenze della finanza pubblica italiana.
  Altre misure fiscali riguardano la proroga del pagamento della Tasi, la proroga dell'incremento del prelievo fiscale sui prodotti da fumo, l'obbligo di fatturazione elettronica per i pagamenti dovuti da tutte le pubbliche amministrazioni. Si consente ai contribuenti decaduti dal beneficio della rateizzazione dei debiti fiscali di richiedere, non oltre il 31 luglio 2014, la concessione di un nuovo piano di rateizzazione (articolo 11-bis). Questo è un atto poco sottolineato, ma molto importante per chi non ce la fa nemmeno a rispettare i piani di rateizzazione nei confronti dello Stato.Pag. 24
  Trasparenza. Tutte le spese degli enti locali e centrali dovranno essere messe on line entro 60 giorni, altrimenti si ridurranno gli investimenti attraverso una clausola di salvaguardia.
  Nuova redistribuzione di risorse a favore dei più deboli: per la prima volta si restituiscono risorse nelle tasche degli italiani, soprattutto a chi ne ha più bisogno, con l'obiettivo di far ripartire l'economia, dar sollievo ai consumi e alla ripresa del Paese, ancora troppo timida ed incerta, in primo luogo per quanto riguarda i dati dell'occupazione.
  Dopo oltre 20 anni, assistiamo alla più grande opera di redistribuzione sociale. È un'opera di sinistra. Il Governo si rivolge agli italiani in difficoltà e rimette in moto la macchina pubblica, rendendola più efficiente ed al servizio dei cittadini, non semplicemente aumentando le leve della spesa pubblica. Le risorse arrivano anche dal raddoppio delle aliquote alle banche sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia e dalle rendite finanziarie. Agli istituti di credito viene chiesto di partecipare allo sforzo per risanare il Paese e di restituire risorse a chi in questi anni ha solo dato, a cominciare dalla fascia medio-bassa e dalla popolazione dei lavoratori dipendenti.
  Quote Bankitalia e tassazione delle rendite finanziarie: consentitemi di spendere due parole sulla tassazione delle rendite finanziarie. Per quanti anni ne abbiamo sentito parlare ? Per quanti anni l'abbiamo considerata una manovra eccessivamente rivolta ad un pubblico di sinistra, senza considerare cosa avviene nel resto dell'Europa, un'Europa certamente moderna, un'Europa certamente sviluppata, pensando alla Francia, alla Gran Bretagna, alla stessa Germania ? Nessun Governo aveva avuto il coraggio di realizzare – un Governo politico, intendo – una maggiore tassazione delle rendite finanziarie. Oggi la facciamo salire dal 20 al 26 per cento, senza toccare i BOT e i titoli di Stato. Si tratta di una misura che allinea le aliquote italiane a quelle del resto d'Europa, contribuendo a rendere il nostro Paese più giusto e più equo. L'impatto sui piccoli risparmiatori è minimo, mentre interviene in modo consistente sui grandi capitali, consentendo di avere a disposizione risorse da destinare ai più deboli.
  Ma voglio insistere su un concetto: il rischio-opportunità. Noi abbiamo consentito, fino al Governo Monti, di scegliere se investire nel rischio di impresa, tassato con una tassazione effettiva, che ci riportano i dati di tutte le agenzie che si occupano del settore, addirittura ad un livello pari a 60 per cento di tassazione effettiva sulle imprese e di conseguenza sul lavoro, oppure una tassazione delle rendite finanziarie al 12,50 per cento fino al Governo Monti. Questo rischio-opportunità faceva sì che molti imprenditori, o anche chi aveva ereditato un'impresa, scegliessero di abdicare al rischio di impresa, scegliessero di evitare di scommettere nuovamente quanto accumulato nel corso di una vita o di generazioni di quella famiglia nuovamente nell'impresa e sceglievano di destinare al più comodo rischio finanziario quelle risorse.
  Oggi si cambia, si cambia e si volta pagina. Inoltre occorre dare il buon esempio: noi abbiamo approvato di recente la riforma delle province, che dovrà essere conclusa con l'abolizione definitiva delle province, che chiaramente prevederà una riforma costituzionale compiuta e completa. Ma già da oggi abbiamo approvato un taglio netto delle auto blu, il taglio agli stipendi della pubblica amministrazione, il prossimo superamento del Senato, i corposi tagli al Ministero della difesa, con tagli per 400 milioni, di cui 150 per la revisione del programma degli F-35. Dagli amici di SEL non ho sentito una parola su questo tema, una parola. E inoltre, l'adozione di costi standard per la sanità. Anche su questo, dagli amici del centrodestra e in particolar modo di chi ne ha fatto una battaglia nella regione Lombardia, oggi non si sente parlare di questo. Ma c’è e fa parte del provvedimento. In particolare, il tetto agli stipendi dei dirigenti della pubblica amministrazione è fissato a 240 mila euro, una parte dei quali legati all'andamento dell'economia ed ai risultati conseguiti. Una sorta di «norma Olivetti», Pag. 25ovvero nessuno in azienda deve guadagnare di più di dieci volte dell'ultimo lavoratore. Al riguardo sarebbe significativo, pur nella loro piena autonomia, ma direi nostra, un gesto di generosità anche da parte della Camera e del Senato.
  Un punto essenziale del decreto è rivolto ad una lotta dura all'evasione fiscale. Il provvedimento prevede, all'articolo 6, che il Governo debba attuare un serio programma per la definizione di ulteriori misure al fine di ottenere, entro la fine del prossimo anno, un incremento di almeno 2 miliardi di euro rispetto a quanto ottenuto nel 2013. Le maggiori entrate sono destinate, all'articolo 7, alla copertura finanziaria del decreto.
  La parte senza dubbio più consistente del decreto, opportunamente, è destinata ad interventi per realizzare una puntuale razionalizzazione della spesa pubblica.
  A questo scopo, vengono specificati, all'articolo 8, gli obblighi di pubblicazione dei dati relativi alla spesa delle pubbliche amministrazioni e alla puntualità dei pagamenti. Su questo, mi sono permesso anche, in Commissione bilancio, di redigere qualche mese fa un'interrogazione a cui ho avuto risposta dal precedente Governo. In quella risposta il Governo non sapeva dare una certezza all'entità dei debiti della pubblica amministrazione. Una cosa grave a cui questo Governo cerca di dare una risposta ferma e chiara. L'introduzione di nuovi limiti di spesa per gli incarichi di consulenza vanno nella direzione indicata. Un risparmio di spesa per i Ministeri e anche per la Presidenza del Consiglio, che è tenuta a dare il buon esempio. Il contenimento della spesa degli organi costituzionali e l'abolizione del CNEL, che ha un forte impatto e una forte valenza simbolica. La soppressione dei regimi tariffari postali agevolati per i candidati alle elezioni. Quindi, questo è un passaggio simbolico rispetto ai privilegi della politica e anche qui si mette un taglio e un fermo.
  Le municipalizzate dovranno passare da 8 mila a mille nei prossimi tre anni, ma anche qui lo dobbiamo dire chiaro: se non ci sarà un forte impatto, almeno per quanto riguarda una moral suasion nei confronti dei nostri amministratori locali, ci troveremo di fronte, nei prossimi anni, a una dura avversità a questo processo di privatizzazione delle municipalizzate a cui noi possiamo dare un chiaro indirizzo, anche di legge, ma spesso, troppo spesso, gli amministratori locali si sono rinchiusi e difesi attraverso interpretazioni che li hanno sempre salvaguardati. Il riassetto industriale della RAI, con una riduzione di 150 milioni di euro a partire dal 2014 del finanziamento da parte dello Stato nei confronti della sua azienda municipalizzata. Il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, lo sostenevo prima e lo sostengo ancora oggi con queste parole. Noi oggi abbiamo una sfida, un patto tra Stato e impresa. I nostri oneri dobbiamo essere i primi a rispettarli nei tempi stabiliti, non solo dalla legge italiana, ma dalle leggi europee. Solo così saremo credibili e autorevoli nel chiedere sacrifici e nel chiedere il rispetto alle stesse imprese delle imposte che lo Stato impone tutti i giorni, delle scadenze che fissa loro, scadenze che, qualora non rispettate, comportano pesanti sanzioni.
  Inoltre, l'edilizia scolastica. Su questo, Matteo Renzi si è speso personalmente dando anche al suo percorso istituzionale un significato. Ogni settimana in una scuola diversa di questo Paese per far capire che se l'Italia riparte, riparte dal mondo della scuola, degli insegnanti, degli alunni, di quella fiducia che i genitori e tutte le famiglie devono riporre, non soltanto nella scuola intesa come percorso formativo, ma anche in quelle strutture scolastiche che accolgono ogni giorno i nostri bambini, i nostri ragazzi e la generazione da cui dipende il futuro del nostro Paese. Allora, via a un piano di investimenti con più di 122 milioni di euro a partire da quest'anno; via al Patto di stabilità per quanto riguarda le scuole e l'edilizia scolastica per 3,5 miliardi di euro complessivi; e via a nuovi rigidi ed evidenti vincoli a questi interventi per quanto riguarda anche la procedura che ne determinerà la realizzazione. Allora, anche su questo lo Stato centrale dovrà fare uno Pag. 26sforzo di andare incontro a un'eliminazione della burocrazia da cui dipenderà la realizzazione effettiva e sostanziale di questi interventi.
  Grazie al Governo Renzi è possibile credere, e non solo sperare, in un futuro migliore. Andiamo avanti, oggi è il momento della fiducia, oggi è il momento della speranza. Nostro dovere è e sarà, in questi quattro anni che ci restano, sostenere questo percorso con lealtà e coraggio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 2433)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la V Commissione, deputato Fauttilli.

