Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 720 di lunedì 9 gennaio 2017

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

  La seduta comincia alle 15,30.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  ANNA ROSSOMANDO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 28 dicembre 2016.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amici, Bellanova, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Bressa, Brunetta, Bueno, Casero, Caso, Antimo Cesaro, Cirielli, Costa, D'Alia, Dellai, Di Gioia, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Migliore, Orlando, Pisicchio, Rampelli, Realacci, Francesco Saverio Romano, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Scalfarotto, Tabacci, Valeria Valente e Velo sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente sessantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Organizzazione dei tempi di discussione dei disegni di legge di ratifica (ore 15,32).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge di ratifica nn. 3946, 4039 e 4108.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell’allegato A al resoconto stenografico della seduta del 21 dicembre 2016 (Vedi l'allegato A della seduta del 21 dicembre 2016).

Discussione del disegno di legge: S. 1732 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione nel settore della difesa tra il Governo della Repubblica italiana e l'Esecutivo della Repubblica dell'Angola, fatto a Roma il 19 novembre 2013 (Approvato dal Senato) (A.C. 3946) (ore 15,33).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 3946: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione nel settore della difesa tra il Governo della Repubblica italiana e l'Esecutivo della Repubblica dell'Angola, fatto a Roma il 19 novembre 2013.

Pag. 2

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3946)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, onorevole Marco Fedi.

  MARCO FEDI, Relatore per la maggioranza. Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, l'Accordo al nostro esame risponde all'esigenza di predisporre una base normativa per lo sviluppo della cooperazione bilaterale tra Italia e Angola con l'intento di consolidare le relazioni di amicizia e solidarietà e le rispettive capacità difensive, nonché di migliorare la comprensione reciproca sulle questioni di sicurezza. L'Accordo, che si compone di un breve preambolo e di sedici articoli, precisa all'articolo 1 che l'oggetto dell'intesa è il rafforzamento della cooperazione nel settore della difesa in conformità con gli ordinamenti giuridici dei due Paesi e con gli impegni internazionali da essi assunti. L'articolo 2 dispone in merito agli ambiti di intervento, includendovi, fra gli altri, la sicurezza internazionale, la politica di difesa, la formazione e l'attività informativa in ambito militare, le missioni di pace e la sanità. In ordine ai profili attuativi, alle aree di intervento e alle modalità della cooperazione, l'articolo 4 precisa che saranno sviluppati piani annuali e pluriennali e che l'organizzazione delle attività sarà di pertinenza dei rispettivi Ministeri della difesa, e che sarà altresì possibile organizzare eventuali consultazioni dei rappresentanti delle parti da tenersi alternativamente a Luanda e a Roma per l'elaborazione di specifici accordi integrativi.
  L'articolo 5 disciplina gli oneri materiali e finanziari per lo svolgimento delle riunioni bilaterali. Nel disciplinare le questioni relative alla giurisdizione, con una formulazione tipica di questo tipo di accordi, l'articolo 6 stabilisce il diritto per il Paese ospitante di giudicare il personale ospitato per i reati commessi sul proprio territorio, salva la possibilità per il Paese di origine di giudicare il proprio personale per reati che minacciano la propria sicurezza interna o siano commessi in relazione all'esercizio delle funzioni assegnate. I successivi articoli dell'Accordo disciplinano i casi di eventuali risarcimenti per danni provocati dal personale, articolo 7, e la cooperazione nel campo dei materiali per la difesa, articolo 8, prevedendo, in particolare, la possibilità di un impegno concorde in materia di navi, veicoli militari, di armi, di sistemi elettronici e le modalità attraverso cui attuare attività di cooperazione nel settore dell'industria della difesa.
  L'articolo 9 detta norme in merito alla sicurezza delle informazioni classificate, mentre il successivo articolo 10 precisa le condizioni per cui una parte debba essere considerata non responsabile di eventuali ritardi o inadempienze rispetto agli obblighi previsti dall'Accordo in relazione all'accadimento di un evento di forza maggiore. I successivi articoli 11 e 12 disciplinano rispettivamente le modalità per la risoluzione delle eventuali controversie interpretative o applicative e quelle relative alla possibilità di emendare o rivedere il testo dell'Accordo. Da ultimi, gli articoli da 13 a 16 regolano le condizioni per la sospensione totale o parziale e la cessazione delle disposizioni dell'Accordo, le modalità per la firma, l'entrata in vigore e la durata.
  Il disegno di legge di ratifica dell'Accordo si compone di cinque articoli, che riguardano l'autorizzazione alla ratifica, l'ordine di esecuzione, la copertura finanziaria, la clausola di invarianza di spesa per la finanza pubblica e l'entrata in vigore. Gli oneri economici riferibili ad eventuali consultazioni dei rappresentanti delle parti sono quantificati in circa 6.500 euro ad anni alterni. L'intesa, come quella in materia di sicurezza approvata definitivamente da questa Assemblea lo scorso mese, si inserisce in un quadro bilaterale di relazioni assai consolidato sia per i forti legami storici sia per l'attuale rilancio delle relazioni bilaterali in corrispondenza Pag. 3della stabilizzazione e della crescita economica del Paese. Per queste ragioni, la Commissione affari esteri riferisce positivamente e auspichiamo la ratifica di questo Accordo.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo non intende intervenire.
  Non essendovi iscritti a parlare dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.
  Il seguito del dibattito è rinviato alla seduta di domani.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sulla cooperazione e mutua assistenza amministrativa in materia doganale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica socialista del Vietnam, fatto a Hanoi il 6 novembre 2015 (A.C. 4039) (ore 15,40).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 4039: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sulla cooperazione e mutua assistenza amministrativa in materia doganale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica socialista del Vietnam, fatto a Hanoi il 6 novembre 2015.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4039)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Marco Fedi.

  MARCO FEDI, Relatore. Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, l'Accordo al nostro esame sulla cooperazione e mutua assistenza amministrativa in materia doganale, il primo sulla materia tra le due parti contraenti, è teso alla predisposizione di un organico quadro giuridico cui ricondurre ogni forma di cooperazione amministrativa nel settore doganale tra le amministrazioni competenti del nostro Paese e del Vietnam. Conclusa in esito ad iniziativa italiana, l'intesa è finalizzata a prevenzione, accertamento e repressione delle infrazioni doganali potenzialmente correlate agli intensi rapporti commerciali tra Italia e Vietnam. È importante sottolineare, a tale riguardo, che l'interscambio totale italo-vietnamita, raddoppiato tra il 2010 e il 2014, mostra un trend costante di crescita.
  Nel 2015 esso ha raggiunto il valore di 4.304 milioni di dollari, rappresentando il 10,4 per cento del totale dell'interscambio tra l'Unione europea e il Vietnam. Quanto agli investimenti italiani in Vietnam, in base ai dati locali finali del 2015 l'Italia si colloca al trentunesimo posto su scala mondiale e all'ottavo posto su scala UE, con un totale di 340 milioni di dollari USA e con 67 progetti. Con riferimento al contenuto, l'Accordo si compone di un preambolo e quattordici articoli. L'articolo 1 specifica l'esatto significato dei termini utilizzati nel testo dell'Accordo. Con l'articolo 2 viene delineato il campo di applicazione dell'Accordo, che è limitato esclusivamente alla reciproca assistenza amministrativa e non copre l'assistenza in campo penale.
  L'articolo 3 disciplina l'applicazione territoriale dell'Accordo, che riguarda i territori doganali delle parti come definiti dalle rispettive disposizioni legislative o regolamentari nazionali. Le modalità per la prestazione di assistenza su richiesta sono individuate dall'articolo 4. L'articolo 5 ha per oggetto lo scambio di informazioni che le parti possono attuare per propria iniziativa o su richiesta ed individua una serie di fattispecie oggetto di tale scambio. L'articolo 6 in materia di richiesta di assistenza ne disciplina le procedure, le formalità ed i contenuti, mentre l'articolo 7 disciplina l'assistenza spontanea che ciascun Paese può prestare all'altro di propria iniziativa a fronte di ipotesi di gravi violazioni doganali.Pag. 4
  Con l'articolo 8 vengono disciplinate le ipotesi di rifiuto o rinvio dell'assistenza e con l'articolo 9 le consegne controllate. Le modalità di uso delle informazioni e le regole di riservatezza da osservarsi da parte delle amministrazioni doganali verso le informazioni e i documenti ricevuti sono oggetto dell'articolo 10. L'articolo 11 regola la cooperazione tecnica fra le parti, enumerando le attività che la sostanziano, mentre l'attuazione dell'Accordo è disciplinata dall'articolo 12, il quale prevede che le relative spese sono a carico delle rispettive parti, le quali, su richiesta, potranno incontrarsi per modificare l'Accordo in esame ed eventualmente formulare un piano d'azione. La composizione delle controversie eventualmente derivanti dall'attuazione o interpretazione dell'Accordo avverrà in via amichevole. L'articolo 14, infine, stabilisce che l'Accordo, che ha durata illimitata, salvo denuncia con un'efficacia a 90 giorni, entrerà in vigore alla data di ricezione della seconda delle due notifiche con le quali le parti si comunicheranno l'avvenuto espletamento delle rispettive procedure interne.
  Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica si compone di cinque articoli. I primi due contengono, rispettivamente l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione dell'Accordo in oggetto. Particolare rilievo assume l'articolo 4, che reca la norma di copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni degli articoli 11 e 12 dell'Accordo relative a spese di missione, valutati in 18.615 euro annui a decorrere dal 2016.
  Concludo auspicando una rapida approvazione anche dall'altro ramo del Parlamento di un provvedimento che, al pari degli altri due recentemente ratificati, l'Intesa bilaterale per la cooperazione nella lotta alla criminalità e l'Accordo di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea ed Hanoi, si inserisce in un quadro di intensificazione dei rapporti bilaterali. L'Italia è stata tra i primi Paesi europei occidentali, il primo dell'allora Comunità economica europea, a stabilire relazioni diplomatiche con il Vietnam, nel marzo 1973, e a partire da quel momento è sempre stato uno dei suoi principali partner ed ha avuto occasione di consolidare un rapporto costruito sull'amicizia e sul dialogo.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che immagino non intenda intervenire.
  Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.
  Il seguito il dibattito è rinviato alla seduta di domani.

Discussione del disegno di legge: S. 2525 – Ratifica ed esecuzione del Protocollo al Trattato del Nord Atlantico sull'adesione del Montenegro, fatto a Bruxelles il 19 maggio 2016 (Approvato dal Senato) (A.C. 4108) (ore 15,44).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 4108: Ratifica ed esecuzione del Protocollo al Trattato del Nord Atlantico sull'adesione del Montenegro, fatto a Bruxelles il 19 maggio 2016.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4108)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Andrea Manciulli.

  ANDREA MANCIULLI, Relatore per la maggioranza. Presidente, colleghi, rappresentante del Governo, siamo chiamati ad esaminare un disegno di legge di particolare rilievo, perché «finalizza» l'ingresso del Montenegro nell'Alleanza Atlantica. La firma del Protocollo di adesione di Podgorica al Trattato istitutivo della NATO rappresenta il passo conseguente alla manifestazione di volontà politica degli Stati Pag. 5membri ad accogliere il Paese balcanico nell'Alleanza, formalizzata in occasione della riunione dei Ministri degli affari esteri della NATO del dicembre 2015. Il Protocollo di adesione è stato firmato dai ventotto alleati in occasione di un'altra «ministeriale» degli esteri, il 19 maggio 2016.
  Divenuto indipendente nel 2006, il Montenegro, forte di un progressivo miglioramento delle condizioni di vita dei suoi abitanti e delle prospettive di ulteriore sviluppo economico che sarebbero potute derivare, si è risolutamente avviato sulla via dell'integrazione europea ed atlantica.
  Il percorso di avvicinamento all'Unione europea, dopo l'adozione unilaterale dell'euro come propria moneta, ha ufficialmente preso inizio nel 2008, con la presentazione della domanda di adesione, cui hanno fatto seguito l'avvio dei relativi negoziati nel 2012. Ad oggi Podgorica, come ha riconosciuto la Commissione europea nel suo country report del 2015, ha compiuto progressi significativi in numerosi capitoli negoziali, fra cui quelli relativi al sistema giudiziario, ai diritti fondamentali della giustizia, libertà e sicurezza, sebbene debba ancora perfezionarsi sul fronte della lotta al crimine organizzato e anche alla corruzione.
  Altrettanto risoluto, per quanto segnato da controversie in sede domestica e non improntato ad interessi anti-russi, è stato l'impegno di Podgorica in direzione dell'Alleanza atlantica, nel solco peraltro di quanto già deciso da altri Paesi dell'area. Alla decisione del Montenegro di aderire al programma denominato «Partenariato per la pace» con la NATO, avanzata sin dal dicembre 2006, hanno fatto seguito l'avvio di esercitazioni militari congiunte nell'Adriatico, l'invito ufficiale di aderire all'organizzazione formulato nel dicembre 2015 dai ventotto Ministri degli esteri dei Paesi membri e, da ultimo, la firma a Bruxelles lo scorso 19 maggio del Protocollo sull'adesione già approvato dal Senato il 18 ottobre scorso.
  Il Protocollo, che si compone di un preambolo e di tre articoli, stabilisce i tempi e modalità dell'adesione del Montenegro all'Alleanza atlantica. Una volta concluso il percorso di ratifica da parte di tutti i Paesi alleati, infatti, il Montenegro, che dallo scorso maggio siede nell'Alleanza atlantica in qualità di osservatore e partecipa già ad alcune missioni internazionali, ne diverrà ufficialmente il ventinovesimo Stato membro. Si tratta evidentemente di un evento di grande rilievo geopolitico, che ha l'obiettivo di garantire maggiore sicurezza e stabilità all'intera regione dei Balcani occidentali e alla zona adriatica, consolidando il processo di integrazione nelle organizzazioni europee ed atlantiche del Montenegro.
  Non si può negare che la crisi dell'Unione europea si è inevitabilmente riverberata sui Paesi dell'area balcanica, per i quali la prospettiva dell'adesione all'Unione europea ha per molti anni costituito uno stimolo essenziale per le riforme interne ed un preciso punto di riferimento in politica estera. La situazione è molto delicata, sia in Bosnia-Erzegovina che in Kosovo, in Macedonia, oltre che nei rapporti tra Croazia e Serbia. È proprio in questa prospettiva che il nostro Paese, che può vantare ottime relazioni in quell'area, può svolgere un importante ruolo di cerniera e di orientamento, tenendo aperta la prospettiva dell'integrazione europea.
  Fare aderire il Montenegro alla NATO non è e non deve essere un atto aggressivo verso nessuno: deve essere invece un modo per porre la vicenda dei Balcani, che è così legata anche al nostro interesse nazionale, al centro della ricerca di un nuovo ordine; e anzi, come una prospettiva di dialogo che per i Balcani – che in questo momento sono percorsi da molte vicissitudini, anche quelle del terrorismo, che purtroppo in quelle sedi sta crescendo molto, in alcuni Paesi – possa diventare davvero una prospettiva positiva che riguarda direttamente non soltanto l'interesse della NATO, ma anche l'interesse diretto del nostro Paese.

  PRESIDENTE. Il Governo immagino non intenda intervenire.Pag. 6
  Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.
  Il seguito il dibattito è rinviato alla seduta di domani.

