Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 25 novembre 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    i terribili attacchi di Parigi dello scorso 13 novembre 2015 sono stati la più sanguinosa aggressione in territorio francese dalla fine della seconda guerra mondiale e il secondo più grave atto terroristico nell'Unione europea dopo gli attentati dell'11 marzo 2004 a Madrid che provocarono 191 vittime e 2.057 feriti, e sono la prova che la guerra è arrivata fin dentro le nostre società;
    una guerra, oramai globale, iniziata dall'amministrazione nord americana Bush con l'attacco all'Afghanistan nell'ambito della «guerra al terrorismo» ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, risposta sbagliata agli attentati dell'11 settembre 2001, continuata con la sciagurata invasione dell'Iraq nel 2003 e protratta con l'intervento militare in Libia;
    l'esperienza delle campagne militari in Afghanistan, Iraq e Libia mostra che aver intrapreso guerre senza avere un progetto politico condiviso con le forze e le popolazioni locali sul futuro è stata una prassi che ha peggiorato e non migliorato la sicurezza globale, e soprattutto ha condannato il popolo afghano, iracheno e libico alla follia distruttiva della violenza e del terrore che oggi si estende dal Medio oriente all'Africa e attraversa il Mediterraneo e arriva fino al cuore dell'Europa;
    lo scenario attuale mostra che, in Afghanistan, i Talebani oggi sono in grado di operare in circa l'80 per cento del Paese e controllando larghe porzioni di territorio si sono imposti con un proprio ruolo di primo piano nel sud e nell'est del Paese, mentre l'ascesa di Daesh è sempre più evidente ed è diventata una valida alternativa, seducente e determinata nella forte e preoccupante instabilità politica dello Stato;
    a distanza di 12 anni dall'invasione USA, oggi l'Iraq è occupato per un terzo del suo territorio dallo Stato islamico e controlla importanti città come Mosul e Ramadi e ora quel Paese rappresenta la calamita di tutte le destabilizzazioni regionali, Siria in primis fra tutte, mentre la Libia è un pantano con la presenza di centinaia di milizie, oltre quelle che fanno riferimento alle principali fazioni, del governo di Tripoli e di Tobruk con una preoccupante avanzata di Daesh;
    la guerra ha travolto Stati e frontiere e ha inasprito la storica rivalità tra il mondo sunnita e sciita all'interno dell'Islam all'ombra delle ambizioni commerciali, finanziarie e geopolitiche delle grandi potenze mondiali che credevano di creare nuove democrazie e che, in realtà, hanno prodotto solo maggiore instabilità che oggi mette a repentaglio tutta l'umanità;
    in questo quadro di devastazione e macerie in cui sono stati ridotti Paesi come la Siria, l'Iraq, lo Yemen, la Libia e l'Afghanistan, appare chiaro come il «Califfato» abbia deciso, con gli attacchi di Parigi, di radicalizzare lo scontro, ipotizzando una reazione occidentale (intervento in Siria) e con il probabile obiettivo di infiammare una sollevazione anti-islamica dettata dall'emotività e quindi moltiplicare i proseliti anche in Europa;
    oggi non ci si può permettere di dare forza a questo scontro e ogni ipotesi anche guardando all'esperienza di quasi 15 anni di guerra al terrore, va fermata sul nascere e sostituita con una diversa idea di società e di convivenza universale, fondata sugli stessi valori che sono stati brutalmente attaccati in Francia: libertà, uguaglianza, fratellanza;
    questa idea deve partire dalla messa in discussione del modello di sviluppo che si arricchisce con la produzione e vendita di armi che alimentano la spirale di violenza e terrore che imperversa alle porte, nel Mediterraneo e nel vicino Oriente, e che poi si reprime con nuove armi e nuove guerre;
    negli ultimi cinque anni, mentre il Medio oriente bruciava, contemporaneamente cresceva del 30 per cento l’export di armi verso i Paesi dell'area medio orientale e del Nord Africa. Dalle relazioni inviate dal Governo alle Camere si evince che nel quinquennio 2010-2014 la meta principale delle armi italiane è stato il Medio Oriente. Cinque miliardi di euro, rispetto ai poco meno di quattro del quinquennio 2005-2009. Un miliardo e 200 milioni di armi sono state vendute all'Arabia Saudita che, negli ultimi dieci anni, ha aumentato del 156 per cento le spese militari;
    queste armi sono state vendute in Medio Oriente e attraverso la «triangolazione» con Paesi «nostri alleati», ma anche «alleati e finanziatori del Daesh» sono arrivati nelle mani dei terroristi e quindi si è al paradosso che combattiamo contro le armi che noi stessi abbiamo venduto in Medio Oriente;
    secondo l'Unodc, l'agenzia dell'Onu che si occupa di criminalità e droga, il 90 per cento dei traffici illegali di armi proviene dal commercio legale. Frutto della triangolazione o dell'aver armato gruppi che poi cambiano alleanze, come avvenuto in Iraq e Siria. La legge italiana lo vieterebbe, ma nei fatti, una volta che sono vendute ad acquirenti ufficiali, ad esempio le Monarchie del Golfo, possono facilmente finire nelle mani sbagliate, ovvero i gruppi terroristici;
    secondo l'Istituto universitario di atti studi internazionali e dello sviluppo che ha condotto la ricerca Small Arms Survey, Daesh ha avuto disponibilità di armi provenienti dall'Arabia Saudita e la stessa accusa grava sul Qatar. A quest'ultimo Emirato è bene ricordare che dal 2012 al 2014 l'Italia ha esportato armi per 146 milioni di euro. Il committente era quindi il Paese che per David Cohen, vicesegretario Usa al Tesoro con delega per il terrorismo e l’intelligence finanziaria, ha «un habitat permissivo che consente ai terroristi di alimentarsi». Queste dichiarazioni venivano rese a marzo del 2014, mentre a luglio dello stesso anno il Qatar, che ospita l'avveniristico quartier generale Usa in Medio oriente di Al Udeid, inviava una commessa da 11 miliardi agli Usa in armamenti, inclusi elicotteri Apache, batterie di Patriot e missili anticarro Javelin;
    oltre a rifornire di armi i vari gruppi ribelli o apertamente terroristici, i Paesi sunniti del Golfo, come il Qatar, Arabia Saudita e Kuwait quest'ultimo sempre, secondo David Cohen, definito «l'epicentro del finanziamento dei gruppi terroristi in Siria» – formalmente nostri alleati nella coalizione anti-Daesh, in maniera più o meno indiretta, hanno finanziato attraverso donazioni i gruppi islamici dell'opposizione siriana, inclusi quelli estremistici come Al Nusra e Daesh;
    oggi Daesh ha in mano pozzi di petrolio, opere d'arte e anche caveau di banche conquistate nel conflitto, ma per arrivare fino a questo punto ha sfruttato le capacità di riciclaggio della finanza del Golfo e quindi ha beneficiato di donazioni «private» provenienti soprattutto dai Paesi del Golfo e transitate dal Kuwait;
    il sistema bancario del Kuwait – ossia il Paese che ha firmato un memorandum d'intesa sulla Difesa con il nostro Paese l'11 settembre 2015, è che si accinge ad acquistare 28 caccia Eurofighter da un consorzio europeo in cui Finmeccanica di cui il Ministero dell'economia e delle finanze è il principale azionista, avrà una commessa da 4 miliardi di euro, la più grande commessa mai ottenuta dall'azienda italiana – ha norme antiriciclaggio poco trasparenti e permette anche l’hawala, il trasferimento di denaro, anche all'estero, da individuo a individuo senza alcuna tracciabilità;
    la Turchia, alleato dell'Italia e membro della NATO, ha favorito in questi anni il passaggio di migliaia di foreign fighters in funzione «anti Assad» ed ha un ruolo strategico nel contrabbando che genera notevoli introiti a Daesh con la vendita del petrolio a basso costo, mentre al tempo stesso conduce una guerra contro le organizzazioni curde che sono tra le poche forze che hanno causato una serie, di sconfitte a Daesh, e che hanno dato vita ad una esperienza di convivenza pacifica tra curdi, arabi, assiri, caldei, aramaici, turcomanni, armeni e ceceni e altre minoranze;
    in questi anni poco o nulla è stato fatto per tagliare i canali tra Daesh e i suoi Stati finanziatori. Nulla è stato fatto per svuotare il Medio Oriente di un po’ di armi né per supportare le richieste di democrazia che nascevano dalle primavere arabe e dalle esperienze positive di convivenza tra i popoli che emergevano nel vicino oriente che, al contrario, sono state brutalmente attaccate dalla follia distruttiva della violenza e del terrore. Di contro, si è prestato colpevolmente – per interessi – il fianco a piccoli conflitti che sono cresciuti fino a diventare, nel tempo, incontrollabili;
    sul versante della sicurezza interna è necessario che le forze dell'ordine possano recuperare la quantità di personale perso negli ultimi anni con le politiche dei tagli e della spending review che hanno portato ad una drastica ed incomprensibile riduzione degli uomini in servizio attivo. Devono essere garantiti investimenti che permettano alle forze dell'ordine del nostro Paese di avere mezzi tecnologici adeguati;
    è necessario altresì intervenire con particolare attenzione sul «fattore umano»: aggiornamento continuo e specifico nel settore dell’intelligence e delle forze dell'ordine, dal punto di vista geopolitico e linguistico, promuovendo la conoscenza approfondita della cultura e della realtà mediorientale;
    occorre potenziare la collaborazione tra le varie polizie e i servizi segreti che sono ancora carenti, spesso poco efficienti anche all'interno dello stesso Stato, e immaginare misure concrete contro il traffico di armi, anche intracomunitario, e le relazioni con le organizzazioni criminali;
    oggi che la guerra è dentro la società italiana occorre cambiare radicalmente azione perché non ci può essere più spazio per l'ipocrisia e la tolleranza verso i regimi autoritari per non «disturbare» i mercati finanziari o il pezzo del petrolio; diversamente la nostra società diventerà anch'essa autoritaria e meno sicura al pari dei regimi «nostri alleati»;
    Daesh è un cancro e va estirpato, si vuole incutere terrore, suscitare una risposta repressiva e dimostrare così la non praticabilità della democrazia e l'inadeguatezza dei principi democratici, liberali e laici su cui si fonda l'Europa;
    è bene non dimenticare che i terroristi della strage di Parigi sono nati e cresciuti nelle città occidentali, in Europa, e che oltre alla repressione occorre una nuova grande opera di prevenzione. Sarebbe necessario lavorare sulle periferie trascurate, e sempre più dimenticate dalle istituzioni, che sono il luogo dove attecchiscono le parole dei predicatori dell'odio in assenza dello Stato;
    occorre per questo avere cura delle comunità e promuovere il dialogo interculturale e interreligioso, fermando i predicatori d'odio da qualunque parte vengano, compresa la cultura del razzismo e il rischio di una crescente islamofobia. Si hanno a disposizione le «armi» del diritto e della democrazia per impedire che le società alzino muri invalicabili che producano discriminazioni e divisioni, e conducano a quanto sta drammaticamente accadendo al di là del Mar mediterraneo e nel vicino Oriente,

impegna il Governo:

   a non partecipare a bombardamenti scarsamente efficaci su larga scala e senza un obiettivo preciso che finiscono per coinvolgere in larga parte la popolazione civile già martoriata dal conflitto, e che creano le condizioni per il dilagare del terrorismo e, dunque, a non intraprendere nuove spedizioni o avventure militari in Siria;
   a intervenire nelle aree di crisi per trovare soluzioni di pace, senza alimentare ulteriori guerre, o sostenere nuovi e vecchi dittatori e senza sostenere le posizioni di organizzazioni terroristiche, promuovendo concretamente i processi di composizione dei conflitti e le transizioni democratiche con la società civile, la difesa civile e non armata, le azioni non violente, i corpi civili di pace, il dialogo tra le diverse comunità;
   a promuovere, insieme agli altri partner internazionali e alle Nazioni Unite una conferenza macroregionale per arrivare ad un negoziato che coinvolga tutti i Paesi coinvolti, a partire da Qatar, Arabia Saudita, Egitto, Iran, Turchia ed altri «giocatori» che agiscono nell'area mediorientale anche per interposta persona;
   a sostenere la composizione della storica questione mediorientale e del conflitto israelo-palestinese, dando attuazione alle mozioni votate in Parlamento nel mese di febbraio 2015 a partire dal riconoscimento dello Stato di Palestina come impulso alla ripresa dei negoziati di pace;
   con specifico riferimento alla Siria, a promuovere con gli altri partner internazionali la ricostruzione delle aree liberate dalla presenza dello Stato Islamico nel Rojava e nel resto del nord della Siria, facendo sì che la Turchia apra le frontiere per permettere il passaggio dei convogli umanitari, al contempo favorendo il dialogo tra le forze democratiche del Paese e gli attori regionali, implementando la road map tracciata dal vertice di Vienna a cui devono essere invitate anche le altre parti in conflitto, le istituzioni autonome del Rojava e le Forze siriane democratiche (SDF);
   con riferimento all'Iraq, a favorire la composizione di un governo inclusivo che non discrimini le minoranze non-sciite del Paese;
   a intraprendere urgenti iniziative per impedire la vendita di armi ai Paesi responsabili di aver supportato direttamente o indirettamente Daesh e a proporre in sede europea e nei consessi internazionali una moratoria sulla vendita di armi e un embargo ai Paesi coinvolti direttamente o indirettamente nei conflitti o che sono sospettati di aver armato o finanziato gruppi terroristici;
   ad assumere iniziative, anche in collaborazione con gli altri partner internazionali per interrompere i flussi di finanziamento a Daesh, prevedendo rigide sanzioni per gli Stati che finanziano direttamente o indirettamente il terrorismo o che facilitano, con legislazioni «opache», la raccolta di donazioni «private» destinate alle organizzazioni terroristiche;
   ad operarsi per impedire insieme alla comunità internazionale il commercio illegale che finanzia i gruppi terroristici, a cominciare da Daesh, prevedendo sanzioni per gli Stati che permettono il contrabbando del petrolio;
   ad arginare il flusso dei foreign fighters soprattutto assumendo ogni utile iniziativa nei confronti della Turchia e a chiedere che al confine tra Turchia e Siria venga dislocato un controllo internazionale della frontiera sotto mandato ONU e che la Turchia cessi immediatamente ogni forma di ostilità nei confronti delle milizie curde dello YPG/YPJ e dello HPG che stanno combattendo contro Daesh in Siria e Iraq;
   a promuovere attività di spionaggio mirato anche con forme di intelligence tradizionali a discapito di una sorveglianza di massa, scarsamente efficace e costosa, non solo in termini di diritti civili, promuovendo attività coordinate tra le agenzie di intelligence degli Stati europei e aumentando i fondi ad esso destinati, anche riducendo le ingenti spese per le campagne militari all'estero, costose e controproducenti;
   a promuovere misure per il dialogo interculturale e interreligioso contro l'emarginazione, e quindi per l'integrazione e contro l'odio, affinché si debellino le motivazioni e le radici che conducono alla radicalizzazione e al terrorismo.
(1-01069) «Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti, Zaccagnini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   nel maggio 2010, la società «Esco Bim e Comuni del Chiese Spa» (di seguito Esco spa) ha indetto una gara per la progettazione definitiva ed esecutiva, il coordinamento per la sicurezza in fase di progettazione, le prestazioni complementari alla progettazione, la direzione dei lavori, la misura e la contabilità e il coordinamento per la sicurezza in fase di esecuzione dell'opera «Teleriscaldamento Daone, Bersone e Praso». La gara è stata aggiudicata allo studio di ingegneria Primetec di Pontedera (PI) e il relativo contratto d'appalto è stato stipulato nel gennaio 2011. Tuttavia, come si è appreso da notizie di stampa, successivamente, Esco spa ha revocato l'incarico;
   nel documento di analisi della sostenibilità economico finanziaria del progetto «Teleriscaldamento Daone, Persone e Praso» dell'aprile 2013 redatto da Esco spa è stato indicato un fabbisogno finanziario complessivo per la realizzazione dell'opera negli anni 2014-2016 pari a circa 7,1 milioni di euro. A tale fabbisogno si è previsto di far fronte con un finanziamento agevolato del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per 4 milioni di euro, erogato tra il 2014 e il 2015, il cui rimborso è stato previsto a partire dal 2016, con rate semestrali costanti in 120 mesi (dieci anni) a un tasso dello 0,25 per cento. Il resto dell'opera sarebbe stata finanziata con risorse proprie, debito bancario e con risorse derivanti dalla linea di finanziamento stand by IVA tra il 2014 ed il 2016; i relativi importi sarebbero stati ripagati con gli introiti generati dall'impianto nella fase di start up (2015-2016) e con risorse relative ai trasferimenti della provincia autonoma di Trento per complessivi 3,1 milioni di euro erogati annualmente dal 2016 al 2025 in quote da 0,3 milioni di euro;
   con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del 18 aprile 2014 è stata ammessa la domanda inoltrata da Esco spa per il predetto finanziamento agevolato, ma limitatamente ad un importo di euro 3.074.000,00 per la durata di 120 mesi e con un interesse pari allo 0,25 per cento la stipula del contratto, erogazione e operazione di rimborso sarebbe avvenuta a cura della Cassa depositi e prestiti spa da concedersi a valere sulle risorse del fondo di rotazione Kyoto;
   nell'aprile 2014 è stato pubblicato lo studio «Studio di proposte alternative ed integrative al progetto definitivo per la realizzazione di un impianto di teleriscaldamento a servizio dei comuni di Praso, Daone e Bersone» redatto del perito industriale Valter Dallago, commissionato da Esco Spa su richiesta dei comuni di Daone, Bersone e Praso, per una verifica circa la validità tecnica dell'opera e la sostenibilità economica e finanziaria dell'investimento. Il risultato dello studio ha evidenziato diverse carenze sostanziali del progetto definitivo. L'investimento produrrebbe una perdita annuale di 50.433,54 euro. Inoltre, la rete di teleriscaldamento, causa la sua enorme lunghezza, la bassa densità abitativa e la scarsa richiesta di energia dei clienti comporterebbe una perdita di circa il 70 per cento dell'energia termica prodotta lungo la rete;
   il 4 giugno 2014, Esco spa ha presentato una richiesta di convenzione di servizio con i predetti comuni allegando un piano economico finanziario che prevede un finanziamento di 4 milioni di euro, a fronte dei 3.074.000.00 euro ammessi dal citato decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   con nota del 20 giugno 2014 il responsabile finanziario del comune di Bersone ha rilevato come nel bilancio di previsione del comune fosse prevista la copertura finanziaria per la quota di partecipazione del medesimo comune pari al 27,02 per cento, pari a soli 50.000 euro, senza includere le perdite prospettate dallo studio Dallago che graverebbero sul bilancio comunale, dando così atto dell'insostenibilità economica del progetto;
   il 26 giugno 2014, i consigli comunali di Praso, Daone e Bersone, ai soli fini del finanziamento, hanno approvato, con parere non favorevole del segretario comunale, una nuova convenzione di servizio con Esco spa e un nuovo piano economico finanziario, il quale corrisponde al progetto già presentato da Esco spa nell'aprile 2013. Tra la convenzione e il piano economico finanziario c’è una discordanza sulla modalità di erogazione del contributo comunale. La convenzione prevede che i comuni verserebbero euro 180.000,00 all'anno per dieci anni, mentre il piano economico finanziario prevede che i comuni verserebbero euro 120.000,00 all'anno per quindici anni. Inoltre, nel piano economico finanziario, il prestito dal fondo Kyoto risulta essere di euro 4.000.000,00 mentre il finanziamento, ammesso è solo di euro 3.074.000,00;
   il 30 giugno 2014, Esco spa ha indetto una gara per il servizio di progettazione esecutiva e realizzazione dell'impianto di teleriscaldamento per le utenze pubbliche dei comuni di Bersone, Daone e Praso con il criterio di appalto integrato con richiesta di migliorie;
   la gara è stata aggiudicata alla società Green Scavi srl. Il 16 ottobre 2015 il progetto esecutivo predisposto dalla ditta vincitrice della gara è stato consegnato al comune di Valdaone, comune che nel frattempo si è costituito in data 1o gennaio 2015 a seguito del referendum di fusione dei comuni di Daone, Praso e Bersone;
   il 12 marzo 2015, presso il neocostituito comune di Valdaone, sarebbe stato depositato un nuovo piano economico finanziario per adeguarsi alle nuove proposte progettuali presentate da Green Scavi srl. Il piano considererebbe un fabbisogno termico delle utenze pubbliche sovradimensionato, soprattutto alla luce dell'accorpamento degli uffici comunali nell'unico edificio municipale di Daone, e una percentuale delle perdite termiche di rete sottostimata al 20 per cento contro il 70 per cento previsto dallo studio Dallago e confermato dal progetto esecutivo Green Scavi srl;
   i profili di incertezza dell'equilibrio economico e finanziario dell'investimento sono stati messi in evidenza anche dal commissario straordinario del neoistituto comune di Valdaone, che con nota del 9 aprile 2015 si è rivolto all'Agenzia della provincia di Trento per l'incentivazione delle attività economiche, la quale ha rappresentato che l'eventuale allacciamento di utenze private prima della rendicontazione della spesa determinerebbe una riduzione del contributo dal 70 al 35 per cento dell'investimento e che la modifica delle condizioni comporterebbe esclusivamente un vantaggio economico a favore di Esco spa e uno svantaggio economico per il comune. L'eventuale alternativa sarebbe una riduzione del corrispettivo per il servizio di teleriscaldamento pari agli oneri finanziari che il comune sosterrebbe con l'anticipo dell'erogazione del contributo;
   la circolare del 18 gennaio 2013 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare attuativa dell'articolo 57 del decreto-legge n. 83 del 22 giugno 2012, con riferimento ai finanziamenti del «fondo Kyoto», prevede in capo al Ministero poteri di controllo e verifica in relazione ai finanziamenti erogati, relativi anche alle varianti apportate rispetto al progetto originariamente ammesso al finanziamento –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti indicati in premessa e se siano stati effettuati o si intendano effettuare i controlli di competenza prescritti con riferimento alla conformità del progetto rispetto a quello ammesso al finanziamento.
(2-01181) «Fraccaro».

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   come riporta il settimanale Panorama nell'edizione del 28 ottobre, centinaia di luoghi d'arte in Italia versano in uno stato di rovinoso disfacimento;
   sempre il settimanale ed a solo titolo di esempio, vengono citati 10 esempi di come sono ridotti 10 pezzi del nostro patrimonio storico-artistico lungo tutta la Penisola;
   il rischio paventato dal settimanale, e condiviso dall'odierno interrogante, è che i siti cosiddetti minori lontani dagli alti flussi turistici e dai richiami d'immagine possano venire letteralmente distrutti dall'abbandono, dall'incuria e dai vandali;
   questi gli esempi che Panorama cita:
    a) Ginosa, nascosto in una gravina, ha un centro storico fatto da un insieme inscindibile di case ed anfratti che si stanno letteralmente sgretolando, e da un pulviscolo di chiese rupestri i cui affreschi secolari chiunque può deturpare;
    b) Terme del Corallo, costruite a Livorno ad inizio del Novecento sono abbandonate ed alla mercé di vandali e spacciatori che ne stanno distruggendo pareti ed affreschi;
    c) l'ex-convento agostiniano di Nicosia in provincia di Pisa, è vandalizzato da incendi, scritte spray e messe nere;
    d) Mausoleo di Augusto, il più importante monumento funebre dell'antichità è chiuso da decenni e all'interno della recinzione che lo delimita vengono buttati cumuli d'immondizia;
    e) l'ex-Monastero di via Monte Oliveto a Firenze, dimora abituale di spacciatori e senza tetto, è da decenni in rovina con parti di tetto crollati;
    f) Villa di Nerone è ridotta a pattumiera;
    g) Cittadella di Alessandria consta di 74 ettari di fortilizio militare. Purtroppo i bastioni, i fossati, i sotterranei, i camminamenti, gli arsenali e le carceri di questo meraviglioso complesso architettonico sono lasciati franare;
    h) Tomba di Fano, unica opera dell'architetto Leon Battista Alberti è abbandonata ai piccioni;
    i) per Tomba e Villa di Cicerone, non v’è adeguata informazione su dove siano ubicate per poterle visitare.
    l) quanto a Pieve di San Paolo, in completo disfacimento, si notano i ponteggi rimasti da anni a far mostra di sé;
   questo piccolo ma meritorio elenco fatto da Panorama è la dimostrazione di come la pubblica amministrazione tiene poco al proprio patrimonio artistico, architettonico e culturale a dispetto dei norme di legge e della Costituzione –:
   quali iniziative di competenza abbia intenzione di adottare il Governo per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-11258)


   FRACCARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il nuovo piano di riordino provinciale della scuola dell'infanzia, del primo ciclo e del secondo ciclo di istruzione della provincia autonoma di Trento presentato dal presidente della giunta con il titolo «Piano dell'offerta scolastica ed educativa», prevede la riduzione dei piccoli plessi composti da meno di 40 studenti, al fine di ridurre il fenomeno delle pluriclassi e l'unificazione di una serie di istituti comprensivi, fra loro contigui con meno di 500 studenti, basandosi sui criteri della distanza e della dotazione infrastrutturale. Il piano entrerà a regime nell'anno scolastico 2016-2017 salvo alcuni interventi puntuali che interverranno nel 2017-2018. Tra gli istituti soppressi rientra anche la scuola elementare di Soraga, presidio scolastico di insegnamento in lingua ladina presso l'omonimo comune della Val di Fassa;
   in data 6 novembre 2015, da notizie di stampa si è appreso della costituzione del Comitato dei Genitori «Amici della scuola di Soraga» e di una petizione popolare sopportata da 845 firme raccolte in meno di una settimana per il mantenimento della scuola elementare di Soraga. Tale petizione è stata inviata al comune con l'invito di inoltrarla all'autorità per le minoranze linguistiche, figura istituita nell'ambito della legge provinciale 19 giugno 2008, n. 6, recante «norme di tutela e promozione delle minoranze linguistiche locali»;
   la petizione censura il provvedimento di chiusura della scuola, evidenziandone le carenze procedimentali e l'irragionevolezza e sottolineandone la mancata discussione all'ordine del giorno del Consiglio generale dell'istruzione e formazione di Fassa, previsto dall'articolo 46 della legge della provincia di Trento 7 agosto 2006, n. 5 («Sistema educativo di istruzione e formazione del Trentino»), il cui piano di indirizzo individua gli obiettivi educativi e i fabbisogni economico-sociali del territorio e le misure di razionalizzazione dell'offerta formativa in Val di Fassa;
   a seguito della modifica apportata dalla legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2, l'articolo 102 dello statuto di Autonomia del Trentino-Alto Adige/Sudtirol è stato così riformulato: «le popolazioni ladine e quelle mochene e cimbre dei comuni di Fierozzo, Frassilongo, Palù del Fersina e Luserna hanno diritto alla valorizzazione delle proprie iniziative ed attività culturali, di stampa e ricreative, nonché al rispetto della toponomastica e delle tradizioni delle popolazioni stesse. Nelle scuole dei comuni della provincia di Trento ove è parlato il lodino, il mocheno o il timbro è garantito l'insegnamento della lingua e della cultura lodino o tedesca» –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti indicati in premessa e quali eventuali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per garantire l'attuazione dei principi di uguaglianza formale e sostanziale e di tutela delle minoranze contenuti nella Costituzione, nello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Sudtirol e nelle relative norme di attuazione, con particolare riferimento agli insegnamenti della lingua ladina nelle scuola dei comuni della provincia. (4-11263)


   RUSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la gestione dei centri per l'impiego, ai sensi della «riforma Delrio» (legge n. 56 del 2014), non rientra più tra le funzioni fondamentali delle province. L'esercizio di questa funzione quindi non dovrebbe più gravare sui loro bilanci che, come è noto, versano in situazione di grande criticità;
   lo Stato e le regioni in questa fase di transizione hanno stabilito di lasciare allocate tali funzioni in capo alle province (attraverso una convenzione che il Ministero dovrebbe sottoscrivere con ciascuna regione), senza trovare le coperture integrali necessarie per garantire la continuità del servizio relativamente sia alle spese di personale sia a quelle di funzionamento;
   il costo del personale dei centri per l'impiego (6.200 unità a tempo indeterminato e circa 300 a tempo determinato - dati Sose 2013) ammonta a 230 milioni di euro (di cui 210 per tempi indeterminati e 20 milioni per tempi determinati e flessibili);
   ovviamente oltre alle spese per il personale ci sono anche quelle di funzionamento pari a circa 320 milioni di euro, dal momento che il costo complessivo dei Centri per l'impiego ammonta a 550 milioni di euro;
   il Governo, dal combinato disposto dell'articolo 15 del decreto-legge n. 78 del 2015 che prevede 90 milioni di euro per gli anni 2015 e 2016 e dell'articolo 33 del decreto legislativo n. 150 del 2015 (di riforma degli servizi per l'impiego) che aggiunge ulteriori 50 milioni di euro, ha stanziato complessivamente quali oneri di funzionamento dei centri per l'impiego, per ciascuno degli anni 2015 e 2016, 140 milioni di euro;
   inoltre, sulla base dell'accordo sottoscritto dal Governo e dalle regioni il 30 luglio in Conferenza Stato-regioni, le regioni si sono impegnate a contribuire con ulteriori 70 milioni di euro (l'accordo prevede che si debbano «reperire le risorse per i costi del personale a tempo indeterminato, nella proporzione di 2/3 a carico del Governo e 1/3 a carico delle regioni per gli anni 2015 e 2016);
   sommando ai 140 milioni di euro messi a disposizione dal Governo i 70 che devono essere messi a disposizione dalle regioni si arriva a 210 milioni di euro che consentono di coprire quasi integralmente i costi del personale a tempo indeterminato;
   occorre anche coprire i restanti 320 milioni di euro necessari per le spese di funzionamento (costi utenze, manutenzione, sicurezza e altro) –:
   quali iniziative urgenti di competenza il Governo intenda assumere per garantire i 6.200 dipendenti e il funzionamento dei centri per l'impiego;
   quali iniziative di competenza si intendano assumere per riconoscere i costi di funzionamento e non solo di personale per l'anno 2015 alla luce della gravissima situazione per la quale molte sono le province che chiuderanno i bilanci in condizione di dissesto o predissesto e comunque tutte sono di fatto impossibilitate a garantire il rispetto del patto di stabilità, in ragione anche della recente pronunzia della Corte costituzionale (n. 188 del 2014) che richiama il principio di corrispondenza tra funzioni e risorse e considerato che qualora non vengano coperte integralmente tali spese, le province, dal 1o gennaio 2016, non saranno nelle condizioni di poter garantire la loro operatività.
(4-11267)


   RUSSO e SARRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la legge 190 del 2014 (legge di stabilità 2015), all'articolo 1, comma 421, ha imposto una riduzione della spesa per il personale di ruolo in misura pari al 50 per cento per le province e al 30 per cento per le città metropolitane per lo svolgimento delle funzioni fondamentali che sono previste dalla legge 56 del 2014;
   le province e le città metropolitane hanno quindi provveduto a compilare degli elenchi con il personale cosiddetto «soprannumerario», ossia non adibito alle funzioni fondamentali, da coinvolgere nel processo di mobilità verso altre amministrazioni, per rispettare l'obbligo della riduzione delle piante organiche;
   tale personale doveva già nel mese di marzo 2015 confluire in un portale nazionale dove tutte le altre amministrazioni avrebbero inserito le proprie disponibilità occupazionali per accelerare i tempi di attuazione del processo di mobilità e la ricollocazione ottimale del personale, ma per quella scadenza non erano ancora stati individuati i necessari criteri per la mobilità;
   in attuazione delle disposizioni della legge di stabilità è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 giugno 2015 recante la «Definizione delle tabelle di equiparazione fra i livelli di inquadramento previsti dai contratti collettivi relativi ai diversi comparti di contrattazione del personale non dirigenziale»;
   sulla base di quanto disposto nel decreto legge 78 del 2015 il Governo ha infine approvato, il 14 settembre 2015, il decreto «Criteri per la mobilità del personale dipendente a tempo indeterminato degli enti di area vasta dichiarato in soprannumero, della Croce rossa italiana, nonché dei corpi e servizi di polizia provinciale per lo svolgimento delle funzioni di polizia municipale» che è stato inviato per la registrazione alla Corte dei Conti e che è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 30 settembre 2015;
   è stata finalmente completata la predisposizione della normativa attuativa dell'articolo 1, commi 421-425, della legge di stabilità 2015 e sono ormai state definite le scadenze entro le quali si dovranno inserire gli elenchi del personale soprannumerario all'interno del portale della mobilità, al fine di consentire il trasferimento alle altre amministrazioni che hanno dichiarato posti disponibilità di assorbire la mobilità del personale provinciale;
   è questo un passaggio molto delicato che dovrà essere gestito in modo consapevole e responsabile, per garantire a tutto il personale la possibilità di mantenere un posto di lavoro nelle province o negli altri enti in cui sarà trasferito il personale soprannumerario;
   le province sono tenute ad inserire i dati richiesti del personale soprannumerario nel portale della mobilità, entro 30 giorni dalla pubblicazione del decreto, ovvero entro il 30 ottobre;
   negli elenchi dei soprannumerari deve essere inserito anche il personale di polizia provinciale che non resta nelle dotazioni organiche delle province;
   nel portale devono essere inseriti altresì i dati del personale dei servizi per l'impiego anche se ad esso non si applicano le procedure di mobilità;
   tale procedura di mobilità si avvierà compiutamente solo se le regioni, entro il 31 ottobre 2015, (e, comunque, non oltre il 30 novembre 2015, termine previsto per inserire i dati relativi alle capacità assunzionali) inseriranno nel portale i dati del personale che sarà trasferito dalle Province alle regioni o ai suoi enti strumentali, in attuazione della legge regionale di riordino delle funzioni provinciali o di accordi sanciti in ambito regionale in cui la regione assuma impegni puntuali sul personale da ricollocare in modo da evitare sovrapposizioni nell'immissione dei dati;
   è intesse di tutti gli enti territoriali che le procedure di mobilità del personale soprannumerario siano avviate e completate nel più celere tempo possibile attraverso il ricollocamento del personale in ambito regionale, poiché questo consente di ripristinare il regime ordinario del turn over di personale, attraverso lo sblocco delle assunzioni, anche per i comuni situati nel territorio delle regioni nelle quali si è completata la ricollocazione del personale soprannumerario;
   l'inserimento dei dati nel portale è stato in via straordinaria prorogato al 15 novembre 2015;
   le province hanno sostanzialmente completato l'inserimento del personale soprannumerario;
   tale processo coinvolge circa 20.000 dipendenti pubblici, vincitori di concorso, che oggi si trovano a vivere una situazione di profondo disagio e incertezza –:
   se le regioni abbiano provveduto a completare l'inserimento dei dati nel portale;
   come si concili il processo di mobilità disciplinato dal portale con i bandi di mobilità per il personale delle province che le amministrazioni centrali continuano ad emanare, come quello del Ministero della giustizia e quello più recente del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   come si concili la nullità di ogni procedura diversa prevista dalla legge 23 dicembre 2014 n. 190 con i numerosi bandi di mobilità e di pubblica selezione che le amministrazioni comunali in ogni parte d'Italia a giudizio degli interroganti in contrasto con le norme vanno portando a termine sino alla presa in servizio di tale personale (tra questi, a quanto risulta agli interroganti Montemarciano-(Ancona), Bologna, Cicciano-(Napoli), Maniago-Sequals e diversi altri);
   quali iniziative si intendano assumere in relazione ai casi delle amministrazioni che in contrasto con la norma procedono con attività concorsuali;
   come si concilia tale processo di mobilità con le 500 assunzioni previste presso il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, senza alcuna priorità per il personale delle province.
(4-11271)


   ANDREA MAESTRI, BRIGNONE, CIVATI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne del 25 novembre, il 23 novembre 2015, nella regione Emilia Romagna, sono stati presentati i dati aggiornati sull'accoglienza delle donne nei centri antiviolenza della regione e quelli relativi ai femminicidi raccolti dalla Casa delle donne per non subire violenza di Bologna, dai quali emerge drammaticamente l'aumento del numero di donne che chiedono aiuto come vittime di violenza;
   da 2.400 nel 2013, sono salite a 2.800 nel 2014 e attualmente sono 3.300 le donne seguite dai centri del coordinamento regionale, delle quali poco più del 35 per cento straniere. Nove su dieci hanno subito violenza psicologica e il 67 per cento violenza fisica;
   dai dati emerge anche che le donne accolte nel 2014 dai centri del coordinamento regionale sono in gran parte sposate o conviventi, quasi l'80 per cento è madre. I figli sono 3.173, di cui la metà è stata a sua volta vittima di violenza diretta o assistita. Per quanto riguarda le violenze subite, il 91,2 per cento delle donne ha subito violenze di tipo psicologico, il 67,8 per cento di tipo fisico, il 41,2 per cento economiche e il 14,3 per cento sessuali. Nella maggior parte dei casi gli autori delle violenze sono partner o ex partner;
   i casi di violenza sono aumentati, nonostante in Emilia-Romagna sia attivo un sistema di servizi articolato, fatto di 23 centri antiviolenza, a cui se ne aggiungeranno 2 che apriranno nel 2016 nel modenese. Sono inoltre attivi 59 sportelli antiviolenza territoriali e 28 case rifugio, comprese le 3 nuove che apriranno nei prossimi mesi (2 nel riminese e 1 nel modenese). Nel 2015, la regione ha ripartito 1,2 milioni di euro, provenienti dal Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, tra i comuni sedi di case e centri antiviolenza, sia per finanziare o ampliare servizi già attivi (854 mila euro), sia per aprire nuovi centri o case rifugio (346 mila euro). Il piano regionale contro la violenza di genere previsto dalla legge regionale 6/2014 andrà in discussione nelle commissioni assembleari ed entrerà in vigore nel 2016 e ha come obiettivo la prevenzione e il contrasto della violenza di genere, attraverso il rafforzamento del sistema di protezione;
   quattro sono le vittime di femminicidio nella sola regione Emilia Romagna nel 2014, a cui si aggiungono 6 tentati delitti (115 i casi a livello nazionale);
   partendo dalla convinzione che il contrasto alla violenza sulle donne parte dalla costruzione di azioni educative, l'Agenzia di informazione e comunicazione della giunta regionale in collaborazione con l'assessorato alle Pari opportunità ha lanciato una campagna di formazione e sensibilizzazione delle nuove generazioni con un progetto rivolto inizialmente agli studenti di 10 scuole superiori, che presto sarà esteso ad altre scuole;
   le azioni a livello regionale da sole non bastano: il contrasto alla violenza sulle donne e la piena attuazione della Convenzione di Istanbul devono necessariamente essere potenziati da una legge quadro nazionale;
   nel 2013, l'allora Ministra per le pari opportunità Josefa Idem, costituì una task force interministeriale sulla violenza contro le donne che coinvolgeva giustizia, interno, salute, lavoro e delle politiche sociali e dell'istruzione dell'università e della ricerca, per l'avvio di progetti integrati che avrebbero dovuto garantire iniziative legislative più incisive nella lotta alla violenza di genere;
   la legge sul femminicidio ha avuto sicuramente ricadute positive ma non basta: è necessario fare di più e meglio, e soprattutto, ripristinare, a giudizio degli interroganti, il Ministero per le pari opportunità;
   l'ex-Ministra Idem, in una sua intervista ha dichiarato che la delega in materia, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, «l'istituzione di un consigliere ad hoc e l'azione del dipartimento per le Pari opportunità, non sono sufficienti, perché manca un organismo di coordinamento dei centri sul territorio e soprattutto serve che ci sia qualcuno, al tavolo del Consiglio dei ministri, che ricordi la necessità di investire risorse. Se anche gli altri ministeri vengono trattati allo stesso modo, sostituiti da strutture come queste perché si è dimostrato utile, allora mi piego a questa logica, ma se questo trattamento si riserva solo alle Pari opportunità, allora è chiaro che sta venendo meno l'attenzione su questo tema» –:
   alla luce dei dati suddetti, quali iniziative di maggiore contrasto alla violenza sulle donne intenda attuare e se non ritenga opportuno considerare la possibilità di proporre al nomina di un Ministro senza portafoglio cui affidare la delega in materia di pari opportunità, affinché possa garantire azioni più mirate e iniziative normative più incisive. (4-11272)


   CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   come riporta il settimanale Panorama nell'edizione del 28 ottobre 2015, l'arresto del vice presidente della regione Lombardia Mario Mantovani lascia perplessi sui tempi, sulle motivazioni e sulle ragioni complessive di ordine penale che sottostanno alla vicenda;
   l'arresto di Mario Mantovani, motivato da esigenze cautelari attuali, è stato eseguito a ben 13 mesi di distanza dalla richiesta del pubblico ministero;
   da quanto si può evincere dall'articolo di Panorama, l'accusa nei riguardi di Mario Mantovani consisterebbe nell'aver favorito alcune sue aziende nell'ambito della sanità regionale lombarda e nell'aver impedito che un funzionario del Provveditorato alle opere pubbliche fosse trasferito per impedire che i lavori non accumulassero ritardi;
   l'inopportunità politica, ed il malcostume, ad oggi ed ove dimostrato, non sono ancora reato. Diverso è il caso di chi accetta lavori di ristrutturazione nella propria abitazione a titolo gratuito da parte di un architetto ricompensato con appalti pubblici. Se l'accusa fosse confermata, la difesa la contesta, questo sì che si configurerebbe effettivamente come reato;
   a giudizio dell'interrogante, l'arresto preventivo di Mario Mantovani è stato ed è ingiusto e dovrebbe terminare al più presto essendo molto carenti le esigenze cautelari;
   un'ispezione presso la procura della Repubblica di Milano sarebbe, a giudizio dell'interrogante, doverosa ed opportuna –:
   quali iniziative di competenza abbiano intenzione di adottare a fronte delle problematiche esposte in premessa.
(4-11280)


   CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   con l'articolo 8 della legge 7 agosto 2015, n. 124, rubricato «Riorganizzazione dell'amministrazione dello Stato», il Governo è stato delegato ad adottare uno o più decreti legislativi intesi, tra l'altro, al «riordino delle funzioni di polizia di tutela dell'ambiente, del territorio e del mare, nonché nel campo della sicurezza e dei controlli nel settore agroalimentare, conseguente alla riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato ed eventuale assorbimento del medesimo in altra Forza di polizia»;
   risultano specificati alcuni aspetti della delega, che dovrà mirare alla «salvaguardia delle professionalità esistenti», che potrà comportare «la revisione della disciplina in materia di reclutamento, di stato giuridico e di progressione in carriera, tenendo conto del merito e delle professionalità, nell'ottica della semplificazione delle relative procedure, prevedendo l'eventuale unificazione, soppressione ovvero istituzione di ruoli, gradi e qualifiche e la rideterminazione delle relative dotazioni organiche, comprese quelle complessive di ciascuna Forza di polizia» e «la facoltà di transito, in un contingente limitato, previa determinazione delle relative modalità, nelle altre Forze di polizia, in conseguente corrispondenza delle funzioni alle stesse attribuite e già svolte dal medesimo personale, con l'assunzione della relativa condizione, ovvero in altre amministrazioni pubbliche»;
   è noto, per essere stato pubblicamente affermato dal Presidente del Consiglio dei ministri, che è intenzione del Governo esercitare la delega attraverso l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei carabinieri alla quale attribuire, quasi esaustivamente, le competenze del Corpo forestale dello Stato e con trasferimento, quasi esaustivo, del personale del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei carabinieri;
   la bozza del decreto legislativo attualmente rubricato «Razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato», che prevede: 1) l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei carabinieri, alla quale attribuire, quasi esaustivamente, le competenze del Corpo forestale dello Stato, e la quale succederà in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi del Corpo forestale dello Stato; 2) il trasferimento di beni e risorse del Corpo forestale dello Stato all'Arma dei carabinieri; 3) il transito del personale del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei carabinieri, nella consistenza di n. 7.000 unità, ad eccezione di n. 1 contingente da trasferire obbligatoriamente al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e n. 2 contingenti cui è consentito il transito facoltativo presso il Corpo della guardia di finanza e la Polizia di Stato; 4) il transito facoltativo del personale del Corpo forestale dello Stato in altre amministrazioni pubbliche diverse dalle forze di polizia, comunque limitato ad un determinato contingente; 5) l'assunzione da parte del personale del Corpo forestale dello Stato transitato nell'Arma dei carabinieri dello status giuridico militare ai sensi dell'articolo 621 del decreto legislativo n. 66 del 2010; 6) che il personale del Corpo forestale dello Stato transitato nell'Arma dei carabinieri frequenti uno specifico corse di formazione militare;
   l'attuazione della delega, nel senso innanzi indicato, presenterebbe, a giudizio dell'interrogante e di tutti le organizzazioni sindacali del Corpo forestale dello Stato, profili di dubbia legittimità, comportando il radicale mutamento dello status giuridico-professionale dei membri di una forza di polizia ad ordinamento civile, quale è il Corpo forestale dello Stato, facendo loro acquisire lo status giuridico militare con ogni conseguente effetto ai sensi del decreto legislativo n. 66 del 2010;
   il mutamento di status sarebbe conseguente all'adozione di un provvedimento statale, in assenza di qualsiasi scelta o adesione espressa dai destinatari del provvedimento. La riserva di limitati contingenti da destinare al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, al Corpo della guardia di finanza ed alla polizia di Stato, non fa venir meno le criticità del provvedimento sopra evidenziate, non consentendo alla maggioranza degli attuali membri del Corpo forestale dello Stato di evitare il descritto mutamento di status (che peraltro potrebbe conseguire anche al transito nel Corpo della guardia di finanza);
   la dubbia legittimità dei provvedimenti normativi che dovessero attuare la delega nel senso innanzi riferito, non verrebbe meno, a giudizio dell'interrogante, in presenza della scelta concessa di transitare in altra amministrazione dello Stato diversa dalle forze di polizia, dovendo, in tal caso, i membri del Corpo forestale dello Stato rinunciare alle proprie qualifiche, a seconda dei casi, di ufficiale di polizia giudiziaria, di sostituto ufficiale di pubblica sicurezza, di agente di polizia giudiziaria e di agente di pubblica sicurezza;
   quanto rilevato risulta, ad avviso dell'interrogante, gravemente lesivo del diritto, costituzionalmente rilevante, del personale del Corpo forestale dello Stato, al mantenimento della professionalità, acquisita per il tramite del superamento di un pubblico concorso, maturata negli anni di carriera e frutto di una scelta professionale che non comprendeva il servizio armato a difesa dello Stato e che non prevedeva la soggezione a doveri ed obblighi propri degli appartenenti alle forze armate;
   l'assunzione dello status giuridico militare e la cessazione delle funzioni di polizia civile in capo al personale del Corpo forestale dello Stato contrastano, a giudizio dell'interrogante e delle organizzazioni sindacali del Corpo forestale dello Stato, principalmente, con gli articoli 2, 4 e 35 della Costituzione italiana, nonché con l'articolo 15 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e con l'articolo 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Nella giurisprudenza costituzionale relativa all'articolo 2 della Costituzione, nei diritti inviolabili, in una accezione allargata tale da integrare il concetto della moderna cittadinanza è catalogabile il diritto al lavoro (Corte costituzionale sentenza 19 novembre 1991, n. 414; Corte costituzionale sentenza 31 marzo 1994, n. 108), il cui «contenuto essenziale» è dunque intangibile (Corte costituzionale sentenza 24 luglio 1995, n. 356). La Corte di cassazione (Corte di cassazione sentenza 8 marzo 2006, n. 4975) ha affermato che il diritto allo svolgimento della prestazione lavorativa, secondo la tipologia lavorativa propria della qualifica di appartenenza, rientra nel diritto fondamentale alla libera esplicazione della personalità del lavoratore;
   la dottrina costituzione (Mortati; Barile; Baldassarre; Perlingieri e Messinetti) ha fatto derivare dall'articolo 4 della Costituzione un dovere di astensione da parte dei pubblici poteri da ogni interferenza nella scelta del lavoro, cui fa eco una giurisprudenza costituzionale che conferma tale dovere (Corte costituzionale sentenza 9 giugno 1965, n. 45) e che in epoca più recente, in base all'evoluzione socio-politica e democratica del nostro Paese, non ha avuto esigenza di essere riaffermata;
   secondo il primo comma dell'articolo 35 della Costituzione: «La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura, la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori», dovendosi ritenere a giudizio dell'interrogante, che tale obbligo di tutela verrebbe senz'altro meno nei riguardi del personale, del Corpo forestale dello Stato, se si determinasse unilateralmente la perdita, da parte loro, delle prerogative dello status di membri di una polizia ad ordinamento civile, condizionando la prosecuzione dello svolgimento dell'attività lavorativa, in favore dello Stato, all'assunzione dello status giuridico militare;
   l'articolo 15 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, i cui principi sono stati adottati dall'articolo 6 del Trattato sull'Unione europea, prevede che: «Ogni individuo ha il diritto di lavorare e di esercitare una professione liberamente scelta o accettata» e l'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e sancisce che «Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza». Anche tali norme, cui deve diversamente riconoscersi prevalenza rispetto alla norma nazionale di rango ordinario, sarebbero gravemente violate ad avviso dell'interrogante se l'esercizio della delega in argomento avvenisse secondo quanto innanzi evidenziato, in quanto il personale del Corpo forestale dello Stato, che volesse continuare a svolgere la propria attività nel pubblico impiego, sarebbe condizionato dal dover assumere funzioni militari, giammai liberamente scelte o in caso di transito in altra pubblica amministrazione, rinunciare alle proprie funzioni di membro di polizia ad ordinamento civile. Al riguardo, si rammenta come sia la Corte di giustizia dell'Unione europea, sia la Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) abbiano evidenziato l'illegittimità di ingerenze dello Stato nella libera determinazione e nello svolgimento delle attività lavorative dell'individuo, in assenza del perseguimento di un fine legittimo di pubblica utilità che non si risolva in una eccessiva costrizione dei diritti dell'individuo (Corte di giustizia europea, procedimenti riuniti C-465/00, C-138/01 e C-139/01, sentenza del 20 maggio 2003; CEDU, Amann c. Svizzera, sentenza 16 febbraio 2000 e Rotaru c. Romania, sentenza 4 maggio 2000);
   l'esercizio della delega disposta dell'articolo 8 della legge 7 agosto 2015, n. 124, nel senso innanzi evidenziato, porterebbe secondo l'interrogante alla militarizzazione della quasi totalità dei membri del Corpo forestale dello Stato, con la conseguente perdita di diritti e prerogative personali e professionali e mutamento di status giuridico. Non sussiste alcun valido interesse pubblico il cui perseguimento, per l'interrogante, legittimi l'adozione di provvedimenti lesivi di prerogative personali, non essendo peraltro prevista o stimata alcuna riduzione di spesa pubblica (che peraltro potrebbe essere conseguente, in ipotesi, all'accorpamento ad altra polizia ad ordinamento civile);
   è invece stimato che, nel medio- lungo periodo, alcuna riduzione di spesa conseguirebbe al previsto accorpamento del Corpo forestale dello Stato all'Arma dei carabinieri atteso che, dai dati di bilancio, è dato evincere che il costo del Corpo forestale dello Stato è pari a circa 490 milioni di euro, di cui il costo stipendi è pari a 460 milioni di euro annui, dovendosi evidenziare come gli introiti annui mediamente derivanti da sanzioni amministrative elevate dal Corpo forestale dello Stato sia pari a circa 26 milioni di euro. È altresì stimato che l'assorbimento comporterebbe un costo di circa 25 milioni di euro per cambio divise, cambio livree dei mezzi e corsi di formazione, con un aggravamento di costi per l'erario nel breve periodo, rilevante per la valutazione del rispetto dell'articolo 81 della Costituzione. Non è previsto alcun obbligo o non risulta all'interrogante alcuna mera indicazione da parte delle istituzioni dell'Unione europea in ordine all'esigenza di ridurre il numero di forze di polizia nell'ambito dell'ordinamento nazionale, essendo, peraltro, già state soddisfatte le uniche esigenze poste da procedure di infrazione concernenti il diritto dell'Unione europea in materia, attraverso l'attuazione della normativa sull'unico numero di emergenza;
   l'esercizio della delega, nel senso innanzi riferito, evidenzierebbe altresì per l'interrogante disposizioni che si porrebbero in contrasto con la legge delega nella misura in cui fosse previsto il transito obbligatorio di un determinato contingente nel Corpo dei vigili del fuoco, atteso che la detta legge non prevede che sia disposto il trasferimento obbligatorio di personale, limitandosi a prescrivere il trasferimento di risorse, non potendosi intendere per tali anche quelle umane. Il contrasto con la legge delega si determinerebbe secondo l'interrogante, anche in relazione alla previsione di un contingentamento del personale da trasferire alle altre pubbliche amministrazioni diverse dalle forze di polizia, atteso che la legge delega prevede la facoltatività del transito non soggetta a limiti numerici;
   si ritiene, piuttosto, fondamentale per la tutela del territorio e dell'ambiente il mantenimento degli alti livelli di specializzazione conseguiti dal personale del Corpo forestale dello Stato;
   a giudizio dell’ interrogante, invece, il Governo italiano non dovrebbe esercitare la delega conferita ai sensi dell'articolo 8 della legge 7 agosto 2015 n. 124, prevedendo l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei carabinieri ed il transito del personale del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei carabinieri, né agire, disponendo misure che appaiono all'interrogante al di fuori dei limiti imposti dalla menzionata norma –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-11281)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata:


   MANLIO DI STEFANO, SIBILIA, SPADONI, DI BATTISTA, SCAGLIUSI, DEL GROSSO e GRANDE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   dal 26 marzo 2015 il regno dell'Arabia Saudita, coadiuvato da altri otto Paesi arabi (Egitto, Marocco, Sudan, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Qatar e Bahrain) con armi fornite dall'Occidente, sta conducendo massicci, incessanti bombardamenti e attacchi indiscriminati contro le infrastrutture civili, in particolare le strutture sanitarie e le scuole, di città e villaggi yemeniti, azione militare avviata senza autorizzazione da parte dell'Onu; si tratta di crimini di guerra come evidenziato anche da un rapporto di Amnesty International datato 7 ottobre 2015; anche il Consiglio europeo si è dichiarato estremamente preoccupato per l'impatto devastante delle ostilità in corso in Yemen;
   ad aggravare tale già disastrosa situazione si apprende che il Governo italiano avalla, di fatto, il conflitto nello Yemen: infatti, nella mattinata del 19 novembre 2015, risulta essere atterrato in Arabia Saudita un cargo carico di bombe MK-80 fabbricate in Sardegna, partite nei giorni scorsi dall'aeroporto di Cagliari Elmas, con il rischio concreto di trasformare l'isola in un bersaglio terroristico; si tratterebbe della seconda spedizione nel giro di tre settimane, in palese violazione della legge n. 185 del 1990 sull’export di armi;
   tutto ciò conferma ampiamente che il nostro Paese, in maniera sempre più discutibile e sempre meno trasparente, continua a difendere e coprire il traffico di armi verso il Nord Africa e il vicino e Medio Oriente, destinatari del 28 per cento delle armi italiane nel 2014, in concomitanza con l'acuirsi dei conflitti in Siria o Iraq;
   l'Italia, dunque, continua a vendere armi e sistemi di arma italiani (bombe, caccia, missili) al regno dell'Arabia Saudita, a oggi il primo acquirente con quasi 300 milioni di euro di esportazioni autorizzate nel 2013, nonostante le ripetute e palesi violazioni dei diritti umani in questo Paese; tra i Paesi dell'Unione europea, è di gran lunga il primo fornitore di sistemi militari dello Stato israeliano, con un volume di vendite che è oltre il doppio di quello totalizzato da Parigi o Berlino; secondo i documenti ufficiali dell'Unione europea e i dati resi disponibili dal Campaign Against Arms Trade (CAAT), l'Italia è il primo partner europeo per le spese militari del regime di Bashar al Assad. Dal 2001 la Siria ha acquistato in licenza armi nel vecchio continente per 27 milioni e 700 mila euro e, di questi, quasi 17 milioni di euro arrivano dal nostro Paese; dal 2005 al 2012 l'Italia, battuta nell'Unione europea solo dalla Francia, ha autorizzato 375,5 milioni di euro di esportazioni belliche in Libia, 177,5 milioni di euro le consegne effettive;
   si legge in un documento congiunto di Rete Italiana per il Disarmo, Amnesty International e Osservatorio permanente sulle armi (Opal) di Brescia che «ordigni inesplosi del tipo di quelli inviati dall'Italia, come le bombe MK84 e Blu109, sono stati ritrovati in diverse città dello Yemen bombardate dalla coalizione saudita e il Ministero interrogato non ha mai smentito che le forze militari saudite stiano impiegando anche ordigni prodotti in Italia in questo conflitto»;
   sulla questione sono stati depositati anche dal gruppo parlamentare Movimento 5 Stelle diversi atti di sindacato ispettivo e di indirizzo cui non è giunta ancora risposta né calendarizzazione –:
   se non ritenga improcrastinabile assumere iniziative finalizzate a interrompere immediatamente la vendita di armi all'Arabia Saudita e a tutti gli altri Paesi che violano i principi della legge n. 185 del 1990 che vieta di esportare armamenti verso regimi che non rispettano i diritti umani e a farsi promotore, in sede europea, di ogni iniziativa utile a bloccare l’export di armi verso la monarchia saudita. (3-01874)