  FEDERICO FAUTTILLI, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, soltanto per ringraziare gli intervenuti, le colleghe e i colleghi, che hanno sicuramente ampliato e approfondito i temi delle due relazioni. E, poi, vorrei dare un dato, che non mi sembra sia stato rilevato anche nel dibattito, che l'OCSE ci ha fatto conoscere nei giorni precedenti sulla produzione dei Paesi del G7.
  E, da quello che ci dice l'OCSE, sembra che l'Italia sia il Paese che maggiormente fa registrare un aumento di produzione. Certo è un primo dato positivo, però credo anche un'inversione di tendenza estremamente importante. Vi chiedo: dovuto a questo decreto-legge ? Forse no, ma sicuramente questo decreto-legge aiuterà in questa strada.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la VI Commissione, deputato Petrini.

  PAOLO PETRINI, Relatore per la VI Commissione. Signor Presidente, solo per ricordare alcune questioni che avevamo già affrontato nel DEF. Vista la presenza del Vicemininistro, mi sembra utile ricordarle. L'aumento dal 20 al 26 per cento della tassazione sui redditi di natura finanziaria potrà comportare una qualche difficoltà in più per la regolazione del credito a medio e lungo termine poiché questo credito si finanzia con le obbligazioni, obbligazioni che adesso dovranno essere offerte con rendimenti necessariamente più alti. Ricordo questa puntualizzazione che facemmo in sede consultiva alla Commissione finanze proprio per richiamare l'attenzione del Governo al tema credito che naturalmente, come dimostra la consapevolezza del Ministro, è al centro della nostra attenzione.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, Viceministro Morando.

