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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 736 di lunedì 6 febbraio 2017

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

  La seduta comincia alle 15,30.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  RICCARDO FRACCARO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 30 gennaio 2017.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Amendola, Amici, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Caparini, Capelli, Casero, Caso, Castiglione, Causin, Antimo Cesaro, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Migliore, Orlando, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Tabacci, Valeria Valente, Velo e Vignali sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente settantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, recante interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale, con particolare riferimento a situazioni critiche in alcune aree del Mezzogiorno (A.C. 4200-A) (ore 15,32).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 4200-A: Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, recante interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale, con particolare riferimento a situazioni critiche in alcune aree del Mezzogiorno.
  Ricordo che nella seduta dell'11 gennaio 2017 è stata respinta la pregiudiziale Saltamartini ed altri n. 1.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4200-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali. Pag. 2
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari del MoVimento 5 Stelle e del Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Laforgia.

  FRANCESCO LAFORGIA, Relatore. Grazie, Presidente. Il mio compito naturalmente è quello di riferire all'Aula sul provvedimento di cui sono relatore, un provvedimento che è stato chiamato un po’ impropriamente «Decreto sud»; dico «impropriamente» perché la nostra valutazione è molto semplice: è del tutto evidente che questo è un provvedimento che si occupa innanzitutto di alcune vicende complesse e importanti di alcune aree del Mezzogiorno, ma il fatto che abbiamo ritenuto impropria questa definizione, che è stata un po’ una definizione giornalistica, deriva dal fatto che non possiamo immaginare che la discussione su un tema così complesso e così importante come quello dello sviluppo delle aree del Mezzogiorno possa esaurirsi nell'ambito e nel perimetro di un decreto, seppure importante come detto, e immaginiamo invece che la discussione sulla vicenda delle aree del Mezzogiorno, che resta un tema da porre al centro dell'agenda politica, debba svilupparsi in altri ambiti e con altri strumenti.   Naturalmente noi oggi mettiamo un tassello importante e lo facciamo attraverso alcuni interventi su cui dirò alcune cose molto brevemente e poi saranno altri colleghi in sede appunto di discussione generale ad approfondirli.
  Questo è un provvedimento composito che si è anche allargato, si è arricchito nel corso dell'esame in sede referente, di aspetti importanti su cui mi soffermerò. Penso, ad esempio, al tema del credito d'imposta, in particolare agli strumenti che abbiamo cercato di mettere in campo per aumentarne il tiraggio e questo è uno strumento che noi riteniamo utile per lo sviluppo del tessuto produttivo, a maggior ragione per lo sviluppo produttivo delle aree più depresse del Paese. Si è arricchito di ulteriori strumenti di coesione territoriale: c’è una vicenda importante che noi insomma rivendichiamo anche con un certo orgoglio e cioè il tema dei beni confiscati alla mafia e quell'allargamento che abbiamo immaginato e previsto per le aziende, per le attività sottratte alla criminalità organizzata, che vengono messe a disposizione per il bene comune.
  Il provvedimento – come ho già anticipato – è un provvedimento complesso e composito. Se dovessi tratteggiare le aree di intervento, direi che principalmente il provvedimento interviene sulle questioni di carattere ambientale.
  C’è una vicenda molto complessa di cui trattiamo, che rappresenta il tassello probabilmente più importante, forse persino più evocativo, che è quella dell'Ilva, ma non solo – come dirò –; ci sono questioni legate alle politiche del lavoro, alle politiche sociali, con alcuni interventi importanti di cui, anche in questo caso andiamo orgogliosi, e ci sono interventi che riguardano più strettamente i temi della coesione sociale e territoriale, quindi dello sviluppo economico più alcune questioni che esulano da queste aree, ma che riteniamo comunque ugualmente importanti.
   Vado un po’ più nel dettaglio nell'illustrazione degli articoli delle materie trattate, naturalmente chiedendo già in anticipo di essere autorizzato, nel caso in cui non dovessi stare nei tempi, a consegnare il testo, ma insomma cercherò di fare in modo che questo non accada (in ogni caso, se dovesse accadere, non ne farei un grande dramma).
  Intanto, con riguardo alle disposizioni in materia ambientale, ci sono quelle rinvenibili negli articoli dall'1 al 3-quinquies, in particolare nell'articolo 1, modificato nel corso dell'esame in Commissione, che modifica la tempistica di restituzione dell'importo di 300 milioni erogato nell'anno 2015 dallo Stato a favore di Ilva Spa: l'articolo estende il termine di durata del programma di amministrazione straordinaria di Ilva, dopo il trasferimento dei Pag. 3complessi aziendali, sino alla scadenza del termine ultimo per l'attuazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria, come eventualmente modificato o prorogato. Entro tale termine, i commissari straordinari sono autorizzati ad individuare e realizzare, sentiti ARPA Puglia naturalmente e ISPRA, ulteriori interventi di decontaminazione e risanamento ambientale non previsti nell'ambito del predetto piano, ma allo stesso strettamente connessi anche mediante formazione e impiego del personale delle società in amministrazione straordinaria, non altrimenti impegnato, allo scopo di favorire il reinserimento del personale stesso nell'ambito del ciclo produttivo.
  Sempre nel corso dell'esame in Commissione è stato inserito l'obbligo per i commissari straordinari di specificare, nella relazione di cui al comma 10-bis dell'articolo 1 del decreto-legge n. 191 del 2015, i predetti interventi di decontaminazione e di risanamento ambientale, nonché lo stato di attuazione degli interventi stessi. L'articolo modifica, inoltre, la tempistica di adozione del decreto di cessazione dell'esercizio di impresa, che deve essere adottato in deroga alla disciplina generale sull'amministrazione straordinaria, e si prevede l'integrazione del programma di amministrazione straordinaria con un piano per attività di sostegno assistenziale e sociale per le famiglie disagiate nei comuni di Taranto, Statte, Crispiano, Massafra e Montemesola. Questo è un passaggio che noi riteniamo importante. Intanto c’è uno stanziamento di 300.000 euro che serve per avviare le attività propedeutiche alla realizzazione di questo piano, che viene posto a carico delle risorse del programma nazionale complementare «imprese e competitività 2014-2020» e poi l'articolo interviene sulla destinazione delle risorse rinvenienti dalla restituzione dei finanziamenti statali (sono concessi fino a 800 milioni di euro, ai sensi dell'articolo 1, comma 6-bis del decreto-legge n. 191 del 2015), che vengono destinati in questo modo: intanto nel limite di 10 milioni di euro, per ciascuno degli anni del triennio 2017-2019, al finanziamento delle attività relative alla predisposizione e attuazione del citato Piano per attività di sostegno assistenziale e sociale per le famiglie disagiate nei comuni del tarantino a cui facevo prima riferimento, e poi, nel limite dei 50 milioni di euro per il 2017 e 20 milioni di euro per il 2018, al Ministero della Salute, successivamente trasferiti alla regione Puglia, per la realizzazione di un progetto volto all'acquisizione dei beni e dei servizi necessari alla realizzazione di interventi di ammodernamento tecnologico delle apparecchiature e dei dispositivi medico-diagnostici delle strutture sanitarie pubbliche ubicate nei suddetti comuni. Infine, l'articolo provvede alla compensazione degli effetti finanziari determinati dalla destinazione delle risorse oggetto di rimborso, agli interventi nelle zone dei comuni sempre di cui sopra e autorizza il Ministro alle conseguenti variazioni di bilancio.
  Sempre nel corso dell'esame in sede referente è stato introdotto il comma 5-bis, il quale differisce dal 31 dicembre 2016 al 31 dicembre 2017 il termine di durata degli incentivi per i progetti di efficienza energetica di grandi dimensioni, con risparmi non inferiori a 35 mila TEP all'anno (TEP sono «tonnellate equivalenti di petrolio»).
  L'articolo 1-bis, introdotto nel corso dell'esame in Commissione, autorizza una spesa di 24 milioni di euro per il 2017 allo scopo di integrare il trattamento economico dei dipendenti impiegati presso gli stabilimenti produttivi del gruppo Ilva per i quali sia avviato o prorogato, nel corso dello stesso anno, il ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria. La richiamata spesa è utilizzabile anche ai fini della formazione professionale per la gestione delle bonifiche, secondo quanto precisato nel corso dell'esame in Commissione.
  L'articolo 2 è un articolo importante di questo decreto perché detta disposizioni finalizzate a garantire un rapido adeguamento alle sentenze di condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea pronunciate il 19 luglio 2012, evitando l'aggravamento delle procedure di infrazione Pag. 4in essere mediante interventi sui sistemi di collettamento, fognatura e depurazione delle acque reflue.
  Per perseguire questo obiettivo con questo provvedimento sostanzialmente affidiamo i compiti di coordinamento e realizzazione dei citati interventi ad un commissario straordinario unico; quindi, un unico commissario straordinario del Governo in sostituzione dei precedenti commissari nominati con l'articolo 7 del decreto-legge n. 133 del 2014, cosiddetto «sblocca Italia». L'articolo in esame provvede, quindi, a disciplinare la nomina, le funzioni e le prerogative del nuovo commissario unico (a cui viene affiancata una segreteria tecnica composta da non più di sei membri), nonché il trasferimento delle funzioni dai commissari in carica al nuovo commissario unico.
  Tralascio una serie di aspetti tecnici, ma la sostanza è che con questa previsione noi vogliamo sostanzialmente accelerare l'attività che era appunto prevista precedentemente a legislazione vigente dei commissari, a cui invece dovrà subentrare questa figura che noi pensiamo possa mettere in campo maggiore efficienza e maggiore rapidità.
  L'articolo 3 interviene sulla composizione della cabina di regia istituita per definire gli indirizzi strategici per l'elaborazione del programma di risanamento ambientale e rigenerazione urbana del comprensorio Bagnoli-Coroglio, prevedendo che sia presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri o da un Ministro ovvero, come aggiunto in Commissione, da un sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri dallo stesso designato.
  Quanto all'articolo 3-bis, introdotto in Commissione, con esso si autorizza l'attuale commissario straordinario per l'attuazione dell'intervento di messa in sicurezza e gestione dei rifiuti pericolosi e radioattivi, siti nel deposito ex Cemerad nel territorio del comune di Statte, ad effettuare l'affidamento alla Sogin SpA del servizio di trasporto nonché l'attività finale di bonifica radiologica e il rilascio delle aree prive di vincoli radiologici.
  Con l'articolo 3-ter, introdotto in Commissione, si prevede che la regione Puglia provveda, avvalendosi dell'ARPA, l'agenzia per la protezione ambientale, alla predisposizione di un piano straordinario di indagine e di approfondimento volto alla verifica dello stato delle matrici ambientali nel comune di Ugento.
  L'articolo 3-quater, inserito sempre nel corso dell'esame in sede referente, interviene in materia di incentivi sull'energia prodotta a favore degli esercenti di impianti alimentati da biomasse, biogas e bioliquidi.
  Infine, l'articolo 3-quinquies, introdotto durante l'esame in Commissione, dispone, per fronteggiare esigenze operative in alcune zone del Mezzogiorno, un incremento di 10 unità della forza media degli ufficiali ausiliari dell'Arma dei carabinieri.
  Gli articoli 4, 4-bis, 5, 5-bis e 6 contengono alcune norme, anche queste molto importanti, in materia di lavoro e di politiche sociali. In particolare, il primo di questi articoli, l'articolo 4, reca disposizioni per contrastare la crisi in atto nel comparto del trasporto marittimo, in particolare nel settore della movimentazione dei container e nelle attività del trasbordo di merci, cosiddetta transhipment, attività quest'ultima che interessa alcuni porti del Mezzogiorno.
  A tal fine, a decorrere dal 1o gennaio 2017, viene istituita, in via eccezionale e temporanea e per un periodo massimo di 36 mesi, un'agenzia per la somministrazione del lavoro in porto e per la riqualificazione professionale, avente lo scopo di sostenere l'occupazione, di accompagnare i processi di riconversione industriale delle infrastrutture portuali e di salvaguardare l'operatività e l'efficienza portuale. Anche qui non mi soffermo sulle specificità di questo articolo. Interveniamo su un settore importante e strategico che negli ultimi anni ha subito dei rallentamenti in ragione, naturalmente, della crisi economica mondiale e che noi vogliamo in qualche modo riqualificare e su cui interveniamo, naturalmente immaginando anche una prospettiva di riconversione industriale Pag. 5di questi siti anche a seguito, appunto, dell'evoluzione di questo particolare settore.
  L'articolo 5 è un articolo importante perché sostanzialmente è l'articolo che ci consente di aumentare il Fondo per le non autosufficienze di 50 milioni per il 2017 e all'onere di questi 50 milioni si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per fare fronte ad esigenze indifferibili, istituito dalla legge di stabilità 2015. Quindi, questo intervento fa parte, appunto, di quelle politiche, che citavo all'inizio della relazione, di natura sociale che stanno dentro un quadro che ha l'obiettivo innanzitutto di rivolgersi alle aree più depresse del Paese. Quindi, in questo senso il Mezzogiorno resta l'obiettivo privilegiato anche di una misura di questo genere.
  L'articolo 5-bis, introdotto in Commissione, autorizza, nell'ambito della sottoscrizione degli accordi di programma necessari all'assegnazione delle risorse residue del piano pluriennale investimenti in sanità, l'utilizzo di una quota, pari a 100 milioni di euro, per la riqualificazione e l'ammodernamento tecnologico dei servizi di radioterapia oncologica di ultima generazione nelle regioni Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Calabria, Basilicata, Sicilia e Sardegna.
  In materia di coesione e sviluppo, gli articoli da 7-bis a 7-quinquies, tutti introdotti durante l'esame in Commissione, operano significativi interventi, sia di natura programmatoria che finanziaria, volti a favorire la coesione e lo sviluppo. Anche su questo punto non mi soffermo, ma abbiamo immaginato interventi che hanno un obiettivo di coesione sociale e territoriale molto significativo.
  Un consistente intervento di natura fiscale viene operato dall'articolo 7-quater, introdotto nel corso dell'esame in Commissione. Se dovessi, appunto, scegliere tra gli interventi più significativi tirerei fuori questo filo, perché questo articolo modifica sostanzialmente in parte la disciplina del credito di imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive nelle zone ubicate nelle regioni del Mezzogiorno. Come dicevo all'inizio, anche qui il tentativo è stato – è ! – quello di aumentare il tiraggio di una misura importante che era già in campo e lo si fa introducendo alcune modifiche importanti: intanto, l'inclusione della Sardegna fra le regioni del Mezzogiorno ammesse alla deroga alla disciplina in tema di aiuti di Stato; poi, l'aumento delle aliquote applicative al credito d'imposta sottostante l'acquisto di beni strumentali nuovi. Non entro nel dettaglio, però stiamo parlando di aumenti significativi di aliquote che hanno esattamente gli obiettivi che dicevo, cioè aumentare il tiraggio di questa misura e l'ammontare massimo di ciascun progetto di investimento. Quindi, anche qui interviene una modifica alla quale è commisurato il credito d'imposta, che è elevato da 1,5 a 3 milioni di euro per le piccole imprese e da 5 a 10 milioni per le medie imprese mentre rimane a 15 milioni per le grandi imprese. Inoltre, è soppressa la disposizione che prevede il calcolo del credito d'imposta al netto degli ammortamenti fiscali dedotti nel periodo d'imposta per beni ricadenti nelle categorie corrispondenti a quelle agevolabili.
  È soppresso – e anche questo è un tema importante – il divieto di cumulo del credito di imposta con gli aiuti de minimis e con altri aiuti di Stato che insistono sugli stessi costi, sempre che tale cumulo naturalmente non porti al superamento dell'intensità o dell'importo di aiuto più elevati consentiti dalla normativa europea.
  Per finire, ci sono intanto le disposizioni previste dall'articolo 7-quinquies per il completamento degli interventi finanziati con i contributi concessi ai sensi dell'articolo 1, comma 28 e 29 della legge 30 dicembre 2004, cosiddetto «mille opere», consentendo una proroga per un periodo di tre anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame per l'impiego di quei contributi che non utilizzati per l'intervento originariamente autorizzato vengono ora destinati ad altre finalità di interesse pubblico. Gli interventi previsti negli articoli 4-ter, 7, 7-sexies e 7-septies, in particolare l'articolo 4-ter inserito Pag. 6in Commissione demanda a un decreto del Ministero della salute l'individuazione, fatta eccezione per le navi della Marina militare, della modalità per l'accertamento di idoneità delle navi cisterna che effettuano il trasporto di acqua.
  Infine, anche qui non ho tempo per soffermarmi, ci sono le misure che riguardano il ricorso alla procedura negoziata per quanto riguarda i bandi di gara che informano l'evento del G7. Qui c’è stata una discussione importante, ci sono state delle modifiche importanti al provvedimento, perché vogliamo tenere insieme un'efficienza assolutamente inderogabile come quella di affrontare quell'evento, di realizzarlo, di far sì che sia assolutamente possibile che si realizzi, con un'altra esigenza, anche questa assolutamente inderogabile, che è quella del pieno rispetto della trasparenza e della legalità. Non ho tempo per soffermarmici, ma insomma questo è un tema che abbiamo affrontato – io penso – con la dovuta cautela e probabilmente anche con il giusto spirito di collaborazione tra i gruppi di maggioranza e di opposizione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

  CLAUDIO DE VINCENTI, Ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno. Mi riservo di intervenire al termine del dibattito.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Scotto. Ne ha facoltà.

