Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 13 settembre 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    in molti Paesi asiatici – come la Cina, il Vietnam e la Corea del Sud – sono diffusi il commercio e il consumo della carne di cane. In alcuni casi la tradizione risale a 4-5 secoli fa, e comunque solo in tempi relativamente recenti i cani sono stati considerati e trattati come animali da compagnia;
    la World Dog Alliance (WDA) con sede ad Hong Kong, una delle principali organizzazioni al mondo impegnate nella lotta contro il business della carne di cane, stima che circa 30 milioni di cani all'anno siano macellati, cotti e mangiati in Asia. Circa 70 su cento sono animali da compagnia sottratti alle famiglie. Il fondatore della World Dog Alliance, Mr. Genlin, ha documentato questa situazione in un film-verità, Eating happiness, che ha già fatto il giro del mondo;
    Paesi come le Filippine (già da decenni) e Taiwan (nel 2001) hanno approvato leggi che vietano il commercio e il consumo di carne di cane. Il divieto è in vigore anche ad Hong Kong, mentre è rimasto a livello di proposta (2010) in Cina. Tuttavia le numerose organizzazioni protezioniste locali impegnate nella campagna contro questo business fanno notare che, anche laddove esistono divieti, i controlli sono scarsi e la legge frequentemente elusa;
    le proteste a livello internazionale coinvolgono su internet milioni di persone e si intensificano in occasione del «Festival della carne di cane a solstizio d'estate», che si svolge ogni anno, il 21 giugno, a Yulin, città-prefettura della regione autonoma di Guangxi, nella Repubblica popolare cinese, e durante i «Bok Nal» in Corea del Sud, i «giorni del cane» tra luglio ed agosto, quand’è usanza mangiare carne di cane che, stando alla superstizione locale, «rinfresca e rinvigorisce» il corpo. Proprio sulla Corea del Sud, peraltro, sono già puntati i riflettori dell'opinione pubblica internazionale, perché a quel Paese è stata assegnata l'organizzazione dei XXIII Giochi olimpici invernali che si terranno nel 2018;
    anche in Italia è cresciuto un forte movimento di protesta guidato dalle associazioni protezioniste, in particolare dalla Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente, portavoce della World Dog Alliance, con il coinvolgimento di moltissimi cittadini;
    non si tratta solo dell'uccisione di animali che ormai anche in Oriente sono sempre più spesso considerati «da compagnia», ma delle modalità con cui generalmente avviene la mattanza in Asia, documentate dai media di tutto il mondo o da video privati facilmente reperibili su youtube o servizi analoghi: cani allevati in condizioni igieniche precarie o rapiti alle famiglie o catturati per strada sono trasportati e detenuti in gabbie piccolissime, uccisi con metodi crudeli (per esempio a mazzate o con scariche elettriche), spesso scuoiati ancora vivi per finire in padella;
    nel novembre 2015 il Governo britannico, su sollecitazione di alcuni membri del Parlamento, ha assunto alla Camera dei Comuni l'impegno di rappresentare ai governi interessati, anche tramite gli ambasciatori, le preoccupazioni e le istanze emerse durante il dibattito parlamentare sul commercio e il consumo della carne di cane,

impegna il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa, possibilmente coinvolgendo i partner europei e l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, per sollecitare la questione presso i governi dell'Estremo Oriente, dov’è diffusa tale pratica, affinché siano vietati il consumo e il commercio della carne di cane e, in particolare, per chiedere alle autorità cinesi di porre fine al massacro di Yulin, nonché a quelle coreane, anche in relazione ai prossimi Giochi di Pyeongchang, per proibire un'usanza che è causa di abusi ripugnanti e di ingiustificabili sofferenze.
(1-01345) «Brambilla, Brunetta».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni III e IV,
   premesso che:
    si prende atto delle comunicazioni rese dai Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e della difesa sugli sviluppi della situazione in Libia;
    si esprime condivisione per gli indirizzi comunicati e per le iniziative preannunciate dai Ministri;
    va considerata, in particolare, la richiesta di costruire un ospedale militare nella zona di Misurata, pervenuta all'Esecutivo da parte del Governo di unità nazionale libico, presieduto Fayez al-Sarraj e appoggiato dalle Nazioni Unite;
    va valutata la necessità di proteggere adeguatamente tale struttura, che sarà collocata in un'area strategica ai fini del contrasto al Daesh in Libia;
    va considerato che le iniziative che il Governo intende intraprendere sono coerenti con la risoluzione ONU n. 2259 (2015) e con la linea, condivisa a livello internazionale e sempre tenuta dall'Italia, di sostegno al Governo libico legittimo, e che le stesse iniziative si pongono in linea di continuità con l'impegno umanitario del nostro Paese nel quadro del conflitto libico, con l'invio di farmaci e di supporti sanitari destinati agli ospedali civili di Misurata e di Harawa e Beni Walid,

impegnano il Governo:

   a dare piena attuazione agli indirizzi oggetto delle comunicazioni rese a queste Commissioni in relazione alla Libia;
   a provvedere, in particolare, alla costruzione di strutture ospedaliere campali militari, prevedendo anche l'impiego di militari in grado di assicurare la sicurezza del personale sanitario operante;
   a tenere costantemente informato il Parlamento sugli sviluppi della situazione.
(7-01083) «Quartapelle Procopio, Moscatt, Causin, Alli, Locatelli, Quintarelli».


   Le Commissioni III e IV,
   premesso che:
    sentite le comunicazioni del Governo del 13 settembre 2016 sugli sviluppi della situazione in Libia;
    si ricordano le dichiarazioni più volte fornite nei mesi scorsi dal Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, in ordine al coinvolgimento del Parlamento nella decisione dell'avvio di una eventuale nuova missione che preveda anche l'invio di militari in quel territorio;
    il governo Al Serraj, pur riconosciuto dall'Onu con le risoluzioni 2259 e 2278 del Consiglio di sicurezza, non rappresenta tutto il popolo libico non avendo ricevuto ancora la fiducia da parte del Parlamento libico e come tale non può legittimamente chiedere l'intervento di truppe straniere sul proprio territorio;
    un'eventuale decisione si configurerebbe in contraddizione con quanto stabilito nella risoluzione n. 2240 del 2015 del Consiglio delle Nazioni Unite che prevede l'intervento nelle acque e nel territorio libico solo quando questo sarà richiesto da un governo legittimato dal voto di fiducia del Parlamento (cosiddetta terza fase);
    altri Paesi alleati come la Francia stanno sostenendo le truppe del generale Haftar le quali hanno recentemente occupato diversi terminali petroliferi e si sono scontrate con le truppe fedeli al Governo Al Serraj;
    la creazione di un ospedale da campo rischia di essere percepita come un pretesto (cavallo di Troia) per giustificare la presenza a terra dei militari italiani potenzialmente considerata come ostile da diversi soggetti libici oggi in campo,

impegnano il Governo:

   ad assumere tutte le iniziative umanitarie tese a dare soccorso alla popolazione civile in collaborazione con le istituzioni umanitarie già presenti nel territorio libico, ma a escludere l'invio di ulteriori contingenti militari a qualsiasi titolo;
   ad attenersi a quanto deliberato nella risoluzione n. 2240/2015 delle Nazioni Unite e a escludere la presenza di truppe italiane nel territorio libico fino a quando non si saranno create le condizioni della terza fase (che comunque ad avviso dei firmatari del presente atto richiederebbero un voto formale del Parlamento).
(7-01084) «Manlio Di Stefano, Frusone, Di Battista, Basilio, Spadoni, Corda, Scagliusi, Rizzo, Grande, Paolo Bernini, Sibilia, Tofalo, Del Grosso».


   Le Commissioni III e IV,
   premesso che:
    la Libia continua ad essere un Paese nel caos, non controllato dal governo d'unità nazionale capeggiato da Fayez al Sarraj, con intere aree sotto il controllo di milizie che fanno capo a diverse fazioni che attualmente contendono l'egemonia sul Paese al Governo centrale;
    in un Paese senza governo e permanentemente attraversato da conflitti è stato facile per Daesh infiltrarsi e prendere il controllo della città di Sirte dove ha stabilito il suo quartier generale in Libia;
    da agosto 2016 le forze armate statunitensi conducono, d'accordo con il governo Sarraj, raid aerei su Sirte dove è in corso una battaglia con i miliziani dell'ISIS per la ripresa della città;
    dopo oltre un mese di raid aerei (oltre 140) la città non è stata totalmente liberata anche se da fonti giornalistiche si apprende che rimangono poche aree ancora sotto il controllo delle milizie di Daesh;
    la nascita del Governo di unità nazionale, salutata dalla comunità internazionale come una speranza ha da subito trovato l'ostilità del generale Haftar che lo ha da subito contrastato;
    il parlamento di Tobruk non ha mai formalmente riconosciuto il governo di unità nazionale di Sarraj sotto il diktat del generale Khalifa Haftar che controlla diverse milizie e dispone di una forza militare sostenuta negli ultimi anni anche dall'Egitto e dalla Francia;
    il comportamento di Paesi come la Francia e l'Egitto è stato fin qui molto ambiguo: se a parole hanno sostenuto fin dalla sua nascita il Governo Sarraj riconosciuto e sostenuto anche dall'ONU, nei fatti hanno continuato a sostenere e supportare l'azione del generale Haftar palesemente contro il Governo di Tripoli;
    il generale Haftar negli ultimi giorni è stato protagonista di un'offensiva militare nei principali porti petroliferi di Zueitina, Brega, Sidra e Ras Lanuf, sottraendoli alle guardie petrolifere fedeli al governo di unità nazionale di Sarraj e ottenendo così il controllo di diversi terminali petroliferi nell'area della cosiddetta «mezzaluna petrolifera», dove sorgono, tra l'altro, i principali impianti petroliferi delle compagnie internazionali, italiani compresi;
    l'iniziativa di Haftar, che ha l'obiettivo di controllare il petrolio libico, rischia di avere un effetto ulteriore destabilizzante per quel che rimane nel Paese e in queste ore si registrano scontri tra le fazioni, con annunci, non confermati, da parte delle milizie fedeli ad al Sarraj di aver ripreso il controllo dei terminal;
    lo scenario attuale libico ha sempre più caratteri di un disordine ancora di più legato agli irrisolti problemi del rapporto tra le due parti del Paese, che si erano già divise tra Tobruk e Tripoli, nonché dagli interessi diversi delle potenze occidentali che, in maniera doppiogiochista, continuano ad interloquire ed agire direttamente in loco in vari e con l'ingombrante presenza dell'Egitto, la vera potenza regionale, interessata al futuro libico e direttamente sostenitrice di Haftar;
    con questo tipo di conflitto interno e dinamica di scontro tra fazioni è forte il rischio che si vada verso una escalation del conflitto, ossia verso una deflagrazione civile dello stesso;
    il Governo ha comunicato oggi a queste commissioni la volontà di inviare 300 unità a Misurata per l'installazione di un ospedale militare da campo quale supporto logistico alle milizie che combattono a Sirte con il governo di Sarraj;
    con la consapevolezza della difficoltà nel mettere in piedi una strategia complessiva che vada nella direzione di una transizione pacifica e di una stabilizzazione del Paese, occorrerebbe innanzitutto astenersi da iniziative che, nonostante la pretesa umanitaria, hanno l'obiettivo di proteggere gli interessi nazionali, a partire da quelli energetici, e nel caso del nostro Paese anche alla luce del passato coloniale in Libia;
    servirebbe quindi l'avvio di un processo di riconciliazione condiviso con le forze politiche, le amministrazioni e le popolazioni locali che preveda anche l'indizione di nuove elezioni Libia,

impegnano il Governo:

   a lavorare per la stabilizzazione della Libia, coinvolgendo gli altri partner europei e membri della NATO, soprattutto con l'obiettivo di limitare gli interessi strategici stranieri in terra libica che sono alla base della destabilizzazione del Paese;
   ad evitare ulteriori azioni militari, di qualsiasi natura, perdurando l'attuale stato di instabilità ed il pericolo di una recrudescenza del conflitto civile interno al Paese.
(7-01085) «Palazzotto, Duranti, Piras, Carlo Galli, Fava».


   Le Commissioni III e IV,
   premesso che:
    l'offensiva militare lanciata l'11 settembre dalle milizie del generale Khalifa Haftar, le quali hanno catturato alcuni importanti centri petroliferi libici attaccando le forze della Petroleum Facilities Guard, fedele al legittimo governo di accordo nazionale, rischia di far sprofondare il Paese in una nuova guerra civile;
    il Consiglio presidenziale libico, guidato da Fayez al-Sarraj, ha condannato l'attacco affermando che al fianco delle milizie di Haftar vi sono mercenari stranieri che, secondo quanto reso noto dalla PFG, sarebbero di nazionalità sudanese e ciadiana;
    come riportato anche dal recente report redatto dal Panel of Experts (PoE) dell'ONU, sottoposto all'attenzione del Consiglio di sicurezza già nel mese di gennaio, dal 2014 le forze del generale Haftar hanno ricevuto dall'estero ingenti quantitativi di armi, inclusi veicoli blindati, aerei ed elicotteri da combattimento e armi da fuoco di vario calibro, nonostante l'embargo ONU imposto nel 2011; le armi sarebbero entrate in Libia per lo più attraverso le rotte commerciali marittime e sarebbero state pagate prevalentemente in petrolio;
    le suddette armi non sono state impiegate per contrastare la presenza dell'ISIS in Libia, bensì per combattere le fazioni che non riconoscono l'esecutivo di Tobruk e contrastare il processo di pace e l'autorità del governo di accordo nazionale;
    la recente cattura dei porti e dei terminal petroliferi di Ras Lanuf e Sidra mette a disposizione del generale Haftar e, dunque, dell'esecutivo non internazionalmente riconosciuto di Tobruk, l'intera filiera del petrolio, dall'estrazione all'esportazione, consentendogli dunque di avviare in qualsiasi momento l'esportazione illegittima del petrolio libico;
    i fondi ricavati dall'esportazione illecita di petrolio potrebbero essere impiegati per finanziare il proseguimento della campagna militare condotta dal generale Haftar, mettendo a repentaglio ogni possibile soluzione pacifica della crisi libica;
    le forze che sostengono il governo di accordo nazionale si sono logorate nella battaglia per liberare Sirte dall'ISIS, uno sforzo militare richiesto loro anche da Paesi europei, e adesso rischiano di non essere in grado di resistere a una eventuale offensiva su larga scala condotta dalle milizie del generale Haftar evidentemente rinforzate dall'afflusso di armi, dal supporto di mercenari stranieri e, più in generale, dal sostegno più o meno segreto di alcuni paesi esteri;
    il legittimo governo di accordo nazionale il quale, sostenuto dall'ONU, rappresenta l'unica speranza per una soluzione stabile e unitaria della crisi libica; appare dunque fondamentale che l'Unione europea si mostri unita nel sostenerlo concretamente, allo scopo di fronteggiare efficacemente una crisi internazionale i cui effetti negativi sugli stessi paesi europei si sono resi evidenti già da lungo tempo,

impegnano il Governo:

   a proporre in sede di Unione europea l'avvio di una missione dell'Unione europea ex-articolo 44 del trattato dell'unione europea finalizzata a contrastare l'afflusso illecito di armi verso la Libia, a impedire il traffico illecito di petrolio dalla Libia e a garantire la sicurezza del personale europeo impegnato in missioni umanitarie e di supporto sanitario;
   a presentare, anche in formato cartaceo, le deliberazioni della missione «Ippocrate» e le relative informazioni, secondo la procedura di cui all'articolo 2 della legge n. 145 del 21 luglio 2016.
(7-01086) «Artini, Lo Monte, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco».


   Le Commissioni III e IV,
   ascoltate le comunicazioni rese dal Governo in merito agli sviluppi in atto nella crisi libica;
   prendendo atto, in particolare, di quanto affermato dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dal Ministro della difesa, relativamente ad una richiesta di sostegno inoltrata dal Governo di Accordo Nazionale nei confronti dell'Italia ed all'incertezza delle sorti della battaglia scoppiata tra le milizie del generale Khalifa Haftar e le guardie petrolifere fedeli all'esecutivo diretto da Fayez al Serraj per il controllo di alcuni terminali petroliferi di grande importanza per la sicurezza energetica nazionale;
   ricordando come la cosiddetta Brigata di Misurata abbia subito perdite particolarmente pesanti nella battaglia per liberare Sirte dall'insediamento del cosiddetto Stato Islamico in Libia, non ancora conclusa;
   rilevata la persistente gravità della crisi migratoria che colpisce il nostro Paese, che continua ad essere interessato da un afflusso continuo di irregolari provenienti dalle coste della Libia;
   ritenendo, in ragione del loro operato privo di scrupoli, gli scafisti una minaccia paragonabile a quella rappresentata dalle milizie dello Stato Islamico, in quanto responsabili della morte per annegamento nel Mediterraneo di migliaia di persone;
   sottolineando come da tempo l'Eunavfor Med continui ad operare anche in prossimità delle coste libiche senza tuttavia esercitare apparentemente alcun effetto dissuasivo sugli scafisti;
   evidenziando come al largo della Libia incroci anche una flotta sotto il comando e controllo delle nostre autorità militari, che conduce la cosiddetta operazione «Mare Sicuro» in vista della tutela più ampia degli interessi del nostro Paese sul suolo libico, con un mandato teoricamente più aggressivo nei confronti degli scafisti,

impegnano il Governo:

   ad assumere le iniziative ritenute più opportune, comprese quelle di natura militare, per ottenere lo sradicamento del cosiddetto Stato Islamico da Sirte e da tutto il territorio libico, se necessario riducendo la consistenza dei contingenti armati inviati in teatri più lontani;
   a rinforzare il presidio militare marittimo delle acque antistanti la Libia allo scopo di evitare fughe verso le coste del nostro Paese da parte dei miliziani dello Stato Islamico sconfitti;
   a considerare gli scafisti come una minaccia alla sicurezza del nostro Paese da debellare;
   ad adoperarsi conseguentemente, in sede europea e presso il Governo di accordo nazionale, diretto da Fayez al Serraj per l'approvazione del passaggio dell'eunavfor med alla cosiddetta «terza fase», che implica un contrasto ai flussi migratori illegali diretti verso l'Europa esteso finalmente anche alle acque territoriali ed al suolo libico, comprensivo di respingimenti militarmente assistiti;
   ad assumere tutte le iniziative ritenute opportune per impedire che i terminal petroliferi che riforniscono il nostro Paese cadano nelle mani di forze ostili al governo di accordo nazionale.
(7-01087) «Gianluca Pini, Giancarlo Giorgetti, Caparini, Fedriga, Molteni, Guidesi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   gli enti locali, ai sensi dei combinato disposto dell'articolo 108 del decreto legislativo n. 112 del 1998, e dell'articolo 15 della legge n. 225 del 1992, come modificato dal decreto-legge n. 59 del 2012, sono tenuti a realizzare piani comunali di emergenza finalizzati a gestire nel migliore dei modi le situazioni determinate dal verificarsi di eventi calamitosi;
   il piano di emergenza è uno strumento a forte connotazione tecnica, fondato sulla conoscenza dalle pericolosità e dei rischi che investono i diversi territori, e rappresenta l'insieme delle procedure operative di intervento per fronteggiare una qualsiasi calamità che possa verificarsi in un determinato territorio; attraverso il piano d'emergenza viene recepito il programma di previsione e prevenzione in modo da permettere alle autorità competenti di predisporre e coordinare gli interventi di soccorso a tutela della popolazione e dei beni in un'area a rischio;
   il piano di emergenza svolge ima funzione fondamentale per garantire con ogni mezzo il mantenimento del livello di vita «civile» profondamente segnato da una circostanza che comporta gravi disagi fisici e psicologici;
   il piano suddiviso in tre parti fondamentali – parte generale, lineamenti della pianificazione, modello d'intervento – individua i soggetti responsabili delle singole azioni di intervento, stabilisce il coordinamento delle attività, descrive le modalità di tutela delle persone e delle proprietà, organizza il personale e i mezzi; il piano predispone altresì le iniziative necessarie per migliorare le condizioni di vita degli eventuali sfollati;
   il piano di emergenza comunale, le norme di comportamento da tenere in caso di sisma rilevante unitamente alla classificazione sismica del comune di residenza, dovrebbero essere portati a conoscenza dei cittadini, affinché possano svolgere un ruolo attivo nella gestione dell'emergenza e nella prevenzione e mitigazione dei rischi ad essa connessi. È evidente che tale circostanza presupponga una corretta conoscenza del fenomeno e una costante azione di informazione e sensibilizzazione;
   nel caso del sisma che ha colpito l'Abruzzo il 6 aprile 2009, il decreto-legge n. 39 del 2009 ha previsto la possibilità per le regioni di stanziare contributi a fondo perdute a favore dei privati al fine di mettere in sicurezza gli edifici prospicienti le «vie di fuga» individuate nei vari piani comunali di protezione civile;
   nei piani di emergenza non sono previste misure di emergenza specificamente per la tutela della vita degli animali domestici e da allevamento;
   nei piani di emergenza non risultano essere contenuti dati e informazioni sulla presenza di amianto negli edifici, segnatamente quelli pubblici;
   il piano necessita di un continuo aggiornamento, anche sulla base dei mutamenti delle condizioni territoriali e urbanistiche;
   i piani di emergenza comunali avrebbero dovuto essere redatti secondo i criteri e le modalità riportati nelle indicazioni operativa dai dipartimento della protezione civile e delle giunte regionali e approvati entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge n. 100 del 12 luglio 2012 (di conversione del sopra citato decreto-legge n. 59 del 2012);
   l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 2003 obbliga la verifica sia degli edifici di mietesse strategico e delle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile» sia degli edifici e delle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso;
   allo stato attuale, a quattro anni di distanza dall'obbligo normativo non tutte le regioni italiane hanno comunicato l'elenco dei comuni dotati di un piano e, in ogni caso, solo in cinque regioni tutti i comuni hanno predisposto il piano, mentre nelle altre ci sono molte amministrazioni ancora, inadempienti; in sostanza su 7954 comuni italiani ben 1795 – pari al 23 per cento, quasi un comune su quattro – sono ancora senza piano di emergenza;
   in caso di inottemperanza sono previsti poteri sostitutivi da parte delle regioni –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare in relazione alle descritte situazioni di inadempienza concernenti la redazione dei piani di emergenza comunali in modo da garantire che ogni singolo comune sia dotato di uno strumento efficace per affrontare eventuali situazioni di emergenza;
   se il Governo intenda avviare, anche attraverso un'interlocuzione con le regioni, un monitoraggio sui piani esistenti per verificare che siano correttamente aggiornati, anche sotto il profilo tecnico, e se siano adeguati all'organizzazione e alla gestione delle comunità territoriali colpite da eventi calamitosi;
   se il Governo disponga di elementi circa le motivazioni per le quali molti comuni non hanno ancora redatto il piano di cui in premessa, se del caso, comunicando quali tra i comuni inadempienti ricadano nelle aree a rischio sismico classificate 1 e 2;
   se, considerato il fatto che molti piccoli comuni potrebbero essere carenti sotto il punto di vista delle professionalità necessarie a redigere i piani di emergenza, non ritenga sia possibile mettere a disposizione delle amministrazioni locali una struttura tecnica in grado di supportarli in questo tipo di attività;
   se il Governo non ritenga di prevedere apposite misure in conseguenza della possibile presenza di amianto in residui o macerie in esito a crolli dovuti ad eventi sismici;
   quale sia lo stato di attuazione del comma 3 dell'articolo 2 della citata ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3274 del 2003 in tema di verifica sismica delle opere infrastrutturali e degli edifici strategici;
   se il Governo intenda utilizzare lo strumento della «Pubblicità Processo» attraverso le reti TV, Radio e siti web, per diffondere le norme di comportamento da tenersi prima, durante e dopo il sisma;
   se il Governo, anche alla luce dell'ammontare dei contributi a fondo perduto erogati dalle regioni nel caso del sisma d'Abruzzo, non ritenga di proporre un sistema analogo per il sisma del 24 agosto 2016 oppure esporre le eventuali criticità che ne sconsigliano la riproposizione;
   se il Governo non intenda, nelle zone caratterizzate da alta intensità di allevamenti, prevedere specifiche misure d'urgenza per provvedere alla tutela degli animali, salvaguardando la fonte di reddito per aziende e cittadini.
(2-01461) «Terzoni, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Zolezzi, Massimiliano Bernini, Villarosa, Alberti, Ferraresi, Agostinelli, Cecconi, Gallinella, Ciprini, Vignaroli, Lombardi, Di Battista, Colletti, Vacca, Del Grosso, Baroni, Basilio, Battelli, Benedetti, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   come rilevato dalla stampa nazionale, Guido Piacentini, vicepresidente del colosso americano dell’e-commerce Amazon, potrebbe essere nominato commissario straordinario per l'Agenda digitale a titolo rigorosamente gratuito, mettendosi in aspettativa da Amazon: il che significa, in buona sostanza che, dopo essere stato al servizio del Governo italiano per un certo periodo di tempo, potrà tornare in azienda e per quel periodo non riceverà alcuno stipendio né dall'azienda, né dal Governo italiano;
   secondo quanto risulta agli interpellanti, stando al contratto con Amazon, Guido Piacentini percepisce 175.000 euro di stipendio base annuo, ma il vero guadagno deriverebbe dalle stock option, ovverosia il diritto ad acquistare azioni dalla società a un prezzo prestabilito. Il 17 agosto scorso, Guido Piacentini avrebbe lasciato l'incarico nella società ma due giorni prima, però – stando ai dati del sito specializzato Scgems – ha esercitato stock option su 5.477 azioni, acquistandole al prezzo di 10 centesimi di dollaro l'una e poi le ha rivendute a 770 dollari a pezzo: 547 dollari spesi, 4,2 milioni incassati. Il volume di azioni in capo a Guido Piacentini, peraltro, non sarebbe mai cambiato, consiste in circa 80.000 titoli che corrispondono al valore di 62,4 milioni di dollari. In pratica è il secondo più grande azionista individuale di Amazon dopo Bezos, Presidente di Amazon;
   Guido Piacentini, dunque, non ha troncato i rapporti con la propria azienda di riferimento e tale circostanza in qualsiasi altro Paese occidentale avrebbe troncato qualsiasi possibilità di ricevere un incarico governativo;
   il nome di Amazon, come noto, è anche circolato insieme a quello di Apple e Google nei mesi scorsi in relazione a un'inchiesta della procura di Milano per elusione fiscale. Apple ha dovuto pagare 318 milioni di euro, Google 320 milioni di euro. E su Amazon era stato aperto un fascicolo a carico di ignoti, senza ipotesi di reato. Vi sarebbero poi talune questioni legate ai mercati in cui Amazon è un player fondamentale. Dalle spedizioni (Bezos intende creare un servizio di corrieri interni all'azienda) ai servizi di sviluppo del cloud (in parole semplici, una nuvola virtuale in cui conservare i dati): proprio quelli che farebbero tanto comodo alla digitalizzazione della pubblica amministrazione italiana;
   si rileva, inoltre, che il quadro strategico nazionale per la sicurezza dello spazio cibernetico, elaborato da tavolo Tecnico Cyber (TTC) – che opera presso il Dis (dipartimento per le informazioni per la sicurezza) e al quale partecipano i rappresentanti cyber del Cisr (affari esteri e della cooperazione internazionale, interno, difesa, giustizia, economia e finanze, sviluppo economico), ma anche dell'Agenzia per l'Italia Digitale e del Nucleo per la sicurezza cibernetica – delinea le linee strategiche nazionali nel medio-lungo periodo deputate a fornire una panoramica delle principali minacce – dalla criminalità informatica allo sfruttamento delle tecnologie Ict per fini terroristici, dall’«hacktivismo» allo spionaggio cibernetico, dal sabotaggio per via informatica ai conflitti nella 5a dimensione – e delle vulnerabilità sfruttate per la conduzione di attacchi nello spazio cibernetico. Il documento, oltre a definire i ruoli e i compiti dei soggetti pubblici, individua inoltre: 1) strumenti e procedure per potenziare le capacità cibernetiche del Paese; 2) gli indirizzi strategici che includono il miglioramento, secondo un approccio integrato, delle capacità tecnologiche, operative e di analisi degli attori istituzionali; 3) il potenziamento delle capacità di difesa delle infrastrutture critiche nazionali e degli attori di rilevanza strategica per il sistema-Paese; 4) l'incentivazione della cooperazione tra istituzioni e imprese nazionali; 5) la promozione e la diffusione della cultura della sicurezza cibernetica; 6) il rafforzamento delle capacità di contrasto alla diffusione di attività e contenuti illegali online; 7) il rafforzamento della cooperazione nazionale in materia di sicurezza cibernetica;
   la nomina di Guido Piacentini a commissario straordinario per l'Agenda digitale appare particolarmente critica e foriera di potenziali conflitti di interesse anche per il fatto che dovrebbe conoscere tutti le scelte del Governo in materia di pubblica amministrazione digitale, dettagli del mercato e concorrenti di Amazon in Italia, per non parlare della politica fiscale e delle iniziative che ci si aspetta ormai da anni che l'Esecutivo adotti per introdurre la cosiddetta «Web-Tax» che stranamente non ha visto luce sino ad oggi, nonostante le promesse fatte anche dallo stesso Presidente del Consiglio dei ministri;
   la legge italiana sul conflitto di interessi (legge 20 luglio 2004, n. 215, cosiddetta legge Frattini), applicabile anche ai commissari straordinari di nomina governativa, prevede espressamente all'articolo 2, comma 3, che «gli incarichi e le funzioni indicati al comma 1 cessano dalla data del giuramento relativo agli incarichi di cui all'articolo 1 e comunque dall'effettiva assunzione della carica; da essi non può derivare, per tutta la durata della carica di governo, alcuna forma di retribuzione o di vantaggio per il titolare. Le attività di cui al comma 1 sono vietate anche quando siano esercitate all'estero». E inoltre, all'articolo 3, che «Sussiste situazione di conflitto di interessi ai sensi della presente legge quando il titolare di cariche di governo partecipa all'adozione di un atto, anche formulando la proposta, o omette un atto dovuto, trovandosi in situazione di incompatibilità ai sensi dell'articolo 2, comma 1, ovvero quando l'atto o l'omissione ha un'incidenza specifica e preferenziale sul patrimonio del titolare, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado, ovvero delle imprese o società da essi controllate, secondo quando previsto dall'articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, con danno per l'interesse pubblico» –:
   se il Governo non abbia considerato la circostanza di un potenziale conflitto di interesse in capo a Guido Piacentini che, nel periodo a servizio del Governo italiano a titolo gratuito, potrebbe trovarsi a parere degli interpellanti nelle condizioni di favorire gli interessi dell'azienda dove dovrebbe rientrare dopo il termine del periodo di aspettativa, ovvero Amazon, dove detiene peraltro un considerevole pacchetto di stock option;
   se la nomina di Guida Piacentini a commissario straordinario per l'Agenda digitale risulti compatibile con le disposizioni previste dalla legge sul conflitto di interessi 20 luglio 2004, n. 215, ove si ponga a mente che l'incompatibilità del commissario straordinario ricorre se questi riceve ancora una «forma di vantaggio» dal suo precedente incarico oppure se partecipa all'adozione di un atto o una semplice omissione ha un'incidenza specifica e preferenziale sul suo patrimonio;
   se il Governo sia in grado di chiarire se Guido Piacentini, vicepresidente di Amazon, avrà o meno un ruolo di rilievo con riferimento alla cybersecurity italiana;
   se il Governo non intenda adottare ogni iniziativa di competenza finalizzata ad introdurre già con la prossima manovra di bilancio 2017 la cosiddetta web tax.
(2-01462) «Scotto, Marcon, Melilla».