  ENRICO MORANDO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, prima di tutto vorrei ringraziare coloro che oggi hanno partecipato alla discussione, che vorrei cercare di riassumere andando naturalmente a scegliere le valutazioni critiche che sono state formulate alla nostra proposta, al decreto-legge anche così come risulta dopo le modificazioni introdotte dal Senato. Grosso modo queste valutazioni critiche sono riassumibili nel modo seguente. La prima è che si tratta di una misura sporadica, non ha un carattere strutturale e questo carattere sporadico della misura viene confermato dal fatto che sostanzialmente le coperture finanziarie che alimentano il cosiddetto «bonus 80 euro», anche quando le si consideri perfettamente efficaci, sono limitate all'anno 2014. Questo è un primo ordine di valutazioni critiche.
  Un secondo ordine è quello che sostanzialmente dice: certo, è innegabile che questa misura sia positiva e si rivolga ad «aiutare» la crescita del reddito disponibile di una componente piuttosto rilevante, anche quantitativamente, della popolazione italiana ma perché solo i lavoratori dipendenti e non, ad esempio, le situazioni di pari reddito dei lavoratori autonomi e Pag. 27perché questi lavoratori dipendenti, perché fino a 26 mila euro e non altre soluzioni, e così via ? E, a questo punto, sugli altri che cosa farete ? Quando farete, se farete ? E così via.
  Il terzo ordine di valutazioni è un ordine più legato alle scelte di fondo di politica economico-fiscale e di gestione della finanza pubblica nel corso di questi anni. Sì, è vero, dicono alcuni, c’è, in questo provvedimento, qualche cenno di mutamento nell'equilibrio tra riduzione della pressione fiscale e misure di riduzione della spesa rispetto a provvedimenti di carattere analogo precedenti ma ancora c’è uno squilibrio, nel recare le risorse disponibili per l'intervento di politica economica fiscale, tra maggiori entrate e minori spese. Ad esempio, questa mattina, l'onorevole Prestigiacomo ha ripreso questa valutazione critica.
  E infine un quarto ordine di critiche che è così riassumibile.
  La discussione su questo punto c’è stata, per la verità, anche un po’ dentro il Governo e naturalmente non ho resistito alla tentazione di parteciparvi io stesso, prima che il provvedimento venisse presentato, cioè: perché questo intervento – prevalentemente rivolto alla riduzione del cuneo fiscale sul versante del reddito da lavoro dipendente nella sua componente medio-bassa – invece di quello su ciò che gli economisti chiamano il total tax rate, cioè quell'insieme di tributi e contributi che grava sui costi impresa ? Il total tax rate, come sapete, è la somma del prelievo fiscale in rapporto all'utile commerciale. È stato richiamato nella discussione di questa mattina proprio dal deputato Fanucci, che ha appena finito di parlare, che il total tax rate in Italia è particolarmente elevato e studi recenti lo collocano ai livelli più elevati tra i Paesi OCSE. Sostanzialmente questo ultimo ordine di valutazioni critiche tende a dire: se le risorse sono scarse, perché non concentrarle, se volete più occupazione, sul versante della riduzione dei costi di impresa in maniera tale che le imprese possano scegliere di assumere di più ?
  Molto rapidamente, perché il mio tempo è limitato, vorrei provare ancora una volta ad «aggiornare» le nostre risposte a questo insieme di valutazioni critiche. In primo luogo: è una misura sporadica. Certo, se si legge questo provvedimento da solo, lo si isola rispetto alla proposta di politica economica e fiscale che il Governo ha avanzato, non attraverso un comizio del Presidente del Consiglio, ma attraverso il Documento di economia e finanza, che è stato presentato al Parlamento italiano e in sede europea, ed è stato discusso e infine approvato, allora le cose cambiano. Perché nel Documento di economia e finanza noi troviamo una risposta, naturalmente, che deve poi concretamente manifestare le sue conseguenze nel tempo, ma troviamo una risposta precisa a questa valutazione critica.
  Noi, fin dall'inizio, fin dalla famosa conferenza stampa con la quale il Presidente del Consiglio annunciò questo provvedimento – quello che nella vulgata è passato per «bonus 80 euro» – noi fin dall'inizio, con la voce del Presidente del Consiglio, abbiamo detto: nel primo anno, questo intervento, che sarà strutturale, non potrà integralmente coprirsi con operazioni strutturali di riduzione della spesa pubblica e avrà bisogno del conforto, del contributo, del concorso alla sua copertura, di misure di carattere straordinario, cioè legate e realizzabili soltanto nel 2014 e che non si ripeteranno.
  Quindi, la scoperta che le coperture sono non tutte di carattere strutturale, diciamo così, è la scoperta dell'acqua calda, nel senso che è stato detto fin dall'inizio che di questo si sarebbe trattato. Ma, se si guarda al Documento di economia e finanza e si guardano gli obiettivi che il documento di economia e finanza fissa per l'operazione che chiamiamo «integrale revisione della spesa», allora si vede che, quando noi abbiamo scritto nell'articolo 1 del decreto-legge che con la legge di stabilità per il 2015 e seguenti si provvederà a rendere strutturale questo intervento, che, ripeto, chiamiamo «bonus 80 euro», noi abbiamo fissato per l'operazione «revisione della Pag. 28spesa» obiettivi molto precisi. E, certo, sono estremamente impegnativi, ma, appunto, è il Governo che se li è dati ed è il Governo che li conferma nel corso anche di questa discussione: 2015, 17 miliardi di euro di risparmi da revisione della spesa, 2016, 32 miliardi di euro di riduzione della spesa da operazione di revisione.
  Il perno della strutturalità del provvedimento nella proposta del Governo è qui: noi troveremo la garanzia del carattere strutturale di questo provvedimento – troviamo la garanzia del carattere strutturale di questo provvedimento – negli impegni formalmente definiti per l'operazione di revisione della spesa nel Documento di economia e finanza e che noi ci impegniamo a confermare nella legge di stabilità e, in realtà, nella sessione di bilancio, complessivamente, che avremo in autunno.
  Perché questo ? Perché la revisione della spesa non è un'operazione di taglio, punto e basta. La revisione della spesa è un modo di governare. Nell'immediato, la revisione della spesa non produce effetti clamorosi: ecco perché, nel 2014, non era possibile avere un effetto da riduzione della spesa così significativo da coprire integralmente il provvedimento e, quindi, sono state necessarie altre misure limitate nel tempo al 2014. Ma l'operazione di revisione della spesa è un modo di governare, realizzando riforme che rigiustificano la spesa dal primo euro, misurano i risultati, ristrutturano la macchina amministrativa radicalmente in modo tale da rendere possibile la realizzazione, contemporaneamente, di risparmi e di una drastica riqualificazione della spesa pubblica sotto il profilo della sua efficacia e sotto il profilo della sua efficienza.
  Da questo punto di vista, quindi, troviamo qui la garanzia della strutturalità del provvedimento; e questa garanzia è fondamentale anche per fare in modo che il provvedimento consegua gli obiettivi di politica economica che noi gli abbiamo associato. Vorrei che fosse chiaro: certo che qui ci rivolgiamo ad una platea di lavoratori dipendenti a reddito medio basso, quindi, con un'elevata propensione al consumo, ma anche questa platea, se ritenesse che si tratta di un intervento straordinario, non destinato a ripetersi, risparmierebbe una quota enorme di questo bonus, e noi non otterremmo gli effetti di sollecitazione della domanda effettiva che, invece, vogliamo conseguire.
  È dal carattere strutturale e dalla credibilità di questa sua natura, dalla credibilità circa il fatto che questo provvedimento sarà permanente nel tempo, che potrà derivare la scelta di queste famiglie e di questi lavoratori di consumare, di impegnare in consumi gli 80 euro in più al mese che ricevono nel corso del 2014 e, per questa via, sostenere quella domanda effettiva che affronta il problema di quella parte di imprese italiane che lavora per il mercato interno.
  È abbastanza paradossale che si sia detto: fate un regalo ai lavoratori dipendenti, ma non avrà effetto economico e le imprese non ne trarranno giovamento. La parte di imprese che esporta e che esporta la parte prevalente della sua produzione, in Italia, sta ottenendo risultati particolarmente positivi e significativi, si è giovata dell'aumento della domanda nel contesto internazionale e sta andando bene. Non è nemmeno vittima del credit crunch che, invece, si trova ad affrontare la stragrande maggioranza delle imprese.
  Quali sono le imprese in difficoltà in Italia ? Sono quelle che esportano pochissimo e, ancora di più, quelle che lavorano solo sul mercato interno. Perché ? Perché, anche se sono imprese produttive, si sono trovate di fronte ad una tale restrizione della domanda che ha avuto effetti sulle loro capacità produttive. Quindi, non in quelle potenziali, in quelle effettive, cioè sulla loro produzione, non trovano esito. Perché ? Perché abbiamo perso, dal 2007 ad oggi – unico Paese dell'OCSE a presentare risultati catastrofici di questo tipo –, nove punti di prodotto interno e dieci punti di reddito medio. Se non guardiamo alla fase bellica, noi non troviamo una catastrofe economica di queste dimensioni nel corso della storia del nostro Paese da quando è un Paese unito.
  Quindi, una catastrofe economica che ha trovato la sua effettiva manifestazione Pag. 29nella caduta del mercato interno. Questo sostegno alla domanda effettiva può portare giovamento alle imprese che lavorano per il mercato interno soltanto se c’è credibilità sul fatto che questo provvedimento non sia straordinario, se no una parte di questi 80 euro sarà, lo ripeto, risparmiata.
  Questo vuol dire che noi mettiamo in discussione lo schema fissato molto opportunamente dall'ultima legge di stabilità ? Non c'era il Governo Renzi ma il Governo Renzi apprezza in particolare quella parte della legge di stabilità che dice: la componente strutturale di aumento di gettito da lotta all'evasione fiscale finisce in un fondo che finanzia la riduzione del cuneo fiscale e contributivo sul lavoro. Nel momento in cui io dico che la garanzia per il carattere permanente di questa riduzione del cuneo fiscale viene dalla riduzione della spesa, metto forse in discussione l'operazione prefigurata dalla legge di stabilità a proposito dell'utilizzo, a scopo di riduzione del cuneo fiscale e contributivo sul lavoro, di quello che viene, in termini di gettito permanente, dalla lotta all'evasione fiscale ? Assolutamente no.
  Noi vogliamo fornire, con la revisione della spesa, la garanzia che l'intervento di cui stiamo parlando in quest'Aula, oggi, è strutturale. Ma contemporaneamente – anche attraverso le modifiche che abbiamo apportato a quella norma della legge di stabilità relativa al fondo di cui ho già detto per fare in modo che sia l'esercizio dei decreti delegati in sede di delega fiscale, sia l'attività di effettiva definizione, anno per anno, di obiettivi di riduzione dell'evasione fiscale possa trovare manifestazione nel fatto che ogni euro che viene da lì serve per ridurre il cuneo fiscale e contributivo sul lavoro, in Italia troppo alto e che penalizza la nostra capacità competitiva – a garanzia di tutto questo, noi naturalmente diciamo che, a regime, quello che viene dalla riduzione della spesa attraverso l'operazione di revisione della spesa stessa, che ho già descritto, deve servire a finanziare quegli interventi strutturali, per esempio sul versante della tutela dal rischio disoccupazione, che mancano all'Italia e deprimono le sue capacità competitive, a partire da un sistema universale di protezione dal rischio disoccupazione che l'Italia non ha e che gli altri Paesi moderni hanno. Perché ? Perché, a regime, tutto quello che serve per ridurre, come abbiamo già cominciato a fare e per proseguire su quel versante della riduzione del cuneo fiscale e contributivo sul lavoro e sull'impresa, dovrà venire dal riequilibrio della pressione fiscale.