Discussione della mozione Brunetta e Laffranco n. 1-01452 concernente iniziative in relazione alla crisi del sistema bancario (ore 15,50).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Brunetta e Laffranco n. 1-01452 concernente iniziative in relazione alla crisi del sistema bancario (Vedi l'allegato A – Mozione).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell’allegato A al resoconto stenografico della seduta del 20 dicembre 2016 (Vedi l'allegato A della seduta del 20 dicembre 2016).
  Avverto la mozione Brunetta e Laffranco n. 1-01452 è stata sottoscritta dai deputati Alberto Giorgetti, Palmizio e Occhiuto e che, in data odierna, ne è stata presentata una nuova formulazione, il cui testo è in distribuzione (Vedi l'allegato A – Mozione).

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali della mozione.
  È iscritto a parlare l'onorevole Alberto Giorgetti, che illustrerà anche la mozione n. 1-01452 (Nuova formulazione), di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  ALBERTO GIORGETTI. Presidente, onorevoli colleghi, Governo, avremmo preferito – ovviamente non me ne voglia l'onorevole Della Vedova – una presenza su questo argomento di un rappresentate del Governo espressione del Ministero dell'economia e delle finanze. Riconosciamo l'autorevolezza del collega, però allo stesso tempo è evidente che da parte di questo Governo restano delle aree molto grigie, delle aree che ci lasciano estremamente perplessi relativamente ai temi che intendiamo trattare con questa mozione.
  A distanza di pochi giorni dal varo del decreto-legge cosiddetto salva Monte Paschi di Siena e salva banche, ci troviamo, come gruppo parlamentare di Forza Italia, con il collega Brunetta, il collega Occhiuto, il collega Fontana ed altri colleghi, a presentare una mozione che richiama quella che è l'urgenza fondamentale di un'azione coordinata in materia di politica legata al credito e alle banche; ma soprattutto alla necessità evidente, alla luce anche di quest'ultimo provvedimento, di richiamare il Parlamento all'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul credito e su tutti i prodotti finanziari legati all'euro, finanziari dal 1o gennaio 1999, con l'obiettivo di avere un vero momento di chiarezza, per poter dare agli italiani una prospettiva degna di questo nome, proprio per ciò che noi riteniamo fondamentale per la ripresa, fondamentale per la tenuta sociale ed economica del nostro Paese, delle nostre famiglie, delle nostre imprese: il tema del credito.
  E allora per certi versi la perplessità potrebbe essere legata al fatto: ma come ? Viene approvato un decreto-legge da parte del Governo, un decreto varato in termini d'urgenza, in cui si viene in Parlamento a chiedere con una risoluzione specifica la deroga a quelli che erano i limiti legati agli obiettivi che ci siamo dati in sede di pareggio di bilancio, in sede costituzionale, per poter derogare a quelli che sono i vincoli strettamente legati al debito pubblico, con la possibilità di varare nuovi interventi fino a 20 miliardi di euro, e oggi siamo a discutere di una mozione ? Sì, siamo a discutere con una mozione che chiede l'istituzione della Commissione d'inchiesta, perché i problemi purtroppo, cari colleghi (lo dico al collega Pelillo e ad altri colleghi, che sono consapevoli di questo problema), oggi sono tutti sul tavolo e tutti gravemente sulle spalle degli italiani, delle imprese e dei risparmiatori, come mai è accaduto prima d'ora.
  Noi abbiamo vissuto una fase molto lunga in cui nel sistema Italia il tema delle Pag. 7banche era un tema che veniva considerato un elemento di salvaguardia assoluta per il risparmio, salvaguardia assoluta per quello che era il rapporto tra correntista e istituto di credito, cioè avevamo delle certezze anche di fronte alle crisi che si erano verificate di livello internazionale che progressivamente si sono indebolite e si sono indebolite a tal punto da portare il Governo a varare un provvedimento straordinario per cercare di far fronte a quelle che sono le difficoltà di un mercato che non riesce a dare la possibilità, a un istituto come Montepaschi, e probabilmente aggiungiamo altri istituti in prospettiva, di ripatrimonializzarsi e di mettersi nelle condizioni, ai sensi anche dei vincoli posti dall'Europa, di essere solvibili, di poter garantire la continuità ovviamente del rapporto con i correntisti, salvaguardare il credito e portare avanti tutto ciò che è connesso ad un istituto di credito, in particolar modo in materia di impieghi. Vedete, colleghi, quando parliamo di banche, parliamo alla fine di famiglie, di imprese, di risparmio e parliamo di prospettiva di crescita: è evidente che una congiuntura di così grave profilo, come quella che stiamo vivendo ancora oggi, deve avere un elemento saldo che altri Paesi hanno affrontato prima di noi, in modo diverso da noi, che è l'elemento del sistema creditizio, come un elemento assoluto di certezza, un elemento saldo inserito all'interno del nostro sistema, del sistema economico, che è volano per lo sviluppo. Allora, noi siamo partiti nelle premesse di questa lunga mozione, da quella che è la storia delle vicende che hanno portato tecnicamente al varo dell'ultimo provvedimento del decreto, partendo da quelle che sono state le scelte sostenute in sede europea, dal ruolo della BCE, dal progressivo intervento con i parametri che sono stati progressivamente portati nei Paesi nazionali per fare responsabilizzare e rendere la crisi non sistemica. Questo era l'obiettivo comunque della Commissione europea, degli organismi di vigilanza e di regolamentazione del credito e della finanza a livello europeo, nell'area euro, quello di non rendere possibile il contagio e quindi in qualche modo un effetto domino che avrebbe potuto coinvolgere i vari Stati nazionali a fronte di una crisi legata a istituti che fossero di altri Paesi.
  Ebbene, questi provvedimenti hanno penalizzato in modo pesante il nostro Paese. Le banche hanno cominciato a ricorrere a una serie di interventi, emanando anche quelli che erano titoli che sono stati presentati, come ben sappiamo, ai risparmiatori come titoli sicuri ed è lì che è cominciato uno dei drammi che stiamo vivendo anche in questi ultimi giorni, quello delle cosiddette obbligazioni subordinate. Dico uno dei drammi perché, tra i provvedimenti devastanti che sono stati fatti dal Governo Renzi c’è sicuramente il provvedimento sulle quattro banche, che ben conosciamo, che doveva dare un ristoro immediato a quelli che erano gli obbligazionisti subordinati, attraverso la separazione tra la bad bank e comunque le nuove iniziative bancarie che dovevano proseguire nell'attività e quindi dare garanzie allo sviluppo. Peccato che quei provvedimenti siano rimasti, dal punto di vista applicativo, lettera morta, che oggi ancora ci siano i correntisti e soprattutto gli obbligazionisti in una condizione di grave incertezza legata a quella che sarà il futuro del loro risparmio, che viene stritolato in mezzo ai provvedimenti amministrativi non realizzati, in mezzo a elementi di arbitrato bancario che lasciano poche certezze in merito alla capacità di recuperare le proprie risorse e lasciano invece purtroppo tante incertezze sul futuro di questi strumenti; è anche un provvedimento che è andato a toccare nel tempo, attraverso il meccanismo del bail in, che è stato recepito a livello nazionale sempre dal nostro Governo e poi ovviamente anche all'interno di questo Parlamento, la responsabilità che toccava a quegli istituti, esclusivamente sul piano delle obbligazioni subordinate, che è stata poi estesa alle obbligazioni ordinarie e a tutti i correntisti, con un deposito superiore ai 100.000 euro. C’è una responsabilità Pag. 8progressiva che ha coinvolto azionisti, obbligazionisti subordinati, obbligazionisti ordinari e correntisti.
  In tutto questo, il messaggio che è sempre stato dato dal Governo – ricordiamo le parole di Renzi del gennaio scorso – sul Montepaschi Siena è che evidentemente non ci sono problemi e che è una banca su cui si può investire per il futuro; si può credere nel futuro, si può, attraverso questi provvedimenti, immaginare un mercato che è in grado di poter dare il giusto sostegno alle banche, evidentemente affrontare quella che era la delicatezza e allo stesso tempo la problematicità di crediti che erano difficilmente solvibili e quindi di crediti che erano difficilmente recuperabili, ma allo stesso tempo non certo immaginare un intervento di Stato. Da tutti ampie rassicurazioni. Da parte del Governo si è sempre detto, fino a un mese fa, quando abbiamo scoperto improvvisamente un contesto grave e diverso rispetto a quello che era nei mesi scorsi, che insomma c'era la possibilità da parte del sistema Paese di affrontare tutti questi percorsi. A tal punto che il Governo Renzi ha sovrapposto altri due provvedimenti, il provvedimento, sbandierato ovunque, della riforma delle banche popolari, che resta appeso ancora oggi, con degli interventi da parte del Consiglio di Stato, che rimette in discussione questi percorsi di aggregazione e i diritti comunque dei soci che sono un elemento fondamentale dell'istituto della mutualità, che stava alla base del Banco popolare e più in generale degli istituti che avevano questa vocazione. La seconda riforma è quella delle banche di credito cooperativo, definita addirittura «autoriforma», una riforma sostanzialmente nata dal basso, è stata presentata come tale, una necessità derivante da un territorio che si autorganizzava e che riteneva di poter, attraverso questo tipo di riforma, affrontare le sfide del futuro poste dall'Europa della globalizzazione e dei mercati anche finanziari attraverso un meccanismo di autoriforma. Una serie di interventi che si sono sovrapposti, che davano l'idea e venivano venduti dal Governo Renzi come provvedimenti salvifici che davano la possibilità al Paese di agganciare la ripresa, un sistema del credito forte, che avrebbe affrontato in Europa quelle che erano le problematiche di un sistema Paese che era comunque, agli occhi di tutti, ancora in grave difficoltà. Così non è avvenuto, è evidente; oggi ci troviamo ad avere quattro banche con una condizione anche di palese disomogeneità di trattamento, che hanno dovuto affrontare comunque una procedura di risoluzione e altre banche come MPS o le banche che verranno – ci permettiamo di dire – in cui invece si prevede un intervento dello Stato, in cui è chiaro che lo Stato ci mette i soldi, diventa azionista dal punto di vista del Tesoro, ma non si capisce come poi si potranno per davvero rilanciare questi istituti, mettere in sicurezza con i meccanismi di governance, connessi evidentemente a questa fase che dovrebbe essere straordinaria. E noi ci chiediamo, di fronte a queste scelte che sono evidentemente frutto non di sicurezza di certezze, ma di grave – lo diciamo a voce alta – grave approssimazione, perché possiamo discutere di tanti provvedimenti ma certamente è evidente che è un Paese dove il credito non è garantito, dove il Ministro dell'economia viene a raccontarci in un'audizione che ci sono 130 miliardi di euro che non sono andati nei canali tradizionali di risparmio bancario, ma, per una condizione di sfiducia complessiva restano nei cassetti, negli armadi, nei materassi degli italiani. Laddove un sistema del credito si trova quindi in una condizione di sfida difficile e laddove avevamo avuto nel tempo segnali che dovevano essere assolutamente positivi dal punto di vista della tenuta, oggi è evidente che il messaggio per il risparmiatore, per l'impresa e per le aziende è un messaggio grave, negativo, la cui prospettiva è una prospettiva incerta. Allora qualcuno qui ha barato. Ma chi ha barato ? Hanno barato quelli che erano gli amministratori delle banche ? Hanno barato coloro che dovevano sostanzialmente sorvegliare e garantire quelli che erano i presìdi fondamentali di tenuta, penso ovviamente ai soggetti vigilanti ?Pag. 9
  Nessuna polemica con alcuno, ma è sotto gli occhi di tutti che il Governatore della Banca d'Italia nel 2009, alla luce della crisi famosa degli Stati Uniti, dei subprime ed altro viene a dire in Italia in un'audizione in Parlamento che il sistema italiano creditizio è solido e non deve temere nulla rispetto a ciò che avviene sui mercati finanziari perché è un sistema fortemente patrimonializzato.
  Cosa accade dal 2008 ad oggi a tal punto da prevedere degli interventi che hanno fatto in altri Paesi in quella fase che l'Italia si trova a fare a valle alcuni anni dopo, aprendo il cordone della borsa e cominciando a dire: siamo a disposizione perché il mercato non ce la fa più ? L'Europa dice 8 miliardi, il Paese, la posizione su MPS, sul cosiddetto risanamento, era di 5,5; ma se sono 8, quali saranno le risorse che dovranno essere messe a disposizione per gli istituti di credito in difficoltà, che dovranno comunque afferire a questo tipo di provvedimento o istituto per affrontare un mercato che difficilmente tornerà a fidarsi, laddove esiste la garanzia potenziale dello Stato, di manager di cui non sappiamo nulla, perché in questi anni alla fine la responsabilità non è mai stata acclarata ? Non sappiamo se hanno operato bene, non sappiamo se hanno operato male. Abbiamo gli strumenti di vigilanza e gli istituti di vigilanza che però hanno dato messaggi contrastanti: prima ci hanno rassicurato, poi ci hanno detto che le cose non vanno bene, che bisogna intervenire in modo ancora più robusto e oggi la BCE chiede interventi ancora più radicali e ancora più forti. Che cosa è accaduto in questi mesi ? Che cosa è accaduto in questi anni ? E, allora, è evidente che qui non si tratta di fare una semplice critica, come noi abbiamo fatto – e ribadiamo – in questa sede, di responsabilità da parte del Governo Renzi per non aver varato provvedimenti organici, che noi abbiamo chiesto più volte, sul sistema del credito per poter garantire che venissero tutelati, oltre al risparmio, quelli che erano tutti gli aspetti connessi alla crescita di un sistema che doveva affrontare la ripresa.
  Poi c’è la responsabilità del conflitto di interesse, perché non possiamo evidentemente negare ciò che è accaduto. Abbiamo il diritto di pensare che un'attenzione forte nei confronti di MPS deriva per il ruolo nazionale e, quindi, per il peso specifico, che noi rispettiamo e che evidentemente abbiamo riconosciuto anche con il nostro voto relativamente alla risoluzione. Quindi, c’è una responsabilità forte da parte di Forza Italia per affrontare insieme questo percorso, che è quello di mettere in sicurezza il sistema creditizio, ma vogliamo la chiarezza e la responsabilità; vogliamo sapere se nei confronti di MPS c’è stata un'iniziativa strabica; vogliamo sapere se rispetto ad altri istituti di credito, ci sono o ci sono state delle responsabilità che sono state coperte; vogliamo capire se tutti coloro che dovevano vigilare hanno fatto fino in fondo il loro dovere; vogliamo capire se chi ha portato, attraverso una serie di operazioni di finanziamento ed altro, alcuni istituti di credito in una condizione di grave difficoltà, sono dei soggetti che hanno relazioni strutturate con il Governo, con quelle che sono le istituzioni e con le forze politiche. È nostro diritto sapere e poter portare avanti un'iniziativa trasparente su cui vogliamo coinvolgere tutte le forze politiche, perché la nostra proposta, Presidente, e vado alla conclusione, è una proposta che riteniamo equilibrata. Lo stesso Renzi ha dichiarato in tempi non sospetti, quando evidentemente si sentiva sicuro politicamente, che la Commissione di inchiesta sul sistema del credito era un'iniziativa sacrosanta. E dunque vorremmo capire che cosa è cambiato da allora ad oggi. Cosa è cambiato da allora se non la necessità di intervenire, a maggior ragione con una serie di strumenti straordinari per salvare le banche in difficoltà. Cosa è cambiato nell'accertare le responsabilità e capire quali ulteriori iniziative adottare in questo Parlamento, in un rapporto anche bipartisan – diciamo con chiarezza –, pur di salvare il sistema e fare le scelte giuste a tutela del risparmio, delle imprese e delle famiglie.Pag. 10
  Questa è la nostra proposta. Il senso della Commissione d'inchiesta non è certo un messaggio punitivo ma è un messaggio di chiarezza, è un messaggio di responsabilità, è un messaggio su cui noi richiamiamo tutte le forze politiche per avere un momento di trasparenza su quello che è un settore fondamentale per la ripresa e per la tenuta del sistema Paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Michele Pelillo. Ne ha facoltà.