Interrogazioni a risposta orale:


   VEZZALI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   lo sport è da sempre conosciuto come promotore di valori positivi da tramandare e insegnare sin dall'infanzia e, per questo, ambiente ideale per la promozione della parità di genere;
   nello sport prevalgono il senso della lealtà e il rispetto del prossimo: lo sport unisce, abbatte barriere, favorisce l'integrazione;
   lo sport non fa differenza fra colore, etnia, religione, orientamento sessuale e ciò consente, grazie alla pratica sportiva, uno sviluppo coscienzioso, razionale e consapevole dell'individuo;
   allo sport manca ancora una effettiva equiparazione di trattamento economico fra uomini e donne e considera la maggior parte delle discipline femminili dilettantistiche;
   una disparità consentita in Italia poiché una norma del 1981 – scritta per regolare i rapporti di lavoro nel mondo del calcio e poi estesa a tutti gli sport – conferisce il potere alle federazioni, sulla base delle direttive impartite dal Coni, di stabilire quali sport siano da considerarsi professionistici e quali no;
   dopo 35 anni, questa situazione economicamente più conveniente, sostiene il dilettantismo;
   ciò significa che le donne, qualsiasi sport pratichino, indipendentemente dalle vittorie, dai record e dalle medaglie olimpiche conquistati, sono considerate dilettanti, con i limiti che questa dimensione porta con sé: disparità di trattamento economico, nessuna tutela in caso di maternità, in alcuni casi nessuna posizione previdenziale e infortunistica;
   in ambito sportivo una donna guadagna almeno il 30 per cento in meno di un collega e tante sono le atlete che si sono trovate a firmare la cosiddetta «clausola antimaternità» che le mette nella condizione di dover scegliere fra attività e famiglia;
   le donne più conosciute, possono vivere di sponsor o essere testimonial negli spot pubblicitari;
   l'alternativa concreta è entrare a far parte delle squadre dei corpi militari così da riuscire a guadagnare lo status di dipendente pubblico e la possibilità di mantenere lo stipendio anche oltre gli anni dell'agonismo;
   questo stato di cose permane in Italia nonostante la risoluzione 32/130 del 1977 con la quale l'Organizzazione delle nazioni unite riconosceva il diritto allo sport come diritto dell'uomo perché legato alla funzione educativa, culturale e sociale; la Carta Internazionale dello sport e dell'educazione fisica adottata dall'UNESCO nel 1978; la Convenzione di New York per l'eliminazione di tutte le discriminazioni contro le donne; la Dichiarazione di Pechino e la Piattaforma d'Azione del 1995 che, oltre a affrontare l'argomento della discriminazione di genere nello sport, sottolineano la necessità di incentivare la partecipazione delle donne nei processi decisionali del mondo sportivo;
   l'Unione europea è intervenuta più volte per denunciare la disparità di genere nell'accesso e nello svolgimento dell'attività sportiva; nel 2003 ha adottato la risoluzione donne e sport (2002/2280 (INI)) nella quale lo sport femminile è definito come espressione del diritto alla parità e alla libertà di tutte le donne;
   questa risoluzione sollecita gli Stati membri e il movimento sportivo a eliminare la distinzione tra pratiche maschili e femminili «nelle procedure di riconoscimento delle discipline di alto livello» e chiede alle federazioni nazionali e alle autorità di tutela di «assicurare alle donne e agli uomini parità di accesso allo statuto di atleta di alto livello, garantendo gli stessi diritti in termini di reddito, di condizioni di supporto e di allenamento, di assistenza medica, di accesso alle competizioni, di protezione sociale e di formazione professionale, nonché di reinserimento sociale attivo al termine delle loro carriere sportive» e chiede alle autorità di governo e sportive di «garantire l'eliminazione delle discriminazioni dirette e indirette di cui sono vittime le atlete nell'esercizio del loro lavoro»;
   l'Unione europea ha dichiarato il 2007 «Anno europeo delle pari opportunità per tutti», insistendo sul superamento delle discriminazioni e promuovendo la parità di genere in tutti i campi; ha esortato gli Stati membri a mettere in campo azioni positive per contrastare e ridurre la criticità della situazione femminile, in particolare l'accesso e la permanenza del mondo del lavoro;
   la Commissione europea ha presentato un Libro bianco sullo sport nel quale si legge che l'attività sportiva è soggetta all'applicazione del diritto comunitario (...) come il divieto di discriminazione in base alla nazionalità, le norme relative alla cittadinanza dell'Unione e la parità uomo donna per quanto riguarda il lavoro;
   secondo quanto riportato dall'ultimo rapporto Coni (2014), la quota di popolazione femminile che pratica sport è pari al 24 per cento del totale;
   l'ammontare dei premi riconosciuti alle atlete è pari a circa il 50 per cento di quello riconosciuto ai maschi nella stessa specialità;
   una sola federazione sportiva, la Federazione italiana sport equestri (FISE), è stata presieduta da una donna;
   a tutt'oggi, in Italia, nessuna disciplina sportiva femminile è qualificata come professionistica; le donne sono considerate dilettanti anche nelle federazioni (in Italia solo 6) che prevedono il professionismo per gli uomini (calcio, ciclismo – solo per le gare su strada –, motociclismo, pugilato, golf e pallacanestro);
   la legge n. 91 del 1981 prevede, infatti, da un lato l'attività sportiva professionistica svolta nell'ambito di società di capitali, dall'altro l'attività sportiva dilettantistica svolta da sportivi e da associazioni sportive dilettantistiche, cooperative e di capitali senza scopo di lucro;
   pur riconoscendo l'autonomia dell'ordinamento sportivo (nel distinguere fra professionismo e dilettantismo) va ricordato che in Italia persiste una carenza normativa che non ha ragione di rimanere tale e che dovrebbe essere colmata;
   dovrebbe risultare inaccettabile per l'interrogante questo stato di cose per un Governo che persegue il fine della legalità e della trasparenza e che vuole affrontare il nodo delle riforme come spartiacque fra immobilismo e innovazione –:
   se il Governo non ritenga superato lo status quo e necessaria una riforma della legge n. 91 del 1981, al fine di assicurare, come peraltro ribadito a livello internazionale da Europa e Unesco, quella parità di genere che non può rimanere solo una lista di buoni propositi, ma deve trasformarsi in azioni concrete e tangibili;
   se non ritenga, come suggerito dal presidente dell'INPS Tito Boeri, di assumere iniziative per introdurre forme previdenziali obbligatorie per tutti gli sportivi che praticano attività agonistica;
   se non ritenga che sia arrivato il momento di definire professionistico l'impegno costante e totalizzante di migliaia di donne che praticano sport a livello agonistico e che oggi sono costrette ad accettare «clausole antimaternità» per giocare nei club;
   se non ritenga necessarie assumere iniziative per prevedere un contratto ad hoc per gli sportivi che consenta alle società sportive la sostenibilità dei costi e l'eliminazione della discriminazione che oggi è presente fra professionisti (uomini) e dilettanti (donne) al fine di superare il discrimine costituzionale che vuole medesime opportunità per tutti senza distinzione alcuna;
   alla vigilia delle decisioni CIO sulla candidatura del nostro Paese ad ospitare i giochi olimpici e paralimpici di Roma 2024, se non ritenga necessario assumere iniziative per equiparare a livello contrattuale le performances di donne e uomini che praticano agonismo visto che per impegno e risultati le donne nulla hanno da invidiare ai colleghi maschi se non lo status di «lavoratore». (3-02474)


   RICCIATTI, SCOTTO, ZARATTI, PELLEGRINO, MELILLA, PANNARALE, GIANCARLO GIORDANO, FRATOIANNI, PIRAS, QUARANTA, MARCON, COSTANTINO, NICCHI, SANNICANDRO, FERRARA, PLACIDO, AIRAUDO, D'ATTORRE, DURANTI, FAVA, MARTELLI, FASSINA, GREGORI e KRONBICHLER. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la provincia di Macerata ha annunciato che per la messa in sicurezza di diversi istituti scolastici saranno necessari dei lavori che verranno completati alcuni il 19 e altri il 26 di questo mese. A Tolentino e Camerino sarà probabile il rinvio dell'inizio delle lezioni;
   con buona probabilità saranno ben dieci le scuole superiori che non potranno essere pronte con l'inizio del nuovo anno scolastico e i lavori da fare, a causa del sisma, riguardano la messa in sicurezza degli istituti per i quali, spiega la provincia in una nota, gli interventi «superano abbondantemente i 400mila euro»;
   Antonio Pettinari, presidente dell'area vasta, spiega «Abbiamo fatto le verifiche e visto dove era possibile intervenire. Al professionale di San Ginesio è stato necessario il trasferimento alla ex pretura. Mentre sulle altre scuole, dichiarata la somma urgenza abbiamo iniziato subito i lavori, ma sono opere di messa in sicurezza e quindi abbastanza consistenti. Oggi abbiamo comunicato ai sindaci quando noi presumiamo di finire i lavori. Prima che siano finiti non consideriamo usufruibili quegli spazi. Più veloce di così non era possibile»;
   la provincia prevede entro il 19 settembre 2016 che saranno conclusi i lavori all'Ita Garibaldi di Macerata, all'Itis di San Severino (dove comunque le lezioni dovrebbero iniziare regolarmente), all'Itc Filelfo di Tolentino, al liceo classico e scientifico di Camerino. Il 26 settembre i lavori dovrebbero essere conclusi all'alberghiero di Cingoli, al liceo socio-pedagogico di Cingoli, allo scientifico e al classico di Tolentino. A Camerino e a Tolentino l'inizio delle lezioni potrebbe venire rinviato. All'alberghiero di Cingoli (dove le lezioni dovevano cominciare l'8 settembre) dovrebbero riuscire a trovare una sistemazione per gli studenti in modo da cominciare il 15 settembre –:
   se siano a conoscenza di tale situazione e cosa intendano fare, per quanto di competenza, per riparare ai problemi legati a vicende strutturali come personale scarso ed insegnanti trasferiti in una regione già fortemente colpita dal terremoto e che – ancora oggi – subisce scosse sismiche. (3-02475)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo editoriale Espresso-Repubblica ha venduto ad imprenditori privati i suoi quotidiani dell'Abruzzo (Il Centro) e di Salerno (la Città);
   le modalità della vendita sono state comunicate, a giudizio dell'interrogante scorrettamente, in videoconferenza ai sindacati dei giornalisti e dei poligrafici senza alcun confronto di merito e ciò ha provocato la proclamazione immediata di 2 giorni di sciopero;
   la preoccupazione è non solo dei lavoratori per la loro occupazione e professionalità, ma anche della società abruzzese che perde l'unico quotidiano regionale, peraltro di proprietà del più grande gruppo editoriale italiano;
   si teme un impoverimento del patrimonio editoriale del Centro sud del nostro Paese con l'uscita di 2 quotidiani dalla realtà nazionale dei 18 quotidiani locali del gruppo dell'Espresso-Repubblica;
   è necessario che si sviluppi subito un confronto tra il gruppo Espresso-Repubblica e le organizzazioni sindacali per condividere il progetto industriale e acquisire elementi sulle garanzie professionali ed occupazionali e sulla salvaguardia del presidio informativo rappresentato da questi due quotidiani in Abruzzo e a Salerno –:
   quali iniziative intenda promuovere per salvaguardare la presenza dei due quotidiani in Abruzzo e a Salerno e così l'occupazione e la professionalità dei suoi lavoratori acquisita in decenni di duro ed apprezzato lavoro giornalistico e culturale, nonché la libera informazione in realtà così importanti dell'Italia centro meridionale. (4-14137)


   SPADONI, DI BATTISTA, GRANDE, SIBILIA, SCAGLIUSI, MANLIO DI STEFANO e DEL GROSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il 31 agosto 2016, a Khartoum, presso il Ministero della difesa della Repubblica del Sudan, si è tenuta una conferenza stampa in cui rappresentanti sudanesi dell'esercito, della sicurezza nazionale e della polizia hanno reso pubblico il loro contributo nel controllo dei flussi migratori, avanzando nuove richieste, per poter svolgere al meglio il controllo delle frontiere;
   Yasser Arman, segretario del Sudan People's Liberation Movement-North (SPLMN), il gruppo ribelle che opera in Sud Kordofan, regione meridionale del Sudan ma contesa dal Sud Sudan, sostiene che ci sono «accurate informazioni secondo cui esiste un piano dell'Unione europea per finanziare le Rapid Support Forces (RSF, il nome ufficiale dei gruppi janjaweed, ovvero gli appartenenti alle truppe irregolari islamiche che dal 2004 sostengono il governo sudanese nella guerra civile in Darfur). In particolare, la Germania metterebbe a disposizione il denaro necessario mentre all'Italia è stato affidato il supporto logistico»;
   tale accusa è stata confermata ad Africa ExPress da fonti diplomatiche delle Nazioni Unite a Khartoum;
   Yasser Arman sostiene anche che la messa in opera del piano è cominciata tre mesi fa: «Affida ufficialmente ai janjaweed di proteggere i confini del Sudan con il pretesto che occorre combattere l'immigrazione illegale verso l'Europa, oltre al traffico di essere umani e al terrorismo»;
   durante la citata conferenza, il comandante delle Rapid Support Forces (RSF), di fatto i tristemente noti janjaweed, al diretto comando de National Intelligence Security Services (NISS), ha dichiarato che i suoi uomini sono impegnati nel contrasto delle migrazioni irregolari e del traffico degli esseri umani per conto dell'Europa, chiedendo maggiori mezzi e riconoscimenti da parte dell'Unione europea;
   la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio COM(2016)447 del 5 luglio 2016 che modifica il regolamento (UE) n. 230/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014 inserisce un nuovo articolo nel titolo II del regolamento (UE) n. 230/2014 al fine di estendere l'assistenza dell'Unione, in circostanze eccezionali, al potenziamento delle capacità degli operatori militari nei Paesi partner, al fine di contribuire allo sviluppo sostenibile e in particolare all'instaurazione di società pacifiche e inclusive;
   ai sensi dell'articolo 3 (ex articolo 2 del TUE), «L'Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli»; inoltre «L'Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l'asilo, l'immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest'ultima» e «Nelle relazioni con il resto del mondo l'Unione afferma e promuove i suoi valori e interessi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini. Contribuisce alla pace, alla sicurezza, allo sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo, all'eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti del minore, e alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite»;
   il network Africa Monitors, che dall'Uganda monitora i movimenti dei rifugiati nel continente, ha pubblicato una serie di documenti basati su testimonianze di prima mano: secondo l'organizzazione, il governo del Sudan sta utilizzando quei miliziani contro i rifugiati eritrei che cercano di muoversi verso il Mediterraneo;
   durante la conferenza del 31 agosto 2016 ha preso la parola anche il capo delle citate RSF, il generale Hametti (il suo vero nome è Mohammed Hamadan Dagalo) il quale ha ribadito che il mandato del suo lavoro (controllare il confine) gli è stato conferito in base agli accordi del suo Paese con l'Europa;
   durante la conferenza stampa il portavoce delle RSF ha fornito alcuni dati: 25 suoi uomini sono stati uccisi e 315 feriti. Inoltre, 151 auto sono andate distrutte. Oltre 800 migranti sono stati arrestati, assieme a 9 organizzatori dei traffici. È stato poi rivelato che una commissione dell'Unione europea è stata accompagnata dalle RSF al confine con la Libia;
   dalla stampa si apprende che, in un prossimo futuro, è atteso in Italia un gruppo di janjaweed per l'addestramento necessario e inoltre l'accordo non è stato ancora reso operativo e i tempi non sono stati fissati, ma a Khartoum sembra stiano già discutendo su chi mandare in missione nel nostro Paese –:
   di quali elementi disponga il Governo circa i fondi dell'Unione europea o del Fondo europeo di sviluppo utilizzati per finanziare il rafforzamento dei controlli delle frontiere sudanesi;
   se non ritenga di voler fornire precise informazioni circa il supporto fornito al Ministro della difesa sudanese e sulle notizie relative all'addestramento dei janjaweed;
   come ritenga, con riferimento alle iniziative europee di cui in premessa, che sia stato rispettato l'articolo 3 del Trattato sull'Unione europea per quanto concerne gli obiettivi dell'Unione europea per la tutela dei diritti umani. (4-14159)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE, MATARRELLI, PASTORINO, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS e TURCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il 4 settembre 2016 il segretario generale del Sudan People Liberation Movement-North (SPLM-N) Yasser Arman, in una dichiarazione alla stampa, ha lanciato gravi e precise accuse all'Unione europea di finanziare i gruppi janjaweed Rapid Support Forces (RSF), per frenare il flusso dei clandestini dall'Africa: «In particolare la Germania metterebbe a disposizione il denaro necessario, mentre all'Italia è stato affidato il supporto logistico». Accuse confermata al quotidiano on-line Africa ExPress da fonti diplomatiche delle Nazioni Unite a Khartoum;
   fonti di stampa riferiscono che, contro il traffico di esseri umani e la lotta per contenere l'immigrazione dall'Africa, l'Italia è stata incaricata di dare supporto logistico al Governo sudanese il quale, per controllare i confini con la Libia e l'Egitto, si avvale degli RSF, i miliziani janjaweed (ai quali è stato dato un nuovo nome «regolare» e meno riconducibile alle atrocità commesse), diventati famosi per il Darfur, dove bruciavano i villaggi, stupravano le donne, uccidevano gli uomini e rapivano i bambini per renderli schiavi;
   anche il network Africa Monitors, che dall'Uganda monitora i movimenti dei rifugiati nel continente, ha pubblicato una serie di documenti che confermerebbero che il Presidente del Sudan, Omar al Bashir, sta utilizzando quei miliziani contro i rifugiati eritrei che cercano di muoversi verso il Mediterraneo (https://africamonitors.org);
   già il 31 luglio 2016 il « Fatto Quotidiano», riferiva la notizia secondo la quale la Commissione europea a inizio luglio ha pubblicato una bozza di proposta per fornire 100 milioni di euro alle forze armate di alcuni Paesi africani (tra queste le RSF sudanesi) con lo scopo di bloccare i migranti diretti prima in Libia e poi in Europa. Questo piano si inserisce all'interno del processo di Khartoum, lanciato durante il semestre italiano di Presidenza dell'Unione europea nella seconda metà del 2014, che prevede di trasferire sui Paesi terzi, di transito e di origine, il compito di «difendere» le frontiere europee di fronte ad un crescente afflusso di migranti, aumentando i controlli anche attraverso l'agenzia FRONTEX e realizzando operazioni di respingimento verso i Paesi di origine;
   il 30 agosto 2016 il comandante delle RSF Mohamed Hamadan Dagalo, conosciuto anche come Hemeti, ha confermato con una dichiarazione di stampa il legame economico e logistico con l'Unione europea: Hemeti ha affermato che le truppe RSF stanno combattendo «il traffico di esseri umani [...] combattiamo gli immigrati illegali a nome dell'Europa», con costi notevoli in termini di uomini e mezzi senza che l'Unione europea abbia «espresso la propria gratitudine»;
   è bene ricordare che, sia il presidente al-Bashir che Hemeti sono accusati di crimini contro l'umanità in quanto artefici della violenza genocida durante la guerra civile del Darfur. Ma nessuno è ancora riuscito a portarli di fronte a una giuria;
   il 6 settembre l'Unione europea, attraverso il portavoce europeo riguardante la cooperazione dell'Unione europea in Sudan, ha smentito di aver fornito supporto alle Rapid Support Forces e ha affermato che «l'assistenza dell'Unione Europea al Sudan si effettua sia a livello bilaterale che regionale attraverso le agenzie internazionali e le ONG e non attraverso il governo sudanese» –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti finora descritti e intenda chiarire le notizie riportate in premessa;
   se non ritenga opportuno informare nel dettaglio, in cosa consiste il suo incarico di supporto logistico allo Stato del Sudan, nell'ambito del processo di Khartoum e del controllo dei flussi dei migranti dall'Africa. (4-14161)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta immediata:


   MATARRESE, DAMBRUOSO, VARGIU e PIEPOLI. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si evince dalla relazione al disegno di legge «Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2015. C. 3973 Governo», approvata dalla VIII Commissione della Camera dei deputati in data 2 agosto 2016, «(...) anche l'esame dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare evidenzia una consistente mole di residui al 31 dicembre 2015 (...)»;
   in particolare, «(...) nella relazione della Corte dei conti viene evidenziato, peraltro, che l'accumulo dei residui interessa anche gli interventi per il superamento delle procedure di infrazione sulle discariche abusive e sulla depurazione delle acque reflue, ai quali sono destinate le risorse, rispettivamente, dei capitoli 7512 “Fondo per il finanziamento di un piano straordinario di bonifica delle discariche abusive” e 1822 “Fondo per la tutela e la gestione delle risorse idriche, finalizzato a potenziare la capacità di depurazione dei reflui urbani”, ognuno dei quali ha una dotazione di 30 milioni di euro, nell'ambito del programma 18.12 “Gestione delle risorse idriche, tutela del territorio e bonifiche” (...)»;
   in proposito, la Corte dei conti evidenzia «(...) che le regioni non hanno presentato istanza di erogazione delle risorse e che non è stato operato alcun trasferimento delle risorse di competenza ad amministrazioni locali (...)»;
   le notizie riferite dalla Corte dei conti appaiono rilevanti e preoccupanti, soprattutto in considerazione della necessità di riduzione non solo dei danni ambientali causati dalle discariche abusive e dalla mancanza di adeguata depurazione delle acque reflue, ma anche dell'obbligo di azzeramento delle procedure di infrazione alle quali è sottoposta l'Italia –:
   quali siano le regioni che non hanno presentato istanza di erogazione delle risorse citate in premessa, quale sia lo stato di avanzamento delle domande presentate e se disponga di elementi utili riguardo alle problematiche sottese alla mancata richiesta dei fondi. (3-02479)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   alla vigilia del ferragosto 2016 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha approvato il piano della Flumini Mannu, società con sede a Londra, che devasta il territorio agricolo di Decimoputzu a colpi di impianti solari destinati a cancellare centinaia di ettari agricoli;
   ad esprimere il via libera è stata prima delle ferie estive la commissione di valutazione di impatto ambientale, nonostante il parere totalmente contrario del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   un blitz contro comuni, associazioni e soprattutto contro proprietari di quelle aree, allevatori e agricoltori da generazioni, che non solo non hanno mai venduto quei terreni ma sono totalmente contrari a farlo;
   sono due gli aspetti inquietanti: un progetto devastante sul piano ambientale e paesaggistico approvato su terreni di cui la società giapponese, a quanto risulta all'interrogante, non è proprietaria;
   sarebbe il primo caso in Italia di esproprio per una fantomatica pubblica utilità di aree agricole private sottratte ad un allevatore per metterle nelle mani di quelli che appaiono all'interrogante speculatori e faccendieri della pseudo energia rinnovabile;
   un piano scellerato che nasconde quelli che l'interrogante giudica faccendieri e speculatori che pur di far razzia di incentivi milionari pubblici non ci pensano due volte ad occupare terre agricole con il sostanziale avallo di organi dello Stato e il silenzio di molti;
   il primo aspetto più inquietante è che una società privata, a capitali giapponesi, ha presentato un progetto su aree non proprie;
   in quelle aree agricole, in base alle leggi vigenti, «possono essere autorizzati soltanto interventi relativi ad attività agricole e/o strettamente connesse non certo attività di produzione energetica di tipo industriale come quella in progetto»;
   la competenza sulla pianificazione del territorio e urbanistica è esclusiva della regione Sardegna;
   la società Rumini Mannu ltd, con sede legale a Londra (Bow Road, 221), secondo quanto risulta all'interrogante, non dispone in alcun modo delle aree oggetto della proposta di intervento;
   i proprietari di tali aree, come ampiamente documentato e dichiarato, hanno manifestato la piena e totale contrarietà alla cessione dei propri beni, perché rappresentano di fatto la loro ragione di vita –:
   se non ritenga di dover bloccare, per quanto di competenza, qualsiasi ulteriore deliberato, proprio in considerazione dell'assenza del presupposto fondamentale del titolo di proprietà delle aree in cui si vorrebbe realizzare quel progetto;
   se non ritenga di dover predisporre con somma urgenza una puntuale direttiva per evitare il ripetersi di situazioni che prevedano la presentazione di progetti privati alla commissione Via dove non sia preventivamente acquisita la proprietà o eventualmente la concessione delle superfici oggetto dell'intervento. (5-09458)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZOLEZZI, DAGA, MANNINO, TERZONI, BUSTO, DE ROSA, MICILLO e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 193, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 prescrive che:
    «Per gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti e non sono obbligati o non aderiscono volontariamente al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lettera a), i rifiuti devono essere accompagnati da un formulario di identificazione dal quale devono risultare almeno i seguenti dati: a) nome ed indirizzo del produttore dei rifiuti e del detentore; b) origine, tipologia e quantità del rifiuto; c) impianto di destinazione; d) data e percorso dell'instradamento; e) nome ed indirizzo del destinatario.»;
   il decreto del Ministro dell'ambiente 1o aprile 1998 n. 145, di cui al comma 6 del predetto articolo 193 del codice ambientale, prevede la possibilità della pesatura «a destino», ovvero di evitare l'indicazione iniziale della quantità dei rifiuti per riservarsi di indicarla una volta raggiunta la destinazione. Pertanto agli interroganti non risulta chiaro quale principio sottende tale norma che evidentemente non può assicurare il controllo totale della pesatura, potenzialmente esposta a pericolosi doli e ipotetici «aggiustamenti», nella quantità dei rifiuti trasportati: tale lacuna, nella fattispecie ivi indicata, può penalizzare la contabilità dei rifiuti, urbani e speciali, nonché la pianificazione ambientale, che potrebbe essere di gran lunga inattendibile;
   la Corte di Cassazione Penale, Sez. 3o, 28 gennaio 2014 (udienza del 17 dicembre 2013), con la sentenza n. 3692 ha stabilito fra l'altro che «il formulario di identificazione dei rifiuti (FIR) non ha alcun valore certificativo della natura e composizione dei rifiuto trasportato, trattandosi di documento recante una mera attestazione del privato, avente dunque natura prettamente dichiarativa, con la conseguenza che, a differenza di ciò che avviene per la predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti medesimi e di uso di certificato falso durante il trasporto, non sono applicabili le sanzioni penali stabilite dall'articolo 258 del decreto legislativo n. 152 del 2006 con richiamo all'articolo 483 codice penale»;
   la Corte di Appello di Milano, con sentenza del 20 giugno 2014 ha confermato la decisione con la quale, in data 6 marzo 2013, il tribunale di Busto Arsizio aveva affermato la responsabilità penale di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per il reato di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, articolo 260, gli ultimi due anche per il reato di cui all'articolo 640 c.c., reati concretatisi nell'illecita gestione di ingenti quantitativi di rifiuti al fine di procurarsi un ingiusto profitto consistito, per le società facenti capo a (OMISSIS), separatamente giudicato, nel maggior guadagno derivante dal conferimento di rifiuti già selezionati, conferendo una minor parte o lievitando i carichi di rifiuti movimentati, redigendo falsamente i formulari di trasporto (in (OMISSIS) dal (OMISSIS));
   segnatamente, secondo quanto evidenziato dai giudici del merito, il (OMISSIS), gestore di fatto della «(OMISSIS)», aveva concorso nell'illecita attività che l’(OMISSIS) effettuava in località (OMISSIS), gestendo rifiuti di diversa provenienza, fornendogli copertura mediante la redazione di falsi formulari volta ad individuare la (OMISSIS) come destinatario finale di rifiuti; il (OMISSIS), quale amministratore di fatto della «(OMISSIS)», aveva concorso nell'illecita attività che sempre l’(OMISSIS) aveva posto in essere nell'ambito di una bonifica, gonfiandone fittiziamente i costi attraverso la simulazione di viaggi mai avvenuti, documentati mediante formulari falsi predisposti dal (OMISSIS) dietro compenso; il (OMISSIS), infine, formale appaltatore delle opere di bonifica, in quanto in possesso delle necessarie autorizzazioni, subappaltava le stesse all’(OMISSIS) nella consapevolezza della condotta illecita dello stesso;
   sono vari e frequenti i casi, per dolo o colpa, di errata compilazione del FIR. A titolo esemplificativo e non esaustivo, se ne segnalano alcuni più o meno gravi, accaduti negli ultimi due anni, a significare un'abitudine generalizzata ed estesa a livello nazionale:
    in Abruzzo il titolare e i dipendenti di un'azienda di trattamento rifiuti sottraevano olio vegetale esausto dalle apposite campane e lo trasportavano facendo uso di FIR compilati con dati falsi;
    al Lido degli Estensi, in Ferrara, un anno fa, due cittadini romeni pregiudicati sono stati fermati per trasporto illecito di rifiuti, riscontrando fra l'altro la compilazione del FIR con dati falsi;
    in Lombardia meridionale è stato scoperto un traffico illecito di rifiuti (in particolare fanghi) a carico dei vertici della CRE spa: a detta degli inquirenti, il modus operandi ideato dai vertici della C.R.E. spa era ben consolidato anche tra gli altri soggetti coinvolti nella gestione del rifiuto (trasportatori e aziende agricole) e veniva attuato secondo le seguenti fasi: scorretto tracciamento, attraverso false indicazioni sui formulari dei pesi e delle caratteristiche, del rifiuto e quindi percentuale di sostanza secca non rispondenti al vero, riutilizzo dello stesso formulario per più trasporti, comunicazioni di dati falsi alle autorità preposte al rilascio dell'autorizzazione per l'utilizzo agronomico dei fanghi, mancato rispetto di procedure e condizioni previste per ottenere la certificazione ISO 14001.2004 e falsificazioni delle analisi dei terreni;
    a Rho, in provincia di Milano, è stato scoperto uno smaltitore abusivo che si serviva fra l'altro di FIR falsi per certificare l'avvenuto smaltimento (e di conseguenza ottenere il pagamento) di rifiuti mai smaltiti;
    a Tortona, in provincia Alessandria, è in corso un'inchiesta per associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti. L'accusa sostiene che i reati contestati (fra cui la certificazione di trasporti mai effettuati e l'artificioso aumento delle quantità di rifiuti trasportate) sono stati possibili, tramite una falsificazione dei FIR;
   da fonti di stampa (il Corriere della Sera del 2 agosto 2016, pagina 9, a firma di Ernesto Menicucci) risulta che a Roma, in base a quanto dichiarato dall'assessore Paola Muraro, i formulari di identificazione dell'azienda AMA sarebbero difformi addirittura di un 60-70 per cento rispetto a quanto in origine caricato sui mezzi –:
   se non ritenga opportuno, alla luce dell'evidente vetustà ed inadeguatezza del formulario di identificazione rifiuti, assumere iniziative normative che ne disciplinino l'aggiornamento prevedendo, fra l'altro, l'eliminazione della possibilità della pesatura «a destino» dei rifiuti;
   se non ritenga opportuno approfondire, per quanto di competenza, se corrisponda al vero quanto apparso sulle fonti di stampa e, nel caso di un riscontro positivo, estendere la verifica a livello nazionale per l'effettiva attendibilità delle informazioni trasmesse tramite i FIR;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per razionalizzare i criteri di contabilizzazione dei rifiuti in modo da ottenere dati funzionali ad una pianificazione basata su cifre reali, anche prendendo in considerazione il ripristino del reato penale per le compilazioni difformi dei FIR, a suo tempo abolito dal decreto legislativo n. 205 del 2010. (4-14146)