  Quel riequilibrio, onorevole Prestigiacomo, che ci viene richiesto dalla seconda raccomandazione che il Consiglio dell'Unione europea ancora nell'ultima riunione, quella che ha esaminato il Patto di stabilità interno presentato dall'Italia, ci ha confermato. Le leggo alla lettera: trasferire ulteriormente il carico fiscale dai fattori produttivi, lavoro e impresa, ai consumi, ai beni immobili e all'ambiente, assicurando il finanziamento della recente riduzione del cuneo fiscale sul lavoro anche per il 2015.
  Abbiamo contribuito a scriverla quella raccomandazione, intendiamo ottemperare a quella raccomandazione e abbiamo già lavorato in questa direzione, perché non è vero che questo provvedimento aumenta la pressione fiscale. Questo provvedimento riduce la pressione fiscale sul lavoro e, certo, è innegabile, né l'abbiamo mai negato, aumenta la pressione fiscale, a fini di finanziamento della riduzione dell'IRAP, sulle rendite da capitale, cioè sul capital gain ad eccezione del risparmio che si rivolge sostanzialmente ai titoli di Stato.
  Da questo punto di vista vorrei dire che l'operazione riequilibrio, adesso, si è sostanzialmente realizzata. Se guardiamo agli interventi che hanno fatto, nell'ordine, via, via, il Governo Monti, per la verità, il Governo Berlusconi, il Governo Monti, soprattutto per la componente immobiliare, poi il Governo Letta, in parte, e adesso il Governo Renzi, noi che cosa vediamo ?
  Vediamo che – questo viene ammesso anche da parte di coloro che ancora non sono soddisfatti e propongono ulteriori Pag. 30patrimoniali, alle quali il Governo si dichiara non disponibile – abbiamo realizzato in Italia un significativo riequilibrio. Infatti, tutte le valutazioni in sede OCSE sul livello di pressione fiscale dei diversi Paesi sulle tre fondamentali basi imponibili (consumi, da una parte, redditi da lavoro e d'impresa e patrimoni) segnalavano che l'Italia aveva un sistema fiscale completamente squilibrato: massimo livello di pressione, quindi primi posti nella graduatoria, purtroppo, per pressione fiscale sul lavoro e sull'impresa e, prima del Governo Monti, livelli di pressione fiscale sui patrimoni, nella loro componente mobiliare e immobiliare, bassissimi, in fondo alla graduatoria.
  Che cosa si è fatto, in particolare con il Governo Monti, quindi con una maggioranza molto larga, e poi successivamente ? Si è effettuato un aumento significativo (molto significativo, diciamo le cose come stanno) e per certi aspetti anche doloroso – non è a cuor leggero che si prendono queste decisioni; il relatore della Commissione finanze richiamava in ultimo anche le componenti di garanzia che devono essere ritagliate dentro questo contesto, di cui bisogna tenere conto –, un aumento molto corposo di pressione fiscale sulla componente patrimoniale, immobiliare e mobiliare.
  Adesso noi, in quella classifica sul livello di pressione fiscale sui patrimoni, siamo arrivati decisamente nella prima parte, alla dimensione europea. Quindi, c’è un mutamento radicale di situazione e di orientamento. Cos’è che il Governo Renzi ha voluto e potuto fare e che i Governi precedenti non avevano fatto ? Usare una quota significativa di quelle risorse che vengono dall'aumento della pressione fiscale sulla componente patrimoniale per ridurre la pressione fiscale sul reddito da lavoro e sull'impresa, IRAP in particolare.
  Tra l'altro, la norma, avete visto, è scritta in modo tale che risulta chiaro che ciò che viene da gettito maggiore (passando l'aliquota dal 20 al 26 per cento sul capital gain) finanzia la riduzione dell'IRAP. Quindi, non è vero che ciò che si prende con una mano si restituisce con l'altra in negativo (nel senso che la pressione fiscale si riduce per l'uno e aumenta per l'altro), se non nel senso che le tre componenti fondamentali della base imponibile di qualsiasi prelievo fiscale nel mondo stanno subendo un riequilibrio, ma nella direzione che ci viene segnalata da tutti gli osservatori essere giusta.
  Quello che prima non era stato possibile, cominciare finalmente ad usare ciò che viene dalla pressione fiscale in aumento sulla componente patrimoniale per ridurre la pressione fiscale sul lavoro e sull'impresa, adesso è stato possibile farlo.
  E non ci fermeremo qui, perché abbiamo detto chiaramente, anche con una modifica dell'articolo 1 del testo, sollecitata in particolare dall'intervento dei gruppi della maggioranza al Senato, che con la legge di stabilità, sia sul versante dei percettori di questo intervento (guardando alla componente carico familiare, in particolare) sia sul versante dell'impresa, dovremo fare di più; e l'impegno sull'IRAP è, da questo punto di vista, un impegno che assumiamo per il 2015 in modo strategico.
  Dobbiamo ridurre i costi dell'impresa in maniera tale che le imprese, in particolare quelle piccole, non abbiano penalizzazioni se aumentano l'occupazione. Sapete che una delle componenti più difficili da gestire dell'IRAP nel rapporto con le piccole imprese è da sempre questa. Perché è stato detto che è la più odiata delle imposte ? Perché se l'impresa piccola aumenta di un posto di lavoro i propri dipendenti questo determina un aumento del prelievo IRAP, a causa di come è fatta quell'imposta e del ruolo che il costo del lavoro ha dentro la base imponibile di quella imposta. È un impegno che prendiamo e che intendiamo ribadire.
  Vado molto velocemente sul resto. Perché la misura è concentrata sul lavoro dipendente ? Perché nel corso di questa lunga fase di crisi la caduta del reddito disponibile del lavoro dipendente medio-basso è stata più intensa che per il resto della popolazione (è una buona ragione) e, in secondo luogo, perché abbiamo fatto Pag. 31tesoro di un'esperienza negativa che abbiamo fatto in passato, che l'Italia ha fatto in passato.
  Quando nel 2006 decidemmo di fare un intervento di riduzione del cuneo fiscale contributivo sul lavoro – qui ci sono parlamentari che c'erano anche allora, ricorderanno la discussione – si decise di attuare un intervento che includeva praticamente tutta la platea dei contribuenti Irpef.
  Che cosa accadde ? Che l'intervento era significativo dal punto di vista della quantità globale di risorse impegnate, ma la sua dispersione sulla platea intera dei contribuenti determinò il fatto che non venne avvertito come una iniezione di fiducia e un effettivo intervento per aumentare la domanda effettiva di quella parte di popolazione che aveva una propensione più elevata al consumo: l'effetto fu molto limitato. Abbiamo imparato da quell'esperienza che la concentrazione dell'intervento è una componente fondamentale. Certo, questo implica fare delle scelte; ma fare delle scelte è la base dell'attività di buon Governo: un Governo che non è in grado di prendersi responsabilità e di fare delle scelte che possano avere anche controindicazioni è un Governo che non è in grado di scegliere. Quando tu scegli di dare un euro a tutti, è perché non sei in grado di selezionare una base di riferimento per il tuo intervento ipotizzando che attraverso quell'intervento quella platea sia in grado di assumere comportamenti economici che possono servire al complesso del sistema: è quello che quella volta abbiamo sbagliato, e che questa volta abbiamo pensato di non ripetere in termini di errore.
  Certo, questo significa che abbiamo dovuto prendere in modo esplicito addirittura nel testo di legge impegni che riguardano il futuro, perché assieme alle componenti di scelte di politica economica per il sostegno della competitività di cui ho già detto ci sono scelte di politica sociale che non possono più essere rimandate. Per esempio, il tema di un intervento a favore di chi è in condizione di totale incapienza. Su questo provvedimento si è continuato a dire che non riguarda gli incapienti: questo non è assolutamente vero ! Non riguarda gli incapienti totali, perché gli incapienti parziali sono perfettamente considerati dal provvedimento; gli incapienti totali invece non lo sono, ed è chiaro che su questo punto bisogna che noi orientiamo le linee di fondo della politica sociale per il 2015 e 2016 tenendo conto che essi hanno bisogno di un intervento immediato e significativo.
  Per quello che riguarda lo squilibrio ipotetico e denunciato tra minori spese, ancora, e maggiori entrate, ho già detto: la componente minori spese diventerà dominante nel 2015 e nel 2016, e questo è l'impegno che ci siamo presi con il Documento di economia e finanza, e questo è l'impegno che noi manterremo.
  Infine, perché non un impegno più importante sul total tax rate invece che sul reddito da lavoro ? Perché abbiamo valutato che la componente... Io stesso ho partecipato a quella discussione partendo da una posizione molto lontana da questa, e progressivamente – lo dico con sincerità – mi sono convinto che la scelta che abbiamo fatto sia quella giusta. Perché ? Perché la parte di imprese che soffrono di più sono quelle che lavorano interamente per il mercato interno, e la loro ragione di sofferenza è sostanzialmente derivata da due fattori. Su uno questo decreto-legge non interviene, ed è il credit crunch, la difficoltà di accesso al credito, perché le imprese che esportano non hanno questa difficoltà: ce l'hanno le imprese che lavorano per il mercato interno.
  L'altra ragione di difficoltà di queste imprese è la caduta dei consumi, cioè la caduta della domanda effettiva. Da questo punto di vista l'intervento che noi abbiamo realizzato aggredisce il tema dell'aumento della domanda effettiva. Naturalmente di fronte a chi mi dice «lo aggredisce ma non lo risolve», io mi arrendo in partenza: di interventi fatti a carico del bilancio dello Stato che risolvano il problema della domanda effettiva del Paese non ne conosco, ma conosco interventi come questo che possono da questo punto di vista risultare di qualche significativa efficacia.Pag. 32
  Faccio notare in particolare che a proposito poi dell'intervento verso quella parte del mondo del lavoro autonomo che presenta redditi sostanzialmente analoghi o addirittura per certi aspetti inferiori a quelli di cui qui ci siamo occupati con l'intervento bonus 80 euro, è difficile negare che in quell'ambito la componente piccolo artigianato, e soprattutto piccolo commercio, svolga un ruolo importante.
  Non devo essere io ad insegnare ai deputati che, se ci sono dieci milioni di italiani con 80 euro nel portafogli in più ogni mese, anche su quel versante, un piccolo aiuto potrà venire, piccolo perché l'intervento che potrebbe avere una componente più strutturale rivolta a questa parte della popolazione, è quello che riguarda l'IRAP, di cui ho già parlato, e che rappresenta un impegno per il prossimo futuro.
  Un'ultimissima considerazione e mi scuso, signor Presidente, se sono stato noioso...