  ARTURO SCOTTO. Grazie, signor Presidente. Signori del Governo, Ministro De Vincenti, dal nostro punto di vista, le criticità di questo decreto sono molteplici, alcune rilevate anche nel corso delle audizioni svolte in Commissione. Mi riferisco in particolare a quella svolta con i rappresentanti della Svimez e altre all'interno di un dibattito che è stato abbastanza approfondito e di questo ne diamo atto al presidente Boccia.
  Al netto dei contenuti propri del provvedimento, che contiene disposizioni urgenti e non più rinviabili per alcune aree del Mezzogiorno, il decreto continua ad essere viziato da un carattere di emergenzialità: il Sud continua ad essere visto come un'emergenza e non come una grande opportunità di crescita per l'intero Paese e continua a non essere adeguatamente affrontato il tema del grande divario nel Paese in termini di sviluppo economico, sociale e di diritti di opportunità, a cui porre rimedio con politiche pubbliche che colmino strutturalmente questa distanza. Quello di cui forse c'era bisogno, signor Ministro, era un vero e proprio decreto per il Sud, prevedendo interventi di carattere più strutturale, anche essi urgenti e improcrastinabili, non solo per colmare le asimmetrie e i ritardi che si sono aggravati nella crisi, ma anche per consolidare e rendere non episodici quei pur modesti segnali di ripresa che si sono registrati, a partire dal 2015, nel quadro di persistente fragilità del sistema produttivo meridionale di emergenza sociale. Quello di cui ci sarebbe bisogno è una nuova politica industriale dei servizi pubblici, della scuola, dell'università, dell'amministrazione della giustizia, per raggiungere obiettivi generali e specifici per il Sud. Nel declino che caratterizza la spesa pubblica nel nostro Paese, e che è gravato largamente sul Mezzogiorno, gli investimenti hanno subito un vero e proprio crollo.
  Tra il 2009 e il 2014 la spesa in conto capitale è passata a livello nazionale dal 3,9 del PIL al 2,3. Il dato del 2014 (nel Sud appena 13,2 miliardi di euro) raggiunge il punto più basso dell'intera serie storica: lo 0,9 del PIL oggi, l'1,6 nel 2001. Per cui non riesce più a svolgere quel ruolo di parziale riequilibrio nella spesa che aveva mantenuto nei primi anni 2000. Il crollo della spesa per investimenti contribuisce a spiegare le performance drammatiche del Sud nella crisi. La timidissima ripartenza del 2015 si può spiegare grazie a specifici fattori congiunturali, come nel settore del turismo e nell'agricoltura, e alla pur modesta ripresa della spesa in conto capitale, che conferma la grande reattività del Mezzogiorno Pag. 7a ogni tipo di intervento pubblico. Tuttavia questa ripresa, questo incremento, è dovuto a risorse aggiuntive che si sono concentrate nelle regioni del Sud durante la programmazione 2007-2013. È un dato di per sé positivo, che ha un riscontro nella dinamica economica, che ha consentito di scongiurare il rischio di disimpegno delle risorse europee e però, tuttavia, questo ci dice che non basta soltanto ricorrere alle risorse aggiuntive, perché inevitabilmente i dati dimostrano che sia venuta sostanzialmente meno la leva nazionale delle politiche di coesione rivolte al Fondo sviluppo e coesione. Nell'anno sono stati spesi appena 1,3 miliardi; questo tipo di spesa aggiuntiva valeva intorno ai 7 nei primi anni 2000.
  Durante l'esame del decreto-legge in Commissione bilancio sono stati approvati diversi emendamenti che hanno contribuito a migliorare il testo, a renderlo, da questo punto di vista, più adatto alla crisi e alle difficoltà che il Mezzogiorno attraversa. Il gruppo di Sinistra Italiana ha visto l'approvazione di ben sei emendamenti. Mi soffermo in particolare su due di queste nostre proposte per brevità e perché credo che colgano il segno del modo di affrontare in maniera strutturale i problemi che abbiamo di fronte. La prima all'articolo 4 che prevede l'istituzione da parte delle rispettive autorità portuali di un'agenzia di transhipment, agenzia per la somministrazione del lavoro in porto e per la riqualificazione professionale nel porto di Taranto e di Gioia Tauro, con il compito di riqualificare circa mille addetti alla movimentazione in modo da occuparli entro i successivi 36 mesi. L'emendamento fa sì che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sia coinvolto attraverso il ricorso all'intesa e non venga semplicemente sentito, e prevede il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali e dei lavoratori nelle attività dell'Agenzia per la loro collocazione professionale e per la formazione professionale. Vale per Gioia Tauro e Taranto, io credo sia un metodo concertativo che occorrerebbe riprendere perché è uno strumento utile per tenere dentro le parti sociali. Il secondo emendamento, come evidenziato dal Ministro Claudio De Vincenti in Commissione bilancio, tiene conto delle interessanti indicazioni emerse nel corso dell'audizione dei rappresentanti della Svimez, attuando un meccanismo che, una volta implementato, consente di colmare il gap rispetto ad altre aree del Paese, grazie al mix tra risorse aggiuntive e risorse ordinarie.
  A decorrere dalla legge di bilancio per il 2018, si indica l'obiettivo di destinare agli interventi in territori composti da Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna un volume complessivo annuale di stanziamenti ordinari in conto capitale proporzionale alla popolazione di riferimento o conforme ad altro criterio relativo a specifiche criticità e, in buona sostanza, la proposta di rivedere le proporzioni della spesa per investimenti sulla base dei divari territoriali effettivi, sulla scorta di proposte già avanzate all'inizio degli anni Novanta (la cosiddetta clausola Ciampi).
  Mi avvio a concludere con un dubbio molto forte sull'articolo 3: l'approvazione di un emendamento del Governo in Commissione bilancio che assicura la possibilità di delega al sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, ai fini dell'autorità politica designata alla presidenza della cabina di regia, per l'elaborazione del programma di risanamento ambientale e rigenerazione urbana del comprensorio Bagnoli-Coroglio.
  Onestamente, signor Presidente, non se ne capisce la ragione. Sembra una delega ad personam, mentre nella formulazione precedente era più chiaro e più evidente che essa toccava o al Presidente del Consiglio o a un Ministro delegato, immagino nello specifico il Ministro con la delega al Mezzogiorno. Siamo alle solite: mi aspettavo più serietà e serenità da parte di questo Governo, ma noto che la storia si ripete, come una farsa.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vico. Ne ha facoltà.
  Prima di dargli la parola, saluto studenti e insegnanti dell'Istituto «Cor Jesu» Pag. 8di Roma, classe quinta elementare, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna (Applausi)

  LUDOVICO VICO. Grazie Presidente. Onorevoli colleghi, signor Ministro, signora sottosegretaria, è evidente che si tratta di un decreto-legge e si fa un decreto-legge quando c’è una ragione di urgenza. E così si dispiega questo provvedimento, che ci apprestiamo a convertire.
  Però, ritengo che questo primo atto del Governo Gentiloni, a cui ha corrisposto anche l'incarico del Ministro per la coesione, il professor De Vincenti, vada letto con un qualche elemento di coerenza, perché sia il decreto che il Ministero seguono alla stagione dei mesi precedenti del 2016 del Governo Renzi, quando attraverso il masterplan si sono definiti positivamente la costruzione, la firma e l'attivazione dei Patti per il Sud nelle regioni dell'Obiettivo 1, ma, accanto agli stessi, anche i contratti istituzionali e di programma nelle città metropolitane, a cui, in verità, si aggiungevano anche altre città non metropolitane, che precedentemente avevano firmato questi contratti.
  Quindi, il decreto e le ragioni degli interventi urgenti per la coesione sociale, così come si dispiegano in questo provvedimento, proseguono lungo una strada, che ovviamente avrà un percorso futuro sempre – come mi permetto di auspicare – più consono anche alla domanda e al monitoraggio, che il Ministero e l'intero Governo stanno compiendo in queste settimane.
  Mi soffermerò su alcuni degli articoli che sono sottoposti alla nostra conversione in Aula.
  Il primo è il completamento della procedura di cessione del gruppo Ilva, già illustrato anche dal relatore, e non a caso mi limiterò ad alcune brevi considerazioni. Mi permetterò di dichiarare che trattasi di un punto di coerenza e di conseguenza, la scrittura dell'articolo 1 che ci viene sottoposta, perché procede lungo il completamento della procedura di cessione del gruppo Ilva, che è definito con altri provvedimenti già convertiti in legge. Mi piacerà richiamare il tempo della cessione, il collegamento e il vincolo del piano ambientale al subentro.
  Bene, questo articolo 1 del decreto in oggetto ci richiama ad un principio, che è «chi inquina paga». E chi deve governare il processo di inquinamento, in relazione alla transazione e alla confisca dei beni del gruppo Riva transati, non potevano che essere – ecco perciò il punto di coerenza – i commissari.
  Mi limito a questa considerazione perché, come dire, si deve evincere il processo di ambientalizzazione, in quello stabilimento che è dichiarato, fin dal primo decreto, impianto strategico di interesse nazionale, insieme all'intero gruppo, che spesso non viene richiamato, perché si tratterebbe di richiamare appunto Genova, Novi Ligure, Marghera, Pratica di mare.
  Sempre nell'articolo 1 e nell'articolo 1-bis è stato molto importante che in sede di Commissione bilancio si sia provveduto al finanziamento della cassa integrazione straordinaria per i dipendenti Ilva, nella modalità del prosieguo per l'intero gruppo. Essendo già avvenuto per Genova e per Novi Ligure, ovviamente non poteva che avvenire, alla scadenza dei prossimi giorni, per i lavoratori e per gli impiegati di Taranto e di porto Marghera.
  Mi permetterò di aggiungere che io auspico che, in sede negoziale tra le parti, tra i commissari e i sindacati, si giunga da parte dei commissari all'adesione alla cassa integrazione straordinaria con rotazione.
  Ma nell'articolo 1 – quindi torno un attimo indietro – signor Ministro, signor Presidente, si sono spenti i fari su una destinazione finanziaria notevolissima, che il Governo già nel decreto aveva iscritto, in direzione dell'emergenza sanitaria di Taranto e indirizzata totalmente alla ASL di Taranto. Non c’è nessun filo di polemica da parte mia; tuttavia, va rilevato che già nell'iscrizione nel decreto erano stati stanziati e sono confermati 70 milioni di euro per l'emergenza sanitaria a Taranto, a cui si accompagnano, come il relatore con estrema correttezza ci ha richiamato, gli ulteriori interventi e anche gli emendamenti Pag. 9accolti, e mi riferisco al 5-bis, ossia alla radioterapia oncologica per le regioni meridionali del Sud, tra cui una delle sedi anche in questo caso è Taranto.
  Vi è anche l'accoglimento di un altro emendamento, che è la bonifica del deposito ex Cemerad di materiali radioattivi di secondo livello, che in maniera definitiva, con questo ulteriore emendamento accolto, affidandola alla Sogin, auspichiamo che si completi. È qui la sostanza di ciò che c’è intorno all'articolo 1 e al suo articolato.
  A questo punto mi piacerà solo svolgere alcune riflessioni sull'articolo 4, che in alcuni punti del nostro Paese ha sollevato degli interrogativi, delle perplessità, spesso anche delle polemiche, come è normale che sia. Noi con l'articolo 4 prevediamo un'agenzia per la somministrazione del lavoro nei porti di Taranto, Gioia Tauro e in futuro anche di Cagliari, anche qui con due punti di coerenza. Uno, trattasi dei porti hub transhipment. Punto due, l'aspetto che la norma chiarisce è che non c’è nessuna concorrenza con l'articolo 17 della legge n. 84 del 1994.
  E chiarisco: in gran parte dei porti italiani agiscono le compagnie portuali; nella fattispecie di Taranto e di Gioia Tauro, esiste a Taranto e non esiste a Gioia Tauro. Esiste però a Genova, Napoli, Livorno, La Spezia, non ho bisogno di citare questo. I lavoratori delle compagnie portuali usufruiscono, quando non sono avviati al lavoro, di una indennità: si chiama indennità di mancato avviamento (IMA) e vengono pagati durante la fase di mancato avviamento.
  Nella fattispecie di Taranto, ancor meno di Gioia Tauro, i lavoratori delle compagnie portuali non saranno mai e in nessuno momento concorrenti ai lavoratori dell'agenzia per il posto che si istituisce in questi provvedimenti, perché la precedenza assoluta è assegnata ai lavoratori del porto dell'articolo 17 di cui menzionavo prima il riferimento della legge e dell'anno. Quindi, i lavoratori dell'agenzia che si istituisce possono essere solo avviati alle attività non portuali dentro i programmi di sviluppo della perimetrazione dei porti che sono qui indicati. Anche questo è un elemento che ha tranquillizzato, da un canto, circa mille lavoratori tra Taranto e Gioia Tauro e, d'altro canto, come io auspico, non solleva alcuna perplessità ai lavoratori delle compagnie portuali dei porti in oggetto, ma, soprattutto, dei porti italiani, che sono così importanti per la nostra economia.
  Un ultimo elemento su cui intendo soffermarmi, che è stato acquisito sulla base di un emendamento del Governo; in verità, gli emendamenti sarebbero due, il 7-quater e il 7-ter, se non erro, il credito d'imposta che è stato già qui menzionato. Anche qui, mi sembra che i provvedimenti di urgenza, con questo emendamento che ora è diventato parte integrante del testo che viene sottoposto alla conversione, offrano uno spazio di profilo meridionale, e non solo di provvedimento d'urgenza, e in un qualche modo anche abbastanza coerente con le premesse del masterplan, ovvero dei fondi strutturali, da un canto, e del sostegno agli investimenti. Il credito di imposta è rafforzato, a mio parere; voglio ripeterlo, il credito di imposta per il Sud determina un ampliamento dell'aliquota fino al 45 per cento, ovviamente l'aliquota per gli investimenti, e vorrei aggiungere che questo innalzamento dell'aliquota mette in moto anche un altro beneficio, che è quello secondo il quale lo stesso sarà calcolato al lordo degli ammortamenti fiscali.
  In questo quadro, intendo sempre ricordare che è esigibile dal 1o gennaio 2017 il bonus occupazione per le regioni dell'Obiettivo 1, che anche lì ha un elemento simbolico rispetto ai giovani del Mezzogiorno, perché è riferito esclusivamente a loro fino ai 25 anni, e, ovviamente, si amplia nel momento in cui la condizione del cittadino meridionale è quella di poter esibire una condizione di disoccupazione di almeno sei mesi. Signor Presidente, particolarmente signor Ministro, noi chiediamo, signor Ministro, a lei l'impegno di cui sappiamo lei è capace. Il Mezzogiorno ha bisogno di un monitoraggio continuo, sia sul versante della spesa, ma è onesto anche dire soprattutto sul versante della Pag. 10spesa che non viene spesa. È un modo per rendere più esplicito, riguardo al Mezzogiorno, di cosa stai parlando; e, soprattutto, compiere un altro sforzo, avviandomi alle conclusioni, di operare, dal punto di vista e dalla postazione centrale del Governo, per costruire sempre più interventi di profilo interregionale.
  Questo è l'altro aspetto che non è secondario, che non è consegnato solo alla capacità, quando c’è, e tante volte c’è, dei singoli governatori, ormai li chiamiamo così, delle regioni meridionali. Secondo la Costituzione, sono i presidenti delle regioni. E, quindi, accanto al loro sforzo, quando c’è, penso a una cabina di regia (ma è una parola ripetitiva, questa). In questo momento, abbiamo un Ministero e un Ministro, ovviamente con tutta l'azione che il Governo potrà svolgere. Se questa funzione, partendo dai patti che sono stati già avviati, dai contratti che sono stati già avviati, fa in modo di riproporre il Sud dentro la prima scelta del Governo Gentiloni nel mese di dicembre scorso, continuo ad essere fiducioso, come viene detto spesso, che possiamo farcela.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Di Vita. Ne ha facoltà.