   ZOLEZZI, DAGA, MANNINO, TERZONI, SIMONE VALENTE, DE ROSA, MICILLO, VIGNAROLI e BUSTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la Baia del Silenzio, collocata nel comune di Sestri Levante, si trova a ridosso di due importanti aree SIC (Sito di interesse comunitario): i fondali di Punta Sestri –IT1333372– e Punta Manata –1171333308;
   dall'estate 2015 vengono segnalate chiazze verdastre maleodoranti nel mare della Baia del Silenzio a Sestri Levante (Genova), una delle spiagge più note d'Italia. Quest'anno l'estensione è incrementata rispetto al 2015, rendendo non appetibile la balneazione nelle aree interessate, oltre 100 metri di battigia erano interessati mediamente da questa sgradevole presenza. Tale fenomeno sta interessando in maniera incrementale altre pregevoli baie sulle coste italiane. Cito quella di San Michele di Pagana sempre nel golfo del Tigullio;
   in data 23 agosto 2016 è stata inviata richiesta all'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente ligure (Arpal) per avere contezza di eventuali studi sui fenomeni di eutrofizzazione a livello delle baie sestresi, su eventuali criticità chimico-fisiche e microbiologiche e sulla presenza di scarichi abusivi. Nella pronta risposta è stato evidenziato come sia in corso da parte di Arpal il monitoraggio della balneabilità, della presenza di alghe come la Ostreopsis ovata (tossica) e della qualità dell'ambiente marino, ricercando e tipizzando il fitoplancton. Arpal ha evidenziato la presenza di microalghe fra cui la Pyramimonas spp presente in Baia del Silenzio con oltre 13 milioni di cellule per litro d'acqua, tingendo l'acqua di colore verde intenso (è sufficiente un milione di cellule per dare la colorazione);
   studi microbiologici nella baia stessa hanno evidenziato Escherichia coli e Enterococchi ampiamente al di sotto del limiti di legge. Il dottore Giovanni Ferretti, responsabile documentazione ambientale dell'ufficio per le relazioni con il pubblico dell'Arpal, ha ricordato come il depuratore di Sestri Levante stia operando in assenza del provvedimento autorizzativo, per la mancanza dei requisiti di conformità previsti. Tali insufficienze strutturali dell'impianto hanno annualmente determinato l'erogazione di sanzioni da parte di Arpal;
   il rapporto dell'istituto superiore di sanità (ISS) del 2005 sulle alghe tossiche, evidenzia come la presenza dell'alga Pyramimonas spp. sia legata a dati climatici (elevata temperatura delle acque), a confinamento degli spazi idrici e a presenza di nutrienti (fosfati e nitrati in particolare ascrivibili soprattutto a scarichi civili non trattati adeguatamente). L'assenza di tossicità della Pyramimonas spp. in realtà è intesa come assenza di tossine che danneggino altre forme di vita direttamente. La sua stessa proliferazione causa il consumo dei nutrienti e dell'ossigeno presenti nell'acqua marina, limitando a valle la possibilità di sopravvivenza per altre specie marine a maggiore profondità;
   i consiglieri comunali del M5S di Sestri Levante, Martino Tassano e Francesco Sartelli, stanno monitorando da tempo la presenza di possibili scarichi abusivi di «acque nere» nelle baie sestresi, arrivando a una parziale esplorazione sotterranea del Rio Ravino insieme ai tecnici del gestore della rete Idrotigullio in data 22 agosto 2016, segnalando evidenti criticità e presenza di scarichi abusivi, rimandando a valutazioni più approfondite che andranno svolte con l'ausilio di tecnici specializzati;
   in data 25 agosto 2016 è stato consegnato al Comandante del porto di Sestri Levante, Francesco Colella, l'esposto presentato da Tassano a Idrotigullio e al comune di Sestri Levante, in cui si ricorda che la manutenzione dell'alveo del rio Ravino e della rete acque bianche e a carico dell'ente comunale, che la manutenzione della rete acque nere è a carico dell'azienda Idrotigullio S.p.A, che l'individuazione di eventuali scarichi abusivi e/o sversamenti causati anche dalla rottura di condotte fognarie è a carico di entrambi gli enti sopracitati e si evidenzia che, a seguito dell'inquinamento delle acque marine, l'ente statale della capitaneria. Di porto riconosciuto nell'ufficio locale marittimo di Sestri Levante è autorizzato, con i propri uomini e mezzi, a risalire il corso fluviale sino al punto di sversamento dell'agente inquinante;
   l'ispezione del lato levante della Baia del Silenzio, a livello delle scogliere, ha mostrato diverse colate maleodoranti verso la Baia, Già in passato i consiglieri M5S avevano chiesto, inascoltati, alla giunta sestrese un'ordinanza per la mappatura degli scarichi e per l'allacciamento alla rete fognaria delle abitazioni soprastanti la baia. Eventuali fosse di Imhoff in questa zona non appaiono adeguate perché possono inquinare il mare. La messa a regime del depuratore esistente o la costruzione di un nuovo depuratore potrà chiaramente migliorare la situazione ma se persisteranno a monte criticità negli allacci alla rete delle acque nere tale intervento sarà parziale;
   tra le altre fonti inquinanti in particolare nelle acque confinate, si segnalano le imbarcazioni a motore in baia, i combustibili marini sono sempre più inquinanti e peggiorano anch'essi l'eutrofizzazione. L'utilizzo di detersivi ricchi di fosfati che confluiscono al mare tramite le acque bianche contribuisce a peggiorare la situazione;
   un altro elemento impattante è l'utilizzo del detergente stradale Qualisan nel territorio comunale. Tale prodotto contiene Alchil Dimetil Benzil Ammoniocloruro e fragranze e riporta i codici H400 e R50 di tossicità acquatica. Sulla costa di Sestri Levante è stato riscontrato un forte odore di disinfettante nei giorni successivi allo spandimento di tale composto. E stata anche evidenziata la riduzione della, fauna ittica in prossimità delle sponde da alcuni anni –:
   quali iniziative per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano assumere per limitare il proliferare delle alghe, i fenomeni di eutrofizzazione in generale e i loro conseguenti effetti negativi sul turismo;
   se si intendano, per quanto di competenza, eseguire monitoraggi sulle mappature degli scarichi abusivi e sulla funzionalità dei depuratori costieri;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda verificare la compatibilità ambientale di Qualisan e detersivi analoghi come detergenti stradali e se intenda stimolare l'utilizzo di detergenti ecosostenibili in particolare nelle aree costiere. (4-14157)


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI, PASTORINO e TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 29 novembre 2011 la società Riccoboni spa, con sede a Parma, ha presentato alla provincia di Alessandria domanda di pronuncia di compatibilità ambientale per progetto di discarica di «rifiuti non pericolosi» di oltre 1.700.000 metri cubi in loc. Casc. Borio del comune di Sezzadio (AL);
   l'area sulla quale il progetto insiste è catalogata dal piano di tutela delle acque (PTA) della regione Piemonte come area di « ricarica delle falde utilizzate per uso umano» e di «RISE», acquiferi di riserva con valenza strategica per le generazioni future (ma, ad oggi, a distanza di nove anni dalla sua nascita, la regione Piemonte non ha ancora definito le disposizioni attuative previste dallo stesso piano di tutela delle acque). Infatti, in tali zone le attività di smaltimento rifiuti risultano incompatibili proprio ai sensi dell'articolo 24 dello stesso piano di tutela delle acque. La stessa regione Piemonte, con nota prot. n. 19043/DB10:00, a seguito di specifica richiesta della provincia di Alessandria afferma testualmente che «viene pertanto riconosciuta l'importanza idrogeologica della zona; il Piano di Tutela delle Acque infatti la considera tra le zone ad elevata qualità indicate come riserve idriche da proteggere. Per quanto di nostra stretta competenza, pur in assenza delle disposizioni attuative di cui al comma 6 dell'articolo 24 delle norme di piano, si rileva che, in applicazione del principio precauzionale introdotto dalle Direttive 2000/60/CE "Quadro per l'azione Comunitaria in materia di acque" e 2006/118/CE "Protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento e dal deterioramento", il sito prescelto non risulta pienamente idoneo per ubicazione e caratteristiche, ad ospitare un impianto di discarica dal momento che l'intervento interessa un territorio che sovrasta un sistema idrico sotterraneo estremamente vulnerabile e vulnerato.»;
   la città di Acqui Terme a fronte delle ripetute emergenze idriche che l'avevano coinvolta nei primi anni 2000 e che avevano portato alla richiesta di dichiarazione dello stato di emergenza, ha realizzato negli anni successivi un progetto che collega il comune di Acqui Terme con il campo pozzi di Predosa, comune confinante con il territorio interessato dall'opera, nel cui sottosuolo è presente il bacino idrico interessato. L'opera di interconnessione (una tubazione di circa 25 chilometri), realizzata con il parziale contributo finanziario APQ Stato/regione Piemonte con un costo finale di circa dieci milioni di euro è stata messa in funzione nel 2008 risolvendo definitivamente i problemi idrici della città. La stessa opera è stata realizzata con una finalità ulteriore di poter sopperire alle emergenze idriche dei comuni limitrofi e, ad oggi, già rifornisce oltre al comune di Acqui Terme, numerosi altri comuni della Valle Bormida;
   al termine dell’iter amministrativo di valutazione di impatto ambientale (durato due anni), in data 26 febbraio 2014 la giunta provinciale con la delibera n. 60 npg 20811, ha espresso parere negativo; nel documento si legge «si ritiene non acquisibile il giudizio di compatibilità ambientale positivo del progetto presentato e successivamente modificato in fase istruttoria, considerato l'esito dei lavori compiuti dalla quarta conferenza dei servizi». Ma tale delibera è stata impugnata dalla società Riccoboni S.p.A. con ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Piemonte n. 606/2014 r.g. presentato in data 5 gennaio 2015. Il Tribunale amministrativo regionale del Piemonte con sentenza n. 318/2015 del 18 febbraio 2015, ha accolto (in tempi a giudizio degli interroganti, inusualmente rapidi ed entrando nel merito tecnico senza peraltro nominare alcun consulente tecnico d'ufficio) il ricorso presentato;
   il comune di Sezzadio ha presentato appello al Consiglio di Stato per l'annullamento e/o riforma, previa sospensione dell'esecuzione della sentenza, il quale con ordinanza 3476/2015 del 30 luglio 2015 ha respinto l'istanza cautelare (la sospensiva) rimandando di fatto ogni decisione alla sentenza che ad oggi deve ancora essere emessa;
   ad oggi ben 24 comuni della Valle Bormida (che a breve diverranno 26), con capofila il comune di Acqui Terme, si sono riuniti in convenzione al fine di tutelare una falda acquifera di enorme importanza per il futuro del territorio e delle future generazioni;
   nonostante la stessa provincia avesse a suo tempo rigettato il progetto, in data 17 febbraio 2016, con decreto del presidente della provincia venivano autorizzati, contro ogni logica aspettativa, l'inizio dei lavori della discarica;
   a seguito di questo decreto alcuni dei comuni firmatari della convenzione hanno presentato al Tribunale amministrativo regionale tre distinti ricorsi contro tale autorizzazione;
   tale progetto si colloca all'interno di un progetto più ampio della società Riccoboni Holding di lavorazione e di smaltimento di rifiuti tossici nocivi e di terre ed acque contaminate nei comuni di Sezzadio e Predosa che insistono totalmente al di sopra di questa importantissima area;
   il territorio della Valle Bormida è stato inserito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri tra le aree «ad elevato rischio di crisi ambientale» a seguito di oltre 100 anni di inquinamento dovuti all'ACNA di Cengio. La Valle Bormida e nel complesso la provincia di Alessandria sono caratterizzati da un'economia agricola di eccellenza che da questo progetto industriale e dai pericoli che lo stesso comporterebbe, potrebbero subire conseguenze devastanti –:
   se il Ministro interrogato in nome del «principio di precauzione», espresso anche dalla Provincia di Alessandria, non ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché possa essere garantita la concreta salvaguardia di un'area strategica come questa, ricca di pregiate falde acquifere sotterranee, che potrebbe essere fortemente compromessa dalla realizzazione dell'impianto in questione. (4-14158)

DIFESA

Interrogazione a risposta immediata:


   LA RUSSA, GIORGIA MELONI, RAMPELLI, CIRIELLI, MAIETTA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. – Al Ministro della difesa. – Per sapere – premesso che:
   a partire dal 1o novembre 2016 la caserma Montello di Milano dovrà ospitare circa trecento immigrati che arriveranno in città;
   stando alle dichiarazioni del prefetto e del sindaco del capoluogo lombardo, tale utilizzo della caserma dovrebbe durare sino alla fine del 2017;
   per permettere alla struttura di ospitare i migranti dovranno essere sgomberati i militari che attualmente vi risiedono, in base alle indicazioni giunte da amministrazione comunale e prefettura, entro il 30 ottobre 2016;
   il previsto impiego della caserma sta generando forte allarme tra i residenti della zona, nella parte settentrionale della città, che temono problematiche legate al degrado e alla sicurezza e hanno già raccolto quattromila firme contro l'iniziativa, anche considerato che non hanno ricevuto alcuna risposta quando hanno chiesto alle istituzioni maggiori dettagli sulle caratteristiche dei migranti che dovranno essere ospitati;
   prima che fosse deciso il trasferimento degli immigrati, la caserma Montello era destinata ad ospitare la sede e il personale del posto di polizia attualmente sito nella caserma Garibaldi, che a sua volta avrebbe ceduto i propri locali in utilizzo all'Università cattolica, e stando a notizie di stampa proprio il mancato rispetto dell'accordo con l'Università costerà circa cinque milioni di euro l'anno di penali;
   se il Ministero della difesa dispone di strutture funzionali come la caserma Montello di Milano, queste strutture a parere degli interroganti devono essere utilizzate per offrire servizi agli italiani e non per accogliere centinaia di sedicenti profughi e immigrati clandestini –:
   se non ritenga di rivedere le determinazioni assunte con riferimento alla caserma di cui in premessa al fine di destinarla ad altro utilizzo. (3-02478)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 3 agosto 2016 in Commissione d'inchiesta sull'uranio impoverito è stato audito tra gli altri il dottor Massimo Cappai dell'Arpas Sardegna delegato della procura della Repubblica di Cagliari;
   il delegato della procura rispondeva ai quesiti dell'interrogante e affermava testualmente: «Partiamo dalle risposte certe. Abbiamo ritrovato numerosi resti di missili Milan in tutto il territorio del poligono, sia nelle aree a terra sia nella penisola. Le aree a terra sono tre. Una si chiama Seddas de Croveddu, un'altra Perda Rosa e la terza area Cogolidus. Seddas de Croveddu si trova all'interno del poligono Alfa. A Seddas de Croveddu e a Perda Rosa ci sono tuttora dei carri bersaglio, nel cui intorno sono stati trovati numerosi resti di missili Milan. Alcuni risultavano avere ancora una parte o tutta la lunetta di torio, quindi erano radioattivi»;
   l'affermazione secondo la quale questi resti dei missili radioattivi sono stati dopo 15 anni rinvenuti ovunque all'interno della base, ad avviso dell'interrogante, stravolge in colpo solo tutte le affermazioni reiterate dei vertici della difesa, dai Ministri ai generali che avevano guidato la base;
   una catena di comando che va dal Ministro della difesa che guidava la difesa nel 1999 quando si iniziò ad usare il materiale radioattivo per arrivare ai giorni nostri con l'attuale Ministro che, a quanto risulta all'interrogante, ha sempre negato la presenza di missili e armamenti radioattivi nel poligono di Teulada;
   si è, dunque, impunemente attentato alla vita dei militari e dei civili che hanno operato in quelle aree inconsapevoli del pericolo che correvano e che corrono;
   tutto questo è avvenuto, nel silenzio più totale con reiterate smentite oppure con affermazioni, secondo l'interrogante, talmente ridicole da sembrare davvero fuori luogo come quella che la presenza della base avesse tutelato l'ambiente;
   ora si scopre che almeno tre grandi aree sono state usate per lanci di missili a contenuto radioattivo –:
   se non ritenga di dover fare immediata chiarezza su questa vicenda;
   se non ritenga di dover individuare tutta la catena di comando che ha consentito questo vero e proprio disastro ambientale con gravissima compromissione dell'intera area del poligono e perseguirla sotto ogni punto di vista, inclusa la segnalazione dei fatti alla competente autorità giudiziaria in relazione a quello che appare un disastro ambientale;
   se non intenda sospendere ogni tipo di esercitazione al fine di avviare una seria bonifica dell'intera area soggetta a tale grave inquinamento e a disastro ambientale. (5-09452)


   PILI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 3 agosto 2016 in Commissione d'inchiesta sull'uranio impoverito è stato audito tra gli altri il dottor Massimo Cappai dell'Arpas Sardegna delegato della procura della Repubblica di Cagliari;
   nel corso dell'audizione l'audito rivelava la presenza di un vero e proprio deposito di componenti radioattive stoccate in un'area definita riservata e radioprotetta;
   un deposito mai autorizzato in un'area definita di importanza comunitaria;
   a domanda precisa se fosse stata resa tracciabile da parte dell'Esercito la rimozione o comunque l'allontanamento dalla base di questo tipo di residuo radioattivo ed eventualmente come, ovvero se c’è un affidamento diretto a una società specializzata o quant'altro il dirigente dell'arpas rispondeva così: «Tutto il materiale che è stato recuperato è custodito all'interno del comando del poligono di Teulada in un'area riservata, nella quale si applicano le norme di radioprotezione. In quell'area è intervenuto più volte il CISAM, l'organismo tecnico interforze dell'Esercito preposto per legge a svolgere questo ruolo. Non abbiamo, però, ancora riscontri di dismissioni, ovvero di cosiddetto “smaltimento”, di queste sorgenti presenti all'interno del comando. Abbiamo chiesto notizia dell'eventuale ritrovamento, ovvero che fine avesse fatto tutto il materiale recuperato dai vari reparti esercitativi che nel corso degli anni avessero effettuato le operazioni di bonifica dopo l'uso dei missili Milan, ma non abbiamo avuto alcuna risposta»;
   lo stesso dirigente, poi affermava: «Ribadisco che noi abbiamo avuto una delega di indagine da parte della procura. In sostanza, non lavoriamo come ARPAS, ovvero come organismo tecnico che svolge il suo ruolo di regione, ma siamo organi tecnici a supporto dell'indagine della procura. Di conseguenza, tutte le interlocuzioni, le domande e le richieste, vengono veicolate direttamente dalla procura»;
   a domanda precisa se di quanto riscontrato di radioattivo fosse disponibile la tracciabilità il dirigente Massimo Cappai rispondeva: «no, non abbiamo avuto nessun riscontro su questo»;
   da queste dichiarazioni emerge, ad avviso dell'interrogante, un dato emblematico: esiste un deposito di materiali radioattivi sconosciuto e mai autorizzato e soprattutto non esiste nessuna tracciabilità di questo materiale radioattivo –:
   se non ritenga di dover chiarire l'esistenza o meno di un'autorizzazione per un deposito temporaneo di scorie radioattive e da chi sia stata rilasciata;
   se non ritenga di dover perseguire, per quanto di competenza, coloro che si sono resi artefici di tale gestione di rifiuti radioattivi nell'area di stoccaggio e della mancata bonifica nelle aree del poligono individuate, anche segnalando i fatti alla competente autorità giudiziaria. (5-09453)


   CAPEZZONE. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   organi di stampa iraniani, italiani e di altri Paesi hanno riferito la notizia della presenza a Teheran, nei giorni scorsi, di una delegazione militare italiana allo scopo – si legge ad esempio su «Fars News» – «di avviare cooperazione e dialogo sul piano militare con l'Iran» –:
   se la notizia corrisponda al vero, e, in caso, come sia stata composta la delegazione;
   quali siano stati gli scopi effettivi della missione;
   se il Governo ritenga o no l'Iran uno Stato tuttora attivo, direttamente o indirettamente, nel sostegno a reti terroristiche considerato che, secondo il Dipartimento di Stato americano, l'Iran è il primo sponsor del terrorismo internazionale;
   come valuti il Governo le reiterate dichiarazioni del Governo iraniano che tuttora confermano l'obiettivo della cancellazione di Israele dalla faccia della terra;
   come si concili la reiterata dichiarazione di amicizia del Governo italiano verso Israele con una più stretta cooperazione politica e militare con chi invece vorrebbe distruggere Israele;
   come sia conciliabile con le linee di politica estera e di difesa italiana collaborare con uno Stato come l'Iran che in Siria, sostiene attivamente il dittatore Assad, e visto che del resto lo stesso esercito regolare iraniano risulta oggi impegnato in Siria;
   se questa collaborazione riguarderà anche l'Iraq, considerando le ripetute azioni sciite risoltesi in massacri ai danni dei sunniti;
   se questa collaborazione riguarderà le forze speciali dei pasdaran, in particolare la forza Qods il cui capo, generale Qassem Soleimani, è ancora sotto sanzioni ma viaggia in Siria, Iraq e Russia e guida le operazioni iraniane in Siria e Iraq;
   se questa cooperazione coinvolgerà anche gli armamenti, e – nel caso – se possa fornire elementi al riguardo, anche in considerazione della vigente risoluzione 1929 dell'Onu;
   se sia vero che la delegazione italiana, essendo l'Italia aderente alla Nato, ha invitato la marina iraniana nelle acque territoriali italiane, tenendo presente che i pasdaran usano anche le navi per promuovere la proliferazione nucleare e missilistica. (5-09459)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il 30 maggio 2015 il comune di Omignano approvava il bilancio consuntivo 2014, uno strumento fondamentale nella vita amministrativa dell'ente, che certifica le entrate e le spese effettivamente sostenute dallo stesso;
   secondo quanto denunciato dai consiglieri di opposizione, gravi irregolarità avrebbero compromesso la corretta rappresentazione della situazione economica dell'ente, che, avendo sforato il patto di stabilità nel 2013, era tenuto a rispettare una serie di obblighi e divieti imposti dalla normativa nazionale e, in particolare, dal decreto legislativo n. 149 del 2011;
   in particolare, numerose sarebbero le anomalie presenti nella documentazione contabile del comune, su cui peraltro sono stati chiesti chiarimenti al responsabile dell'area finanziaria, senza tuttavia ricevere risposta esaustiva: dalle questioni riguardanti il costo del personale, alle assunzioni, anche in staff al sindaco, non in linea con le previsioni normative, fino alla irregolare contabilizzazione delle varie poste;
   a parere dell'interrogante, l'assoluta trasparenza e il rispetto delle regole da parte delle amministrazioni comunali devono essere garantiti nel primario interesse dei cittadini –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza ritengano opportuno adottare per accertare eventuali irregolarità nella predisposizione e nell'approvazione del bilancio consuntivo 2014 del comune di Omignano, segnalando tali profili, ove ne sussistano i presupposti, alla competente magistratura contabile;
   se intendano disporre un'ispezione per la verifica delle irregolarità evidenziate. (4-14147)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   POLVERINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2016), all'articolo 1, comma 973, prevede quanto segue: «all'articolo 3, comma 155, della legge 24 dicembre 2003, n.350, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «È altresì autorizzata la spesa di 944.958 euro per l'anno 2016, di 973.892 euro per l'anno 2017 e di 1.576.400 euro annui a decorrere dall'anno 2018, da destinare a provvedimenti normativi diretti all'equiparazione, nell'articolazione delle qualifiche, nella progressione di carriera e nel trattamento giuridico ed economico, del personale direttivo del Corpo di polizia penitenziaria ai corrispondenti ruoli direttivi della polizia di Stato di cui al decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334. In ogni caso, restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 8 della legge 7 agosto 2015, n. 124». Nella legge di stabilità è stata quindi prevista l'equiparazione del ruolo del commissario della polizia penitenziaria a quello della polizia di Stato; tuttavia, ancora oggi non è stato emanato un provvedimento regolamentare, nonostante siano stati stanziati da circa 9 mesi i fondi per la sua realizzazione;
   a quanto risulta all'interrogante i sindacati della polizia penitenziaria, in particolar modo la Federazione nazionale UGL polizia penitenziaria, a più riprese hanno anche trasmesso al Ministro della giustizia e alle varie autorità del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria richieste attraverso le quali hanno sollecitato l'emanazione di provvedimenti attuativi, in modo tale da scongiurare l'eventuale riassorbimento delle risorse economiche –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato al fine di rendere operativa la disposizione di cui all'articolo 1, comma 973 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, così da garantire al personale del ruolo direttivo del Corpo di polizia penitenziaria l'equiparazione ai corrispondenti ruoli direttivi della polizia di Stato di cui al decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334. (4-14138)


   MUCCI, PRODANI, CRISTIAN IANNUZZI e BARBANTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con la legge di stabilità per il 2016, la legge 28 dicembre 2015, n. 208, si prevede all'articolo 1, comma 414, «in via sperimentale», l'istituzione di un fondo di solidarietà a tutela del coniuge in stato di bisogno;
   il successivo comma 415 consente l'accesso alle risorse del Fondo al «coniuge in stato di bisogno che non è in grado di provvedere al mantenimento proprio e dei figli minori, oltre che dei figli maggiorenni portatori di handicap grave, conviventi», allorché «non abbia ricevuto l'assegno determinato ai sensi dell'articolo 156 del codice civile per inadempienza del coniuge che vi era tenuto»;
   in tal caso, l'interessato può rivolgersi al «tribunale del luogo ove ha residenza» per chiedere l'anticipazione di una somma non superiore all'importo dell'assegno medesimo. L'istanza, se ritenuta ammissibile dal Presidente del Tribunale o dal giudice da lui delegato, viene trasmessa al Ministero della Giustizia ai fini della corresponsione (...)»;
   le norme di attuazione delle disposizioni testé riportate, come previsto al successivo comma 416, avrebbero dovuto essere adottate, entro il mese di gennaio 2016, con decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ai fini non solo dell'attuazione ma anche dell'individuazione dei tribunali presso i quali doveva avvenire la sperimentazione, nonché le modalità per la corresponsione delle somme. Sta di fatto che a tutt'oggi non vi è traccia delle disposizioni attuative –:
   quali iniziative urgenti i Ministri interrogati abbiamo intenzione di assumere al fine di dare operatività alle norme della legge di stabilità adottando i dovuti decreti attuativi e valutando anche l'opportunità di estendere la predetta normativa alla luce delle nuove disposizioni sulle unioni civili. (4-14143)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VIII Commissione:


   MATARRESE, PIEPOLI, VARGIU e DAMBRUOSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale 407 Basentana attraversa interamente la regione Basilicata e rappresenta una delle arterie strategicamente più importanti e trafficate del Mezzogiorno, in quanto collega il Tirreno allo Jonio, congiungendo l'A3 Salerno-Reggio Calabria (mediante il R.A. 05) alla strada statale 106 Jonica;
   la strada si estende in tutta la regione lucana lungo un tracciato di circa 100 chilometri e si presenta ad unica carreggiata con doppio senso di marcia;
   a prescindere dai continui lavori di manutenzione e di ammodernamento della strada, che sono sicuramente fondamentali per il miglioramento della viabilità, è ormai divenuto improcrastinabile il problema relativo alla messa in sicurezza dell'intera arteria soprattutto in considerazione dei gravi incidenti che si verificano continuamente e che secondo dati ISTAT si attesterebbero ad una media di 0,20, per chilometro;
   le cause che determinano la mancanza di sicurezza per gli automobilisti che percorrono la statale 407 sono diverse: la strada è intanto caratterizzata da numerosi tratti con curve pericolose, gallerie e restringimenti di carreggiata; segnaletica e illuminazione non raggiungono sempre livelli di efficienza e in alcuni casi risulterebbero assenti; in alcuni tratti il doppio senso di marcia non risulta adeguatamente diviso da spartitraffico ma da una semplice doppia striscia continua; lungo la strada sono presenti molti svincoli a raso e si rileva la mancanza di corsie di emergenza;
   ai problemi sopra descritti c’è da aggiungere che i limiti di velocità imposti non sempre sono rispettati dagli automobilisti e, spesso, risultano troppo elevati proprio in corrispondenza dei tratti che presentano strutturali pericolosità, mancanza di spartitraffico o lavori in corso. Probabilmente, anche se non rappresenta la soluzione unica e ottimale, l'installazione su tutta la strada statale 407 del sistema Tutor potrebbe porre un limite alla velocità delle automobili costringendole a rispettare i limiti imposti, e potrebbe tendere a ridurre la percentuale di incidenti;
   gli incidenti che si verificano lungo la statale sono quasi sempre di grave entità e causano morti e feriti. A conferma della pericolosità di alcuni tratti di strada, è utile citare l'incidente avvenuto solo a febbraio 2016 quando in zona Salandra un veicolo, in mancanza di spartitraffico, ha invaso la corsia opposta provocando un incidente frontale col veicolo che procedeva in senso opposto e causando la morte di tre persone. In seguito, l'associazione di volontariato culturale IPAZIA ha promosso una petizione online per chiedere la messa in sicurezza, attraverso l'installazione di uno spartitraffico, del tratto di Basentana dal bivio di Calciano in direzione Metaponto, tratto ormai tristemente noto proprio per la sua pericolosità;
   l'ultimo incidente in ordine di tempo risale a soli due giorni fa e ha provocato la morte di un automobilista e il ferimento di un secondo;
   risulta altresì evidente che la struttura della strada statale 407 andrebbe completamente rivisitata e quindi appare necessario l'interessamento del Governo che dovrebbe tenere in prioritaria considerazione lo stanziamento di fondi che possano garantire un progetto di ammodernamento complessivo dell'infrastruttura che riduca a zero gli incidenti e che consenta agli automobilisti di poter usufruire della statale senza alcun tipo di pericolo;
   il problema della messa in sicurezza della Basentana non appare trascurabile anche in considerazione della recente designazione di Matera quale Capitale europea della cultura 2019 che porterà certamente un numero di turisti considerevole a percorrere la statale 407 per raggiungere «la città dei Sassi» che l'UNESCO dichiarò patrimonio mondiale dell'umanità nel 1993 –:
   quali siano le politiche di sicurezza e le iniziative a breve, medio e lungo termine che il Governo intenda adottare al fine di rendere sicura la percorribilità della strada statale 407, soprattutto in considerazione dei continui incidenti mortali che si verificano e con particolare riferimento alla opportunità di installare il sistema Tutor su tutta la Basentana, come temporanea e più rapida soluzione per limitare la velocità dei veicoli e ridurre gli incidenti, e al fine di dotare tutti i tratti di strada di adeguato spartitraffico nonché di manto stradale e di segnaletica efficiente. (5-09454)