  PRESIDENTE. Prego, ha tutto il tempo che vuole.

  ENRICO MORANDO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. No, non intendo approfittarne. Voglio fare solo un'ultima osservazione: ieri – lo dico per i colleghi che hanno risollevato questo problema e alcuni lo hanno fatto – in Commissione bilancio e finanze riunite, ho depositato mie risposte, mie nel senso di risposte del Viceministro che segue il provvedimento, alle osservazioni tecniche critiche che sono rinvenibili nei documenti del Servizio bilancio, prima del Senato, e poi della Camera. Naturalmente, io di quelle risposte sono convinto; lo dico solo perché in Commissione qualcuno ha «parlamentarizzato» alcune di quelle osservazioni critiche e allora io ho risposto nell'intervento; qui questa mattina non lo ha fatto nessuno e semplicemente mi limito quindi a rimandare ai colleghi, se vogliono sapere che cosa su quelle valutazioni critiche sul piano tecnico il Governo abbia avuto da rispondere. Quindi, non è vero che ce ne siamo stati zitti e che non abbiamo detto niente: il sottoscritto, prima al Senato e adesso alla Camera, sulla nuova versione del testo, così come modificato dal Senato, ha depositato le proprie osservazioni; anche soltanto per dire che sono sbagliate, forse prima bisognerebbe leggerle.