  GIULIA DI VITA. Grazie, Presidente. Proprio il 28 dicembre del 2016 la Corte dei conti rende pubblica la relazione sul Fondo non autosufficienza per il periodo di riferimento 2007-2015, che questo decreto aumenta di 50 milioni di euro. Ciò che emerge è un quadro desolante, ovvero un'estrema eterogeneità e disomogeneità nella diffusione dei servizi tra le regioni e un'oscillazione della spesa sociale, che passa dai 282 euro pro capite utilizzati nel 2015 dalla provincia autonoma di Trento agli appena 26 euro della regione Calabria, e, più in generale, con un Sud che spende in media poco più di un terzo rispetto al Nord. Inutile ricordare, per l'ennesima volta, in quest'Aula, le riduzioni annuali che ha visto il Fondo per le politiche sociali, ridottosi in sette anni dell'80 per cento e che ha provocato i danni maggiori sempre nel Mezzogiorno, in cui gli enti locali faticano ormai ad andare avanti non tanto nella programmazione annuale dei servizi, ma ormai di mese in mese.
  Tuttavia, lo cito per rendere evidente come in questo stato di quasi disperazione economica aver riconfermato il Fondo per la non autosufficienza in questi ultimi tre anni, ovviamente non senza grande fatica delle associazioni, appaia come una vittoria epocale, nonostante sia appena l'ABC. Bene, ma andiamo avanti: la Corte dei conti sottolinea come l'eterogeneità e la disparità che si registrano soprattutto al Sud Italia non si limitino solo alla spesa economica, ma proprio all'accesso concreto ai servizi e all'assistenza, andando a minare, quindi, quei diritti civili, sociali e umani sanciti, oltre che dalla nostra Carta costituzionale, anche in convenzioni internazionali che l'Italia fa sempre in fretta a ratificare e mai ad applicare.
  Quindi, parliamo di accesso ai beni, ai servizi, ai dispositivi di assistenza, accesso ai trasporti, alle strutture, alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, la partecipazione e l'esercizio dei diritti fondamentali, assistenza ospedaliera e accoglienza in residenze specializzate, politiche di occupazione e miglioramento dell'accessibilità ai luoghi di lavoro. Infatti, e cito testualmente, in questo scenario di insieme risulta assolutamente necessario e urgente che vengano rafforzati tutti quei presidi e meccanismi di governance che siano in grado di realizzare un processo di convergenza o, perlomeno, di riduzione dell'eterogeneità non solo nella spesa, ma anche nei modelli di intervento, improntati ad una concreta e tangibile eliminazione degli squilibri esistenti non solo tra le diverse regioni, ma anche all'interno delle stesse regioni.
  La Corte dei conti va anche oltre: denuncia il limite estremo che si è arrivati a registrare in questi ultimi otto anni di analisi, ovvero proprio la negazione del diritto a ricevere gli adeguati servizi in ambito sociale, e questo perché, mentre in ambito sanitario, ospedaliero e sociosanitario esistono i LEA, ovvero i livelli essenziali, che su tutto il territorio nazionale devono essere garantiti e al di sotto dei Pag. 11quali non si può scendere, in ambito sociale, invece, gli analoghi livelli, i cosiddetti LEPS, cioè i livelli essenziali delle prestazioni sociali, non sono stati mai, e sottolineo mai, definiti, e quindi, non esistendo un limite minimo, accade addirittura di vedere non erogato il servizio, e quindi negato il diritto sancito costituzionalmente.
  Ricordo a questo proposito che, nella legge che avete chiamato «dopo di noi», l'unico articolo a cui non ci siamo strenuamente opposti fu infatti proprio il secondo, in cui si prevede, appunto, la definizione dei LEPS. Quanti anni aspetteranno ancora i cittadini per vederli definiti ? Altri diciassette ? Ma dirò di più: questa negazione dei diritti fondamentali al Sud avviene anche in ambito socio-sanitario, ovvero per quei servizi invece assicurati dai LEA, tra l'altro recentemente aggiornati con grande fatica e con diverse lacune.
  Non molto tempo fa, infatti, sempre in quest'Aula denunciavo proprio uno di questi casi, snocciolando dati e numeri che danno della mia regione, la Sicilia, che prendo ad esempio, un quadro desolante per l'assistenza alle persone gravemente disabili e non autosufficienti, sia adulti che bambini. Denunciai infatti il caso di Giovanni, giovane ricercatore della provincia di Palermo affetto da grave tetraplegia, che da aprile 2016 sta ancora lottando per ottenere un suo diritto, ovvero l'assistenza domiciliare H24 che dovrebbe essere appunto garantita da questi famosi LEA. Ebbene, la regione siciliana ha spiegato che con soli 13 milioni di euro non riesce a garantire il servizio a tutti coloro che ne hanno bisogno, ovvero circa 2.500 siciliani; a proposito, attendo ancora una risposta da maggio dell'anno scorso alla mia interrogazione al riguardo, in cui tra l'altro cito numerosi altri casi, specie sempre al Mezzogiorno.
  Quindi, è sotto gli occhi di tutti come l'aspetto economico non sia subordinato alla garanzia dei diritti, ma come avvenga nel nostro Paese l'esatto contrario: se ci sono i soldi rispettiamo i diritti umani, altrimenti niente; e tanti saluti alla Convenzione ONU a favore dei diritti delle persone con disabilità e alla nostra stessa Costituzione. Si può definire civile un Paese del genere ? Abbiamo proposto con i miei colleghi innumerevoli volte non solo di aumentare ovviamente le cifre destinate alle regioni per l'erogazione di questi servizi, ma di rendere più efficiente il Fondo per la non autosufficienza, e quindi la spesa e i trasferimenti. Innanzitutto la ripartizione non può più avvenire in base solo alla popolazione, ma deve avvenire in base all'incidenza regionale dei casi di non autosufficienza per rispondere adeguatamente al fabbisogno reale, specie in situazioni di ristrettezza economica, al fine di evitare eventuali sprechi o risorse allocate in maniera non efficiente. Ci rispondete che non in tutte le regioni sono stati condotti un censimento e una stima attendibile tale da permettere questo adeguamento: potrebbe essere vero, ma esistono altri sistemi di calcolo indiretto per ottenere questi dati, proprio come tra l'altro prevedete di fare nel decreto delega sull'inclusione scolastica per gli alunni disabili che stiamo proprio discutendo in questi giorni; ovvero tramite ciò che già esiste, quindi gli iter di certificazione, i dati dell'INPS, le commissioni mediche, la legge n. 328 del 2000 e quant'altro: come vedete, i modi ci sono e anche meno improvvisati dei vostri.
  La seconda proposta, poi, strettamente collegata riguarda infatti la tracciabilità dei fondi, dal momento che pare impossibile risalire regione per regione, ASL per ASL, comune per comune agli esatti flussi di denaro che di anno in anno vengono ripartiti e trasferiti. C’è un'incertezza totale, e nemmeno si sa se i vincoli di destinazione della spesa siano stati effettivamente rispettati. In questo stato di cose, pur avendo la volontà, come si può poi andare a verificare se le somme stanziate si sono rivelate adeguate e se sono state investite correttamente ? Infatti sempre la Corte dei conti, infine, elenca come obiettivi ancora da centrare: migliorare gestione, programmazione, monitoraggio della spesa sociale e valutazione dell'efficienza e dell'efficacia degli interventi. Pag. 12Sono proposte elementari che sono qui a presentarvi nuovamente, e continueremo a farlo ad ogni occasione, come promesso e dimostrato già tante volte.
  È tempo di ripristinare il giusto corso delle priorità: prima di ogni cosa vengono i diritti umani, civili, sociali, come la stella polare da seguire sempre, in ogni caso. Le risorse economiche e la pianificazione finanziaria si adattano affinché questi possano essere assicurati a tutti i cittadini che ne hanno bisogno, in tutto il Paese e per tutto il tempo necessario.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rocco Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, io penso che questo decreto-legge, che è stato battezzato, ad onor del vero più dalla stampa e dai mezzi di comunicazione che non dal Governo, come «decreto Sud», «decreto per il Mezzogiorno», per la verità il decreto-legge che il Governo ha licenziato, che è costituito, così come è stato licenziato dal Consiglio dei ministri, solo da sette articoli più uno per l'entrata in vigore, riguarda in misura marginale il Mezzogiorno. Marginale per un motivo molto semplice: perché un decreto-legge che passa come decreto per il Sud, avrebbe sicuramente avuto la necessità di avere un'impostazione di molto più larga, nel senso di un piano vero e proprio di ristrutturazione di quello che riguarda le attuali politiche in riferimento non all'esigenza di nuove risorse, ma all'esigenza, questa sì, di cercare di far utilizzare al meglio le risorse che ancora non sono state spese sul 2007-2013, e vedere come, quando (parlo dei fondi strutturali); e peggio ancora quelle del 2014-2020, per le quali dopo tre anni e passa noi abbiamo un impegno di spesa certificato sì o no del 6 per cento.
  Il Paese ha bisogno di crescere, e ha anche bisogno di far diminuire il divario tra Nord e Sud, perché questo è un argomento che riguarda la storia del nostro Paese; e purtroppo per i dati che vengono e che emergono, aggravati anche dalla situazione della crisi di natura non solo endogena ma anche di carattere internazionale, non c’è dubbio che il divario purtroppo per noi del Mezzogiorno è anche aumentato. E penso che semmai sarebbe stato estremamente utile in questo caso il riferimento a quali sono i veri ostacoli di natura soprattutto burocratica, di funzionamento, di raccordo con l'Unione europea, e di raccordo anche soprattutto con il livello centrale. Ahimè, noi abbiamo una cattiva procedura di spesa per le risorse che sono assegnate alle regioni: mi riferisco chiaramente alle regioni dell'obiettivo 1, che sono quelle del Sud; ma anche per le risorse che sono strettamente di pertinenza di spesa dei Ministeri: anche i Ministeri purtroppo non brillano per efficienza ed efficacia della spesa e per quantità della spesa stessa.
  Questo intervento io immaginavo che contenesse anche una messa a punto, una situazione di raccordo rispetto anche ai tanti patti per il Sud, o piani per il Sud, regione per regione, che l'ex Presidente del Consiglio aveva firmato: porre cioè un punto fermo in riferimento a questo. Che riguarda poi tre aspetti fondamentali: la parte grossa che riguarda il Piano infrastrutturale e quant'altro, con tutte le risorse che ci sono in campo, soprattutto per quello che riguarda le infrastrutture; e poi anche i due piccoli, ma importanti capitoli che anche si aggiungono al piano fondamentale: mi riferisco alle risorse dei piani di sviluppo rurale (ahimè, tutte le regioni sono in grande ritardo; in particolare segnalo al Ministro anche la mia regione, la regione Puglia, che rischia di perdere la prima annualità, perché i ritardi sul piano di sviluppo rurale sono veramente enormi); e anche la parte che riguarda la pesca, dove ancora, se per i piani di sviluppo rurale c’è stata l'approvazione da parte della Commissione europea, nessuna notizia si ha sulle risorse ingenti che riguardano la situazione della pesca. E ad onor del vero qui c’è la responsabilità quasi preminente, se non totalizzante delle regioni; ma il Governo deve pur avere la necessaria attenzione e cioè intervenire, perché qualche tempo fa è stata costituita l'Agenzia per la coesione Pag. 13territoriale, che doveva proprio cercare di superare questi problemi: invece i problemi non solo non si sono superati con questa fantomatica Agenzia, ma si sono purtroppo aggravati.
  Nel decreto-legge l'attenzione è stata sostanzialmente monopolizzata dalle norme riguardanti l'Ilva: non c’è dubbio che questo è un problema serio per il Paese, sono ormai 13 gli interventi legislativi, tra decreti-legge e norme importanti che sono state inserite anche al di fuori di decreti-legge ma entro qualche forma, e anche qui c’è stata l'introduzione di norme che riguardano l'Ilva. Noi abbiamo avuto in Commissione un confronto molto proficuo, e di questo dobbiamo dare atto al Ministro della coesione territoriale e del Mezzogiorno, che è presente qui in Aula, signor Presidente, e che ha seguito minuziosamente tutto l'iter del decreto-legge, comprese anche le audizioni: un fatto, ad onor del vero, non ho nessuna difficoltà a dire, estremamente positivo e insolito per i Governi che ci sono stati in questa legislatura, e per i Ministri che ci sono stati in questa legislatura.
  Questo ha contribuito anche a fare chiarezza su alcuni punti, a fronte del rimpallo che c’è tra il presidente della regione Puglia, ove insiste a Taranto l'Ilva, e il Governo centrale sul problema di come impostare l'ambientalizzazione e le bonifiche all'interno di questo stabilimento, che deve sicuramente continuare a vivere e a produrre acciaio pulito. C’è stata una enorme divergenza di impostazione nel senso che il presidente della regione ha formalizzato, non solo nelle audizioni, ma anche per iscritto, che gli interventi necessari debbono avere come partenza la cosiddetta decarbonizzazione, cioè togliere via via l'utilizzo del carbone e prevedere impianti a gas per far funzionare l'Ilva a gas, perché in questa maniera dovrebbe aver cessazione l'inquinamento. Ora, il Governo è stato di avviso diverso perché quell'emendamento che io chiaramente ho riproposto anche qui in Aula non ha avuto il parere favorevole del Governo e non ha avuto il parere favorevole neanche della maggioranza che ha motivato che, essendoci delle procedure in corso di vendita, cosa che a noi non sfuggiva da questo punto di vista, davanti a una situazione del genere, si è trincerata per il «no». Bene, però abbiamo messo un punto fermo, al di là dell'impostazione che uno può avere su questa situazione. Io ritengo che la posizione che è stata espressa in audizione dai due procuratori della Repubblica, Greco di Milano e Capristo di Taranto, debba essere assolutamente presa in considerazione, dopo il lavoro encomiabile che è stato fatto, encomiabile nel contesto del recupero delle risorse (parliamo quasi di 1,3 miliardi di euro), che dovranno essere utilizzate, una volta recuperate per intero, perché ancora non lo sono, esclusivamente per l'ambientalizzazione e la bonifica all'interno stesso della fabbrica, dell'industria che c’è, per determinare poi delle situazioni che dovrebbero comportare la produzione di acciaio pulito. Ora, il problema che si pone, che hanno posto i due procuratori è che in questo contesto ci vuole grandissima attenzione perché non è che si possono spendere risorse così ingenti per poter determinare la bonifica della discarica, l'ambientalizzazione e il nuovo ciclo produttivo con un'impiantistica che non inquini e poi invece non raggiungere i risultati sperati. Io penso che questo problema noi lo dobbiamo porre, lo dobbiamo porre con grande attenzione e che è compito del Governo cercare d'individuare questo aspetto, essendo stati noi sempre dell'idea che l'Ilva deve continuare a vivere, deve continuare a produrre e deve continuare a produrre acciaio pulito salvaguardando l'ambiente e creando anche una determinazione importante all'interno della motorizzazione, perché secondo noi i cittadini di Taranto hanno il sacrosanto diritto di sapere e ottenere, giorno dopo giorno, non di tanto in tanto, in maniera continuativa, un monitoraggio della struttura di inquinamento ambientale, per capire se si inquina di più, di meno, o uguale a prima e se questo grado di inquinamento può comportare danneggiamento alla salute e in che misura possa essere comportato. Ora secondo me, non può essere il perito nominato dal magistrato Pag. 14di turno oppure l'estemporaneo studio del Ministero della salute, o peggio ancora l'estemporaneo studio fatto dal presidente della regione di turno e quant'altro, ma deve essere lo Stato, attraverso una struttura sicuramente di carattere regionale, sicuramente a Taranto, direttamente collegata con l'Istituto superiore della sanità, l'organo preposto per poter individuare questo tipo di situazione. È senza dubbio positivo per i livelli occupazionali che il Governo, in un contesto di grande difficoltà (ha avuto anche il nostro appoggio questo emendamento che noi condividiamo) ha stanziato 24 milioni di euro per con la cosiddetta cassa integrazione in riferimento a questo aspetto. Poi, noi abbiamo, nel contesto del decreto, norme per la depurazione. Io ritengo – e continuo a dire – che non è per gli obiettivi che debbono essere raggiunti rispetto all'inflazione che è stata contestata da parte dell'Unione europea sul problema dei depuratori che la scelta, la soluzione adottata da parte del Governo, attraverso la nomina di un commissario unico per poter risolvere questi problemi, a mio avviso non dia sufficienti garanzie per poter fare la soluzione. Forse ci risparmia l'inflazione – su quello io ho do atto al Governo perché uno degli obiettivi principali è quello – ma spero che, oltre a risolvere il problema dell'inflazione, si risolvano anche gli altri problemi.
  Sulla situazione della bonifica due innovazioni proposte dalla Commissione; una che riguarda il deposito ex Cemerad e l'altro, cioè quello che si è innestato sull'articolo che riguardava Bagnoli-Coroglio, ossia i problemi della discarica Burgesi di Ugento, dove la magistratura ha accertato che potrebbero esserci all'interno di questa discarica almeno seicento fusti di PCB, che è altamente velenoso per la situazione dell'inquinamento della falda e quant'altro e io ritengo che qui ci sia stata un'attenzione particolare da parte del Governo in riferimento a questo specifico problema che riguardava la prevenzione e la salute da parte dei cittadini.
   Poi, non è sufficientemente chiaro quanto previsto dall'articolo 4, che riguarda l'Agenzia per la somministrazione del lavoro per i porti e la riqualificazione professionale e quant'altro. Io mi auguro e spero che quello che è stato illustrato come obiettivo da parte del Governo e della maggioranza possa raggiungersi e possa pure eventualmente essere un progetto sperimentale e pilota che si avvii in riferimento anche agli altri porti perché, se veramente tutto ciò dovesse raggiungere gli obiettivi prefissati dal Governo – io ho i miei dubbi quando si tratta di queste cose –, sicuramente ci può essere una struttura che può dare certezza dal punto di vista del lavoro e certezza anche dal punto di vista dell'efficienza dei porti, perché – attenzione – la situazione dei porti, nel contesto del Mediterraneo, è una esigenza vera e reale, una ricchezza che non utilizziamo per niente e quando la utilizziamo la utilizziamo male. Anche lì vengono nominate poi spesso e ben volentieri delle persone che non hanno per niente competenza.
  Un po’ di delusione e di critica sulla situazione del Fondo «non autosufficienza», anche perché noi avevamo fatto una battaglia comune con i colleghi di Forza Italia, in particolare con l'onorevole Prestigiacomo, che aveva posto questo problema di incrementare le risorse soprattutto per i pazienti e per le famiglie con soggetti affetti da Alzheimer. Non c’è stata questa attenzione nonostante gli impegni. Io mi auguro che possa essere ripresa perché effettivamente c’è questa esigenza e questa necessità.
  Sulla situazione della radioterapia oncologica in riferimento ai 100 milioni dall'ex articolo 20 riservati alle regioni dell'obiettivo 1, io mi auguro che le regioni riescano a tirar fuori un programma e la quadra in riferimento a tutto ciò perché spesso e ben volentieri noi assistiamo al Governo che determina questo tipo di scelte e alla Conferenza delle regioni e alle regioni che non riescono o ritardano. Qui c’è bisogno di urgenza e quindi il Governo faccia sentire tutta la sua voce, tutta la sua autorità e tutta la sua forza per cercare di fare utilizzare queste risorse per la radioterapia oncologica nelle regioni dell'obiettivo Pag. 151 che, ad onor del vero – non è un fatto della Puglia – sono tutte carenti. Queste strutture sono tutte carenti di acceleratori lineari, sono tutte carenti di strutture tali da poter determinare, senza avere liste di attesa chilometriche, le Pet-Tac e quant'altro. E poi sulla situazione del G7 io mi rimetto a quanto è venuto a dirci Cantone, che è rimasto fortemente sorpreso. Qui il problema è che è vero che c’è ristrettezza dei tempi, ma il Governo sa chi sa da quanto tempo bisognava organizzare il G7 e insomma, c’è stata la nomina di un commissario di alto profilo perché il Prefetto, Riccardo Carpino, è figura tale. Ma può bastare un commissario davanti al dilagare del sistema della corruzione nella pubblica amministrazione nel nostro Paese ? Insomma, penso che anche qui bisogna vigilare e vigilare per bene.
  Situazione credito d'imposta: noi, con la legge di stabilità, avevamo già stanziato delle risorse e poi sono venuti Svimez, Confindustria e quant'altro a dire: guardate, qui è inutile che stanziate soldi, perché non vengono utilizzati. Viene utilizzata a meraviglia la parte che riguarda la decontribuzione, ma per quello che riguarda il credito d'imposta le risorse sono lì ferme perché c’è una serie di meccanismi, di vincoli anche rispetto alla quantizzazione dello stanziamento, di cifre che debbono rientrare, il cumulo e quant'altro, tanto che poi alla fine questa misura non viene utilizzata.
  C’è stato un incremento di risorse; c’è stata anche, ad onore del vero, un'estensione rispetto alle regioni dell'obiettivo 1, però mi auguro che le norme che sono state introdotte possano, diciamo, risolvere questo problema, perché il credito di imposta è uno strumento serio a condizione che ci siano risorse e che venga fatto funzionare, perché se lo mettiamo tanto per dire che abbiamo incrementato le risorse per il credito d'imposta e poi non funziona io penso che si fallisce l'obiettivo e lo fallisce non solo il Mezzogiorno ma lo fallisce il Paese, lo fallisce l'Italia. Noi abbiamo bisogno di crescita, abbiamo bisogno di produzione, abbiamo bisogno di lavoro, abbiamo bisogno di questo rispetto alle varie situazioni.
  E poi mi permetto di segnalare – e mi avvio alla conclusione – al Ministro, che è titolare della delega per i fondi di coesione, delle situazioni particolari. Prima ho detto e ho criticato fortemente le regioni, perché hanno grande responsabilità nei ritardi dell'utilizzo delle risorse comunitarie e anche rispetto non solo alla quantità ma anche alla qualità della spesa e questo lo confermo. Signor Ministro, signor Presidente, non c’è dubbio che le responsabilità più grandi siano sicuramente da addebitare alle regioni. Però, lo spirito del problema che riguarda il monitoraggio – e ritorniamo, cioè, all'Agenzia che doveva risolvere questi problemi e quant'altro – permane tutto, in un contesto in cui, fino a quando non vi saranno degli interventi veri e propri sostitutivi rispetto alle grandi opere e alle grandi infrastrutture, noi rischiamo quello che si sta rischiando. Ci sono i fondi stanziati nel 2011 con delibere CIPE, che quindi non hanno nulla a che vedere con il problema delle scadenze delle rendicontazioni della Comunità europea – e parliamo del Fondo di coesione nazionale –, fondi che sono stati stanziati, dicevo, ma proprio per una delle cose peggiori che ci sono al Sud; la burocrazia non funziona, le amministrazioni non sono sufficientemente attente, soprattutto quelle comunali, e abbiamo delle situazioni incredibili, con amministrazioni super efficienti e amministrazioni, invece, che non sanno neanche se arriva la Gazzetta Ufficiale o se viene pubblicata. Purtroppo, la realtà è questa.
  In questo senso che cosa è successo ? È successo che anche la situazione che riguarda il nuovo codice degli appalti, anche se ad onor del vero a mio avviso non è che sia stato poi così determinante, ha provocato ulteriori ritardi. Su questo non c’è dubbio; però, non è determinante, perché noi parliamo del 2011, ma per tante opere che avevano necessità di investimento – e parliamo di opere pubbliche –, che avevano necessità di ricevere il parere e il nullaosta della sovrintendenza, il nullaosta Pag. 16paesaggistico, la VIA, questo e quest'altro, cioè praticamente tutti i vari incatenamenti che da solo il Paese si è costruito uno dietro l'altro, non si è riusciti ad ottenere la utilizzazione nei tempi.
  E quindi è vero che il «mille proroghe» riapre una piccola finestra, almeno per quei progetti che hanno ottenuto già i vari pareri di sovrintendenze, la VIA e quant'altro, e in particolare, per esempio, risolve un problema della mia regione, che riguarda la costruzione del nuovo ospedale di Fasano, in provincia di Brindisi. Detto questo, però ci sono anche le università che hanno ricevuto e assegnato a suo tempo delle risorse; ci sono anche altri comuni che si trovano nella stessa situazione. Forse, forse, signor Presidente, se il Governo, con il qui presente il Ministro titolare, nel contesto del – io l'ho ripresentato qui – «mille proroghe», che è in corso di conversione nell'altra Camera, al Senato, sarebbe utile aprire una piccola finestra per recuperare queste risorse. Non c’è dubbio che hanno avuto anche già delle proroghe, ma forse un ultimo piccolo sforzo sarebbe estremamente positivo perché poi si tratta di opere pubbliche, si tratta, insomma, di infrastrutture universitarie di alcune regioni, si tratta di opere pubbliche che riguardano sicuramente gli enti pubblici e che i vari ritardi non hanno consentito.
  Io penso che questi siano i motivi ancora non del tutto risolti.
  Noi abbiamo presentato degli emendamenti anche in Aula. Dunque, ritengo positivo, signor Presidente – e concludo veramente – che il Governo, dalle prime valutazioni, non sia intenzionato a porre la fiducia su questo decreto e, quindi, mi auguro che le altre situazioni che sono in piedi possano avere un accoglimento per migliorare ulteriormente il decreto.
  Rimane la nostra ferma critica, perché per il Mezzogiorno noi siamo in attesa di un processo di ricognizione organico che riguardi non risorse in più ma la possibilità di interventi straordinari, normativi, ordinamentali, che possano consentire veramente di realizzare le opere e di spendere per bene i fondi strutturali nonché di renderli efficaci ed efficienti sia come qualità sia come quantità, perché potrebbero dare una grossa mano per ridurre il divario tra nord e sud e potrebbero dare anche una grossa mano per la crescita del Paese.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Prestigiacomo. Ne ha facoltà.