   DAGA, MANNINO, TERZONI, ZOLEZZI, BUSTO, DE ROSA, MICILLO e VIGNAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel maggio 2014 è stato approvato il decreto-legge n. 47 del 2014 convertito dalla legge n. 80 del 2014 che all'articolo 3, comma 1, prevede:
    «1. All'articolo 13 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono apportate le seguenti modificazioni:
     a) il comma 1 è sostituito dal seguente: “1. In attuazione degli articoli 47 e 117, commi secondo, lettera m), e terzo della Costituzione, al fine di assicurare il coordinamento della finanza pubblica, i livelli essenziali delle prestazioni e favorire l'accesso alla proprietà dell'abitazione, entro il 30 giugno 2014, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, previa intesa della Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, approvano con decreto le procedure di alienazione degli immobili di proprietà dei comuni, degli enti pubblici anche territoriali, nonché degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, anche in deroga alle disposizioni procedurali previste dalla legge 24 dicembre 1993, n. 560. Il suddetto decreto dovrà tenere conto anche della possibilità di favorire la dismissione degli alloggi nei condomini misti nei quali la proprietà pubblica è inferiore al 50 per cento oltre che in quelli inseriti in situazioni abitative estranee all'edilizia residenziale pubblica, al fine di conseguire una razionalizzazione del patrimonio e una riduzione degli oneri a carico della finanza locale. Le risorse derivanti dalle alienazioni devono essere destinate esclusivamente a un programma straordinario di realizzazione o di acquisto di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica e di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente.”»;
   l'articolo 4 del decreto-legge n. 47 del 2014 convertito dalla legge n. 80 del 2014 prevede con una tempistica ben chiara l'approvazione di un decreto attuativo volto a promuovere un programma di recupero di immobili e alloggi di edilizia residenziale pubblica; lo stesso articolo prevede che: «Il Governo riferisce alle competenti Commissioni parlamentari circa lo stato di attuazione del Programma di recupero di cui al presente articolo decorsi sei mesi dall'emanazione del decreto di cui al comma 1 e successivamente ogni sei mesi, fino alla completa attuazione del Programma»;
   l'articolo 14 del cosiddetto decreto-legge «giubileo», «Interventi in materia di edilizia residenziale pubblica», prevede: «Al fine di incentivare il programma di recupero di immobili e alloggi di edilizia residenziale pubblica anche per prevenire fenomeni di occupazione abusiva, è autorizzata la spesa di 25 milioni di euro per l'anno 2015 da ripartire sulla base del programma redatto ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80»;
   nella seduta dell'VIII Commissione (Ambiente) del 29 ottobre 2015, in risposta all'interrogazione n. 5-06737, il Governo ha sostenuto che: «i fondi disponibili in questa prima fase renderanno possibile intervenire su circa 4.400 alloggi con interventi di lievi entità e su oltre 18.000 alloggi con interventi di ripristino di alloggi di risulta e di manutenzione straordinaria. Ciò posto, è intenzione del MIT rafforzare l'intervento sull'edilizia residenziale pubblica con il rifinanziamento del programma di recupero mediante il reperimento di nuove risorse» –:
   se il Ministro, in base a quanto previsto dalle norme riportate in premessa, intenda riferire al più presto alla Commissione parlamentare competente circa lo stato di attuazione delle disposizioni sopra citate ed in particolare relativamente allo stato di attuazione del programma di recupero previsto dall'articolo 4 del decreto-legge n. 47 del 2014.
(5-09455)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LIUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Techno Sky è la società di logistica e manutenzione (partecipata al 100 per cento da ENAV) che opera per la piena efficienza operativa con la disponibilità degli impianti, dei sistemi e dei software utilizzati per il controllo del traffico aereo in Italia;
   la società gestisce e fa manutenzione a 45 sistemi radar, 117 centri di telecomunicazione, 84 sistemi meteo, 247 sistemi di ausilio alla navigazione, 50 sistemi software per un totale di 24.565 applicazioni in esercizio operativo ATM (Air Traffic Management), in 43 aeroporti, 4 Centri di controllo d'area ed in 51 siti remoti. Fornisce anche il facility management delle sedi del gruppo ENAV;
   come si evince dal sito internet di Techno Sky, la società opera con le certificazioni ISO9001:2008, CMMI-DEV Level 2, NATO AQAP-2110/160, Regolamento CE03/2008, ACCREDIA e con 10 SOA, e con una struttura operativa distribuita strategicamente su tutto il territorio nazionale che le permette di rispondere rapidamente ad ogni esigenza di carattere tecnico, implementativo e gestionale;
   in qualità di integratore dei sistemi mission critical di ENAV, Techno Sky svolge anche attività di ricerca e sviluppo, ingegneria dei sistemi, progettazione, sviluppo del software ATM, sviluppo dei sistemi meteo, installazione, integrazione, formazione, logistica, manutenzione, calibrazione degli strumenti di misura, gestione delle parti di ricambio e riparazione;
   Techno Sky possiede un patrimonio unico di competenze, tecnologie ed esperienze accumulato negli oltre quarant'anni della sua primaria presenza sul mercato dei sistemi ATM al servizio di ENAV, anche in virtù delle partnership con i maggiori produttori globali delle tecnologie ATM, ICT, meteo e di security. Commercializza i propri servizi e la realizzazione di progetti anche ad altri soggetti nazionali ed esteri (provider ATM, agenzie ed istituzioni, aeroporti);
   il personale Techno Sky è impiegato e controllato da ENAV e per la quasi totalità dai suoi dirigenti;
   con l'introduzione dei regolamenti sul Cielo unico europeo (SES), è stato imposto ai fornitori di servizi di traffico aereo (ANSP) il conseguimento di una licenza di esercizio da parte dell'Autorità nazionale di vigilanza (in Italia ENAV);
   nel regolamento (CE) 549/04 all'articolo 2 – «Definizioni» punto 4) è specificato che: «i servizi di traffico aereo, i servizi di comunicazione, navigazione e sorveglianza, i servizi meteorologici per la navigazione aerea e i servizi di informazione aeronautica»;
   allo stato attuale, i servizi di traffico aereo, i servizi meteorologici per la navigazione aerea ed i servizi di informazione aeronautica sono svolti integralmente da ENAV, mentre i servizi di comunicazione, navigazione e sorveglianza sono svolti da personale Techno Sky su impianti di proprietà ENAV;
   secondo il regolamento (CE) 550, questi servizi dovrebbero essere certificati alle aziende che li erogano effettivamente (cioè Techno Sky), ma al momento sono certificati complessivamente ad ENAV;
   in aggiunta, il vigente statuto di ENAV, al Titolo II «Oggetto della Società», articolo 4, recita: «La Società ha per oggetto l'esercizio dei servizi di assistenza al volo, dei sistemi e delle attività di sviluppo, produzione, erogazione, vendita ed esportazione dei servizi della navigazione aerea in Italia e all'estero e qualsiasi attività comunque connessa o complementare»;
   la Corte dei Conti, con determinazione n. 119 del 4 dicembre 2015, ha specificato che Techno Sky è il soggetto che si occupa della gestione, assistenza, manutenzione degli impianti e dei sistemi utilizzati per il controllo del traffico aereo nazionale. Inoltre, nell'atto, è sottolineato che i ricavi della società Techno Sky si riferiscono per la quasi totalità a prestazioni erogate in favore di ENAV e per una minima parte a prestazioni erogate verso clienti terzi. Tuttavia nella stessa determina, la Corte dei Conti ha altresì enunciato che Techno Sky detiene solamente i «Certificati di conformità UNI EN ISO 9001:2008» e «Impresa di installazione e manutenzione di apparecchiature fisse contenenti taluni gas fluorurati ad effetto serra (Regolamento CE n. 303/2008)»;
   dalla determinazione della Corte emergerebbe, ad avviso dell'interrogante, una forte incongruenza, poiché ENAV è certificata per svolgere tutti i sei servizi di traffico aereo, mentre Techno Sky è certificata solo per la conduzione degli impianti di condizionamento, nonostante svolga, di fatto, almeno tre delle sei mansioni riconosciute ad ENAV;
   tramite il «Regolamento sui Requisiti Specifici per i Fornitori di Servizi per l'Addestramento e la Verifica della Competenza del Personale Tecnico ATSEP», emesso da ENAC il 25 marzo 2015 in osservanza delle norme ESARR5 rese obbligatorie dal regolamento, (CE) 2096/05, il personale tecnico impiegato da Techno Sky, dopo un negoziato con ENAV durato quattro anni dalla prima emissione in bozza del documento, è stato posto da ENAC sotto il diretto controllo della stessa ENAV;
   il regolamento (CE) 2096/05 e le norme sul Cielo unico europeo (SES) contenute nei regolamenti (CE) 549/04, (CE) 550/04 hanno introdotto nuove norme sulla sicurezza del traffico aereo;
   Techno Sky ha un bilancio riferito al 96,7 per cento ai servizi istituzionali certificati nell'azienda ENAV che ne detiene il controllo al 100 per cento;
   la mancata incorporazione del personale Techno Sky in ENAV ha provocato negli anni proteste e contenziosi giudiziari presentati dai tecnici dipendenti di Techno Sky, che chiedono il riconoscimento del rapporto di lavoro come dipendenti ENAV a decorrere dal 31 maggio 2007, data di passaggio della società sotto il controllo al 100 per cento di ENAV;
   il Coordinamento nazionale delle rappresentanze sindacali unitarie Techno Sky, assistito dalle segreterie nazionali di FIM, FIOM, UILM, FISMIC, a più riprese, ha avviato vertenze per la parificazione dei trattamenti economici e normativi con il personale ENAV, previsto anche dal nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro del settore assistenza al volo stipulato anche con Techno Sky (il 27 maggio 2014 con i sindacati del settore trasporti e non ancora applicato ai Tecnici);
   allo stato attuale, il mantenimento della fornitura del servizio da parte di Techno Sky per ENAV, potrebbe presentare inutili costi a causa di doppioni strutturali, logistici, dirigenziali e produttivi;
   in un'ottica di razionalizzazione, l'eliminazione del contenitore Techno Sky e la conseguente assunzione del suo personale in ENAV, potrebbe risultare una scelta economica efficiente –:
   quali siano le ragioni che hanno portato all'interruzione del processo di internalizzazione, alla luce dei piani industriali, dei servizi tecnici di Techno Sky da parte di ENAV;
   per quale ragione Enav non proceda all'assunzione diretta di tutto il personale Techno Sky in Enav, realizzando nel contempo una maggiore aderenza alle normative vigenti sulla sicurezza del traffico aereo e uno sviluppo della politica industriale di ENAV in linea con Eurocontrol;
   come si concili con il regolamento (CE) 550/04 la scelta di ENAV di delegare la funzione di controllo ad un server provider su personale di terzi, quale Techno Sky, di cui tuttavia ne detiene il 100 per cento;
   per quali ragioni siano state negoziate e generate normative, come il regolamento ATSEP, che non adempiono ai regolamenti vigenti in materia di sicurezza del volo e a giudizio dell'interrogante pongono ENAV in conflitto con essi. (5-09446)


   PILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   per la compagnia Ryanair l'aeroporto di Alghero resta senza futuro;
   riapre, invece, l'aeroporto di Pescara;
   la regione sarda non ha fatto quello che doveva;
   Ryanair riapre lo scalo di Pescara, quello di Alghero resta chiuso;
   è questa l'unica vera sintesi della conferenza stampa di Ryanair al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   la compagnia irlandese pianifica 3 milioni di nuovi passeggeri nel 2017 in tutta Italia e non cita mai la Sardegna;
   si arriva a quello che l'interrogante giudica lo scandalo di un Ministro che ringrazia il presidente dell'Abruzzo per aver fatto tutto quello che era necessario per riaprire a Ryanair lo scalo di Pescara;
   per Alghero parla solo il Ministro dicendo che se ne riparlerà dopo la privatizzazione;
   il Ministro, a giudizio dell'interrogante, continua a non fornire ai sardi una rappresentazione corretta della realtà, perché omette di dire che Pescara ha fatto tutto in tempo solo perché era un aeroporto pubblico;
   avallare e perseguire la strada della privatizzazione conferma che si è dinanzi ad un'operazione gestita tutta dal Governo e dal partito di maggioranza relativa all'interno della campagna delle forze politiche che lo sostengono per regalare l'aeroporto a F2i, società delle banche amiche;
    il Ministro sostiene che bisogna aspettare la privatizzazione, ad avviso dell'interrogante, ben sapendo che dopo quella non ci sarà nessuno che finanzierà i contributi co-marketing;
   la privatizzazione sarà la fine dell'aeroporto di Alghero come strumento di sviluppo del territorio e sarà nelle mani di una compagine che lo terrà fermo per sviluppare gli affari altrove;
   è gravissimo, secondo l'interrogante, che un Ministro di Stato e il presidente di un ente di vigilanza come Enac interferiscano in modo così grave sulla gestione di un aeroporto sino ad auspicarne la privatizzazione;
   questo atteggiamento di Governo, Enac e regione ha distrutto i low cost in Sardegna con una prospettiva di perdita su Alghero nell'anno in corso di oltre 400.000 passeggeri –:
   se non intenda chiarire che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non ritiene in alcun modo indispensabile una procedura di privatizzazione;
   se non ritenga di dover bloccare, anche attraverso gli organi di controllo interni, la procedura di privatizzazione in corso proprio perché viola tutte le norme nazionali ed europee di servizi e concessioni;
   se abbia verificato, per quanto di competenza, che nella procedura non è prevista la gara a doppio oggetto e che la privatizzazione si limita ad una vendita secca delle azioni senza la necessaria valutazione di un'offerta gestionale obbligatoria rispetto allo stesso regolamento sugli appalti, concessioni e servizi;
   se non ritenga di dover favorire la stipula di un contratto operativo con Ryanair a prescindere dalla privatizzazione dell'aeroporto di Alghero. (5-09451)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SILVIA GIORDANO, COLONNESE, DI VITA, LOREFICE, GRILLO, NESCI e MANTERO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 29 agosto 2016 circa 150 pellegrini provenienti da Lourdes sono giunti alla stazione di Salerno, la maggior parte dei quali affetti da gravi patologie che ne impediscono la deambulazione;
   Alfonso D'Antuoni, presidente dell'associazione diocesana Amasi, che da anni s'occupa di organizzare il Treno bianco che conduce gli ammalati fino alla cittadina, aveva richiesto a Trenitalia che il treno giungesse al primo binario, in quanto privo di barriere architettoniche, richiesta accettata ed assicurata dall'azienda;
   il treno, invece, ha arrestato la sua corsa, senza alcuna apparente motivazione, su un altro binario, privo di qualsiasi ausilio per disabili;
   i volontari di Amasi e i pellegrini si sono dovuti arrangiare autonomamente, senza nessun supporto e aiuto. «Grande è stato il disagio e l'imbarazzo degli ammalati — conclude D'Antuoni — per i quali i pellegrini hanno dovuto ricorrere al trasporto a braccia, con difficoltà notevoli e trascurando le più elementari norme di privacy, tra vacanzieri in attesa di partenza e passeggeri esterrefatti per lo spettacolo»;
   i circa 150 pellegrini hanno sofferto il disagio e l'umiliazione di rimanere prigionieri di un binario ferroviario;
   si ricorda che la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006 e dei relativi obblighi assunti dall'Italia con la sottoscrizione della Convenzione il 30 marzo del 2007 prevede misure al fine di consentire alle persone con disabilità di vivere in maniera indipendente e di partecipare pienamente a tutti gli aspetti della vita;
   in particolare, l'articolo 9 della Convenzione obbliga gli Stati ad adottare «misure adeguate a garantire alle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, l'accesso all'ambiente fisico, ai trasporti, all'informazione e alla comunicazione, compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione, e ad altre attrezzature e servizi aperti o forniti al pubblico, sia nelle aree urbane che in quelle rurali» con l'identificazione e l'eliminazione di ostacoli e barriere all'accessibilità, tra l'altro, negli edifici, nella viabilità, nei trasporti e nelle strutture interne ed esterne, comprese scuole, alloggi, strutture sanitarie e luoghi di lavoro; l'articolo 19 della Convenzione, in tema di «vita indipendente ed inclusione nella società» delle persone con disabilità, che prevede, tra l'altro, che «i servizi e le strutture sociali destinate a tutta la popolazione siano messe a disposizione, su base di uguaglianza con gli altri, delle persone con disabilità e siano adattate ai loro bisogni»; l'articolo 20 della medesima Convenzione, in tema di mobilità personale, obbliga gli Stati parti ad adottare, tra l'altro, misure efficaci a garantire alle persone con disabilità la mobilità personale con la maggiore autonomia possibile, nei modi e nei tempi da loro scelti ed a costi accessibili e ad agevolare l'accesso da parte delle persone con disabilità ad ausili per la nobilita, apparati ed accessori, tecnologie di supporto rendendoli disponibili a costi accessibili;
   l'articolo 21 del regolamento (CE) n. 1371 del 2007 stabilisce, per le persone a ridotta mobilità deve essere garantito l'accesso alle stazioni, alle banchine, al materiale rotabile e a tutti gli altri servizi, mentre l'articolo 23 prevede l'obbligo per le imprese ferroviarie di fornire assistenza gratuita a bordo del treno, nonché per salire e scendere;
   si ricorda, infine, che il decreto legislativo n. 70 del 2014, contenente la disciplina sanzionatoria per le violazioni delle disposizioni del citato regolamento n. 1371 del 2007, prevede, all'articolo 16, sanzioni per mancata osservanza degli obblighi a tutela e del diritto al trasporto di persone con disabilità o a mobilità ridotta. In particolare:
    a) per ogni singolo caso di inosservanza degli obblighi previsti dal regolamento n. 1371 in materia di prenotazione e vendita dei biglietti, informazioni, accessibilità al trasporto ferroviario, assistenza nelle stazioni e assistenza a bordo di persone con disabilità e mobilità ridotta, è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da 200 euro a 1.000 euro;
    b) nel caso o non conforme adeguamento alle STI (specifiche tecniche di interoperabilità) previste a tutela dell'accessibilità delle stazioni, delle banchine, del materiale rotabile e degli altri servizi alle persone a mobilità ridotta, le imprese ferroviarie e i gestori di stazione sono soggetti al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 10.000 euro, per ogni singolo caso –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto accaduto alla stazione di Salerno e se, alla luce di quanto riportato in premessa, non intenda adottare iniziative, ove ne sussistano i presupposti, anche di natura ispettiva nei confronti di Ferrovie dello Stato italiane al fine di chiarire le ragioni dell'enorme disservizio subito dai pellegrini;
   quali iniziative di competenza intenda assumere perché nelle stazioni ferroviarie italiane sia garantito l'accesso alla mobilità e la fruibilità dei servizi da parte di persone con abilità differenti con particolare riferimento alla stazione di Salerno. (4-14139)


   PRODANI, MUCCI e RIZZETTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in data 27 luglio 2016 un comunicato stampa diffuso sul sito internet del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in seguito a un incontro pubblico tenutosi nella Sede del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha annunciato la «nascita del sistema delle ciclovie turistiche nazionali con la firma da parte dei Ministri Graziano Delrio, Dario Franceschini, nonché dei rappresentanti delle Regioni coinvolte dei tre protocolli d'intesa per la progettazione e la realizzazione delle prime ciclovie turistiche nazionali previste dalla Stabilità 2016»;
   i tre protocolli d'intesa riguarderanno 4 assi cicloturistici: la ciclovia del Sole Verona-Firenze, la ciclovia dell'Acquedotto Pugliese, il grande raccordo anulare in bici a Roma e la ciclovia VenTo che collega Venezia a Torino. La regione Friuli Venezia Giulia risulta assente Piano Triennale presentato dal Governo;
   il comunicato stampa illustra, inoltre, come «il sistema nazionale di ciclovie turistiche (...) è stato inserito nella legge di Stabilità 2016, art. 1, comma 640. Al settore sono stati assegnati per il triennio 91 milioni di euro (...). La selezione dei primi percorsi da finanziare ha visto applicare due criteri: “dall'alto” tenendo conto delle indicazioni della rete ciclabile europea “Eurovelo”, “dal basso” in considerazione del redigendo “Piano straordinario per la mobilità turistica” di Mit, Mibact e Regioni, e del suggerimento di tracciati già delineati da studi di fattibilità, redatti da parte di associazioni, privati e enti, proponendo il riuso e la ricucitura di percorsi esistenti (...)»;
   nel corso dell'incontro, richiamato in premessa, il Ministro Graziano Delrio ha dichiarato che «Per la prima volta si riconosce alle ciclovie turistiche la valenza di infrastrutture nella pianificazione nazionale del Ministero nell'ambito delle politiche di mobilità sostenibile e interconnessa. Si inseriscono in una strategia più ampia del Ministero per la ciclabilità, che prevede una Rete Ciclabile Nazionale partendo dalle dorsali di Eurovelo, su cui si innestano reti regionali, intermodalità e ciclostazioni, e azioni per la Ciclabilità urbana e la sicurezza»;
   il 5 settembre 2016 il coordinamento regionale Friuli Venezia Giulia della Federazione Amici della bicicletta (FIAB) ha inoltrato una missiva al Ministro Delrio e alla Presidente della regione Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani per chiedere il completamento del tratto Eurovelo 8 Lignano-Trieste;
   Federico Zadnich – coordinatore regionale FIAB Friuli Venezia Giulia – ha evidenziato che «la dorsale Eurovelo 8, che parte in Spagna e termina in Grecia, nella nostra penisola non va solo da Torino a Venezia (tratto inserito nel piano triennale), ma attraversa tutto il nord Italia, proseguendo anche lungo la costa adriatica fino a Trieste. Risulta quindi a noi incomprensibile il motivo per cui non si sia deciso di finanziare tutto questo asse per dare quindi continuità a questa importante infrastruttura di rilievo europeo (...)»;
   il sito online www.ulisse-fiab, nell'articolo «Friuli Venezia Giulia escluso dal sistema delle ciclovie nazionali» del 6 settembre 2016, illustra come: «il cicloturismo nel Friuli Venezia Giulia sta avendo negli ultimi anni un vero boom: nei primi 8 mesi del 2016 la ciclovia Alpe Adria che taglia la regione da nord (Tarvisio) a sud (Grado) ha visto 30.392 passaggi di cicloturisti con un aumento del 40 per cento rispetto all'anno precedete. Dare continuità anche all'asse che corre lungo il mare da Lignano a Trieste collegandosi a ovest con Venezia e a est con la ciclovia Parenzana in Croazia sarebbe un ulteriore leva per far crescere i numeri di questo importante settore economico per i territori della nostra regione»;
   la presidente Serracchiani, nel comunicato stampa «Ciclovie: Serracchiani a Delrio, Inserire Fvg in rete nazionale» ha informato che, in vista della nuova legge di stabilità per il 2017, ha ritenuto opportuno portare all'attenzione del Ministro Delrio la richiesta di inserire, nella programmazione triennale degli interventi finanziati dal Governo, la regione Friuli Venezia Giulia «anche in considerazione del fatto che il Friuli Venezia Giulia ha investito negli anni diversi milioni di euro per la rete delle proprie ciclovie»;
   l'assessore regionale alle infrastrutture e al territorio del Friuli Venezia Giulia Mariagrazia Santoro nella nota stampa ha spiegato, inoltre, che «le ciclovie Verona-Firenze e Venezia-Torino, inserite nella Programmazione nazionale, sono due percorsi che determinano già una prima rete nazionale di ciclovie turistiche nell'Italia Settentrionale. Queste però escluderebbero l'area orientale e in particolare proprio il Friuli Venezia Giulia, la cui presenza è fondamentale per la creazione di una rete ciclabile di livello nazionale ed europeo. Se l'obiettivo turistico è quello di attrarre in Italia il cicloturismo internazionale si evidenzia che una delle più importanti vie di accesso dei cicloturisti europei è la già realizzata Ciclovia Alpe Adria Radweg/CAAR (Salisburgo-Villaco-Udine-Grado)»;
   Santoro ha in ultimo dichiarato che «l'altra nostra importante peculiarità è rappresentata dal fatto che la CAAR a Grado si collega con la Ciclovia Trieste-Venezia, che in parte è già realizzata, ma deve essere completata per permettere ai cicloturisti di raggiungere la Ciclovia Venezia-Torino. L'inserimento anche della nostra regione nella rete nazionale rappresenterebbe quindi la quadratura del cerchio. Già lo scorso giugno il Ministero ci aveva fatto sapere che la norma andava modificata per poter entrare nella rete nazionale; e questo è l'auspicio che condividiamo anche con la Federazione Italiana Amici della Bicicletta (FIAB) regionale per continuare a migliorare le nostre ciclabili» –:
   quali iniziative intendano intraprendere i Ministri interrogati, per quanto di competenza al fine di inserire anche il tratto dell'itinerario cicloturistico EuroVelo 8 Lignano-Grado-Trieste nel piano triennale di sviluppo del sistema delle ciclovie turistiche nazionali. (4-14144)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