  MICHELE PELILLO. Grazie, Presidente. Colleghi, rappresentante del Governo, diciamo che la mozione a firma Brunetta e Lanfranco ci dà un'ulteriore opportunità, dà un'ulteriore opportunità a questo ramo del Parlamento, per approfondire una delle questioni che ha caratterizzato questa legislatura e per aumentare il confronto tra le forze politiche su quella che rimane una delle vicende più importanti e che desta anche maggiori preoccupazioni e ha dato la possibilità, anche al Partito Democratico, di puntualizzare nuovamente e aggiornare la sua posizione attraverso una mozione che abbiamo provveduto a depositare qualche minuto fa. Quindi, un'occasione che riteniamo assolutamente favorevole, propizia e positiva.
  In questa legislatura sono state tante le occasioni. Probabilmente abbiamo dovuto parlare tanto di banche perché precedentemente, nelle precedenti legislature, si era parlato forse un po’ troppo poco e soprattutto si era fatto abbastanza poco. Mi rendo conto che non è facile trovare una piena condivisione sull'analisi degli ultimi 2-3 anni su quello che il Governo Renzi e questo Governo stanno tenacemente perseguendo per dare maggiore solidità al nostro sistema bancario e, nel contempo, per offrire tutela al risparmio degli italiani. Non è facile trovare condivisioni. Ci sono delle interpretazioni che divergono, ci sono legittimamente sfumature di pensiero diverse. Qualche volta si è ecceduto, perché questo terreno è diventato terreno di scontro politico, mentre penso – e i toni pacati di oggi mi rassicurano da questo punto di vista – che questo dovrebbe essere un terreno di confronto e non di scontro, perché la posta in palio è davvero molto alta e non possiamo permetterci di litigare per il gusto di farlo o per cercare di prevalere nel difficile ragionamento che va portato avanti.
  Certamente ci sono due punti che sono centrali in tutto quello che è stato fatto in questa legislatura, dal Governo Renzi e che continua a essere fatto dal Governo Gentiloni: tutela del risparmio e solidità del sistema bancario. Questi sono i punti cardine della strategia adottata nei diversi provvedimenti di legge che sono stati approvati negli ultimi 2-3 anni e che vanno tutti nella stessa direzione. Certamente un impegno legislativo così importante nessuno può avere la presunzione di ritenere che sia stato esaustivo o sia stato perfetto. Certamente non lo penso io ma non lo pensa assolutamente il mio gruppo, nel senso che siamo convinti di essere andati nella direzione giusta, siamo convinti che tutti i provvedimenti che sono stati emanati e approvati, prima dal Governo e poi dal Parlamento, vadano nella direzione auspicata.
  Siamo altresì convinti che non abbiamo completato il nostro lavoro e c’è bisogno ancora di fare, possibilmente con una modalità un po’ diversa rispetto alle esperienze che abbiamo consumato nelle aule parlamentari su questo argomento, lo accennavo prima. Da questo punto di vista, mi piace ricordare come nell'ultimo passaggio sullo stesso argomento, prima della pausa natalizia, è stato il Governo in modo esplicito ad auspicare una maggiore e, possibilmente, larga condivisione, nel continuare ad affrontare questo tema. Penso che questo sia un passaggio importante, un passaggio da sottolineare, perché può aiutarci a orientare tutti i nostri sforzi nella direzione migliore.
  Allora, se l'analisi di quello che è stato non può essere uguale per tutti, io non penso che ci possano essere difficoltà nel fare maggiore chiarezza su quello che è accaduto nel passato. Assolutamente penso Pag. 11di poter anticipare a nome del mio gruppo che non c’è nessuna difficoltà nell'immaginare un lavoro parlamentare che possa fare maggiore chiarezza su quello che è accaduto sull'intero sistema bancario italiano. Lo strumento più adeguato poi si stabilirà ovviamente nel tempo e nel modo rituali, ma certamente offrire agli italiani un quadro più chiaro, più limpido, su quello che è accaduto negli ultimi anni, va bene anche dal Novantanove in avanti, certamente non trova la nostra contrarietà. Come non trova la nostra contrarietà, anzi accediamo volentieri alla proposta – altro contributo di chiarezza – che è arrivata nelle ultime ore, di rendere noti i nomi dei debitori maggiormente insolventi negli ultimi anni; questo sia riguardo le banche oggetto di procedura di risoluzione, sia le banche che stanno ottenendo il vantaggio di questo intervento precauzionale dello Stato. Quindi, ben venga maggiore chiarezza su quello che è stato: può aiutare il legislatore ad agire meglio rispetto al passato, può offrire agli italiani un quadro più chiaro per orientarsi meglio, ma questo non toglie però che siamo un po’ più interessati a governare il presente e soprattutto a porre le basi per un futuro con qualche preoccupazione in meno in campo finanziario. Ben vengano, quindi, tutte le verifiche per il passato, però proviamo a concentrarci in modo particolare su quello che dobbiamo fare oggi, per l'immediato e per i prossimi tempi. Su questo – io ho preso qualche appunto – penso che potremmo anche provare, sempre se l'invito del Governo fatto in quest'Aula non più di venti giorni fa fosse davvero raccolto nella sostanza di una maggiore condivisione, a capire, per esempio, quali sono i punti sui quali non c’è particolare divergenza, per poter operare subito con una prospettiva di breve periodo.
  Io mi sono permesso di scrivere qualcosa, ma giusto così, come memorandum per la nostra discussione e non solo quella di oggi. Penso che questi punti possano essere condivisi, mi auguro largamente condivisi, e possano essere, secondo noi, una buona base di partenza per continuare il lavoro che è stato intrapreso.
  Sulla tutela del risparmio: è evidente che abbiamo bisogno di prevenzione e contrasto alle condotte scorrette da parte degli amministratori. Ne abbiamo parlato spesso, questo è un capitolo sul quale, a mio modo di vedere, c’è ancora molto da scrivere. Probabilmente dobbiamo rinforzare i presìdi normativi regolamentari per rassicurarci una maggiore incisività nei controlli. Dobbiamo assolutamente trovare – anche qui dovremmo farlo velocemente – gli strumenti per impedire il collocamento di prodotti finanziari rischiosi presso i clienti al dettaglio. Tutto questo in un quadro di piena informazione nei confronti dei risparmiatori. Il mondo del credito è diventato molto complesso, il mondo della finanza è diventato di difficile percezione anche da parte di persone acculturate, c’è bisogno certamente di un'informazione che renda un po’ più chiaro il rapporto tra risparmiatore e banche.
  E poi, venendo anche ai giorni nostri, e venendo anche a uno dei contenuti del decreto-legge che oggi inizia il suo iter in Senato, dobbiamo assicurare il più alto grado di tutela dei risparmiatori nei procedimenti di ricapitalizzazione precauzionale da parte dello Stato e anche qui attraverso delle procedure, possibilmente, le più semplici e chiare possibili. Questo sul fronte della tutela del risparmio.
  Sul fronte della solidità del sistema bancario, lo voglio ribadire, è un argomento che abbiamo già affrontato altre volte però è opportuno in questa sede ricordarlo, penso che non sarebbe difficile trovare convergenza nel richiedere al Governo l'intervento più incisivo nei confronti degli organismi europei per utilizzare la possibilità che è data da quella direttiva di rivedere nei prossimi mesi il regime del bail-in; bail-in che è diventata, da parola sconosciuta, un'espressione quasi da bar negli ultimi anni nel nostro Paese. C’è la possibilità di un supplemento di riflessione e di approfondimento su questo argomento, penso che dovremmo spingere per utilizzarla al meglio, magari Pag. 12anche non arrivando a consumare tutto il tempo concesso dalla direttiva, che è giugno 2018, magari anticipando anche quella scadenza e poi continuare a insistere perché possa essere rapidamente costruito il terzo pilastro della sistema bancario europeo, con l'istituzione, più volte auspicata, del Fondo della tutela dei depositi a livello europeo.
  Su questi argomenti, che ovviamente sono argomenti di grande rilievo, di non poco conto, penso che non sarebbe tanto difficile trovare unità di intenti e questo potrebbe agevolare un po’ il lavoro parlamentare e anche il compito del Governo in una situazione sempre difficile, dobbiamo sottolinearlo, di grande responsabilità.
  Concludo Presidente: domani vedremo meglio, ovviamente anche su come il Governo si esprimerà sulle diverse mozioni, leggeremo con maggiore chiarezza le mozioni delle diverse forze politiche, vedremo l'espressione del voto sulle mozioni, però penso che queste cose possano essere realizzate.
  Su questi e probabilmente su altri argomenti potrà esserci effettivamente una giusta convergenza, che possa rafforzare non solo l'iniziativa parlamentare, ma soprattutto quella del Governo italiano, perché la gran parte di queste iniziative ovviamente hanno matrice europea e quindi hanno bisogno che l'Italia possa sedersi a quei tavoli con la maggiore forza e la maggiore autorevolezza possibili.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Grazie Presidente. Signor sottosegretario e onorevoli colleghi, la mozione che discutiamo oggi pone l'attenzione sul tema delle banche, che costituirà oggetto probabilmente del dibattito politico anche in buona parte di quest'anno, come è stato l'anno scorso.
  È un tema ovviamente fondamentale, sul quale, come su tutti i temi che coinvolgono anche l'Europa, sarebbe ed è auspicabile, come è stato detto già dal collega che mi ha preceduto, che ci sia una condivisione degli interventi e degli obiettivi e che si eviti e si cerchi di evitare una continua polemica su quello che è accaduto, anche perché il problema bancario italiano non nasce oggi, non nasce ieri, non nasce neanche tre anni fa: la crisi delle nostre banche è all'attenzione dell'Europa e del nostro Paese purtroppo da molti anni ed è indubbio che, se alcuni interventi che sono arrivati in quest'ultimo anno e in questi ultimi mesi sono stati e possono anche essere considerati in qualche caso tardivi, sono sicuramente tardivi anche rispetto a quello che hanno fatto Governi condotti da chi oggi presenta la mozione, perché già nel 2012 si parlava di sottocapitalizzazione delle banche e di problema dei crediti in sofferenza e allora si diceva che non c'era alcun problema.
  Quindi cerchiamo di ripartire da oggi e di non iniziare con discussioni che vanno nella direzione del «di chi è la colpa», chi ha fatto questo e chi non ha fatto quest'altro.
  Bisogna arrivare a discutere in Europa in maniera seria del tema del bail in e su questo concordo con quello che c’è scritto nella mozione, ma ripeto in maniera seria: il gruppo di Civici e Innovatori, di cui faccio parte, ha sempre sostenuto che, con dei correttivi, il principio per il quale le conseguenze delle crisi bancarie e in generale delle crisi aziendali vadano prima su chi ha investito nella società e poi sulle tasche dei contribuenti sia un principio fondamentale.
  Dopodiché, poi, occorre tutelare chi è stato imbrogliato, come è il caso di chi ha acquistato dalle banche italiane obbligazioni subordinate e non avrebbe dovuto ricevere nemmeno l'offerta di comprarle, perché questo è quello di cui stiamo parlando.
  Pertanto, dal nostro punto di vista, l'intervento statale che vedremo su Monte Paschi e vedremo anche sulle altre banche è l’extrema ratio, un’extrema ratio che nasce dal fatto che il Monte dei Paschi è in una condizione di particolare difficoltà, che è giusto per ragioni sistemiche intervenire, che è giusto ricapitalizzare, ove Pag. 13questo risulti necessario, altre banche, ma sempre gestendo il denaro pubblico con la massima attenzione e tutelando il risparmio dove i principi costituzionali di cui all'articolo 47, ma anche di libera iniziativa privata e di assunzione del rischio lo richiedono e lo consentono, perché la situazione di un esperto investitore che ha comprato obbligazioni subordinate di Monte Paschi o delle quattro banche, a rischio di perdere il denaro, perché sapeva cosa era un'obbligazione subordinata e ne ha tratto magari lauti interessi per molti anni, è molto diversa dalla situazione in cui una persona totalmente inesperta si è vista offrire un'obbligazione subordinata come se fosse un investimento o il deposito sul conto corrente.
  Questa è una differenziazione che esiste in qualsiasi economia di mercato liberale, anche se oggi il termine liberale, in questi ultimi due giorni, sta assumendo connotazioni originali, però in qualsiasi sistema di economia di mercato l'assunzione del rischio è la base dell'investimento e sentir dire, a partiti che si rifanno diciamo a ispirazioni liberali, quantomeno a parole, che bisogna tutelare tutti indistintamente, è abbastanza sorprendente, perché è l'opposto di quello che un sistema di economia di mercato e liberale prevede.
  Quello che si deve prevedere è di risarcire chi è stato truffato ed è quello che il Governo sta cercando di fare e ha cercato e ha fatto nel caso delle quattro banche, ma questo deve essere l'obiettivo, così come nella gestione del denaro pubblico alcuni interventi credo siano opportuni e diciamo molto, molto importanti e spero che con gli emendamenti già al Senato il testo del decreto possa raccogliere questi interventi.
  Ne cito un paio: uno è prevedere che, dove è stato investito denaro pubblico, l'azione di responsabilità contro gli amministratori che hanno causato il danno possa essere portata avanti per conto della società su iniziativa dello Stato, anche dove l'assemblea della società ha deliberato di non avviarla (non cito i casi concreti ma li conosciamo tutti), perché è assurdo che la società non chieda risarcimenti in situazioni nelle quali è evidente che questo debba essere fatto ed è giusto che lo Stato, se mette i soldi ai contribuenti, possa avviare queste azioni.
  Poi credo che sia importante regolamentare, come è stato fatto negli Stati Uniti con il TARP, con l'intervento sulle banche, i compensi degli amministratori, nel senso che chi gestisce banche nelle quali lo Stato ha messo dei soldi dovrebbe vedere qualsiasi bonus, incentivo, stock option azionaria e altri tipi di compensi di questo tipo legati all'andamento delle aziende. Non solo: dovrebbero essere liquidabili solo dopo che lo Stato è uscito e ha recuperato il suo investimento, perché i contribuenti mettono i loro soldi e non sarebbe giusto consentire che i benefici dell'andamento, magari positivo, della banca vadano prima in tasca degli amministratori e poi allo Stato che ha salvato la banca.
  Ci sono dunque una serie di iniziative che dovrebbero essere prese, io credo meno nelle sanzioni penali, perché le sanzioni penali ci sono e anche qui devo dire qualcuna mancava, come quelle sul falso in bilancio, che sono molto rilevanti per le banche, molto rilevanti – qualcuno aveva pensato bene di abolirle, adesso sono state reintrodotte – ma le sanzioni penali, per come funziona il nostro sistema penale, non sono probabilmente le più efficaci.
  Le norme più efficaci su questo sono quelle che da un lato consentono, ripeto, allo Stato e agli azionisti di avviare le azioni di responsabilità, quando danni ci sono stati a livello personale, e quelle che assicurano un migliore controllo. Sotto questo punto di vista – e concludo – credo che l'avvio della Commissione d'inchiesta che noi abbiamo a suo tempo richiesto, già da parecchio tempo, insieme ad altri gruppi, sia importante, perché tutta la storia del nostro sistema bancario degli ultimi anni merita di essere approfondita, per accertare le responsabilità delle aziende, degli amministratori, degli organismi di vigilanza, se responsabilità e comportamenti Pag. 14gravi ci sono stati, e per eliminare una continua polemica sul di chi era la colpa.
  Credo che si debba avviare questa Commissione d'inchiesta. La proposta del presidente dell'ABI, Patuelli, sull'indicazione dei nomi dei debitori che non pagano va bene, ma credo che sia necessario un esame molto approfondito.

  PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
  Il Governo intende intervenire o si riserva di farlo successivamente ? No. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge costituzionale: Alfreider ed altri: Modifiche allo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di tutela della minoranza linguistica ladina della provincia di Bolzano (A.C. 56-A) (ore 16,30).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge costituzionale n. 56-A: Modifiche allo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di tutela della minoranza linguistica ladina della provincia di Bolzano.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato nell’allegato A al resoconto stenografico della seduta del 21 dicembre 2016 (Vedi l'allegato A della seduta del 21 dicembre 2016).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 56-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire, in sostituzione del relatore, il deputato Andrea Mazziotti Di Celso, presidente della Commissione affari costituzionali.

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO, Presidente della I Commissione. Grazie Presidente. La proposta di legge costituzionale all'esame dell'Assemblea apporta modifiche allo statuto speciale per il Trentino Alto Adige in materia di tutela della minoranza linguistica ladina della provincia di Bolzano.
  Ricordo che la procedura di modifica dello statuto speciale è disciplinata dall'articolo 103 dello Statuto del Trentino. In base a tale norma, per le modificazioni dello Statuto si applica il procedimento stabilito dalla Costituzione per le leggi costituzionali.
  L'iniziativa spetta anche al consiglio regionale, su proposta dei consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano e successiva conforme deliberazione del consiglio regionale.
  I progetti di modifica dello statuto, di iniziativa governativa o parlamentare, sono comunicati dal Governo della Repubblica al consiglio regionale e ai consigli provinciali, che esprimono il loro parere entro due mesi. Le modifiche non sono sottoposte a referendum nazionale. Sulla proposta di legge costituzionale del deputato Daniel Alfreider e di altri sono stati quindi acquisiti i pareri del consiglio regionale del Trentino-Alto Adige, espresso in data 18 luglio 2016, nonché del consiglio della provincia autonoma di Trento e del consiglio della provincia autonoma di Bolzano, entrambi espressi in data 5 aprile 2016. Successivamente, il relatore e alcuni deputati hanno avuto incontri con la giunta della provincia autonoma di Bolzano, varie istituzioni culturali e altre espressioni della minoranza ladina, avendo modo di apprezzarne i caratteri di comunità che la contraddistinguono e che, a partire dall'identità linguistica, giustificano la tutela e la differenziazione giuridica che il disegno costituzionale di revisione statutaria intende perseguire.
  La proposta di legge, come modificata in sede referente, si compone di undici articoli. I primi nove recano modifiche al testo dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige. Il testo originario della proposta riguardava esclusivamente la tutela Pag. 15della minoranza linguistica ladina nella provincia di Bolzano. Nell'esame in sede referente sono stati aggiunti due articoli iniziali sul funzionamento del consiglio regionale che riguardano anche i gruppi linguistici minoritari dei mocheni e dei cimbri. In particolare, l'articolo 1 consente lo svolgimento di sessioni straordinarie del consiglio regionale del Trentino-Alto Adige riguardanti i diritti della minoranza linguistica ladina, del gruppo linguistico dei mocheni e del gruppo linguistico dei cimbri.
  L'articolo 2 introduce il potere per i consiglieri appartenenti al gruppo linguistico ladino di richiedere all'unanimità la convocazione del consiglio regionale per questioni che riguardano i diritti delle minoranze linguistiche. L'articolo 3 interviene sul numero dei vicepresidenti della giunta provinciale di Bolzano: attualmente i vicepresidenti sono due, uno appartenente al gruppo linguistico tedesco e l'altro al gruppo linguistico italiano. La modifica innalza a tre il numero dei vicepresidenti nel caso in cui uno dei componenti la giunta appartenga al gruppo linguistico ladino, prevedendo contestualmente che il terzo vicepresidente appartenga al gruppo linguistico ladino medesimo.
  L'articolo 4 integra con due ulteriori commi l'articolo 62 dello statuto, che nella formulazione vigente stabilisce che le norme sulla composizione degli organi collegiali degli enti pubblici locali in provincia di Bolzano garantiscono la rappresentanza del gruppo linguistico ladino. I due commi aggiuntivi prevedono, invece, che negli enti pubblici di rilevanza provinciale nei quali sono previsti due vicepresidenti questi devono appartenere a gruppi linguistici diversi da quello a cui appartiene il presidente e che negli enti locali intermedi, dei quali fanno parte comuni in cui la maggioranza della popolazione appartiene al gruppo linguistico ladino, la carica di vicepresidente è ricoperta da persona appartenente a tale gruppo linguistico, salvo che un appartenente a tale gruppo sia il presidente dell'ente.
  L'articolo 5 modifica, invece, la procedura di approvazione del bilancio. L'attuale articolo 84, secondo comma, dello statuto prevede che la votazione dei singoli capitoli di bilancio della regione e della provincia di Bolzano abbia luogo, su richiesta della maggioranza di un gruppo linguistico, per gruppi linguistici. Tale procedura non si applica ai capitoli di entrata, ai capitoli di spesa predeterminati per legge e ai capitoli relativi a normali spese di funzionamento per gli organi e uffici. Ciascun capitolo, per essere approvato, deve ottenere la maggioranza dei voti di ciascun gruppo linguistico; in caso contrario, si instaura una procedura di conciliazione. I capitoli non approvati sono sottoposti a una commissione paritetica, composta da quattro consiglieri, eletta all'inizio della legislatura e per tutta la durata di questa, con composizione paritetica fra i due maggiori gruppi linguistici e in conformità alla designazione di ciascun gruppo.
  La commissione decide, quindi, entro 15 giorni sulla denominazione e l'ammontare definitivo dei capitoli contestati, ed è prescritta la maggioranza semplice per l'approvazione dei capitoli, in mancanza della quale la questione è deferita alla sezione di Bolzano del TAR, che decide con lodo arbitrale in via definitiva. L'articolo in esame mantiene la procedura di conciliazione vigente nel solo caso di opposizione all'approvazione del bilancio da parte del gruppo tedesco o del gruppo italiano, mentre, in caso di mancata maggioranza dei voti del gruppo ladino, si istituisce una procedura diversa, con il deferimento a un'altra commissione paritetica formata da tre consiglieri in rappresentanza di ciascuno dei gruppi linguistici.
  Questa commissione procede all'unanimità per l'approvazione dei capitoli. Anche in questo caso, nel caso di mancata decisione, la questione è deferita alla sezione di Bolzano del TAR, che decide con lodo arbitrale in via definitiva. L'articolo 6 interviene in materia di personale degli uffici statali in provincia di Bolzano, in particolare sul trasferimento fuori provincia Pag. 16del personale di lingua ladina e sulla ripartizione proporzionale tra i gruppi linguistici dei posti della magistratura. In provincia di Bolzano vige, infatti, il principio della cosiddetta proporzionale etnica, in base alla quale, in via generale, i posti degli uffici statali in provincia sono riservati ai residenti e sono ripartiti in rapporto alla consistenza dei tre gruppi linguistici risultante dalle dichiarazioni di appartenenza rese in occasione del censimento ufficiale della popolazione.
  A tutela del mantenimento della proporzione, al personale dei ruoli provinciali è garantita la stabilità della sede, a meno che non si renda necessario, per le peculiarità di determinate amministrazioni o carriere, il trasferimento per motivi di servizio o addestramento. Per il personale di lingua tedesca è prevista una tutela supplementare, in quanto i trasferimenti devono essere contenuti al 10 per cento dei posti complessivi da esso occupati. L'articolo della proposta di legge estende anche alla minoranza ladina il limite del 10 per cento dei trasferimenti massimi consentiti e interviene anche in ordine alla ripartizione dei posti del personale della magistratura, per il quale attualmente la predetta proporzionale si applica solamente tra i gruppi linguistici italiano e tedesco, estendendo la ripartizione dei posti anche ai cittadini di lingua ladina.
  Gli articoli 7 e 8 hanno per oggetto la composizione degli organi della giustizia amministrativa per la provincia di Bolzano. In particolare, l'articolo 7 interviene in ordine alla composizione della sezione autonoma per la provincia di Bolzano del tribunale regionale di giustizia amministrativa. Attualmente, i componenti della sezione devono appartenere in numero uguale ai due maggiori gruppi linguistici; con la modifica viene invece previsto che essi appartengano al gruppo linguistico italiano, al gruppo linguistico tedesco e al gruppo linguistico ladino.
  Viene, inoltre, specificato che sono nominati in egual numero componenti appartenenti al gruppo linguistico tedesco e al gruppo linguistico italiano, e, nell'ambito di tali nomine, alternativamente per uno dei posti spettanti al gruppo linguistico tedesco o italiano, il testo approvato dalla Commissione prevede la nomina, fino alla naturale scadenza dell'incarico e in successione continua, di un componente appartenente al gruppo linguistico ladino. Si ricorda che, in base all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 426 del 1984, i componenti della sezione sono otto: quattro sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su parere del consiglio di presidenza della giustizia amministrativa e con l'assenso del consiglio provinciale di Bolzano limitatamente all'appartenente al gruppo di lingua tedesca; gli altri quattro sono nominati, invece, dal consiglio provinciale di Bolzano con decreto del Presidente della Repubblica.
  Con riferimento all'articolo 7, il parere espresso dal consiglio regionale del Trentino-Alto Adige invita a considerare il fatto che i giudici della sezione autonoma per la provincia di Bolzano rimangono in carica fino a quiescenza, e che pertanto i tempi di alternanza fra i gruppi linguistici italiano e tedesco possono differire notevolmente. Viene, poi, modificata la disposizione statutaria che dispone la nomina di metà dei componenti della sezione autonoma per la provincia di Bolzano da parte del consiglio provinciale di Bolzano, prevedendo che tale nomina includa il componente appartenente al gruppo linguistico ladino. L'articolo 7 modifica, infine, la disposizione sulla nomina del presidente della sezione: attualmente sono nominati a tale carica per ugual periodo di tempo un giudice di lingua tedesca e uno di lingua italiana. La modifica prevede la successione in alternanza, per sei mandati, di un giudice di lingua italiana e di uno di lingua tedesca, e, alla scadenza di tale periodo, prevede un mandato di presidente conferito a un giudice di lingua ladina.
  L'articolo 8 modifica la composizione delle sezioni del Consiglio di Stato che esaminano i ricorsi contro le decisioni della sezione autonoma di Bolzano del TAR. Attualmente, nella sezione del Consiglio Pag. 17di Stato deve far parte un consigliere appartenente al gruppo di lingua tedesca della provincia di Bolzano. La modifica dispone che del collegio faccia parte un consigliere appartenente al gruppo di lingua tedesca ovvero al gruppo di lingua ladina. L'articolo 9 interviene sulla composizione della cosiddetta commissione dei dodici, che è la commissione paritetica con funzioni consultive sulle norme di attuazione dello statuto. La commissione è composta da dodici membri: sei che rappresentano lo Stato, due che rappresentano il consiglio regionale, due che rappresentano il consiglio provinciale di Trento e due che rappresentano il consiglio provinciale di Bolzano.
  Tre componenti devono appartenere al gruppo linguistico tedesco.
  L'articolo, nel testo originario, disponeva l'abolizione dei membri di nomina regionale della commissione dei dodici, aumentando contestualmente a tre il numero dei componenti nominati da ciascun consiglio provinciale, ma è stato modificato nell'esame in sede referente, tenendo conto dei rilievi formulati nei pareri del consiglio regionale del Trentino-Alto Adige e del consiglio della provincia autonoma di Trento. A seguito della modifica apportata, è previsto che tre componenti devono appartenere al gruppo linguistico tedesco o ladino.
  L'articolo interviene sulla cosiddetta commissione dei sei, la speciale sottocommissione costituita in seno alla commissione dei dodici per le norme di attuazione relative alle materie attribuite alla competenza della provincia di Bolzano, composta da tre rappresentanti dello Stato, di cui uno del gruppo linguistico tedesco, e tre della provincia di Bolzano, di cui uno del gruppo linguistico italiano. A seguito delle modifiche apportate in sede referente alla proposta di legge, si prevede che uno dei membri in rappresentanza dello Stato deve appartenere al gruppo linguistico tedesco o ladino; per ciò che attiene i rappresentanti della provincia di Bolzano, viene invece previsto che la maggioranza dei consiglieri provinciali del gruppo linguistico tedesco o italiano può rinunciare alla designazione di un proprio rappresentante, in favore di un appartenente al gruppo linguistico ladino.
  L'articolo 10 reca le disposizioni di copertura finanziaria, mentre l'articolo 11 fissa l'entrata in vigore della legge al giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
  Per quel che riguarda l'iter parlamentare della proposta di legge, sul testo sono stati acquisiti i pareri favorevoli delle Commissioni II e XI, e il parere favorevole con osservazioni della Commissione per le questioni regionali, di cui è stato tenuto conto nel corso dell'esame in sede referente. Nella seduta del 21 dicembre 2016 la I Commissione ha deliberato di conferire al relatore il mandato a riferire in senso favorevole sulla proposta di legge, come risultante dagli emendamenti approvati.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo non intende intervenire.
  È iscritto a parlare l'onorevole Nicoletti. Ne ha facoltà.