   AMENDOLA, QUARTAPELLE PROCOPIO, CARROZZA, CASSANO, CENSORE, CHAOUKI, CIMBRO, GIANNI FARINA, FEDI, GARAVINI, LA MARCA, MANCIULLI, MONACO, NICOLETTI, PORTA, RACITI, RIGONI, ANDREA ROMANO, SERENI, SPERANZA, TACCONI, ZAMPA, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   gli attacchi di Parigi di venerdì 13 novembre 2015 dimostrano come l'Europa intera sia sotto attacco di un gruppo terroristico che propugna il radicalismo islamico e intende mettere in discussione il nostro stile di vita e i nostri valori. Purtroppo in questo contesto nessun Paese può considerarsi completamente al sicuro dal rischio di un attacco terroristico;
   in virtù di tutto ciò, della gravità della minaccia alla sicurezza dei nostri cittadini, appare indispensabile che la comunità internazionale unisca gli sforzi, i mezzi e coordini le azioni militari e diplomatiche per contrastare in modo efficace il terrorismo e sconfigga il sedicente Stato islamico, che rivendica la paternità delle azioni terroristiche, nei territori in cui si è insediato;
   si tratta della stessa richiesta avanzata dal Presidente francese Hollande, nel corso di un importante discorso davanti al Parlamento francese riunito in via straordinaria subito dopo i gravissimi fatti di Parigi, con la quale si sottolineava la necessità di coinvolgere nell'azione di contrasto prioritaria al Daesh tutti gli attori, dalla Russia all'Iran, accomunati dal medesimo obiettivo di contrasto del terrorismo, anche superando distinzioni e distinguo in altri campi o altri quadranti geografici;
   in questo senso, occorre sottolineare come l'atteggiamento dell'Italia nei confronti della crisi siriana, ispirato alla prudenza e capace da subito di individuare con realismo l'ordine di priorità delle questioni, attribuendo a tutti gli attori regionali, a partire da Iran e Russia, il ruolo che è indispensabile riconoscergli, si è rivelato corretto così come corretta è stata l'impostazione politica sulla transizione in Siria e il superamento di condizionalità e pregiudiziali che hanno allontanato l'avvio di una soluzione politica alla guerra civile in quel Paese;
   se si era giunti alla conclusione di lavorare per unire gli sforzi di tutti gli attori regionali contro la minaccia dell'Isis e per la formazione di una coalizione in questo senso, se gli incontri di vertice del nostro stesso Primo ministro in sede G20 suggerivano la necessità di un ampliamento del novero dei partner per garantire la soluzione del conflitto siriano e la sconfitta di Daesh, in gravissimo ed evidente contrasto con tale strategia della comunità internazionale si pone l'abbattimento dell'aereo militare russo da parte dell'aviazione della Turchia vicino alla frontiera siriana, avvenuto martedì 24 novembre 2015 per una presunta violazione dello spazio aereo;
   tanto più grave è tale incidente perché attribuibile a uno Stato membro della Nato e in una fase nella quale l'offensiva contro importanti città occupate dalle milizie terroriste stava portando i suoi frutti –:
   quale sia il ruolo che l'Italia sta svolgendo, o intende svolgere, a livello sia europeo che internazionale nel contribuire alla costruzione della coalizione contro il terrorismo o comunque al coordinamento degli sforzi di contrasto contro il sedicente stato islamico. (3-01875)


   GIANLUCA PINI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   stando a quanto riportato dalla stampa internazionale – ed in particolare dall'agenzia Reuters il 22 novembre 2015 – al margine del vertice del G20 svoltosi recentemente ad Antalya, in Turchia, nel corso di una riunione ristretta ad un limitato numero di leader occidentali, sarebbe stata concordata la proroga fino al mese di luglio 2015 delle sanzioni in vigore contro la Federazione Russa;
   alla riunione ristretta avrebbero partecipato, tra gli altri, il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama; la Cancelliera della Repubblica Federale di Germania, Angela Merkel; il Premier britannico, David Cameron; il Ministro degli esteri francese, Laurent Fabius, in rappresentanza del Presidente François Hollande, trattenuto in patria dalla grave situazione creata dai recenti attentati dell'Isis, e il Presidente del Consiglio dei ministri del nostro Paese, Matteo Renzi;
   in altre parole, il Presidente del Consiglio dei ministri italiano parrebbe aver accettato la proroga del regime sanzionatorio anti-russo, malgrado gli atti di indirizzo approvati dalle Camere che hanno impegnato il Governo del nostro Paese a battersi in tutte le sedi competenti per ottenerne la cancellazione o rimodulazione;
   non è in effetti chiaro cosa il Presidente del Consiglio dei ministri italiano abbia fatto, se cioè abbia accettato, condividendoli, o piuttosto subito passivamente gli orientamenti altrui emersi nel corso della riunione ristretta sopramenzionata;
   nel frattempo, l'aeronautica militare russa è stata vittima di quella che appare agli interroganti un'imboscata tesa alla frontiera turco-siriana dall'aviazione di Ankara, che avrebbe reagito ad uno sconfinamento brevissimo in modo incompatibile con le regole d'ingaggio previste per queste circostanze nell'ambito dell'Alleanza Atlantica, stando almeno a quanto ha rilevato l'ex Capo di Stato maggiore delle forze aeree del nostro Paese, Leonardo Tricarico;
   alla luce di quanto precede, non pare né opportuno né desiderabile punire ulteriormente la Federazione Russa, anche in ragione del contributo che sta dando alla soluzione del conflitto civile siriano –:
   quali ragioni hanno convinto il Governo a condividere l'impegno a rinnovare le sanzioni alla Russia emerso nel corso della riunione ristretta svoltasi al margine del G20, generalizzata in premessa.
(3-01876)


   PALAZZOTTO, SCOTTO, DURANTI, PIRAS, FAVA e ZACCAGNINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 24 novembre 2015 un aereo militare russo è stato abbattuto al confine turco-siriano da caccia F-16 del Governo di Ankara;
   l'ordine di abbattere il caccia russo pare sia arrivato direttamente dal Primo ministro della Repubblica turca, Ahmet Davutoglu, informato della presunta violazione dello spazio aereo dal Capo di Stato maggiore, Hulusi Akar;
   secondo il Governo di Ankara il caccia russo avrebbe sconfinato nello spazio aereo turco e si è cercato un contatto per dieci volte prima dell'abbattimento. Fonti del Pentagono hanno fatto sapere che, secondo i dati in loro possesso, lo sconfinamento sia durato probabilmente non più che una «manciata di secondi», prima che la Turchia abbattesse il velivolo;
   senza entrare sulla dinamica dell'incidente – e quindi se l'aereo stesse sorvolando la Siria o la Turchia – permane la non secondaria circostanza che non si abbatte un jet militare di un Paese amico se non, a giudizio degli interroganti, per creare un caso internazionale;
   l'abbattimento del jet russo secondo gli interroganti è solo l'ultimo degli atti irresponsabili di un Governo, quello turco, che ha dimostrato non poche ambiguità rispetto al contrasto al terrorismo;
   atti di questo tipo rischiano di far saltare il processo di pace e favorire ancora una volta il terrorismo, strategia a cui il Governo turco sembra sempre più interessato evidentemente;
   in questi mesi è stata da più parti documentata la responsabilità del Governo turco e delle forze di intelligence turche nell'aver permesso che membri di Daesh e altri gruppi jihadisti entrassero in Turchia e potessero muoversi liberamente nel Paese, così come sono note le responsabilità della Turchia nell'aver aperto i valichi di frontiera ai terroristi; nell'aver permesso il rifornimento di armi, munizioni e supporto logistico; nell'aver permesso che membri di Daesh fossero portati in Turchia per essere curati;
   la Turchia quindi, nostro alleato e membro della Nato, ha favorito in questi anni il passaggio di migliaia di foreign fighters europei in funzione anti Assad ed ha un ruolo strategico nel contrabbando che genera notevoli introiti a Daesh con la vendita del petrolio a basso costo;
   allo stesso tempo conduce una guerra contro le organizzazioni Curde in Siria e in Iraq che sono tra le poche forze che hanno causato una serie di sconfitte a Daesh e che hanno dato vita ad una esperienza di convivenza pacifica tra curdi, arabi, assiri, caldei, aramaici, turcomanni, armeni e ceceni e altre minoranze;
   pubblicamente il Governo turco ha dichiarato guerra a Daesh ed è un alleato della coalizione internazionale, in realtà continua a supportarlo e invece di combattere ha iniziato una guerra contro le opposizioni democratiche e le minoranze presenti nel Paese, imponendo il coprifuoco in numerose città e colpendo i suoi stessi civili; la Turchia sta conducendo attacchi aerei anche in altri Stati, come in Siria e Iraq, al fine di combattere il PKK e le forze di autodifesa Unità di protezione del popolo (YPG) e Unità di difesa delle donne (YPJ), producendo centinaia di vittime tra la popolazione di civile e mettendo a rischio ulteriormente l'intero Medio Oriente;
   desta, infine, molta preoccupazione il silenzio dei Governi degli Stati europei sull'accaduto ed in particolare la recentissima deliberazione della Commissione europea che ha deliberato lo stanziamento di 3 miliardi di euro per la gestione dei campi profughi in territorio turco –:
   se il Governo non intenda adottare le iniziative di competenza per richiamare con forza il Governo turco alle sue responsabilità e in particolare quali iniziative intenda adottare in sede europea e in sede Nato nei confronti della Turchia.
(3-01877)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   D'AGOSTINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 18 luglio 2012 a Montefalcione, in località stazione – così chiamata data la presenza della dismessa stazione ferroviaria – si è verificato un incendio di traverse lasciate in deposito dalle Ferrovie dello Stato italiano. L'incendio di dette traverse – una volta usate dalle Ferrovie dello Stato per fissare le rotaie – fu spento, a quanto è dato sapere, dai vigili del fuoco di Avellino;
   il 10 ottobre del 2012, un nutrito gruppo di cittadini, molti dei quali residenti nell'area circostante detta stazione ferroviaria, hanno presentato al sindaco di Montefalcione una petizione sottoscritta da oltre 1000 persone, con la quale si chiedeva di provvedere alla bonifica dell'area, previo esperimento di tutte le analisi del caso;
   nella medesima richiesta, i cittadini chiedevano al comune di verificare la presenza di rifiuti tossici anche nel sottosuolo;
   il 12 dicembre del 2012, il comune di Montefalcione ha chiesto all'Arpac un sopralluogo nella zona, al fine di verificare la presenza di elementi di contaminazione;
   in data 29 maggio 2013, a quanto consta all'interrogante, il sindaco di Montefalcione ha firmato un'ordinanza che obbligava le Ferrovie dello Stato italiane a rimuovere i rifiuti pericolosi e non pericolosi depositati in modo incontrollato nell'area della stazione ferroviaria;
   in data 11 dicembre 2013 sono stati effettuati i primi lavori di messa in sicurezza e accantonamento di alcune lastre di amianto di piccole dimensioni e traverse ferroviarie in disuso visibili in superficie;
   né il comune di Montefalcione né le Ferrovie dello Stato italiane hanno preso in considerazione la necessità di effettuare un controllo del sottosuolo che andasse al di là dei 50 centimetri di profondità, per verificare la presenza di elementi di contaminazione;
   in data 18 marzo 2014 un'azienda incaricata dalle, Ferrovie dello Stato, a seguito del rilascio del necessario nulla osta da parte dell'asl, ha rimosso l'amianto e le traverse accantonate in data 11 dicembre 2013;
   in data 17 luglio 2014, rete ferroviaria italiana, in adempimento ad un'ordinanza del sindaco di Montefalcione (n. 4 del 28 aprile 2014) ha trasmesso i certificati delle analisi sui terreni relativi ai campionamenti effettuati in data 23 giugno 2014. Dette analisi, che sono conformi ai valori di CSC di cui alla tab. B All. 5 parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006, si riferiscono a un campione medio prelevato a soli 50 centimetri di profondità;
   in data 9 marzo 2015, l'Agenzia regionale per l'ambiente della Campania ha effettuato un sopralluogo durante il quale i tecnici hanno notato del materiale – definito di «riporto eterogeneo» – presente al di sotto della coltre superficiale costituita da terreno vegetale;
   tale materiale – si legge nella relazione dell'Arpac – è stato riscontrato anche lungo la scarpata, a valle delle aree costituenti la stazione ferroviaria; segno che probabilmente, la realizzazione del rilevato per la posa in opera dei binari ferroviari e delle aree limitrofe alla stazione ha richiesto l'utilizzo di materiali di riporto;
   alla luce di quanto rilevato, i tecnici dell'Agenzia hanno chiesto al comune di Montefalcione di attivare le indagini preliminari sulle matrici ambientali interessate, consistenti nell'effettuazione di carotaggi in profondità con campionamenti di suolo e acqua sotterranea, ai sensi dell'articolo 242 del decreto legislativo n. 152 del 2006, al fine di verificare la presenza di un'eventuale contaminazione;
   nessuna ulteriore indagine è stata effettuata, né dal comune né dal proprietario del terreno in questione;
   considerate le numerose segnalazioni provenienti dai residenti della zona, che denunciano un incremento significativo e del tutto anomalo di casi di tumore, a giudizio dell'interrogante è lecito chiedersi se in quel materiale di riporto ci siano anche vecchie traverse ferroviarie che, com’è noto, venivano rivestite di cresoto, una sostanza tossica e altamente cancerogena;
   è giusto che i residenti della zona e tutti i cittadini di Montefalcione possano avere una risposta in tempi celeri che fughi ogni dubbio circa la presunta contaminazione del terreno, delle falde acquifere, e sulla esposizione a sostanze altamente cancerogene  –:
   quali informazioni siano in possesso del Governo circa la presenza di traversine ferroviarie e di altro materiale tossico di risulta che sarebbe stato interrato nella zona circostante alla dismessa stazione ferroviaria di Montefalcione, provincia di Avellino; se non si ritenga di dover adottare ogni iniziativa di competenza volta ad accertare la presenza in detta zona di materiale contaminante interrato. (5-07087)

Interrogazione a risposta scritta:


   FANTINATI, COZZOLINO e D'INCÀ. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   «Discariche abusive, prodotti pericolosi, tra cui salme provenienti dai cimiteri, interrati senza alcun rispetto della normativa, camion: carichi di rifiuti intestati ad una ditta calabrese smaltiti in maniera illecita in Veneto» è un'agenzia Ansa a riferire quanto scoperto dalla polizia stradale di Verona che ha portato all'iscrizione nel registro degli indagati di 19 persone, tutti imprenditori residenti nelle province di Milano e Verona, al sequestro di alcune aziende e di circa 35 mila tonnellate di rifiuti;
   l'indagine della polizia stradale, iniziata a settembre 2015 aveva portato ad una serie di controlli sui mezzi pesanti adibiti al trasporto di rifiuti speciali, e all'analisi dei flussi riguardante la movimentazione dei rifiuti nel veronese. Le verifiche hanno consentito di scoprire un giro d'affari che andava ben oltre la provincia, coinvolgendo diversi imprenditori;
   sono decine le aree individuate, utilizzate come discariche abusive, dove veniva sversato ogni tipo di rifiuto, comprese centinaia di metri cubi di materiali pericolosi contenenti amianto;
   al termine di questa prima fase dell'indagine sono state denunciate 19 persone e sequestrate (parzialmente o totalmente) otto aziende, due capannoni adibiti a deposito illecito di rifiuti pericolosi, quattro depositi non autorizzati, 35 mila tonnellate e cinque autocarri. Sono state disposte, inoltre, sanzioni amministrative per circa 300 mila euro;
   a far scattare i sospetti erano stati i controlli su una ditta di autotrasporti con sede in provincia di Crotone ma operante in Veneto;
   nel corso di ulteriori verifiche, i poliziotti sono riusciti a individuare un'area di circa 4 mila metri quadrati, nel comune di Ronco all'Adige, in cui venivano gestiti in modo illecito anche i rifiuti provenienti dalle attività di esumazione delle salme nei cimiteri;
   «gli indagati sono tutti residenti nelle province di Verona e Milano – ha dichiarato il direttore della polizia stradale di Verona, Girolamo Lacquaniti – e ciò dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, che l'illecito guadagno dato dalla gestione illecita dei rifiuti non fa gola solo alla criminalità organizzata del sud ma anche ad imprenditori che agiscono senza alcuna remora per i gravissimi danni ambientali ed i conseguenti rischi per la salute della popolazione»;
   le indagini non sono ancora concluse visto che i controlli da parte della polizia stradale, anche in altre zone della provincia di Verona, fanno ipotizzare una diffusione particolarmente ampia di questo fenomeno criminale;
   gli accertamenti sulla pericolosità dei rifiuti sono stati svolti in collaborazione con personale dell'Arpav di Verona, che sta verificando i danni da inquinamento soprattutto relativamente all'illecito smaltimento di materiali contaminati da amianto e sostanze pericolose –:
   di quali elementi dispongano i Ministri interrogati, in relazione all'area interessata dai ritrovamenti inquinanti e quali iniziative, per quanto di competenza, saranno intraprese per contrastare tali fenomeni che rischiano di compromettere la salute della collettività, la quale vede all'interno del territorio della provincia di Verona una vasta area contaminata da materiali pericolosi, in primis l'amianto.
(4-11274)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PRODANI e MUCCI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Castello di Miramare ed i 22 ettari del parco di pertinenza, fortemente voluti nel 1856 da Massimiliano d'Asburgo, fratello dell'Imperatore d'Austria, rappresentano la principale attrazione turistica di Trieste e tra le maggiori visitate della regione Friuli Venezia Giulia. Il parco, però, è da diversi anni in uno stato di totale abbandono e degrado;
   in data 4 gennaio 2012, sono stati sottoscritti l'accordo di programma ed un finanziamento congiunto Stato-regione per il restauro e la valorizzazione del castello e del parco di Miramare con l'apporto di un finanziamento di un milione e ottocentomila euro complessivi (1,2 milioni statali e 0,6 milioni regionali);
   l'interrogante ha già affrontato l'annosa e spinosa questione delle condizioni del parco con diverse interrogazioni: la n. 4-00897, presentata in data 18 giugno 2013 all'allora Ministro competente Massimo Bray, con la quale si sollecitava un confronto del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con gli enti locali per stabilire un piano di recupero per il castello ed il parco di Miramare; là n. 4-08760 del 13 aprile 2015, in cui si chiedevano, oltre ai motivi dei ritardi in merito all'utilizzo dei finanziamenti previsti dall'accordo di programma sottoscritto il 4 gennaio 2012, di accelerare le opere di recupero del sito; la n. 5-06613, dell'8 ottobre 2015, con cui si chiedeva un intervento dell'esecutivo finalizzato ad impegnare i fondi disponibili per bonificare il parco e a valutare l'offerta, che sarebbe pervenuta dai discendenti degli Asburgo, di finanziare le opere di sistemazione; la 4-10833 del 21 ottobre 2015 con la quale si richiedeva un intervento presso la soprintendenza al fine di ripristinare i rapporti istituzionali tra la gli organi periferici del Ministero e gli organi amministrativi comunali; la n. 5-06847 del 30 ottobre 2015 con cui si richiedeva di sospendere la nomina del nuovo direttore del castello e parco di Miramare e di indicare la progettualità predisposta per il recupero del Parco anche sfruttando le numerose professionalità competenti in materia sul territorio triestino e regionale;
   le indecorose e preoccupanti condizioni dei giardini sono costantemente oggetto di attenzione da parte dei cittadini attraverso i social network, oltre che degli organi di informazione. Nel mese di agosto 2015, una mostra intitolata «Il Parco di Miramare e le condizioni di degrado» organizzata dalla sede di Trieste di Italia Nostra e dall'Associazione Orticola del Friuli Venezia Giulia e curata dall'ingegner Stefania Musco, con un'accurata ricerca storica ha posto un ulteriore accento sullo stato del parco;
   a seguito della suddetta mostra e grazie all'interessamento di Italia Nostra, una troupe del TG1 ha realizzato un servizio televisivo sullo stato di reale abbandono ed incuria in cui versano il «parterre» e l'intero parco di Miramare: degrado evidente malgrado i lavori di recupero realizzati dalla soprintendenza;
   come si apprende dagli organi di stampa, articoli de Il Piccolo del 23 agosto 2015 e del 9 ottobre 2015, le commissioni consiliari (terza e quarta) del comune di Trieste hanno, già dal 2014 ed in diverse occasioni, cercato un dialogo con la soprintendenza, in particolare con il dottor Caburlotto, direttore del polo museale del Friuli Venezia Giulia, senza raggiungere l'obiettivo. Questo conflittuale tra organi amministrativi ha avuto uno strascico di polemiche, comparse anche sui mezzi di informazione;
   il dottor Caburlotto, in un'intervista pubblicata da Il Piccolo del 30 ottobre 2015, afferma che: «Posso parlare della situazione del Parco, degli elementi di criticità, dei progetti in cantiere e di quelli di futura realizzazione, ma non mi muoverò mai per parlare del preteso degrado, semplicemente perché un degrado di Miramare non esiste»;
   in merito ai rapporti con il consiglio comunale il quotidiano riporta che «sull'invito disatteso da oltre otto mesi della commissione comunale che si è persino recata a Miramare per incontrare Caburlotto ? “Io posso essere chiamato al ministero per un'audizione, ma non ho alcun obbligo di presentarmi su richiesta di un Consiglio comunale, se non come atto di cortesia istituzionale”»;
   appare, dunque, evidente la necessità di un intervento del Ministero interrogato, affinché possa riportare alla dovuta regolarità i rapporti degli organi periferici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con le istituzioni territoriali, anche alla luce di quanto previsto dalla legge 23 giugno 2014, n. 89 –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente di quanto espresso in premessa;
   se ritenga di intervenire affinché siano ripristinati i dovuti rapporti istituzionali tra le amministrazioni territoriali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e gli organi amministrativi comunali;
   se intenda intervenire per riportare gli organi periferici del Ministero ai livelli di credibilità dovuti ed in quali modalità. (5-07089)


   LUIGI GALLO, VACCA, BRESCIA, BASILIO, SIMONE VALENTE, D'UVA, RIZZO e CORDA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   con la legge 7 ottobre 2013, n. 112, è stato convertito con modificazioni, il decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, recante «disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo»;
   durante l'esame del testo, inter alia, è stato approvato il seguente emendamento relativo all'articolo 6 del suddetto decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, «al comma 1, dopo le parole: «i beni immobili di proprietà dello Stato», inserire le seguenti: “con particolare riferimento alle caserme dismesse e alle scuole militari inutilizzate,» in relazione alla possibilità di destinare beni immobili pubblici e di proprietà dello stato, di cui al decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, ad ospitare studi di giovani artisti italiani e stranieri; come specificato nel comma successivo, tali beni immobili sono da locare o concedere dall'ente gestore che predispone un bando pubblico ai fini dell'assegnazione dei beni ai progetti maggiormente meritevoli, esclusivamente a cooperative di artisti ed associazioni di artisti residenti nel territorio italiano;
   in base all'articolo 6, comma 2, entro il 30 giugno di ogni anno, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, con proprio decreto, individua i sopra citati immobili affinché possano essere «locati o concessi per un periodo non inferiore a dieci anni ad un canone mensile simbolico non superiore ad euro 150 con oneri di manutenzione ordinaria a carico del locatario o concessionario»;
   infine, ai sensi dell'articolo 6, comma 3, «con successivo decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91) di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definite le modalità di utilizzo dei beni di cui al comma 1 per finalità artistiche nonché le modalità di sponsorizzazione dei beni individuati ai sensi del presente articolo, anche al fine di sostenere, in tutto o in parte, i costi connessi alla locazione, concessione, gestione e valorizzazione del bene stesso» –:
   al fine di incentivare e diffondere l'opera di giovani artisti residenti in Italia, con quali tempistiche e con quali modalità il Ministro interrogato intenda assumere iniziative atte a disciplinare e dare celere impulso a quanto statuito all'articolo 6, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112.
(5-07091)


   ROTTA, ZARDINI, DAL MORO, PICCOLI NARDELLI e NARDUOLO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   poco prima delle otto di sera del 19 novembre 2015 tre uomini – due dei quali armati – sono entrati nel Museo civico di Castelvecchio, uno dei più importanti musei di Verona, che ospita soprattutto opere di arte antica e medievale. I malviventi sono riusciti a rubare 17 opere di importanti artisti italiani e stranieri, tra cui Tintoretto, Mantegna, Pisanello e Rubens. La direttrice del museo, Paola Marini, ha dichiarato che le opere rubate hanno un valore di circa 15 milioni di euro. La rapina rappresenta un gravissimo colpo al patrimonio culturale e artistico del nostro Paese;
   gli interroganti esprimono l'amarezza e lo sconcerto per l'incolmabile perdita, augurandosi che i responsabili vengano assicurati alla giustizia e le preziose opere restituite, intatte, alla collettività, nel massimo rispetto dell'attività investigativa in corso giustamente coperta da riserbo –:
   se il Governo abbia allo studio iniziative normative per aggravare le pene concernenti i reati contro il patrimonio artistico;
   se il Governo intenda assumere iniziative per stanziare fondi per la sicurezza e la tutela del patrimonio dei beni culturali;
   quale sia l'impegno del Governo nel combattere la circolazione clandestina di opere d'arte sul territorio nazionale.
(5-07103)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nella città di Alessandria è presente uno dei più imponenti monumenti europei nell'ambito delle fortificazioni permanenti del XVIII secolo. La Cittadella militare, ora denominata Cittadella di Alessandria, è, infatti, un'immensa fortezza a pianta stellare che si estende su un'area di 538.400 metri quadrati oltre a 11.280 metri quadrati di strada perimetrale esterna. Essa rappresenta un perfetto esempio di fortificazione moderna composta di ben sei fronti bastionati, forniti di cavalieri collegati da spessa cortina rettilinea, percorsi da un reticolato continuo di gallerie e casematte. Numerosi sono gli eventi storici che l'hanno vista protagonista, essendo stata Alessandria un territorio di importanza strategica già a partire dal Medioevo in quanto terra di confine. In questa sede basta solo ricordare che sui suoi bastioni venne innalzato per la prima volta nella storia d'Italia, precisamente il 10 marzo 1821, il vessillo tricolore da parte del tenente colonnello Guglielmo Ansaldi;
   per la sua importanza storica architettonica la Cittadella di Alessandria è stata insignita di numerosi riconoscimenti. Dichiarata monumento nazionale con regio decreto n. 566 del 1943 è stata inserita nella «Tentative List» per la candidatura alla lista del patrimonio mondiale dell'umanità dell'UNESCO. Inoltre è tra i siti italiani più amati al mondo avendo ottenuto il primo posto nella classifica dei luoghi del cuore 2012 in occasione del VI censimento dei luoghi italiani, appunto, più amati al mondo promosso dal Fondo ambiente italiano (FAI);
   dopo la dismissione da parte del Ministero della difesa, dal 2007 il sito è di proprietà del Ministero dell'economia e delle finanze – Agenzia del demanio e dal 2009 è stato dato in custodia al comune di Alessandria. Nel 2014 il Ministero dell'economia e delle finanze – Agenzia del demanio ha indetto un bando di gara per la «Concessione di Valorizzazione del bene immobile denominato Compendio Cittadella, sito nel Comune di Alessandria, via Pavia s.n.c., ex articolo 3-bis del decreto-legge n. 351/2001, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1 della legge n. 410/2001» con la finalità principale dell'affidamento del bene per il suo recupero strutturale e la sua rifunzionalizzazione mediante introduzione di nuove destinazioni d'uso per la pubblica fruizione, nel rispetto dei suoi caratteri storici, documentali ed ambientali. Com'era chiaramente prevedibile, per un complesso del genere, i cui oneri di ripristino sono incalcolabili, il bando non poteva che andare deserto;
   la Cittadella di Alessandria rappresenta l'unica fortezza europea rimasta intatta e ancora inserita nel suo contesto ambientale originario poiché, nel corso degli anni, non si è edificato in prossimità dei bastioni e dintorno ai fossati. Eppure dopo tanti anni d'incuria e abbandono il sito è seriamente minacciato da un subdolo e grave nemico. Si tratta dell’Ailanthus altissima una specie di alianto invasiva, originaria della Cina, capace di recare seri danni alle fortificazioni sia per il vigore dell'apparato radicale, capace di disgregare malte e murature antiche, sia per il rapidissimo e inarrestabile sviluppo. Infatti, decenni di assenza d'interventi manutentivi all'interno del perimetro della Cittadella ha favorito la proliferazione di questa pianta infestante al punto che, come riportato anche da organi di stampa, «la Fortezza sta implodendo»;
   molteplici sono stati gli appelli alla salvaguardia di questo importantissimo monumento arrivati anche dall'Europa. Infatti, il 4 maggio 2014 la Cittadella di Alessandria è stata inserita da Europa Nostra e dalla Banca europea degli investimenti tra i sette monumenti europei per il programma di tutela di siti storici «7 Most Endangered», cioè inserita tra i sette siti in grave pericolo di cui c’è immediato bisogno di azioni di tutela e valorizzazione;
   i pochi interventi eseguiti volti all'eradicazione dell'ailanto non hanno portato agli esiti sperati, poiché il sito necessita di interventi non episodici e legati alla bontà di qualche associazione ambientalista o finanziatore privato ma di una decisa politica pubblica di tutela e valorizzazione da parte dello Stato tale da garantirne il pieno recupero e la continua fruibilità;
   il 16 novembre 2015, sempre da organi di stampa, si apprende che sul retro della fortezza, nel corso di scavi per la creazione di un'area parcheggi e nuovi possibili insediamenti commerciali, sono stati rinvenuti i resti del vecchio ponte, parte dell'impianto idrico per il controllo delle acque negli spalti della Cittadella, e l'ex strada usata un tempo per raggiungere la Cittadella. Da precedenti interpellanze consiliari ed esposti presentati dal Movimento 5 Stelle locale non sono seguiti provvedimenti idonei alla salvaguardia del sito –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritengano opportuno intraprendere con urgenza iniziative per la tutela e la valorizzazione della Cittadella di Alessandria che rappresenta un bene di notevole valore storico e architettonico non solo per il nostro Paese ma per l'intera Europa;
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno verificare le ragioni per cui la Soprintendenza ai beni culturali e paesaggistici della provincia di Alessandria non abbia ritenuto opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a sospendere i lavori per la realizzazione di un parcheggio in un'area adiacente all'imponente complesso pur a seguito di segnalazioni ed esposti di cittadini, sulla presenza di rilevanti vestigia a esso collegati.
(4-11260)


   ROMANINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il ponte sul fiume Taro fu costruito nel 1816 per volere di Maria Luigia d'Asburgo Lorena. Inaugurato nel 1819 è lungo 565,5 metri e largo 8 metri poggiandosi su 8 arcate;
   questa infrastruttura, collocata sulla via Emilia, ha svolto fin dalla sua inaugurazione una funzione importantissima consentendo l'attraversamento del fiume Taro sulla allora principale strada di collegamento con Piacenza, Milano, e altre località;
   lo scultore Giuseppe Carra per l'accesso del ponte scolpì 4 statue raffiguranti i principali corsi d'acqua del parmense;
   è stato dichiarato bene di interesse storico artistico dalla direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Emilia Romagna ai sensi degli articoli 10, comma 1, e 12 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
   il ponte sul Taro ancora oggi rappresenta una delle maggiori opere a livello infrastrutturale e viario per il territorio. Esso necessita però di importanti interventi di manutenzione, in quanto eventi atmosferici e usura del tempo ne mettono seriamente a rischio l'integrità, per consolidarne la staticità, preservarne e recuperarne il valore storico-testimoniale;
   i vigili del fuoco del comando di Parma nel loro intervento presso il ponte sul Taro, del 19 ottobre 2015, hanno rilevato come, si legge nel verbale: «tuttavia si rende necessario per tutti gli Enti interessati una approfondita verifica da parte di personale qualificato, e una urgente opera di consolidamento e messa in sicurezza dell'intera struttura del ponte. Tutto questo per la tutela della pubblica e privata incolumità e dei transiti veicolari»;
   nella viabilità ordinaria questo ponte mantiene pienamente la sua strategicità e la sua rilevanza nazionale, cosicché un intervento a livello ministeriale, foss'anche con un concerto tra i Ministeri dei beni e delle attività culturali e del turismo e delle infrastrutture e dei trasporti, appare più che auspicabile e dovuto –:
   se i Ministri siano a conoscenza della situazione sopraindicata;
   in che modo intendano intervenire, per quanto di competenza, per sostenere le amministrazioni locali negli ormai indifferibili interventi di manutenzione straordinaria e recupero conservativo del ponte. (4-11261)


   BASILIO, ALBERTI, SORIAL e COMINARDI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Villa Zanardelli, situata nel territorio del comune di Toscolano Maderno, lungo le rive del Lago di Garda, rappresenta un complesso immobiliare di notevole pregio e prende il nome dal suo fondatore, l'insigne giurista e patriota Giuseppe Zanardelli, che nel 1888 la edificò e la adibì a sua dimora negli ultimi anni di vita;
   la struttura, dall'indiscusso valore storico ed architettonico, è costituita da una villa ottocentesca, ricca di affreschi, statue ed arredi e da un grande parco, area posta in zona protetta da vincolo paesaggistico ed a sua volta assoggettata ad ulteriore vincolo monumentale, con diritto per lo Stato di prelazione in caso di vendita;
   attualmente la Villa, di proprietà della Fondazione Villa Paradiso Onlus, ente con finalità non lucrative, è adibita a residenza sanitaria per disabili gestita dalla Fobap-Anffas ed ospita circa cinquanta persone tra personale sanitario e degenti;
   da recenti notizie provenienti da organi di stampa locale e nazionale, sembrerebbe che la predetta Fondazione sia intenzionata a vendere la proprietà della Villa ad una società privata, denominata «Società del Lago Srl», costituita in data 5 dicembre 2014 e con capitale sociale di euro 40.000,00 e, quindi, notevolmente inferiore rispetto alla stima di valore del complesso monumentale;
   talune notizie riferiscono, inoltre, di una cordata di imprenditori provenienti dall'Europa dell'Est, interessati all'acquisto del complesso ottocentesco, con finalità di riqualificazione della residenza privata e dell'adiacente parco;
   una volta conclusa la compravendita, i servizi e le strutture Anfass per i disabili dovrebbero essere trasferiti presso una nuova sede, che il comune di Toscolano Maderno avrebbe già individuato nella zona della piana di Gaino;
   il complesso immobiliare Villa Zanardelli è di inestimabile valore storico, culturale ed ambientale per i cittadini ed il territorio di Toscolano Maderno e tale compravendita, con il passaggio da una proprietà «pubblica» a proprietà privata, determinerebbe il rischio della perdita della fruibilità da parte del pubblico di un simile complesso monumentale, oltre che il rischio di mettere in pericolo la conservazione e la manutenzione di statue, arredi ed affreschi contenuti al suo interno;
   tali notizie hanno destato clamore e preoccupazione nella comunità locale, al punto da che è stato creato un gruppo di un noto social network contro la vendita ed a sostegno della natura «pubblica» di Villa Zanardelli, ritenuta da molti estimatori simbolo di identità bresciana e nazionale –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se le trattative di compravendita privata di Villa Zanardelli trovino conferma;
   se non ritengano opportuno, previa dichiarazione dell'interesse culturale di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, destinare la Villa ed il suo parco a complesso museale, al fine di salvaguardare il patrimonio storico, culturale ed architettonico ivi contenuto;
   se risultino quali siano i criteri adottati per la scelta del contraente nell'ambito del procedimento avente ad oggetto la compravendita di Villa Zanardelli.
(4-11268)


   FANTINATI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 19 novembre 2015, il Museo civico di Verona, ospitato al Castello Scaligero, più conosciuto come Castelvecchio, e situato nel centro storico della città, è stato oggetto di un clamoroso furto di opere d'arte di valore inestimabile;
   sono diciassette i dipinti rubati: Madonna della quaglia del Pisanello, San Girolamo penitente di Jacopo Bellini, Sacra Famiglia con una santa di Andrea Mantegna, Ritratto di giovane con disegno infantile di Caroto, Ritratto di giovane monaco benedettino di Caroto, Madonna allattante di Jacopo Tintoretto, Trasporto dell'arca dell'alleanza di Jacopo Tintoretto, Banchetto di Baltassar di Jacopo Tintoretto, Sansone di Jacopo Tintoretto, Giudizio di Salomone di Jacopo Tintoretto, Ritratto maschile della cerchia di Jacopo Tintoretto, Ritratto di Marco Pasqualigo di Domenico Tintoretto, Ritratto di ammiraglio veneziano della Bottega di Domenico Tintoretto, Dama delle licnidi di Peter Paul Rubens, Paesaggio di Hans de Jode, Porto di mare di Hans de Jode, Ritratto di Girolamo Pompei di, Giovanni Benini;
   quello del 19 novembre, come scritto da alcuni giornali veronesi «rischia di passare alla storia come il più clamoroso furto di opere d'arte degli ultimi cento anni»;
   il danno all'arte «è immenso», ha commentato la direttrice di Castelvecchio, Paola Marini, secondo la quale il valore dei quadri sottratti si aggira sui 15 milioni di euro;
   secondo le prime ricostruzioni, tre malviventi, incappucciati, vestiti di nero e con le armi in pugno, hanno atteso che si avvicinasse l'orario di chiusura del museo e, poco prima delle 20, sono entrati in azione, con le sale aperte ma senza alcun visitatore, sapendo, evidentemente, che il sistema d'allarme sui quadri, in particolare i sensori volumetrici collegati con la centrale operativa dell'istituto di vigilanza, non erano ancora stati attivati;
   la banda è entrata da una porta laterale (priva di allarme) e una volta all'interno hanno immobilizzato e disarmato l'unica guardia giurata in servizio; mentre due componenti della banda si sono fatti portare dal vigilante della Secure Italia nelle sale in cui erano esposte le opere, il terzo ha tenuto sotto la minaccia di una pistola la cassiera, che era stata anche legata e imbavagliata con nastro adesivo;
   per fare razzia dei dipinti esposti, i malviventi – alla cassiera sono parsi stranieri per qualche parola che si sono lasciati sfuggire – hanno impiegato poco più di un'ora; quindi hanno caricato i quadri – alcune tele sono state arrotolate altre no – e sono fuggiti utilizzando l'auto della vigilanza privata;
   all'agenzia di stampa Ansa, la direttrice Marini ha rivelato un altro particolare: il danneggiamento di una tavola di Giulio Licinio, «Conversione di Saulo» «Era vicino ai quadri del Tintoretto – ha spiegato – non è grave, sarà facilmente restaurabile. Dimostra però la brutalità con cui queste persone hanno agito»;
   ha destato sorpresa l'apparente facilità con cui è stata compiuto uno dei furti più gravi della storia dell'arte italiana, in pieno centro storico, fuggendo senza essere visti, se non dalle telecamere di sicurezza;
   su queste immagini stanno lavorando polizia e carabinieri per dare un volto ai componenti della banda;
   l'autorità giudiziaria ha delegato anche il nucleo tutela patrimonio artistico dell'Arma a seguire le indagini sulla rapina, della quale si occupa la squadra mobile di Verona;
   tra le ipotesi investigative più probabili sembrano esserci quella del furto su commissione o per riscatto;
   a cinque giorni dal furto, non è giunto alcun commento dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, che proprio il 19 novembre, al Quirinale, è intervenuto all'inaugurazione di una mostra dedicata a due opere rubate e recuperate dai carabinieri –:
   quali iniziative necessarie ed urgenti s'intendano adottare al fine di sollecitare una ridefinizione delle funzioni e del ruolo del personale addetto alla sorveglianza nei musei italiani che garantisca una più efficace azione di repressione dei furti o di altri reati commessi;
   se le tele trafugate, di enorme valore artistico e patrimoniale, fossero coperte da assicurazione contro il furto;
   quali iniziative s'intendano porre in essere per evitare il ripetersi di analoghi episodi in futuro. (4-11275)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARRA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 7 della legge n. 898 del 24 dicembre 1976, e successive modificazioni, stabilisce gli indennizzi per servitù militari;
   in base a suddetto articolo è interessato il comune di Pegognaga in provincia di Mantova che attende il pagamento di 42.254,32 euro per ciascun anno dal 2012 al 2015 per un totale di 169.017,28 euro;
   purtroppo, a quanto consta all'interrogante non si tratta del primo ritardo fatto registrare dal Ministero per liquidare le dovute spettanze nei confronti del suddetto comune;
   si è in presenza di un comportamento a giudizio dell'interrogante non corretto nei confronti dell'amministrazione locale per cifre che non sono irrilevanti per il bilancio ministeriale –:
   se il Governo sia a conoscenza di tale ritardo e quali iniziative intenda assumere con la massima urgenza affinché si possa procedere rapidamente al pagamento degli indennizzi per servitù militari spettanti al comune di Pegognaga. (5-07086)

Interrogazione a risposta scritta:


   PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   sul sito web ilfattoquotidiano.it è pubblicato un articolo dal titolo «Marina Militare, l'ammiraglio ironizza: “Erba alta ? Comprate delle capre”. E i marinai eseguono alla lettera» a firma di Francesco Martini;
   nell'articolo si legge che «A Venezia e Grottaglie i militari recepiscono seriamente una battuta dell'ammiraglio De Giorgi. E si ritrovano una grana: gli animali, comprati per svolgere funzioni prima affidate a contratti troppo onerosi, vanno gestiti, curati, sfamati, munti e protetti dalle intemperie. Il preposto alla salute chiede conto delle condizioni igienico-sanitarie e gli scappa l'ironia: “Viva speranza che le caprette vadano presto a pascolare, tutte assieme”. Risultato ? Tre giorni di consegna di rigore con l'accusa di avere diffuso “segreti militari” con “dichiarazioni incomplete”» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti narrati dal giornalista e se non ritenga che adibire il personale militare altamente specializzato ad accudire le capre sia lesivo dell'immagine della forza armata; quanti siano gli animali del genere dei caprini e della famiglia dei bovidi in uso alla Marina militare; quali immediate iniziative intenda porre in essere il Ministro per assicurare il massimo rispettò delle vigenti normative in materia di sicurezza e prevenzione nei luoghi di lavoro e di tutela degli animali e per accertare eventuali responsabilità sul piano amministrativo del personale coinvolto; infine, se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza affinché sia annullata la grave sanzione comminata al militare colpevole solo di essersi preoccupato del benessere degli animali. (4-11279)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:


   SANDRA SAVINO e NASTRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le complessità legate alle deliberazioni comunali relative a regolamenti, aliquote e tariffe per l'aumento dei tributi IMU, TASI, TARI, e addizionale IRPEF del 2015, approvate e adottate oltre il termine di legge, rischiano di accrescere le difficoltà e il caos connesso alle scadenze e gli adempimenti nei riguardi dei contribuenti e dei comuni stessi, in considerazione del rischio che, con le nuove norme dal 1o gennaio 2016, si determini un conguaglio a carico dei contribuenti nei primi mesi del prossimo anno;
   il problema connesso alle delibere comunali coinvolge circa 866 comuni ritardatari, con le relative 2162 delibere comunali i quali si trovano in un evidente stato di confusione ed incertezza, in particolare per quelle amministrazioni comunali che si sono insediate dopo il mese di giugno del 2015 ed hanno dovuto superare non poche difficoltà di impostazione per predisporre i documenti di bilancio in un quadro legislativo della finanze locale incerto fino all'ultimo;
   secondo quanto risulta da un articolo pubblicato dal quotidiano «Il Sole 24 Ore» il 21 novembre 2015; le recenti modifiche intervenute in materia, sembrerebbero non riscontrare il parere favorevole del Governo, determinando al riguardo ulteriori profili di criticità nei riguardi dei tantissimi comuni impossibilitati a deliberare sull'aumento delle suddette aliquote anche a causa del ritardo dell'approvazione delle norme sul cosiddetto decreto «enti locali» e sul riparto del Fondo di solidarietà comunale che peraltro ha subito considerevoli tagli –:
   quali siano gli orientamenti del Governo, con riferimento a quanto esposto in premessa e con riguardo alle deliberazioni relative a regolamenti, aliquote e tariffe dei tributi adottate dai comuni, posto che le soluzioni di recente prospettate rischiano di aggravare le già difficili condizioni operative e di adeguamento della finanza locale per numerosissime amministrazioni locali. (5-07099)


   PELILLO, MARTELLA, MORETTO, ZOGGIA, MOGNATO e MURER. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in questi giorni sta emergendo nell'ambito dei territori della Riviera del Brenta colpiti dal tornado dell'8 luglio 2015 una vicenda fiscale dai contorni molto controversi;
   i comuni più colpiti sono quelli di Mira Dolo e Pianiga con 71 milioni di euro di danni complessivi di cui 44,9 a Dolo, 19,2 a Pianiga e 6,5 a Mira; la maggior parte dei quali si sono verificati sulle abitazioni private;
   l'articolo 6, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, prevede l'imponibilità dei proventi, indennità o risarcimenti (anche assicurativi) riscossi in sostituzione di redditi;
   al fine di superare al più presto le criticità che hanno colpito i territori devastati da calamità naturali, nel corso della riunione dei sindaci dei comuni interessati con il commissario delegato per gli interventi di ricostruzione, nominato a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, è emersa anche la necessità di assicurare l'esclusione dal reddito imponibile dei risarcimenti ottenuti delle assicurazioni, così da destinare maggiori risorse agli investimenti e garantire una rapida ricostruzione e una veloce ripresa economica –:
   se non ritenga opportuno adottare iniziative per definire idonee agevolazioni fiscali al fine di favorire la ricostruzione nei territori colpiti da eventi calamitosi e salvaguardare i cittadini e le imprese, anche prevedendo, per tali soggetti, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, l'esclusione dal reddito imponibile dei rimborsi assicurativi ricevuti a fronte dei danni subiti. (5-07100)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in seguito al passaggio dalla lira italiana all'euro, la legge aveva fissato al 28 febbraio 2012 il termine ultimo di conversione fra le due valute, nonché il corso di validità della prima;
   il decreto-legge n. 201 del 2011, cosiddetto «Salva Italia», emanato il 6 dicembre 2011, anticipava alla stessa data il suddetto termine, trasferendo nel bilancio dello Stato il valore delle lire ancora circolanti;
   la recente sentenza della Corte costituzionale del 5 novembre 2015 ha dichiarato illegittima la previsione del decreto-legge n. 201 del 2011, pur rimandando esplicitamente nel dispositivo le conseguenze della sua scelta ad approfondimenti da condurre con il Ministero dell'economia e delle finanze;
   secondo la Banca d'Italia, infatti, sarebbero stati circolanti al 6 dicembre 2011 196 milioni di pezzi da mille lire, 12 milioni da 100 mila lire, 300 mila da 500 mila lire, 7,4 milioni da 50 mila lire, 40,6 milioni da 10 mila lire, 30,9 milioni da 5 mila e 21,6 milioni da 2 mila lire;
   il valore complessivo di quelle ad oggi in circolazione è stimato fra 1,2 e 1,4 miliardi di euro;
   appare quindi evidente che l'applicazione integrale della sentenza, se si intendesse la riapertura integrale dei termini di cambio, potrebbe avere un forte impatto negativo sul bilancio dello Stato, inoltre non è dato sapere quanta parte di quella massa monetaria sia originata da attività illecite, né dove sia attualmente stoccata;
   fonti informali parlavano in passato di forti depositi attivati presso banche estere;
   non si può inoltre sapere se e a quali condizioni le lire italiane siano passate di mano fra il 2011 e oggi, in attesa di eventuali pronunce giurisprudenziali come quella effettivamente arrivata –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo ai fini della difesa contro eventuali pratiche di riciclaggio di proventi da attività illecite.
(5-07101)


   PISANO, PESCO, ALBERTI, RUOCCO, VILLAROSA e FICO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il comma 586 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013 ha previsto che i rimborsi IRPEF oltre i 4.000 euro sono subordinati al superamento di controlli, precedenti all'erogazione, che l'Agenzia delle entrate attua attraverso la verifica della documentazione presentata dal contribuente. Sempre tale disposizione prevede che i controlli dell'Agenzia delle entrate vengono espletati entro i successivi 6 mesi dalla data di scadenza della presentazione del Modello 730 o, comunque, entro i 6 mesi successivi alla data di presentazione del Modello 730 in caso di presentazione tardiva;
   quanto ai tempi di erogazione del rimborso, la legge stabilità 2015 ha previsto che il rimborso che risulta spettante al termine delle operazioni di controllo preventivo di cui al detto comma 586 è erogato dall'Agenzia delle entrate non oltre il settimo mese successivo alla scadenza dei termini previsti per la trasmissione della dichiarazione di cui ai citati articoli 16 e 17 del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164, ovvero alla data della trasmissione della dichiarazione, ove questa sia successiva alla scadenza di detti termini;
   per i rimborsi non superiore alla soglia di 4.000 euro, invece, resta ferma la disciplina che prevede che il conguaglio ed il rimborso del credito d'imposta nella busta paga di luglio;
   diverso è invece il caso dei rimborsi IRPEF da modello UNICO, per i quali il contribuente potrà optare o per il rinvio a futuri esercizi del credito per la compensazione con futuri debiti di imposta o per la richiesta del rimborso del credito; risulta anche che al momento dell'effettivo rimborso l'Agenzia delle entrate sia tenuta al calcolo degli interessi secondo il tasso legale per corrisponderli insieme all'importo a credito (decreto ministeriale - 27 giugno 2003, n. 11284): a tal fine, per ridurre i tempi di erogazione del rimborso, il contribuente può comunicare direttamente all'Agenzia delle entrate le proprie coordinate bancarie mediante i canali telematici dell'Agenzia delle entrate o presentare la richiesta di accreditamento ad un qualsiasi ufficio locale, tuttavia, i temi di erogazione del rimborso restano piuttosto lunghi –:
   quale risulti ad oggi l'andamento delle richieste di rimborso dei crediti IRPEF indicati in dichiarazione, con particolare riferimento ai seguenti dati:
    a) tempi medi di pagamento dei rimborsi da modello unico e numero di istanze definite e ancora da definire, specificando al riguardo l'annualità di riferimento e l'ammontare complessivo da rimborsare;
    b) tasso d'interesse oggi vigente e costo annuale che l'Agenzia delle entrate ha dovuto sostenere negli ultimi due periodi d'imposta per i quali sono state completate le procedure di rimborso, importo rimborsato e quello contestato;
    c) tempi medi di pagamento dei rimborsi da Modello 730 superiore a 4.000 euro, numero di dichiarazioni da verificare in riferimento alle annualità 2013 e 2014, numero di istanze ancora da definire, nonché ammontare complessivo da rimborsare. (5-07102)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARFAGNA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 27 ottobre 2015 con decreto del Ministro della Giustizia è stata disposta la soppressione della casa circondariale di Sala Consilina, in provincia di Salerno, a seguito di motivazioni di antieconomicità, in termini di costi/benefici, per la modesta ricettività e per la grave inadeguatezza della stessa sotto il profilo strutturale e della sicurezza;
   come stabilito dal decreto sopra citato la soppressione di detto istituto «può consentire una significativa economia di risorse complessive, più efficacemente ed efficientemente utilizzabili in altre strutture penitenziarie in aderenza al principio di ottimizzazione dell'uso delle risorse umane, finanziarie e materiali (...)»;
   la casa circondariale di Sala Consilina era stata già inserita nel decreto del Ministro della giustizia 30 gennaio 2001 con il quale, ai sensi dell'articolo 145, comma 34, lettera a) della legge 23 dicembre 2000, n. 388, era stata prevista la dismissione «degli istituti penitenziari strutturalmente non idonei alla funzione propria»;
   con decreto del Ministro della giustizia del 21 maggio 2004 era stata disposta la soppressione della Casa circondariale di Sala Consilina per l'inadeguatezza dell'istituto sotto il profilo strutturale e della sicurezza;
   successivamente con decreto del Ministro della giustizia del 9 marzo 2005 è stato revocato il decreto 21 maggio 2004 sia in ragione delle delibere degli organi locali della regione Campania con le quali veniva evidenziata l'importanza dell'assistenza operativa alle traduzioni in transito nonché in ragione della proposta della stessa amministrazione comunale di provvedere con oneri a proprio carico, all'esecuzione dei lavori di manutenzione necessari per il mantenimento in esercizio della struttura penitenziaria;
   al contrario di quanto descritto nel decreto 27 ottobre 2015, con il quale è stata prevista la soppressione della casa circondariale di Sala Consilina, quest'ultima ha ospitato detenuti in celle di grandi dimensioni composte da un bagno per ciascuna con relativa porta divisoria. Inoltre, nella medesima struttura si sono svolte attività sociali, culturali e ricreative che hanno visto la partecipazione di molti detenuti;
   in merito alla soppressione della casa circondariale di Sala Consilina anche il Codacons ha inviato al Ministro della giustizia, un appello nel quale si chiede di sapere «se non sia economicamente e – soprattutto – socialmente più conveniente mantenere in vita la struttura»;
   va altresì rilevato che l'istituto di Sala Consilina ricopriva un ruolo importante in un territorio già penalizzato anche dalla soppressione del tribunale e del suo relativo accorpamento a quello di Lagonegro, in provincia di Potenza, a seguito del provvedimento di revisione della geografia giudiziaria, di cui al decreto legislativo n. 155 del 2012, emanato a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, legge di conversione del decreto-legge n. 138 del 2011;
   in un momento di crisi generale di sovraffollamento carcerario e alla luce dell'importanza strategica geografica che lo stesso istituto ricopre, anche in conseguenza della recente soppressione del relativo tribunale, è opportuno prevedere un intervento mirato di recupero dello stesso istituto, considerato che l'amministrazione comunale aveva già presentato un progetto di adeguamento della struttura facendosi totalmente carico delle relative spese –:
   se il Ministro interrogato, alla luce dei fatti sopra esposti, non intenda rivedere la decisione relativa alla soppressione della casa circondariale di Sala Consilina, consentendo il ripristino della piena operatività della suddetta struttura penitenziaria. (4-11264)