  STEFANIA PRESTIGIACOMO. Grazie, Presidente. Vorrei partire da una questione di forma per denunciare la sostanza del provvedimento. Il contenuto del testo, infatti, non corrisponde al titolo con cui si presenta, ovvero «interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale per il Mezzogiorno». Ecco, il decreto-legge che stiamo esaminando, pur modificato dalla Commissione bilancio, non soddisfa in alcun modo le esigenze reali di coesione sociale e territoriale del Mezzogiorno, ovvero i bisogni di una parte consistente del Paese che da troppo tempo soffre una condizione di arretratezza, ma si limita ad una serie di piccoli interventi di portata modesta, misure tampone, che in alcuni casi pongono rimedio a errori o dimenticanze dell'ultima legge di bilancio, approvata in tutta fretta, mentre in altri casi sono vere e proprie norme spot volte a soddisfare esigenze politiche e sociali.
  Voglio dare atto al relatore che almeno nel suo intervento, con un po’ di onestà intellettuale, ha esordito dicendo che questo provvedimento effettivamente non dovrebbe portare questo titolo, perché crea aspettative che non sono minimamente affrontate in questo provvedimento e che si dovrà attendere del tempo, speriamo non troppo, per vedere finalmente il Governo impegnato in qualcosa di più significativo, perché io credo che la politica economica del Governo dovrebbe includere tutto il Paese senza lasciare nessuno indietro. Non si può andare avanti a intermittenza: un Governo cerca di fare ma arriva il Governo successivo e disfa.
  Per questo ormai da diverso tempo chiediamo inascoltati un grande piano per il Mezzogiorno, un sistema che possa finalmente mettere in luce l'enorme potenziale Pag. 17che troppo spesso rimane inespresso nel sud del nostro Paese. Il Governo deve intervenire, creando le condizioni per sostenere l'economia meridionale e il capitale sociale di questa realtà troppo penalizzata nel corso della storia. Servono misure vere, concrete, in grado di colmare il gap infrastrutturale e di servizi, di potenziare i presidi di legalità nonché misure specifiche volte a garantire l'accesso al credito e a stimolare gli investimenti.
  Ma davanti a queste esigenze ci troviamo, anche in questo caso, di fronte ad interventi microsettoriali, limitati ad alcune emergenze, che non hanno alcuna ambizione di pensare a qualcosa di grande ed importante per il sud. In particolare, nel corso della discussione della legge di stabilità 2016 e della legge di bilancio 2017 avevamo denunciato la presa in giro perpetrata a danno del sud. Il Governo Renzi ha preso letteralmente in giro per tre anni il Mezzogiorno con grandi annunci, masterplan, promesse mai mantenute.
  La decontribuzione sulle nuove assunzioni è stata di fatto ridotta e il credito d'imposta per i beni strumentali, finanziato tra l'altro con risorse già assegnate al Mezzogiorno, è stato solo un palliativo inutile e incapace di innescare un processo virtuoso di ripresa. Renzi ha trattato il Sud con egoismo, io direi anche con incoscienza, ma a furia di proclami privi di concretezza non è riuscito ad ingannare i cittadini del Mezzogiorno che si sono espressi chiaramente con un secco «no» alla sua riforma e, più in generale, con un secco «no» al suo operato. Davanti alla inefficienza del Governo Renzi, ci aspettavamo un pochino di più dal Governo Gentiloni, a partire da questo provvedimento. Bassa produttività e diminuzione degli investimenti in particolare nel Mezzogiorno sono infatti alla base della debolezza del nostro Paese soprattutto in ottica europea. Anche questo Governo non può far fatica a capire che la produttività non può crescere a furia di norme tampone, così come con l'uso di risorse scarse per finanziare bonus di vario tipo. Questo non rappresenta una politica di sostegno all'innovazione tecnologica e alla formazione di capitale umano e gli anni di crisi hanno determinato per il Sud un colpo fortissimo.
  Due fenomeni hanno agito in combinazione, producendo un ulteriore aggravamento per il Mezzogiorno: il lungo declino dell'occupazione maschile e la mancata crescita dell'occupazione femminile. Tutti i dati che confermano che la parte meridionale del Paese è un territorio contraddistinto da una bassa partecipazione al lavoro: il tasso di attività resta fermo al 54,2 per cento contro il 64,8 della media nazionale e il tasso di occupazione complessivo dai 15 ai 64 anni continua ad essere inferiore di 18,4 punti rispetto a quello registrato nelle regioni del Centro-nord. Le famiglie senza reddito nel Mezzogiorno sono quasi il 25 per cento, una su quattro. Una piaga che spesso trova sfogo solo nel lavoro nero, con corrispondente evasione, e – ahimè – nella criminalità. A ciò si deve aggiungere il forte depauperamento di capitale umano determinato dalla fuoriuscita di numerosi giovani e adulti che si sono trasferiti, come sessant'anni fa, al Centro-nord o all'estero, una migrazione di cui poco si parla, ma che ha riguardato secondo l'Istat 1.600.000 persone in quindici anni, per il 60 per cento dai 20 ai 45 anni di età. Una migrazione che ha inciso anche sulla fecondità che ha raggiunto nel Sud i livelli più bassi del Paese perché meno giovani significa meno figli, meno lavoro si traduce in minori possibilità di mettere su famiglia. Il tema centrale non è infatti solo di tipo economico, ma anche di natura sociale e culturale. L'approccio, insomma, alle politiche del Mezzogiorno dovrebbe essere a 360 gradi, gli investimenti da ridistribuire, in particolare nell'area meridionale del Paese, riguardano quindi necessariamente anche il capitale umano e sociale.
  È evidente, tra l'altro, come all'interno della questione meridionale generale e del gap economico e sociale che si è creato fra Nord e Sud del Paese, esista una questione che investe anche il sistema universitario e che rischia di trasformarsi rapidamente in Pag. 18un danno incalcolabile per il Mezzogiorno: le università meridionali infatti hanno perso 45 mila immatricolati negli ultimi dieci anni, mentre il Centro-nord, dopo un'iniziale perdita, ha superato la crisi di immatricolazioni. Per non parlare del tema infrastrutturale: l'area del Mezzogiorno presenta innanzitutto bassissimi livelli di connettività ferroviaria al suo interno, in termini sia di estensione della rete, sia di velocità commerciale. La competitività del trasporto ferroviario delle merci è bassa e necessita di interventi di riequilibrio, mentre sul lato dei servizi di trasporto ferroviario passeggeri sono bassi i livelli di qualità percepita a causa di scarsa accessibilità e carenza di servizi, per non parlare dell'assenza di collegamenti ad alta velocità, oggetto di annunci che non hanno ancora avuto alcun seguito. Questi servizi rivestono un interesse strategico di cruciale importanza non solo sul piano della garanzia del diritto fondamentale alla mobilità dei cittadini, ma anche per lo sviluppo dell'economia dell'intero Paese e soprattutto per la forte vocazione turistica del Mezzogiorno che nei periodi estivi riscontra un consistente afflusso di visitatori.
  È assolutamente necessario intervenire per innalzare il livello di competitività del sistema attraverso il potenziamento delle infrastrutture e attrezzature portuali e interportuali, incluso il loro adeguamento ai migliori standard ambientali energetici e operativi. Anche in tal senso il Governo si è mostrato assolutamente carente nei propri interventi. Nulla è stato fatto per colmare il gap infrastrutturale del Sud attraverso investimenti specifici. Lo stesso Fondo infrastrutture inserito dall'ultima legge di bilancio non ha riservato una quota specifica per il Sud.
  Ebbene davanti a queste esigenze, esposte molto sommariamente, non troviamo alcuna risposta nel testo al nostro esame. Lo stesso credito d'imposta concesso sulla scia di quanto fatto già con la legge di stabilità 2016, è una piccola misura che non può certo essere decisiva per risollevare gli investimenti. Del resto già lo scorso anno questa misura non ha suscitato grande interesse da parte delle imprese, forse bisognava incidere in maniera più forte creando delle vere e proprie zone franche.
  Di fronte al tema infrastrutturale che riguarda anche i porti del Mezzogiorno, e più in generale per contrastare la crisi in atto nel comparto del trasporto marittimo, il Governo si limita a istituire – passatemi il termine – l'ennesima agenzia per la somministrazione del lavoro in porto e per la riqualificazione professionale. Va bene lo scopo di sostenere l'occupazione e di accompagnare i processi di riconversione industriale delle infrastrutture portuali, ma forse si poteva pensare ad un piano un po’ più incisivo e che comunque non fosse limitato solo ad alcuni porti. La misura infatti esclude una serie nutrita di porti ubicati nelle regioni del Mezzogiorno essendosi evidentemente privilegiato nella selezione dei porti beneficiari delle misure in questione il criterio della vicinanza politica tra determinati enti locali e l'attuale Governo e questo non va bene ed è insopportabile ! Tra l'altro, la tematica afferente i porti italiani avrebbe meritato ben altro approfondimento e un maggiore coinvolgimento del Parlamento, e non solo delle Commissioni che hanno visto passare decreti legislativi che hanno proprio modificato l'assetto dei porti e le loro governance. In primo luogo, l'accorpamento delle autorità portuali lungi dal produrre gli annunciati risparmi di spesa ha piuttosto determinato una situazione decisamente conflittuale tra i territori e le amministrazioni coinvolte dalla revisione della governance di tale settore, con rilevanti effetti negativi anche sulle attività economica e sull'indotto.
  Con questo provvedimento il Governo ha quindi perso l'occasione per definire una politica di effettivo rilancio dei porti meridionali che hanno registrato negli ultimi anni una bassissima produttività. Il riordino operato, da ultimo, col decreto legislativo n. 169 del 2016 emanato a seguito della delega contenuta nella «legge Madia», ha di fatto comportato la paralisi delle attività di alcune autorità portuali con il blocco degli investimenti, con commissariamenti Pag. 19e anche con la perdita di finanziamenti europei importanti, in particolare per le dubbie scelte portate avanti per i porti siciliani. Il Ministro Delrio pochi giorni fa è venuto a rispondere a un mio question-time nel quale contestavo gli accorpamenti che ha fatto tra i porti siciliani. Pensate: ha accorpato il porto di Messina, di una regione che è una regione comunque a statuto speciale, quindi forse doveva essere interpellata, con il porto di Gioia Tauro, cioè con il porto di un'altra regione senza minimamente ascoltare il territorio; il porto di Messina che ha problematiche relative allo Stretto di Messina, quindi tutte particolari, con il porto di Gioia Tauro. E poi ha accorpato il porto di Augusta, che è un «porto core», con il porto di Catania.
  La legge era ispirata al criterio secondo il quale la sede di queste immense autorità portuali nuove dovesse essere quella dei «porti core». Ma non si capisce perché, per Catania ed Augusta – forse in base al solito insopportabile principio – la sede è stata decisa a Catania, in barba al territorio, che non è stato minimamente consultato, creando un disagio sociale tra due realtà, che dovrebbero collaborare e che oggi vivono uno scontro senza precedenti.
  Ebbene, il Ministro Delrio ha giustificato questa scelta, dicendo che Augusta ha perso negli ultimi tre anni importanti finanziamenti europei e, quindi, non era bene amministrata. Ma siete stati voi, i Governi Renzi e sempre il Ministro Delrio, a nominare, in virtù di questo riordino, anziché dei manager, dei commissari ministeriali. E il conto chi lo deve pagare ? Il territorio ? Quando le responsabilità stanno tutte in capo al Governo ?
  Io su questo punto ho presentato degli emendamenti, per ripristinare la situazione ex ante, perché francamente, se una riforma deve scassare il territorio, forse è bene pensarci in tempo. Infatti, già il danno lo abbiamo fatto con l'eliminazione delle province, non vorrei che passasse in secondo piano, ma che poi i danni economici rilevanti, sul tema dei porti, li pagasse il territorio.
  Riguardo poi a un altro tema, che affronta il decreto, vorrei fare un passaggio – che hanno fatto un po’ tutti i colleghi che mi hanno preceduto – sull'incremento del Fondo per le non autosufficienze, che non appare affatto congruo, rispetto agli impegni assunti con legge di bilancio per il 2017, secondo cui, in sede di revisione dei criteri di riparto del fondo, verrà ricompresa anche la condizione delle persone affette dal morbo di Alzheimer.
  Anche in questo caso, il gruppo di Forza Italia ha presentato alcuni emendamenti, volti a incrementare il fondo e a definire criteri più stringenti per il riparto delle risorse, e appoggerà tutti gli emendamenti anche degli altri gruppi che puntano a migliorare l'attuale gestione del Fondo per le non autosufficienze.
  Sul G7 il Governo – è stato un po’ imbarazzante – ha dovuto porre rimedio in Commissione, dopo l'audizione del presidente Cantone, al seguito delle richieste dei gruppi, perché il testo originario prevedeva il ricorso alla procedura negoziata, senza previa pubblicazione del bando di gara per l'aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, ponendosi in contrasto con il codice degli appalti e con la normativa europea sul punto. Qui non si può non ricordare le feroci critiche che sono state rivolte ai Governi Berlusconi, quando si sono avvalsi della Protezione Civile, perché evidentemente c’è un problema nel Paese, se non si riesce a realizzare tutta una serie di infrastrutture in tempi rapidi, per non fare brutta figura e per ospitare eventi di caratura internazionale.
  Voi siete stati quelli che avete modificato il codice degli appalti con lo slogan «mai più deroghe» e poi, alla vigilia del G7, senza alcun imbarazzo, avrete presentato una norma che, addirittura, prevedeva appalti a trattativa privata. Ci sarebbe almeno da diventare un po’ rossi.
  E veniamo al tema dell'Ilva. Sarà il decimo, forse l'undicesimo intervento che viene fatto attraverso decreto-legge per l'Ilva. Sono state approvate misure per la cassa integrazione, ma è chiaro come la procedura di dismissione e valorizzazione Pag. 20sia ancora tutta al palo, la bonifica ristagni e tutte le negatività della situazione siano, purtroppo, ancora presenti e prive di interventi risolutivi. Sull'Ilva ci piacerebbe che si intervenisse una volta per tutte, con un provvedimento all'Ilva dedicato, dove venissero affrontate tutte le problematiche e non con questi continui interventi, che francamente sono anche difficili per i parlamentari da valutare, da studiare e da migliorare.
  Insomma, in definitiva, Presidente, concludo dicendo che c’è tanta, tanta amarezza e tanta delusione, perché questo provvedimento, in definitiva, è soltanto la somma di piccoli interventi, che ancora una volta assumono il sapore dell'ennesima occasione persa per il Mezzogiorno e per il Paese.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Cardinale. Ne ha facoltà.