  MICHELE NICOLETTI. Presidente, con la presente proposta di legge costituzionale, come è stato illustrato dal presidente Mazziotti, si intende modificare lo statuto di autonomia della regione Trentino-Alto Adige, per realizzare un altro significativo passo in avanti nella tutela delle minoranze linguistiche e nella promozione di una società plurale e ricca di identità e tradizioni diverse, che è tipica del continente europeo e del nostro Paese.
  Le diverse previsioni della proposta in discussione riguardano in particolare la minoranza ladina, quella dei cimbri e dei mocheni, presente nelle province di Bolzano e di Trento, e la loro più piena partecipazione alla vita culturale, sociale e politica della comunità di cui fanno parte, quella delle province, della regione, e di qui della comunità italiana ed europea. Si realizza così in modo ancora più pieno il disegno contenuto nella nostra Costituzione, che all'articolo 6 prevede espressamente: «La Repubblica tutela con apposite Pag. 18norme le minoranze linguistiche». Si tratta di un principio fondamentale, che trova sempre maggiore riconoscimento non solo nel diritto interno ma anche nel diritto internazionale, come dimostrano le diverse convenzioni poste a salvaguardia delle minoranze e i diversi strumenti istituzionali e giuridici offerti anche a livello internazionale per una loro migliore e più efficace tutela: tra tutti, si ricordino quelli del Consiglio d'Europa, che ha con chiarezza inquadrato i diritti delle minoranze linguistiche nel più ampio ambito dei diritti dell'uomo. Con ciò, si è riconosciuto chiaramente che la tutela delle minoranze non è solo dovuta al rispetto dei diritti umani delle persone che ne fanno parte, ma è dovuta anche in nome dell'interesse generale e, dunque, per rispetto al bene comune: il bene infatti di una comunità che dalla presenza di minoranze linguistiche è arricchita, giacché ogni lingua, cultura, tradizione è espressione irripetibile di umanità e dunque la sua compressione, o peggio cancellazione, comporta la deprivazione non solo di quella comunità, ma dell'umanità intera.
  Con questa norma, la norma della Costituzione, oltre ad elevare la finalità della valorizzazione delle minoranze linguistiche ad un obiettivo di politica culturale, si è inteso introdurre nell'ordinamento un trattamento giuridico incentrato su un sistema di norme di tutela positiva, e in questo caso di tutela di rango costituzionale, che si concreta con disposizioni che sono state definite da una parte della dottrina costituzionalistica come relativamente eccezionali.
  Alla luce di tali considerazioni, la dottrina costituzionale, ma anche la giurisprudenza, ritiene di dover riconoscere che l'articolo 6 della Costituzione, rispetto al principio di uguaglianza formale, si propone di realizzare il principio fondamentale di uguaglianza sostanziale contenuto nell'articolo 3 della Costituzione, e da ciò deriva che può ritenersi ragionevole trattare i rapporti inerenti alle situazioni di fatto che interessano le minoranze linguistiche in modo differenziato rispetto alle previsioni generali: si pensi a tutte quelle norme che prevedono forme particolari di accesso al lavoro, all'uso della lingua nelle scuole o nelle pubbliche amministrazioni, il requisito della conoscenza della lingua per l'accesso a talune provvidenze o a particolari posizioni.
  La connessione tra gli articoli 6 e 3 è la misura della coerenza culturale e valoriale che caratterizza la nostra Carta, e del filo logico che lega la struttura di tutta la sua Parte prima, in particolare i suoi cosiddetti princìpi supremi. In questo senso va ricordata anche la relazione che intercorre tra l'articolo 6 e l'articolo 2, dove quest'ultimo afferma che i diritti fondamentali devono essere riconosciuti e garantiti non solo in quanto riferiti all'uomo come singolo, ma anche come componente delle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.
  In Italia ha prevalso una lettura che equipara le minoranze etnico-linguistiche alle altre formazioni sociali in cui si realizza la personalità dell'individuo; alla luce di tali osservazioni è possibile sostenere che la previsione costituzionale della tutela delle minoranze linguistiche all'articolo 6 si presenta come una manifestazione della medesima concezione che sta alla base anche dell'articolo 2. Ma c’è un ulteriore connessione importante tra i principi fondamentali della nostra Costituzione: il modo in cui il nostro ordinamento ha affrontato il tema della tutela delle minoranze è stato esemplarmente non solo quello di considerare le minoranze oggetto di tutela, ma assai più come soggetto di ogni attività volta a valorizzare la loro piena partecipazione alla vita culturale, sociale, economica e politica della comunità più ampia in cui si trovano. Riconoscendo la soggettività di tali comunità, si è inteso dare piena attuazione all'impegno contenuto nelle convenzioni internazionali relativo al riconoscimento non solo dei diritti culturali relativi all'uso della lingua e alla conservazione delle proprie tradizioni culturali, ma anche dei diritti civili e politici volti a promuovere una piena partecipazione alla vita politica, come recita l'articolo 15 della Convenzione sulle minoranze del Consiglio d'Europa: Pag. 19«Le parti – ovverosia gli Stati – si impegnano a creare le condizioni necessarie per la partecipazione effettiva delle persone appartenenti a minoranze alla vita culturale, sociale ed economica, nonché agli affari pubblici, in particolare a quelli che li concernono». Si vede così la connessione dell'articolo 6 della Costituzione anche con l'articolo 1, perché la tutela e la promozione dei diritti civili e politici va nella direzione della realizzazione per ciascun cittadino di una piena partecipazione all'esercizio del potere sovrano che si realizza non solo a livello nazionale, ma anche a livello locale attraverso lo snodo fondamentale delle autonomie locali. La partecipazione agli affari pubblici mette così in connessione il principio della tutela con il principio dell'autonomia, cioè del riconoscimento pieno della soggettività di una comunità, e dunque della sua partecipazione all'esperienza di autogoverno.
  Lo statuto speciale di autonomia della regione Trentino-Alto Adige sta dentro questa storia, e in forza di questa storia è divenuto modello di tutela delle minoranze e di convivenza pacifica tra gruppi diversi per l'intero continente europeo.
  Questa storia ha in modo particolare riguardato la tutela della popolazione di lingua tedesca, e nel suo sviluppo può certamente definirsi una storia di successo. Ma nella regione questa non è l'unica minoranza presente; altre ve ne sono, tra cui in particolare la minoranza ladina, che dopo già i significativi riconoscimenti nello Statuto e nella legislazione italiana, attende ora una sua piena valorizzazione e minoranze più piccole come quella dei cimbri e dei mocheni nella provincia di Trento. Alla valorizzazione di questi gruppi mira la presente proposta di legge, che prevede: Disposizioni volte a tutelare queste altre minoranze negli organismi amministrativi, così come in altri organismi essenziali alla vita autonomistica, tra questi è già stata citata la Commissione paritetica Stato-regione Trentino Alto Adige, in cui è prevista dalla presente proposta di legge una presenza anche della componente ladina, sia pure con una formula particolare, e una Commissione che ha svolto e svolge un ruolo fondamentale in quel processo di autonomia dinamica che è stato, negli ultimi anni, uno degli snodi fondamentali di valorizzazione della soggettività autonomistica, da un lato, e di una sua positiva e responsabile integrazione nell'ordinamento nazionale, dall'altro.
  Per quanto riguarda la presenza dei ladini in provincia di Trento e la presenza dei mocheni e cimbri, si ricorda che già esistono misure specifiche per la valorizzazione della loro presenza e del loro contributo, in particolare per quanto riguarda i ladini in provincia di Trento, all'interno del consiglio provinciale. Ciò su cui la presente proposta di legge interviene, in particolare alcuni emendamenti che mi auguro possano venire accolti, è la valorizzazione della cooperazione tra comuni del territorio ladino allo scopo di realizzare una più efficace tutela della minoranza e salvaguardia della lingua e della cultura, secondo quel principio di promozione della soggettività da tutelare che abbiamo sopra ricordato. La cooperazione tra comuni, d'altra parte, che nei comuni ladini della provincia di Trento si esplica attraverso il Comun general de Fascia rappresenta uno dei principali fondamenti dell'ordinamento nazionale e provinciale e quindi noi speriamo che anche questo principio possa venire accolto all'interno di questa proposta di legge. Come dicevo, noi speriamo che dalla discussione di questa proposta il nostro ordinamento – non solo l'ordinamento regionale, ma l'ordinamento nazionale nel suo complesso – possa compiere un fondamentale passo in avanti in quel modello di integrazione e di valorizzazione delle minoranze che ha reso fino a questo punto la nostra Repubblica come un modello positivo per l'intero continente europeo.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Kronbichler. Ne ha facoltà.

  FLORIAN KRONBICHLER. Grazie, Presidente, signor sottosegretario, care colleghe e cari colleghi, su questo provvedimento, mi sono comportato in modo un Pag. 20po’ inusuale in sede di Commissione costituzionale, di conseguenza, temo di dovermi comportare così pure in Aula. Spiegherò che voteremo delle modifiche allo Statuto di autonomia del Trentino Alto Adige Südtirol, che avrebbe meritato però ben altri approfondimenti e altra tempistica. Voteremo l'eliminazione di certe diseguaglianze fra minoranze linguistiche diverse, ma non risolveremo la questione di fondo. Non apportiamo veramente qualcosa di sostanziale alla tutela della minoranza ladina, come erroneamente enuncia il titolo del provvedimento, diamo qualcosa a quella parte della minoranza ladina che è già la più tutelata, o la meno svantaggiata, ed è la parte ladina della sola provincia di Bolzano.
  Invece di unire il più possibile le popolazioni ladine, sparpagliate tra cinque valli e fino ad oggi divise in tre province e due regioni diverse, con l'approvazione di questo progetto di legge costituzionale, la popolazione ladina si ritroverà ancora più divisa e più disuguale per diritti e trattamento. I ladini di Bolzano, già più forti numericamente e per la qualità di tutela, non potranno rivendicare a sé il merito di portarsi dietro i più deboli; i ladini del Trentino e del Veneto, a ragione, si dovranno ritenere lasciati indietro. Avevo preferito in Commissione costituzionale appunto non presentare alcun singolo emendamento, ritenendo il provvedimento in toto superato per gli obiettivi posti e inopportuno per il momento e il modo in cui è presentato e di conseguenza mi comporto qui. Parliamo qui, ahimè, di modifiche allo Statuto di autonomia speciale per il Trentino Alto Adige Südtirol, ma, all'interno di questo, dei ladini della sola provincia di Bolzano ci occupiamo e già questo particolare lo ritengo un difetto. Procediamo come al solito, quando una maggioranza dispone di minoranze, secondo la cinica massima del divide et impera. L'intero gruppo linguistico dei ladini delle Dolomiti ha ragione se si ritiene trascurato dallo statuto di autonomia – avevo già detto che dire «discriminato» è forse una esagerazione, visto come sta bene la popolazione ladina –: i padri dello Statuto speciale semplicemente non avevano pensato ai ladini allora; per dirla di brutto, i ladini, alla grande spartizione delle sfere di competenza, furono dimenticati. Ad onore della verità però va detto che pure i ladini stessi all'epoca (primi anni Settanta) non coltivavano quel senso di gruppo, quell'autostima che oggi li contraddistingue. Il «risorgimento» dei ladini – permettetemi il termine – il loro orgoglio nazionale di costituire uno dei tre gruppi etnici costitutivi della società sudtirolese con pari diritti degli altri due (tedesco e italiano) questa coscienza è datata a più o meno trent'anni fa, data allora la presa di coscienza per i diritti a loro preclusi.
  Va qui anche detto che il risveglio della coscienza ladina all'epoca è partito in opposizione al partito di raccolta dei sudtirolesi di lingua tedesca e ladina, come si definisce la Südtiroler Volkspartei, i cui rappresentanti al Parlamento sono i firmatari di questo provvedimento. È merito dei Ladins – così si chiama la forza politica autoctona – se le ragioni di questo disegno di legge costituzionale da ormai trent'anni stanno sull'agenda del consiglio provinciale di Bolzano, nonché del Parlamento italiano. Il gruppo politico dei Ladins, in stretta collaborazione con l'Associazione, Union Generela di Ladins dla Dolomites, ha fatto da loro motore, questo a loro onore va detto qui. Solo più tardi la Südtiroler Volkspartei ha scoperto la questione ladina, minimizzandola prima – avrebbero dovuto ammettere un proprio errore – e poi scippando, come al solito, alla concorrenza d'opposizione dei Ladins il tema della discriminazione statutaria. Tutto questo risale a tanti anni fa e ora con questo provvedimento si arriva a rimediare ad una dimenticanza ad origine. Quindi, tutto bene ? Meglio tardi che mai, si direbbe, e qui dico di «no»: l'accelerazione che ha avuto questo disegno di legge costituzionale, tenuto a bagnomaria già da diverse legislature avviene in un momento poco felice. Al consiglio provinciale di Bolzano, così come a quello di Trento, da quasi un anno, è istituita per legge una convenzione, che a Trento si chiama Consulta, Pag. 21che in forma nuova, chiamata partecipativa, sta elaborando l'assetto per la revisione dell'intero Statuto di autonomia. Nel frattempo, il referendum sulla riforma costituzionale, dalle mie parti gradita con eccezionale consenso, presumo perché i sudtirolesi con la loro clausola di salvaguardia si ritenevano ampiamente al sicuro di tali riforme, ha certamente allentato l'urgenza di riforma dello Statuto.
  La convenzione competente, rispettivamente la Consulta a Trento però continua nel suo lavoro. Se anche è snobbata fino al limite dell'offesa dalla politica rappresentativa, bypassare ad essa provvedimenti come questo, di questo peso, è irrispettoso nei confronti degli obiettivi che quell'organo di democrazia di base si prefigge e di chi ci lavora. Ogni secondo venerdì e sabato per un anno si incontrano. È stata una promessa elettorale e sta scritto nel programma di governo provinciale che la revisione dello statuto di autonomia questa volta andava fatta in nuovo modo, con un processo partecipativo, appunto, e pure in collaborazione solidale con la provincia autonoma di Trento, dato che lo statuto per le due province è uno solo.
  C’è un'altra ragione per restare perplessi di fronte al modo di procedere scelto per questo provvedimento. Sono stati i ladini stessi nella loro più genuina espressione a darne la prova: parlo dell'Union Generela di Ladins dla Dolomites. È la federazione delle associazioni culturali di tutte le cinque valli ladine e, quindi, non solo della provincia di Bolzano ma pure di quelle del Trentino e del bellunese. Proprio questa estate, il 16 e il 17 luglio sul Passo Sella, montagna simbolo dell'unità dei ladini, la Union Generela, festeggiando la settantesima ricorrenza della sua fondazione, nell'anno 1946, ha rinnovato la rivendicazione di allora, quella di una maggiore unità politica, oltre che culturale, fra tutti i ladini. La festa di compleanno si concluse con l'approvazione di un memorandum rivolto pure a tutti i parlamentari eletti al Parlamento in cui si chiede in primo luogo di investire in modo unitario della questione ladina i due organismi provinciali di revisione dello statuto di autonomia, appunto la Convenzione a Bolzano e la Consulta a Trento; c’è, inoltre, l'esplicito intento di riunire i ladini delle cinque valli dolomitiche iniziando da un maggior coordinamento delle norme e delle istituzioni a tutela della lingua e della cultura ladina. È quindi una contraddizione, un plateale cinismo far prendere sul serio ai cittadini, anche ladini, che in casa si stia mettendo in moto un processo partecipativo di riforma dello statuto quando, in contemporanea e senza partecipazione della base, il Parlamento procede per fatti compiuti e a favore dei ladini della sola provincia di Bolzano. È, come minimo, un comportamento irrispettoso e intempestivo.
  Vengo al secondo punto. C’è un'altra intempestività ed è sostanziosa. I ladini al momento dell'approvazione dello statuto di autonomia davvero erano rimasti trascurati, in parte semplicemente dimenticati. Nel frattempo, i ladini stessi, e le loro tuttora pretese, se ne sono resi conto e con questo provvedimento si cerca di portare il gruppo linguistico ladino al rango degli altri due gruppi dello stesso statuto. È comprensibile e giustificato ma secondo me miope, perché è lo statuto del 1972 ed è lo statuto di cui oggi tutti riconoscono i difetti e il bisogno di essere revisionato, con o senza riforma costituzionale, con o senza clausole di salvaguardia. Lo statuto di autonomia deve essere riformato. In diverse sue parti è superato dalla realtà ed è superato anche e soprattutto laddove pone l'obiettivo della tutela delle minoranze sull'unico principio della compattezza dei gruppi etnici e di seguito la loro separazione, se non addirittura la competizione fra essi. Per il gruppo ladino, difatti, i padri dell'autonomia hanno dimenticato di declinare il sistema dei gruppi etnici fin dentro agli ultimi dettagli e hanno dimenticato certe cariche che chiedevano bastasse dividerle fra tedeschi ed italiani. I ladini fino ad ora, per esempio, non hanno diritto ad un vicepresidente della giunta provinciale e non possono presiedere al consiglio provinciale. Pensando alla strenua pariteticità italo-tedesca nella composizione delle commissioni Pag. 22di autonomia e della sezione autonoma del tribunale amministrativo, hanno dimenticato il piccolo terzo gruppo, il ladino appunto. Appunto, parlo di dimenticanze che non sempre vengono solo a nuocere, però.
  Con il provvedimento al nostro esame stiamo per certi versi riportando il gruppo ladino indietro sulla logica delle parcellizzazione etnica delle origini dell'autonomia, che a tedeschi e italiani va stretta già da tanto. Per dirla ad effetto, con questa legge costituzionale si recupera un errore che 45 anni fa i padri dell'autonomia si erano dimenticati di compiere. Non ci sembra un progresso. Noi avremmo preferito, così come dal grande raduno ladino di mezza estate sul Passo Sella reclamato, che l'equiparazione ladina, tardiva quanto si voglia, si facesse nell'ambito della generale revisione statutaria possibilmente per tutti i ladini delle Dolomiti – e non solo per quelli della provincia di Bolzano – e in modo trasparente e partecipativo, così come concordato.
  Questo provvedimento, a primo firma del collega Daniel Alfreider, ci mette di fronte ad un imbarazzo (ovviamente parlo a nome del gruppo): non si può dire di no neanche a una sola delle sue proposte e questo va detto. Esse risolvono un'imparità di trattamento fra minoranze linguistiche, diverse innegabilmente. Purtroppo, solo un'imparità nell'accesso a cariche istituzionali, però, e anche questo nella sola provincia di Bolzano Südtirol. È un atto dovuto, ma farlo passare per tutela della minoranza ladina è un'esagerazione, se non addirittura un inganno. Irrinunciabile condizione per la tutela della minoranza ladina è una loro più forte unità, anche politica, e parlo di tutti i ladini delle Dolomiti e non solo di quelli sudtirolesi. È il riconoscimento della loro lingua, che deve andare ben oltre la sola toponomastica.
  Con questa legge costituzionale promuovendo gli unici ladini dell'Alto Adige Südtirol e lasciando indietro quelli della Val di Fassa, del Fodom e dell'Ampezzo, all'unità si reca uno sfregio. I colleghi della Südtiroler Volkspartei, firmatari del provvedimento, mi diranno che comunque si tratta di un primo passo. Confido nella loro buona fede e nel senso di responsabilità di questo Parlamento che questo primo passo non si tramuti in quel passo fatale che, alla fine, avrà pregiudicato una vera tutela della minoranza ladina.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fraccaro. Ne ha facoltà.