   PLACIDO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nel novembre 2010, la dottoressa Celestina Gravina assumeva le funzioni di procuratore della Repubblica presso il tribunale di Matera;
   ai sensi dell'articolo 45 del decreto legislativo n. 160 del 2006, l'incarico direttivo e temporaneo essendo conferito per la durata di 4 anni, al termine dei quali il magistrato può essere confermato previo concerto con il Ministro della giustizia;
   la procedura di conferma richiede una concreta verifica dei requisiti richiesti per il conferimento delle relative funzioni;
   da ormai 13 mesi la dottoressa Gravina esercita le funzioni in prorogatio;
   l'esame della possibilità di confermare o meno la dottoressa Gravina nell'incarico si trascina con un ritardo a giudizio dell'interrogante ingiustificabile;
   con riferimento al procuratore della Repubblica presso i tribunale di Matera, si registra quanto segue:
    a) per quattro anni di seguito la direzione nazionale antimafia avrebbe segnalato, nelle proprie relazioni che ormai sono di dominio pubblico, la mancata collaborazione dell'ufficio di procura circondariale con quello distrettuale;
    b) audita dalla Commissione parlamentare rifiuti, con riferimento alle questioni dell'ex centro nucleare della Trisaia, definiva il dibattito come «chiacchiere da comari», con ciò offendendo la memoria dell'ottimo magistrato Nicola Pace che in vita, avviava un'indagine che portò alla condanna di dirigenti che non avevano denunciato incidenti di fughe radioattive;
    c) in relazione alle vicende della Val Basento, è stata segnalata l'esistenza di numerosi procedimenti pendenti da tempo;
    d) audita dalla Commissione antimafia la dottoressa Gravina, come risulta dai verbali diffusi in tutta Italia da «Il Sole 24 Ore», mostrava di non sapere che la Commissione antimafia avesse gli stessi poteri di indagine dell'autorità giudiziaria;
   il consiglio giudiziario della corte di appello di Potenza in maniera quasi unanime ha votato la non conferma esprimendo giudizi negativi sull'operato della dottoressa Gravina;
   si segnala il disagio in cui si trovano ad operare gli organi inquirenti del materano in relazione ai concreti comportamenti del procuratore della Repubblica di Matera che, come ha rilevato la direzione nazionale antimafia, non collabora con la procura distrettuale;
   a quanto consta all'interrogante si registra uno stato di sfiducia nei confronti degli inquirenti materani da parte dei cittadini dell'area metapontina nella quale si registrano decine e decine di casi di incendio –:
   se, in virtù di quanto esposto in premessa, non ritenga di negare il concerto nel caso di una non auspicabile conferma nell'incarico da parte del CSM;
   se non ritenga di valutare la sussistenza dei presupposti per avviare un'iniziativa ispettiva presso la procura della Repubblica di Matera. (4-11282)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   OCCHIUTO e SANTELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   destano allarme e preoccupazione le recenti dichiarazioni pubbliche rese dal presidente dell'Anas spa, Gianni Vittorio Armani, nonché a parere degli interroganti le risposte al question time dal Ministro Delrio, in merito allo stop degli investimenti e alla conseguente modifica del progetto sulle grandi opere, che riguardano l'ammodernamento dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, in particolare nel tratto compreso tra lo svincolo autostradale di Cosenza Sud e quello di Altilia-Grimaldi;
   da quanto è emerso gli interventi di ammodernamento dell'importante arteria saranno sostituiti da «lavori di riqualificazione e manutenzione straordinaria» con previsioni di spesa evidentemente di molto inferiori;
   pertanto, i 40 chilometri dell'A3, ancora da ammodernare, tutti ricadenti nel tratto calabrese, non saranno rifatti ex novo, come avvenuto per il resto dell'autostrada, ma saranno oggetto di semplice manutenzione;
   non può sfuggire che gli interventi di ammodernamento che interessano la predetta arteria, lungi dall'essere un'opera faraonica inutile e fine a sé stessa, trovano la loro principale ragion d'essere nell'ineludibile necessità di garantire idonee condizioni di sicurezza e percorribilità;
   dagli studi prodromici alla realizzazione degli interventi di adeguamento effettuati sulla tratta autostradale a sud di Cosenza, che attraversa l'area del Savuto, risulta essere quella a più alto tasso di incidentalità dell'intera A3;
   semplici interventi di manutenzione non consentiranno, a giudizio degli interroganti, di intervenire sugli elementi più critici del tracciato in termini di sicurezza: raggi di curvatura, pendenze longitudinali e trasversali, stato di degrado delle opere d'arte, con particolare riguardo alle sotto strutture di ponti e viadotti e alle dotazioni strutturali ed impiantistiche delle numerose gallerie che non potranno essere adeguate, come la legge impone, alle recenti norme di sicurezza;
   tutto ciò ha prodotto una grande mobilitazione da parte sia dei cittadini che dei rappresentanti istituzionali dell'intero territorio del Savuto. Infatti, i sindaci dei comuni di Cosenza, Altilia, Mangone, Malito, Scigliano, Parenti, Paterno, Marzi, Colosimi, Cellara, Figline Vegliaturo, Bianchi, Rogliano, Grimaldi, Carpanzano, Belsito, hanno approvato in giunta le delibere per manifestare la loro assoluta contrarietà alla revisione dei progetti relativi alle opere di ammodernamento –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare:
    a) al fine di garantire la realizzazione del progetto originario;
    b) affinché le risorse finanziarie stanziate vengano impiegate per i lavori di ammodernamento del tratto Cosenza-Altilia, Grimaldi;
   come intenda rispondere alla richiesta dei sindaci di poter avere un incontro con il Ministro interrogato. (3-01866)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AGOSTINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nella stazione ferroviaria di Jesi (AN), della linea ferroviaria Ancona-Roma, ogni giorno, effettuano fermata per servizio passeggeri, 57 treni in direzione nord e 57 treni in direzione sud;
   si tratta di treni regionali, regionali veloci, intercity e freccia bianca utilizzati da centinaia di passeggeri, a volte accompagnati o attesi presso il fabbricato viaggiatori;
   la stazione di Jesi svolge anche un servizio per il trasporto merci con treni blocco di veicoli agricoli;
   da oltre un anno il locale bar della stazione è stato chiuso (salvo un brevissimo periodo di riapertura), provocando evidenti disagi ai clienti dei treni, anche perché nelle vicinanze della stazione ferroviaria non ci sono attività di ristoro;
   durante la corrente stagione estiva si sono verificati casi di malore dovuti al caldo e all'impossibilità delle persone di potersi ristorare e, comunque, appare necessario all'interrogante che il servizio sia velocemente riattivato –:
   se sia a conoscenza dei fatti suesposti;
   se e come intenda adoperarsi, per quanto di competenza, affinché Ferrovie dello Stato italiane spa si impegni a garantire i dovuti comfort ai clienti e ai loro accompagnatori. (5-07082)

Interrogazione a risposta scritta:


   COZZOLINO, DA VILLA e SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'autorità portuale di Venezia, come si legge nel sito web istituzionale, «indirizza, programma; coordina, promuove e controlla le operazioni portuali. Vuole realizzare un “porto possibile”, rispettoso dell'ambiente, sicuro, aperto, etico»;
   l'assetto societario dell'autorità portuale di Venezia cosiddetto a «scatole cinesi» sta evidenziando, a giudizio degli interroganti, una serie di storture e scelte che sembrano smentirne la mission, oltreché non rispettare la legislazione in materia portuale;
   l'autorità portuale di Venezia controlla totalmente al 100 per cento APV investimenti SPA, tramite la quale controlla il 67 per cento di APVS srl, nuova società costituita assieme a Veneto Sviluppo SPA, finanziaria della regione Veneto, che ne detiene il restante 33 per cento; tramite APVS srl controlla il 53 per cento di VTP SPA ovvero «Venezia terminal passeggeri spa»; il resto di VTP SPA è partecipato da camera di commercio (2,64 per cento) ed i privati FINPAX SRL (22,18 per cento), SAVE SPA (22,18 per cento);
   la stessa autorità ha affidato in concessione i servizi crocieristici a VTP;
   la costituzione della società concessionaria ed il successivo affidamento della concessione sarebbero avvenuti, a quanto risulta agli interroganti, con delibera del comitato portuale n. 4/1997 del 20 marzo 1997 in base a una norma derogatoria (dell'assegnazione attraverso bando di gara) e transitoria (quindi non trentennale) espressa dall'articolo 23, comma 5, della sopracitata legge n. 84 del 1994. La concessione rilasciata a Venezia Terminal Passeggeri pare agli interroganti non avere un legittimo fondamento in questa norma;
   in base ai princìpi stabiliti nella sentenza del Consiglio di Stato 4812/2009 del 30 luglio 2009 che ha annullato l'affidamento diretto in concessione della stazione marittima e dei servizi ai passeggeri al porto di Bari, si dovrebbero ritenere carenti i presupposti giuridici per affidare con tali modalità la concessione fino al 2024 dei servizi ai passeggeri connessi all'attività crocieristica nel porto di Venezia; sarebbe altresì da approfondire sul piano della legittimità la partecipazione dell'Autorità portuale di Venezia, tramite una sua controllata, nel capitale della società Venezia terminal passeggeri;
   un articolo apparso nel Corriere del Veneto del 18 ottobre 2015 riporta la notizia relativa a due importanti scadenze, «la prima del 25 ottobre entro la quale l'Autorità Portuale di Venezia dovrà depositare il progetto della nuova variante Tresse est Vittorio Emanuele, l'ipotesi voluta dal sindaco Luigi Brugnaro, per portare le navi da crociera alla marittima senza passare davanti a San Marco; la seconda scadenza imminente riguarda porto, marittima e crociere: entro il 31 dicembre le autorità portuali hanno l'obbligo di cedere le proprie quote nelle società partecipate e “questo per Venezia significa mettere sul mercato Vtp, che a maggio il presidente Trevisanato definiva con soddisfazione ‘appetibile, sana e senza debiti’: un fatturato di 35 milioni di euro investimenti per circa 70 milioni negli ultimi anni e 11 milioni di utili”»;
   si legge ancora nell'articolo firmato da Alberto Zorzi: «sembrerebbe una passeggiata e invece non è così intanto perché – dopo l'addio del porto all'ipotesi di scavare il canale Contorta – la procedura di impatto ambientale dovrà ripartire ed ora in vantaggio, perlomeno temporale, c’è il Venis Cruise di Cesare De Piccoli. E questo centra molto con la vendita delle quote di Vtp perché se a vincere sarà il primo progetto la società conserverà un valore elevato legato anche alla durata della concessione (quella attuale è trentennale); il nuovo terminal alla bocca di lido invece potrebbe azzerare tutto»;
   la Nuova Venezia del 14 novembre pubblica una lettera titolata «Stazione marittima chi vuole metterci le mani ?» di Associazione Venezia Cambia che scrive: «un'importante notizia sul futuro della Stazione marittima di Venezia è passata in questi mesi quasi inavvertita. Si tratta della cessione della quota di controllo che l'Autorità portuale detiene nella Venezia terminal passeggeri spa (Vtp), società di gestione dei servizi della Marittima. Un controllo che si esercita attraverso Apvs srl, una holding costituita dall'Autorità portuale e dalla finanziaria regionale Veneto Sviluppo spa, che detiene il 53 per cento della Vtp. L'obbligata cessione di questa partecipazione da parte dell'Autorità portuale – la normativa intende separare le funzioni di gestore da quelle di controllore – apre uno scenario oscuro e imprevedibili sono gli effetti che questa decisione produrrà sull'economia veneziana. Ecco i possibili alternativi sviluppi: 1) l'acquisizione del pacchetto societario da parte di un altro soggetto pubblico; il candidato naturale dovrebbe essere Veneto Sviluppo visto che già detiene il 33 per cento della holding; 2) se così non fosse, si profila la cessione societaria a un privato (chi ?); questa vendita potrebbe determinare una situazione assai imbarazzante, dove la stessa quota di Veneto Sviluppo (cioè di un soggetto che investe denaro pubblico per ragioni pubbliche) sarebbe di fatto in balìa di un nuovo e sconosciuto investitore privato; 3) l'ultima ipotesi è che la quota ceduta sia acquisita da uno dei soggetti di minoranza nell'attuale compagine societaria di Vtp (si tratta di spedizionieri e di Save, società di gestione dell'aeroporto di Venezia); soggetti comunque anch'essi privati e di cui si ignorano le intenzioni. Il futuro di Venezia appare legato alle scelte che verranno prese nei prossimi mesi: dalla decisione sullo scavo dei canali in laguna alle regole su un turismo lagunare ormai fuori controllo e alle decisioni sulla portualità commerciale. La presenza o meno della Regione Veneto costituisce un punto di svolta nella gestione di un servizio strategico come la Vtp. All'indomani dell'uscita dell'Autorità portuale, Veneto Sviluppo sarebbe l'unico soggetto in grado di presidiare l'interesse pubblico su questa realtà. Un tema che non può passare sotto silenzio. Rivolgiamo dunque alcune domande al governatore Luca Zaia: quali sono le sue intenzioni di fronte alla messa in vendita del pacchetto di controllo sulla Vtp da parte dell'Autorità portuale di Venezia ? Intende la Regione acquistare o meno questa partecipazione ? Quali sono le indicazioni strategiche della Regione in merito al futuro della società di gestione dei servizi portuali crocieristici di Venezia ? L'impegno regionale sulla Vtp va inteso come investimento strategico oppure si potrebbe profilare una prossima uscita, da questa struttura, come avvenne nel caso della società Save, interamente ceduta al nuovo investitore privato (in quel caso Enrico Marchi e la sua finanziarla, governatore allora Galan) ? Sarebbe inoltre interessante capire perché, un paio d'anni fa, la finanziaria regionale ha subordinato la sua quota di Vtp (il 17,5 per cento) al controllo dell'Autorità portuale, di Paolo Costa, nella nuova holding Apvs, rinunciando a una posizione di peso nella compagine di Vtp. C’è stato un indirizzo regionale, oppure è stata un'iniziativa autonoma di Veneto Sviluppo ? Che motivo c’è perché un privato possa ora acquistare la quota di maggioranza della holding Apvs (corrispondente al 35 per cento delle azioni di Vtp) che vale però il controllo assoluto di Vtp (corrispondente al 52 per cento) ? Per il bene di Venezia e per scelte pubbliche trasparenti su un settore strategico dell'economia veneta, crediamo che queste risposte siano dovute ai cittadini veneziani e veneti»;
   la Nuova Venezia del 17 novembre pubblica una lettera di Giuseppe Tattara dell'università di Venezia che scrive «Che affidabilità può dare un presidente che continua a modificare i dati sui flussi di crocieristi secondo le convenienze e gli umori del momento ? Ora che si parla di città strozzata dall'eccesso di turismo, è conveniente dire che i crocieristi non sono turisti, arrivano e partono, e tutto può continuare come sempre. Marittima compresa (...) Passano e non si fermano, non fanno danno, perché limitarli ? La ragione è che bisogna a tutti i costi mantenere alla Marittima la gestione delle crociere, perché è l'unico modo per salvaguardare il valore commerciale della società che gestisce lo scalo, Venice terminal passeggeri (Vtp), che si è deciso di mettere sul mercato nei prossimi mesi. L'Autorità portuale ha una partecipazione maggioritaria in Vtp e se si adombrasse un possibile ridimensionamento del traffico crocieristico alla Marittima, il valore di Vtp subirebbe un duro colpo e si ridimensionerebbe ben bene il “tesoretto” dell'Autorità portuale. Un calo di valore delle azioni sarebbe inevitabile anche nel caso si decidesse di gestire parte del traffico croceristico fuori della laguna, su nuove banchine, allocate secondo criteri di concorrenza (e non in concessione monopolistica, come oggi Vtp). Soluzione lungimirante, con le dovute precauzioni, che potrebbe portare maggiore ricchezza e occupazione. Ma da avversare in tutti i modi, al di là di ogni discorso di merito»;
   la Nuova Venezia del 21 novembre 2015 da notizia secondo cui «il Cda di Apvs ha dato il via libera allo schema di bando di gara per la vendita delle azioni Vtp. Ma tra i soci non c’è intesa sulle modalità. Tanto che un accordo ipotizzato qualche settimana fa tra i soci di maggioranza (la Finanziaria regionale Veneto Sviluppo e l'Apvs) e i soci di minoranza (i privati e Save) è saltato. (...) Oggi Vtp vale sul mercato circa 50 milioni di euro. La quota in vendita del Porto vale circa 18 milioni. “Venderemo al migliore offerente”, dice il presidente del Porto Paolo Costa, “ma la Regione ha il diritto di prelazione, se vuole può acquistare allo stesso prezzo”. Un'operazione complessa, che molti hanno visto fatta su misura per Save, la società aeroportuale a maggioranza pubblica passata qualche anno fa sotto il controllo del privato Enrico Marchi che aveva acquistato le quote della Regione di Galan diventando socio di maggioranza. Save avrebbe espresso interesse per le quote, naturalmente immaginando di allargare la sua base azionaria fino a raggiungere la maggioranza. Un patto di governance che la Regione potrebbe garantire, firmando come era emerso qualche settimana fa un patto con gli altri soci. Un patto giustificato dall'esigenza di “non far cadere la società in mani straniere”, o di compagnie crocieristiche. Che però incontra ostacoli di natura legale, oltre che politica. Il sindaco Luigi Brugnaro ha espresso la volontà di partecipare all'asta, perché il Comune possa avere “voce in capitolo sulle grandi scelte strategiche dell'area”»;
   appare quindi agli interroganti che sia stata messa sul mercato una società a «valore indefinito» e contemporaneamente si cerchi di aumentarne la concessione; l'aumento della concessione (in termini temporali e come valore) è legato ad un intervento di scavo in laguna; infatti, solo con il canale la concessione avrebbe valore, mentre per le altre soluzioni, che porterebbero le navi fuori dalla Marina, bisognerebbe assegnare altre concessioni e aprire nuove gare facendo perdere l'attuale concessione unica;
   infatti, la concessione senza gara a VTP fino al 2024 è limitata proprio all'attuale area della marittima e non sarebbe estendibile ad un eventuale porto in altro luogo; in questo caso, infatti, la concessione dovrebbe andare a gara, cosa che evidentemente non sembra convenire a VTP; la concessione di VTP perderebbe quasi ogni valore (concessione che ormai ha meno di 10 anni di durata residua) e potenzialmente verrebbe pure «svuotata» se ci fosse un porto in altro luogo;
   in mancanza di un canale che permetta di evitare San Marco ed arrivare in Marittima, la Marittima, che è il presupposto strutturale di VTP, diventerebbe irraggiungibile, e VTP perderebbe il suo valore con il crollo di un vero e proprio «impero» che ha regnato quasi incontrastato dagli anni ’90;
   nel documento dell'autorità portuale di Venezia del 23 ottobre 2013 dal titolo «valutazione in merito all'ipotesi d'inserimento dell'attività croceristica a Marghera» si legge in premessa «si riportano in seguito le considerazioni tecniche (impedimenti fisici, operativi, formali) dalle quali risulta impraticabile — ad infrastrutture esistenti — l'immediato trasferimento dell'attività crocieristica a Marghera»; al punto 7 «aspetti formali» di detto documento, si legge: «non da ultimo vanno ricordati alcuni aspetti di carattere meramente formale e che potrebbero comunque inficiare qualsiasi procedimento di inserimento dell'attività crocieristica a Marghera»; il punto b di detti aspetti recita: «il servizio di gestione delle stazioni marittime e servizi supporto ai passeggeri è un servizio di interesse generale ai sensi dell'articolo 6 comma 1 legge 84/94 e DM 275/1994 e dovrà essere affidato con gara pubblica ai sensi dell'articolo 6 comma 5, non potendo più invocare l'articolo 23 comma 5 (regime transitorio legge 84/94)»;
   appare quindi agli interroganti che il futuro della portualità e della laguna sia assoggettato all'interesse al mantenimento della leadership societaria e non certo ad un interesse collettivo; molte sono le criticità ambientali ed in termini di costi legate ai progetti di scavo, evidenziate da molti esperti di morfologia lagunare e visibili anche nel «Libro bianco sul perché le grandi navi debbono stare fuori della laguna»;
   è apparso singolare il fatto che l'autorità portuale di Venezia avesse spinto così fortemente per avviare l’iter di valutazione d'impatto ambientale per il progetto dello scavo del canale Contorta S. Angelo, poi «bocciato» dal TAR del Veneto (sentenza 877/2015 del 29 luglio 2015) e ora stia tentando lo stesso con un nuovo progetto di scavo in Laguna, la variante Tresse, presentato il 3 novembre a Venezia; entrambi questi progetti hanno infatti l'obiettivo di escludere possibili altre alternative di concessioni all'attuale Marittima; infatti, i progetti alternativi presentati, che prevedono la costruzioni di nuove banchine alla bocca di porto del lido e/o a Marghera sono sempre stati respinti dall'autorità portuale di Venezia con conferenze di servizi e con un parere tecnico del 23 ottobre 2013 di cui sopra;
   si è a conoscenza che la valutazione preliminare dell'impatto ambientale dei progetti alternativi eseguita dalla commissione in assemblea plenaria nel settembre del 2013 sarebbe rimasta segretata fino all'aprile del 2014; proprio perché aveva già scartato in partenza l'ipotesi di scavo di canali in laguna, e con più precisione del Contorta S. Angelo, mentre aveva dato parere favorevole alla realizzazione di una nuova banchina in bocca di porto;
   non è comprensibile come l'autorità portuale di Venezia possa ritenere che lo scavo di un canale in laguna sia la soluzione definitiva per continuare a portare navi di certe dimensioni a Venezia, nonostante la ridotta dimensione delle conche di navigazione alle bocche di porto e l'operatività delle paratie mobili del MOSE in funzione all'innalzamento del livello del mare;
   lo scavo del canale Tresse non eliminerebbe la sovrapposizione dei due traffici (mercantile e crocieristico) nel tragitto a senso unico dalla bocca di porto di Malamocco alla Marittima, e questo comporterebbe un allungamento dei tempi di percorrenza e un conseguente incremento dei costi per le compagnie armatrici; si teme infatti che così si creerebbe la necessità di raddoppiare l'ampiezza del canale dei petroli per ospitare contemporaneamente i due traffici in entrambe le direzioni;
   nel piano regolatore portuale compaiono le ipotesi Bocca di porto e Marghera come soluzioni ipotizzabili nel lungo periodo; ci si chiede quindi se lo scavo del canale, che danneggerebbe irreversibilmente la laguna di Venezia, rappresenti una soluzione transitoria e quali siano le reali motivazioni di tali interventi; ci si chiede altresì se l'autorità portuale non intenda arrivare a raddoppiare il canale dei Petroli –:
   se siano a conoscenza di quanto esposto e se sia stata rispettata la legislazione in materia portuale;
   quali iniziative di competenza intendano attuare affinché tutte le scelte effettuate non rispondano a logiche societarie ma all'esclusivo interesse generale della città di Venezia, dei suoi cittadini e del suo ambiente naturale;
   se non ritenga necessario attuare, per quanto di competenza, tutti i controlli sulla corretta pubblicazione del bando di gara per la vendita delle azioni Vtp a garanzia di una totale trasparenza.
(4-11262)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata:


   CARFAGNA e BRUNETTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'indagine sulla sicurezza delle donne, condotta dall'Istat tra maggio e dicembre 2014, mostra come la violenza contro le donne continui ad essere un fenomeno ampio e diffuso. Infatti il 31,5 per cento delle donne, tra i 16 ed i 70 anni, ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, il 20,2 per cento ha subito violenza fisica, il 21 per cento violenza sessuale, il 5,4 per cento le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro e il tentato stupro;
   rispetto al 2006 si è altresì registrato un aumento dell'1,2 per cento rispetto agli stupri e ai tentati stupri e ciò che risulta ancora più preoccupante è il fatto che le violenze sono più gravi: aumentano quelle che hanno causato ferite (dal 26,3 per cento per cento del 2006 al 40,2 per cento del 2014 da partner) e il numero di donne che hanno temuto per la propria vita (dal 18,8 per cento del 2006 al 34,5 per cento del 2014);
   a destare preoccupazione sono i dati che rilevano come il più delle volte le violenze si consumino all'interno dei nuclei familiari. I parenti sono gli autori di circa il 18,5 per cento delle violenze fisiche, mentre il 62, 7 per cento degli stupri è commesso da un partner attuale o precedente;
   i dati sopra riportati evidenziano un quadro allarmante se considerato che il 14 agosto 2013 è stato approvato il decreto-legge n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province;
   nello specifico, il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, ha previsto, tra un insieme organico di misure, la possibilità di ricorrere ai cosiddetti braccialetti elettronici al fine di garantire il rispetto della misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare e tutelare la vittima da nuovi episodi di violenza;
   la normativa per il contrasto della violenza di genere risulta di fondamentale importanza poiché il fenomeno della violenza contro le donne rappresenta un dramma umano e sociale che molto spesso si consuma all'interno dei nuclei familiari;
   in sintesi, il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, ha reso più incisivi gli strumenti della repressione penale dei fenomeni di maltrattamenti in famiglia, di violenza sessuale e di atti persecutori (stalking) e ha inserito i reati di maltrattamenti ai danni di familiari o conviventi e di stalking tra i delitti per i quali la vittima è ammessa al gratuito patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito;
   tra le varie misure è stata introdotta una nuova misura cautelare (articolo 384-bis del codice di procedura penale) che consente agli ufficiali di polizia giudiziaria di disporre, previa autorizzazione del pubblico ministero, l'allontanamento urgente dalla casa familiare, con divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa;
   a seguito delle modifiche intervenute nel corso dell'esame parlamentare di conversione in legge, l'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, ha previsto che la misura di allontanamento dalla casa familiare possa essere disposta dal giudice anche con le modalità previste dall'articolo 275-bis del codice di procedura penale, ovverosia con procedure di controllo mediante mezzi elettronici quali il braccialetto elettronico;
   tuttavia, a distanza di poco più di due anni dall'entrata in vigore del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, la disposizione sopra citata risulta ancora inattuata poiché la tecnologia adottata in Italia non prevede ancora un sistema GPS da utilizzare in maniera bilaterale per tenere monitorati il molestatore e la vittima, al contrario di quanto accade in altri Paesi europei;
   come testimoniato dall'esperienza del sistema attualmente vigente in Spagna, il ricorso ai sistemi di monitoraggio elettronico a distanza rappresenta un efficace strumento di controllo che contribuisce, da una parte, al miglioramento delle condizioni di vita e dei livelli di sicurezza delle vittime che denuncino episodi di violenza e, dall'altra, alla prevenzione di gravi episodi di recidiva assicurando, così, l'efficacia delle misure di protezione già previste dall'ordinamento italiano;
   nello specifico l'articolo 64, comma 3 della legge spagnola del 2004 prevede che, nel disporre le precedenti misure di tutela, il giudice possa autorizzare l'utilizzo degli strumenti e della tecnologia adeguata per verificare nell'immediato il rispetto dell'ordinanza restrittiva;
   in attuazione della disposizione sopra citata, nel 2006 è stata avviata una prima sperimentazione dei braccialetti elettronici come ulteriore supporto tecnologico al programma di prevenzione della violenza domestica, presso la comunità autonoma di Madrid. Dopo un'iniziale diffidenza dei giudici, l'utilizzo dei dispositivi è significativamente cresciuto fino a raggiungere la quota di 180 coppie monitorate nel 2009 con il 100 per cento di successo nel tutelare le vittime da nuove violenze;
   la tecnologia per il controllo elettronico a distanza adottata in Spagna assicura il monitoraggio costante e in tempo reale (24 ore su 24, sette giorni su sette) della persona sottoposta a procedimento interdittivo, permettendo alle forze di polizia di localizzarne la posizione rispetto alla vittima e a una zona di sicurezza predefinita;
   dal 2009 sono stati confermati i successi della prima sperimentazione: nessuna delle vittime sottoposta a controllo elettronico è stata nuovamente oggetto di violenza ed i contatti tra vittima e aggressore sono stati ridotti notevolmente. Più dell'80 per cento degli aggressori/denunciati sono stati sottoposti al controllo elettronico a distanza come misura cautelare e più del 50 per cento degli aggressori sottoposti al programma hanno l'obbligo di stare a più di 2 chilometri dalla vittima. Il dato più importante mostra che dal 1o ottobre 2015 risultano attive ben 756 coppie di dispositivi tra vittima e aggressore e più di 500 aggressori, sottoposti al controllo elettronico, sono stati arrestati per non aver rispettato il divieto di avvicinamento e gli obblighi posti dai giudici –:
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di incentivare l'utilizzo di mezzi elettronici o altri strumenti tecnici (cosiddetti braccialetti elettronici) per prevenire e contrastare i fenomeni di atti persecutori e di violenza nei confronti delle donne, come dimostrano i dati riportati in premessa, che confermano come il ricorso ai sistemi di monitoraggio elettronico a distanza rappresentino anche un efficace strumento di controllo volto al miglioramento delle condizioni di vita e dei livelli di sicurezza delle vittime.
(3-01868)


   RAMPELLI, GIORGIA MELONI, CIRIELLI, LA RUSSA, MAIETTA, NASTRI, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in piazza Indipendenza a Roma l'ex palazzo della Federconsorzi, realizzato negli anni Cinquanta, grande oltre trentamila metri quadri e affittato dalla società SEA, da due anni è occupato da un gruppo di quattrocento immigrati di origine africana, principalmente provenienti dall'Eritrea e dall'Etiopia;
   l'edificio è sito in una zona assolutamente centrale della città, accanto al Consiglio superiore della magistratura e vicino alla stazione Termini, ad ambasciate e ministeri;
   le segnalazioni effettuate sinora dalla società locataria non hanno avuto seguito, mentre la società proprietaria si trova addirittura costretta ogni bimestre a pagare decine di migliaia di euro per la fornitura di energia elettrica ed acqua agli occupanti abusivi, perché altrimenti «si determinerebbe un problema di sicurezza»;
   l'edificio avrebbe dovuto essere oggetto di una riqualificazione interna al fine di ospitare centri direzionali di aziende italiane ed estere, ma il piano è fermo perché gli occupanti impediscono l'accesso all'edificio;
   solo nella capitale decine di altri immobili si trovano nella medesima situazione, soprattutto nei quartieri periferici;
   mancano meno di due settimane all'apertura del Giubileo straordinario della misericordia e l'allerta terrorismo è massima –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere in riferimento alla grave problematica degli immobili occupati abusivamente e al fine di garantire la sicurezza in città in vista dello svolgimento delle celebrazioni del Giubileo. (3-01869)

Interrogazione a risposta orale:


   SANTELLI e OCCHIUTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la provincia di Vibo Valentia è afflitta dalla presenza di ben 18 organizzazioni mafiose, che condizionano l'intero territorio con fenomeni di criminalità particolarmente rilevanti;
   dal 1o gennaio 2015 sono stati compiuti ben 11 atti intimidatori contro amministratori pubblici locali;
   sono state emesse, in conseguenza dei particolari rapporti che tali organizzazioni hanno creato con l'imprenditoria locale, ben 15 interdittive;
   sono stati sciolti ex articolo 143 del T.U.E.L. di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 15 comuni per mafia e rilasciate n. 510 comunicazioni antimafia ex articolo 87, n. 240 informazioni antimafia ex articolo 91, n. 64 iscrizioni «white list»;
   dalla relazione della direzione investigativa antimafia inviata al Ministero dell'interno, risulta che la provincia di Vibo subisce un forte condizionamento mafioso e che le articolazioni criminali più consistenti operano anche in altre regioni dell'Italia e dall'estero;
   nel territorio permane l'egemonia e l'operatività della cosca Limbadi, che mantiene posizioni di indiscusso prestigio, capace di dialogare con il mondo del commercio e della finanza e con taluni politici ed amministratori, tanto da poter incidere sull'economia locale con importanti investimenti — specie nel settore turistico lungo la costa vibonese —;
   da agosto 2014 a settembre 2015 si sono registrati nel porto di Vibo Marina 13 sbarchi di emigranti e sono stati movimentati 5935 migranti, di cui 370 minori non accompagnati, rimasti sul territorio a carico dei comuni interessati;
   a tutt'oggi, si registra una presenza giornaliera sul territorio di una media di 650 emigranti;
   tenuto conto delle caratteristiche del territorio, della criminalità, degli insediamenti produttivi, delle dinamiche socio-economiche e del fenomeno delle immigrazioni, la prefettura di Vibo Valentia costituisce, per l'opera finora svolta, un vero presidio di legalità, senza del quale la provincia di Vibo Valentia finirebbe per essere soffocata dalla molteplicità dei fenomeni sopra indicati;
   nel corso dell'assemblea dei sindaci tenutasi nel palazzo comunale di Vibo Valentia e nel corso della manifestazione tenutasi, in data 21 novembre 2015, per le strade della città — dove hanno partecipato insieme ai sindaci, pronti a dimettersi qualora il decreto venisse accolto, amministratori provinciali e regionali, rappresentanti sindacali, parlamentari, cittadini —, è emersa un'unitaria presa di posizione contro lo schema di decreto del Presidente della Repubblica di riorganizzazione del Ministero dell'interno, che prevede, tra l'altro, la soppressione del prefetto e l'accorpamento della prefettura di Vibo Valentia a quella di Catanzaro;
   l'intero territorio della provincia di Vibo Valentia ha sempre sollecitato e richiesto il rafforzamento dei presidi di sicurezza quali la prefettura, la questura, il comando provinciale dei carabinieri, ritenendo che fossero presidi necessari per assicurare una efficiente presenza dello Stato –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare:
    a) al fine di non sopprimere la prefettura, presidio di legalità fondamentale, così da rafforzare la presenza dello Stato sul tutto il territorio vibonese;
    b) affinché vengano rafforzati i presidi di sicurezza, questura-prefettura-comando provinciale dei carabinieri, e di tutte le forze di polizia presenti sul territorio. (3-01867)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
I Commissione:


   FIANO e FONTANELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 3 ottobre 2015 un avvocato pisano veniva aggredito e derubato da due persone mentre rientrava nella sua abitazione. Il 2 ottobre 2015 veniva aggredita e ferita una dottoressa dell'ospedale Santa Chiara mentre usciva dal lavoro. Mercoledì 28 ottobre 2015, nel quartiere pisano La Vettola, un idraulico veniva rapinato e picchiato da alcuni delinquenti;
   i tre eventi descritti seguono altri fenomeni di violenza accaduti dall'inizio dell'anno nella città di Pisa che hanno diffuso un forte stato di insicurezza e di allarme tra i cittadini;
   nell'interrogazione parlamentare del 5 agosto 2015 l'interrogante segnalava, oltre alla richiesta del comune di Pisa di essere messo nella condizione di attivare la procedura di assunzione di un dirigente alla guida della direzione sicurezza urbana – polizia municipale, la necessità, non più rinviabile, di un efficace e maggiore controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine per far fronte alle nuove emergenze che si sono determinate nella stessa città;
   il riassetto organizzativo della polizia di Stato, già ampiamente sottodimensionato, rischia di ridurre ulteriormente la presenza delle forze dell'ordine sul territorio pisano. Un territorio che vede la presenza di uno scalo aereo, di una stazione ferroviaria tra le più importanti della tratta tirrenica, di una base militare USA, di tre atenei universitari di fama internazionale e di un monumento come la torre pendente ritenuto da tempo obiettivo sensibile –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro in ordine alla situazione di insicurezza che vive la città di Pisa, considerati i continui episodi di criminalità verificatisi negli ultimi mesi e quali iniziative intenda adottare per garantire l'ordine pubblico e la sicurezza dei pisani;
   evitando che il processo di riorganizzazione degli uffici della polizia di Stato si declini in modo irrazionale penalizzando la città di Pisa che, invece, necessiterebbe del potenziamento del numero degli agenti della polizia di Stato operanti nella città.
(5-07093)


   NUTI, COLONNESE, FICO, D'UVA, DADONE, LUIGI DI MAIO, CECCONI, COZZOLINO, D'AMBROSIO, DIENI e TONINELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Nola ha affidato per anni e continua ad affidare, tramite gare d'appalto ovvero affidamenti diretti, la gestione delle aree comunali adibite a parcheggio a pagamento per auto motocicli e ciclomotori;
   da alcuni fatti di cronache, da quanto emerge da sentenze giudiziarie e rivelazioni di pentiti emergerebbe un quadro piuttosto complesso e a tratti non chiaro, special modo in relazione ai legami tra le società che hanno gestito le aree comunali adibite a parcheggio a pagamento a Nola e la criminalità organizzata di tipo mafioso;
   dalle sentenze a carico di Vincenzo Cavallaro e Giuseppe Iovino, risulta, infatti, che dal 2002 ai 2006 la gestione delle aree comunali adibite a parcheggio a pagamento per auto motocicli e ciclomotori del comune di Nola è stata affidata tramite gara d'appalto e successivamente tramite proroga alla società C.G.M. Gestione Servizi srl riconducibile al signor Vincenzo Cavallaro, legato tramite Giuseppe Iovino, al clan camorristico dei Russo;
   dal 2005 la gestione delle aree comunali adibite a parcheggio a pagamento è stata affidata alla società Terzo Millennio snc la quale avrebbe subito minacce di tipo mafioso da parte del clan Russo per conto di Vincenzo Cavallaro, al fine di ottenere la disdetta del contratto in essere con il comune di Nola a proprio vantaggio;
   solo poche settimane fa, da quanto emerge da una ordinanza della direzione distrettuale antimafia di Napoli che ha portato all'arresto di 9 persone legate al clan Di Domenico, l'imprenditore che ha gestito direttamente i parcheggia pagamento dal 2002 al 2005 ha confessato di aver assunto una persona su indicazione del clan Russo a cui pagava una tangente tra i 1.500 e 1.000 euro al mese mentre ammontava a circa 1.000 euro al mese la tangente che veniva pagata al clan Di Domenico;
   successivamente, dal settembre 2011 ad oggi il servizio è stato affidato, inizialmente tramite un primo affidamento temporaneo semestrale e tramite continue proroghe alla società AM Parking il proprietario, il signor Salvatore Musella avrebbe utilizzato la propria società per reinvestire somme derivanti dalle attività delittuose dei clan camorristico Contini per questo motivo la società e stata sequestrata nel gennaio 2014 ed ha svolto in proroga e sotto amministrazione giudiziaria, la gestione delle aree comunali adibite a parcheggio;
   dopo le proroghe all'AM Parking sotto amministrazione giudiziaria, la gestione delle aree comunali adibite a parcheggio a pagamento e stata affidata il 1o ottobre 2014 al consorzio Atena con un contratto triennale, la quale e stata accusata di esercitare la gestione in maniera non corretta per tale ragione è stata richiesta la risoluzione del contratto;
   a Nola come riportano numerosi organi d'informazione, è molto diffuso il fenomeno dei parcheggiatori abusivi, in special modo nei periodi in cui la gestione del servizio non è risultata affidata ad alcun soggetto e soprattutto durante il periodo estivo e in particolar modo durante la festa dei Gigli che si tiene nella seconda metà di giugno di ogni anno, i quali sono notoriamente legati alla criminalità organizzata;
   un'altra società, che gestiva servizi per il comune era stata oggetto di presunte infiltrazioni mafiose la società School Bus con sede ad Afragola solo un mese dopo il sequestro avvenuto a gennaio 2014 dell'AM Parking, ha infatti ricevuto un'interdittiva antimafia «per tentativi di infiltrazione mafiosa da parte della criminalità organizzata tendenti a condizionare le attività della società» ed il comune ha dovuto provvedere alla revoca del contratto in essere con tale società; nel luglio dello stesso anno l'interdittiva è stata poi revocata;
   l'amministrazione comunale di Nola, inoltre, negli ultimi anni ha evidenziato una gestione finanziaria poco oculata, tant’è che la Corte dei conti chiese chiarimenti nel luglio 2012 all'amministrazione del comune di Nola in merito al rendiconto 2010 e al bilancio di previsione 2011, in quanto il comune si trovava in una situazione di deficit strutturale, con il rischio, secondo gli interroganti, che si possa concretizzare a breve uno stato di dissesto finanziario;
   nel gennaio 2011 sono stati arrestati alcuni imprenditori operanti nell'area nolana e un funzionario degli uffici giudiziari di Nola il quale aveva agevolato due aziende nell'assegnazione di contratti di lavoro per conto nel comune di Nola e utilizzava, talvolta, il personale in servizio all'amministrazione comunale presso gli uffici giudiziari, anche in straordinario, per lavori nella sua abitazione o in altri edifici;
   recentemente, un'altra indagine giudiziaria riguardante il comune di Nola ha destato grande scalpore nell'opinione pubblica, riguardante falsi mandati di pagamento ai danni dell'amministrazione che ha portato all'arresto, nel novembre del 2013 di tre funzionari del comune medesimo e di un imprenditore locale, i quali avrebbero sottratto alle casse comunali più di 1,3 milioni di euro: due dei tre funzionari sono stati successivamente condannati in primo grado mentre è ancora in corso il procedimento a carico dell'imprenditore;
   il comune di Nola è attualmente amministrato dalla giunta guidata dal sindaco Geremia Biancardi il quale ha vinto le elezioni comunali a capo di una coalizione di centro destra, mentre alle elezioni comunali tenutesi del 2014 ha ottenuto quasi il 44 per cento dei voti al primo turno, vincendo successivamente al ballottaggio;
   nel marzo del 2015 Gianpaolo De Angelis, assessore con delega all'urbanistica e ai trasporti al comune di Nola, è stato arrestato con l'accusa di associazione criminale di tipo mafioso, poiché, a quanto emerso dalle indagini, avrebbe svolto dal 2006 al 2011 il ruolo di prestanome consapevole e compiacente del clan camorristico dei Fabbrocino, molto influente nell'area nolana, nella società GIFRA srl, contemporaneamente, le forze dell'ordine hanno perquisito alcuni uffici del comune medesimo;
   secondo quanto emerso dall'ordinanza di arresto su richiamata, N. G.I.P. 8674/14 del tribunale di Napoli ufficio per le indagini preliminari, Gianpaolo De Angelis avrebbe avuto ulteriori stretti rapporti imprenditoriali con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata mafiosa sanciti da alcune indagini delle forze dell'ordine: in particolare, nell'ambito di un procedimento penale risalente al 2003 (p.p. 26026/03 RGNR), emergevano rapporti imprenditoriali economici e finanziari con i fratelli Pacia, contigui al clan Cava, altro clan influente nel nolano; nell'ambito del medesimo procedimento, è emerso che De Angelis era stato socio di maggioranza della M.A.D. srl, in società con Aniello Nicola Maria Rosa Mari, amministratore unico della suddetta società e membro del clan Cava; inoltre, come si rileva dalla sentenza n.2580/08 Reg. Sent. del tribunale di Napoli, De Angelis avrebbe avuto partecipazioni nella Pharma Building srl, assieme a Antonio Muzio, soggetto fiduciario del boss Marcello Di Domenico e favoreggiatore della sua latitanza;
   secondo fonte certificata CERVED, inoltre, Gianpaolo De Angelis sarebbe amministratore unico della società Progettazioni & Costruzioni srl in sigla PROGE. CO srl, nei confronti della quale e stata emessa in passato un'interdittiva antimafia da parte della Prefettura di Caserta (n. 1094/12b. 16/ANT del 20 dicembre 2011) e che risulterebbe attualmente essere società fornitrice della pubblica amministrazione;
   secondo gli interroganti, erano dunque noti i legami imprenditoriali tra De Angelis e la criminalità organizzata mafiosa locale al momento in cui è stato nominato assessore del comune di Nola;
   si rammenta che la pubblica amministrazione ha il compito di assicurare il buon andamento delle gare d'appalto e degli affidamenti diretti che compie, ivi inclusa la verifica dei requisiti dei soggetti aggiudicatori: a tal fine si evidenzia come l'espletamento delle gare d'appalto e l'affidamento diretto di servizi, così come la gestione contabile del comune, anche in relazione a quanto esposto in premessa e al di fuori di ogni ragionevole dubbio, secondo gli interroganti, mostrano caratteristiche tali almeno da essere suscettibili di verifiche da parte delle autorità competenti;
   la gravità delle infiltrazioni camorristiche nell'area nolana è stata attestata più volte nel corso degli ultimi anni dalla Commissione Parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e dalla Commissione Parlamentare d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, e, non da ultimo, da varie inchieste giudiziarie, Nola, si trova infatti all'interno della cosiddetta Terra dei Fuochi;
   Marcello Di Domenico e Salvatore De Martino, collaboratori di giustizia, in precedenza a capo del clan di camorra Di Domenico molto attivo nell'area nolana hanno rivelato la presenza di pesanti infiltrazioni e commistioni tra criminalità organizzata di tipo mafioso e le istituzioni locali dell'area nolana; le loro testimonianze, a riprova della loro credibilità, hanno già consentito alle forze dell'ordine l'arresto di numerosi esponenti della criminalità mafiosa locale;
   ad avviso degli interroganti, vista la gravità delle infiltrazioni mafiose nell'area nolana e poiché emergono da quanto esposto collusioni tra vincitori di alcuni appalti e affidamenti diretti di servizi da parte del comune di Nola e alcuni clan camorristici, tale verifica dovrebbe inoltre accertare presunte infiltrazioni mafiose all'interno dell'amministrazione comunale di Nola –:
   se non ritenga considerarsi i fatti e gli atti esposti in premessa, di attivare la procedura di cui agli articoli 143 del testo unico sugli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 al fine di procedere, ove ne ricorrano i presupposti, allo scioglimento dell'ente. (5-07094)


   GELMINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   presso l'Expo Milano 2015, dal 30 aprile 2015 al 30 ottobre 2015, sono stati impiegati circa 2.400 militari, che secondo quanto riportato dal sito del Ministero della difesa circa 1800 sono stati utilizzati a garanzia della sicurezza dell'evento e 600 per l'operazione «Strade Sicure»;
   a seguito dei fatti di Parigi, il Federal Bureau of Investigation (FBI) ha inviato un'informativa ai servizi segreti italiani specificando di aver ricevuto informazioni riguardanti piani di attacco anche per la città di Milano e nello specifico per alcuni luoghi altamente sensibili quali il Duomo di Milano e il Teatro la Scala;
   negli ultimi giorni anche nella città di Milano si sono verificati numerosi falsi allarmi di attentati terroristici. Infatti, è stata chiusa la stazione Duomo della metro gialla di Milano per una valigia sospetta abbandonata su una banchina; un simile allarme è scattato per un trolley abbandonato all'altezza di Porta Romana e per un pacco sospetto di fronte all'edificio del consolato degli USA. Inoltre, nella giornata del 22 novembre 2015 è stato annullato un concerto presso l'edificio Alcatraz di Milano per sospetti attacchi terroristici;
   i fatti sopra riportati mostrano come gli organici di polizia e carabinieri, attualmente in servizio, siano assolutamente inadeguati nel poter garantire una piena sicurezza e una completa gestione dei possibili rischi;
   sembra opportuno prevedere che le forze dell'Esercito italiano dispiegate per garantire la sicurezza di Expo continuino a svolgere i propri compiti in Lombardia al fine di coadiuvare l'attività di carabinieri e polizia già in servizio, sollevando le stesse dai compiti di vigilanza fissa, presidio di obiettivi sensibili e altri compiti di routine;
   la regione Lombardia dopo la tragica aggressione del mese di maggio 2015 al capo treno in servizio a Villapizzone e quelle che l'interrogante giudica le mancate risposte del Governo in tema di sicurezza, ha stanziato circa 7 milioni di euro per finanziare il «Security Team» di Trenord. Nello specifico, ad un gruppo di 150 vigilanti è stato affidato il compito di presidiare i treni e le stazioni della Lombardia in modo da accrescere il livello di sicurezza percepita dai pendolari –:
   se il Ministro interrogato intenda fornire informazioni, riguardo al collocamento dei militari utilizzati come presidio per Expo e quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di mantenere l'intero contingente, o almeno parte di esso, per garantire la sicurezza dei cittadini alla luce delle ultime minacce terroristiche. (5-07095)


   INVERNIZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la lettura in combinato disposto delle norme che sono intervenute a ridisegnare le competenze, le funzioni e il ruolo degli enti locali, delle province e delle città metropolitane ha creato un vuoto normativo a giudizio dell'interrogante in merito ai soggetti legittimati ad autenticare la documentazione in materia elettorale;
   le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 aprile 1993, n. 132, articolo 2, prevedono che le liste per le elezioni amministrative possano essere contraddistinte con la denominazione ed il simbolo di un partito o di un gruppo politico. La validità della documentazione deve essere certificata con autenticazione del notaio. Non e chiaro se i duplicati dei documenti per essere presentati nei comuni interessati dalla tornata elettorale possano essere autenticati anche dai segretari comunali –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative ove ne sussistano i presupposti con apposita circolare, per interpretare le norme in vigore al fine di chiarire se anche consiglieri delle città metropolitane possano essere, al pari dei consiglieri provinciali, autorizzati alle autenticazioni in materia elettorale e se, ai sensi del disposto di cui all'articolo 2,decreto del Presidente della Repubblica 132 del 1993, anche i segretari comunali delle amministrazioni non interessate dalle competizioni elettorali possano certificare l'autenticità del documento. (5-07096)


   PINNA e GALGANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   già da qualche anno, episodi legati a ’ndrangheta e camorra si legano a doppio filo con il territorio umbro: l'ultima denuncia rappresenta l'ennesima conferma della presenza sempre più forte delle cosche nella regione;
   protagonista della vicenda è Michele Inserra (giornalista del Quotidiano del Sud e autore di importanti servizi per il programma «Storie vere» di Rai Uno) che, nel mese di marzo 2015, ha subito minacce e pesanti intimidazioni a Terni;
   Inserra (che, nel frattempo, ha presentato su quanto accaduto un esposto alla procura di Reggio Calabria che potrebbe aver poi trasmesso il fascicolo a quella ternana) si trovava in Umbria, dove stava effettuando una inchiesta sulla ’ndrangheta nei pressi dell'abitazione di una famiglia calabrese che vive nella provincia suddetta;
   la sua presenza non è stata assolutamente gradita: il giornalista è stato infatti invitato ad andare via «con minacce tangibili, intimidazioni, gesti abbastanza chiari e parole inequivocabili» pronunciate «da un uomo appartenente ad una nota famiglia di ’ndrangheta» di Reggio Calabria residente nella città umbra, dove è stato arrestato anche un altro famoso ’ndranghentista, Carmelo Gallico, noto come «il poeta» a capo, (secondo alcune sentenze) della omonima cosca di Palmi;
   Inserra si è occupato per anni di camorra, prima di dedicarsi ai fatti di ‘ndrangheta. Eppure, gli episodi recenti che hanno riguardato l'Umbria (a Temi, in particolare, l'arresto di un dipendente pubblico in odore di camorra e lo smantellamento di un centro odontoiatrico considerato dagli inquirenti un'attività per il riciclaggio di denaro sporco della ’ndrangheta) sembrano aver lasciato sorpreso anche lui;
   i tentacoli delle organizzazioni mafiose sempre più spesso si allungano verso la regione: il fenomeno è impressionante, tenuto conto che il Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri ha arrestato negli ultimi nove anni qualcosa come 400 persone coinvolte in traffici di droga che transitavano su Perugia;
   l'allarme è suonato quindi da un pezzo e il problema risulta conosciuto, come del resto ha spiegato nei mesi scorsi (durante la presentazione del rapporto antimafia presentato a Tuono sul Trasimeno) Salvatore Calleri, presidente della fondazione Antonino Caponnetto, mettendo in guardia le istituzioni su una situazione nel complesso «sottostimata»;
   secondo il rapporto, in Umbria sono presenti gruppi camorristici (come il clan Di Caterino, Ucciero, Schiavone, Terracciano, Gallo, Magliulo, Fabbrocino),’ndranghetisti (come il clan Pollino, Mancurso, Molè, Bellocco, Farao Marincola, Morabito), nonché mafiosi come Carini e Palermo;
   sono stati rilevati anche gruppi laziali di «mafia capitale», gruppo della Magliana, Sacra Corona unita e gruppi stranieri di albanesi, colombiani, nigeriani, rumeni, nordafricani e cinesi;
   Calleri ha spiegato che, sempre più spesso l'Umbria viene scelta da sodalizi mafiosi (il cui fatturato è stimabile tra i 2 e i 3 miliardi di euro) in cerca di «tranquillità», che sul territorio riescono più facilmente nelle svolgimento di attività criminose, tenuto conto, inoltre, che la crisi economica (e la conseguente perdita di posti di lavoro) che attanaglia ormai da svariati anni la regione non incoraggia certo un clima di legalità, favorendo il radicarsi dei fenomeni mafiosi –:
   se non intenda approfondire quanto denunciato in premessa, nonché adottare, per quanto di competenza, rapide ed efficaci iniziative al riguardo, al fine di evitare che in Umbria continuino a proliferare le attività portate avanti dalle organizzazioni criminali. (5-07097)


   PLANGGER, MARGUERETTAZ, ALFREIDER, GEBHARD, SCHULLIAN e OTTOBRE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 17 giugno 2015 i presidenti di regioni e province autonome hanno partecipato ad una riunione della cabina di regia per l'esame delle problematiche relative al sistema di accoglienza migranti; in quella sede il prefetto capo dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione affermò di aver individuato nella struttura denominata «Ex Hotel Lanterna», sita nel comune di Saint-Pierre, una collocazione utile per i richiedenti asilo ospitati in Valle d'Aosta;
   in quella stessa data, il presidente della regione autonoma Valle d'Aosta fece presente che l'immobile individuato, la cui proprietà è, tra l'altro, oggetto di contenzioso tra la regione ed il Ministero, non era assolutamente idoneo all'accoglienza di persone, perché in condizioni estremamente degradate;
   in data 22 giugno 2015 il presidente della regione Valle d'Aosta scriveva al capo dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione (Prot. n. 5065/GAB PREF) per ribadire l'inadeguatezza della struttura ex Hotel Lanterna, ad accogliere delle persone e per rappresentare, parallelamente, l'esigenza che la presidenza della regione e il sindaco di Saint-Pierre fossero informati di ogni eventuale iniziativa, nonché coinvolti nel suo seguito e nei sopralluoghi eventuali, assicurando, al contempo, la totale collaborazione;
   tale lettera è ancora oggi in attesa di risposta mentre, in date. 6 ottobre 2015, veniva inviata ai prefetti – quindi anche al presidente della regione nell'esercizio delle funzioni prefettizie attribuitegli dall'ordinamento costituzionale – una nota (la n. 14106), da parte del capo dipartimento, dalla quale si evinceva che la struttura «ex Hotel Lanterna» di Saint-Pierre era stata inserita tra gli hub regionali, nel quadro della roadmap presentata dall'Italia alla Comunità europea per l'accoglienza dei migranti;
   nell'allegato 3 alla suddetta nota, veniva data una tempistica di utilizzo della struttura ex Hotel Lanterna, per l'accoglienza di 250 richiedenti asilo, ricadente nel primo semestre del 2016;
   il presidente della regione Valle d'Aosta, con nota Prot. n. 8198/GAB PREF del 16 ottobre 2015, ha rappresentato al capo dipartimento tutta la sua perplessità e il disappunto, in particolare constatando che, malgrado la disponibilità offerta, il dipartimento non avesse interloquito con gli enti direttamente coinvolti e diffidando il Ministero a voler intraprendere qualsivoglia ulteriore iniziativa sull'immobile in questione;
   il tribunale di Torino, in data 29 settembre 2014, con sentenza di primo grado ora appellata, aveva dichiarato la regione autonoma Valle d'Aosta proprietaria del complesso immobiliare «Ex Hotel Lanterna», condannando il Ministero dell'interno al rilascio di tale bene, libero da persone e cose, in favore della regione stessa;
   agli interroganti, oltre a quanto su scritto, sorgono anche una perplessità ed una preoccupazione sul materiale prodotto al Presidente del Consiglio dei ministri per illustrare la roadmap per l'accoglienza dei migranti alla Commissione europea, in quanto la struttura individuata nella regione Valle d'Aosta, stante a quanto di conoscenza dell'interrogante, non potrebbe comunque, sia per il contenzioso in essere con la regione, sia per il degrado dell'immobile, essere usufruibile nel primo semestre del prossimo anno e questa situazione lederebbe la credibilità dei nostri intenti in sede europea –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritenga opportuno verificare la situazione con gli uffici preposti, promuovendo una loro maggiore collaborazione con la regione autonoma Valle d'Aosta e se intenda, e con quali eventuali azioni e investimenti, proseguire sulla scelta di inserire l'ex hotel Lanterna tra gli hub regionali, non considerando invece più opportuno rivedere la decisione assunta, la cui realizzazione, soprattutto nei tempi indicati alla Commissione europea, appare, fortemente improbabile. (5-07098)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel corso della notte tra il 19 e il 20 novembre 2015 sono state incendiate due automobili di proprietà di Luigi Mastino sindaco del comune di Bosa in provincia di Oristano;
   si tratta di un ennesimo episodio di intimidazione, fatti purtroppo sempre più frequenti, che interessa un amministratore locale;
   c’è inquietudine e preoccupazione per questa costante pericolosa avversione nei confronti di chi in territori complessi e con numerose emergenze rappresenta lo Stato;
   occorre una risposta adeguata che ribadisca la presenza forte delle istituzioni al fianco di chi quotidianamente vive queste minacce –:
   se il Governo sia a conoscenza di questo nuovo ulteriore episodio riportato in premessa e quali iniziative intenda adottare con la massima urgenza al fine di far sentire la sua vicinanza e prossimità agli amministratori locali e alle comunità interessate affinché non prevalga un pericolosissimo sentimento di rassegnazione. (5-07084)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le recenti affermazioni dopo gli attentati terroristici in Francia ventilano di possibili attentati terroristici chimici e batteriologici;
   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco (Cnvvf), riferimento operativo indiscusso sul nucleare, biologico, chimico e radiologico (Nbcr), e per questo basti pensare agli innumerevoli interventi di questi giorni per valigie, pacchi e buste sospette, ha a disposizione per intervenire mezzi, attrezzature e dispositivi di protezione individuale datati da circa 15 anni;
   in un comunicato del segretario generale della Federazione nazionale Confsal vigili del fuoco Franco Giancarlo, però, tutto è fermo a dopo l'attentato dell'11 settembre 2001;
   sempre secondo Franco Giancarlo, dopo il via libera dell'Unione europea alla legge di stabilità, è quanto mai opportuno, oltreché necessario, che il Corpo nazionale dei vigili del fuoco sia dotato di risorse strumentali e organiche proprio per poter garantire quella sicurezza che tutti auspicano, in eventuali scenari terroristici che dovessero verificarsi. Ci si chiede, se non il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, con i suoi nuclei Nbcr, verrà chiamato in caso di eventi del genere a intervenire per mettere in sicurezza situazioni che altrimenti potrebbero divenire incontrollabili, chi, dello Stato, ha tra i compiti anche il soccorso pubblico e la difesa civile. Certamente i vigili del fuoco;
   per fare ciò è prioritario e indispensabile un investimento urgente per attrezzature e uomini, oltre che per il riordino di specificità e per il relativo ordinamento e, per questo, è necessario un investimento di almeno 100 milioni di euro. Tali risorse, a giudizio del segretario generale della Confsal vigili del fuoco e dell'interrogante, sono necessarie per il contrasto del rischio Nbcr e il miglioramento della qualità dei servizi di soccorso dei vigili del fuoco, oltre che per il corretto ordinamento del personale, funzionale alla sicurezza dei cittadini;
   garantire la sicurezza dei propri cittadini è un dovere dello Stato, che viene esplicitato attraverso le sue migliori articolazioni, tra cui i vigili del fuoco, con nuove risorse e nuovi organici necessari per un rafforzamento della prevenzione anti-terrorismo;
   a ciò si aggiunge il progressivo invecchiamento del personale che, proprio in funzione dell'affaticamento cagionato dall'eccessivo carico di lavoro e, dal mancato riconoscimento di misure a tutela della categoria determina il ricorso alle commissioni mediche ospedaliere per il riconoscimento dell'idoneità parziale al servizio di soccorso;
   ad una veloce ed articolata ricognizione sul territorio, compiuta sempre dalla Confsal vigili del fuoco per acquisire dati su quale fosse il coinvolgimento delle strutture del Corpo nel dispositivo potenziato per l'ordine e la sicurezza pubblica si è appreso che, solo in rarissimi casi, c’è stato il coinvolgimento nell'ambito del Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, presieduto dal prefetto;
   se ne deduce, pertanto, che non è stata ravvisata la necessità e nemmeno l'opportunità di convocare i comandanti provinciali, in qualità di responsabili provinciali del dispositivo di soccorso pubblico;
   di tal guisa che la risposta da parte dei vigili del fuoco in caso di attentati non potrà avvenire che attraverso il dispositivo ordinario, non essendo stata prevista, né pianificata alcuna risorsa integrativa, sia in termini di risorse umane che di mezzi;
   a giudizio dell'interrogante e della Confsal vigili del fuoco, una tale dimenticanza è clamorosa, oltre che grave;
   opporre una norma antiquata, che omette ma non esclude la partecipazione del comandante provinciale nei Comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza, per giustificare la mancata convocazione è secondo l'interrogante inopportuno oltre che pericoloso per la sicurezza della cittadinanza;
   se anche al Ministero dell'interno non si è ravvisata la necessità della convocazione dei vigili del fuoco vuol dire che: o non c’è la necessità di un intervento straordinario o i vigili del fuoco sono già «straordinari» e che non serve nessun dispositivo o pianificazione particolare;
   nelle more della modifica della normativa di cui sopra, a giudizio dell'interrogante e della Confsal vigili del fuoco, il Ministro interrogato dovrebbe sensibilizzare in tal senso le prefetture, attraverso una chiara e inequivocabile disposizione affinché al centro ci sia sempre il cittadino e la sua sicurezza e tutti gli attori siano coinvolti per cercare di garantirla. E tra questi, si è certi e gli italiani lo sanno, ci sono i vigili del fuoco –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-11259)