  DANIELA CARDINALE. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, signor Ministro, signora sottosegretaria, per anni il Mezzogiorno è stato derubricato dall'agenda di Governo, che lo ha tenuto in coda alle priorità di questo Paese.
  Ricordo bene la scorsa legislatura, quando il Sud era considerato una sorta di bancomat per le emergenze. E ho memoria di quando, per salvare Alitalia o per pagare le multe per le quote latte, si faceva ricorso a quelle risorse che dovevano essere destinate allo sviluppo del Sud.
  In questa legislatura, invece, è stata impressa una svolta importante, sotto il profilo metodologico e culturale. Il PD si è assunto la responsabilità di restituire dignità politica alla questione meridionale. Lo ha fatto in termini nuovi ed innovativi e il masterplan ha declinato questa nuova logica: non più un assecondare dinamiche del lamento, ma un impulso, uno stimolo a fare di più.
  Sono stati siglati patti, che hanno riguardato tutte le regioni meridionali e le città metropolitane di quest'area e, in conseguenza di ciò, nei prossimi anni, si muoveranno risorse pari a 95 miliardi di euro per infrastrutture, ambiente, cultura, coesione sociale, promozione di attività economiche e agricoltura.
  Avremo appuntamenti importanti, come Palermo capitale italiana della cultura per l'anno 2018, che avvicinerà l'appuntamento di Matera capitale europea della cultura per l'anno 2019.
  Sappiamo bene che la cultura è una variabile molto importante per il rilancio e per lo sviluppo del Sud. È il più grande giacimento di energie e potenzialità che abbiamo a disposizione e, purtroppo, risulta largamente sottoutilizzato.
  Pompei ci dimostra che molto si può fare sotto questo punto di vista e sono convinta che la sfida di Palermo sia una sfida strategica, proprio per rilanciare la cultura come asset per lo sviluppo. Mettere in rete musei, bellezze, patrimonio storico, naturalistico e ambientale è imprescindibile, per un Paese come l'Italia ma soprattutto per il Mezzogiorno.
  Siamo oggettivamente in una fase nuova, in cui ciascuno è chiamato ad assumersi le proprie responsabilità e il Governo sta facendo una parte importante.
  Il decreto in esame reca una serie di misure urgenti per la coesione sociale e territoriale e per far fronte a criticità che interessano aree del Mezzogiorno, prevedendo interventi che coniugano ambiente e occupazione.
  Si va da Ilva alla rete sanitaria. Si interviene per garantire un rapido adeguamento alle sentenze di condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2012 e del 2014 ed evitare l'aggravamento delle procedure di infrazione in essere, mediante gli interventi sui sistemi di collettamento, fognatura e depurazione delle acque reflue, un obiettivo che viene perseguito affidando i compiti di coordinamento e realizzazione dei citati interventi ad un unico commissario straordinario del Governo, in sostituzione dei precedenti commissari nominati con lo sblocca Italia. È una misura da non sottovalutare. Si tratta di una criticità che è direttamente collegata anche alla promozione delle nostre coste di straordinaria bellezza.Pag. 21
  Abbiamo la necessità di rafforzare l'attrattività turistica del nostro mare, che attualmente è sottodimensionata. E una delle cause è sicuramente legata alla mancata depurazione di acque reflue.
  Ci sono poi misure legata alla portualità, che puntano ad offrire supporto alle vie del mare, che riguardano in particolare i porti del Mezzogiorno e che consentono alla riforma voluta dal Ministro Delrio di essere ancora più efficiente dopo il processo di razionalizzazione delle autorità portuali.
  C’è poi la parte dedicata al G7 di Taormina.
  Questo appuntamento, di indiscussa valenza per l'Italia, anche in relazione all'attuale momento geopolitico mondiale e agli scenari che si prospettano per il prossimo futuro avrà come vetrina dell'Italia per il mondo una location di straordinaria bellezza, scelta e voluta con forza dall'ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Taormina sarà epicentro del mondo, e noi, facendo anche tesoro delle criticità emerse nel passato, dobbiamo far sì che la preparazione di questo appuntamento possa svolgersi con trasparenza ed efficienza. Il Governo ha predisposto un quadro normativo rispondente a questa necessità, in cui anche l'urgenza e la necessità non costituiscano zone d'ombra in cui, purtroppo, in passato abbiamo visto annidarsi virus che hanno pregiudicato l'immagine del Paese. Noi guardiamo con assoluta serenità a questo importante appuntamento, che vedrà protagonista il nostro Paese e la Sicilia.
  Ci sono, poi, anche altre misure di sicuro rilievo ed impatto, anche dal punto di vista sociale. Penso, ad esempio, all'incremento delle risorse per il Fondo per le non autosufficienze o alle misure in materia di coesione sociale. La presenza all'interno di questo nuovo Esecutivo di un Ministro per la coesione è elemento di grande rilevanza politica e costituisce motivo di apprezzamento non solo per la serietà e la capacità di chi ricopre tale incarico, ma soprattutto per l'attenzione che viene destinata all'area più fragile di questo Paese. Il Sud è certamente una questione che non può ridursi al numero degli stanziamenti o alle risorse destinate. Il Mezzogiorno è soprattutto una questione politica che investe la responsabilità delle classi dirigenti a tutti i livelli, da quelle centrali a quelle periferiche e locali.
  È in questo quadro che deve essere inserito questo provvedimento, che non è un collage di emergenze, ma, in qualche modo, evidenzia come il primo provvedimento del Governo Gentiloni si sia rivolto proprio alle criticità di questa vasta macroarea, che conta otto regioni e oltre 20 milioni di abitanti. Sappiamo bene che in essa si addensano problemi enormi, a partire dal fatto che oltre un terzo della popolazione vive in condizioni di indigenza, che lì si registra il più basso numero di popolazione attiva occupata, che il numero delle donne che lavorano è ben lontano dagli obiettivi europei, che esiste un'emergenza giovani e che l'immigrazione ci priva di intelligenze e anche di braccia.
  I tasselli di questo provvedimento ci dimostrano che c’è consapevolezza di tutto questo e che, se proviamo a scongiurare la chiusura di Ilva, se vogliamo dotare il Sud di infrastrutture portuali e per la depurazione delle acque, se vogliamo proseguire sul recupero di aree urbane come Bagnoli e investire su processi di rigenerazione urbana e bonifica, e se, infine, consideriamo Taormina non solo la sede per una foto dei sette Presidenti e Primi Ministri dei Paesi più industrializzati e vogliamo farci carico delle fragilità di una parte assai importante del nostro Paese, tutto questo dimostra che la maggioranza, questo Governo e, soprattutto, il Partito Democratico intendono proseguire nelle politiche già intraprese dal Governo Renzi volte a rafforzare le misure a sostegno del Mezzogiorno.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Massa. Ne ha facoltà.