  RICCARDO FRACCARO. Grazie, Presidente, e buon anno.

  PRESIDENTE. Anche a lei.

  RICCARDO FRACCARO. Il valore della diversità linguistica e dei popoli autoctoni fu ritenuto di estrema rilevanza ancor prima dell'Unità d'Italia. A metà dell'Ottocento Carlo Cattaneo, che fu patriota ed esponente del pensiero repubblicano federalista, affrontò il tema in diverse opere con approccio illuminista e cosmopolita, che risulta estremamente attuale e di valenza non solo nazionale. Riguardo alle popolazioni e alle lingue diffuse nella nostra penisola prima dell'unificazione, Cattaneo scrisse queste parole: «L'Italia ebbe più antichi abitatori. E per dinotare – per dimostrare – che parlavano lingue proprie (...) li dissero aborigeni; li dissero abitatori di monti, frugali, forti, agresti, duri all'armi, duri come le roveri delle selve native.
  Né quelle stirpi furono mai spente, né cacciate altrove; e più volte restaurarono la popolazione del Paese aperto, esterminata da rapide calamità».
  La minoranza linguistica ladina, che è oggetto del disegno di legge in esame oggi, rientra perfettamente nella descrizione di Cattaneo. I ladini sono infatti portatori di tradizioni secolari, non solo artigiani e artisti del legno, ma anche un ambizioso esempio di comunità locale, di democrazia alpina, che ha fatto dell'autogoverno, degli usi civici, un tratto caratterizzante. Quello della comunità ladina, se comparato alle istanze centraliste odierne, sia nazionali, che purtroppo provinciali, può apparire forse anche un sogno utopico, ma allo Pag. 23stesso tempo ci dimostra che i progetti democratici di partecipazione popolare possono essere realizzati.
  Storicamente i ladini si sono contraddistinti per l'eccezionale capacità di resistenza agli usurpatori, al conformismo culturale, e qui vorrei ricordare la vicenda della ladina Catarina Lanz: nel 1797 quando le truppe bavaresi e napoleoniche invasero la Contea del Tirolo, la ladina Lanz, armata di forcone, difese strenuamente il versante della Val Pusteria dall'incursione dell'esercito napoleonico, diventando, da subito, simbolo vivente della lotta per la libertà tirolese. Successivamente i ladini vennero schiacciati dalle pressioni pangermaniste, fino al 1918, poi anche il Regno d'Italia impose politiche nazionaliste, ad esempio cancellando la parola ladina dalla Val Rendena. Per ultimo, dopo il 1946, si decretò la frammentazione dei ladini in cinque vallate e tre province, Trento Bolzano e Belluno, ma nonostante i continui tentativi di estinguere la lingua e gli usi locali, i ladini hanno sempre mostrato un'enorme capacità di affrontare le sfide con un richiamo all'autogoverno, anche con manifestazioni simboliche, come l'adunata del luglio del 1946 sul Selva per chiedere l'unità delle popolazioni ladine.
  Oggi, la tutela delle minoranze linguistiche è garantita dall'articolo 6 della Costituzione, come già citato: la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche. Quindi, i padri costituenti hanno voluto affermare princìpi identici per tutti i cittadini, qualunque sia la loro origine, la loro lingua, la loro provenienza, riconoscendo quindi, e valorizzando, la diversità delle minoranze linguistiche. Va detto che in altre parti d'Italia questo principio non è sempre stato attuato in maniera semplice e soddisfacente, in Trentino Alto Adige invece sì, si è concretizzato in maniera piena e proprio grazie all'autonomia speciale che è stata riconosciuta dei padri costituenti per soddisfare l'antica aspirazione autonomistica e le consolidate tradizioni di autogoverno, oltre che per le note vicende internazionali. Lo statuto di autonomia per il Trentino Alto Adige riconosce cinque gruppi: tedeschi, italiani e ladini, mocheni e cimbri, e l'articolo 2 garantisce parità di diritto ai cittadini, qualunque sia il gruppo linguistico e, nel contempo, salvaguarda le rispettive caratteristiche etniche e culturali. Questo principio si traduce non solo in una serie di garanzie a difesa e a tutela, ma anche in una serie di strumenti di promozione, di partecipazione attiva, nel contesto socio-istituzionale locale.
  Il quadro giuridico e le garanzie per le minoranze linguistiche sono però molto diverse tra le due province di Trento e Bolzano. La vita pubblica e le istituzioni della provincia di Bolzano sono regolate da norme specifiche che garantiscono la convivenza fra tedeschi, ladini e italiani (gli esempi più noti sono l'organizzazione tripartita delle scuole, articolo 19 dello statuto, e la ripartizione proporzionale degli impieghi pubblici, articolo 89 dello statuto). In Trentino, invece, le tre minoranze linguistiche, ladini mocheni e cimbri, sono molto più esigue numericamente, così anche la relativa disciplina statutaria. Questa differenziazione normativa si ripercuote in modo particolare sul gruppo linguistico dei ladini che, come già detto, sono divisi in cinque diverse comunità tra le due province di Trento e Bolzano e i tre comuni del bellunese.
  Alla luce di quanto ho appena esposto, ritengo quindi, in linea di principio positivo, il tentativo dell'onorevole Alfreider di intervenire su questa materia, con una proposta di legge costituzionale mirata a estendere gli strumenti a tutela della minoranza ladina. Tuttavia, non posso nascondere alcune critiche di fronte a diversi limiti del disegno di legge in oggetto che purtroppo mi pare fermarsi ai buoni propositi, senza andare a incidere in maniera sostanziale sulle questioni più urgenti; al contrario rischia addirittura di alimentare alcune storture del sistema politico giudiziario del Trentino Alto Adige. Ripeto: le intenzioni di fondo sono buone, per evitare quindi di buttar via il bambino – come si dice – con l'acqua sporca, abbiamo analizzato a fondo la questione e Pag. 24proposto una serie di interventi migliorativi per cercare di porre rimedio alle varie criticità.
  Tanto per cominciare: il disegno di legge è limitato nei contenuti perché, a parte una menzione nella relazione introduttiva, non considera – cosa molto grave – la minoranza ladina della provincia di Trento e qui sta il primo grande limite, il peccato forse originale, come potremmo chiamarlo.
  La minoranza ladina, come tutte le altre minoranze etniche, linguistiche e di genere, dovrebbe essere tutelata nel suo complesso, non in una singola località, dovremmo considerare cioè tutti i ladini delle Dolomiti, e non solo quelli della provincia di Bolzano e soprattutto – e qui arrivo al secondo punto critico – dovremo pensare di introdurre norme omogenee e comuni a livello regionale e statale, non solo una serie di incarichi e posizioni magari privilegiate, perché è questo che in estrema sintesi la legge propone. Mi pare infatti che il punto centrale della proposta sia l'attribuzione di una serie di incarichi istituzionali al gruppo linguistico ladino nella provincia di Bolzano, punto, invece magari di andare a fondo della questione, tenendo a mente l'eredità storica e la ricchezza della vita sociale e culturale collettiva del gruppo linguistico ladino, invece di mettere in moto un ragionamento complesso e originale che, per la prima volta, tenga conto di tutti i gruppi ladini delle cinque valli dolomitiche. Il disegno di legge, invece, imbocca subito la scorciatoia più breve, ma anche la più semplice e rischiosa, si limita a definire delle quote con il rischio di spingere verso l'esclusivismo linguistico, di allontanarsi dalla complessa arte della convivenza, come la definiva Alexander Langer. In questo senso la proposta di legge rischia di rimanere – speriamo di no – un'occasione persa.
  Andando più a fondo, l'aspetto che trovo politicamente più grave è che questo disegno di legge introduce l'ennesima nomina politica di un giudice, in quota al gruppo linguistico ladino in questo caso, nel tribunale amministrativo regionale di Bolzano. Ecco perché poco fa dicevo che questo disegno di legge rischia, non solo di mancare degli obiettivi importanti, ma addirittura di esacerbare problemi gravi e diffusi a livello locale che non possiamo sottacere. Mi spiego meglio: attualmente i giudici che compongono la sezione di Bolzano del TAR del Trentino Alto Adige vengono scelti per metà dal consiglio provinciale di Bolzano; si tratta quindi di una nomina politica di un giudice amministrativo. Questo aspetto, come ho già avuto modo di sottolineare in passato, rappresenta una vera e propria anomalia, un vulnus, allo Stato di diritto, una gravissima violazione dello Stato di diritto. Alcuni recenti fatti di cronaca giudiziaria lo hanno dimostrato: in Alto Adige, questo sistema, ma in parte anche in Trentino, ha creato una situazione malsana, perché favorisce la commistione di poteri e spinge giudici e inquirenti a legarsi in maniera equivoca con quella finanza e con quella politica che dovrebbero invece controllare. Già durante la discussione in Commissione ho spiegato la gravità del problema e lo ribadisco anche ora: il fatto che i giudici del TAR di Bolzano, in parte anche quelli di Trento, siano nominati dalla politica rappresenta un grave problema per la giustizia amministrativa locale e la priva di quei requisiti di terzietà e imparzialità che sono costituzionalmente richiesti e garantiti. Il disegno di legge originale proponeva di riservare una proporzionale anche per i magistrati di lingua latina e per la presidenza del TAR; un'altra nomina politica quindi che andrebbe ad esasperare il problema che ho appena spiegato. Speriamo che questo articolo venga tolto dal testo, perché altrimenti risulterà per noi impossibile valutare un voto positivo. Da strenuo difensore dell'autonomia dico però che autonomia non deve mai significare il venir meno di alcuni principi fondamentali: separazione di poteri, terzietà e imparzialità e credo che anche la maggioranza e il Governo debbano tenere conto di questa problematica locale. Se l'obiettivo è quello di potenziare gli strumenti di tutela e valorizzazione della comunità ladina, dobbiamo abbandonare Pag. 25completamente la logica della quota in sé e per sé, e delle funzioni, gli obiettivi e i mezzi sono altri. Mi sorprende, ad esempio, che nel disegno di legge originario non vi fosse alcun riferimento alla proposta di estendere, ad esempio, la toponomastica ladina a tutto il territorio provinciale, non solo alle aree territoriali di riferimento, Val Badia, Val Gardena. Avevamo posto rimedio a questa lacuna con l'emendamento all'articolo 6 che è stato approvato durante la discussione in Commissione affari costituzionali, ma cancellato poi, a seguito del parere negativo espresso in Commissione affari regionali.
  Voglio inoltre aggiungere alla discussione un altro concetto: ampliare i diritti delle minoranze linguistiche è un principio condivisibile, ma non basta. I diritti devono essere attuali, non restare solo sulla carta.
  Faccio un esempio: lo scorso anno la provincia di Trento ha chiuso la scuola ladina di Soraga, in Val di Fassa, perché non raggiungeva la soglia minima di 40 studenti, fissata dalla giunta provinciale. L'ha fatto senza interpellare l'autorità per le minoranze linguistiche. Esiste un'autorità oggi per le minoranze linguistiche, avrebbe dovuto esprimersi e non è stata interpellata.
  Eppure si tratta di un organismo indipendente e autonomo, istituito in Trentino con legge provinciale proprio per vigilare sulla tutela delle minoranze linguistiche locali.
  In un secondo momento, l'Autorità ha espresso, solo dopo che era intervenuta la provincia, un parere negativo al provvedimento e la giunta provinciale non ne ha tenuto conto e non ha fornito motivazione alcuna. È paradossale che sia prevista dalla legge un'autorità specifica per vigilare sui diritti di minoranze linguistiche, ma non gli strumenti per garantire piena e concreta operatività alla stessa. Quindi non bastano le poltrone. Su questo tema, tra l'altro, ho presentato due interrogazioni di riferimento, alle quali sto ancora attendendo risposta.
  Altra carenza della proposta di legge è che non affronta affatto il problema della comunicazione e lancio una provocazione: visto che la proposta di legge parla esplicitamente di quote, allora si sarebbero potute prevedere delle quote per le minoranze linguistiche anche nella commissione paritetica di RAI Sud Tirol: manca infatti una rappresentanza delle minoranze linguistiche nella commissione prevista dalla convenzione siglata tra provincia di Bolzano, Presidente del consiglio e Rai nel 2013, nella quale sono rappresentati solo la giunta provinciale e il Governo.
  Sarebbe il caso di dare valenza costituzionale anche a questo aspetto rilevante, la comunicazione, onde evitare gli episodi avvenuti in occasione degli ultimi due referendum nazionali, in cui pare, anche da una lettura analitica dei risultati, che non sia stato pienamente rispettato il diritto alla pluralità dell'informazione politica.
  Poi d'altra parte non possiamo nemmeno conoscere di fatto a fondo le conseguenze dell'attuale gestione dei servizi radiotelevisivi in lingua tedesca e ladina, perché RAI Sud Tirol non è monitorata, come risulta dalla relazione del comitato provinciale per le comunicazioni di Bolzano sull'attività svolta nel 2015.
  Infine, un altro fatto certo è che l'Agcom, nel corso della campagna sul referendum costituzionale, non ha espresso provvedimenti nei confronti del comportamento del presidente della provincia di Bolzano e di Trento per aver violato la par condicio. Per lo stesso comportamento, invece, ha preso provvedimenti nei confronti del Presidente della regione Friuli Venezia Giulia: stesso comportamento, diverse conseguenze. Ho citato questi aneddoti per dimostrare che non esiste una norma per garantire i necessari contrappesi a tutela di tutte le forze politiche che rappresentano le minoranze linguistiche nella comunicazione e quanto sia necessario intervenire, anche in ambito legislativo, per assicurare il pluralismo nei servizi radiotelevisivi pubblici di lingua tedesca e ladina, al fine di evitare altri incresciosi eventi negli anni che verranno.Pag. 26
  Come ultima cosa faccio notare che sulla proposta di legge in esame grava anche un problema di metodo, perché la proposta di legge si sovrappone ad altre iniziative – mi sembra che questa idea sia abbastanza trasversale – iniziative tuttora in corso di modifica degli statuti di autonomia di Trento e Bolzano: rispettivamente la Consulta e la Convenzione.
  Si tratta di due organismi previsti per legge che, pur tra molte perplessità e contraddizioni e senza forse il sufficiente coinvolgimento popolare, hanno già cominciato a lavorare in entrambe le province autonome anche sui temi proposti dalla presente proposta di legge Alfreider. La proposta di legge è stata calendarizzata contemporaneamente ai lavori della Convenzione e della Consulta. In particolare vale la pena ricordare che gli emendamenti alla proposta di legge in oggetto sono stati discussi e votati in data 20 ottobre 2016, solo quattro giorni prima della seduta della Consulta per lo statuto di autonomia della provincia di Trento: il 24 ottobre 2016 la Consulta ha discusso, per esempio, le proposte del professor Woelk, professore associato di diritto pubblico comparato all'Università di Trento ed esperto di diritti delle minoranze linguistiche, generando una discussione dal notevole profilo qualitativo e con suggestioni decisamente innovative (la relazione introduttiva e il verbale di seduta sono tra l'altro disponibili on line per chi volesse approfondire l'argomento), però tali proposte sono ora in attesa di essere sottoposte a un successivo percorso di partecipazione popolare. Il mio timore è che questa sovrapposizione possa generare confusione.
  Quindi è ovvio che a questa proposta di legge non ho risparmiato, come avete potuto sentire, dure critiche, ma come ho già detto riconosco in essa un'opportunità interessante per apportare una serie di sensibili miglioramenti, che rafforzino la tutela e la valorizzazione del gruppo linguistico ladino. Gli emendamenti al disegno di legge che abbiamo presentato durante la discussione in Commissione affari costituzionali miravano a colmare e a correggere alcuni vuoti della proposta di legge, in primo luogo con lo scopo di estendere la tutela della minoranza linguistica ladina anche a livello regionale e non solo alla singola provincia di Bolzano.
  Abbiamo ottenuto la possibilità di svolgere sessioni straordinarie dei consigli regionali riguardanti i diritti della minoranza ladina, del gruppo linguistico mocheno, di quello cimbro e la possibilità per i consiglieri ladini di convocare sedute straordinarie del consiglio regionale per questioni riguardanti i diritti delle minoranze.
  Con un altro emendamento poi cancellato, ma che riproporremo in una nuova versione, avevamo assicurato che nel territorio della provincia di Bolzano dove è insediato il gruppo ladino gli enti pubblici usassero la toponomastica ladina (fino ad ora è previsto solo per l'idioma tedesco): se l'emendamento venisse riconfermato, si tratterebbe di un riconoscimento a mio avviso di grande valore simbolico, a cui vorremmo assicurare rango costituzionale.
  Altri invece sono stati respinti, lasciando quindi a mio parere, nella proposta di legge, dei nodi irrisolti. Ad esempio: da anni si parla di riconoscimento della comunità ladin-oretica della Val di Non; le istanze locali esistono e non possiamo tenerle nascoste. A riguardo si sono espressi un numero cospicuo di consigli comunali ed è stata registrata la dichiarazione di appartenenza dei residenti da censimenti ufficiali.
  Mi riserverò di presentare nel dettaglio gli emendamenti che intendiamo proporre al momento del loro discussione.
  In generale, comunque, la ratio che ci ha mosso nell'elaborarli era ed è quella di ampliare i diritti sul piano concreto delle procedure e del funzionamento del consiglio regionale e degli organi preposti per legge alla tutela della minoranza linguistica ladina.
  I principi a cui ci siamo ispirati sono quelli contenuti nella convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali del Consiglio d'Europa, ratificata dall'Italia nel 1997 ed entrata in vigore nel 1998. Per il Consiglio d'Europa la protezione Pag. 27delle minoranze nazionali e dei diritti e delle libertà delle persone appartenenti alle minoranze è parte integrante della protezione internazionale dei diritti dell'uomo. La convenzione considera la protezione delle minoranze nazionali un elemento essenziale alla stabilità, alla sicurezza democratica e alla pace del continente, riconosce che una società pluralista e veramente democratica deve non solo rispettare l'identità etnica, culturale, linguistica e religiosa di ogni persona appartenente ad una minoranza nazionale, ma anche creare le condizioni adatte a permettere di esprimere, preservare, sviluppare quell'identità. Considera inoltre che la creazione di un clima di tolleranza e di dialogo è necessaria per permettere alla diversità culturale di essere una fonte, oltre che un fattore non di divisione ma di arricchimento per ogni società.
  Se vedremo come verranno affrontati i vari emendamenti e si potrà mettere mano ad alcune lacune che ho elencato in questo provvedimento, il gruppo del MoVimento Cinque Stelle valuterà la possibilità di votare positivamente questo provvedimento, anche se riteniamo che sia problematica la coincidenza con i lavori che si stanno portando avanti nelle due province autonome, proprio di revisione dello Statuto di autonomia.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Alfreider. Ne ha facoltà.