   VEZZALI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   gli attentati terroristici di matrice fondamentalista islamica, dall'attacco al Museo Nazionale del Bardo di Tunisi del 18 marzo 2015 e quelli più recenti di Bamako e di Parigi hanno indotto il Governo a riconfigurare l'intera pianificazione dei servizi di ordine e sicurezza pubblica e la gestione integrata delle emergenze;
   la sfida di Daesh è divenuta molto più insidiosa di quelle del passato per una molteplicità di motivazioni, quali: la disponibilità di ingenti risorse finanziarie, la capacità di attrazione di numerosi combattenti stranieri dall'esterno, la globalità e la diffusività della minaccia jihadista, capace di mimetizzarsi abilmente nelle società europee, eludendo controlli e verifiche di polizia;
   la risposta da parte del sistema di sicurezza italiano è stata immediata sia in termini di unità impiegate sul territorio (anche grazie all'utilizzazione di aliquote delle Forze armate) che di attività info-investigative e di intelligence e si sta via via perfezionando nella sua pianificazione anche in funzione dell'innalzamento del livello di allerta al grado 2, corrispondente a quello di rischio elevato;
   la governance centrale di questo complessivo dispositivo di prevenzione è assicurata dal dipartimento della pubblica sicurezza ed ha fondamentalmente il compito di delineare e aggiornare costantemente gli scenari di rischio;
   l'esperienza italiana in tema di intelligence è una delle più avanzate del mondo ed è incarnata dal Comitato di analisi strategica antiterrorismo che siede presso il dipartimento della pubblica sicurezza, ove affluiscono, con metodica frequenza, notizie, informazioni ed eventuali alert;
   sebbene le forze mobilitate dal Governo siano imponenti per unità di uomini sul campo, strumenti, mezzi operativi, tecnologie, appropriatezza, sinergie, collegialità e coordinamento, non può tuttavia essere garantito il livello zero di rischio, come ha riconosciuto il Ministro dell'interno Alfano nell'informativa urgente in Parlamento il 16 novembre 2015;
   tale circostanza – evidenziata anche dalla tragica sequenza di morte degli attacchi di Tunisi, Parigi e Bamako — dipende soprattutto dall'apparente casualità degli obiettivi prescelti dai terroristi: una molteplicità di «soft target», luoghi di aggregazione comune destinati, in varia forma, allo svago e al divertimento, quali bar, ristoranti, stadi e altri luoghi di aggregazione sportiva, sale concerti, cinema, teatri e così via;
   questo aspetto rappresenta una delle principali insidie della sfida di Daesh, non più limitata ai siti istituzionali convenzionali politici e religiosi, ma indirizzata contro i luoghi della quotidianità e gli spazi condivisi di socializzazione e di aggregazione culturale e sportiva;
   gli istituti scolastici, le università ed i musei appaiono quindi un segmento particolarmente sensibile ed esposto alla potenziale minaccia terroristica;
   il «piano sicurezza» annunciato dal prefetto di Roma Franco Gabrielli) nell'ambito del Giubileo, ha infatti incluso le scuole, le università ed i musei della Capitale nei cosiddetti luoghi di aggregazione definiti come obiettivi sensibili –:
   se, nell'ambito dell'aggiornamento del quadro di analisi degli obiettivi sensibili per adeguare le misure di vigilanza ed i piani provinciali antiterrorismo e di emergenza alle diverse condizioni di rischio, non si ritenga di assumere iniziative per rafforzare ulteriormente i dispositivi di sicurezza degli istituti scolastici e delle università, non solo attraverso un maggiore pattugliamento delle forze dell'ordine, ma anche mediante una implementazione delle cosiddette difese passive (allarmi, videosorveglianza e vigilanza privata). (4-11266)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   è ormai accertato che diversi componenti del commando del Daesh entrato in azione a Parigi il 13 novembre 2015 si sono mossi attraverso numerosi Paesi dell'Unione europea;
   almeno due elementi risultano essere sbarcati in Grecia ed aver attraversato longitudinalmente il territorio del nostro Paese;
   la direttrice Patrasso-Bari è in effetti percorsa frequentemente ed in entrambi i sensi dai jihadisti, che fanno la spola tra l'Europa ed il fronte siriano;
   tra i due transitati in Italia figura proprio il più ricercato, Salah Abdelsalam, che sarebbe passato anche attraverso Como insieme a Ahmad Dahmani, arrestato sabato 21 novembre in Turchia;
   del passaggio di Abdelsalam a Como è rimasta la traccia lasciata dalla sua carta di credito, utilizzata ad una pompa di benzina –:
   se, alla luce dei fatti generalizzati nelle premessa, il Governo non ritenga di dover monitorare con maggiore attenzione il territorio comasco, sia perché critico snodo delle rotte percorse dai jihadisti dell'Isis per colpire il cuore dell'Europa, sia perché comunque sede di una rilevante presenza di immigrati di religione musulmana, tra i quali, a giudizio dell'interrogante, risulta meno difficile trovare coperture in caso di necessità. (4-11269)


   CATANOSO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   pochi giorni fa, come riportano numerose agenzie di stampa e molti quotidiani, all'interno di un velivolo di Alitalia in partenza dall'aeroporto «Filippo Eredia» di Catania è stata rinvenuta la scritta «Allah Akbar»;
   a seguito della segnalazione da parte del pilota del velivolo, sono state avviate delle verifiche più approfondite sul velivolo e su tutti gli altri presenti nello scalo aeroportuale e sono state rinvenute altre scritte su altri due velivoli;
   non si è ancora appurato in quale aeroporto si è imbarcato il soggetto, o i soggetti, che hanno compiuto questo gesto, ma rimane la gravità e la serietà del fatto in sé su cui non si dovrebbe soprassedere né minimizzare;
   dopo i fatti di Parigi e gli altri attentati nel Medio oriente, non si può tollerare che il sistema di sicurezza italiano possa avere delle inefficienze o possa essere gestito senza adeguate capacità e competenze;
   a giudizio dell'interrogante, il personale a disposizione di tutti gli enti e aziende preposti alla sicurezza e alle varie competenze aeroportuali devono essere formati, addestrati e preparati alle peggiori evenienze e, nell'eventualità che siano inadeguati al ruolo ed al servizio che ricoprono, allontanati;
   è alta la sensazione di superficialità generalizzata che coglie i normali passeggeri al transito nello scalo catanese come in tutti gli altri scali aeroportuali, per limitarsi a solo trasporto aereo;
   in capo alla società di gestione aeroportuale, titolare della concessione totale da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, v’è l'obbligo e l'onere di informare, formare, addestrare e preparare il proprio personale e assicurarsi che anche tutti gli altri operatori aeroportuali, a qualunque titolo presenti a Fontanarossa, facciano lo stesso con il proprio personale;
   anche il personale della polizia di frontiera e tutti gli operatori delle forze dell'ordine a qualunque titolo presenti nello scalo dovrebbero essere informati, formati, addestrati e preparati per tali sciagurate evenienze ed anche, a giudizio dell'interrogante, in tempi brevi –:
   quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-11270)


   FAVA e COSTANTINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito di un'indagine del Gruppo di investigazione della criminalità organizzata di Roma su Vincenzo De Angelis, soggetto contiguo alla banda della Magliana, veniva emessa dal giudice per le indagini preliminari di Roma, Giacomo Ebner, una misura cautelare a carico dello stesso De Angelis e di altre persone accusate di associazione a delinquere finalizzate alla truffa;
   gli stessi, secondo quanto emerso dall'inchiesta, avevano organizzato una serie di partite a poker truccate nel corso delle quali il consigliere comunale di Ardea Franco Marcucci aveva perso 107.000 euro;
   come attestano i rapporti sugli amministratori sotto tiro di Avviso Pubblico del 2013 e 2014 (www.avvisopubblico.it) e numerosi atti ispettivi (Interrogazione a risposta orale 3-00547 del 14 gennaio 2014, seduta n. 151 firmata anche dallo scrivente) già depositati, il comune di Ardea, da tempo è al centro di gravissimi attentati ed intimidazioni ai danni di consiglieri comunali ed amministratori locali;
   nel gennaio del 2009 e nel gennaio 2014 due autovetture del consigliere Marcucci sono state distrutte da incendi dolosi;
   nel territorio di Ardea, da molti anni, si verificano gravi attentati intimidatori; in particolare si segnala che:
    tra il 2009 e il 2010 venivano compiute numerose intimidazioni ai danni dei consiglieri del Popolo delle libertà Franco Marcucci e Nicola Tedesco nonché nei confronti del bar ristorante «B Palace»;
    nella notte tra il 6 e il 7 ottobre 2012 un grave incendio distruggeva l'ufficio tecnico comunale;
    il 10 luglio 2013 la vettura del giornalista Luigi Centore di Ardea subiva un grave incendio doloso (si tratta del secondo episodio intimidatorio nei suoi confronti);
    secondo quanto apparso dalla stampa, nelle settimane precedenti venivano incendiate altresì le auto del sindaco di Ardea, Luca Fiori, e del consigliere del Popolo delle libertà Marcucci; nella notte del 15 luglio 2013, due autovetture di parenti del giornalista Luigi Centore sono state oggetto di incendi dolosi da parte di ignoti;
    nell'ottobre 2013 veniva colpita da un nuovo attentato incendiario l'auto del presidente del consiglio comunale di Ardea e l'auto dell'ex comandante della stazione dei Carabinieri di Tor San Lorenzo, Giustini;
   nel dicembre 2013 il consigliere del Pd Abate riceveva una lettera minatoria che lo invitava a dimettersi;
    nel febbraio del 2014 veniva compiuto un attentato incendiario ai danni dell'attività commerciale del consigliere comunale di maggioranza Fabrizio Aquarelli;
    nel marzo 2014 veniva incendiata l'auto dell'assessore pro tempore Nicola Petricca;
    tra il 24 luglio del 2014 e l'agosto del 2014 il sindaco di Ardea subiva due gravi intimidazioni, prima ignoti tentavano di incendiargli l'auto e successivamente, nel mese di luglio, veniva rinvenuta innanzi alla sua abitazione una carcassa di maiale; il prefetto di Roma Franco Gabrielli il 5 agosto del 2015 innanzi alla commissione parlamentare antimafia così riferiva: «Il settore più a rischio resta, comunque, quello dell'area pontina, in particolare dei comuni di Velletri, Nettuno, Anzio, Pomezia e Ardea, dove sono in corso importanti indagini nei riguardi di appartenenti alla ’ndrangheta e alla camorra, che si sono stabiliti nella zona attirati dalle opportunità che quei territori offrono per il traffico di stupefacenti» –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente di tali gravi fatti e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per contrastare il fenomeno delle infiltrazioni di stampo mafioso nel litorale laziale.
(4-11276)


   CATANOSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 13 novembre 2015, la Francia è stata nuovamente e duramente colpita da vili attacchi terroristici che hanno provocato numerose vittime civili e dimostrato che la sicurezza interna al proprio Paese non va mai sottovalutata e che non dovrebbe mai essere fattore di tagli di bilancio;
   la nostra Nazione, visto l'altissimo ruolo internazionale ricoperto ed il grande patrimonio storico e culturale che ha al suo interno, potrebbe essere tra le Nazioni europee messe sotto osservazione da tali vili assalitori;
   purtroppo, da anni, sul territorio italiano si riscontra sempre meno sicurezza, a causa di continui e costanti tagli di bilancio, che hanno ridotto gli organici delle forze di polizia, dedite alla sicurezza e dei vigili del fuoco, dediti al soccorso pubblico ed alla difesa civile al minimo;
   a breve avrà inizio il Giubileo straordinario indetto da Papa Francesco I, Giubileo che porterà uno straordinario afflusso di fedeli e pellegrini sul suolo della capitale. Straordinarie saranno le misure di sicurezza alle quali si farà ricorso ma che potrebbero, visto quanto accaduto di recente sul suolo francese, essere non sufficienti;
   da anni, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco vive in uno stato di costante e cronica carenza di personale, nonostante le assunzioni straordinarie effettuate;
   occupandosi di difesa civile, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco si occupa a 360o, della sicurezza interna non armata della Nazione;
   l'attuale carenza di organico è stata compensata con il solo anticipo del turn-over per sole 355 unità;
   le aspettative dei vigili del fuoco erano che vi fosse, da parte del Governo, lo stanziamento di ulteriori fondi per l'immissione in ruolo di ulteriore personale proveniente dalle graduatorie in corso di vigenza;
   a ciò si aggiunge che al personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, da anni, non viene rinnovato il contratto collettivo nazionale di lavoro –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato, anche in base a quanto accaduto di recente sul territorio francese, ai fini dello stanziamento di fondi extra per le assunzioni straordinarie di nuovo personale collocato all'interno delle graduatorie vigenti, nonché di fondi che consentano al personale già in servizio il giusto riconoscimento economico.
(4-11277)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CARRA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Gazzuolo in provincia di Mantova, viste le condizioni di criticità in cui versava l'istituto di scuola primaria di Belforte, ha proceduto prima dell'avvio dell'anno scolastico ad eseguire lavori che ne rendessero sicuro l'immobile, consentendo il regolare svolgimento delle lezioni;
   il suddetto intervento, di importo pari a 40 mila euro, è stato realizzato con urgenza a seguito di alcune perizie che individuavano la necessità di interventi di consolidamento del solaio tra il piano rialzato e il primo piano, oltre che ai soffitti di altri solai, al fine di garantire la pubblica incolumità;
   il comune pertanto non ha aspettato la pubblicazione dell'avviso ministeriale per accedere ai fondi, ma ha agito d'urgenza in modo da rendere sicuro l'edificio scolastico;
   il citato avviso ministeriale per il finanziamento di indagini diagnostiche da effettuare sui solai degli edifici scolastici è stato pubblicato ad ottobre 2015;
   il comune a seguito della pubblicazione dell'avviso ha inviato la richiesta per poter partecipare al bando nonostante le suddette indagini diagnostiche sull'edificio fossero state eseguite a luglio 2015;
   la risposta, a quanto risulta all'interrogante, è stata che come per tutte le procedure ad evidenza pubblica, il finanziamento può essere concesso solo per indagini diagnostiche affidate dopo la pubblicazione dell'avviso in questione;
   è evidente, a giudizio dell'interrogante, che si tratta di una rigidità davvero burocratica, anche perché in molti bandi c’è la possibilità di presentare progetti già eseguiti nei mesi appena precedenti la pubblicazione o in fase di esecuzione e non si comprendono le ragioni del diniego in un campo come quello dell'edilizia scolastica –:
   se il Ministro sia a conoscenza del caso riportato in premessa e se non intenda intervenire per consentire a comuni come quello di Gazzuolo, che hanno effettuato esami diagnostici e lavori all'esito degli stessi esami nell'imminenza della pubblicazione dell'avviso ministeriale, di poter partecipare al bando per l'assegnazione di contributi per i lavori effettuati. (5-07085)


   LUIGI GALLO, VACCA, BRESCIA, BASILIO, D'UVA e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in base a quanto previsto dall'articolo 1 del decreto ministeriale del primo aprile 2014, n. 235, in tema di aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento (GaE) per il personale docente ed educativo e trasferimento da una provincia all'altra, tutto il personale inserito a pieno titolo o con riserva nelle fasce I, II, III e aggiuntiva, anche detta fascia IV, ha potuto fare richiesta, entro e non oltre il 10 maggio 2014, di permanenza a pieno titolo o con riserva nelle graduatorie ad esaurimento oppure ha fatto domanda di trasferimento da una provincia ad un'altra;
   la richiesta di trasferimento in un'altra provincia che obbligatoriamente, pena l'esclusione dal concorso, ha potuto fare riferimento ad una e una sola provincia, ha comportato, automaticamente, la cancellazione da tutte le graduatorie della provincia di provenienza e il trasferimento nelle graduatorie della provincia di destinazione prescelta;
   una siffatta decisione è sembrata l'unica strada percorribile per tutto il personale in graduatoria nelle province in cui non sembrava profilarsi alcuna possibilità di trovare occupazione e che, quindi, nella speranza di poter iniziare a lavorare quam primum, ossia a settembre 2014, ha presentato domanda per una provincia spesso anche molto distante da quella di residenza;
   ciò nonostante, non tutti i docenti che hanno fatto richiesta di trasferimento sono riusciti ad ottenere un posto di lavoro immediato e solo al termine dell'aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento, tali docenti sono venuti a conoscenza delle proposte di immissione in ruolo di un numero considerevole di personale docente presentate dal Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi con il disegno di legge «La buona scuola», diventato poi legge 13 luglio 2015, n. 107, entrata in vigore il 16 luglio 2015;
   in base a quanto riportato in una lettera scritta da una docente pubblicata on-line in data 23 settembre 2015 sul sito www.orizzontescuola.it, si evince che tutti quei docenti che, nella speranza di poter lavorare prima possibile, avevano fatto richiesta di trasferimento in altra provincia hanno chiesto che fosse data loro la possibilità di aggiornare nuovamente le GaE e sostituire ex novo la provincia di destinazione mettendo quella di appartenenza, «visto che le regole erano cambiate dopo che i giochi erano già stati fatti»; a quanto pare, tuttavia, non è stata loro concessa tale possibilità;
   questi docenti, dunque, con l'entrata in vigore della succitata legge 13 luglio 2015, n. 107, sono rientrati nel piano di assunzioni che ha previsto quattro diverse fasi, conosciute come Fase 0, A, B e C;
   contrariamente a quanto si possa pensare intuitivamente, cioè che i docenti maggiormente penalizzati siano quelli assunti in fase B e C perché obbligati alla mobilità straordinaria su tutto il territorio nazionale, in base a quanto riportato in un articolo pubblicato sul sito www.gildavenezia.it il 9 ottobre 2015, appare chiaro che chi è stato assunto nelle fasi 0 e A sarà sottoposto ad una mobilità di tipo provinciale, quindi il docente dovrà fare domanda di trasferimento all'interno della provincia di nomina per ottenere la sede definitiva;
   dunque, tutti i docenti che hanno fatto richiesta di trasferimento per poter lavorare e che ora si ritrovano molto lontani da casa sono anche costretti a scegliere la sede definitiva nella provincia in cui si trovano, non scelta per un desiderio personale, ma solo per un bisogno, mentre i docenti rientrati nelle fasi B e C possono esprimere preferenze per ben 100 province, oltre a poter chiedere il trasferimento dopo solo un anno di servizio;
   chiaramente, tali disposizioni hanno determinato un forte sentimento di ingiustizia e parzialità nei confronti dei provvedimenti presi che sembrano non considerare minimamente tutto il personale docente che ora si ritrova in una siffatta situazione;
   proprio per tali motivi, nella succitata lettera pubblicata on-line viene espressa, a gran voce la richiesta a sindacati e forze politiche di avere rispetto dei diritti, a loro parere lesi e, quindi, di rimediare a ciò che è stato definito un «obbrobrio legislativo» correggendo il comma 108 dell'articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107, ed estendendo la mobilità straordinaria anche ai docenti delle fasi 0 ed A, «con priorità assoluta rispetto ai docenti delle fasi B e C, così come già concesso ai docenti immessi in ruolo entro l'a.s. 2014/2015»;
   in tale lettera, infine, viene fatto anche presente che, in caso contrario, i docenti delle fasi 0 e A ricorreranno alle vie legali «sollevando questione di legittimità costituzionale e cause di risarcimento danni», dato che col passare del tempo i posti ora disponibili per il trasferimento verranno ricoperti dai docenti immessi in ruolo in fase B e C o dai docenti immessi entro l'a.s. 14/15 –:
   con quali modalità e rispetto a quali contingenze il Ministro interrogato intenda intervenire in merito alla situazione espressa in premessa;
   se non ritenga doverosa ed appropriata un'iniziativa volta a chiarire ed allargare la mobilità straordinaria ai docenti immessi in ruolo in tutte le fasi del piano di assunzioni, salvaguardando i diritti dell'intero personale docente.
(5-07088)


   FRATOIANNI e PANNARALE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   a quanto si apprende da fonti di stampa, la dirigente scolastica Tina Gesmundo del liceo scientifico «Salvemini» di Bari, avrebbe inviato un messaggio agli alunni che bando partecipato al corteo studentesco previsto per il 17 novembre 2015, imponendo loro di presentarsi accompagnati dai genitori per il rientro a scuola, pena l'impossibilità di rientrare in classe;
   l'atto della dirigente pare agli interroganti non solo intimidatorio e repressivo di ogni forma di dissenso, ma anche in netto contrasto con la funzione sociale e costituzionale della scuola pubblica che dovrebbe garantire ad ogni studente una crescita consapevole e l'esercizio pieno della libertà e dell'autonomia di pensiero;
   giova ricordare che si tratta della stessa dirigente scolastica che ha sospeso le lezioni mattutine qualche settimana fa per la celebrazione di una messa nei locali della scuola, su cui è già stata presentata una interrogazione. In aggiunta, si ricorda anche che nello scorso anno scolastico, la dirigente ha ingaggiato un duro scontro con il responsabile degli studenti, comminandogli una sospensione di otto giorni e una denuncia per un tentativo di occupazione, nel pieno del dibattito sulla «buona scuola» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione esposta in premessa;
   se non ritenga lesivo della libertà degli studenti il comportamento adottato dalla preside e se non ritenga di dover avviare una ispezione per appurare i fatti, visti i reiterati episodi di scontro e di mancanza di dialogo da parte del dirigente scolastico. (5-07092)

Interrogazione a risposta scritta:


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   di recente a Travagliato (BS) è scoppiata l'ennesima polemica sui simboli religiosi; tutto è nato dal fatto che in una nota inviata dai rappresentanti dei genitori dei bambini che frequentano la scuola elementare del paese del seguente tenore: «Quest'anno Santa Lucia cade di domenica, quindi i festeggiamenti si possono fare in famiglia – si legge nella nota –. Le maestre chiedono il favore di non portare giochi o altro il lunedì successivo». «È una tradizione del nostro territorio – continua l'avviso –, e molte persone non vi partecipano per motivi culturali e religiosi. Quindi è preferibile non innescare nei bambini situazioni di gelosia o altro»;
   tanto è bastato per sollevare il caso sui social network e chiedere spiegazioni alla direzione scolastica;
   lo stesso sindaco di Travagliato ha chiesto ragguagli in quanto questa parrebbe essere stata un'iniziativa dei rappresentanti di classe; infatti, nei verbali istituzionali non ci sarebbe traccia;
   dalla stessa riunione sarebbero uscite diverse relazioni e una di queste riporta i riferimenti alla nostra cultura e alla nostra religione –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato al fine di stabilire in modo univoco, anche valutando la sussistenza dei presupposti per l'emanazione di apposite linee guida, l'esatto atteggiamento che gli insegnanti dovranno assumere nei confronti dei simboli della religione, a maggior ragione durante il periodo natalizio, al fine di non annichilire la religione cristiana in virtù di un'accampata difesa di valori altrui ai quali si è totalmente estranei. (4-11273)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BECHIS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a pagina 46 della relazione del difensore civico e garante dei minori della provincia autonoma di Trento per l'anno 2014 si evince in modo inequivocabile che «per carenza di fondi sono risultate prospettabili solo soluzioni residenziali, anche in casi in cui si sarebbero rivelate idonee soluzioni meno drastiche, di carattere semiresidenziale», dove per il termine «idonee» si deve intendere quello riferito all'interesse supremo del minore per la sua sana crescita psicofisica;
   le scelte intraprese hanno visto il minore collocato in strutture residenziali facendo aumentare il livello di criticità non solo nel rapporto tra le parti genitori-istituzioni ma anche dal punto di vista della sofferenza degli attori coinvolti, ovvero i figli e i genitori, alimentando così la prassi istituzionale che porta alla disgregazione del legame affettivo;
   è importante ricordare che le soluzioni adottate si riferiscono a collocazioni di minori presso strutture residenziali che fanno riferimento a quel capitolo degli allontanamenti dal nucleo genitoriale che si potevano evitare;
   i cosiddetti «allontanamenti facili» sembrano stati necessari per un mero calcolo di natura economica causato dalla carenza di fondi ripartiti in base alle competenze amministrative tra provincia ed enti locali;
   tale situazione potrebbe essere in contrasto con la legge n. 184 del 1983 «Diritto del minore ad una famiglia», la quale nel principio fondante garantisce al minorenne il diritto di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia oltre a prevedere, nel caso in cui il minore sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, l'affido extrafamiliare come prima soluzione o, qualora questo non sia possibile e dunque come alternativa residuale, che venga inserito in una comunità di tipo familiare;
   l'interrogante ritiene inumano e lesivo dei diritti dell'uomo questo approccio economico-burocratico a discapito del minore;
   occorrerebbe acquisire elementi su quali siano i servizi sociali competenti per zona nei casi esposti dal difensore civico e se le decisioni prese dagli organi competenti circa la collocazione dei minori presso istituti residenziali siano state successive ad un'indicazione almeno di massima resa dal servizio sociale competente;
   sarebbe opportuna chiarire anche quanti minori siano stati oggetto di soluzioni residenziali anche se si sarebbero rivelate idonee soluzioni meno drastiche, in quali enti accreditati siano stati collocati i minori e se i suddetti minori siano ad oggi ancora collocati presso le strutture sopra citate oppure, nell'ottica di soluzioni meno drastiche auspicate dal difensore civico, ne siano usciti;
   analogamente, risulterebbe utile capire, relativamente agli anni 2014, 2013 e 2012, a quanto ammonti il numero dei minori affidati all'interno della provincia autonoma di Trento presso famiglie e strutture specializzate e relativi importi di finanziamento stanziati e di costi sopportati, separati anche per tipologia di prestazioni erogate, comprensivi dei fondi destinati ai servizi semiresidenziali e diurno –:
   se, alla luce di quanto esposto in premessa, intenda promuovere un'attività di monitoraggio al fine di acquisire un quadro completo e aggiornato relativo all'intero territorio nazionale, oltre che della provincia autonoma di Trento, e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere in relazione alle criticità sopra descritte. (5-07083)

Interrogazione a risposta scritta:


   RUSSO, PALESE, CIRIELLI, NASTRI, GALATI, LATRONICO, POLVERINI, FUCCI, NIZZI, CATANOSO, CALABRÒ, LUIGI CESARO e SARRO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'Inps, Istituto nazionale previdenza sociale ha recentemente pubblicato un avviso di selezione pubblica per 900 medici, prioritariamente specialisti in medicina legale o in altri settori di interesse istituzionale, ai quali conferire incarichi professionali a tempo determinato, nell'ambito degli adempimenti medico legali delle unità operative semplici e complesse, centrali e territoriali;
   gli incarichi, previsti dal bando, avranno la durata massima di un anno e saranno prorogabili per un massimo di 12 mesi a rinnovo. Le graduatorie regionali avranno validità dal primo gennaio 2016 al 31 dicembre 2018. Le domande devono essere inviate sino al 30 novembre 2015;
   il bando pubblico elenca una serie di fattispecie che comportano l'incompatibilità con l'incarico di medico; tra queste si prevede che sono incompatibili con l'assunzione dell'incarico, i medici che svolgano o presentino la propria candidatura per incarichi politici o amministrativi, presso organi o enti territoriali e/o nazionali, cariche pubbliche elettive, incarichi governativi, mandato parlamentare;
   gli interroganti ritengono che, tale previsione, contenuta nel citato bando, sia da ritenersi di dubbia legittimità perché limita il diritto di elettorato passivo ed è in aperto contrasto con l'articolo 3, comma 1, e con l'articolo 51, comma 1, della Costituzione;
   in numerose sentenze, la Corte costituzionale (sent. 235 del 1988) ha riconosciuto che l'elettorato passivo costituisce un diritto politico fondamentale che, essendo intangibile nel suo contenuto di valore, può essere unicamente disciplinato da leggi generali, che possono limitarlo soltanto al fine di realizzare altri interessi costituzionali altrettanto fondamentali e generali, senza porre discriminazioni sostanziali tra cittadino e cittadino, qualunque sia la regione o il luogo di appartenenza. Questo vincolo costituzionale, comune a tutti i «diritti dell'uomo e del cittadino» di carattere inviolabile, trova una precisa espressione nella riserva di legge rinforzata posta dal richiamato articolo 51 della Costituzione in virtù del quale il legislatore è tenuto ad assicurare che il diritto di elettorato passivo sia goduto da ogni cittadino in condizioni di eguaglianza –:
   se il Ministro interrogato ritenga che i requisiti previsti dal bando siano conformi al dettato costituzionale e alla giurisprudenza della Corte costituzionale richiamata in premessa e in caso contrario se non ritenga di dover assumere iniziative per sospendere il bando o comunque garantire il rispetto dei principi di cui agli articoli 3 e 51 della Costituzione, richiamati in premessa. (4-11265)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata:


   GIGLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la legge 22 maggio 1978, n. 194, recante «Norme per la tutela sociale della maternità e sulla interruzione volontaria della gravidanza (IVG)», riconosce all'articolo 1 il valore sociale della maternità ed afferma la tutela della vita umana dal suo inizio, oltre a stabilire che l'interruzione volontaria della gravidanza non è mezzo per il controllo delle nascite;
   la stessa legge, all'articolo 2, per evitare il ricorso all'aborto, prevede, oltre ad idonei strumenti d'informazione, anche l'attuazione diretta da parte dei consultori familiari di speciali interventi quando la gravidanza o la maternità creino problemi per i risolvere i quali non basti l'informazione sui diritti e sui servizi offerti dalle strutture operanti nel territorio;
   nello stesso articolo 2 si prevede anche che possa essere attivata, sulla base di regolamenti o convenzioni apposite, la collaborazione con idonee formazioni sociali di base e associazioni del volontariato per aiutare la maternità difficile anche dopo la nascita;
   la sopracitata legge n. 194 del 1978 prevedeva di aumentare il fondo per il funzionamento dei consultori familiari, previsto dall'articolo 5 della legge 29 luglio 1975, n. 405, attraverso l'assegnazione di 50 miliardi di lire annue, da ripartirsi tra le regioni per l'adempimento degli ulteriori compiti assegnati dalla legge stessa ai consultori familiari;
   il Ministro interrogato è tenuto a presentare annualmente al Parlamento una dettagliata relazione sull'attuazione della legge stessa, secondo quanto previsto all'articolo 16, «anche in riferimento al problema della prevenzione» –:
   per quanto di sua competenza, quale sia stata l'effettiva utilizzazione del fondo previsto di 50 miliardi di lire annue, ai fini della prevenzione dell'aborto per cause socio-economiche. (3-01870)


  MONCHIERO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 14 della legge n. 161 del 30 ottobre 2014, pubblicata il 10 novembre in Gazzetta Ufficiale («Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013-bis»), abroga con effetto dal 25 novembre 2015 il comma 13 dell'articolo 41 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, («Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria») che recita: «Al personale delle aree dirigenziali degli Enti e delle Aziende del Servizio sanitario nazionale, in ragione della qualifica posseduta e delle necessità di conformare l'impegno di servizio al pieno esercizio della responsabilità propria dell'incarico dirigenziale affidato, non si applicano le disposizioni di cui agli artt. 4 e 7 del decreto legislativo n. 66 dell'8 aprile 2003» (durata massima dell'orario di lavoro e riposo giornaliero);
   le disposizioni che da oggi entrano in vigore sono due: la durata media dell'orario di lavoro non potrà in ogni caso superare, per ogni periodo di 7 giorni, le 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario; inoltre, è previsto il diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore;
   secondo unanime previsione di sindacati, direzioni aziendali ed esperti del settore, l'applicazione delle nuove norme potrebbe condurre alla paralisi ampi settori di asl ed ospedali, specie per quanto attiene i servizi di emergenza;
   da notizie di stampa emerge che il Governo sarebbe intenzionato a presentare un'iniziativa normativa finalizzata all'assunzione di 3-4 mila medici, la metà dei quali attraverso nuove assunzioni, il resto attraverso la stabilizzazione dei precari;
   la stabilizzazione dei precari è un provvedimento pienamente condivisibile sotto il profilo dell'equità, ma non aggiunge risorse umane a quelle attualmente disponibili;
   la misura appare, quindi, quantitativamente inadeguata alle necessità (le organizzazioni sindacali stimano un numero ben più elevato) e non tiene conto delle carenze di personale infermieristico;
   sempre in base a notizie di stampa l'intervento non sarebbe attualmente sostenuto da specifica copertura finanziaria, ma si limiterebbe a derogare dalla attuale disciplina vincolistica in tema di personale del Servizio sanitario, lasciando a regioni ed aziende sanitarie il compito di reperire le risorse necessarie all'interno dei trasferimenti loro assegnati;
   l'espletamento delle relative procedure richiederà, comunque, un periodo temporale non breve, durante il quale le direzioni aziendali, i capi dipartimento e i direttori di struttura complessa saranno esposti al rischio (ma sarebbe meglio dire, secondo l'interrogante, «certezza») di pesanti sanzioni amministrative, sempre che la magistratura non ritenga che il mancato rispetto delle norme in materia di orario di lavoro configuri, invece, illecito penale –:
   se non ritenga opportuno adottare iniziative per prevedere uno specifico finanziamento delle nuove assunzioni e un meccanismo di deroghe, parziali e temporanee, alla normativa comunitaria che consenta alle aziende sanitarie di non essere costrette ad interrompere o limitari i servizi nei settori segnati da carenze di organico. (3-01871)

Interrogazione a risposta orale:


   MELILLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nonostante le sentenze della Corte costituzionale abbiano cancellato le parti ritenute anticostituzionali della la legge n. 40 del 2004, c’è attualmente il rischio concreto che i divieti rimossi continuino a operare attraverso una serie di errori o di ostacoli burocratici;
   in particolare, tale rischio riguarda il divieto di fecondazione eterologa, rimosso a maggio 2014 dalla Consulta, ma di fatto operante in ragione del caos applicativo e degli ostacoli burocratici, che si uniscono all'assenza di una vera campagna informativa sulla donazione dei gameti;
   a questo si è aggiunta, di fatto, una vera e propria violazione di legge ai danni della privacy dei donatori di gameti;
   il Garante per la protezione dei dati personali ha, infatti, accertato che dal 19 marzo al 30 giugno 2015 il Centro nazionale trapianti ha chiesto i dati dei donatori di gameti per tecniche di fecondazione eterologa, violando l'anonimato che le leggi italiane garantiscono, oltre al fatto che sono state chieste informazioni riguardo alla circonferenza cranica dei nati da donazione dei gameti;
   il Ministro della salute il 22 giugno 2015 rispondendo ad una interrogazione sul tema dichiarava: «... nel rispetto della legge che istituisce il registro (CNT), quindi, è necessario che, nell'attesa della sua messa a regime, la legge istitutiva prevede che, nella fase iniziale della sua attuazione temporanea, in formato cartaceo, si ottengano comunque gli identificativi anagrafici di ciascun donatore, per poter attribuire un codice unico nazionale a ciascun donatore e a ciascuna sua donazione e quindi assicurarne la tracciabilità del percorso»;
   con tale dichiarazione il Ministro ha confermato di fatto di essere a conoscenza della violazione dell'anonimato che da marzo a giugno 2015 è stata praticata, ma ha ritenuto di non dover intervenire per tutelare il diritto alla privacy previsto dalla legge;
   il decreto legislativo n. 191 del 2007 e successivi prevede che le informazioni debbano essere fornite tramite un codice criptato, mentre nei centri di procreazione medicalmente assistita restano tutte le informazioni, che saranno custodite per i successivi 30 anni;
   le associazioni che rappresentano i pazienti hanno chiesto la rimozione del direttore del Centro nazionale trapianti, il dottor Nanni Costa, il quale aveva il compito di garantire il rispetto delle norme in vigore previste sull'anonimato, in materia di privacy e di tracciabilità e sicurezza per il registro dei donatori;
   è la prima volta in 37 anni che avviene una violazione di dati di tale portata, che rappresenta sicuramente anche un pericolo per tante famiglie;
   inoltre, il Ministero della salute ha recentemente presentato una proposta di regolamento in materia di screening dei donatori di gameti che prevede l'obbligo che essi siano sottoposti a consulenza genetica, oltre a quello di eseguire una serie di indagini di tipo clinico;
   le principali società scientifiche nazionali attive nel campo della procreazione assistita hanno evidenziato che questa disposizione comporta una gravissima violazione del diritto alla privacy sia del donatore che dei riceventi, oltre ad altre conseguenze che andrebbero a danno dell'applicazione delle tecniche con donazione dei gameti –:
   quali iniziative intenda intraprendere per dare piena attuazione alla legge n. 40 del 2004 e per tutelare il diritto alla privacy sia dei donatori di gameti sia dei riceventi;
   quali iniziative intenda porre in essere nei confronti del direttore del Centro nazionale trapianti che non avrebbe garantito il rispetto delle norme che regolano il registro dei donatori. (3-01865)

Interrogazione a risposta scritta:


   ARLOTTI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'integrazione delle persone con disabilità nella vita quotidiana rientra nel più ampio principio di uguaglianza garantito dall'articolo 3 della Costituzione, e che sancisce tra l'altro l'obbligo di rimuovere gli ostacoli di ordine sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana:
   la legge 9 gennaio 1989, n. 13, «Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati», e successive modifiche ed integrazioni, ha dettato disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati;
   la suddetta legge ha introdotto per i portatori di menomazioni o limitazioni funzionali permanenti la possibilità di richiedere un contributo per le spese sostenute per opere volte all'eliminazione delle barriere architettoniche;
   l'articolo 10 della suddetta legge ha istituito presso il Ministero dei lavori pubblici (ora Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) un fondo per l'eliminazione e il superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati;
   le risorse di detto fondo, sono annualmente ripartite tra le regioni richiedenti in proporzione del fabbisogno indicato dalle regioni medesime, e da queste ripartite tra i comuni richiedenti;
   detti contributi sono finalizzati ad eliminare gli ostacoli sia afferenti all'accesso che alla fruibilità degli immobili, compresa la cosiddetta domotica cioè l'adozione di misure per adattare la casa alle necessità dei diversamente abili (ad esempio alza tapparelle elettrici, accessione luce mediante fotocellule, e altro);
   la condizione richiesta per l'erogazione è che i lavori non siano ancora iniziati;
   l'articolo 1, comma 2, disponeva che, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge, il Ministro dei lavori pubblici fissasse con proprio decreto le prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica, sovvenzionata ed agevolata;
   l'ultimo finanziamento del fondo legge n. 13 del 1989, pari a 20 milioni di euro, è stato inserito nella legge finanziaria n. 350 del 2003 attraverso un vincolo sulle risorse del fondo per le politiche sociali;
   tale comma n. 116 dell'articolo 3 della legge finanziaria del 2004 è stato tuttavia dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 423/2004) perché non sono consentiti finanziamenti a destinazione vincolata in materie e funzioni la cui disciplina spetti alla legge regionale, siano esse rientranti nella competenza esclusiva delle regioni ovvero in quella concorrente, pur nel rispetto, per quest'ultima, dei principi fondamentali fissati con legge statale (sentenze nn. 16 del 2004 e 370 del 2003);
   da anni, quindi, questa legge non è più destinataria di fondi statali, facendo così venir meno un importante strumento a favore delle persone diversamente abili;
   nel solo comune di Rimini risulta esistere presso l'ufficio abbattimento barriere architettoniche dell'ASL un elenco di circa 400 persone che aspettano i rimborsi dei contributi per l'abbattimento delle barriere effettuati dal 2009  –:
   se non si intendano assumere iniziative per reperire le risorse volte al finanziamento delle misure per il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche;
   quali iniziative intenda intraprendere il Governo per fare chiarezza in materia e se ritenga opportuno attivare un tavolo con, enti locali, regioni e associazioni, evitando in questo modo di creare false aspettative ai cittadini che presentano le domande di contributo;
   quali iniziative il Ministro intenda adottare, più in generale, per favorire l'eliminazione delle barriere architettoniche e degli ostacoli che impediscono la piena vivibilità degli spazi pubblici e privati da parte di tutti i cittadini nella loro diversità e per promuovere una cultura e una politica urbanistica più rispondente alle esigenze dei disabili, degli anziani e delle loro famiglie. (4-11278)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata:


   MATARRELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   dalla nomina del dottore Mauro Moretti ad amministratore delegato di Finmeccanica nell'aprile 2014, e dalla sua prima audizione al Senato della repubblica nell'ottobre successivo – occasione in cui egli stesso definiva la governance di Finmeccanica «antiquata» – sembra ormai in dirittura di arrivo una sorta di rivoluzione societaria con la nascita della nuova one company che suddividerà l'azienda in settori e divisioni, con l'eventuale assunzione di una nuova denominazione societaria, finalizzata alla penetrazione di nuovi mercati perché scevra dalla fama degli scandali internazionali degli anni passati;
   in questa sede non si intende entrare nel merito dell'organizzazione societaria, prerogativa spettante a chi se ne è vista affidare la responsabilità, tuttavia non sono chiare quali prospettive avrà la nuova azienda a partire dal primo gennaio 2016, considerato che molti stabilimenti hanno ordini in scadenza e i lavoratori ancora oggi sono all'oscuro del loro futuro lavorativo né sono evidenti quali siano i nuovi programmi ed i nuovi contratti già stipulati o in via di formulazione da parte dell'amministratore delegato;
   il futuro di questa azienda non può essere concentrato soltanto nel settore militare al Nord, ma dovrebbe essere orientato a investire anche al Sud nel settore civile, se la continuità e lo sviluppo degli insediamenti industriali nel Mezzogiorno rappresentano ancora per la «nuova Finmeccanica» una priorità;
   si devono tener presenti gli stabilimenti all'avanguardia nel settore civile, come quelli pugliesi di Brindisi e Grottaglie che garantiscono occupazione a migliaia di lavoratori, comprese le centinaia di aziende subfornitrici e dell'intero indotto che insistono nel settore aeronautico –:
   quali siano le prospettive del settore aeronautico civile, industria strategica per il Paese e che annovera nel Mezzogiorno poli industriali di primaria importanza, oggetto – fino alla scorsa decade – di cospicui investimenti. (3-01872)


   CERA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo Sangalli opera nel settore del vetro attraverso quattro stabilimenti produttivi: Sangalli Vetro Manfredonia, Sangalli Vetro Porto Nogaro, Sangalli Vetro Satinato, Sangalli Vetro Magnetronico;
   tale importante impresa è insediata da più di dieci anni nel territorio pugliese grazie allo strumento del contratto d'area dando lavoro mediamente a 200 lavoratori, oltre all'indotto (circa 200 operai). La Sangalli è arrivata a produrre in Puglia circa 600 tonnellate al giorno di vetro, fino alla conquista del 35 per cento del mercato italiano del settore;
   le società del gruppo, in particolare la Sangalli Vetro Manfredonia, già Manfredonia Vetro, hanno ricevuto contributi pubblici sulla base di tre protocolli al contratto d'area di Manfredonia. Ulteriori risorse economiche sono state stanziate dalla regione Puglia;
   la Sangalli Vetro Manfredonia spa ha annunciato la progressiva fermata degli impianti di produzione di vetro float dello stabilimento di Macchia nel comune di Monte Sant'Angelo nel novembre 2014. In quell'occasione l'azienda ha diffuso un comunicato che recitava: «Viste le difficili condizioni in cui versa il mercato del vetro piano in Italia, il Gruppo Sangalli si sta adoperando per ridurre la propria capacità produttiva mantenendo un livello di produzione in linea con le esigenze dei nostri clienti»;
   numerosi sono stati gli incontri presso il Ministero dello sviluppo economico circa la situazione di crisi aziendale del gruppo. Da sottolineare come in data 7 gennaio 2015 si è tenuto, presso il Ministero, un incontro tecnico nazionale riguardante le problematiche di tutti gli stabilimenti in Italia del gruppo Sangalli. In tale riunione l'azienda ha illustrato un piano concordatario (che risultava non ancora presentato all'autorità giudiziaria) che disponeva la liquidazione della Sangalli Vetro Manfredonia, mantenendo in vita la Sangalli Vetro Magnetronico, la Sangalli Vetro Satinato a Monte Sant'Angelo e la Sangalli Vetro Porto Nogaro a San Giorgio di Nogaro;
   in data 1o aprile 2015 si è svolto a Roma, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un incontro per l'esame della richiesta di cassa integrazione per i lavoratori della Sangalli Vetro Manfredonia. In quella sede veniva dichiarata l'impossibilità di concedere il sussidio economico ai lavoratori a causa della mancata presentazione di ammissione al concordato preventivo da parte della società. I responsabili dell'azienda venivano, pertanto, invitati a procedere alla presentazione di tale atto al tribunale di Treviso insieme alla documentazione necessaria per un piano di ripresa delle attività produttive;
   secondo notizie di stampa il 24 luglio 2015 il tribunale di Treviso avrebbe ammesso la Sangalli Vetro Manfredonia spa alla procedura di concordato preventivo liquidatorio. Il piano concordatario prevederebbe di coprire gli oltre 90 milioni di euro di debito attraverso la cessione di beni mobili e immobili della società. L'adunanza dei creditori è stata fissata per il 4 novembre 2015 presso la sezione fallimentare del tribunale di Treviso. Con la presentazione definitiva del piano concordatario i possibili investitori potranno conoscere i dati ufficiali del passivo delle società (che per Manfredonia ammonterebbe, sempre secondo notizie riportate dalla stampa, a circa 50 milioni di euro);
   in un tavolo tecnico al Ministero dello sviluppo economico, il commissario giudiziario avrebbe riferito che non è era stato possibile trovare soluzioni che contemplassero la cessione aggregata dei beni societari nella loro interezza e senza parcellizzazioni, come invece auspicato al fine di mantenere la continuità delle attività e dell'occupazione degli impianti della Sangalli Vetro Manfredonia spa, della Sangalli Vetro Magnetronico srl e della Sangalli Vetro Satinato srl. Le uniche richieste presentate all’ ufficio commissariale riguarderebbero l'interesse verso l'acquisizione disgiunta dei beni Sangalli;
   l'avvocato che rappresentava la proprietà Sangalli avrebbe confermato che la proprietà aveva ricevuto dagli imprenditori unicamente offerte che riguardavano la cessione atomistica dei beni. In sede del citato tavolo tecnico il rappresentante del Ministero dello sviluppo economico avrebbe ricordato che lo stesso Ministero aveva avviato da mesi, attraverso alcuni advisor, un lavoro di ricerca di soluzioni imprenditoriali per la cessione degli stabilimenti di Manfredonia nella loro interezza, al fine di rilanciare la produttività garantendo la tutela dell'occupazione. Il rappresentante del Ministero avrebbe, inoltre, ribadito che il Governo chiederà ai due advisor incaricati della ricerca di soluzioni imprenditoriali di proseguire la propria attività fino alla fine del 2015 per la ricerca di soluzioni imprenditoriali per il recupero dell'azienda di Manfredonia;
   il 4 agosto 2015 è stato firmato l'accordo per la concessione della cassa integrazione guadagni ai dipendenti della Sangalli Vetro Manfredonia;
   appare necessario pertanto un intervento a tutti i livelli istituzionali per consentire, in considerazione anche dei contributi ottenuti in passato dalla Sangalli Vetro, di rilanciare i comparti produttivi della stessa azienda che costituisce un elemento di sviluppo fondamentale per la zona di Manfredonia già colpita da una grave crisi economica. Infatti, la situazione socioeconomica del territorio pugliese desta profonda preoccupazione a causa della crisi produttiva che provoca continue drammatiche chiusure di aziende. Il conseguente perdurante aumento della disoccupazione, soprattutto quella giovanile, costringe, infatti, una parte della popolazione di questo territorio a vivere in condizioni di disagio e di sofferenza, ogni giorno sempre più insostenibili;
   è necessario, pertanto, offrire delle alternative concrete per dare un futuro alle famiglie di circa 400 operai dello stabilimento di Manfredonia e dell'indotto, che subiscono la crisi di un'azienda che ha già goduto di contributi da parte dello Stato e che risulta strategica per l'intero territorio della Capitanata e del centro-sud del nostro Paese –:
   quali iniziative urgenti intenda adottare, fornendo anche informazioni circa la situazione attuale della Sangalli Vetro di Manfredonia e le possibili prospettive che la riguardano, per garantire la ripresa dell'attività della Sangalli Vetro Manfredonia, anche al fine di salvaguardare i livelli occupazionali. (3-01873)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DI VITA, LIUZZI, DE LORENZIS, SPESSOTTO, MANNINO, CANCELLERI, LUPO, NUTI, GRILLO, LOREFICE e SILVIA GIORDANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Telejato è un'emittente televisiva comunitaria siciliana fondata nel 1989 e attualmente di proprietà di Pino Maniaci, con sede Partinico (PA), nota principalmente per le sue campagne contro Cosa nostra;
   da notizie di stampa online del 20-21 novembre 2015 si apprende che una sentenza della Corte europea ha ordinato a Telejato, a seguito di un ricorso delle autorità dell'isola di Malta, di interrompere le trasmissioni entro la data del 2 dicembre prossimo, e di disattivare il suo ripetitore perché disturberebbe le frequenze delle tv maltesi;
   sono state decise le dichiarazioni di Pino Maniaci, conduttore da tempo sotto scorta per le minacce ricevute dalla criminalità organizzata già da anni distintosi per la lotta quotidiana e instancabile contro le mafie a suon di inchieste giornalistiche e che, malgrado tutto, non si è mai arreso: «Per puro caso Telejato occupa il canale 46. Vorrei tanto capire come può un'emittente che trasmette da monte Bonifato, ad Alcamo, in provincia di Trapani, arrivare fino a Malta. Mi chiedo se dietro questa vicenda ci sia l'ennesimo tentativo di metterci il bavaglio»;
   più specificamente Maniaci lamenta che frequenze sul digitale terrestre che non dovevano essere assegnate (quelle che toccherebbero l'etere di Malta) sarebbero state invece assegnate; adesso per porre rimedio non c’è altro da fare che staccare la frequenza assegnata a Telejato; però, sovvertendo ciò che dice la norma, non si trova alcuna nuova frequenza in sostituzione da dare a quella che deve essere spenta e per la quale Telejato rivendica una concessione ventennale. Il paradosso — continua il conduttore di Telejato — starebbe inoltre nel fatto che fino a poche settimane addietro le frequenze che davano fastidio alle trasmissioni televisive di Malta, secondo i rilievi ministeriali, erano quelle della Sicilia orientale, escludendosi dunque quelle della Sicilia occidentale, dove hanno sede invece i trasmettitori di Telejato. Poi nel provvedimento del ministero dello sviluppo economico è saltata fuori anche la provincia di Trapani, quale territorio da dove verrebbero irradiati i segnali che danno fastidio alle tv maltesi. Non dovrebbe essere difficile individuare dove risieda il problema — aggiunge Maniaci — basterebbe fare delle misurazioni tecniche;
   già nel recente passato l'emittente siciliana aveva rischiato la chiusura in occasione del passaggio dall'analogico al digitale (cosiddetto switch off). È il 4 luglio del 2012 e da quel momento, secondo la finanziaria del 2011, non basta un'antenna e un apparato per mandare il proprio segnale nell'etere, ma occorre, in particolar modo per una piccola tv comunitaria a carattere locale come Telejato, essere presente in qualche raggruppamento televisivo più grande (cosiddetto multiplex);
   l'emittente rischiava allora di non avere un gruppo di riferimento, sino a quando, grazie anche ad una petizione che raccolse in poco tempo ben 70 mila firme, il Ministero dello sviluppo economico individua la frequenza necessaria per Telejato. Per la tv di Maniaci viene trovato posto nel gruppo di Telemed e più precisamente al canale 28. Il 2012 diventa addirittura l'anno in cui Telejato, la televisione antimafia, riscopre una seconda giovinezza, iniziando a trasmettere pure a Palermo;
   per salvare la tv, la collaboratrice di Telejato Elisa Martorana ha lanciato una petizione su change.org, che al momento conta oltre 12.000 firme e tanti commenti di sostegno da parte di siciliani e di giornalisti;
   la vicenda preoccupa poiché far tacere una importante voce antimafia come Telejato in una regione tanto martoriata negli anni dalla criminalità organizzata, quale la Sicilia, può rappresentare un grande danno al diritto d'informazione dell'intera comunità locale –:
   se sia al corrente dei fatti esposti in premessa e, tenuto conto dei provvedimenti di assegnazione e revisione delle frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre nella regione Sicilia susseguitisi dal 2012 ad oggi, se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, disporre ulteriori verifiche sul territorio, al fine di valutare l'effettiva interferenza recata dai ripetitori di Telejato alle frequenze televisive maltesi, e quali ulteriori iniziative di competenza intenda comunque intraprendere al fine di scongiurare la chiusura dell'emittente siciliana. (5-07090)

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Grillo e altri n. 5-07068, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 novembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Rizzo, Mannino.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Moscatt n. 4-11252, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 528 del 24 novembre 2015.

   MOSCATT. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   le scuole di specializzazione per biologi ed in genere per l'area non medica sono bloccate da due anni;
   con la sentenza n. 6073/13 della IV sez. del Consiglio di Stato e la successiva dell'11 marzo 2015 è stata statuita la garanzia all'accesso alle scuole di specializzazione nel settore medico e sanitario ai laureati magistrali biologi, chimici e, in genere, per l'area non medica, con l'attribuzione dei contratti di formazione già previsti per laureati in medicina e chirurgia;
   è stato emanato il decreto ministeriale del 4 febbraio 2015 n. 68, recante «riordino scuole di specializzazione di area sanitaria»;
   in attuazione del suddetto decreto è prevista l'emanazione di un ulteriore decreto ministeriale, la cui bozza, a quanto consta all'interrogante, ha avuto parere positivo del Consiglio superiore di sanità;
   tale decreto non risulta tuttavia ancora emanato;
   a quanto consta all'interrogante, il segretario generale presso la Presidenza del Consiglio, con nota del 17 novembre 2015, diretta all'ufficio di gabinetto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, a seguito di intervento formale da parte del presidente dell'Ordine nazionale biologi, ha chiesto di conoscere le determinazioni che il Dicastero riterrà opportuno intraprendere in ordine all'irrisolto problema della mancata emanazione del decreto attuativo di cui sopra;
   la mancata emanazione del suddetto decreto ministeriale, in attuazione del decreto ministeriale n. 68 del 2015, ha creato in seno alle strutture sanitarie, una palese e grave situazione discriminazione che si manifesta anche con il malcontento degli operatori sanitari che giornalmente operano in stretto contatto e in sinergia con i medici, in considerazione del fatto che da un lato i laureati in medicina e chirurgia fruiscono di regolare contratto di specializzazione retribuito, dall'altro tutto il resto degli operatori «area medica» sono esclusi da siffatte borse di studio pur prestando attività lavorativa «full-time»;
   ulteriore discriminante scaturisce dal fatto che i laureati in medicina e chirurgia completano il percorso di specializzazione in quattro anni, mentre, per biologi e tutto il resto dei laureati dell'area medica, il percorso resta ancora in cinque anni con grave aggravio al bilancio delle famiglie in quanto, come detto, questi operatori non ricevono alcuna indennità;
   non può non disconoscersi che i lavoratori dell'area sanitaria, costituiscono una risorsa necessaria ed essenziale per il buon funzionamento del servizio sanitario nazionale, al pari degli specializzandi medici –:
   quali siano i tempi di attuazione delle misure introdotte dal decreto interministeriale di cui in premessa affinché si ponga fine ad una palese, ingiustificata ed iniqua discriminante tra qualificati professionisti che operano in un unico delicato contesto diretto alla salvaguardia dalla salute dei cittadini. (4-11252)

Ritiro di un documento di indirizzo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: risoluzione in Commissione Sandra Savino n. 7-00818 del 19 ottobre 2015;

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
    interrogazione a risposta orale Galgano n. 3-01770 del 16 ottobre 2015;
   interrogazione a risposta in Commissione Cera n. 5-06861 del 4 novembre 2015;
   interrogazione a risposta in Commissione Marguerettaz n. 5-06920 del 10 novembre 2015.