  FEDERICO MASSA. Vorrei partire, signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, signora sottosegretaria, da una considerazione forse banale, e cioè io Pag. 22credo che a nessuno possa neanche venire in mente che questo decreto sia in grado o abbia la pretesa di risolvere la questione meridionale; direi missione impossibile per lo strumento di cui stiamo discutendo. Credo che forse, in maniera più coerente, possa condursi un esame per stabilire se questo decreto-legge va nella giusta direzione, se questo decreto si inserisce in un percorso e se, in questo percorso, questo decreto non affronta alcuni snodi fondamentali, perché di decreto-legge stiamo parlando, non della riforma delle politiche nel Mezzogiorno d'Italia.
  E allora, c’è, io credo, in questo decreto, stando al merito della questione, una linea coerente, perché, guardate, quando si dice i ritardi, le asimmetrie territoriali, qui si fa un intervento che guarda al mondo della sanità e che non risolve tutti i problemi della sanità, ma che va nella direzione di dotare il Mezzogiorno di strutture di avanguardia e che si pone, contestualmente, la questione e il problema di qualificare il personale che quelle strutture deve utilizzare. Siamo in presenza di una scelta, quella di implementare il credito di imposta con un radicamento territoriale, che non risolve i problemi denunciati dallo Svimez, ma che va nella direzione giusta per affrontare quei problemi, rendere quei territori attrattivi perché convenienti dal punto di vista degli investitori e attrattivi perché interessati da interventi complessivi di recupero ambientale e territoriale.
  Io non penso, quando affrontiamo la questione dell'articolo 2 e dell'emergenza per superare l'infrazione comunitaria, all'infrazione comunitaria. Credo che sia più utile pensare all'intervento in sé, che aiuta a risolvere un problema di degrado ambientale e territoriale gravissimo che non è stato possibile risolvere attraverso la frammentazione degli interventi. Non so se il commissario unico raggiungerà lo scopo; so che tutti i commissari parcellizzati non lo hanno risolto, e quindi, siccome dobbiamo scegliere fra più commissari, e siamo certi che non lo hanno risolto, con una scelta di coordinamento centralizzato, con un unico commissario, penso che dobbiamo provare a fare qualche cosa di diverso da quello che abbiamo tentato di fare fino a questo momento, dove si è pagata una miopia territoriale: perché nelle singole situazioni – penso anche alla mia regione, la Puglia – forse si è preferito declamare una soluzione fantastica, per cui, diciamo così, lo dico con un paradosso, ovviamente, si dovesse puntare al fatto di bere l'acqua che usciva dai depuratori, e quindi pensare a soluzioni immaginifiche, senza fare i conti con una realtà nella quale attualmente noi non sappiamo dove vanno i reflui, non sappiamo come i reflui vanno in falda e, quando i reflui vanno in falda, non siamo in condizione di controllarli.
  E, allora, oggi si propone un intervento che rende possibile l'utilizzazione delle risorse, che risponde all'infrazione comunitaria, ma che, soprattutto, risponde a un'esigenza ambientale e territoriale di quelle aree. Quindi, questo credo che sia il filo conduttore: dobbiamo fare una politica di coesione territoriale che tenda ad omogeneizzare i livelli di sviluppo del Paese. Abbiamo individuato, ha individuato il Governo con questo decreto, e in Commissione alcuni profili sono stati migliorati, quali sono i punti di criticità rispetto ai quali il Mezzogiorno può recuperare un terreno rispetto alle aree più progredite del Paese. Da questo punto di vista, credo che la vicenda di Taranto sia emblematica. Ora, mi permetto di dire che non ho vissuto la drammaticità di un confronto fra la scelta del Governo, che si sarebbe attestata sulla conservazione, e una scelta rivoluzionaria, che guarderebbe alla decarbonizzazione. Tutti guardiamo alla migliore utilizzazione delle migliori tecnologie disponibili, ma l'intervento pubblico, e penso all'intervento del collega Scotto, che viene valorizzato nel Mezzogiorno con questo decreto, significa bonifiche, significa recupero ambientale.
  Poi ci vuole un operatore industriale, che faccia gli investimenti sulla fabbrica e nella fabbrica che non possono essere fatti dallo Stato, perché aprirebbero una questione europea; quegli investimenti, però, si intersecano con il recupero ambientale, Pag. 23e quell'imprenditore dovrà legarsi al piano industriale: che potrà in qualche maniera essere adeguato, ma non contrastato dalla scelta dello sviluppo produttivo. Ma fuori da questa ipotesi non c’è alcuna scelta possibile. E guardate che questo decreto-legge, che è un'evoluzione delle scelte, secondo me dà un segnale importantissimo nel momento in cui dice: i commissari restano in carica fino al completamento dell'ambientalizzazione, perché quello che è stato rimproverato alle precedenti soluzioni normative era che ad un certo punto si delegasse al soggetto privato che arrivava il completamento di quest'opera, con un'incertezza che aleggiava sulla possibilità che l'intervento fosse effettivamente efficace. Qui è stata fatta una scelta io credo di grande coraggio e di grande saggezza, perché si è detto: contestualmente all'avvio dell'attività dell'imprenditore resta il monitoraggio, il controllo, l'attività della struttura commissariale in funzione del recupero ambientale; e in funzione non solo del recupero ambientale, ma anche del recupero sociale, perché in questo decreto-legge c’è ed è fortissima la tensione verso la riconnessione del tessuto sociale. Si prendono 30 milioni e si mettono per interventi nel corpo vivo della società.
  Sono questioni semplici ? No. Ripeto: è una linea di tendenza, come diceva la collega Cardinale; cioè un'attenzione al Mezzogiorno diversa, perché non è un'attenzione che dà al Mezzogiorno alcune risorse e dice «vediamo che cosa siete capaci di fare», ma è una direzione che impegna risorse, ma impegna il Mezzogiorno a seguire una direzione di sviluppo all'interno di una politica nazionale che questo Governo rivendica, giustamente rivendica, e che nel confronto con le opposizioni (vedi gli emendamenti che sono stati approvati) viene valorizzata.
  Questo, io credo, è l'approccio, consentitemi la piccola immodestia: è l'approccio rispetto allo strumento di cui stiamo discutendo. Andiamo nella direzione giusta; penso che sia questo un ulteriore passo nel percorso verso il riavvicinamento delle aree più degradate del Paese a quelle più fortunate (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole De Lorenzis. Ne ha facoltà.