(Annunzio della presentazione di una questione pregiudiziale – A.C. 2433)

  PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata da parte del gruppo MoVimento 5 Stelle una questione pregiudiziale riferita al provvedimento in esame.
  Ricordo che il termine previsto dal Regolamento (articolo 96-bis, comma 3) per la presentazione delle questioni pregiudiziali è di cinque giorni dall'annuncio del decreto-legge, mentre quello per la discussione è di sette giorni. La pregiudiziale risulta pertanto presentata nei termini.
  Per quanto riguarda la sua discussione, poiché si è già svolta nella seduta odierna la discussione sulle linee generali, il termine di sette giorni sopra citato scade il prossimo lunedì 16 giugno e l'esame e la votazione della questione pregiudiziale sarà svolto in quella seduta, a partire dalle ore 14, quindi prima del passaggio alla fase di esame degli articoli del provvedimento.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 16 giugno 2014, alle 11:

  1. – Discussione della Relazione sulle prospettive di riforma del sistema di gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta Pag. 33sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere (Doc. XXIII, n. 1).

  (ore 14)

  2. – Seguito della discussione del disegno di legge (previo esame e votazione della questione pregiudiziale presentata):
   S. 1465 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, recante misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale. Deleghe al Governo per il completamento della revisione della struttura del bilancio dello Stato, per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa, nonché per l'adozione di un testo unico in materia di contabilità di Stato e di tesoreria (Approvato dal Senato) (C. 2433).
  — Relatori: Fauttilli, per la V Commissione; Petrini, per la VI Commissione.

  3. – Seguito della discussione delle mozioni Migliore ed altri n. 1-00440, Bargero ed altri n. 1-00200, Grande ed altri n. 1-00286, Dorina Bianchi ed altri n. 1-00484, De Mita ed altri n. 1-00485, Palese ed altri n. 1-00486, Fedriga ed altri n. 1-00488, Taglialatela ed altri n. 1-00492 e Balduzzi ed altri n. 1-00494 concernenti iniziative a favore delle vittime dell'amianto.

  4. – Seguito della discussione delle mozioni Tabacci, Taricco, Palese, Lavagno, Dorina Bianchi, Monchiero, De Mita ed altri n. 1-00265, Cozzolino ed altri n. 1-00487, Prataviera ed altri n. 1-00491 e Balduzzi ed altri n. 1-00493 in materia di semplificazione normativa e amministrativa.

  5. – Discussione della mozione Giancarlo Giorgetti ed altri n. 1-00495 concernente l'applicazione di misure relative alla sicurezza e alla protezione sociale di cittadini italiani, comunitari ed extracomunitari.

  6. – Discussione della mozione Binetti ed altri n. 1-00209 concernente iniziative in relazione al fenomeno dei minori stranieri non accompagnati.

  7. – Seguito della discussione della Relazione sulle prospettive di riforma del sistema di gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere (Doc. XXIII, n. 1).

  8. – Discussione del disegno di legge:
   Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, fatta all'Aja il 19 ottobre 1996, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno (C. 1589-A).
  — Relatori: Ferranti, per la II Commissione; Nicoletti, per la III Commissione.

  La seduta termina alle 12,10.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO PAOLO PETRINI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2433

  PAOLO PETRINI, Relatore per la VI Commissione. Il provvedimento in esame – che si inserisce nel più ampio percorso di riforme economiche e istituzionali avviate dal Governo in questi ultimi mesi – costituisce il tentativo più compiuto e maturo per aumentare la crescita attraverso il sostegno ai consumi e la riduzione del peso fiscale sulle imprese.Pag. 34
  Questo obiettivo viene perseguito attraverso uno sforzo redistributivo che costituisce l'elemento che connota unitariamente tutte le misure presenti nel decreto indipendentemente dai singoli settori di intervento. In particolare, si restituiscono soldi ai cittadini e alle imprese attraverso un consistente recupero di risorse proveniente dalla riduzione della spesa pubblica e dalla tassazione delle rendite.
  Limitandosi a svolgere una sintetica illustrazione delle disposizioni, è possibile individuare tre grandi aree di intervento: il settore fiscale, l'efficientamento del procedimento di pagamento dei debiti degli enti locali nei confronti delle imprese e la rimodulazione di alcune disposizioni in materia di spending review.
  In particolare, per il settore fiscale la misura più nota è indubbiamente rappresentata dall'introduzione del bonus di 80 euro. Si dispone infatti, limitatamente all'anno 2014, il riconoscimento di un credito fiscale ai percettori di redditi di lavoro dipendente e di taluni redditi assimilati. L'importo del credito è pari a 640 euro se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro e decresce linearmente al superamento del predetto limite fino ad azzerarsi al raggiungimento di un livello di reddito pari a 26.000 euro.
  Si tratta di uno dei più significativi interventi in materia di riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti che – come è stato stabilito durante l'esame del provvedimento in Senato – sarà reso strutturale attraverso la legge di stabilità 2015 prevedendo prioritariamente interventi di natura fiscale che privilegino, con misure appropriate, il carico di famiglia e, in particolare, le famiglie monoreddito con almeno due o più figli a carico.
  L'articolo 50, comma 6 istituisce, al fine di rendere permanenti gli sgravi fiscali introdotti dall'articolo 1, un fondo destinato alla concessione di benefici economici a favore dei lavoratori dipendenti, con la seguente dotazione:
   1.930 milioni di euro in termini di saldo netto da finanziare e di fabbisogno e 2.685 milioni di euro in termini di indebitamento netto per il 2015;
   4.680 milioni di euro per il 2016;
   4.135 milioni di euro per il 2017;
   1.990 milioni di euro a decorrere dal 2018.

  Il secondo aspetto rilevante, per quanto riguarda l'ambito fiscale, è la riduzione delle aliquote dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) applicabili ai diversi soggetti passivi del tributo.
  Questa disposizione che determina complessivamente, un taglio strutturale del 10 per cento dell'IRAP è un primo passo concreto nella direzione di un progressivo abbassamento del carico fiscale che pesa sulle nostre imprese.
  Più in dettaglio, l'articolo 2, comma 1 – mediante una serie di modifiche al decreto legislativo n. 446 del 1997, prevede una riduzione (generalizzata) della misura delle aliquote base a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013.
  La lettera a) del comma 1 modifica l'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo n. 446, riducendo dal 3,9 per cento al 3,50 per cento l'aliquota applicabile, in via ordinaria, dalla generalità dei soggetti passivi IRAP.
  La lettera b) reca una serie di modifiche al comma 1-bis dello stesso articolo 16, finalizzate a ridurre:
   dal 4,20 per cento al 3,80 per cento l'aliquota applicata da parte di società di capitali ed enti commerciali titolari di concessioni per la gestione di servizi e opere pubbliche, diverse da quelle aventi ad oggetto la costruzione e la gestione di autostrade e trafori;
   dal 4,65 per cento al 4,20 per cento l'aliquota applicata dalle banche e dagli altri soggetti finanziari che determinano il valore della produzione ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 446 del 1997;
   dal 5,90 per cento al 5,30 per cento l'aliquota applicata dalle imprese di assicurazione che determinano il valore della produzione.

Pag. 35

  La lettera c), novellando l'articolo 45, comma 1, del decreto legislativo n. 446, provvede infine a ridurre dall'1,9 per cento all'1,70 per cento l'aliquota prevista ai fini della determinazione del tributo da parte dei soggetti che operano nel settore agricolo e per le cooperative di piccola pesca e loro consorzi.
  Rimane invece inalterata l'aliquota (pari all'8,5 per cento) delle Amministrazioni pubbliche individuata dall'articolo 16, comma 2, concernente i soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera e-bis), del medesimo decreto, relativamente al valore prodotto.
  A questi interventi in favore dei lavoratori e delle imprese, corrisponde l'aumento delle ritenute e delle imposte sostitutive sui redditi di natura finanziaria dal 20 al 26 per cento che interpreta l'esigenza di spostare progressivamente il peso della tassazione dall'economia reale alle rendite.
  L'articolo 3 introduce una revisione del sistema impositivo dei redditi di natura finanziaria per effetto della quale:
   a decorrere dal 1o luglio 2014 viene innalzata al 26 per cento l'aliquota di imposta attualmente determinata nella misura del 20 per cento;
   resta inalterata l'aliquota di imposta attualmente determinata nella misura del 12,50 per cento per i titoli del debito pubblico, buoni postali di risparmio, obbligazioni emesse dagli Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni, titoli di risparmio per l'economia meridionale.