  DANIEL ALFREIDER. Grazie Presidente. Onorevoli colleghi, mi preme sottolineare come la presente proposta di legge racchiuda molte delle richieste che la popolazione ladina avanza già da anni, in primis l'eliminazione delle discriminazioni ancora oggi contenute nello Statuto speciale del Trentino Alto Adige Südtirol e la piena parità di rappresentanza di tutti i gruppi linguistici.
  I ladini costituiscono la minoranza linguistica più antica dell'arco alpino e popolano oggi gran parte del territorio delle Dolomiti.
  Sebbene i ladini vennero riconosciuti quale minoranza etnico-linguistica già prima del 1923, fu il regime fascista a suddividerli successivamente su territori diversi.
  Nascono da questo fatto storico le difficoltà nel tutelare tutta la popolazione ladina, essendo necessari più interventi, spesso diversi, per ciascuna delle province e regioni in cui i ladini risiedono ed è anche questo il motivo per il quale, con la mia proposta di legge costituzionale, interveniamo sullo statuto di autonomia della provincia di Bolzano e della regione Trentino-Alto Adige Südtirol, proprio perché solo all'interno dello Statuto troviamo le regole e gli assetti sulla proporzionale sulla quale interveniamo.
  Volendo brevemente entrare nel merito della presente proposta di legge, mi appare opportuno delineare alcuni profili dello Statuto speciale che hanno determinato delle discriminazioni nei confronti della minoranza ladina, specialmente quella in Alto Adige, e che oggi, con questa proposta di legge, vogliamo eliminare.
  Bisogna partire dal cosiddetto sistema della proporzionale etnica, contenuto nello statuto di autonomia del 1972. Lo scopo di tale sistema giuridico era ed è quello di impedire in alcuni settori specifici un trattamento di sfavore nei confronti di uno dei tre gruppi linguistici, quello tedesco, quello italiano o il più esiguo, il gruppo linguistico ladino. Questo sistema ha indubbiamente dato un contributo essenziale nello sviluppo dell'odierna pacifica convivenza sul territorio e molti difetti del sistema sono stati successivamente superati. Con la presente proposta di legge abbiamo la possibilità di eliminare, dopo molti anni, anche alcune disparità verso il gruppo linguistico ladino, tuttora esistenti. Mi riferisco, per esempio, alla possibilità di accedere come ladino alla carica di vicepresidente della giunta provinciale, all'ampliamento della rappresentanza ladina negli enti pubblici di rilevanza provinciale e al maggior peso in fase di approvazione del bilancio. E un punto di fondamentale importanza, invece, è la possibilità di poter accedere come ladini alle Commissioni paritetiche dei sei e dei dodici per l'adozione delle norme di attuazione dello statuto Pag. 28speciale di autonomia, dove, fino ad oggi, non siamo stati presenti come nomina provinciale.
  Benché la presente proposta di legge riguardi prevalentemente i ladini della provincia autonoma di Bolzano, proprio perché si riferisce allo statuto speciale di autonomia del Trentino-Alto Adige, in qualità di unico deputato ladino nel nostro Parlamento, mi sento in dovere di appellarmi a tutti voi, colleghi, per trovare insieme, in futuro, anche mediante leggi ordinarie, strumenti efficaci e giusti di tutela per tutti i ladini, anche per i ladini che vivono fuori dai confini delle province autonome di Trento e di Bolzano, e quindi indipendentemente dall'amministrazione di appartenenza. Tornando, invece, su questa proposta di legge, sono particolarmente contento che abbia trovato il favore dei consigli provinciali di Bolzano e di Trento, nonché del consiglio regionale del Trentino-Alto Adige/Südtirol, espresso con i relativi pareri.
  Mi preme qui ringraziare i consiglieri provinciali e regionali che, a grande maggioranza e superando i colori politici, cosa che sembra non sia possibile sempre in quest'Aula, hanno sostenuto questa iniziativa legislativa; ma vorrei anche rispondere a coloro che sostengono che la tempistica per questa proposta di legge non sia ideale e che bisognerebbe aspettare il lavoro della convenzione sull'autonomia. Ecco, sono convinto che non esista un momento sbagliato per eliminare delle discriminazioni e che non ci sia un tempo giusto o sbagliato per dare seguito a quanto un popolo o un gruppo linguistico chiede alla politica e a chi è deputato a farla. Infine, e concludo, voglio ringraziare per il prezioso lavoro in particolare l'onorevole Sanna, il relatore Sanna, il presidente della I Commissione, il presidente Mazziotti Di Celso, e tutti i membri della I Commissione, che, con il loro contributo, hanno accompagnato fino a qui questa nostra iniziativa di legge. Un grazie da parte di tutti noi ladini. Giulan !

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Biancofiore. Ne ha facoltà.