   FABBRI, FIANO, MARCHI, LENZI, BORGHI, FRAGOMELI, GUERRA, FANUCCI, FAMIGLIETTI, GASPARINI, MONTRONI, BARUFFI, GIOVANNA SANNA, PATRIZIA MAESTRI, PAOLA BOLDRINI, CARNEVALI e RUBINATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 11 dicembre 2015, 17 comuni del Bolognese hanno ricevuto da parte della procura regionale della Corte dei conti dell'Emilia Romagna (prot. n. 0009843-11/12/2015-PR–ER-T48-P) la comunicazione avente per oggetto «Pagamento oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi a favore di amministratori locali lavoratori autonomi. Operazione CARPE DIEM. Richiesta informazioni (articolo 74 TUCDC)», con la quale si richiedono informazioni tese a conoscere le iniziative assunte dalle amministrazioni interessate alla ripetizione delle somme indebitamente versate a beneficio di amministratori (lavoratori autonomi o liberi professionisti) ex articolo 86, comma 2, del Testo unico leggi sull'ordinamento degli enti locali (Tuel) a decorrere dal 2012, ed in alcuni comuni anche a decorrere dal 2008;
   l'articolo 51, comma 3, della Costituzione reca: «Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro»; detta norma è attuata dall'articolo 77, comma 1, del Testo unico leggi sull'ordinamento degli enti locali (Tuel), a mente del quale è sancito il diritto di ogni cittadino chiamato a ricoprire cariche pubbliche negli enti locali di disporre del tempo, dei servizi e delle risorse necessarie per l'espletamento del mandato e di usufruire dell'indennità e dei rimborsi spese;
   l'articolo 86, del decreto legislativo n. 267 del 2000, prescrive, al comma 1, che «l'amministrazione locale prevede a proprio carico (...), il versamento degli oneri assistenziali, presidenziali e assicurativi ai rispettivi istituti per (...) [gli amministratori locali che rivestono le cariche specificatamente indicate] che siano collocati in aspettativa non retribuita [articolo 81 del Testo unico leggi sull'ordinamento degli enti locali (Tuel)] (...)»; al comma 2 che «agli Amministratori locali [che rivestono le cariche specificatamente indicate al comma 1 e] che non siano lavoratori dipendenti, l'Amministrazione locale provvede, allo stesso titolo previsto dal comma 1, al pagamento di una cifra forfettaria annuale, versata per quote mensili. Con decreto dei Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica sono stabiliti i criteri per la determinazione delle quote forfettarie in coerenza con quanto previsto per i lavoratori dipendenti, da conferire alla forma pensionistica presso la quale il soggetto era iscritto o continua ad essere iscritto alla data dell'incarico»; e al comma 3 che «l'Amministrazione locale provvede, altresì, a rimborsare al datore di lavoro la quota annuale di accantonamento per l'indennità di fine rapporto entro i limiti di un dodicesimo dell'indennità di carica annua da parte dell'Ente e per l'eventuale residuo da parte dell'Amministratore»;
   il decreto ministeriale dell'interno 25 maggio 2001 ha stabilito i criteri per la determinazione delle quote forfettarie da conferire a favore delle forme pensionistiche presso le quali l'amministratore locale era iscritto o continua ad essere iscritto alla data dell'assunzione del mandato di amministratore locale. Risulta quindi esplicitamente ammesso dall'articolo 1 del decreto citato, e può quindi legittimamente verificarsi, che un amministratore locale possa continuare ad essere iscritto alla forma pensionistica di riferimento per la professione svolta, anche durante l'assolvimento del mandato;
   l'ente locale, come a suo tempo precisato anche dal dicastero dell'interno con nota 23 settembre 2002, e parere 17 febbraio 2004, ha l'obbligo di versare gli oneri previdenziali per un amministratore locale-libero professionista che continua a svolgere durante il mandato la propria attività professionale. Secondo il Ministero, detto beneficio accordato ai liberi professionisti «si basa sul presupposto che l'assunzione di cariche pubbliche particolarmente impegnative interferiscono sull'attività del professionista, con ripercussioni prevedibili sul reddito e quindi sulla sua capacità contributiva», tenuto conto anche che, a differenza dei lavoratori dipendenti, «i lavoratori autonomi non hanno la possibilità di porsi in aspettativa e difficilmente possono sospendere l'attività professionale»; tale versamento da parte degli enti locali costituisce un beneficio che, secondo il Viminale, «va accordato a prescindere dall'incidenza dell'espletamento della carica elettiva sull'effettivo esercizio dell'attività professionale»;
   non sono rintracciabili, fino a tutto il 2013, posizioni giurisprudenziali, di prassi e di dottrina contrarie; ed anche l'Inps (circolari n. 8/02 e n. 205/01) e casse professionali, con riferimento alla fattispecie, non hanno mai avanzato alcun riferimento alla necessità che i lavoratori autonomi dovessero rinunciare all'attività lavorativa. Ad oggi, infatti, sia gli istituti di previdenza, che le varie casse professionali non hanno mai posto ostacoli alla corresponsione dei contributi da parte degli enti locali per conto del proprio amministratore, confermando la regolarità della posizione debitoria delle amministrazioni tenuta al versamento delle somme assistenziali e previdenziali; quanto sopra risulta coerente con l'impossibilità di applicare l'istituto dell'aspettativa previsto dall'articolo 81 del Tuel ai lavoratori autonomi, in quanto previsto per i soli lavoratori dipendenti, e alla difficoltà o impossibilità di addivenire alla sospensione e/o alla chiusura dell'attività libro professionale;
   fino al 31 dicembre 2013, in merito all'articolo 86 del Tuel, le sezioni regionali della Corte dei conti (sezione Piemonte e sezione Puglia, rispettivamente con le deliberazioni n. 43/13 e n. 57/13) si erano espresse precisando che il contributo forfettario per oneri previdenziali e assistenziali a carico degli enti locali era dovuto per i liberi professionisti che prima del mandato elettorale erano già iscritti e che continuavano ad essere iscritti durante il mandato alla gestione previdenziale di appartenenza. La ratio della norma suddetta è infatti quella di garantire che lo svolgimento del mandato elettorale non incida negativamente sulla posizione contributiva e previdenziale dei lavoratori non dipendenti chiamati a rivestire la carica di amministratore, analogamente a quanto previsto dal comma 1 dello stesso articolo per i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato collocati in aspettativa, Tale disposizione origina dal presupposto che l'assunzione di cariche pubbliche particolarmente impegnative incide inevitabilmente nello svolgimento di una professione autonoma con ripercussioni prevedibili sul reddito e sulla relativa capacità contributiva per il periodo di espletamento del mandato. Per tali motivi, l'ordinamento ha previsto il versamento di una quota forfetaria minima di oneri previdenziali da parte dell'amministrazione locale per i lavoratori autonomi/amministratori. Gli amministratori lavoratori autonomi, a differenza dei lavoratori dipendenti, non hanno la possibilità di porsi in aspettativa e difficilmente possono sospendere completamente l'attività professionale senza evidenti ripercussioni;
   a partire dal 2014, sulla base di un cambio di interpretazione, si verifica la prima deliberazione non in linea con il trend interpretativo della sezione Piemonte e sezione Puglia della Corte dei conti; la sezione regionale per il controllo della Corte dei conti della Basilicata, con la deliberazione del 15 gennaio 2014, n. 3, si è espressa in merito alla richiesta di un sindaco di conoscere in quali casi risulta obbligo del comune a versare la contribuzione previdenziale per gli amministratori locali indicati un articolo 86 del Tuel non lavoratori dipendenti, e specificatamente se occorre una precedente iscrizione del lavoratore autonomo-amministratore locale alla Cassa di previdenza di riferimento e se, contestualmente, occorre anche la sua rinuncia ad espletare, durante il mandato, l'attività professionale (sospensione dell'attività libero professionale);
   la citata pronuncia n. 3/14 afferma che gli amministratori locali, per ottenere da parte dell'ente locale il pagamento della quota forfettaria dei contributi previdenziali, devono necessariamente formalizzare anche un'espressa rinuncia all'attività lavorativa professionale, ciò al fine di parificare la loro posizione con quella dei lavoratori dipendenti per i quali è previsto che devono collocarsi in aspettativa per ottenere il beneficio del pagamento dei contributi per conto del datore di lavoro. In caso contrario, secondo la Corte lucana, non vi sarebbe parificazione fra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti, in quanto un lavoratore autonomo che continua la propria attività avrebbe un ingiusto beneficio economico e concorrenziale rispettivamente nei confronti di un lavoratore dipendente e di un lavoratore autonomo non amministratore di enti locali;
   questa nuova interpretazione, non dovuta ad un cambiamento di norme, sta determinando crescenti difficoltà per gli amministratori non lavoratori dipendenti che svolgano attività professionale con la conseguente impossibilità per le casse di ricevere le contribuzioni da parte degli enti locali, ponendo nel nulla la ratio della previsione normativa di cui all'articolo 86, comma 2, del Tuel e, al contempo, sta creando atteggiamenti difformi su tutto il territorio nazionale, in base ai pronunciamenti delle varie corti;
   dopo tale deliberazione ne sono seguite numerose altre in senso conforme di diverse sezioni regionali della Corte dei conti (Piemonte n. 72/14 e n. 180/14, Abruzzo n. 145/14, Marche n. 27/14, Lombardia n. 105/14, e altro), e anche il Ministero dell'interno, con il parere 4 agosto 2014, n. 15900/TU/086, ha condiviso la stessa interpretazione dell'articolo 86 del Tuel; il citato parere della Corte dei conti della Basilicata richiama e prende le mosse dal combinato disposto degli articoli 77, comma 1, del Tuel e dell'articolo 51, comma 3, della Costituzione già citati in precedenza per poi nel dispositivo negare la correttezza dell'accollo al bilancio pubblico della spesa per oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi in favore dell'amministratore lavoratore non dipendente che non abbia rinunciato all'espletamento dell'attività lavorativa svolta (professionale, artigianale, commerciale, agricola, di collaborazione) e alla retribuzione corrispettiva;
   il Ministero dell'interno con parere 4 agosto 2014 (class. n. 15900/TU/00/86) ha confermato la tesi della Corte dei conti sul versamento degli oneri previdenziali;
   tale cambiamento interpretativo assimila l'aspettativa senza assegni per i lavoratori dipendenti solo all'ipotesi della rinuncia allo svolgimento dell'attività libero professionale per i lavoratori autonomi contrariamente a quanto descritto dal decreto ministeriale dell'interno 25 maggio 2001 e dalla circolare dell'Inps n. 205/01 che invece assumono le due fattispecie non sovrapponibili;
   i lavoratori autonomi non possono essere parificati ai lavoratori dipendenti e l'articolo 86, comma 2, con la locuzione «(...) l'Amministrazione locale provvede, allo stesso Titolo dal comma 1, al pagamento (...)», deve essere inteso per gli interroganti come riferibile limitatamente alla natura del pagamento, ossia per oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi, e non anche con riferimento all'onere per i lavoratori autonomi di collocarsi in aspettativa non retribuita, ossia nel loro caso di non svolgere alcuna attività libero professionale durante l'espletamento del mandato elettivo per beneficiare del versamento da parte dell'ente locale dei contributi assistenziali e previdenziali;
   risulta evidente che tale lavoratore, per adempiere compiutamente al proprio mandato elettivo, con riferimento ai soli soggetti indicati all'articolo 86, comma 1, Tuel deve impiegare a tale fine la propria risorsa «tempo» in maniera consistente, sottraendola così all'attività libero professionale;
   conseguentemente, il professionista sarà impossibilitato ad ottenere dalla stessa i correlati corrispettivi che determineranno una consistenza sottrazione di reddito personale. Tale impiego della risorsa «tempo» risulta dall'applicazione della norma, sino a tutto il 2013, pacificamente da compensare, sia con il riconoscimento di un'indennità di carica, che anche con i versamenti contributivi, in questo caso stabiliti forfettariamente in quelli minimi; ciò risulta giustificato anche dal fatto che il lavoratore autonomo deve provvedere a versare i propri contributi previdenziali direttamente con le entrate rivenienti dai corrispettivi professionali percepiti;
   il riferimento delle sezioni della Corte dei conti all'alterazione della concorrenza, in conseguenza del versamento da parte dell'ente locale dei contributi per conto dell'amministratore locale-libero professionista, non è condivisibile a parere degli interroganti, in quanto il professionista non si avvantaggia da tale situazione, essendo il versamento degli oneri previdenziali minimi la compensazione della mancata percezione di corrispettivi che permettono anche i versamenti dei contributi forfetizzati nella quota minima. Anzi, in caso di sospensione dell'attività, il versamento della contribuzione previdenziale minima di riferimento per qualsiasi lavoratore autonomo risulterebbe nettamente inferiore a quella che ordinariamente viene corrisposta per un lavoratore dipendente in aspettativa, oltre al rischio di non trovarsi più un lavoro alla fine dell'esperienza amministrativa;
   le amministrazioni locali, nello specifico quelle interessate, assicurano di aver operato correttamente provvedendo a versare i contributi forfettari per conto degli amministratori locali-lavoratori autonomi, a prescindere dal fatto che continuino a svolgere la propria attività autonoma. Pertanto, non avrebbe titolo la pretesa di recuperare somme in danno di un amministratore che, peraltro, ha cessato il mandato politico nel giugno del 2014, con pericolo di esposizione del comune a dispendiosi contenziosi;
   la tematica è stata inoltre affrontata il 3 dicembre 2014 in sede tecnica di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, stante la rilevanza delle problematiche –:
   quali urgenti iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per chiarire la questione dal punto di vista normativo e della decorrenza temporale, al fine di garantire la partecipazione alla vita pubblica anche ai lavoratori non dipendenti e per rispondere a princípi di chiarezza ed uguaglianza, nonché di omogeneità di comportamenti sull'intero territorio nazionale. (5-09447)


   SISTO e SQUERI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in un articolo pubblicato su « Liberoquotidiano.it» il 3 luglio 2015, relativo al comune di Basiglio, veniva riportata la vicenda concernente lo Sporting club Milano 3;
   alcuni consiglieri comunali hanno evidenziato e circostanziato, sia alla procura regionale della Corte dei conti della regione Lombardia, che all'Anac che: in data 20 maggio 2014 veniva effettuata comunicazione di opere di manutenzione straordinaria del complesso immobiliare denominato «Sporting Milano 3» (di circa 40.000 metri quadri), dichiarando di dover solo eseguire demolizioni di tavolati collocati al piano terra, e indicando quale impresa esecutrice i lavori edili la Ausengineering s.r.l., composta anche da soci che fanno parte de «L'immobiliare Sporting Spa», proprietaria dell'immobile in argomento;
   in data 1o agosto 2014, veniva presentata una variante alla comunicazione di opere di manutenzione straordinaria ed in data 14 novembre 2014, con segnalazione certificata di inizio attività (s.c.i.a.) veniva dichiarata la «demolizione e costruzione di tavolati interni divisori con conseguente modifica dell'assetto distributivo dei piani interrato, rialzato e primo, formazione di controsoffittature per alloggiamento impianti, chiusura fori solai dei vani scala in demolizione e formazione nuovo vano scala». Intervento non «subordinato alla corresponsione del contributo di costruzione»;
   il responsabile unico del settore tecnico del comune di Basiglio chiedeva parere legale, che invece rendeva opinione di indirizzo diverso, nel senso che gli interventi in esecuzione erano soggetti al pagamento di oneri di urbanizzazione in quanto prevedevano cambi di destinazione d'uso dell'immobile in contrasto col piano di governo del territorio vigente;
   a tale parere è seguita una riunione nella casa comunale, in data 12 marzo 2015 alle ore 17,00, con presenti per l'amministrazione comunale: il responsabile unico dell'ufficio tecnico, il segretario comunale, il geometra dell'ufficio tecnico, l'assessore all'urbanistica, il sindaco Eugenio Patrone, l'avvocato che aveva redatto il parere per l'amministrazione. Per la controparte erano presenti: un rappresentante dello Sporting Milano 3 spa, l'avvocato della proprietà Sporting Milano 3 spa, un consulente dello Sporting Milano 3 (futuro dirigente responsabile del settore urbanistica ed edilizia privata dell'ufficio tecnico del comune di Basiglio) e il futuro direttore della gestione Sporting Milano 3;
   un consigliere comunale effettuava richiesta di accesso agli atti, indirizzando il sindaco e il responsabile unico dell'ufficio tecnico ad effettuare i dovuti controlli stante l'anomalia consistente nella «importanza» dei lavori in esecuzione rispetto ai titoli abilitativi richiesti dall'esecutore i medesimi, e affinché rispondessero alla formale interrogazione del 16 marzo 2015, nella quale venivano segnalati eventuali abusi, senza ottenerne il dovuto riscontro ai sensi di legge;
   il responsabile unico dell'ufficio tecnico, architetto Federica Donati, successivamente alle diffide, si attivava per quanto di competenza e chiedeva ad Ausengineering, oltre che al rappresentante la proprietà Sporting Milano 3 ed al direttore dei lavori, di effettuare un sopralluogo in cantiere, vedendosene sempre negare l'accesso (come si evince dalla ordinanza di sospensione dei lavori in seguito adottata), e risolvendosi a farne sopralluogo dall'esterno ove, pure, riusciva ad avvedersi di probabili abusi edilizi commessi;
   in data 18 marzo 2015, immediatamente dopo la notifica dell'ordinanza di sospensione dei lavori, la giunta comunale deliberava il riassetto degli uffici del comune, determinando la destituzione del vecchio dirigente in favore del consulente di parte della proprietà dello Sporting Milano 3. L'ex consulente dello «Sporting Milano 3» (ora dirigente del comune), a soli tre giorni dall'assunzione dell'incarico di responsabile dell'edilizia privata e dell'urbanistica dell'ufficio tecnico del comune di Basiglio, emetteva ordinanza di revoca della sospensione dei lavori, senza che però questa ordinanza, a quanto consta agli interroganti, venisse «numerata e pubblicata», seppur risultasse protocollata in data 27 marzo 2015 (n. 0003439 alle ore 13.12 del protocollo del comune di Basiglio) ad uffici chiusi;
   i consiglieri comunali del comune di Basiglio, appresa la notizia e constatato che i lavori sospesi erano intanto ripresi in data 30 marzo 2015, chiedevano agli uffici preposti del comune di effettuare verifica dell'esecuzione dell'ordinanza di sospensione lavori per poi chiedere, in data 1o aprile 2015, tutta la documentazione inerente alla eventuale emissione della ordinanza di revoca della sospensione dei lavori. Non avendo riscontri e vedendo che i lavori di ristrutturazione dello «Sporting Milano 3» proseguivano, chiedevano ancora, in data 2 aprile 2015, al responsabile della prevenzione e della corruzione del comune, dottoressa Flavia Ragosta, alla polizia locale ed alla locale stazione dei carabinieri, la verifica dell'esecuzione dell'ordinanza di sospensione, unica ordinanza vigente, pubblicata all'albo pretorio on line e per cui nota al pubblico;
   il responsabile del settore polizia locale rispondeva che non erano stati effettuati specifici interventi di controllo nel periodo indicato nelle due segnalazioni, perché espressamente informato della possibilità della prosecuzione dei lavori in area Sporting. Il comandante della polizia locale di Basiglio, in vigenza di ordinanza di sospensione dei lavori allo Sporting emessa dal comune di Basiglio, dichiarava in sostanza di esser stato espressamente informato della possibilità della prosecuzione dei lavori (allo Sporting), senza però specificare da chi ed a mezzo di quale atto formale assunto dall'amministrazione;
   in data 3 aprile 2015 veniva pubblicata dal comune di Basiglio un'altra ordinanza di revoca della sospensione dei lavori in questione (numerata al n. 11, del 3 aprile 2015, del registro delle ordinanze comunali del comune di Basiglio), l'unica presente sulla schermata della pagina dell'albo pretorio on line del sito del comune di Basiglio, ove vengono pubblicati i provvedimenti dell'ente. Tutto ciò generava un lasso di tempo, tra il 27 marzo ed il 3 aprile 2015, nell'ambito del quale un'ordinanza di sospensione dei lavori legittimamente adottata dal comune di Basiglio non veniva rispettata;
   sussiste discordanza tra la verbalizzazione del comandante della polizia locale che riportava di non aver fatto accesso all'area di cantiere e quanto dichiarato dall'ingegner Guadagnolo (ex consulente dello Sporting/Ausengineering), nella sua qualità di nuovo responsabile del settore urbanistica ed edilizia, che riportava a verbale d'aver fatto accesso al cantiere ed all'immobile in tutti i suoi piani di concerto con il comandante della polizia locale. Pertanto, sulla base del contrastato verbale di sopralluogo, è stata emessa revoca della ordinanza di sospensione lavori per abusi edilizi. Quindi, l'eccessiva urgenza con la quale l'ufficio competente nel settore urbanistica e territorio, il cui responsabile è l'ex consulente dello Sporting/Ausengineering, sottoponeva alle commissioni preposte la variante al piano di governo del territorio, che ha per oggetto aumenti volumetrici e variazioni di destinazione d'uso di parte dello Sporting, ad avviso degli interroganti si spiegava in relazione alla sottoposizione al consiglio comunale della variante al piano di governo del territorio vigente (che poi verrà effettivamente approvata). E l'approvazione di una variante al piano di governo del territorio di tal fatta, in assenza di certezza di effettiva verifica che lo stato dei luoghi e dell'immobile, soprattutto all'interno, oggi sia conforme alla scia presentata a suo tempo, e quindi non presenti difformità, palesemente consisteva a parere dell'interrogante in una sanatoria di dubbia legittimità dei presumibili abusi edilizi realizzati;
   è stata denunciata l'irritualità delle procedure al responsabile per la prevenzione della corruzione del comune di Basiglio, dottoressa Flavia Ragosta, con l'invito a prendere i dovuti provvedimenti, ottenendo riscontro alcuno la medesima comunicazione è stata inviata anche al prefetto di Milano;
   in data 8 maggio 2015 veniva convocato il consiglio comunale del comune di Basiglio (Milano), per il giorno 13 maggio 2015, con all'ordine del giorno la concessione in deroga, ex articolo 40 legge regionale n. 12 del 2005, per il rilascio del permesso a costruire alla società Sporting club Milano 3, e in quella data il consiglio comunale di Basiglio deliberava la concessione della deroga per il rilascio del permesso di costruire alla società Sporting Milano 3 e autorizzava alla sottoscrizione della convenzione il sindaco;
   la commissione «edilizia», come si legge nel verbale della seduta, valutava esclusivamente l'intervento edilizio relativo alle modifiche della sagoma dell'aumento volumetrico e delle nuove destinazioni, escludendo la convenzione con parere favorevole, ma a condizione che «l'organo competente ne definisca, con atto amministrativo che riterrà opportuno, puntualmente l'interesse pubblico». Quindi, la commissione non ha rilevato agli atti l'interesse pubblico necessario ed indispensabile per la concessione della deroga alle norme urbanistiche vigenti per il permesso a costruire convenzionato di cui alla delibera. La commissione «paesaggio», tra i cui componenti figura il progettista delle opere di ristrutturazione dello Sporting, presieduta dal responsabile dell'ufficio tecnico, respinge la richiesta di effettuazione di sopralluogo in cantiere effettuata da un commissario, ma emette a maggioranza parere favorevole sulla pratica in questione;
   la delibera contenente le disposizioni del consiglio comunale è comunque adottata ex articolo 40 legge regionale n. 12 del 2005, e non ex articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, così come modificato dal decreto-legge «sblocca Italia»;
   il decreto «sblocca Italia» pone due condizioni per poter ottenere la deroga agli strumenti urbanistici: l'interesse pubblico (nel caso in questione non accertato) e che il mutamento di destinazione d'uso non comporti un aumento della superficie coperta (nel caso in questione verificatosi);
   il sindaco Eugenio Patrone non ha fatto effettuare sopralluoghi in cantiere, ha disposto l'approvazione della concessione della deroga per il rilascio del permesso a costruire alla società Sporting spa; ha votato a favore della deliberazione;
   il sindaco del comune Eugenio Patrone è azionista dell'immobiliare Sporting Milano 3 spa, che è proprietaria della struttura oggetto dei lavori di riqualificazione per cui è memoria;
   l'Ausengineering è società con sede nel comune di Pieve Emanuele (Milano), e come si apprende dalla stampa, è stata destinataria di un'interdittiva antimafia emessa dal prefetto di Milano perché «collusa con la cosca calabrese Mancuso di Limbadi» (Il Giorno QN), e perché sarebbero documentate frequentazioni dei titolari con uomini del clan (Il Fatto Quotidiano). Tale interdittiva è stata poi revocata dal tribunale amministrativo regionale della regione Lombardia, in quanto giudicata inidonea a sostenere le accuse mosse –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto sopra esposto e se, alla revoca da parte del T.A.R. Lombardia dell'interdittiva antimafia emessa dal prefetto di Milano nei confronti dell'Ausengineering e delle altre imprese oggetto degli stessi provvedimenti nell'ambito degli appalti EXPO, il Ministero dell'interno abbia proposto ricorso al Consiglio di Stato e, in caso di risposta affermativa, quale sia lo stato dei procedimenti. (5-09448)


   GIGLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il « Messaggero Veneto» del 10 agosto 2016, ha reso noto l'avvenuto trasferimento – «provvisorio» (dal 4 agosto all'8 settembre 2016) di quattro agenti della Polstrada di Tolmezzo presso la sottosezione di Amaro sulla A23, riducendo di fatto in tal modo la presenza sulla viabilità ordinaria;
   tale notizia ha confermato i timori, da tempo espressi sia dalle associazioni sindacali che dalle istituzioni locali, circa la chiusura, a causa dei tagli alla sicurezza, del distaccamento di polizia stradale di Tolmezzo;
   gli agenti in servizio a Tolmezzo sono attualmente 11 (erano 19 nel 2000), di cui uno prossimo alla pensione e due esentati da servizi serali e notturni, per cui la riduzione del numero degli addetti, sia pure «temporanea», e il mancato rinforzo dell'organico si pongono come premessa ad una chiusura certa del presidio per mancanza di personale;
   il distaccamento della Polstrada di Tolmezzo opera su un tratto di viabilità ordinaria – quello che va dalla Carnia e Tarvisiano al Sandanielese e alla zona a nord di Udine – di particolare complessità, caratterizzato anche da un indice di sinistrosità di gran lunga maggiore rispetto a quello del corrispondente tratto autostradale;
   Tolmezzo e il suo territorio sono già stati fortemente penalizzati dalla chiusura del tribunale, mentre sembrerebbe sventata la paventata chiusura del commissariato cittadino, inclusa fra le sedi disagiate, sia pure fortemente ridotto nell'organico;
   la notizia di questo nuovo «scippo» alla città di Tolmezzo e alla Carnia intera è stata stigmatizzata anche in ordine del giorno approvato all'unanimità dal consiglio comunale tolmezzino in data 13 agosto 2016, il quale sottolinea l'importanza del servizio svolto dalla polstrada non solo per quanto la garanzia della sicurezza della circolazione, ma anche in ordine alla sicurezza pubblica in generale –:
   quali tempestive iniziative intenda intraprendere al fine di scongiurare la chiusura del distaccamento della Polstrada di Tolmezzo, evitando altresì che le iniziative di razionalizzazione della spesa pubblica abbiano ricadute negative sulla sicurezza dei cittadini. (5-09449)


   DIENI, SIBILIA, CECCONI, COZZOLINO, DADONE, D'AMBROSIO, NUTI e TONINELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di giugno 2016 si è tenuto un incontro tra una delegazione di sommozzatori del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e i rappresentanti delle organizzazioni sindacali per presentare un documento contenente le richieste del personale specialistico sommozzatore da sottoporre all'Amministrazione;
   in particolare, è emersa la richiesta di modifica del decreto legislativo n. 217 del 2005 con la creazione di un settore specifico per i sommozzatori e per tutti gli specialisti così come stabilito per il settore aeronavigante ai sensi del Capo III, articolo 159, del citato decreto legislativo n. 217 del 2005;
   adeguamento dell'indennità di immersione agli altri corpi in divisa dello Stato a completamento dell'articolo 3, comma 156, della legge 350 del 2003;
   revisione e modifica della circolare di riordino EM 08/2015 e del manuale operativo dei sommozzatori nel senso di scongiurare la chiusura dei nuclei e la riduzione degli organici nonché il cambio di orario per le sedi di servizio;
   in quella sede, il CONAPO, sindacato autonomo dei vigili del fuoco, ha sottolineato la necessità di perseguire l'equiparazione retributiva e pensionistica di tutto il personale dei vigili del fuoco in uniforme con gli altri corpi, ivi comprese l'indennità di specializzazione, nonché di tutte le altre mansioni e funzioni di responsabilità e professionalità al fine di superare la contrapposizione tra specialisti, da un lato, e personale operativo, dall'altro –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno avviare una riflessione in ordine alle richieste avanzate dal nucleo dei sommozzatori esposte in premessa e, a tal fine, porre in essere, per quanto di competenza, iniziative anche normative.
(5-09450)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 9 agosto 2016 nell'area di Santa Margherita di Pula nel comune di Pula si è registrato un gravissimo incendio che ha messo a repentaglio centinaia di famiglie e abitazioni;
   il disastro di Santa Margherita di Pula è la diretta conseguenza della fallimentare gestione della campagna antincendio della regione e dello Stato;
   si è trattato di un incendio circoscritto, in mezzo alle case, ben individuabile, trasformatosi in un disastro di dimensioni devastanti per l'assenza di qualsiasi intervento a terra;
   dal 2014 senza alcun motivo è stato chiuso il distaccamento dei vigili del fuoco di Pula;
   la sequenza delle immagini dell'incendio dimostra che si potevano risparmiare ore e ore di voli di aerei e di canadair se solo fosse intervenuta tempestivamente una squadra a terra con un normale mezzo antincendio;
   i canadair sono arrivati da troppo lontano e troppo tardi per fermare sul nascere il disastro;
   la dislocazione dei canadair tutta in capo al Governo e alle sue strutture è risultata insufficiente sia nei numeri che nello squilibrio territoriale;
   si tratta di una campagna antincendio che mortifica vigili del fuoco, forestali e volontari;
   i Ministri, hanno ancora una volta volteggiato in elicottero, ad avviso dell'interrogante, ignorando cause e responsabilità dell'accaduto;
   l'incendio si è generato ad una distanza di volo di 5 minuti dall'elicottero di stanza a Teulada già allestito per l'antincendio che non è stato mai utilizzato tantomeno in questa occasione –:
   se non si ritenga indispensabile chiarire, per quanto di competenza, le responsabilità di tali negligenze nel governo di quel drammatico incendio;
   se non si ritenga di dover prevedere un distaccamento permanente dei vigili del fuoco in aree così sensibili;
   se non si ritenga di dover meglio distribuire la presenza dei canadair incrementandola;
   se non si ritenga di dover valutare, sin dalla prossima campagna antincendio, l'attivazione di un serrato presidio del territorio anche attraverso l'uso dei militari come già accaduto negli anni ’90 nell'area dell'iglesiente. (5-09444)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la stampa locale comasca ha dato notizia il 9 settembre 2016 degli sviluppi di un'indagine condotta dalla procura di Como concernente un'organizzazione criminale dedita al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, anche a profitto di presunti militanti jihadisti implicati nella guerra civile siriana, spesso avviati a pagamento verso il Nord Europa;
   l'inchiesta ha già condotto in carcere venti persone, tra le quali Mulham Shahad, trentatreenne siriano residente a Ponte Lambro e risultato collegato al carpentiere erbese Anter Chadad, noto a sua volta all'antiterrorismo nazionale per aver combattuto in Siria;
   al centro dell'indagine è finito anche Basel Abdulmalek, ventiquattrenne siriano originario di Damasco, residente anch'egli a Ponte Lambro presso l'abitazione di un cugino, già segnalato dalla Digos di Sassari nell'estate del 2015, in quanto sospettato di condurre un'attività di porteur a favore di migranti irregolari in transito attraverso Grecia ed Ungheria, nonché di gestire insieme al padre in Belgio non meglio precisati «affari criminosi»;
   parrebbe altresì emergere dalle prime risultanze delle indagini la sussistenza di un filo rosso che legherebbe Como città ad Erba e questa ad Aleppo ed altri fronti caldi del jihadismo;
   elementi locali, comaschi, risulterebbero inoltre implicati nello svolgimento delle attività illegali oggetto dell'inchiesta, seppure in una posizione di totale subalternità che rifletterebbe la forza raggiunta dai nuovi sodalizi criminali guidati da stranieri;
   epicentro della sospetta infiltrazione jihadista a Como sarebbe la storica Piazza San Rocco –:
   in considerazione della sempre più grave minaccia all'ordine pubblico ed alla sicurezza gravante su Como ed Erba, quali misure il Governo intenda assumere e se, in particolare, non ritenga opportuno rafforzare al più presto i presidi di pubblica sicurezza nell'area comasca, dotandoli di organici più consistenti e provvedendo altresì quanto prima allo sgombero degli immigrati irregolari accampati nei pressi della stazione ferroviaria del capoluogo lariano. (4-14140)