  Si prevede inoltre l'affrancamento delle plusvalenze e minusvalenze maturate entro il 30 giugno 2014.
  Sulla base di questa nuova disciplina l'articolo 12, comma 4, prevede che il versamento dell'imposta sostitutiva sulla rivalutazione delle quote di partecipazione al capitale di Banca d'Italia sia effettuato in un'unica soluzione nella misura del 26 per cento del valore nominale delle quote al netto del valore fiscalmente riconosciuto al 31 dicembre 2013.
  È importante sottolineare che, rispetto a questa nuove misure, vengono fatti salvi alcuni trattamenti particolarmente rilevanti nel nostro Paese come i fondi pensione.
  In particolare, l'articolo 4 ai commi da 1 a 10 reca una serie di disposizioni di coordinamento in ordine all'applicazione di quanto previsto in materia di tassazione dei rendimenti degli strumenti finanziari. Nel corso dell'esame al Senato, sono stati inseriti i commi 6-bis e 6-ter, relativi, rispettivamente, all'introduzione, in via transitoria, di un credito di imposta in favore delle Casse di previdenza private per compensare la maggiore aliquota del 26 per cento ed ad un elevamento all'11,5 per cento, per l'anno 2014, dell'aliquota dell'imposta sostitutiva sul risultato dei fondi pensione. È inoltre aumentato di 4 milioni per il 2015 il Fondo per interventi strutturali di politica economica.
  La seconda significativa area di intervento del decreto in esame riguarda lo smaltimento dei debiti della P.A. nei confronti delle imprese: un aspetto, questo, che ha impegnato il Parlamento e gli ultimi Governi a più riprese e che ha portato ad una incisiva immissione di liquidità nel sistema.
  L'obiettivo delle norme inserite in questo provvedimento, in linea con quanto è scritto nel DEF, è non solo quello di riuscire a diminuire drasticamente l'arretrato della pubblica amministrazione in materia di pagamenti alle imprese ma anche quello di impedire formazione di nuovo debito.
  Per ottenere questo risultato non solo si stanziano ulteriori risorse per circa, complessivamente, 10 miliardi di euro ma si introducono una serie di strumenti innovativi per velocizzare il procedimento e ampliarne l'ambito applicativo.
  In particolare, si potenzia lo strumento della certificazione, ampliando il perimetro delle amministrazioni pubbliche tenute alla certificazione dei debiti non estinti.
  Per favorire la cessione dei crediti delle pubbliche amministrazioni per i crediti certi, liquidi ed esigibili che interessano somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni Pag. 36professionali, maturati al 31 dicembre 2013 e certificati, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge è prevista la concessione della garanzia dello Stato a partire dal momento dell'effettuazione di operazioni di cessione ovvero di ridefinizione con banche o intermediari finanziari. La Cassa depositi e prestiti e le istituzioni finanziarie dell'Ue e internazionali possono acquisire dalle banche e dagli intermediari finanziari, i crediti assistiti dalla garanzia dello Stato, anche al fine di effettuare operazioni di ridefinizione dei termini e delle condizioni di pagamento dei relativi debiti.
  Sulla compensabilità, altro aspetto molto importante, l'articolo 39 introduce la possibilità di compensazione dei crediti verso la PA anche a quelli maturati dal 1o gennaio 2013 in poi.
  L'articolo 40, invece, amplia la platea dei crediti vantati nei confronti della PA compensabili con le somme iscritte a ruolo, differendo dal 31 dicembre 2012 al 30 settembre 2013 il termine entro il quale devono essere state notificate le relative cartelle di pagamento al fine di usufruire di detta compensazione.
  Infine, non ci si limita ad intervenire sui debiti della pubblica amministrazione ma si prendono in considerazione anche le partecipate.
  L'articolo 31 dispone, infatti, per il 2014 un incremento della dotazione della «Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali enti locali» del «Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili», di 2.000 milioni al fine di favorire il pagamento dei debiti maturati alla data del 31 dicembre 2013 da parte delle società e degli enti partecipati dagli enti locali.
  Per alimentare un circolo «virtuoso» si prevede che le società partecipate siano a loro volta tenute a destinare prioritariamente le risorse ottenute all'estinzione dei debiti maturati alla data del 31 dicembre 2013.
  L'ultimo grande terna affrontato dal decreto riguarda la spending review. In questo caso deve essere sottolineata con favore la scelta di finanziare gli interventi per la crescita attraverso un importante contenimento della spesa pubblica.
  Inoltre – e si tratta di un'altra novità – si abbandona la logica dei (soli) tagli lineari e si inizia a percorre la strada delle riforme di sistema per diminuire gli sprechi e qualificare la spesa pubblica
  In tema di innovazione della pubblica amministrazione e contenimento dei costi, per i profili di interesse della commissione, si segnalano:
   l'articolo 42 che prevede l'obbligo per tutte le pubbliche amministrazioni di adottare a decorrere dal 1o luglio 2014 il registro unico delle fatture nel quale entro 10 giorni dal ricevimento devono essere annotate le fatture o le richieste equivalenti di pagamento per somministrazioni, forniture e appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali emesse nei loro confronti;
   l'articolo 18 che sopprime, a decorrere dal 1o giugno 2014, i regimi tariffari postali agevolati previsti per i candidati alle elezioni e per le comunicazioni da parte dei partiti politici relative alla possibilità di destinazione del due per mille dell'IRPEF ai partiti stessi;
   l'articolo 24 finalizzato al contenimento della spesa per le locazioni passive e per la manutenzione degli immobili e alla razionalizzazione degli spazi in uso alle amministrazioni pubbliche. Si sottolinea anche l'importanza dei commi 2-bis e 2-ter che intervengono sulla facoltà di recesso prevedendo per le amministrazioni pubbliche inserite annualmente dall'ISTAT nel conto economico consolidato (e quindi non più solo le amministrazioni dello Stato, le regioni e gli enti locali) e gli organi costituzionali, la facoltà di comunicare entro il 31 luglio 2014 il preavviso (ai fini del recesso) dai contratti di locazione in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto. Il recesso si perfeziona allo spirare Pag. 37dei sei mesi (180 giorni) successivi al preavviso, anche in deroga ad eventuali clausole contrattuali che lo limitino o lo escludano.

  In particolare, il comma 1, il quale interviene sulla disciplina di cui all'articolo 2, comma 222, della legge n. 191 del 2009, relativa alla procedura che le amministrazioni statali devono seguire in caso di ricerca di immobili da locare, introduce la previsione secondo cui le indagini di mercato obbligatorie per le amministrazioni ai fini della individuazione della locazione passiva più vantaggiosa, debbano essere effettuate prioritariamente consultando il sistema applicativo informatico («Ploma») messo a disposizione dall'Agenzia del demanio, che riporta gli immobili pubblici e privati disponibili sul mercato (attualmente 130) offerti in locazione. Le PA devono effettuare le loro ricerche prioritariamente fra quelli di proprietà pubblica e, successivamente, tra quelli offerti in locazione o in vendita da soggetti privati.
  In forza di tale nuova previsione le amministrazioni hanno dunque l'obbligo, qualora richiedano immobili per i loro fabbisogni allocativi, di svolgere le proprie indagini di mercato prioritariamente all'interno del novero di immobili in proprietà pubblica presenti sull'apposito applicativo informatico messo a disposizione dall'Agenzia del demanio.
  La norma specifica che la consultazione di tale sistema informatico, in caso di esito positivo, assolve i prescritti obblighi di legge in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni.
  Il comma 2, lettera a), integrando il comma 222-bis della citata legge n. 191 del 2009, prevede la segnalazione alla Corte dei conti da parte dell'Agenzia del demanio nel caso in cui le amministrazioni statali non si adeguino, nei tempi previsti, agli indicatori di performance individuati dall'Agenzia in termini di costo d'uso/addetto.
  Si ricorda che la legge di stabilità 2014 ha previsto che, al fine di pervenire ad ulteriori risparmi di spesa, le amministrazioni centrali devono comunicare all'Agenzia del demanio i dati e le informazioni relativi ai costi per l'uso degli edifici di proprietà dello Stato e di terzi dalle stesse utilizzati. Con provvedimenti del direttore dell'Agenzia del demanio sono comunicati gli indicatori di performance elaborati dalla medesima Agenzia in termini di costo d'uso/addetto, sulla base dei dati e delle informazioni fornite dalle predette Amministrazioni dello Stato. Queste ultime, entro due anni dalla pubblicazione del relativo provvedimento nel sito internet dell'Agenzia del demanio, sono tenute ad adeguarsi ai migliori indicatori di performance ivi riportati.
  La lettera b) del comma 2, inserendo un nuovo comma 222-quater nella predetta legge n. 191, prevede invece un nuovo piano di razionalizzazione nazionale per assicurare, oltre al rispetto del parametro metri quadrati per addetto, un complessivo efficientamento della presenza territoriale, attraverso:
   l'utilizzo degli immobili pubblici disponibili o di parte di essi, anche in condivisione con altre amministrazioni pubbliche, compresi quelli di proprietà degli enti pubblici;
   la riduzione delle locazioni passive.