  MICHAELA BIANCOFIORE. Grazie, Presidente. Mi piacerebbe partire dal concetto finale dell'onorevole Alfreider, quando parla, appunto, di discriminazione, per fare poi riferimento a quella che è la vera minoranza discriminata sul territorio altoatesino, che è quella di lingua italiana; ma ci arriveremo dopo. Onorevoli colleghi, signor Presidente, autonomia significa libertà, non privilegio, come erroneamente si è voluto far credere. Da questa premessa, necessaria, voglio comunque sintetizzare che il gruppo Forza Italia non è formalmente contrario al provvedimento in esame, perché rispetto al gruppo maggioritario in Alto Adige, quello di madrelingua tedesca, rappresentato dallo strapotere politico del partito Südtiroler Volkspartei, anche il gruppo ladino non gode, come ancor peggio quello italiano, della medesima rappresentanza politico-istituzionale, ed è, purtroppo, sotto tutela sempre del partito di maggioranza tedesco e assoluto in Alto Adige.
  Tant’è vero che la riforma organica dell'intero statuto di autonomia da me presentata la scorsa legislatura e in quella in corso comprende alcune delle modifiche per la tutela dei ladini, tutti, anche quelli del Trentino, contenute nel provvedimento che stiamo discutendo. La comunità ladina, composta per lo più di imprenditori del settore turistico, è da sempre molto vicina ai valori liberalpopolari che il mio partito rappresenta.
  Non è un caso, infatti, il cartello passato alle cronache in questi giorni del famigerato ottico ladino di Ortisei che ha affisso nel suo negozio un poster con la foto dell'ex Premier e la scritta «Renzi nein danke». E il «no grazie» era diretto non solo all'ex Premier e al suo PD, ma anche alla stessa Südtiroler Volkspartei, che, in cambio di molte concessioni, ha supportato un referendum costituzionale che si sapeva che sarebbe chiaramente fallito. In considerazione di quanto finora premesso, non è casuale, dunque, che il disegno di legge costituzionale volto a dare maggiore spazio nei gangli dell'autonomia altoatesina al gruppo ladino arrivi oggi alla Camera, non essendoci i tempi per le Pag. 29quattro letture costituzionali, e che quindi rappresenti per gli esponenti della Südtiroler Volkspartei solo uno strumento di pesca elettorale in vista dell'imminente campagna per il rinnovo del Parlamento.
  Nella mia riforma organica, peraltro, i ladini, che spesso e volentieri hanno dato vita a partiti autonomi dalla Südtiroler Volkspartei, sarebbero liberi veramente di autodeterminarsi, in ottemperanza all'articolo 6 della citata Costituzione in materia di minoranze linguistiche, materia sulla quale vi invito – vista anche la presenza del sottosegretario agli esteri, che un po’ mi inquieta, essendo appunto il sottosegretario agli esteri, vista la materia – a riflettere sul particolare momento storico che stiamo vivendo. Voglio dire che sollecitare tanto la materia delle minoranze potrebbe portare altre minoranze, magari di una religione diversa o magari di altre, diciamo così, componenti etnico-linguistiche, a volersi fare, magari, uno statuto d'autonomia; mentre con la riforma in questione, che ha come firmatario non a caso il mio stimatissimo collega ladino, eletto ed iscritto però nella Volkspartei, Daniel Alfreider, i diritti del gruppo linguistico minoritario sarebbero ancora una volta derivanti non dalla condizione di minorità, ma di allineamento al partito politico di maggioranza etnica.
  Alla luce di questo disegno di legge parziale, ben coscienti, peraltro, che proprio in Alto Adige vi è in campo una commissione, una consulta per la riforma dello statuto d'autonomia, che necessita da anni di essere rimodernato, sembrerebbe che PD e Volkspartei non perdano dunque il vizio di fare riforme costituzionali a colpi di maggioranza. Non si può, infatti, affrontare la spinosa situazione della questione altoatesina, che balza troppo spesso ai disonori – mi si permetta di dire – delle cronache nazionali, con una microriformetta volta all'ottenimento di qualche voto in più. E quel che più preoccupa, peraltro, come dicevo, è la presenza del sottosegretario agli esteri.
  Si è detto che la prossima legislatura, visto il fallimento della riforma costituzionale del Governo Renzi, sarà una legislatura costituzionale o costituente. Va da sé che anche la riforma dello statuto del Trentino-Alto Adige debba essere affrontata in quella sede e che debba contenere la equiparazione dei diritti e delle prerogative di tutti e tre i gruppi linguistici presenti sul territorio, e anche il riconoscimento di una comunità che spesso tendete volutamente a dimenticare, amici altoatesini, cioè la comunità dei mistilingue, sempre più numerosa e all'avanguardia di un Alto Adige veramente europeo e maturo. Il Parlamento italiano, che a volte non sa, o sa, o talvolta fa finta di non sapere, deve infatti essere avvertito del fatto che paradossalmente, in Italia, esiste una minoranza italiana dentro i confini italiani, che rappresenta il 23,5 per cento della comunità altoatesina a fronte del 65,5 per cento di quella tedesca e del 4,1 della citata comunità ladina.
  Al contrario di quanto previsto nel provvedimento all'esame di quest'Aula, volto a tutelare esclusivamente la minoranza linguistica ladina, la vera minoranza da tutelare, come ammesso anche da una recente inchiesta del quotidiano Alto Adige, non vicino alla mia parte politica, notoriamente, è quella italiana. Gli italiani, infatti, non detengono alcuna leva della società altoatesina e sono pressoché emarginati dalle decisioni che la riguardano. Dell'inchiesta citata vi leggo solo alcuni titoli, poi magari ve li distribuirò in casella: «Politica, economia, cultura: la crisi (ir)reversibile degli italiani». E ancora, un noto storico, non certo di simpatie di centrodestra: «Delle Donne duro: italiani moribondi, la crisi è irreversibile». Vado avanti ancora. Fazzi, noto sociologo, sempre di sinistra: «La SVP ora si fermi o qui salta tutto».
  Questa inchiesta certifica come dagli anni Settanta si è assistito ad un progressivo disagio in riferimento alla popolazione di lingua italiana, che versa in uno stato di soggezione derivato soprattutto dal fatto che il potere politico è saldamente nelle mani del partito popolare sudtirolese, o Südtiroler Volkspartei, appunto, anche a causa delle leggi elettorali nazionali – e qui mi rivolgo al Governo: vediamo Pag. 30cosa riusciamo a fare anche nelle prossime settimane per evitare la limitazione della comunità italiana –, che rappresenta gli interessi dei soli tedeschi e ladini, ma non degli italiani, tanto che gli altoatesini di lingua italiana non vi si possono iscrivere, dallo statuto della stessa Südtiroler Volkspartei.
  Si aggiungano poi le difficoltà di comunicazione: l'ha già detto il collega Fraccaro molto bene, anche se lui si riferiva alla comunicazione mediatica, io mi riferisco proprio alla comunicazione fra comunità linguistiche, che è molto più grave. Infatti mentre gli italiani vorrebbero la scuola mista per imparare il tedesco, cosa concessa alla comunità ladina, che infatti è la più evoluta del sistema altoatesino, la popolazione sudtirolese di lingua tedesca si oppone fermamente alla riforma dell'articolo 19 dello statuto d'autonomia, non a caso da me presentata, in materia di insegnamento paritetico delle lingue, temendo l'integrazione etnica che viceversa si sta verificando per gli italiani, annacquati completamente nell'ovattato sistema sociale altoatesino. Si pensi inoltre che l'immigrazione di italiani verso la mia provincia viene ancora ostacolata da una normativa anticostituzionale rigidissima, che consente di votare per le elezioni provinciali e di godere di sussidi pubblici, indispensabili in un territorio dove il costo della vita è altissimo, soltanto dopo quattro anni di residenza: badate bene, vale a dire che se il Presidente Mattarella prendesse la residenza domani in Alto Adige, alle elezioni provinciali immediate del 2018 non potrebbe esercitare il suo diritto-dovere di voto. E mi si lasci dire, a tal proposito: quando il Presidente della Repubblica celebra il tricolore come ha fatto negli scorsi giorni, vorrei che intervenisse con fermezza anche sulla Corte costituzionale, quando questo, e i valori che rappresenta, viene quotidianamente vilipeso in Alto Adige ad opera di sedicenti gruppi politici o pseudomilitari, che in altre nazioni sarebbero messi fuorilegge. Il tricolore e l'unità dello Stato devono valere da Brennero a Lampedusa, comprendendo cioè anche quella piccola porzione di Stato italiano autonomo, certo, l'Alto Adige, ma non ancora indipendente, come molti forse auspicherebbero.
  Vorrei altresì porre all'attenzione di quest'Aula un altro fatto estremamente importante: nella provincia di Bolzano è allo studio una bozza di norma di attuazione dello statuto di autonomia che dovrà essere varata dal Governo, per paradosso, che invece di profilare l'applicazione del dettato del medesimo statuto, sempre più spesso disatteso, in materia di rispetto del bilinguismo, ne determinerà, secondo quanto già emerso sulla stampa nazionale dalle dichiarazioni di propri membri, una netta ed inaccettabile limitazione. La proposta di norma di attuazione dello statuto speciale in questione, secondo le notizie di stampa e le dichiarazioni ufficiali, prevedrebbe un'arbitraria reinterpretazione dello statuto di autonomia con l'espressa restrizione del diritto della comunità di lingua italiana di potere riconoscersi anche in Alto Adige in un proprio patrimonio di denominazioni di località nella propria lingua, limitando pericolosamente il principio di parità dei gruppi linguistici residenti in provincia di Bolzano. Parliamo, tanto per non farla difficile, dei famigerati cartelli italiani balzati all'onore delle cronache, che il gruppo predominante vorrebbe pressoché riportare a prima dell'Unità d'Italia: perché già allora, in una cartina austroungarica del 1879, i nomi di alcune città altoatesine, come Bolzano, Merano, Egna e quant'altro, erano in lingua italiana, e sono in grado di fornirvi la cartina se volete. L'ipotesi in discussione prefigurerebbe anche l'approvazione di elenchi di denominazioni di località solo in lingua tedesca, con la violenta cancellazione delle medesime dizioni in lingua italiana, nonostante l'uso diffuso delle medesime sul territorio: in questo modo, minacciando l'abrogazione forzosa di nomi di luogo in lingua italiana, si potrebbe arrivare ad una cancellazione di uno dei diritti naturali di ogni cittadino, prefigurando un vulnus che va assolutamente scongiurato, con l'aiuto del Presidente Pag. 31Mattarella e di tutte le forze politiche italiane presenti in Parlamento, alle quali io mi appello.
  La comunità italiana della provincia autonoma di Bolzano si trova dunque a vivere una condizione di declino demografico, mentre per paradosso – collega Alfreider, lei ne è sicuramente a conoscenza – molti italiani si iscrivono al gruppo linguistico ladino, e lo fanno perché il gruppo linguistico ladino è maggiormente tutelato rispetto a quello italiano, e talvolta anche rispetto a quello tedesco per certe cose, o comunque è sicuramente molto più sano; per penalizzazioni di varia natura, che nascono principalmente da un'interpretazione volutamente separatista dello statuto d'autonomia e dalla gestione della provincia autonoma di Bolzano, che è diventata sempre più estensiva e pervasiva, fino al punto di comportare una cristallizzazione della posizione dominante della comunità tedesca e una lenta e indiretta marginalizzazione, come abbiamo visto, della minoranza italiana.
  Il secondo statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige, come è stato già ampiamente detto, risale al 1972, ovvero ad anni nei quali i Trattati europei non erano né contemplati né in vigore, e la Carta costituzionale non prevedeva l'ampio decentramento ottenuto con la legge costituzionale n. 3 del 2001.
  Ad uno statuto ormai superato dalla prassi si aggiunge una proliferazione della normativa di attuazione, che ha rango costituzionale, nonostante sia varata al massimo da dodici persone, in barba a questo Parlamento, tanto per cambiare, che noi tutti rappresentiamo, e che ha permesso al partito etnico di lingua tedesca, promotore dell'autonomia, di costruire negli anni un'autonomia dinamica, oltre lo statuto, ipotizzando addirittura, senza porre in essere una revisione costituzionale, la cosiddetta volle Autonomie: ovvero un'autonomia piena, cioè di fatto, come dicevo prima, uno Stato nello Stato, uno Stato indipendente, che io soprannomino non a caso «folle autonomia», a guida esclusiva del gruppo linguistico dominante, quello tedesco, nella quale tutte le deleghe residue sono attribuite, con relativi trasferimenti da parte dello Stato, alla provincia autonoma di Bolzano, e gestite da un solo gruppo linguistico, che lascia comunque le briciole a quello italiano, e lascia anche un po’ più giochicchiare, le maglie aperte a quello di lingua ladina.
  Uno Stato nello Stato, come vi dicevo, con solo onori e niente oneri, che ci fa essere invisi purtroppo alla maggioranza delle altre regioni italiane; che sul nostro esempio, che sembra sovrapporre il concetto di autonomia a quello di privilegio, come ha ricordato recentemente un editoriale del quotidiano Il Tempo, sta dando vita ad una serie di referendum autonomisti in Italia, supportati dalla sola motivazione economica, e che se andranno a buon fine finiranno non solo per mortificare la nostra autonomia, ma per far fare all'Italia un «big bang» sulla faticosa unità raggiunta.
  Da questa drammatica fotografia nasce l'esigenza di riformare lo statuto come da progetto organico da me presentato, di tramutare l'autonomia etnica altoatesina in un'autonomia territoriale, in grado di promuovere un'autonomia liberale matura, che realizzi la trasformazione dalla coesistenza ad una vera convivenza, nel solco tracciato dall'integrazione dei popoli europei: non più una società divisa da norme anacronistiche, anticostituzionali e separatistiche, ma una società fondata sulla capacità, sul merito, sulla sussidiarietà orizzontale e verticale, consapevole dei suoi limiti e nella quale contano le ragioni dell'economia di mercato, e non della lingua parlata o della provincia in quanto prima impresa della provincia.
  Serve quindi un cambiamento epocale, che non si limiti alla tutela di una sola minoranza linguistica, ma che al contrario preveda una codificazione statutaria dei tre gruppi linguistici, e che possa garantire una maggiore tutela di questi ultimi al fine di abbattere quelle gabbie etniche teorizzate giustamente da Alex Langer, che deprimono la società altoatesina. È senza dubbio anacronistico che in un momento in cui si deve difendere l'Europa unita, Pag. 32sottosegretario, da minacce interne ed esterne, il principio dell'abolizione delle frontiere tra gli Stati che compongono l'Unione europea, si indugia ancora nella difesa di localismi obsoleti e di comunità di persone che dovrebbero sentirsi ora più che mai dei cittadini europei, invece di ricercare privilegi amministrativi e fiscali superati dal tempo, dalla storia e dai fatti. Basti riflettere sul fatto che si parla tedesco continuativamente in Europa da Salorno, confine con il Trentino dell'Alto Adige, fino alla punta estrema del Nord della Germania; ancora più paradossale, che dall'altra parte del confine del Brennero, e specificatamente in Austria, l'italiano e gli italiani sono considerati come un popolo da imitare: si insegna come seconda lingua la lingua di Dante, e si trasforma la toponomastica in bilingue quando non in trilingue. A Seefeld, in Austria, cittadina molto frequentata come da me dal Premier Gentiloni, ti accolgono con un enorme cartello con scritto «benvenuti», non «willkommen in Südtirol» come in Alto Adige.
  La politica miope tende a cancellare ogni traccia di identità e di cultura italiane, come dalla recente inchiesta citata sul quotidiano Alto Adige: si favoriscono l'impresa, il commercio, l'artigianato e l'associazionismo tedeschi, o talvolta ladini, assistendo alla progressiva sparizione, specie in periferia, della presenza italiana in ogni settore strategico-economico; con la conseguenza, fin troppo evidente, della cosiddetta Todesmarsch degli italiani, marcia della morte, della sparizione, dell'assottigliamento della comunità italiana, che una volta si temeva – e non faccio fatica ad ammetterlo, collega Alfreider – giustamente per la comunità linguistica tedesca.
  Concludo. Alla luce di quanto esposto, chiedo a lei, collega Alfreider, di comprendere le nostre ragioni, e come la sua posizione potrà ben incidere sul nostro astensionismo sul suo provvedimento. Le chiedo di non forzare il Parlamento con un'ulteriore legge che non serve all'Italia, dopo aver tenuto insieme al PD, del quale siete purtroppo alleati assolutamente incongruenti, un Parlamento in scacco su un referendum per oltre sei mesi, mentre invece l'Italia doveva risolvere i problemi delle banche, che abbiamo affrontato poc'anzi, della povertà arrivata a 4 milioni e mezzo di italiani, dell'immigrazione, che, anche e soprattutto nella nostra terra, sta facendo sfaceli.
  Ecco, le chiedo di acconsentire a rimandare il provvedimento in Commissione per affrontare la corretta problematica della comunità ladina, ma anche di quella italiana, in una riforma organica dello statuto d'autonomia da affrontare tutti insieme e non a colpi di maggioranza che si regge al Senato sui tre voti della Südtiroler Volkspartei e che risulta, quindi, una forma, diciamo così, di accelerazione, come ha detto il collega Kronbichler, dettata da un «micro ricattuccio» politico e questo non è bello quando parliamo di riforme costituzionali. Si tratta di un consenso che di certo avvierebbe anche un'operazione di simpatia nei confronti della nostra autonomia e, mi creda, se veramente affronta il Parlamento e se veramente fa un giro per il nostro Paese di quest'operazione simpatia la nostra autonomia ne ha veramente un grande bisogno (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente e del deputato Palese).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro conclusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche – A.C. 56-A)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare, in sostituzione del relatore, il presidente della I Commissione affari costituzionali, onorevole Mazziotti Di Celso. Prendo atto che vi rinunzia. Il rappresentante del Governo immagino non intenda prendere parola e rinunzia anch'egli alla replica.
  Quindi, il seguito dell'esame del provvedimento è rinviato ad altra seduta.

Pag. 33

Intervento di fine seduta (ore 17,53).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rocco Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Grazie, signor Presidente. Ho chiesto di intervenire a fine seduta e la ringrazio per avermi concesso la parola perché per suo tramite giunga una sollecitazione urgente e decisa nei confronti del Governo affinché provveda alla dichiarazione d'urgenza e all'adozione degli atti conseguenti da parte del Consiglio dei Ministri, visto, signor Presidente, che anche lei giustamente ieri è intervenuto in maniera pertinente rispetto alla situazione soprattutto di alcune aziende nella regione Marche ma anche di altre situazioni del centro-sud per la grave situazione, che si è venuta a verificare in molte regioni del centro-sud, a causa dell'eccezionale nevicata che è durata più di 36 ore.
  Tralascio le polemiche perché, nonostante la Protezione civile e gli esperti del meteo avessero lanciato l'allarme molti giorni prima, abbiamo assistito, purtroppo, ad un'impreparazione senza precedenti. In particolare in Puglia si sono verificati danni enormi soprattutto alle aziende agricole e molti comuni sono isolati tutt'oggi, con gravi danni anche a molte strutture e abitazioni civili, oltre alla disastrosa situazione pugliese su cui auspico che il Presidente Emiliano e la giunta regionale provvedano alla dichiarazione d'urgenza per calamità naturali.
  Signor Presidente, le ribadisco le preoccupazioni già manifestate da lei stesso per il destino di molte aziende di allevamento di bestiame, soprattutto nella regione Marche, che sono senza stalla, senz'acqua, senza luce, senza foraggio e mangimi. In più, poi, vi è la situazione dei terremotati su cui veramente non ho parole. Io auspico che l'intervento urgente del Governo, già a partire da questo decreto che la Camera dovrà esaminare a giorni, passando per il sud, sia un intervento tempestivo, che veramente affronti queste situazioni di grandissimo danno e di grandissima criticità sia per le regioni del sud sia per le situazioni che le ho manifestato, soprattutto in Puglia e nel Salento dove ci sono comuni ancora completamente isolati rispetto al resto, con il sistema viario e con tante situazioni che sono, anche dal punto di vista strutturale, gravemente danneggiate e soprattutto poi in riferimento anche alle zone terremotate, perché a mio avviso occorre avere grandissima attenzione da parte del Governo e, dunque, un supplemento di attenzione.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 10 gennaio 2017, alle 11:

  1. – Svolgimento di interrogazioni.

  (ore 15)

  2. – Seguito della discussione dei disegni di legge:
  S. 1732 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione nel settore della difesa tra il Governo della Repubblica italiana e l'Esecutivo della Repubblica dell'Angola, fatto a Roma il 19 novembre 2013 (Approvato dal Senato) (C. 3946).
  Relatori: Fedi, per la maggioranza; Gianluca Pini, di minoranza.

  Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sulla cooperazione e mutua assistenza amministrativa in materia doganale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica socialista del Vietnam, fatto a Hanoi il 6 novembre 2015 (C. 4039).
  Relatore: Fedi.

Pag. 34

  S. 2525 – Ratifica ed esecuzione del Protocollo al Trattato del Nord Atlantico sull'adesione del Montenegro, fatto a Bruxelles il 19 maggio 2016 (Approvato dal Senato) (C. 4108).
  Relatori: Manciulli, per la maggioranza; Gianluca Pini, di minoranza.

  3. – Seguito della discussione delle mozioni Brunetta ed altri n. 1-01452, Rosato ed altri n. 1-01456 e Paglia ed altri n. 1-01457 concernenti iniziative in relazione alla crisi del sistema bancario.

  4. – Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale:
  ALFREIDER ed altri: Modifiche allo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di tutela della minoranza linguistica ladina della provincia di Bolzano (C. 56-A).
  Relatore: Francesco Sanna.

  La seduta termina alle 17,55.