   GUIDESI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come apparso recentemente sui quotidiani (http://ilcittadino.it) risulta che a Pieve, in provincia di Lodi, da poco meno di una settimana siano stati alloggiati in una villetta in via Papa Giovanni XXIII circa undici immigrati, tra cui due bambini;
   sempre secondo quanto riportato dai quotidiani, pare che, precedentemente all'apertura del centro, il sindaco avesse chiesto precisi chiarimenti alla prefettura, in merito alla possibilità che in paese potessero esser inviati immigrati per esservi alloggiati e che in merito avesse ricevuto risposta negativa;
   successivamente però, sempre secondo quanto riferito alla stampa dal sindaco di Pieve, la prefettura avrebbe modificato tale decisione «con una telefonata, in cui si comunicava, da lì a due ore, l'arrivo dei profughi nella villetta di via Papa Giovanni XXIII»;
   l'immobile di Via Papa Giovanni XXIII, secondo quanto dichiarato dal sindaco Stefano Guerciotti, dopo il sopralluogo congiunto con la asl, risulterebbe non idoneo ad ospitare undici persone per diverse irregolarità rilevate ed, altresì, pare, siano stati riscontrati al suo interno anche «assenza di controlli e assistenza inadeguata»;
   le condizioni in cui versa tale centro, in palese violazione dei fondamentali diritti della persona e senza alcun rispetto per la dignità umana, sono riassunte in modo eloquente in una fotografia scattata durante il sopralluogo, poi ripresa e pubblicata dalla stampa, in cui appare un bimbo, ospite del centro, lasciato solo a terra, su un giaciglio;
   pertanto, secondo quanto dichiarato sempre dal sindaco di Pieve, «è evidente che le condizioni di assistenza sono disattese», nonostante, secondo i dati forniti dall'amministrazione comunale, la cooperativa abbia a disposizione per le undici persone ospitate circa 10 mila euro mensili per gestire accoglienza e integrazione, importo ricavato dalle somme che la stessa cooperativa percepirebbe dalla prefettura, pari a 11.550 euro al mese, detratto l'affitto;
   pare, inoltre, che la cooperativa aggiudicataria del bando indetto dalla prefettura non sia, in realtà, la stessa che in effetti gestisce il centro di accoglienza all'interno della villetta a Pieve;
   la direttiva del Ministero dell'interno del 4 agosto 2015 in materia di implementazione delle attività di controllo sui soggetti affidatari dei servizi di accoglienza dei cittadini extracomunitari dei centri governativi di accoglienza, anche temporanei, sia con riferimento ai profili contabili-finanziari che alle verifiche sulla qualità dei servizi sia in caso di ricorso a procedure di evidenza pubblica che di ricorso all'affidamento diretto dispone la necessità da parte delle prefetture di controlli di natura anche preventiva, ove possibile, prevedendo la clausola risolutiva espressa;
   la circolare ministeriale 2255 del 30 ottobre 2015 stabilisce che, anche in caso di ricorso alle procedure di affidamento diretto, in attuazione del principio di leale collaborazione tra i diversi livelli di Governo, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 142 del 2015, ricorre l'obbligo di sentire l'ente locale interessato, secondo quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 11 del medesimo decreto;
   in attesa del decreto ministeriale che introduca le opportune prescrizioni in relazione alla peculiarità del tipo di struttura, le forniture di beni e servizi sono quelle previste dal decreto ministeriale 21 novembre 2008 integrate con le indicazioni contenute nella direttiva del Ministero dell'interno del 4 agosto 2015 –:
   se corrisponda al vero quanto riferito dal sindaco di Pieve e riportato dalla stampa, in particolare se lo stesso non sia stato avvisato per tempo e coinvolto nella decisione di istituire un centro di accoglienza nel proprio comune;
   se e a quale ente i servizi di gestione del centro siano stati subappaltati e quali ne siano i motivi;
   quali controlli sia preventivi che successivi all'affidamento siano stati effettuati dalla prefettura di Lodi in merito alla struttura, circa la relativa certificazione urbanistica e sanitaria e all'ente gestore del centro;
   quali disservizi abbia eventualmente riscontrato e quali azioni la stessa prefettura abbia intrapreso sia in sede di eventuale attività ispettiva sia a seguito di quanto emerso dal recente sopralluogo condotto dal sindaco con la asl locale;
   se non si ritenga opportuno procedere alla risoluzione del contratto per grave inadempienza con revoca dell'affidamento alla cooperativa aggiudicataria e alla immediata chiusura del centro presso la villetta di via Papa Giovanni XXXIII. (4-14149)


   MIOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 10 giugno 2016 è stata depositata l'interrogazione 4-13446 con la quale si chiedeva, tra l'altro, al Ministro dell'interno di assumere iniziative atte a stabilire le condizioni di incompatibilità per gli amministratori di Limbiate condannati con sentenza definitiva della Corte dei conti al risarcimento di danno erariale conseguente alla sentenza del tribunale di Milano, sezione lavoro, n. 2557 del 29 luglio 2004;
   non è stata fornita risposta al predetto atto ispettivo –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere in relazione a quanto esposto in premessa, in particolare valutando se sussistano i presupposti per la promozione da parte del prefetto dell'azione di cui all'articolo 70 del TUEL ai fini della decadenza dalla carica del sindaco di Limbiate. (4-14150)


   SCOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 12 settembre 2016 era prevista la presenza del Presidente del Consiglio a Napoli in occasione di uno spettacolo di Jonas Kaufmann al Teatro San Carlo;
   in concomitanza con l'arrivo del Premier attivisti dei movimenti napoletani e di comitati territoriali, cittadinanza attiva ed esponenti della maggioranza amministrativa comunale hanno partecipato ad un presidio di protesta contro le politiche del Governo e le scelte del Consiglio dei ministri rispetto alla città di Napoli;
   in particolare, oggetto di critica era ancora una volta il commissariamento di Bagnoli, motivo di scontro politico-amministrativo tra comune e Governo;
   il presidio si è svolto nella galleria Umberto I, situata a circa cento metri dal Teatro San Carlo;
   la presenza di forze dell'ordine è sembrata spropositata rispetto al numero di manifestanti presenti ed al tenore dell'iniziativa;
   in una fase di apparente calma della manifestazione, durante la quale alcuni partecipanti si stavano addirittura lasciando intervistare da giornali e televisioni, al primo accenno di leggero spostamento in avanti di alcuni manifestanti è partita una violenta carica da parte delle forze dell'ordine, durante la quale un consigliere comunale eletto nella lista «DemA», Eleonora De Majo, è stata colpita alla testa da una manganellata ed allo stomaco da un pugno;
   nella stessa carica sono rimasti contusi diversi manifestanti;
   dai video pubblicati dalle organizzazioni aderenti al presidio e da quotidiani come «La Repubblica» si capisce perfettamente come la risposta delle forze dell'ordine sia risultata del tutto eccessiva rispetto alla situazione;
   come se ciò non bastasse, all'allontanamento dei manifestanti, che si sono radunati nuovamente pochi minuti dopo in via Chiaia (in un punto distante svariate centinaia di metri dal luogo ove si trovava il Presidente del Consiglio), sono seguite ulteriori cariche di alleggerimento a giudizio dell'interrogante del tutto immotivate ed eccessivamente aggressive, durante le quali un manifestante ha accusato un improvviso malore ed altri ancora sono rimasti contusi;
   considerato quanto era accaduto prima e la distanza dal Teatro San Carlo, sembra all'interrogante ancora una volta priva di giustificazione la gestione della situazione da parte delle forze dell'ordine;
   tutto ciò risulta chiarissimo anche dai video girati da manifestanti e passanti ed attualmente reperibili in rete;
   non è la prima volta che a Napoli, specie in occasione delle rare visite del Presidente del Consiglio, la gestione del contesto da parte delle forze dell'ordine si traduce in un uso eccessivo della forza –:
   se non ritenga urgente e doveroso accertare quanto accaduto la sera del 12 settembre a Napoli tra la galleria Umberto I e via Chiaia, verificando l'operato delle forze dell'ordine, e assumere immediate iniziative relativamente a quelli che all'interrogante sembrano essere stati abusi di forza. (4-14152)


   D'INCÀ, BRUGNEROTTO, COZZOLINO e BUSINAROLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi decenni le rivendite di generi di monopolio hanno profondamente differenziato la propria attività, affiancando al tradizionale esercizio di vendita dei tabacchi, anche l'offerta di giochi e servizi di pubblica utilità;
   preso le tabaccherie, infatti, è possibile usufruire di una pluralità di servizi essenziali quali: la riscossione delle tasse automobilistiche, del canone TV, dei tributi locali, del contributo unificato per gli atti giudiziari, nonché di servizi di pagamento delle utenze, delle multe per le infrazioni al codice della strada e delle somme iscritte a ruolo ed inoltre, l'emissione dei valori bollati telematici e dei voucher Inps. Senza considerare il settore dei giochi, che ha visto un aumento significativo nel corso degli anni, lotto, Gratta & Vinci, SuperEnalotto e scommesse sportive;
   ai tabaccai, quindi, vengono affidate numerose attività di riscossione da parte dell'Amministrazione finanziaria, delle regioni e da parte di enti pubblici e privati. Non a caso la rete delle tabaccherie ha assunto nel tempo una preponderante valenza sociale, tale da essere qualificata come rete a servizio delle istituzioni e della cittadinanza;
   in considerazione di questa crescita e delle consistenti giacenze di denaro incassate, nel corso degli ultimi anni, le tabaccherie sono divenute anche attività a forte rischio di commissione di reati predatori, non ultimo in ragione dell'appetibilità dei beni presenti all'interno dei locali, che costituiscono dei veri e propri valori (tabacchi, ricariche telefoniche, tagliandi delle lotterie e altro);
   il fenomeno è alimentato anche dalla facilità con la quale gli autori dei reati riescono a portare a termine l'azione criminosa per via delle caratteristiche delle rivendite: locali commerciali facilmente accessibili al pubblico, privi di misure protettive, di infissi e vetrine blindati atti a prevenire eventuali tentativi di furti e rapine;
   tuttavia, non può essere sottovalutato un particolare aspetto relativo alla gestione contabile delle tabaccherie. Infatti, solo una frazione marginale del denaro incassato dai rivenditori rappresenta un «ricavo» effettivo. Una percentuale rilevante di tale ammontare, circa il 90-95 per cento, è in realtà da riversare allo Stato o ai concessionari, conseguentemente, un rivenditore che sia stato vittima delle attenzioni della criminalità si trova a dover sostenere in prima persona i danni subiti dall'evento criminoso;
   quindi cresce nel settore la domanda di sicurezza e la richiesta di potenziare l'attività di prevenzione e di contrasto;
   emblematico è il caso della signora Carla De Conti, titolare di una tabaccheria nel comune di San Fior in provincia di Treviso. Il caso in questione si può definire come caso limite, balzato alle cronache nazionali, in quanto la signora è stata rapinata e derubata ben otto volte in sette anni di attività, l'ultima delle quali nel mese di giugno 2016;
   le rapine, tutte corredate da denunce, di cui la più cruenta a mano armata nel dicembre del 2012, sono avvenute sia in negozio che in casa;
   la condizione di esasperazione, dovuta anche agli agguati subiti mentre rientrava dal lavoro, hanno condotto la signora De Conti, ormai afflitta da tale situazione, a pensare di chiudere l'esercizio commerciale, ma trattandosi di un'attività di monopolio tale azione non è stata semplice da attuarsi;
   così, tormentata dalla preoccupazione e dalla paura, l'angoscia e la necessità di tutela l'hanno condotta alla decisione estrema di affidarsi a un'arma per difendersi;
   i Governi che si sono succeduti negli ultimi anni, ad ogni finanziaria hanno effettuato cospicui tagli ai servizi di sicurezza, quasi 2 miliardi di euro di somme destinate alle forze dell'ordine, senza curarsi del fatto che la situazione di crisi economica, in cui da anni purtroppo si trova il nostro Paese, ha favorito l'aumento dei delitti contro le persone e i patrimoni e della micro e macro criminalità –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se si intendano adottare iniziative urgenti, anche di carattere normativo e finanziario, per aumentare il contrasto alla criminalità;
   se intendano adoperarsi per garantire l'annunciata apertura della nuova stazione dei carabinieri di Godega che avrà competenze sul territorio Sanfiorese;
   quale impegno si ritenga di assumere per garantire la sicurezza dei titolari di esercizi commerciali, che risultano essere una delle categorie sociali più esposte ai fenomeni di criminalità. (4-14153)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE, MATARRELLI, PASTORINO e ARTINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 24 agosto 2016 48 cittadini sudanesi sono stati prelevati a Ventimiglia, dove erano in attesa di passare il confine e raggiungere i propri familiari, espulsi e trasferiti con un volo charter a Khartoum;
   sulla vicenda il Ministro dell'interno ha dichiarato che non è avvenuta nessuna violazione dei diritti umani ma che «il rimpatrio dei sudanesi è avvenuto nel pieno rispetto di un accordo tra la polizia italiana e quella del Sudan»;
   ciò che è avvenuto il 24 agosto è, infatti, il primo atto dell'accordo firmato il 4 agosto 2016 dal Governo italiano con il Sudan che prevede la collaborazione nella gestione delle migrazioni e delle frontiere, con articoli dedicati proprio al rimpatrio dei cittadini «irregolari». L'accordo non è stato ratificato dal nostro Parlamento;
   da notizie di stampa si apprende che nelle settimane precedenti i trasferimenti, il Governo italiano avrebbe chiesto al Sudan di inviare una sua delegazione a Ventimiglia, per identificare e rimpatriare cittadini sudanesi: notizia confermata con una dichiarazione al Sudan Tribune dalla stesso Ministro degli esteri sudanese Gharib Allah Khidir;
   se la notizia fosse confermata sarebbe, a giudizio degli interroganti, una grave violazione delle regole del diritto internazionale sui rifugiati che vieta espressamente intese tra le forze di polizia di due Stati per l'espulsione di persone senza tener conto di ciò che queste ultime possono incontrare in patria, e il coinvolgimento di agenti dei Paesi di origine nell'identificazione dei migranti;
   da fonti di stampa si apprende, infatti, che molte delle persone trasferite a Khartoum stavano attivandosi per la richiesta di asilo e che, inoltre, nel 2015, il 60 per cento dei sudanesi richiedenti asilo ha ricevuto la protezione umanitaria in Italia e che quindi il nostro Paese ha riconosciuto la drammaticità della situazione in Sudan;
   con questo accordo si accredita la repubblica del Sudan come «paese terzo sicuro», verso il quale rimpatriare i richiedenti asilo che si vedono negare il diritto alla protezione, nonostante il suo presidente, Omar Hasan Ahmad al-Bashir, già segnalato dalla Corte penale internazionale, non rispetti i diritti dell'uomo e non offra le garanzie sull'incolumità dei rimpatriati, espressamente richieste dal diritto internazionale. Per lo stesso motivo, l'Italia è già stata condannata per i rimpatri collettivi di cittadini tunisini, voluti dal Ministro pro tempore Maroni nel 2011, e vietati dalla Convenzione europea sui diritti dell'uomo –:
   se il Governo non ritenga urgente fornire elementi riguardo all'accordo firmato il 4 agosto 2016 con il Sudan;
   se non ritenga opportuno interrompere ogni eventuale prossima espulsione e trasferimento verso il Sudan, oltre che per le riconosciute violazioni del diritto internazionale da parte del Governo del Sudan, in ragione dell'osservanza dell'articolo 10, comma 3, della Costituzione italiana, che riconosce il diritto all'asilo politico a tutti gli stranieri che fuggono dal proprio Paese d'origine in quanto il Paese in questione non riconosce i diritti e la libertà costituzionalmente previste e garantite dallo Stato italiano. (4-14154)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   è notizia pubblicata sulla stampa locale (La Provincia, sabato 10 settembre 2016) quella di un pakistano di 26 anni, alloggiato in uno degli appartamenti in via Roma, a Binago (Co), destinati all'accoglienza di richiedenti asilo, resosi protagonista nei giorni scorsi di un episodio che ha suscitato non poca rabbia tra la gente del paese;
   secondo la ricostruzione, il profugo ha importunato una ragazzina di 11 anni, avvicinandola e dicendole «vieni con me», riproponendo un atteggiamento già avuto in precedenza e per il quale era stato ammonito dal sindaco del paese, che aveva segnalato l'accaduto ai carabinieri di Olgiate Comasco e alla cooperativa «il biancospino» che l'ha in carico;
   nel maggio 2016, infatti, lo stesso straniero aveva avvicinato una giovane donna che era andata a prendere la figlioletta a scuola e nel luglio successivo stesso atteggiamento nei riguardi di una giovane mamma che passeggiava con il bimbo in carrozzina;
   il sindaco, ora, ha proceduto con la segnalazione alla prefettura e ai carabinieri, ma l'indignazione e la paura tra gli abitanti è in aumento –:
   se non ritenga urgente assumere iniziative per attivare le procedure di espulsione e rimpatrio del pakistano di cui in premessa, il cui comportamento, ripetuto nel tempo, è inconciliabile con qualunque idea di integrazione e di aiuto e rappresenta un evidente rischio per le abitanti di Binago. (4-14156)


   ATTAGUILE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come noto e riportato dalla stampa nei gli ultimi mesi il centro di accoglienza richiedenti asilo di Mineo (Catania) è stato al centro di diverse indagini giudiziarie, tra cui l'inchiesta nota come «Mafia Capitale», dalle quali sarebbero anche emersi presunti illeciti nella gara d'appalto, indetta in data 24 aprile 2014, per la gestione triennale, dei servizi dello stesso C.A.R.A. di Mineo, gara che fu ritenuta illegittima dall'Autorità nazionale Anticorruzione già con parere n. 15 del 25 febbraio 2015;
   tale appalto per la somma di 96.907.500 euro sarebbe stato allora aggiudicato all'Ati, composta da Casa della Solidarietà (capogruppo, 15,33 per cento del valore contrattuale al netto di Iva), Sisifo (11,16 per cento), Sol. Calatino (15,26 per cento), Senis Hospes (10,18 per cento), La Cascina Global Service (33,27 per cento), Croce Rossa (5,87 per cento) e Pizzarotti (8,93 per cento);
   pare che da questa indagine sia poi partita un'ulteriore inchiesta della Procura di Caltagirone che avrebbe accertato una truffa per gonfiare artificiosamente il numero dei migranti e, quindi, anche dei rimborsi per la quale sono state recentemente indagate sei persone per i reati di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ai danni dello Stato e dell'Unione europea;
   in particolare, l'analisi della contabilità relativa alle presenze giornaliere dei migranti ospiti del C.A.R.A. di Mineo, finalizzata alla liquidazione delle somme spettanti al cosiddetto «ente gestore», avrebbe evidenziato che sarebbero stati rendicontati e corrisposti, negli anni dal 2011 al 2015, importi superiori a quelli dovuti;
   il denaro indebitamente corrisposto è stato quantificato in oltre un milione di euro –:
   attualmente il CARA di Mineo, il più grande centro di accoglienza di Europa, registra circa 4.000 presenze;
   il 30 agosto 2016, in occasione di una visita dell'interrogante al CARA di Mineo, il direttore, Sebastiano Maccarrone, ha riferito che lo Stato deve ancora corrispondere circa trenta milioni di euro all'ente gestore del Cara e che tale ritardo avrebbe, dunque, favorito l'indebitamento e costretto ad una esposizione bancaria per interessi pari a circa centomila euro al mese;
   nonostante quanto sopra evidenziato, in diverse occasioni il Ministro interrogato ha comunque manifestato la volontà di mantenere la struttura e altresì di voler trasformare il CARA di Mineo in un hot spot –:
   se quanto riportato, anche recentemente, dalla stampa relativamente all'esposizione bancaria dell'ente gestore del CARA di Mineo trovi conferma, in particolare, quale sia l'ammontare mensile dei costi di gestione della struttura, i tempi di erogazione dei fondi da parte della prefettura se vi siano stati ritardi, quali siano i motivi; inoltre quali siano gli istituti di credito a cui l'ente gestore si sarebbe rivolto nelle more dei pagamenti, a quanto ammontino le somme percepite e gli interessi applicati dagli stessi istituti e chi provvederà alla corresponsione degli stessi; infine se non ritenga opportuno, a fronte delle vicende sopra riportate, procedere all'immediata chiusura del CARA di Mineo. (4-14160)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta immediata:


   CENTEMERO e OCCHIUTO. – Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. – Per sapere – premesso che:
   il piano straordinario di assunzioni contenuto nella legge n. 107 del 2015 ha previsto per gli anni scolastici 2015/2016 e 2016/2017 l'assunzione di tutti i docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e a febbraio 2016 è stato bandito il concorso a cattedre per l'assunzione di 63.712 nuovi docenti;
   per l'anno scolastico 2016/2017 erano quindi previsti oltre 60 mila posti nuovi per le assunzioni, da ripartire, secondo la normativa vigente, al 50 per cento tra docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e docenti inseriti nelle graduatorie di merito del concorso bandito nel 2015;
   si calcola che circa 900 su 1.500 commissioni del concorso 2016 in molte regioni non abbiano ancora completato i lavori e di conseguenza non siano state pubblicate le relative graduatorie di merito, che hanno valenza triennale;
   la legge n. 107 del 2015 ha previsto per l'anno scolastico 2015/2016 un piano straordinario di mobilità, in deroga alla normativa che prevede l'obbligo di rimanere per un triennio nella sede assegnata;
   il piano straordinario di mobilità ha prodotto 207.000 domande di trasferimento – circa 100.000 in più rispetto agli anni precedenti – con una forte richiesta di mobilità da Nord a Sud e da Sud a Nord, causando gravi disagi alle istituzioni scolastiche e soprattutto alle studentesse e agli studenti che in molti casi inizieranno l'anno scolastico senza docenti;
   in base alla mappa completa dei trasferimenti, dall'infanzia alle superiori, pubblicata da una rivista specializzata, il 74 per cento dei docenti sono del Sud, ma nel Meridione ci sono solo il 39 per cento degli studenti. Sono dunque 8.661 docenti campani (il 52 per cento), 8.569 siciliani (il 56 per cento) e 1.165 della Basilicata (il 69 per cento) che si spostano nelle regioni del Centro-Nord per assumere l'incarico a tempo indeterminato;
   in particolare, era interessato ai trasferimenti il 68,5 per cento di professori delle superiori, nato nel Meridione, a fronte di una disponibilità di sedi nel Mezzogiorno pari al 40,1 per cento del totale: il 44,3 per cento di loro è stato trasferito in altre regioni;
   su un totale di 72.155 insegnanti oggetto di trasferimento, sono stati ben 53.341 (il 74 per cento del totale) i docenti meridionali di tutti gli ordini di scuola che aspiravano al trasferimento ad una sede nella regione di nascita, dove però erano disponibili soltanto 29.603 posti (il 38 per cento del totale). Tra loro è riuscito ad ottenere un posto nella regione in cui è nato molto meno della metà (46,4 per cento), cioè 24.742 docenti, mentre gli altri 28.599 sono stati trasferiti altrove;
   va inoltre rilevato che la riforma non ha inciso su gravi problematiche che ad oggi caratterizzano il panorama scolastico, in particolare nel Mezzogiorno, dove in diverse regioni, di fatto, non esiste il tempo pieno, perché mancano le mense e le carenze nei trasporti scolastici non aiutano i ragazzi a compiere un percorso scolastico pieno. Basterebbe il solo tempo pieno, infatti, per poter permettere a molti docenti meridionali sparsi per l'Italia di rientrare nelle regioni di provenienza;
   l'algoritmo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che assegnava la sede di servizio ha inoltre provocato molti errori, con il conseguente sorgere di contenzioso per il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   diversamente dagli altri anni scolastici, quest'anno si sono riscontrati forti ritardi nella tempistica del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per quanto concerne le nuove assunzioni: entro l'inizio dell'anno scolastico doveva avvenire l'assegnazione agli ambiti territoriali e la pubblicazione on line dei curricoli da parte dei docenti neoassunti. Entro il primo giorno di scuola la scelta da parte dei dirigenti scolastici delle scuole dei docenti mancanti;
   con sentenze del tribunale amministrativo regionale sono stati inseriti nelle graduatorie ad esaurimento numerosi docenti che hanno fatto ricorso, con gravi disagi e ritardi negli uffici scolastici territoriali;
   l'organico di fatto inoltre è stato comunicato entro il 5 settembre 2016, fortemente in ritardo rispetto agli anni precedenti;
   risulta inoltre agli interroganti che alcuni uffici scolastici regionali abbiano disposto utilizzazioni e assegnazioni provvisorie su posti di sostegno di docenti di ruolo privi di titolo di specializzazione, nell'ambito delle operazioni di mobilità annuale;
   la soluzione sarebbe stata individuata per far rientrare il maggior numero possibile di docenti trasferiti fuori regione, in seguito alla mobilità straordinaria 2016/2017 e alla necessità di collocare un docente perdente posto nella stessa scuola o in una vicina, a totale discapito della qualità del sostegno che potrebbero fornire i docenti specializzati a disposizione;
   il Governo, ad avviso degli interroganti, ha affrontato la fase di attuazione della legge n. 107 del 2015 con leggerezza, sottostimando inoltre gli effetti applicativi della riforma, che, anche per queste ragioni, sta provocando forti ritardi ed incertezze nella fase di avvio dell'anno scolastico –:
   quali provvedimenti urgenti e quali azioni a lungo termine intenda mettere in atto per porre rimedio agli errori e alle leggerezze compiute nella fase di attuazione della riforma, per garantire alle studentesse e agli studenti la presenza di insegnanti, la continuità didattica nel corso dell'anno scolastico e le competenze specifiche per la disabilità, assicurando il reale avvio dell'anno scolastico ed una formazione di qualità e rispettosa dei bisogni formativi delle alunni e delle alunne. (3-02484)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il liceo artistico e liceo musicale «Foiso Fois» è un'istituzione di circa 60 anni che, dallo scorso anno scolastico ha attivato la sezione di liceo musicale a seguito di delibera della Regione autonoma della Sardegna e di presa d'atto del direttore generale della Sardegna;
   il liceo si compone di 41 classi (39 di liceo artistico e 2 di liceo musicale) e accoglie circa 900 studenti, fra questi sono presenti 42 disabili e circa il doppio di ragazzi con bisogni educativi speciali di vario genere;
   dispone di due sedi: una al centro di Cagliari, si insedia su un antico convento del ’600, ma può contenere solo 20 classi e non dispone di laboratori né di palestra per mancanza di spazi;
   l'altra sede è in periferia, si compone di 15 aule, qualche laboratorio e una palestra chiusa da tempo;
   dal prossimo anno scolastico gli studenti del liceo saranno costretti a svolgere le lezioni ricorrendo al doppio turno, arrecando gravissimo nocumento alla qualità di vita per degli adolescenti, il 70 per cento dei quali pendolari;
   l'orario settimanale è uno dei più lunghi, 35 ore curricolari, entrare alle ore 14.00 significa uscire alle 20.00, pressoché tutti i giorni;
   è in atto un tentativo maldestro di negare all'istituito un numero di aule sufficienti sottraendogli quelle utilizzate nell'ultimo anno scolastico nello stabile dell'Istituto Leonardo indispensabili per consentire una didattica adeguata per i due indirizzi di studio, quello artistico e quello musicale;
   per questa ragione sono indispensabili:
    1) la sede centrale con 22 aule e annessi;
    2) la sede di via Bixio con 15 aule e annessi;
    3) la sede del Leonardo per accogliere al secondo piano n. 1 classe del musicale (e saranno due le classi nell'anno scolastico 2016/17) più 4 laboratori musicali e n. 4 classi del liceo artistico al primo piano;
   l'ipotesi di trasferire queste ultime classi in un istituto totalmente decentrato provocherebbe un disagio non sopportabile agli alunni, genitori e docenti –:
   se non ritenga necessario, per quanto di competenza, intervenire al fine di garantire la continuità didattica del liceo che verrebbe altrimenti gravemente compromessa;
   se non ritenga, per quanto di competenza, di impedire, per quanto di competenza, che, a distanza di poche ore dall'inizio dell'anno scolastico, vengano sottratte al liceo Fois quelle aule che in continuità didattica sono indispensabili per lo svolgimento delle lezioni;
   se intenda accertare anche il reale stato delle assegnazioni dei plessi scolastici ai presidi che non risultano in alcun modo formalizzate alla data odierna. (5-09443)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FUCCI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 4 e il 29 luglio 2016 stati resi noti gli esiti delle quattro fasi della procedura di mobilità dei docenti della scuola secondaria;
   come immediatamente denunciato dagli stessi insegnanti coinvolti e dai loro rappresentanti, la pubblicazione degli esiti ha evidenziato errori ed incongruenze, che stanno generando reclami, richiesta di interventi, presentazione di ricorsi e diffide;
   secondo gli addetti ai lavori, potrebbero esserci state disfunzioni nell'algoritmo, con l'assegnazione la sede errata a migliaia di insegnanti;
   inoltre, l'interrogante è stato informato della scomparsa di insegnanti dagli elenchi e della mancata attribuzione delle tutele previste dalla legge n. 104 del 1992 –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere per porre immediato riparo alle situazioni descritte in premessa. (4-14142)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   così come previsto dalla legge n. 107 del 13 luglio 2015 è stato indetto il nuovo concorso a posti e cattedre per il personale docente;
   la procedura concorsuale a carattere regionale prevedeva tre bandi di cui uno per i docenti della scuola dell'infanzia e della primaria, un secondo rivolto ai docenti della scuola secondaria di primo e secondo grado e infine un terzo bando per i docenti di sostegno per un totale di 63.712 posti da assegnare nel corso del triennio 2016/2018;
   il concorso, doveva avere un carattere innovativo, mirato a selezionare i migliori docenti puntando sul merito, sul riconoscimento del percorso svolto e sulla qualità;
   la Ministra interrogata intervistata a « Rainews 24», in merito alle prove del concorso ha dichiarato: «è un concorso epocale. Saranno prove innovative che tengono conto che gli aspiranti docenti che faranno il concorso sono tutti abilitati quindi abbiamo già avuto modo di verificare le loro competenze e conoscenze delle materie per cui si presentano. (...) Questo è storicamente il concorso più grande che la scuola italiana abbia mai organizzato. Finalmente si torna alla Costituzione dopo tantissimi anni in cui i concorsi erano stati bloccati. Ricordo che l'età media di questi aspiranti docenti è un po’ meno di 39 anni, avremo quindi un abbattimento dell'età media. Il concorso è triennale e i primi vincitori andranno in cattedra a settembre»;
   in teoria, tutti docenti aspiranti meritevoli, abilitati e conoscitori della materia per la quale si erano presentati potevano finalmente ambire all'immissione in ruolo;
   il 7 settembre 2016, la Ministra Giannini firma il decreto per le immissioni in ruolo esclusa la mobilità, per un totale di 29.720 posti disponibili, di cui 7.221 autorizzate dal Ministro dell'economia e delle finanze per il sostegno, mentre su posto comune – inizialmente autorizzati 25.198 assunzioni – i posti autorizzati risultano essere 22.499 e di questi, quasi diciannovemila posti sono assegnati alle regioni settentrionali, meno di tremila al Sud e restante al Centro Italia;
   tuttavia, la previsione per sessantaquattro mila cattedre, con circa il 50 per cento di bocciati, non riuscirà a coprire tutti i posti messi a bando anche perché non è garantita la selezione entro il 15 settembre 2016 – termine ultimo per le nomine in ruolo – pertanto è quasi certo che la metà delle cattedre resterà vuota con la previsione che sia i docenti promossi che quelli bocciati torneranno in cattedra da supplenti;
   infatti, vi sono classi di concorso in alcune regioni che non hanno sufficiente disponibilità come ad esempio la classe concorso di matematica e scienza in Calabria: 101 posti sono stati messi a concorso, 52 docenti hanno superato la selezione, ma i posti disponibili sono due. Per la classe di tecnologia per le medie si sono registrati: 86 posti messi a concorso, 28 vincitori, e soli tre posti disponibili;
   una delle principali cause risulta essere la mobilità straordinaria concessa dalla legge n. 107 del 2015 che, al comma 108, riguardante i trasferimenti interprovinciali riporta che tutti i posti vacanti e disponibili per l'anno scolastico 2016/17, tolti quelli accantonati per gli assunti in fase B e C, sono messi a disposizione per la mobilità. Con il conseguente risultato che non c’è disponibilità d'immissioni in ruolo nelle seguenti regioni: Liguria, Veneto, Toscana, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Molise, Umbria, Lazio, Basilicata, Puglia, una sola disponibilità in Campania, Calabria, Sicilia mentre le uniche disponibilità in Lombardia, Piemonte, Friuli, Sardegna;
   tuttavia, anche se le uniche disponibilità d'immissioni in ruolo sono nelle scuole del nord Italia, vanno assegnate ancora migliaia di cattedre, poiché molte cattedre sono ancora scoperte a causa delle domande di trasferimento nella regione di appartenenza da parte di docenti in mobilità, con l'assoluta certezza che per molti studenti le lezioni inizieranno con le supplenze. Tale responsabilità non può essere attribuita ai vincitori di concorso che, in molti casi, hanno scelto di concorrere in determinate regioni piuttosto che in altre basandosi proprio sul numero di posti banditi;
   altro aspetto riguarda i docenti che hanno concorso per le varie discipline del liceo musicale che, pur avendo garantita la disponibilità dei posti all'atto dell'iscrizione, hanno saputo solo pochi giorni prima dello scritto che il concorso non avrebbe maturato nessuna immissione in ruolo per l'anno scolastico 2016/17, in quanto il Ministro dell'economia e delle finanze aveva in precedenza bloccato l'autorizzazione dei 2000 posti in organico diritto previsti, impedendo, di fatto, quanto invece scritto sul contratto collettivo nazionale integrativo sulla mobilità, in altre parole che il 50 per cento dei posti (1000) sarebbero andati ai vincitori di concorso e l'altro 50 per cento ai trasferimenti –:
   se la Ministra sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   quale sia il motivo e il senso di bandire un concorso ad accesso limitato, con indicazione di un numero preciso e definito di posti messi a bando – bando che parla di assunzioni da effettuare prima di mettere a concorso nuovi posti – mentre migliaia di vincitori di concorso a oggi non hanno un'immissione in ruolo a causa di mancanza di posti disponibili;
   perché il Ministero non abbia fornito nessuna rassicurazione ai candidati vincitori e quali siano le azioni che intende mettere in atto per assicurare l'immissione in ruolo dei docenti promossi nell'ultimo concorso;
   se, considerato l'esito del concorso rispetto ai docenti vincitori oggi ancora non immessi in ruolo, non ritenga di dover modificare le tabelle con le reali previsioni dei posti a disposizione per il triennio 2016/18 e quali tutele e garanzie intenda offrire ai vincitori del concorso;
   considerato che non sono stati tutelati gli abilitati TFA e PAS – a differenza dei docenti abilitati negli anni passati immessi in graduatorie ad esaurimento (GAE), e giustamente oggetto di continue procedure di assunzione fino all'obiettivo di esaurimento delle loro graduatorie – quali azioni di tutela intenda, intraprendere nei confronti dei docenti vincitori di concorso che non saranno immessi in ruolo a causa della mancanza di posti disponibili;
   se trovi conferma il fatto che soprattutto nelle regioni del Centro-sud, a causa della mobilità nazionale, con il ritorno di molti insegnanti prima dislocati provvisoriamente al Nord, non vi siano più posti disponibili;
   se il Ministero, come promesso, intenda redigere la graduatoria del prossimo concorso a cattedra del 2019, quale sarà il destino degli attuali vincitori del concorso e se le attuali graduatorie decadranno al termine del triennio di vigenza. (4-14148)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   GIGLI e SBERNA. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
   il comma 130 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, ha stabilito che per l'anno 2015, nell'ambito degli interventi a sostegno del reddito delle famiglie ed al fine di contribuire alle spese per il mantenimento dei figli, nel limite di 45 milioni di euro, il riconoscimento di buoni per l'acquisto di beni e servizi a favore dei nuclei familiari con un numero di figli minori pari o superiore a quattro in possesso di una situazione economica corrispondente ad un valore dell'isee non superiore a 8.500 euro l'anno;
   il medesimo comma 130 del predetto articolo demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, le relative disposizioni attuative e la determinazione dell'ammontare massimo complessivo del beneficio per nucleo familiare;
   con grave ritardo, il decreto attuativo è stato emanato solamente il 24 dicembre 2015 ed è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale nel febbraio 2016 (Gazzetta ufficiale n. 35 del 12 febbraio 2016);
   il beneficio previsto è riconosciuto ai nuclei familiari con un numero di figli minori pari o superiore a quattro, già beneficiari, relativamente al 2015, dell'assegno per i tre figli minori di cui all'articolo 65 della legge n. 448 del 1998 e, come sopra ricordato, con un isee non superiore ad 8.500 euro;
   in particolare, l'articolo 3 del predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ha stabilito di corrispondere il nuovo beneficio a coloro che già beneficiavano di assegno per il nucleo con tre figli minori, secondo le modalità di accredito di tale assegno e in corrispondenza del primo accredito utile, riducendone tuttavia l'importo dagli originali 1000 euro previsti in legge di stabilità agli attuali 500 euro;
   non è prevista alcuna domanda per il riconoscimento del beneficio citato, essendo stata considerata sufficiente la domanda presentata per la concessione dell'assegno per i tre figli minori relativo al 2015;
   la circolare Inps n. 70 del 29 aprile 2016 ha precisato che il primo pagamento sarebbe stato effettuato nel luglio 2016 ed ha chiarito vari aspetti tecnici per la concreta concessione del beneficio –:
   quali dati possa fornire il Ministro interrogato per confermare l'avvenuta erogazione del beneficio previsto dalla legge di stabilità per il 2015, visti i ritardi nell'emanazione del decreto attuativo e per quanto di importo dimezzato rispetto a quanto originariamente previsto.
(3-02480)