  I nuovi piani di razionalizzazione devono garantire per ciascuna amministrazione dal 2016 una riduzione di almeno il 50 per cento della spesa per locazioni e di almeno il 30 per cento degli sazi utilizzati. Termine di riferimento sono i valori registrati nel 2014.
  Tale revisione non si applica ai presidi territoriali di pubblica sicurezza e a quelli destinati al soccorso pubblico (secondo l'integrazione apportata dal Senato), nonché agli istituti penitenziari.
  La procedura prevede che i piani di razionalizzazione siano trasmessi dalle amministrazioni all'Agenzia del demanio, per la verifica della compatibilità con gli obiettivi così fissati. L'Agenzia li comunica, entro i successivi 60 giorni, al Ministero dell'economia e delle finanze. In caso di Pag. 38verifica positiva, l'Agenzia comunica gli stanziamenti di bilancio delle amministrazioni relativi alle locazioni passive, da ridurre per effetto dei risparmi individuati dal piano. Fino a metà dei risparmi individuati nei piano possono essere destinati (con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze) al finanziamento delle spese connesse alla realizzazione dei piani medesimi, da parte delle amministrazioni e dell'Agenzia del demanio.
  In caso di verifica negativa (o di mancata presentazione del piano), il Ministero dell'economia e delle finanze, sulla base dei dati comunicati dall'Agenzia del demanio, effettua una corrispondente riduzione sui capitoli relativi alle spese correnti per l'acquisto di beni e servizi dell'amministrazione inadempiente, al fine di assicurare comunque i risparmi attesi.
  Il comma 2-bis, modificando l'articolo 2-bis del decreto-legge n. 120 del 2013, interviene in tema di recesso dai contratti di locazione di immobili in corso.
  Al riguardo si ricorda che il citato articolo 2-bis del decreto-legge n. 120 consente alle pubbliche amministrazioni (le amministrazioni dello Stato, le regioni e gli enti locali, nonché gli organi costituzionali nell'ambito della propria autonomia) di recedere, con un preavviso di 30 giorni, dai contratti di locazioni di immobili, entro il termine del 31 dicembre 2014.
  La legge di stabilità 2014, all'articolo 1, comma 389, prevede che la facoltà di recesso di cui all'articolo 2-bis non può essere esercitata nel caso di contratti locazione di immobili affittati a P.A. da parte di fondi comuni di investimento immobiliare o da parte di chi li ha acquistati dai suddetti fondi.
  La nuova formulazione del predetto articolo 2-bis recata dal comma 2-bis prevede per le amministrazioni pubbliche inserite annualmente dall'ISTAT nel conto economico consolidato (e quindi non più solo le amministrazioni dello Stato, le regioni e gli enti locali) e gli organi costituzionali, la facoltà di comunicare entro il 31 luglio 2014 il preavviso (ai fini del recesso) dai contratti di locazione in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.
  Il recesso si perfeziona allo spirare dei sei mesi (180 giorni) successivi al preavviso, anche in deroga ad eventuali clausole contrattuali che lo limitino o lo escludano.
  Conseguentemente, il comma 2-ter modifica il citato comma 389 della legge di stabilità 2014 sopprimendo il riferimento – ai fini dell'applicazione della norma – al comma 1 dell'articolo 2-bis del decreto-legge n. 120 del 2013.
  Il comma 3 interviene sulla disciplina relativa alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili in uso alle amministrazioni statali.
  In dettaglio, la lettera a) introduce l'obbligo per le amministrazioni dello Stato di comunicare semestralmente gli interventi manutentivi effettuati direttamente (dunque non per il tramite dell'Agenzia del demanio quale «manutentore unico»), sia sugli immobili di proprietà dello Stato in uso governativo sia su quelli di proprietà di terzi utilizzati a qualsiasi titolo.
  Tale obbligo non riguarda il Ministero della difesa, il Ministero degli affari esteri, il Ministero per i beni e le attività culturali e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti relativamente a settori specifici di rispettiva competenza.
  La lettera b) introduce la possibilità di revisionare in corso d'anno il piano triennale generale degli interventi manutentivi, sentiti i Provveditorati per le opere pubbliche. La revisione del piano è consentita solo in caso di sopravvenute e imprevedibili esigenze manutentive, di natura prioritaria rispetto agli interventi programmati e non ancora avviati (e non ancora affidati ad uno degli operatori con cui l'Agenzia del demanio abbia stipulato accordi quadro).
  La lettera c) prevede l'ampliamento del ruolo di «centrale di committenza» dell'Agenzia del demanio, introducendo la possibilità di stipulare accordi quadro, non solo per l'individuazione degli operatori che realizzino gli interventi, ma anche per l'individuazione dei professionisti a cui eventualmente affidarne la progettazione.Pag. 39
  Il comma 4, alla lettera a) anticipa al 1o luglio 2014 il termine previsto (dall'articolo 3, comma 4 del decreto-legge n. 95 del 2012) del 1o gennaio 2015, per la riduzione del 15 per cento dei canoni di locazione passiva aventi ad oggetto immobili a uso istituzionale stipulati dalle amministrazioni.
  Destinatarie della disposizione sono le «amministrazioni centrali», come individuate dall'ISTAT, incluse le Autorità indipendenti e la Consob.
  La lettera b) estende l'applicazione – in quanto compatibile – della disciplina volta alla riduzione del 15 per cento dei canoni per locazioni passive alle Regioni, Province, Comuni, Comunità montane e loro consorzi e associazioni e agli enti del servizio sanitario nazionale (articolo 3, commi 4, 5 e 6 del citato decreto-legge n. 95 del 2012). Per le Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano (prima espressamente escluse, ai sensi dell'articolo 3, comma 7 del medesimo decreto-legge) è prevista la facoltà di adottare misure alternative di contenimento della spesa per locazioni, tali però da garantire lo stesso livello di risparmi determinato con riguardo agli altri soggetti sopra richiamati.
  Il comma 5 contiene previsioni volte al contenimento della spesa per il deposito legale di stampati e documenti di interesse culturale destinati all'uso pubblico.
  In dettaglio, la lettera a) prevede la consegna agli istituti depositari di una sola copia di tali atti, mentre la lettera b) prevede che non sono soggette al deposito legale le ristampe dei documenti stampati in Italia, per l'archivio nazionale della produzione editoriale.
  Si segnalano, inoltre, le seguenti misure.
  L'articolo 4, al comma 12-quater interviene sulla delicata questione della TASI fissando per il 2014 diverse scadenze per il pagamento del tributo da parte dei contribuenti, a seconda della tempestività del Comune nell'adozione e comunicazione al MEF delle delibere e dei regolamenti relativi al tributo stesso.
  L'articolo 4, comma 11, integralmente sostituito al Senato, novella le disposizioni della legge di stabilità 2014 consentendo la rivalutazione dei beni d'impresa mediante il pagamento di un'imposta sostitutiva in tre rate e rideterminando la scadenza di pagamento delle rate stesse.
  L'articolo 4, comma 12-ter, introdotto nel corso dell'esame al Senato, permette alle società cooperative la distribuzione degli utili ai soci finanziatori anche quando le riserve sono state utilizzate a copertura delle perdite e non siano state ricostituite. La disposizione consente di beneficiare anche in tali ipotesi della detassazione dell'utile destinato alle riserve.
  L'articolo 11-bis consente ai contribuenti che sono decaduti dal beneficio della rateizzazione dei debiti fiscali entro e non oltre il 22 giugno 2013 di richiedere, entro e non oltre il 31 luglio 2014, la concessione di un nuovo piano di rateazione. Si abroga contestualmente la norma che ha consentito la proroga delle dilazioni concesse fino al 28 dicembre 2011, interessate dal mancato pagamento di una o due rate, contenuta nell'articolo 10, comma 13-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201.
  L'articolo 5, comma 1, differisce dal 1o maggio 2014 al 1o agosto 2014 la decorrenza dell'incremento del prelievo fiscale sui prodotti da fumo e dal 20 aprile 2014 al 15 luglio 2014 il termine per l'adozione della relativa determinazione direttoriale.
  L'articolo 11, modificato durante l'esame al Senato, dispone la riduzione dei compensi riconosciuti alle banche per il servizio di pagamento di imposte e contributi versati con il modello F24. Contestualmente, per i versamenti superiori a mille euro o in presenza di compensazioni, si prevede dal 1o ottobre 2014 l'obbligo di utilizzare il modello F24 on line.
  L'articolo 22, al comma I interviene in materia di determinazione del reddito imponibile derivante dalla produzione e cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali, prevedendo che venga determinato applicando il coefficiente di redditività del 25 per cento all'ammontare dei corrispettivi delle operazioni soggette a Pag. 40registrazione IVA, e non più il criterio del reddito agrario legato alla base catastale. Sulla base delle modifiche apportate al Senato, la decorrenza dell'applicazione del nuovo regime di tassazione è stata spostata dall'anno 2014 all'anno 2015, introducendosi contestualmente una disciplina transitoria limitatamente all'anno 2014. Il comma 2, modificato nel corso dell'esame al Senato, interviene in materia di IMU sui terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina prevedendo che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze siano individuati i comuni nei quali, a decorrere dall'anno di imposta 2014, si applica l'esenzione concernente i predetti terreni. Nel corso dell'esame al Senato è stata introdotta la previsione dell'esenzione dall'IMU per i terreni a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile che, in base al predetto decreto, non ricadono in zone montane o di collina. Dalle disposizioni in esame deve derivare un maggior gettito complessivo annuo non inferiore a 350 milioni a decorrere dal 2014.
  Il comma 11 dell'articolo 50 prevede il monitoraggio sulle maggiori entrate IVA derivanti dalle misure concernenti il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni, nonché l'introduzione di una clausola di salvaguardia disponendo che, qualora dal monitoraggio emerga un andamento che non consenta il raggiungimento dell'obiettivo di maggior gettito pari a 650 Milioni per il 2014, il Ministro dell'economia e delle finanze entro il 30 settembre 2014 dovrà stabilire un aumento delle accise tale da assicurare il conseguimento dell'obiettivo.
  In particolare, si prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze effettui il monitoraggio sulle maggiori entrate relative all'IVA derivanti dalle misure concernenti il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni di cui al titolo III del decreto-legge (recanti disposizioni in materia di pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni).
  La Relazione tecnica allegata al disegno di legge presentato al Senato specifica che le disposizioni concernenti il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni autorizzano la messa a disposizione delle amministrazioni interessate di ulteriori risorse sotto forma di anticipazioni di liquidità per circa 8,7 miliardi. Tuttavia si ipotizzano pagamenti di debiti per soli 5 miliardi, i quali genererebbero entrate da IVA per 650 milioni (applicando una aliquota media IVA del 15 per cento).
  In tale prospettiva il comma 11 introduce una clausola di salvaguardia, stabilendo che qualora dal monitoraggio emerga un andamento che non consenta il raggiungimento dell'obiettivo di maggior gettito IVA pari a 650 milioni per il 2014, il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, da emanare entro il 30 settembre 2014, deve stabilire l'aumento delle accise di cui alla direttiva 2008/118/CE (recante il regime generale delle accise sui seguenti prodotti: prodotti energetici ed elettricità; alcole e bevande alcoliche; tabacchi lavorati), in misura tale da assicurare il conseguimento del predetto obiettivo.
  Il comma 12 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio necessarie per l'attuazione della disposizione del comma 11.
  L'articolo 6 dispone che il Governo presenti alle Camere un rapporto sulla realizzazione delle strategie di contrasto all'evasione fiscale, sui risultati conseguiti nel 2013 – specificati per ciascuna regione – e nell'anno in corso, nonché su quelli attesi. Il Governo dovrà inoltre attuare un programma per la definizione di ulteriori misure al fine di conseguire nell'anno 2015 un incremento di almeno 2 miliardi di entrate dalla lotta all'evasione fiscale rispetto a quelle ottenute nell'anno 2013.
  In particolare, nel rapporto andrà specificato sia il recupero di gettito derivante da accertamento di evasione sia quello attribuibile alla maggiore propensione all'adempimento da parte dei contribuenti come effetto delle misure e degli interventi definiti.
  Il rapporto sostituisce a seguito delle modifiche apportate al Senato – l'analogo Pag. 41rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto dell'evasione fiscale che il Ministro dell'economia e delle finanze deve presentare annualmente in allegato alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, ai sensi dell'articolo 2, comma 36.1, del decreto-legge n. 138 del 2011.
  Ai sensi del comma 2 il Governo, anche sulla base degli indirizzi forniti dalle Camere, si impegna a definire un programma con ulteriori misure ed interventi per il rafforzamento dell'azione di prevenzione e di contrasto all'evasione fiscale, allo scopo di conseguire nell'anno 2015 un incremento di almeno 2 miliardi di euro di entrate dalla lotta all'evasione fiscale rispetto a quelle ottenute nell'anno 2013.
  Al riguardo si ricorda che la citata delega per la riforma del sistema fiscale di cui alla legge n. 23 del 2014 prevede, tra l'altro, agli articoli 3 e 4, la prosecuzione dell'attività di contrasto all'evasione e all'elusione e il riordino dei fenomeni di erosione fiscale (cosiddette tax expeditures) – ferma restando la tutela, oltre che della famiglia e della salute, dei redditi di lavoro dipendente e autonomo, dei redditi da imprese minori e dei redditi da pensione, inserendo a tal fine nelle procedure di bilancio un rapporto in materia di contrasto all'evasione fiscale e un rapporto sulle spese fiscali.
  La legge delega prevede quindi, per favorire l'emersione di base imponibile, l'emanazione di disposizioni per l'attuazione di misure finalizzate al contrasto d'interessi fra contribuenti. Inoltre l'articolo 9 della medesima legge n. 23 del 2014 indica i principi e i criteri da perseguire nell'introduzione di norme volte al rafforzamento dei controlli fiscali, in particolare contrastando le frodi carosello, gli abusi nelle attività di money tranfer o di trasferimento di immobili, i fenomeni di transfer pricing e di delocalizzazione fittizia di impresa, nonché la fattispecie di elusione fiscale.
  L'articolo 7 modifica la procedura di destinazione al Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale delle maggiori entrate derivanti dal contrasto all'evasione (oltre a quelle rivenienti dai risparmi di spesa derivanti dalla razionalizzazione della spesa pubblica), che saranno tali non più rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio dell'esercizio in corso ma rispetto a quelle effettivamente incassate nell'anno precedente. Inoltre, le maggiori entrate strutturali – valutate in 300 milioni annui dal 2014 – concorrono alla copertura degli oneri recati dal provvedimento in esame. È altresì estesa al 2015 la riassegnazione al Fondo delle entrate derivanti da misure straordinarie di contrasto all'evasione fiscale.
  Al riguardo si ricorda che il comma 36 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011 prevede, al terzo e quarto periodo, che a partire dall'anno 2013, il Documento di economia e finanza (DEF) contenga una valutazione, relativa all'anno precedente, delle maggiori entrate strutturali ed effettivamente incassate derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale. Dette maggiori risorse, al netto di quelle necessarie al mantenimento dell'equilibrio di bilancio e alla riduzione del rapporto tra il debito e il prodotto interno lordo, nonché di quelle derivanti a legislazione vigente dall'attività di recupero fiscale svolta dalle regioni, dalle province e dai comuni, unitamente alle risorse derivanti dalla riduzione delle spese fiscali, confluiscono in un Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale e sono finalizzate al contenimento degli oneri fiscali gravanti sulle famiglie e sulle imprese, secondo le modalità di destinazione e di impiego indicate nello stesso DEF.
  Tali disposizioni, pertanto, ai sensi dell'articolo 7, si applicano fino all'annualità 2013 con riferimento alla valutazione delle maggiori entrate dell'anno medesimo rispetto a quelle del 2012.
  Secondo quanto evidenziato dalla Relazione tecnica, considerato che il provvedimento in esame è volto, tra l'altro, alla riduzione della pressione fiscale, attraverso il riconoscimento del credito in favore dei lavoratori dipendenti e assimilati, le predette maggiori entrate verrebbero utilizzate direttamente per lo scopo (pertanto senza farle confluire al Fondo per la Pag. 42riduzione strutturale della pressione fiscale) e, quindi, in sostanza, per la stessa finalità prevista dal comma 36 dell'articolo 2 citato.
  Infine, passando agli articoli del disegno di legge di conversione i commi da 2 ad 10 dell'articolo 1, introdotti nel corso dell'esame al Senato, intervengono su alcuni dei termini di delega recati dalla legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 2009, il cui esercizio è scaduto al 1o gennaio 2014 disponendo per due di esse – concernenti rispettivamente la riforma della struttura del bilancio dello Stato ed il riordino della disciplina della gestione del bilancio, con potenziamento del bilancio di cassa – un nuovo termine al 31 dicembre 2015 e per il terzo, relativo alla predisposizione di un testo unico delle disposizioni in materia di contabilità di Stato – al 31 dicembre 2016.
  Il comma 11 dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione, anch'esso introdotto dal Senato, reca una nuova formulazione dell'invarianza finanziaria della legge di delega fiscale, prevedendo a tal fine anche la possibilità di compensazione contabile tra i decreti legislativi attuativi, mediante la costituzione di un apposito fondo cui affluiscono le risorse finanziare recate dai decreti legislativi presentati prima o contestualmente a quelli che comportano oneri.

Pag. 43

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 1589

Ddl di ratifica n. 1589 – Responsabilità genitoriale e misure di protezione dei minori

Discussione generale: 4 ore.

Relatore 10 minuti
Governo 10 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti
Interventi a titolo personale 41 minuti (con il limite massimo di 5 minuti per ciascun deputato)
Gruppi 2 ore e 54 minuti
 Partito Democratico 40 minuti
 MoVimento 5 Stelle 27 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 20 minuti
 Sinistra Ecologia Libertà 15 minuti
 Nuovo Centrodestra 13 minuti
 Scelta civica per l'Italia 13 minuti
 Lega Nord e Autonomie 12 minuti
 Per l'Italia 12 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale 10 minuti
 Misto: 12 minuti
  Centro Democratico 3 minuti
  Minoranze Linguistiche 3 minuti
  MAIE – Movimento Associativo italiani all'estero – Alleanza per l'Italia (API) 3 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) –
  Liberali per l'Italia (PLI)
3 minuti