  DIEGO DE LORENZIS. Presidente, Ministro De Vincenti, sottosegretaria, colleghi, e soprattutto i cittadini a casa che ci ascoltano, stiamo discutendo la conversione in legge di questo cosiddetto decreto-legge Mezzogiorno, che reca interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale con particolare riferimento a situazioni critiche in alcune aree del Mezzogiorno. Ora, il nome del decreto-legge per noi è un po’ ingannevole, giacché non è preordinato a garantire la tutela per il Mezzogiorno in senso lato, in senso ampio e completo, ma si occupa solo, e direi anche male, di specifiche situazioni critiche di alcune aree del Mezzogiorno, senza invece affrontare in maniera organica, come appena ammesso dal collega che mi ha preceduto, il tema del ruolo complessivo è strategico delle regioni meridionali del nostro Paese.
  Qualcuno ha ribadito che questo è il primo atto del Governo Gentiloni: mi permetto, Presidente, di far notare che questo Governo, sia per la composizione che per le politiche, è in realtà la prosecuzione del Governo Renzi che abbiamo avuto fino a qualche settimana fa; quindi da questo punto di vista dire che questo è il primo provvedimento mi sembra abbastanza fuorviante. Si parlava anche, negli interventi che mi hanno preceduto, della necessità ed urgenza, cioè dei due criteri, dei due requisiti che la Costituzione prevede per andare a intervenire dal punto di vista legislativo da parte del Governo. Bene: dato che parte di questi interventi sono, come è stato ricordato, frutto di accordi con le regioni che hanno elaborato questi cosiddetti masterplan, questi piani d'azione, che forse sono un po’ stati uno slogan del Governo Renzi; mi chiedo allora: se questo decreto-legge è frutto di una programmazione, è frutto di una pianificazione, o almeno così ci è dato intendere, allora forse i requisiti di necessità Pag. 24ed urgenza vengono meno, perché non si tratta certo di un terremoto, non si tratta quindi di eventi contingenti imprevedibili.
  Ma veniamo al merito. Io, Presidente, non tratterò tutti gli articoli, ma soltanto alcuni, quelli che normalmente seguo un po’ di più, vuoi per la mia origine pugliese, vuoi per la Commissione trasporti che seguo, vuoi per le tematiche di digitalizzazione della pubblica amministrazione che mi appassionano particolarmente. Dicevo, il primo argomento quindi è l'articolo 1 del decreto-legge, cioè la parte relativa allo stabilimento dell'Ilva: di fatto questo è il dodicesimo decreto-legge che salva Ilva, e in qualche modo ci si aspetterebbe invece che ci si occupasse in maniera pressante, più precisa e specifica, e in maniera anche forse conclusiva di Taranto e dell'intorno di Taranto. Dicevo, questo dodicesimo decreto-legge ha il difetto di tutti gli altri, cioè quello di essere colpevole dell'abbandono della città e del suo territorio circostante, e quindi di rinnovare fondamentalmente la pecca di questo Governo, che abbiamo detto essere fotocopia del precedente, riguardo all'attenzione legata più alla produzione dell'acciaio che alla salute dei cittadini e dei lavoratori e alla tutela dell'ambiente.
  Lo dico, Presidente, perché su questo punto noi abbiamo due contrarietà: la prima è di metodo, e l'altra ovviamente è nel merito. Per quanto riguarda il metodo, faccio notare che anche da questa cessione del complesso industriale e dalla valutazione dei soggetti economici che potrebbero subentrare è stata di fatto esclusa la partecipazione del Parlamento, perché si è proceduto con un decreto-legge dietro l'altro; e faccio notare che l'origine del commissariamento, dell'intervento statale era l'emergenza ambientale e sanitaria, che ad oggi ancora non ha soluzione.
  E vengo quindi al merito. Anche oggi ho sentito dire qui in Aula nuovamente delle bugie, perché quando qualcuno parla di acciaio pulito semplicemente perché si fa riferimento al gas piuttosto che al carbone, forse si dimentica degli altri aspetti, che avevo evidenziato in un discorso l'8 luglio 2013. Raccontavo come il problema dell'Ilva non fosse soltanto la produzione di CO2, che ovviamente è un problema consistente: facevo riferimento al consumo di energia con una potenza di 1.065 MW, facevo riferimento al fatto che per questa produzione di energia oggi quelle centrali prendono dei finanziamenti (i cosiddetti CIP6); abbiamo quindi praticamente finanziato per due decenni con soldi dei contribuenti, ai quali poi viene raccontata la storia che le fonti rinnovabili costano troppo in bolletta, delle fonti assolutamente non rinnovabili, fossili, che qualcuno ha voluto spacciare come assimilabili alle fossili.
  Ancora, Presidente, dicevo: il problema della CO2, dell'anidride carbonica, è rilevante, perché (dati del 2011) lo stabilimento ne produce 8,6 milioni di tonnellate, quindi già sforava di 4 milioni di tonnellate il rispetto delle quote che gli erano state assegnate; e questo ovviamente non è stato mai frutto di una procedura che portasse a rispondere della responsabilità di tale sforamento. Però, dicevo, l'energia è anche considerevole se consideriamo la provincia di Taranto, che consuma 5.700 GWh, a fronte di 4.700 GWh richieste solo dalla siderurgia, quindi oltre il 61 per cento del consumo industriale regionale pugliese; questa è una fonte affidabile, è Terna nel 2011 che lo dice.
  Poi c’è l'altro problema, quello dell'acqua: lo stabilimento assorbe 50 milioni di metri cubi di acqua dolce; quindi da una parte si dice che noi dobbiamo recuperare l'acqua dei reflui, usarla in agricoltura, assolutamente siamo contro lo spreco, ma allo stesso tempo non si dice nulla sul fatto che questo stabilimento, oltre a produrre eventi di malattia e morte, asseta il nostro territorio e la nostra regione.
  Ancora, Presidente, si dice che l'acciaio è pulito se viene prodotto con il gas, ammesso sia possibile, ammesso sia economicamente conveniente, ammesse quindi tutta una serie di ipotesi che sono tutte da verificare, ma voglio ricordare che il rapporto ISPRA sui rifiuti speciali del 2010 dice che la provincia di Taranto produce 2 milioni di tonnellate di rifiuti Pag. 25speciali su quasi 5 milioni dell'intera regione, quindi qualcuno, quando parla di acciaio pulito, forse dovrebbe leggersi questi dati. E, ancora, Presidente: io ricordavo, sempre in quel discorso, nel 2013, gli inquinanti prodotti dallo stabilimento; faccio riferimento alla perizia dei chimici negli atti del giudice delle indagini preliminari, Todisco, nel procedimento «ambiente svenduto». Le emissioni, quelle convogliate, quindi quelle che escono dai camini nel 2010, erano praticamente pari a 4.000 tonnellate di polveri, altro che acciaio pulito, 11.000 tonnellate di ossido di azoto, altro che acciaio pulito, 11.300 tonnellate di anidride solforosa, altro che acciaio pulito, 7.000 tonnellate di acido cloridrico, Presidente, una tonnellata e 300 chili di benzene, che è un noto cancerogeno, 338 chili di idrocarburi policiclici aromatici, anche essi cancerogeni, quindi questi sono dati soltanto delle emissioni dei camini. Poi ci sono quelle ovviamente non convogliate, quindi tutte le dispersioni di fumi che appunto non sono controllate e poi, Presidente, c’è anche il tema delle polveri. Il NOE di Lecce, quindi i carabinieri e i periti chimici, hanno accertato che lo Stabilimento produce 544 tonnellate all'anno di polveri e questo lo voglio ricordare a chi parla di acciaio pulito. Dicevo, Presidente, che i decreti sono stati voluti dal Governo con due alibi. Il primo è quello della sentenza della Corte costituzionale a seguito del primo decreto Ilva, quello che poneva in qualche modo la facoltà d'uso nonostante il sequestro fatto dalla magistratura e quella sentenza ribadiva l'equilibrio tra due diritti costituzionali: il primo è il diritto al lavoro, l'altro è il diritto alla salute. Questi due diritti devono avere lo stesso spazio, nessuno dei due può comprimere l'altro, nessuno dei due deve prevalere sull'altro. Ebbene, a fronte di dodici decreti, a fronte di quattro anni di Governi del centrosinistra, di questo finto Partito Democratico, io vorrei capire quale dei due diritti è stato tutelato, perché il diritto al lavoro mi sembra non sia molto tutelato dato che praticamente i lavoratori sono sempre in agitazione e anche pochi giorni fa si è di nuovo ventilato l'esubero di 5.000 persone e, dall'altra parte, non è stato tutelato neanche il diritto alla salute e alla tutela ambientale; quindi io vorrei capire se il Governo, a fronte di questi provvedimenti, possa tirare una linea e dire che forse abbiamo sbagliato a intraprendere questa strada perché di fatto, ad oggi, dopo quattro anni e dodici decreti, risultati concreti, per i due diritti costituzionali che questo Governo dovrebbe tutelare come stella polare, non si sono visti. Faccio notare anche che in questi dodici decreti sono stati stanziati, tra benefici fiscali e altro, oltre 2 miliardi di euro per uno stabilimento privato. L'altra ragione, Presidente, per intervenire sull'Ilva è stata sempre il solito refrain, ossia che non si poteva fare una bonifica del territorio circostante se non con gli utili dell'azienda. Ora, l'azienda, che ha fatto tre miliardi di utili negli anni passati, è da qualche anno assolutamente in deficit perché questo stabilimento mastodontico non è pensato per produrre pochi quantitativi di acciaio ed ovviamente oggi si trova in un contesto di produzione di acciaio mondiale che è assolutamente sfavorevole. Con tutti gli investimenti che non sono stati fatti quando gli utili c'erano, oggi si decide di dire: per evitare una nuova Bagnoli è necessario che lo stabilimento vada avanti. Lo dicono tutte le forze politiche; noi siamo stati gli unici a dire che forse con coerenza il Governo e lo Stato italiano dovrebbero cominciare a pensare a cosa fare, a un decommissionamento e a una dismissione di questo stabilimento e pensare – come è stato fatto in giro per il mondo, penso a Pittsburgh o a Bilbao – ad altre soluzioni, che non prevedano la produzione di acciaio.
  In questo decreto, nello specifico per questo articolo che riguarda l'Ilva, noi abbiamo chiesto di avere i dati sugli inquinanti in formato aperto. Formato aperto vuol dire che questi dati dovrebbero essere resi pubblici istantaneamente, in modo che la cittadinanza e gli istituti di ricerca possano avere tutte le informazioni per la trasparenza e quindi anche per il controllo diffuso dell'opinione pubblica Pag. 26dell'azione dei commissari e dei subentranti privati. Abbiamo chiesto una caratterizzazione delle discariche dell'Ilva perché ad oggi di tutto quello che è stato sepolto in questi decenni all'interno di quelle discariche speciali non si ha una caratterizzazione, quindi non sappiamo cosa c’è nel sottosuolo e fa molto sorridere che il collega si preoccupi di quello che finisce in falda e quindi dell'altro articolo che istituisce un super commissario per tutelare un po’ quelle che sono le risorse idriche quando appunto poi sull'Ilva noi non abbiamo idea di quello che è stato attualmente, fino adesso depositato. Abbiamo chiesto la bonifica dell'area inquinata nel territorio perché ad oggi le bonifiche sono previste all'interno delle mura dello stabilimento, ma noi sappiamo che l'inquinamento è oltre i muri della fabbrica e su questo ancora aspettiamo una risposta perché ad oggi continua ad essere in vigore un'ordinanza che vieta ai bambini di giocare nel cortile. Penso alle famiglie che devono avere le finestre chiuse perché sul pavimento si depositano delle polveri, quindi penso anche al divieto di tumulare all'interno del cimitero e quindi di smuovere la terra proprio perché è assolutamente da bonificare.
  E poi, Presidente, abbiamo proposto altre iniziative, per esempio quella di tutelare il golfo di Taranto dall'attività di prospezione, di ricerca e di coltivazione degli idrocarburi. Questo Governo, che è molto amico delle energie fossili, ha permesso e continua a permettere lo sfruttamento di giacimenti sotterranei, sott'acqua e nel sottosuolo, per andare a cercare fonti fossili; ora noi vorremmo che finalmente questo Governo desse una sterzata da questo punto di vista, a cominciare dalle aree che più sono state in qualche modo sollecitate e quindi il golfo di Taranto pensiamo debba essere degno di tutela, come è stato fatto in altre aree d'Italia e chiediamo per questo anche l'istituzione dell'Area marina protetta, del Mar Piccolo e delle isole Cheradi. Ora, da questo punto di vista, vedremo se il Partito Democratico ci tiene davvero alla salute e al rilancio economico dell'area ionica e dell'area tarantina. Ancora, Presidente, io volevo intervenire sull'articolo 4, che è in parte ovviamente competenza della Commissione trasporti perché tratta una materia che riguarda le autorità portuali, nello specifico di Gioia Tauro e di Taranto, ma ovviamente è, contrariamente a quello che è stato detto dal Partito Democratico, un intervento non per rilanciare i porti, ma assolutamente teso appunto alla coesione sociale, cioè a dare uno strumento di sostentamento a centinaia di famiglie che oggi si trovano fondamentalmente senza reddito. Si istituisce con l'articolo 4 appunto un'agenzia per la somministrazione del lavoro in porto e per la riqualificazione professionale. Ora, voglio ricordare agli italiani che recentemente, proprio grazie alla riforma Madia della pubblica amministrazione, che includeva anche altre riforme di questo Paese, si è andati a modificare le norme esistenti sulle autorità portuali, accorpandole, chiamandole autorità di sistema, eccetera eccetera, ma in questa riorganizzazione avete dimenticato di fare, se c'era veramente la necessità, quello che oggi fate con questo decreto. Quindi, avevate lo strumento legislativo e non l'avete usato, tant’è che oggi con questa norma, andate in deroga alla norma che avete appena rimaneggiato, quindi da questo punto di vista il Governo non è stato molto lungimirante.
  Ma andiamo a vedere che cosa prevede questo articolo 4. Dicevo dell'istituzione di questa agenzia per la somministrazione del lavoro e soprattutto per la riqualificazione professionale, dato che il lavoro manca. Quello che voi state facendo è un'operazione di maquillage. Fondamentalmente il problema, almeno nel porto di Taranto ma credo anche in quello di Gioia Tauro, non è tanto la qualifica professionale e la professionalità del personale del porto, ma forse una mancanza di strategia nell'attuazione di certi indirizzi, perché sappiamo che sono stati stanziati degli interventi per la riqualificazione dei moli a Taranto e anche a Gioia Tauro e ci sono, appunto, delle deliberazioni del CIPE, quindi del Comitato interministeriale per la programmazione economica. Sappiamo Pag. 27che erano previsti degli accordi di programma, sappiamo che ci sono dei commissari per l'attuazione di questi accordi, eppure nonostante questo i lavori non sono stati fatti. Avete semplificato anche le regole per il dragaggio dei fondali con tutta una serie di norme e gli operatori economici, penso a Evergreen e a TCT nello specifico per Taranto, sono andati via. Quindi, il problema non è che mancano operatori professionali; manca semplicemente il lavoro, perché gli operatori commerciali hanno preferito andare altrove. Davanti a questa diagnosi voi semplicemente dite: «abbiamo bisogno di ammortizzatori sociali per alcune famiglie», perché di questo si tratta, cioè di trovare un modo per mascherare degli ammortizzatori sociali.
  Presidente, il porto di Gioia Tauro e quello di Taranto hanno visto la propria quota di mercato ridursi significativamente dal 2007 al 2014 rispettivamente del 13,7 per cento e dell'80,3 per cento e faccio notare che parte delle merci movimentate a Taranto riguarda appunto Ilva, per esempio, e quindi riguarda il carbone che viene portato a Ilva. Dunque, è ovvio che questi dati dimostrano che quel porto è, come dire, dimensionato per una realtà industriale che probabilmente nei prossimi anni non esisterà più. Quindi, io vorrei capire nella cura del ferro e della logistica, di cui tanto il Governo e il Ministro Delrio in particolare si vantano, quali sono gli interventi che sono previsti in tal senso.
  Come dicevo, siamo intervenuti su questo articolo sia per il metodo, perché contestiamo il fatto che non ci sia stata una discussione e una trasparenza – noi vorremmo sapere, dopo tre anni, che cosa succede a questi lavoratori – e anche nel merito, perché di fatto, oltre a non essere stata prevista alcuna relazione, faccio notare che se noi dovessimo intervenire con uno strumento ad hoc, che poi è un'agenzia per la somministrazione di lavoro e ce ne sono già tante – quindi si poteva evidentemente sfruttare uno strumento già esistente – vorrei capire perché per questo settore si è deciso di intervenire in questa maniera e per gli altri invece no. Allora si dovrebbe fare anche un'agenzia di somministrazione del lavoro per il comparto siderurgico; ancora un'altra per il settore agricolo. Perché il settore portuale di due specifici porti ha questa misura speciale ? Non ci sembra che sia inquadrato in una soluzione generale del problema. Di fatto, questa soluzione generale del problema non c’è perché quello che oggi il Governo e la maggioranza stanno facendo è quello che sempre fa la politica quando non ha una visione e, cioè, rimanda la soluzione dei problemi nel tempo, tanto con la legislatura, per quanto riguarda il Parlamento e il Governo, o con la consiliatura, per quanto riguarda gli enti locali; il problema sarà poi risolto da chi verrà dopo, magari tra tre anni, magari tra cinque anni, e il problema effettivamente si ripresenterà sempre più grande perché invece di risolverlo, invece di capire qual è il problema e, quindi, provare a risolverlo, quindi far venire gli operatori che lavoravano in quei porti e ampliare l'attrattività di quei porti, si preferisce mettere semplicemente una toppa e rinviare la soluzione del problema. Ovviamente, con una diagnosi sbagliata la cura non può che essere errata.
  Ovviamente, noi non siamo favorevoli a lasciare 900 famiglie, che voi state illudendo, in una condizione di precarietà. Per questo il MoVimento 5 Stelle, per fare fronte a tutte queste situazioni e a tutte le situazioni che il Ministero dello sviluppo economico non riesce a risolvere in sede di gestione delle crisi aziendali, ha detto che è necessario, al pari di quanto accade in tutti gli altri Paesi europei, un reddito di cittadinanza, un reddito di dignità, uno strumento universale che permette a un cittadino di riqualificarsi, riformarsi ed essere anche reimpiegato in un altro settore.
  Tra l'altro, fare questa operazione per quanto riguarda i porti potrebbe – dico potrebbe, perché non lo sappiamo – avere un effetto paradossale, perché voi obbligate gli eventuali operatori economici, che avranno bisogno di lavoro, ad assumere le persone che sono in questa lista stilata da questa agenzia. Qui si pongono due problemi: Pag. 28intanto, a differenza degli altri operatori portuali, degli altri lavoratori portuali e degli altri porti italiani, quel tipo di disoccupazione viene pagata, come dire, dal finanziamento del porto, quindi dagli operatori che in quel porto lavorano, quindi da compagnie che lì caricano e scaricano merci, mentre qui si prevede un altro tipo di meccanismo. Ma poi, dicevo, l'obbligo di assunzione potrebbe a questo punto generare un effetto paradossale, cioè che un operatore commerciale, non potendo scegliere le persone con cui lavorare, forse preferisce andare laddove le può scegliere. Quindi, magari questo, piuttosto che un intervento per tutelare i lavoratori in questo lasso di tempo, è anche un disincentivo per gli operatori commerciali a venire a investire in quei porti e presso quelle autorità portuali.
  Presidente, io ho quasi concluso ma intervengo sull'ultimo argomento ed è un argomento che non c'era in Commissione fino a che gli onorevoli deputati Capodicasa e Zanetti hanno introdotto nottetempo l'articolo 4-bis. L'articolo 4-bis dà un finanziamento di 30 milioni in sei anni – sono 5 milioni all'anno – a un consorzio, un'associazione temporanea di imprese, un raggruppamento temporaneo di imprese, che si chiama UIRNet, cioè una rete di attori industriali. Tra i soci ci sono Telecom, gli interporti, che sono dei soggetti privati, le autorità portuali, che sono degli enti pubblici, e anche le associazioni di categoria dell'autotrasporto, per esempio. Ora questo ente pubblico, perché la maggior parte è a controllo pubblico nonostante non ci sia un azionariato diretto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha il compito di attuare e realizzare il sistema di gestione della logistica nazionale. Quindi, si tratta di una misura che ci trova assolutamente d'accordo, cioè realizzare una piattaforma digitale per gestire la logistica e i flussi merci in questo Paese, efficientando e quindi migliorando anche la catena di trasporto delle merci nel nostro Paese e mettendo insieme tutti gli operatori.
  Peccato che ad oggi questo ente pubblico abbia già ricevuto 50 milioni di euro e questi 50 milioni di euro – e io ho fatto un'interrogazione nel 2015 – non si sa bene come vengano spesi, perché sul sito di un ente pubblico, quale appunto è UIRNet, non c’è alcuna trasparenza: non si sa chi è il presidente e lo sappiamo perché abbiamo letto qualche comunicato stampa; non si conosce l'organigramma; non si conoscono i compensi né le consulenze; non ci sono bilanci pubblicati. Non c’è nulla e voi, a fronte del fatto che avete già affidato 50 milioni in cofinanziamento e con i soggetti privati che ne mettevano altri 8, ne date altri 30 per realizzare la piattaforma logistica digitale del Mezzogiorno. Ammettiamo anche che il Mezzogiorno abbia bisogno di una piattaforma logistica a parte, cosa che non è perché invece si dovrebbe appunto ragionare in termini nazionali e globali, ma vorrei capire, Presidente, per quale ragione non c’è una sola relazione del Ministero o un solo studio, anche di un'associazione di categoria o di un privato, che dica che questi 30 milioni sono necessari. Per fare cosa ? Noi non siamo contrari a prescindere, ma vorremmo sapere, come Parlamento e come rappresentanti dei cittadini, perché vengono spesi 30 milioni di euro dei cittadini italiani a fronte di un progetto che dovrebbe già essere completato e confezionato e che oggi dovrebbe essere funzionante e migliorare la logistica.
  Presidente, io faccio una sola osservazione: il progetto della logistica nazionale e della piattaforma digitale – e concludo – è stato affidato in project financing, in finanza di progetto, il che vuol dire che gli operatori privati per usare questa piattaforma, e quindi migliorare anche la loro efficienza interna come operatori dei flussi merci, avrebbero da pagare un canone, che poi appunto il gestore UIRNet gira al Ministero, allo Stato, a fronte del finanziamento di 50 milioni. Quindi si tratta di un progetto per cui lo Stato dà 50 milioni che dovrebbero in qualche modo ritornare nelle casse e che non funziona. Lo Stato a fronte del fatto che non c’è una relazione che dica quali sono i problemi, a che cosa eventualmente servirebbero ulteriori finanziamenti, dà 30 milioni di euro in sei Pag. 29anni senza alcuna motivazione. Dato che so che il Ministro si spende molto con la cura del ferro, con l'intermodalità, con tutto quello che può migliorare la logistica nel nostro Paese, vorrei che fosse qui presente e spiegasse ai cittadini italiani per quale ragione noi stiamo dando a questo ente pubblico, dove però ci sono tanti soggetti privati, senza alcuna trasparenza, in totale, 80 milioni di euro, senza avere un risultato apprezzabile e misurabile.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Petraroli. Ne ha facoltà.