   FEDRIGA, SIMONETTI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI e SALTAMARTINI. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
   nelle 30 slide per 30 mesi di Governo Renzi diffuse il 31 agosto 2016 il Presidente del Consiglio dei ministri vantava una crescita dell'occupazione pari a 585 mila occupati (da 22 milioni e 180 mila a 22 milioni e 726 mila) ed un calo di quasi 2 punti percentuali della disoccupazione (da 13,1 per cento a 11,4 per cento);
   per ovvie ragioni di immagine, a parere degli interroganti il Governo fornisce numeri macro, senza scorporarli e contestualizzarli e omettendo che il Jobs act rappresenta un «contratto a tempo incentivato»;
   ne è prova, infatti, come rilevato anche dall'Inps, il rallentamento che le assunzioni a tempo indeterminato hanno subito nel 2016 rispetto al 2015 (- 326 mila contratti a tempo indeterminato) a seguito della riduzione della decontribuzione;
   parimenti si è registrato un boom nell'utilizzo dei voucher: nel primo semestre 2016 sono stati acquistati 69,9 milioni di buoni lavoro, contro i 49,8 milioni della prima metà del 2015 e i 28,5 milioni del 2014, al punto che lo stesso Governo è intervenuto per decreto a giugno 2016, al fine di arginarne il ricorso da parte di imprenditori non agricoli o professionisti che, terminato l'effetto sgravi, hanno preferito l'utilizzo di contratti di natura accessoria;
   indubbiamente il conteggio delle persone occupate tramite voucher falsa la percentuale del tasso di occupazione/disoccupazione, ragion per cui anche i dati Istat diffusi oggi non possono ritenersi soddisfacenti;
   lo stesso istituto, peraltro, considera tra gli occupati «persone di 15 anni e più che nella settimana di riferimento hanno svolto almeno un'ora di lavoro in una qualsiasi attività che prevede un corrispettivo monetario» –:
   quale sia il numero delle persone occupate con contratto di lavoro accessorio e quanto incida positivamente l'occupazione tramite voucher sulla percentuale del tasso di disoccupazione, nonché a quanto ammonti la perdita in termini retributivi e contributivi per i «soggetti utilizzati» e per le casse dell'Inps. (3-02481)


   DALL'OSSO, TRIPIEDI, CIPRINI, LOMBARDI, CHIMIENTI e COMINARDI. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
   nel corso delle ultime settimane il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Istat hanno comunicato i dati sul mercato del lavoro relativi al secondo trimestre 2016;
   sul piano dei licenziamenti si sono registrati ben 221.186 casi, oltre 15 mila in più rispetto allo stesso trimestre 2015, pari a +7,4 per cento. Al tempo stesso si è rilevato un calo consistente nelle attivazioni di nuovi contratti di lavoro che, sempre con riferimento allo stesso periodo dell'anno 2015, calano di oltre il 12 per cento. D'altro canto già nel primo trimestre del 2016 Inps rilevava, con riferimento al medesimo periodo del 2015, un trend negativo nel numero di assunzioni che è stato ampiamente confermato nei tre mesi successivi;
   il dato si fa ancora più preoccupante andando a focalizzare sulle tipologie di rapporto di lavoro attivato: quelli a tempo indeterminato si fermano a 392.043, il 29,4 per cento in meno rispetto al 2015 (-163.099). Calano, al pari, anche i contratti di collaborazione (-25,4 per cento), e quelli a tempo determinato (-8,7 per cento). Da queste riduzioni sono maggiormente colpite le donne (-15,2 per cento) rispetto agli uomini (-2,4 per cento);
   sempre secondo i dati di flusso pubblicati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si è registrata una riduzione nel numero di stabilizzazioni dei contratti di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato e da apprendistato a tempo indeterminato; mentre sul fronte delle cessazioni dei rapporti di lavoro, pur registrandosi un calo pari al 12,4 per cento, va rilevato come siano aumentati il numero di cessazioni decise dai datori di lavoro (+81 per cento) mentre siano calate quelle richiesta dai lavoratori (-24,9 per cento);
   i dati del mercato del lavoro del secondo trimestre 2016 rilevati da Istat segnalano invece un saldo netto rispetto al medesimo periodo del 2015 di 189 mila rapporti di lavoro attivati, pari al + 0,8 per cento. Dati analoghi si riscontrano con riferimento alle tipologie di contratto dove i dipendenti a tempo indeterminato sono cresciuti dello 0,3 per cento e quelli a tempo determinato del 3,2 per cento;
   l'apparente contrapposizione tra i dati pubblicati dall'Istat e quelli rilevati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali si fonda sulla differenza tra flussi e stock. I primi registrano l'andamento con riferimento al periodo di rilevazione, mentre i secondi rappresentano un'istantanea scattata al termine del periodo di riferimento;
   in tal senso gli interroganti ritengono opportuno e fondamentale sottolineare come, guardando al trend complessivo, anche se i saldi possono risultare positivi, si registri, a partire dall'avvio degli sgravi a favore dell'occupazione, ovvero dal varo del cosiddetto Jobs act, fino ad oggi, un progressivo e costante calo negli effetti positivi che il Governo aveva vantato a partire dal 2015. Trend che si correla in maniera preoccupante man mano che si avvicina il termine degli incentivi all'assunzione previsti dal richiamato provvedimento legislativo;
   tendenza, questa, che peraltro evidenzia un ricorso ai licenziamenti sempre maggiore soprattutto in virtù del doppio sistema di (non) tutele, entrato in vigore con il Jobs act: chi è stato assunto prima del 2015 ha ancora la copertura dell'articolo 18, mentre chi è stato assunto dopo no. Il risultato di questa bipartizione è, da un lato, quello di aver vincolato gli assunti «pre Jobs act» al proprio posto, perché cambiare ora lavoro sarebbe controproducente; dall'altro lato quello di avere stabilizzato solo la precarietà degli assunti «post Jobs act»;
   dai dati emersi negli ultimi giorni appare altresì evidente, vieppiù alla luce del generale rallentamento della crescita economica a livello internazionale (con il prodotto interno lordo fermo da inizio 2016), come senza alcun tipo di politica del lavoro che sia strutturale e non solo propagandistica, non si possa creare lavoro né sviluppare un'occupazione che si fondi su equità e, al tempo stesso, economicità e produttività –:
   quali misure il Ministro interrogato intenda adottare al fine di arrestare il tracollo di occupati che, in virtù del costante trend negativo, sarà possibile registrare nei mesi a venire a causa della conclusione della campagna di incentivi ad hoc previsti dal 2015. (3-02482)


   TANCREDI e PIZZOLANTE. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
   la detassazione del salario di produttività, introdotta nel 2008, è una misura non strutturale che prevede uno sgravio fiscale sui bonus erogati ai lavoratori; dal 2008 al 2011 la detassazione era riferita ai primi 6 mila euro di bonus;
   la legge di stabilità per il 2016 ha ripristinato la tassazione agevolata di questo strumento (articolo 1, commi da 182 a 189, della legge n. 208 del 2015), stanziando 430 milioni di euro per il 2016 e 589 milioni di euro per gli anni successivi, attraverso i quali è stata ripristinata la detassazione al 10 per cento dei premi e del salario di produttività e ampliata la platea dei beneficiari, consentendo di accedere all'incentivo a tutti i lavoratori con un reddito lordo annuo non superiore a 50 mila euro;
   nonostante i buoni risultati registrati dall'attività del Governo in materia di lavoro nel 2015 e nei primi due trimestri del 2016, già a luglio 2016 si sono manifestate tensioni e segnali di una significativa inversione di tendenza (una riduzione di 63 mila posti, sia per quanto riguarda la fascia giovanile che per quella dei 34-49 anni, ragionevolmente riguardante i padri di famiglia);
   autorevoli esponenti politici e la stessa Confindustria ritengono necessario agire (proprio per contrastare queste tendenze sul lato dell'offerta di lavoro e cioè sulla produttività e la competitività), soprattutto detassando sensibilmente il salario variabile;
   con riferimento alla manovra di bilancio per il 2017, pare si stia facendo strada l'idea di innalzare la soglia dei redditi fino a 80 mila euro, limitando però la detassazione ai primi 4 mila euro; è opportuno che lo sforzo in più chiesto ai lavoratori, modulando l'orario lavoro o richiedendo una maggiore responsabilità, venga peraltro compensato da un prelievo inferiore –:
   se non ritenga opportuno promuovere nell'ambito della manovra di bilancio per il 2017, l'innalzamento ulteriore della parte di salario variabile sulla quale applicare lo sgravio fiscale già previsto dalla legge di stabilità per il 2016. (3-02483)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARTELLA, MOGNATO, MURER e ZOGGIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Governo si appresterebbe a varare una serie di misure per consentire una proroga degli ammortizzatori sociali in deroga nelle aree di crisi complessa;
   l'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, ha riformulato la disciplina degli interventi di reindustrializzazione delle aree di crisi, introducendo forme di intervento a sostegno delle cosiddette «aree di crisi complessa», la cui disciplina attuativa è stata già adottata con decreto del Ministro dello sviluppo economico 31 gennaio 2013;
   con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 9 giugno 2015 sono stati stabiliti termini, modalità e procedure per la presentazione delle domande di accesso, nonché i criteri di selezione e valutazione per la concessione ed erogazione delle agevolazioni in favore di programmi di investimento finalizzati al rilancio di tutte le aree di crisi, sia quelle caratterizzate da crisi complessa, sia quelle interessate da situazioni di crisi industriale non complessa, ma comunque con impatto significativo sullo sviluppo dei territori e dell'occupazione;
   ad oggi solo pochi siti sono stati individuati mediante decreto come aree di crisi complessa e Porto Marghera non è compresa;
   l'eventuale esclusione di Porto Marghera dal poter beneficiare delle misure di sostegno per i lavoratori in cassa integrazione e mobilità in deroga costituirebbe una grave penalizzazione per una delle aree industriali più importanti d'Europa e che vede in fase di avanzamento l'attuazione dell'accordo di programma siglato nel 2015 finalizzato al rilancio della chimica in una fase delicatissima del settore anche in considerazione delle dinamiche che interessano il futuro di Eni e di Versalys;
   in relazione anche al non irrilevante numero di addetti interessati da ammortizzatori in deroga è quanto mai necessario che tale situazione venga affrontata rapidamente in vista delle deliberazioni che dovrà assumere il Governo –:
   se e quali siano gli orientamenti del Governo in merito alle misure di sostegno per le aree industriali in crisi al fine di non escludere dai benefici anche il sito di Porto Marghera, in considerazione della sua rilevanza e delle sue criticità dal punto di vista degli addetti interessati da ammortizzatori sociali in deroga e se non ritenga di riconoscere in tempi rapidi anche Porto Marghera quale area di crisi complessa. (5-09445)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RICCIATTI, FRATOIANNI, SCOTTO, ZARATTI, PELLEGRINO, MELILLA, PANNARALE, GIANCARLO GIORDANO, PIRAS, QUARANTA, MARCON, COSTANTINO, NICCHI, SANNICANDRO, FERRARA, PLACIDO, AIRAUDO, D'ATTORRE, DURANTI, FAVA, MARTELLI, FASSINA, GREGORI e KRONBICHLER. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Osservatorio nazionale sul precariato dell'INPS non ha solo rilevato il crollo in Umbria del 45,5 per cento delle assunzioni a tempo indeterminato nei primi 6 mesi del 2016 rispetto allo stesso periodo del 2015, ma anche la costante espansione dei voucher arrivati, nello stesso periodo, a quota 1.189.716 con un + 71 per cento sul 2014;
   un'analisi dettagliata ed articolata dei numeri consente di capire di più e meglio questo fenomeno che nella regione in questione ha una diffusione sempre più estesa. Un lavoro «povero», che non prevede né tutele previdenziali né sostegno al reddito e che sta assumendo caratteristiche di massa. Infatti, le persone sostanzialmente costrette a lavorare con i voucher a fine anno supereranno sicuramente ed in maniera ampia le 20 mila unità;
   il dato ufficiale dell'INPS, riferito a fine 2014, parlava di 17.874 persone coinvolte. Oggi ci si trova ad un aumento nell'utilizzo dei buoni lavoro di oltre il 70 per cento. Non solo: rispetto al 2008 è fortemente diminuita l'età media dei «voucheristi» che allora era di 60 anni ed ora è scesa a 37,7. E inoltre coinvolge più le donne che gli uomini. Un lavoro fragile e precario ma anche poco redditizio: mediamente vengono utilizzati 61 buoni lavoro, per un importo complessivo di 457,50 euro;
   anche questo boom dei voucher e il fortissimo aumento del lavoro nero che ne deriva sta o ormai a dimostrare il totale fallimento, a tutti i livelli, del Jobs Act voluto dal Governo nazionale. Anche in Umbria sono sempre i dati dell'INPS che ormai lo certificano. Nel primo semestre 2016 le assunzioni sono 29.744, a fronte di 24.404 cessazioni, con un saldo apparente attivo di circa 5 mila unità ma che in realtà, depurato dei circa 20 mila «voucheristi», fa emergere un quadro assai negativo e per molti aspetti drammatico;
   lo stesso Ministero del lavoro conferma che la nostra regione continua a risentire della crisi molto più della media nazionale; nel secondo trimestre 2016 le assunzioni hanno visto, rispetto allo stesso periodo del 2015, un calo del 12,7 per cento (dato complessivo Italia -8,9 per cento) e le cessazioni sono state assai superiori (-11,3 per cento rispetto a -8,33 per cento);
   di fronte a questi dati di fatto e a questa pesantissima situazione è del tutto evidente che è necessaria una svolta profonda;
   a parere dell'interrogante bisogna abolire del tutto l'uso dei voucher e non certo introdurli addirittura negli enti pubblici magari chiamandoli con altre denominazioni, vedi i «Family help» della regione Umbria. In questa direzione si colloca il referendum nazionale promosso dalla Cgil che si terrà nella primavera del 2017 e che ha raccolto oltre 1 milione di adesioni. Ma è ancora più urgente mettere finalmente in campo un'altra politica economica in grado di contrastare la crisi e tentare di riavviare una ripresa. Anche per sconfiggere una pericolosa e crescente forma di rassegnazione: sono infatti sempre di più quelli che dicono «sono nato precario, vivo precario e morirò precario» –:
   se il Ministro del lavoro non intenda rivedere le politiche del lavoro riguardanti i voucher;
   se il ministro del lavoro sia a conoscenza della grave crisi occupazione che riguarda la regione Umbria;
   se il Ministro dello sviluppo economico sia a conoscenza della grave crisi industriale che riguarda la regione Umbria e quali iniziative intenda attuare per porvi rimedio. (4-14145)


   SCOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Tirreno Power è una delle maggiori società di produzione di energia elettrica presenti in Italia, proprietaria di vari impianti di produzione di diversa tipologia presenti nella Liguria, Lazio e Campania così suddivisi:
    regione Liguria con la centrale di Vado Ligure a Carbone e un impianto TURBOGAS a (CCGT);
    regione Lazio con la centrale TURBOGAS di Torrevaldaliga sita a Civitavecchia (CCGT);
    regione Campania con la centrale TURBOGAS di Napoli Levante (CCGT);
   tutti gli impianti termoelettrici (CCGT) sono alimentati a gas naturale (metano) con una potenza installata di 2400 megawatt, i due gruppi a Carbone con una potenza installata di 660 megawatt sono stati dichiarati chiusi da Tirreno Power nel giugno 2016. Inoltre, c’è un polo di energie alternative, composto di piccoli impianti idroelettrici di poco più di 70 megawatt ubicati nelle regioni Liguria, Piemonte e Emilia Romagna;
   la Tirreno Power nasce nell'anno 1999 a seguito della liberalizzazione del mercato elettrico italiano mediante conferimento di una parte degli impianti di produzione di ENEL all'epoca monopolista del mercato elettrico. Nasce come generation company 3 denominata prima INTERPOWER e oggi Tirreno Power;
   dal 1999 questa «Genco» è rimasta esclusivamente produttrice di energia elettrica, a differenza delle Genco 1 e 2 poi acquisite da altri gruppi multi utility nel panorama del mercato energetico nazionale;
   dopo varie vicissitudini azionarie, oggi Tirreno Power ha sempre avuto come azionisti di riferimento le due società: ENGIE ex GAS de FRANCE e SORGENIA anche loro produttori di energia elettrica e non solo;
   nel 2013 Tirreno Power informa i sindacati nazionali di categoria della difficoltà nel continuare a onorare il proprio debito e della richiesta dalle banche creditrici di rientrare del medesimo, esploso a 830 milioni di euro; pervengono da parte aziendale voci su un'apertura di mobilità per 199 unità;
   in questo clima di gravi difficoltà, sia di assetto azionario che di bilancio, nel marzo del 2014, per decisione della magistratura savonese sono chiusi mediante sequestro i due gruppi a carbone della centrale di Vado Ligure; il solo personale addetto a questi impianti inizia un percorso di cassa integrazione;
   Tirreno Power ricorre contro la decisione di chiusura dei due gruppi a carbone;
   nel giugno 2014 Tirreno Power presenta un piano «Lacrime e Sangue» di licenziamenti ex lege 223 del 1991 per 315 unità su un totale di 520 dipendenti. Grazie all'intervento del Ministero dello sviluppo economico, delle forze politiche locali e nazionali e delle organizzazioni sindacali, con l'accordo del 7 luglio 2014 firmato tra i sindacati FILCTEM CGIL-FLAEI CISL UILTEC-UIL e Tirreno Power, viene annullata la procedura di licenziamenti obbligatori;
   tale accordo conteneva un piano di licenziamenti volontari e incentivati per 111 dipendenti arrivati poi a 133 unità e la gestione degli ulteriori esuberi annunciati mediante l'utilizzo dei contratti di solidarietà tra tutti i lavoratori per almeno due anni da ottobre 2014 al 2016 eventualmente rinnovabili;
   gli accordi sopra annunciati hanno contribuito ad acquisire nel novembre 2015 l'omologa del debito sottoposto a ex articolo 182-bis (ristrutturazione del debito) contratto con le banche finanziatrici e Tirreno Power;
   nel giugno 2016 Tirreno Power annuncia la rinuncia alla produzione di energia elettrica con il carbone disponendo la chiusura dei due impianti a Carbone di Vado Ligure;
   a seguito di tale decisione l'azienda dichiara, di avere 186 esuberi su una forza ad oggi di solo 384 dipendenti, indicando il numero dei dipendenti a tendere a sole 196 unità su tutto il territorio nazionale;
   il 7 settembre 2016 Tirreno Power apre la procedura di licenziamenti collettivi ex lege 223 del 1991 per 186 dipendenti, ipotizzando questa distribuzione sul territorio nazionale:
    Vado Ligure 118 esuberi;
    TV Civitavecchia 42 esuberi;
    Napoli Levante 23 esuberi;
    Direzione Roma 3 esuberi;
   la procedura così come aperta riguarda lavoratori di età media di 45 anni con punte di 60 e quindi non ancora in possesso dei requisiti contributivi per la pensione, situazione che lascia prevedere nell'immediato forti problematiche per i lavoratori, per le famiglie e per i territori di appartenenza già gravemente colpiti dalla problematica occupazionale;
   nei mesi di luglio e agosto 2016, il Ministero dello sviluppo economico ha convocato Tirreno Power e le regioni in cui ricadono i siti produttivi principali e le organizzazioni sindacali nazionali di categoria, per avere un quadro più dettagliato su quali fossero le reali iniziative messe in campo dall'azienda per il ricollocamento degli esuberi dichiarati;
   in questi due incontri l'azienda ha presentato un piano industriale insufficiente per il ricollocamento di questi esuberi; in particolare, non ha mai definito un piano industriale per gli impianti di Civitavecchia, Napoli Levante e Vado Ligure;
   le organizzazioni sindacali nazionali hanno messo in campo tre scioperi nazionali con il blocco della produzione di energia in tutti gli impianti Tirreno Power, dichiarandosi contrarie a ulteriori tagli di personale per le implicazioni sociali e industriali;
   il processo di riduzione già fatto negli anni sul personale, parte da 1105 agli attuali 384 lavoratori rischia di pregiudicare il normale esercizio degli impianti;
   sempre le organizzazioni sindacali hanno incontrato gli azionisti di riferimento ENGIE e SORGENIA chiedendo loro, atti di responsabilità per risolvere le problematiche occupazionali della loro controllata, ricevendo però solo buone intenzioni ma nessun atto formale sulla questione;
   da 18 mesi la produzione di energia elettrica con i cicli combinati sta portando significativi e importanti introiti nelle casse della società, rispetto ad un periodo precedente (2014) sicuramente debole sul fronte della produzione di energia –:
   se il Governo non ritenga opportuno intervenire verso la Tirreno Power e i suoi azionisti di riferimento convocandoli, per avere risposte concrete per il mantenimento occupazionale nei siti produttivi sul territorio nazionale e la ricerca di soluzioni meno traumatiche;
   se il Governo non ritenga necessario chiarire la situazione di Tirreno Power nel panorama del settore elettrico, come unico e solo produttore di energia elettrica, mentre i suoi azionisti di riferimento e competitor, sono aziende multi utility che hanno la possibilità al loro interno, di gestire esuberi venutesi a creare nelle proprie controllate;
   se il Governo non ritenga necessario adoperarsi affinché vi sia un'analisi profonda sulla Genesi del debito di Tirreno Power e di come il medesimo si è determinato a fronte degli eccezionali guadagni ricevuti in un oltre un decennio come primario produttore di energia elettrica, in quanto, in questa vertenza, il debito elevatissimo contratto in passato da Tirreno Power, è il fattore principale che ha determinato il problema occupazionale dei lavoratori oggi purtroppo ritenuti esuberi;
   se il Governo non ritenga di chiedere alla Tirreno Power dettagli sul suo futuro industriale come esclusivo produttore di energia elettrica, privo del settore di vendita sul mercato libero e di come intenda affrontare il mercato elettrico con una organizzazione del lavoro ridotto al minimo, così leggera che si rischia di mettere in pericolo non solo la sicurezza impiantistica ma anche quella dei lavoratori impiegati;
   se il Governo non ritenga necessario fare una riflessione sul fallimento totale della privatizzazione e liberalizzazione del mercato elettrico e in particolare di questa Genco 3, denominata prima Interpower e poi Tirreno Power che, lasciata volutamente dagli azionisti di riferimento come solo produttore di energia elettrica, lascia pensare all'uso improprio di risorse pubbliche per la gestione degli esuberi annunciati, il tutto secondo l'interrogante per ridurre il costo degli attuali occupati, di fatto rendendo Tirreno Power appetibile per l'acquisizione da parte degli attuali azionisti di riferimento o di altri soggetti presenti sul mercato elettrico nazionale o internazionale;
   se il Governo non ritenga necessario approfondire gli aspetti legati alla volontà annunciata nel piano presentato da Tirreno Power il 7 settembre 2016 per l'apertura di licenziamenti collettivi ex articolo 24, comma 1, della legge 23 luglio 1991 n. 223 ad avviso dell'interrogante, in cui l'azienda espelle lavoratori elettrici con specializzazioni ben precise ed esperienza impiantistiche consolidate nel tempo, sostituendoli con personale esterno proveniente da ditte terze, ad avviso dell'interrogante con il solo intento di abbassare il costo del lavoro negli impianti a cui il piano aziendale fa riferimento, tutto ciò sempre con risorse pubbliche. (4-14151)

RIFORME COSTITUZIONALI E I RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:


   SCOTTO, FRANCO BORDO, AIRAUDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, MARTELLI, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO e ZARATTI. – Al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento – Per sapere – premesso che:
   in data 22 giugno 2016 gli interroganti presentavano l'interrogazione n. 4-13565 ove si evidenziava come alcuni articoli di stampa nazionale, in particolare il quotidiano Panorama, avessero parlato nelle ultime settimane della costituzione di una struttura, denominata dai media «La Bestia», parallela apparentemente operante presso le strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri, con il mero obiettivo di dirigere e orchestrare la propaganda politica elettorale in vista del referendum costituzionale, al di fuori, dunque, di ogni logica istituzionale, la cui guida sarebbe stata affidata a consulenti attivi presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, come Jim Messina;
   in particolare, con tale interrogazione, si chiedeva al Presidente del Consiglio dei ministri e alla Ministra per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento di poter assicurare che tale struttura, ove effettivamente costituita, non fosse incardinata presso la Presidenza del Consiglio dei ministri o presso qualunque altra struttura pubblica, né si avvalesse in qualunque modo di risorse pubbliche;
   a questa interrogazione il Governo non ha mai né risposto né replicato pubblicamente, nonostante l'eccezionale gravità delle questioni ivi sollevate, in quanto a parere degli interroganti potenzialmente lesive dei principi contenuti nell'articolo 9, comma 1, della legge 22 febbraio 2000, n. 28, recante «Disposizioni per la parità d'accesso ai mezzi d'informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica», secondo il quale a far data dalla convocazione dei comizi e fino alla chiusura delle operazioni di voto «è fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l'efficace assolvimento delle proprie funzioni»;
   sotto tale profilo suscita, peraltro, perplessità la disponibilità delle somme allocate sul fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. Tale fondo risulta iscritto nel capitolo 3076 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e il citato articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, prevede espressamente che sia ripartito annualmente con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze;
   sulla base del decreto di ripartizione delle unità di voto del bilancio dello Stato, nel predetto fondo risultano attualmente disponibili per competenza 518,5 milioni di euro per il 2016, 985,53 milioni di euro per il 2017 e 519 milioni di euro per il 2018;
   con il disegno di legge recante «Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2016» (C. 3974), presentato l'11 luglio 2016, si prevede addirittura all'articolo 4, comma 2, che, per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, la dotazione del fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, sia incrementata di 955.069.060 euro per l'anno 2016, con la conseguenza che per il solo anno 2016 la disponibilità del predetto fondo possa arrivare a quasi un miliardo e mezzo di euro, al netto delle disponibilità previste per il 2017 pari quasi a un miliardo di euro, come si è detto (985,53 milioni di euro), e oltre mezzo miliardo di euro per il 2018 (519 milioni di euro);
   si evidenzia, inoltre, che la dotazione del fondo originariamente prevista dalla norma prevedeva uno stanziamento di soli 27 milioni di euro per l'anno 2015 e 25 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016. Purtuttavia, a seguito dell'entrata in vigore di numerose disposizioni varate durante l'attuale Governo (quali l'articolo 3, comma 1, della legge 2 ottobre 2015, n. 171, l'articolo 17, comma 1, lettera i), del decreto-legge 25 novembre 2015, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 2016, n. 9, l'articolo 1, commi 63, 175, 177, 595, 639 e 968, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 e, successivamente, l'articolo 11, comma 1, lettera e), del decreto-legge 16 maggio 2016, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2016, n. 131, e successivamente, l'articolo 19, comma 1, lettera a), del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113), tale dotazione è stata rideterminata nel tempo in maniera oltremodo considerevole con stanziamenti per centinaia di milioni di euro di cui non si conoscono ad oggi gli impieghi nonostante la crisi economica che attanaglia il nostro Paese –:
   quali elementi si intendano fornire sugli impieghi relativi al fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, escludendo in modo assoluto che tali risorse saranno utilizzate per promuovere la campagna del «Sì» al referendum costituzionale, specificando se sia possibile destinare immediatamente almeno un terzo di tali risorse per far fronte al rischio di compromissione degli interessi primari causati dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Rieti, Ascoli Piceno, Perugia e L'Aquila il giorno 24 agosto 2016, nonché i territori delle province di Fermo e di Macerata. (3-02485)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   nel periodo estivo nel comune di Perdasdefogu è stato messo a segno un furto senza precedenti al mondo;
   dal centro Genos sono sparite le provette con il dna dei sardi, il patrimonio genetico di ben 13 mila ogliastrini;
   tutto è avvenuto nel silenzio più assoluto con la gravissima responsabilità del Governo e della regione che avevano garantito di vigilare quando quel patrimonio venne maldestramente venduto all'asta ad una società inglese;
   una banca genetica unica al mondo sparita senza alcuna spiegazione dal laboratorio Genos di Perdasdefogu;
   non si capisce ancora quando sia avvenuto il «furto», compiuto senza segni di scasso;
   la procura avrebbe già aperto le indagini, ma è evidente che a questo punto servono immediate rogatorie internazionali, considerato che la società che aveva vinto all'asta quel patrimonio ha la sede fiscale a Londra;
   un vero e proprio «sequestro genetico» del popolo sardo che si vede privato delle sue fondamentali origini genetiche;
   un patrimonio di un valore inestimabile comprato per un'elemosina ed ora trafugato nel silenzio più assoluto;
   tutti i ricercatori sono stati licenziati e il laboratorio è totalmente vuoto;
   è indispensabile far intervenire tutti gli organismi internazionali per la tutela della proprietà reale di quei campioni genetici, che non possono essere in alcun modo gestiti senza il consenso dei cittadini che hanno donato proprio dna;
    mancherebbero 13.000 referti genetici ogliastrini venduti a Londra come se niente fosse ed ora fatti sparire dalla Sardegna;
   nel silenzio di istituzioni e politica un gruppo biotech britannico, alla ricerca del segreto della lunga vita aveva acquistato i dati genetici di quasi 13.000 residenti ogliastrini, dove un numero insolitamente elevato di persone vivono oltre i 100 anni;
   l'operazione aveva visto trionfare la Tiziana Life Sciences, una compagnia farmaceutica britannica che si occupa di ricerca sul cancro e malattie del sistema immunitario;
   una su ogni 2000 persone in Ogliastra celebrano il loro 100o compleanno, circa cinque volte in più rispetto al tasso dei paesi più sviluppati, e secondo solo all'isola giapponese di Okinawa –:
   se non ritenga di dover assumere iniziative perché venga predisposto dalle forze dell'ordine un piano, anche internazionale, per il recupero delle provette trafugate e nel contempo siano adottate iniziative che impediscano che un patrimonio genetico possa essere acquisito senza le necessarie liberatorie. (5-09456)

Interrogazione a risposta scritta:


   FUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la regione Lazio, sottoposta al piano di rientro dal disavanzo sanitario e commissariata dal Governo, ha riorganizzato la rete ospedaliera con il decreto del Commissario ad acta n. 412 del 26 novembre 2014, tradottosi in un processo di depotenziamento di molti presidi sanitari presenti nell'intero territorio regionale;
   in pochi anni gli ospedali del territorio della Valle di Sacco (Colleferro, Zagarolo, Valmontone ed Anagni) sono stati chiusi o assoggettati ad una forte riduzione dell'offerta sanitaria a vantaggio di altre strutture sia pubbliche, come il Policlinico dei Castelli, Tor Vergata, che private, come l'ospedale policlinico Casilino;
   si segnalano come particolarmente gravi le situazioni dell'ospedale L.P. Delfino di Colleferro (Roma) e dall'ex Ospedale di Anagni (Frosinone);
   in particolare l'ospedale L.P. Delfino di Colleferro ha subito:
    la chiusura dei reparti materno-infantili, benché per quanto consta all'interrogante nel decreto del Commissario ad acta n. 247 il trasferimento non risultasse previsto per quelli di ginecologia e pediatria;
    la riduzione del servizio di chirurgia generale a causa del trasferimento di due medici anestesisti presso altro ospedale;
    la sospensione del servizio di chirurgia generale, di cui è garantita solo l'urgenza, stante il trasferimento di due medici anestesisti vincitori di concorso presso il polo di Frosinone;
    riduzioni e disagi in numerosi altri reparti quali chirurgia, ortopedia, radiologia, endoscopia e nel laboratorio di analisi;
   a parere dell'interrogante, di fatto tali decisioni – ora all'esame del Consiglio di Stato per l'azione esercitata da 12 sindaci della valle del Sacco, da cittadini, dal Comitato residenti Colleferro e dal gruppo Consulta le donne – limitano il diritto alla salute a alle cure degli abitanti dell'area. Costoro, dopo aver raccolto oltre 26 mila firme contro la chiusura dei reparti materno-infantili, si sono organizzati nel Comitato libero «A difesa dell'ospedale di Colleferro» – Coordinamento territoriale per tutelare il proprio diritto alla salute;
   presso il presidio ospedaliero di Anagni, dalla fine di luglio 2016, è funzionante il PAT (presidio ambulatoriale territoriale), un servizio di medicina generale H24, ma nessuna comunicazione, a quanto risulta all'interrogante, è stata data all'utenza, né è stata esposta alcuna segnaletica all'ingresso della struttura;
   quanto descritto mal si concilia con le esigenze di salute e di adeguata assistenza per un territorio con oltre 100 mila abitanti e – come segnalato nel corso del tempo dall'ufficio del commissario ad acta, dal rapporto 2013-2015 sulla sorveglianza sanitaria ed epidemiologica della popolazione residente in prossimità del fiume Sacco e dal rapporto E.R.A.S. – epidemiologia rifiuti ambiente del dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario regionale (DEP), in collaborazione con l'Agenzia regionale di protezione ambientale (ARPA) del Lazio – caratterizzato dal permanere di forti e emergenze sanitarie ed ambientali;
   la riduzione di posti letto e la carenza perenne di risorse umane rendono molto difficile assicurare il rispetto dei LEA (livelli essenziali di assistenza), stabiliti per legge, con il concreto rischio di mettere in pericolo la tutela della salute dell'utenza –:
   quali iniziative urgenti di competenza il Governo intenda assumere, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario, per garantire i livelli essenziali di assistenza sanitaria nell'area di Colleferro e della valle del Sacco, oltre che per salvaguardare i diritti del personale impegnato in turni di lavoro straordinari ed intervenire per garantire un organico funzionale;
   se il Governo intenda assicurare, nell'ambito della competenza statale, la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali;
   se risulti per quali ragioni non si sia ancora provveduto alla nomina del nuovo direttore sanitario dell'ospedale di Colleferro, oggi affidato ad un facente funzioni, considerato che tale adempimento non è più differibile. (4-14141)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
    molti quotidiani a o riportato la notizia di un utente residente a Roma che ha ricevuto nei giorni scorsi una maxi bolletta da pane di Acea da oltre 65 mila euro per un mega conguaglio relativo ad un periodo di circa dieci anni;
    l'Antitrust ha concluso quattro procedimenti a giugno del 2016, avviati a luglio dello scorso anno sulla base di numerose segnalazioni di singoli utenti e diverse associazioni dei consumatori, ed ha comminato sanzioni per un importo totale pari a 14 milioni e 530 mila euro nei confronti di Acea, Edison, Eni, Enel Energia ed Enel Servizio Elettrico, per aver adottato pratiche commerciali aggressive che hanno violato alcuni diritti dei consumatori, con specifico riferimento ad alcuni meccanismi di fatturazione, alle ripetute richieste di pagamento per bollette non corrispondenti a consumi effettivi, nonché agli ostacoli frapposti alla restituzione dei rimborsi;
    il 6 ottobre del 2015, la Camera ha approvato, con il parere favorevole del Governo, il dispositivo della mozione n. 1-00967 che impegna il Governo stesso «ad intervenire, nell'ambito delle proprie competenze, affinché venga assicurato dagli operatori del settore una moratoria sulle recenti maxibollette derivanti da conguagli superiori a due anni, finché le autorità non abbiano completato gli accertamenti circa eventuali violazioni del codice del consumo; ad intervenire, per quanto di competenza, anche eventualmente a livello legislativo, stabilendo che, nel caso in cui le autorità competenti ravvisino comportamenti illegittimi da parte dei gestori dei servizi, i consumatori coinvolti non siano obbligati al pagamento dei conguagli considerati errati o delle fatture basate su consumi stimati per le quali il cliente abbia già comunicato i dati sull'autolettura o questi siano stati teleletti, ovvero ricevano tempestivamente il rimborso delle somme eventualmente già versate ma non dovute; ad assumere iniziative per rafforzare il principio secondo cui la fatturazione deve avvenire sulla base del consumo effettivo almeno con cadenza annuale anche inasprendo le sanzioni in caso di violazione del principio per cui nessun utente-consumatore può essere chiamato a sostenere spese per conguagli concernenti consumi presunti anteriori ai due anni la data di fatturazione –:
    se il Governo non intenda dare al più presto attuazione al dispositivo della mozione n. 1-00967 per evitare l'insorgere di ulteriori casi come quello descritto in premessa e per ristorare gli utenti vittime di comportamenti contrari al codice del consumo, esercitati da società elettriche e già sanzionati dall'Autorità Antitrust.
(2-01460) «Baldelli, Occhiuto».

Interrogazioni a risposta immediata:


   BENAMATI, ARLOTTI, BARGERO, BASSO, BECATTINI, BINI, CAMANI, CANI, DONATI, GINEFRA, IACONO, IMPEGNO, MARTELLA, MONTRONI, PELUFFO, SCUVERA, SENALDI, TARANTO, TENTORI, VICO e CINZIA MARIA FONTANA. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   fin dal suo insediamento nel 2014, il Governo ha perseguito una strategia di politica economica ed industriale di natura pluriennale volta a rilanciare la crescita e l'occupazione attraverso un'azione di riforma strutturale e di stimolo agli investimenti, un'impostazione espansiva della politica di bilancio nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, la riduzione del carico fiscale e politiche attive per le imprese;
   tra le misure intraprese per migliorare la capacità competitiva dell'Italia vanno, in particolare, ricordate la riduzione dell'irap e quella programmata dell'ires, la maggiorazione degli ammortamenti deducibili a fini fiscali, il credito di imposta per gli investimenti realizzati nel Mezzogiorno e quello per la ricerca, la nuova «legge Sabatini» per il rinnovo di macchinari, impianti e attrezzature, mentre si delineano le prime misure organiche per il rafforzamento digitale dei sistemi produttivi, interventi questi che rispondono a un'esigenza non solo di sostegno, ma anche di propulsione alla ripresa economica dal lato dell'offerta;
   la strategia del Governo sta progressivamente dando i primi risultati, tanto che, nel 2015, dopo tre anni consecutivi di contrazione, l'economia italiana è tornata a crescere e con essa l'occupazione;
   la tendenza si conferma positiva per il 2016 ma con elementi di incertezza determinati dal peggioramento del quadro internazionale, dalla protratta fase di debolezza dell'eurozona, dall'accresciuta volatilità sui mercati internazionali e dai rischi geopolitici;
   è pertanto ancor più necessario continuare nell'azione di riforma del sistema economico, valorizzandone i punti di forza –:
   quali siano le misure di politica industriale e fiscale che il Governo intende adottare nei prossimi mesi per rafforzare il sistema produttivo, sostenere gli investimenti e la competitività e consolidare la crescita. (3-02476)


   PRATAVIERA, MATTEO BRAGANTINI, CAON e MARCOLIN. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   con la legge di stabilità per il 2016, legge 28 dicembre 2015, n. 208, si introduce uno speciale strumento di tutela delle piccole e medie imprese vittime di mancati pagamenti da parte di altre aziende debitrici. Il fondo, in particolare, sarà destinato alle aziende vittime di mancati pagamenti che hanno intrapreso la via giudiziaria con un atto di denuncia per reati di truffa aggravata, insolvenza fraudolenta, estorsione, false comunicazioni sociali a danno dei creditori o reati similari;
   tale fondo, come recita il comma 199 della legge di stabilità per il 2016, è istituito presso il Ministero dello sviluppo economico con una dotazione di 10 milioni di euro annui per il triennio 2016-2018 ed è destinato a sostenere le piccole e medie imprese che entrano in crisi a causa della mancata corresponsione di denaro da parte di altre aziende debitrici;
   come prevede il comma 200, le aziende che risultano parti offese in un procedimento penale, alla data di entrata in vigore della legge di stabilità per il 2016, cioè dal 1o gennaio 2016, potranno accedere al predetto fondo secondo le modalità stabilite nel decreto attuativo previsto dal successivo comma 201;
   le modalità, dunque, di concessione dei finanziamenti verranno determinate con un decreto ministeriale del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze al fine di disciplinarne i limiti, i criteri e le modalità;
   ad oggi, il decreto attuativo non è ancora stato emanato; di conseguenza, l'istituzione del fondo e la sua operatività rimangono lettera morta, vanificando in tal modo le speranze di tutte quelle imprese che avevano intravisto nell'istituzione del fondo uno strumento di sostegno economico in situazioni di mancata riscossione dei crediti –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere ai fini dell'adozione del decreto attuativo del fondo per il credito alle aziende vittime di mancati pagamenti, al fine di dare speranza a tutte quelle piccole e medie imprese che, pagando lo scotto di una pesantissima recessione economica, hanno la necessità di sentirsi sostenute dallo Stato. (3-02477)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, FERRARA, PLACIDO, AIRAUDO, MARTELLI, GREGORI, NICCHI, PALAZZOTTO, PIRAS, MELILLA, QUARANTA, DURANTI e FOLINO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante in data 20 luglio 2016 presentava una interrogazione a risposta in Commissione (la n. 5-09217) in cui chiedeva l'apertura immediata di un tavolo anticrisi in merito alla vicenda del cementificio Sacci;
   da allora nessuna risposta è arrivata e la situazione pare complicarsi perché non è stato raggiunto nessun accordo con la nuova proprietà Cementir per la ripresa dell'attività produttiva. Il 30 settembre 2016 termina la cassa integrazione per i 71 dipendenti, e dal primo ottobre scatta il licenziamento con i sindacati che si appellano alla regione;
   il futuro dei lavoratori Sacci, 71 persone in cassa integrazione straordinaria che termina il 30 settembre, è ad ora ancora incerto. Lo spettro del licenziamento allarma lavoratori e rappresentanze sindacali riunitesi in assemblea martedì per illustrare lo stato di avanzamento di una trattativa che in realtà è ferma. «Non si vedono spiragli – dice Massimo De Luca della Cgil –, l'ultimo incontro del 22 agosto si è chiuso con un verbale di mancato accordo, successivamente l'azienda lo ha comunicato alla Regione che a questo punto ha in mano le sorti di un sito produttivo che la Cementir vorrebbe lasciare in stand by mandando a casa tutti»;
   il ministero dello sviluppo economico ha manifestato il suo pieno coinvolgimento e la disponibilità a convocare uno specifico tavolo di lavoro tra le rappresentanze sindacali e quelle della nuova proprietà per garantire la piena tutela della occupazione nei siti produttivi interessati –:
   se il Ministro interrogato non intenda prendere al più presto contatti con il gruppo Caltagirone proprietario della neonata Cementirsacci srl che ha acquistato (1o agosto) tutti i cementifici Sacci spa, compreso quello di Castelraimondo, e se non intenda verificare le prospettive future in merito all'utilizzo dell'area;
   se il Ministro interrogato non intenda convocare un tavolo di aggiornamento presso il Ministero dello sviluppo economico. (5-09442)


   PILI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   sulla fabbrica Alcoa di Portovesme cala vergognosamente la maschera;
   la decisione dell'azienda di smantellare gli impianti è l'ultimo risultato di una vicenda surreale durata 4 anni che ha visto Governo e regione responsabili e protagonisti di quello che appare all'interrogante un «inganno» senza precedenti ai danni dei lavoratori e di un intero territorio;
   si tratta di una mazzata finale costruita, ad avviso dell'interrogante, in ogni singola mossa, dal Governo del Presidente Renzi e del segretario De Vincenti, il Governo delle promesse, dei rinvii, delle procedure europee infondate;
   un Governo che ha trovato una regione che appare all'interrogante acquiescente, inutile e incapace che ha avallato questa ciclopica «presa in giro»;
   per anni l'interrogante ha denunciato una gestione fallimentare della vertenza Alcoa, spiegando ripetutamente che il problema non era quello di cambiare l'insegna dello stabilimento ma di realizzare condizioni credibili per gestire gli impianti;
   l'unica soluzione era ed è quella di far ripartire l'impianto di Portovesme in regime di gestione straordinaria e commissariale l'impianto;
   in tal senso l'interrogante ha presentato una proposta di legge dettagliata in ogni singolo passaggio per la immediata ripresa produttiva;
   sono passati quattro anni, ora Alcoa comunica che smantellerà gli impianti entro 2016;
   c’è solo una strada ora: il Governo deve dichiarare strategico lo stabilimento e farlo ripartire con un piano straordinario per l'alluminio primario;
   già due anni fa l'interrogante denunciava l'esistenza di un piano dettagliato che prevedeva di «radere al suolo» gli impianti Alcoa di Portovesme;
   Governo e regione sapevano tutto ma continuavano a perdere tempo in estenuanti rinvii soprattutto senza adottare nessuna decisione in grado di dare un minimo di certezze sulla partita energetica che continua ad essere, insieme alle bonifiche, la partita decisiva per la ripresa produttiva;
   è semplicemente assurdo che si sia arrivati a questo punto con un piano di dettaglio per demolire lo stabilimento dopo 4 anni di nulla di fatto, di promesse e memorandum rivelatisi destituiti di ogni reale consistenza;
   le attività di smantellamento e demolizione contemplate dal piano di dismissione sono radicali e irreversibili;
   si tratta di un piano scellerato e drammatico per il Sulcis;
   occorre reagire con forza e determinazione senza accettare una sconfitta grave e letale per l'intero territorio –:
   se non ritenga il Governo, con somma sollecitudine, di adottare un'iniziativa normativa urgente sul Sulcis alla pari di quella dell'Ilva, così come da ordine del giorno approvato dalla Camera in data 2 febbraio 2016 n. 9/03513-A/076. (5-09457)

Interrogazione a risposta scritta:


   GUIDESI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con precedente interrogazione a risposta scritta, n. 4-11550, l'interrogante aveva messo in evidenza ai Ministri interrogati le preoccupazioni dei cittadini del lodigiano per la conversione del giacimento esaurito di gas naturale a Cornegliano Laudense in un maxi impianto di stoccaggio di gas di capacità stimata in 2,2 miliardi di metri cubi e picchi di movimentazione pari a 27 milioni di metri cubi giornalieri;
   le assemblee cittadine, che da 2012 si susseguono, le denunce e lo «stop» del comune di Cornegliano Laudense, nonché le richieste di chiarimenti al Ministro da parte della regione Lombardia sulle attività di verifica dei piani di monitoraggio sismico, non hanno prodotto risultati concreti;
   nonostante le richieste dei cittadini e del sindaco di fermare i cantieri per definire modalità meno impattanti, le operazioni dei test ai cluster A e B continuano, contraddistinte da alte fiamme, rumori assodanti ed enormi disagi per i cittadini;
   il prossimo quindici settembre è in programma l'ennesima riunione del comitato di coordinamento provinciale sulle mitigazioni possibili per alleviare gli impatti alla cittadinanza, ma il cantiere sta andando avanti senza soste; la società Ital Gas Storage ha comunicato di dover procedere per ragioni di sicurezza;
   il Comitato dei cittadini «ambiente e salute nel lodigiano», che da poco ha abbandonato il tavolo del coordinamento provinciale rendendosi però disponibile a collaborare, denuncia la mancata presa in considerazione del rischio sismico e la mancata informazione dei cittadini sulle emissioni di inquinanti rilasciati in atmosfera dalle torce;
   i cantieri sono vicinissimi alle zone abitate e ad un asilo nido; l'eventuale collegamento ai cantieri in corso delle due scosse sismiche di magnitudo 2 e 2,5, che l'8 e il 14 dicembre 2015 hanno interessato il territorio provinciale alimentando dubbi, domande e timori sulla realizzazione del progetto che presenta elementi di altissimo rischio;
   la popolazione teme che l'attività dell'impianto, con la continua iniezione ed estrazione di gas, possa causare sismi naturali; il problema degli effetti della possibile sismicità indotta dalla iniezione del fluido nel sottosuolo è contemplato anche nelle prescrizioni del decreto di valutazione ambientale –:
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno adottare iniziative urgenti per sospendere immediatamente l'autorizzazione dell'impianto e le attività dei test in corso nel comune di Cornegliano Laudense, allo scopo di effettuare le necessarie verifiche preventive, i controlli e monitoraggi, ivi compreso un modello sismico in 3D, a garanzia, soprattutto, della sicurezza dei cittadini, ma anche per verificare la reale efficacia delle attività di mitigazione degli impatti definite dalla società Ital Gas Storage. (4-14155)

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Petrini e altri n. 7-01066, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 luglio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Donati, Cani, Bargero, Senaldi.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta orale Gagnarli, Paolo Bernini n. 3-02467, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Busto.

  L'interrogazione a risposta scritta Mucci e altri n. 4-14114, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Coppola, Galgano, Dellai.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato dell'interrogazione a risposta in Commissione Silvia Giordano n. 5-09245, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 660 del 22 luglio 2016.

   SILVIA GIORDANO, COLONNESE, LOREFICE, DI VITA, NESCI, GRILLO e MANTERO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la sindrome di Sjögren è una malattia infiammatoria cronica di natura autoimmune che colpisce centinaia di migliaia di persone nel mondo;
   nella sindrome di Sjögren il sistema immunitario non riconoscendo le proprie cellule, tessuti ed organi, attacca soprattutto le ghiandole esocrine (salivari, lacrimali) distruggendole e creando notevoli disturbi di bocca secca (xerostomia) ed occhio secco (cheratocongiuntivite secca). Come altre malattie autoimmuni, la sindrome di Sjögren può danneggiare organi vitali e presentare una sintomatologia tipica caratterizzata da livelli di intensità variabile: alcuni pazienti possono avere dei sintomi molto lievi di xerostomia e xeroftalmia, mentre altri possono alternare periodi di ottima salute seguiti da periodi di acuzie (tumefazioni parotidea, artralgie, febbre);
   non si sa esattamente quante persone sono affette dalla sindrome di Sjögren, ma si ritiene che la malattia possa essere piuttosto frequente. A seconda delle stime, la forma primitiva, da sola, potrebbe colpire da una persona su 300 ad una persona su 70. Va anche ricordato che la sindrome di Sjögren è almeno 10 volte più frequente nelle donne rispetto agli uomini e che colpisce prevalentemente le persone di media età;
   le cause della sindrome di Sjögren non sono ancora note, ma si ritiene, come per altre malattie autoimmuni, che vi contribuiscano fattori genetici, ormonali, immunologici e virali;
   i criteri classificativi della sindrome di Sjögren sono stati recentemente rivisti e comprendono la presenza di due elementi tra test di alterata secrezione lacrimale positivo (test di Schirmer, test alla fluoresceina, test al verde di Lissamina, BUT); biopsia delle ghiandole salivari minori probante; presenza degli anti-SSA o degli anti-SSB o degli ANA a titolo > 1:320 e fattore reumatoide;
   alla base della diagnosi vi è la sintomatologia tipica persistente, la dimostrazione dell'alterata secrezione di lacrime e saliva e la presenza di anticorpi come ANA, anti-SSA, anti-SSB e il fattore reumatoide;
   in alcuni casi per la diagnosi è necessaria la biopsia delle ghiandole salivari minori delle labbra, che dimostra aggregati di linfociti periduttali (> 50/4 mm2) definiti foci. Altri esami invasivi possono essere indicati se si sospetta un'evoluzione linfomatosa di malattia;
   il trattamento della malattia si basa sull'uso di sostituti salivari e lacrimali (lacrime o salive artificiali). Se tollerato, è indicato il trattamento con farmaci che aumentano la secrezione di saliva e lacrime come la pilocarpina. Per controllare manifestazioni come le artralgie e l'astenia possono essere utilizzati gli anti-malarici come l'idrossiclorochina. Per altre manifestazioni d'organo come la parotidomegalia e le neuropatie sono indicati gli steroidi e l'azatioprina;
   la sindrome di Sjögren è inserita tra le malattie croniche e invalidanti che danno diritto all'esenzione per le prestazioni sanitarie correlate, individuate dal decreto ministeriale 28 maggio 1999, n. 329, e successive modifiche;
   l'esenzione per una malattia cronica dà diritto a ricevere gratuitamente le prestazioni specialistiche individuate dal regolamento ministeriale, necessarie al trattamento della malattia, al controllo della sua evoluzione ed alla prevenzione degli aggravamenti, ma non comporta benefici particolari per quanto riguarda l'assistenza farmaceutica;
   l'associazione nazionale italiana malati sindrome di Sjögren ha stimato che a carico dei soggetti affetti dalla Sindrome di Sjögren insiste un costo mensile di circa 2.000,00 euro per l'acquisto di farmaci di fascia C, parafarmaci, terapie antalgiche e cure odontoiatriche. Sono, inoltre, presenti disuguaglianza tra le regioni italiane per il riconoscimento di farmaci di fascia C e parafarmaci, essenziali per la cura della patologia: nella regione Toscana dal 2001 è stato esteso il rimborso dei parafarmaci, farmaci di fascia C e farmaci omeopatici fino a 450,00 euro mensili a tutte le persone affette dalla sindrome di Sjögren, mentre nella regione Veneto dal 2007 sono rimborsati fino a 50,00 euro mensili per parafarmaci e farmaci di fascia C per chi è affetto dalla malattia e per chi ha certificazione ISEE, mentre nelle altre regioni non esiste nessun beneficio;
   il Ministro interrogato durante la conferenza stampa del 14 luglio 2016, presso l'Auditorium «Cosimo Piccinno» della sede ministeriale di Ripa, ha illustrato le novità previste nel futuro decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, e non risulterebbe, da fonti di stampa, l'esenzione per i malati affetti dalla sindrome di Sjögren per quei farmaci essenziali per la cura della patologia –:
   se non si intenda avviare, attraverso l'Istituito superiore di sanità, uno studio epidemiologico sulla Sindrome di Sjögren al fine di individuare l'esatta prevalenza della malattia in Italia;
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno istruire un registro per la patologia, raccogliendo i dati dai centri epidemiologici;
   se si intendano assumere iniziative per inserire la Sindrome di Sjögren tra le malattie rare che danno diritto all'esenzione, di cui all'allegato 1 del decreto ministeriale 18 maggio 2001, n. 279, «Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124»;
   se si intendano assumere iniziative per prevedere, con l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, l'esenzione dalla partecipazione al costo, per i malati affetti dalla Sindrome di Sjögren, dei farmaci essenziali alla cura della patologia, anche al fine di rimuovere quegli ostacoli di ordine economico che limitano di fatto l'accesso alle cure a tutti i cittadini;
   se non si ritenga opportuno avviare un piano di informazione e di formazione degli operatori sanitari, e delle campagne di sensibilizzazione nei confronti dei cittadini al fine di assicurare una larga conoscenza sulla malattia. (5-09245)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Daga n. 5-07347 del 13 gennaio 2016;
   interrogazione a risposta scritta Squeri n. 4-12605 del 22 marzo 2016.