  COSIMO PETRAROLI. Grazie Presidente. Ci troviamo a discutere l'ennesimo provvedimento riguardo lo stabilimento Ilva di Taranto, il nono per questa legislatura. Ce ne sono stati altri due varati dal Governo Monti, uno dal Governo Berlusconi, 12 provvedimenti che hanno creato una stratificazione normativa del tutto incomprensibile per i cittadini italiani di Taranto che non sanno di fatto esattamente quello che sta accadendo sulla loro pelle ovvero lo sanno molto bene i parenti delle vittime, i parenti degli oltre 370 morti accertati dalla magistratura per inquinamento ambientale, lo sanno i parenti delle oltre 50 vittime per infortunio sul lavoro in soli tredici anni di attività. Tutto parte intorno agli anni Cinquanta, nel boom economico del dopoguerra: è la storia del nostro Paese, in cui si cerca goffamente di correggere i danni causati dall'Unità d'Italia, i danni causati dal colonialismo sabaudo raccontato poi nei libri di storia come uno straordinario evento di unificazione del nostro Paese. Un colonialismo che ha imposto delle regole in un territorio con caratteristiche differenti da quelle del nord Italia. Molto spesso, Presidente, ho sentito storie raccontate dai nostri nonni, bisnonni che a loro volta raccontavano la vita dell'Ottocento: si stava meglio con i Borboni: questa era la frase ripetuta più spesso, perlomeno in Puglia. Si parte qui, da una situazione di sostanziale parità economica e sociale per poi in centocinquant'anni declinare al disastro economico in cui versa oggi il Mezzogiorno. Centocinquant'anni di continue vessazioni economiche e di sfruttamento. Un Mezzogiorno che nella storia ha vissuto di elemosina, di mancette, soprattutto di goffi tentativi per un'industrializzazione che di fatto non è mai avvenuta; questo è lo stabilimento Ilva di Taranto, un goffo tentativo in pieno boom economico per elemosinare il lavoro nel sud Italia, quando l'Italia aveva bisogno di infrastrutture, di strade, di nuova urbanistica e quindi aveva anche bisogno di acciaio.
  Oggi la situazione è radicalmente cambiata. Il Governo di allora però sapeva che un'industria di quel tipo, di quelle dimensioni, comportava lo stravolgimento sociale e ambientale di qualsiasi comunità laddove fosse stato impiantato uno stabilimento simile. Si scelse Taranto, si scelse la città dei due mari, la città spartana, una delle due città più belle d'Italia e del Sud; 2000 miliardi di lire di soldi pubblici per costruire la vecchia Italsider non hanno minimamente indotto il Governo di allora a investire sulla città e quindi ci ritroviamo interi quartieri affumicati dai camini, il centro storico totalmente abbandonato, palazzi di 10 o di 12 piani gettati così sul borgo ottocentesco, urbanistica scadente, scuole medie improvvisate in locali di fortuna, totale mancanza di verde pubblico. La Taranto moderna era la smentita di ogni decenza urbanistica, scrivevano i giornali dell'epoca, perché a ridosso della città fu gettato un colosso industriale della superficie di 6 milioni di metri quadrati, più grande della città stessa, senza la minima preoccupazione di inserire l'operazione in un piano armonico di sviluppo della comunità e del territorio. Quindi passano gli anni, arrivano i primi morti di tumore, infortuni sul lavoro oltre la media nazionale e così che la più grande acciaieria d'Europa, intorno alla metà degli anni Novanta, sull'ondata delle privatizzazioni, fu ceduta, svenduta, alla famiglia Riva.
  Ma va tutto bene perché dà lavoro, tanto lavoro, rispetto a un territorio dove ce n’è poco. E qui la prima contraddizione: perché trasferire al privato un'azienda Pag. 30considerata, come dite voi oggi in tutte le lingue, di interesse strategico, senza aver conservato una minima quota di controllo statale. Un anno dopo, nel 1996, recepiamo la direttiva 96/61/CE, le regole ambientali che le aziende altamente inquinanti devono rispettare. I Riva ovviamente se ne fregano, così nel 2007 arriva la prima condanna per violazione proprio delle norme antinquinamento. La gente continua a morire, ma la fabbrica dà lavoro, va tutto bene così. Si arriva quindi al 2010 e secondo varie perizie, e le stesse dichiarazioni dell'ILVA, in un solo anno, sono stati introdotti, come prima ricordava il collega De Lorenzis, 4159 tonnellate di polveri, 11 mila tonnellate di ossido d'azoto, anidride solforosa, anidride carbonica, arsenico, cromo, cadmio, nichel, diossine; il tutto mentre le altre acciaierie d'Europa generavano emissioni di fatto del 70-90 per cento più basse rispetto all'Ilva.
  Quindi, qual è la soluzione del Governo Berlusconi ? Il primo «decreto salva Ilva». Un decreto che ha innalzato il livello consentito di benzopirene per evitare ciò che sembrava inevitabile cioè il blocco della cokeria, la parte più pericolosa dell'impianto. Ma non fa nulla, i Riva riportano il tutto a una gestione di profitto e si sa, per tutti i Governi il profitto ovviamente è messo davanti a qualsiasi cosa. Nel frattempo cade il Governo Berlusconi, arriva il Governo Monti, ma la direzione di fatto è sempre la stessa, così che al 2012 si producevano circa 10 milioni di tonnellate l'anno d'acciaio senza che nessuno ad oggi, nonostante la carneficina avvenuta in provincia di Taranto, abbia mai messo in discussione l'esistenza stessa dello stabilimento. Nessuno tranne una donna di nome Patrizia Todisco, GIP di Taranto. Lei ha il merito, il 25 luglio 2012, di aver firmato l'ordinanza di sequestro dell'area a caldo dello stabilimento, avviando così ufficialmente l'inchiesta «ambiente svenduto». Secondo la Procura dal 2004 al 2010 vi sarebbero stati in media 83 morti all'anno attribuiti appunto alle polveri, 648 ogni anno sarebbero i ricoveri per cause cardiorespiratorie. Poi c’è il famoso rapporto Sentieri dell'Istituto superiore di sanità che certifica un +14 per cento di mortalità per gli uomini, un + 8 per cento per le donne e addirittura un + 20 per cento nel primo anno di vita dei bambini. Quindi i reati contestati nella famosa inchiesta sono: disastro ambientale colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautela contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose eccetera, eccetera. Con la via dell'inchiesta partono puntuali gli attacchi da destra a sinistra contro i magistrati, una prassi tutta italiana. Il quotidiano Libero titolava nel 2012: «La zitella rossa che vuole licenziare 11 mila operai». Così una settimana dopo l'ordinanza di chiusura, il Governo Monti emana il secondo decreto chiamato «salva Taranto», ma in realtà è il secondo «decreto salva Ilva» il n. 129 del 2012, scritto dall'ex Ministro per l'Ambiente Corrado Clini successivamente poi arrestato per corruzione e dall'ex Ministro della giustizia Severino successivamente diventata, guarda caso, consulente proprio della famiglia Riva. Con questo decreto l'Ilva diventa sito di interesse strategico nazionale e viene notificato il protocollo d'intesa con gli enti locali per rilanciare la città, peccato che siano stanziati a malapena 300 milioni per il risanamento ambientale e la riqualificazione del territorio; attenti a queste parole perché le ritroviamo circa 300-400 volte in tutti i decreti successivi. Una cifra assolutamente ridicola per avviare una bonifica dell'area seria. E qui sono curiose le dichiarazioni dello stesso Clini. Dai giudici diceva: la stessa linea del Governo; continua Clini: la motivazione del tribunale del riesame è molto chiara, indica una strada convergente con quella seguita dal Governo, lavoriamo concretamente nella stessa direzione, ora spetta all'Ilva investire. Infatti accortosi che la sua manovra non sarebbe servita a nulla, lo stesso Ministro, pur essendo a capo di un organo ritenuto vittima dell'inquinamento, ricorre al tribunale del riesame contestando la decisione del giudice. Arriva infatti il terzo «decreto salva-Ilva» il n. 207 del 2012 che Pag. 31annulla completamente il provvedimento di sequestro dell'area a caldo disposto dal GIP Todisco.
  Per il Governo e per i suoi membri, l'Ilva può continuare a produrre e inquinare per i successivi tre anni, in attesa della nuova AIA che, come sappiamo, continua a non essere rispettata. Provvedimento votato quasi all'unanimità, sia dalla Camera che dal Senato.
  Si va al voto, si cambia Governo, ma la musica rimane esattamente la stessa. Tutto passa al Governo Letta, che emana il quarto decreto, il n. 61 del 2013, dove si prevede per la prima volta la possibilità del Governo stesso di commissariare un'azienda per cause ambientali. Ma già in questo decreto le cose iniziano ad essere strane, come il potere di modificare l'autorizzazione integrata ambientale da parte di un comitato, il famoso comitato di tre esperti, in pratica salvare l'Ilva manomettendo l'AIA, derogando quindi alla legge n. 59 del 2005.
  Quindi, viene nominato il super commissario Enrico Bondi, un arzillo ottantenne di Arezzo. Sarà un caso che poi vengono tutti da là ? E non si capisce come mai si inserisca un curatore fallimentare per risolvere delle questioni ambientali. Infatti, la sua lungimirante esperienza in tematiche ambientali e sanitarie lo porta a dichiarare una delle più grandi e stratosferiche cazzate mai dette su Taranto. Lo so, mi deve scusare...

  PRESIDENTE. Abbia pazienza, la devo richiamare, onorevole Petraroli. Questo non è un mercato, non è un bar. È la sede del Parlamento italiano. La invito ad avere un linguaggio consono. Lei sta facendo un intervento su un tema serio, sentito...

  COSIMO PETRAROLI. Quindi...

  PRESIDENTE. ... nuoce a lei più che altro e io non posso permettere che nuoccia all'Assemblea.

  COSIMO PETRAROLI. Grazie Presidente. Quindi, viene nominato questo commissario, che dichiara una delle più grandi stratosferiche fesserie – lo posso dire – mai dette su Taranto, perché in un suo rapporto afferma che l'enormità del numero dei tumori è dovuta a certe strane usanze che ha la popolazione tarantina, che beve troppi alcolici, fuma troppe sigarette – non so, forse magari di contrabbando – ed è troppo povera. Questa la dichiarazione di Bondi.
  Sempre con questo decreto si consente a Bondi di utilizzare il famoso miliardo e 200 milioni depositati in Svizzera e sequestrati dalla procura di Milano, sulla carta con il nobile scopo di fare le bonifiche, procedura ovviamente impossibile, infatti il tribunale di Bellinzona ha detto chiaramente che senza la sentenza definitiva in Cassazione i soldi ovviamente non si toccano. Diciamo che i partiti finora hanno dato massima espressione di capacità governativa e gestionale.
  Arriva agosto e con esso il quinto decreto, il n. 101, un decreto minestrone. Con il dodicesimo articolo si autorizza l'Ilva a smaltire i rifiuti pericolosi nelle sue discariche interne, anziché attraverso le procedure a norma di legge. Poche paroline che hanno fatto risparmiare fior di milioni alla famiglia Riva. È come autorizzare un cittadino a buttare nel giardino condominiale l'amianto della vecchia tettoia. Nessun problema, dopo che la famiglia Riva ha finanziato la campagna elettorale dell'allora segretario PD, Bersani: uno scambio di favori è più che lecito.
  Passano sei mesi e con il Governo Renzi, il rottamatore, arriva alla vigilia di Natale del 2014 il sesto decreto salva-Ilva, il n. 136 del 2014, un decreto dove l'Ilva va in amministrazione controllata, si nomina un nuovo commissario, Gnudi. Evidentemente dopo le dichiarazioni sui tarantini hanno capito che a ottant'anni compiuti, magari, Bondi iniziava a dare qualche segno. Nel provvedimento, dichiarato per fronteggiare le emergenze ambientali, sono concessi altri mesi di proroga per l'attuazione dell'AIA, si continuerà quindi ad avvelenare l'ambiente, i cittadini, gli animali e così via. In più, si autorizza il prestito ponte dello Stato, per il quale poi partirà una procedura di Pag. 32infrazione, appunto, per aiuti di Stato. E poi vi leggo una delle parti più inquietanti di tutti i provvedimenti mai fatti sull'Ilva, che dice testuali parole. La progressiva adozione delle misure previste dai periodi precedenti si interpreta nel senso che la stessa è rispettata qualora sussistano le seguenti condizioni: alla data di approvazione del Piano siano stati avviati gli interventi necessari a ottemperare ad almeno l'80 per cento del numero complessivo delle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni integrate ambientali. In pratica, senza indicare quali, è sufficiente aver ottemperato all'80 per cento delle prescrizioni, per ritenere l'AIA applicata. E casualmente, magari, in quell'80 per cento potrebbero non rientrare le prescrizioni più costose, proprio quelle che creano il maggior danno, come la copertura dei parchi minerali oppure – non lo so – altre prescrizioni.
  Infine, dulcis in fundo, nello stesso decreto è concessa l'immunità totale ai commissari e a tutti i funzionari ad esso delegati, con totale disprezzo della Carta costituzionale, che garantisce parità di trattamento giuridico tra tutti i cittadini italiani.
  Bene, Renzi, l'ex Primo Ministro Renzi, in una famosa visita a Taranto, disse che lui teneva particolarmente ai bambini di Taranto. Ci teneva così tanto che, dopo centinaia e centinaia di morti, nessun genitore tarantino potrà mai chiamare in giudizio un commissario per danni alla salute dei propri figli, grazie proprio al decreto dello stesso Renzi.
  Quindi, arriva il 2014, con il decreto n. 100. Non sarà convertito e le norme poi trasfuse nel decreto-legge n. 91 sulla competitività, il settimo decreto Ilva. Anche in questo caso, comportamenti strani del Governo. Infatti, per convincere le banche ad elargire prestiti ai commissari – e, quindi, non per le bonifiche, ma soltanto per la continuità produttiva – si introduce l'istituto della prededuzione ovvero la possibilità della banca di avere una sorta di precedenza di recupero crediti, qualora lo stabilimento fosse fallito, in deroga alle più comuni norme di diritto fallimentare, che risarcisce prima i dipendenti operai, poi i malati di tumore, infine, se rimane qualcosa, le banche.
  Si arriva al 2015 e arriva l'ottavo decreto Ilva, il n. 1 del 2015 appunto. Si inserisce l'ipotesi dell'affitto degli impianti e non solo della vendita. Evidentemente hanno capito che in queste condizioni nessuno comprerebbe una fabbrica sull'orlo del fallimento. Quindi, per stimolare la cessione degli impianti, sono inserite ulteriori deroghe, per realizzare il piano ambientale, deroghe per le varie messe a norma, deroghe finanziarie: ormai l'Ilva è una deroga a qualsiasi cosa. E infatti, a forza di derogare, l'8 giugno 2015 un operaio, Alessandro Morricella, mentre misurava la temperatura della ghisa, viene investito da uno spruzzo di fuoco, riportando ustioni per il 90 per cento del corpo. Morirà quattro giorni dopo. La procura, quindi, avvia le indagini e sequestra ovviamente gli impianti, in particolare l'altoforno 2. E prontamente il Governo, dopo neanche dieci giorni, vara il nono decreto salva Ilva, il n. 92 del 2015, che dissequestra gli impianti, come se nulla fosse accaduto. L'unico obbligo è quello di presentare entro trenta giorni un piano di interventi, per mettere in sicurezza l'impianto, che poi potranno tranquillamente realizzarsi entro l'anno. Quindi, c'era tutto il tempo a disposizione.
  Bene, cosa sarebbe accaduto, se nel 2007 l'allora Governo Prodi avesse imposto la continuità produttiva della Thyssenkrupp, dopo che sette operai sono morti ? Non si capisce perché per l'Ilva non è accaduto nulla.
  Arriva dicembre 2015 ed ecco in Aula il decimo decreto salva Ilva, il n. 191. Quindi, per accelerare la cessione degli impianti ai privati e, quindi, tentare di evitare l'infrazione europea per aiuti di Stato, si dispone l'ennesimo aiuto attraverso l'erogazione di 300 milioni, che non andranno alle bonifiche, ma per esigenze finanziarie. Si concedono ancora proroghe di diciotto mesi per l'attuazione del piano ambientale e, soprattutto, non si prevede Pag. 33alcuna forma di coinvolgimento delle regioni e comunità locali nella procedura di modifica del piano.
  Questo cosa significa ? Significa che molto tranquillamente un qualsiasi acquirente potrà dire: guarda, mi prendo l'azienda, se mi togliete l'obbligo di ricoprire i parchi minerali o la copertura dei nastri trasportatori e così via. In pratica, me la prendo, se mi fate continuare ad ammazzare le persone. Questo è il concetto.
  Infatti, si arriva al 2016 ed arriva l'undicesimo decreto Ilva, il n. 98, che lascia carta bianca agli offerenti di presentare un piano ambientale che più si addice alle loro esigenze, al loro investimento. Ebbene, è come se io volessi aprire un ristorante e, considerati gli elevati costi di gestione, chiedessi ai carabinieri del NAS o alla ASL una deroga per poter cucinare cibo scaduto. E, con molta tranquillità, le autorità competenti rispondono: guarda, portami un po’ di documentazione – che ne so, sul tipo di alimenti scaduti che vuoi cucinare – e magari ci possiamo mettere d'accordo. Questa è la situazione a Taranto, la situazione reale che ci avete proposto in questi anni.
  Presidente, la questione Ilva di Taranto è diventata terra di nessuno, luogo dove tutto è possibile, tutto e il contrario di tutto, dove ogni cosa, ogni principio è derogabile, ogni legge può essere cambiata a uso e consumo di un azionista, ogni legge può essere cambiata a uso e consumo di una banca o di un creditore. Avete, di fatto, trasformato i tarantini in vere e proprie cavie, topi da laboratorio da vivisezionare. Come ci si comporta se stacchiamo un rene o un fegato ? Come si comporta una popolazione, se in tredici anni gli ammazzate 400 persone per inquinamento ? Come reagisce l'opinione pubblica, se imponete la continuità produttiva per legge, dopo che un ragazzo è morto sciolto nella ghisa ?
  Ebbene, di fatto state sperimentando fantasiosi quadri normativi al limite della dignità umana. E non lo dico io, lo dice la stessa Corte europea dei diritti umani di Strasburgo. Lo Stato italiano è accusato di crimini contro l'umanità, contro 182 cittadini italiani tarantini. Avete derogato al testo unico ambientale, l'autorizzazione integrata ambientale, il piano ambientale, state derogando alla normativa sugli aiuti di Stato, state derogando anche alla legge fallimentare in materia di risarcimenti. E, quindi, si arriva all'ultimo decreto Ilva, dove la musica di fondo non cambia: il Governo, anche questo come i precedenti, non mette in discussione il destino dell'acciaio e del veleno di Taranto.
  Stavolta, però, al carico di produzione e morte perpetua aggiungete un obolo sociale, 70 milioni di euro di elemosina, perché il Meridione, come dicevo prima, vive di elemosina, come i Paesi in via di sviluppo. Un'elemosina, in questo decreto, per distrarre da cosa ? Leggo testuali parole: è inoltre previsto che i commissari possano individuare e attuare ulteriori interventi di decontaminazione e risanamento ambientale non previsti nell'ambito del predetto piano, ma allo stesso tempo strettamente connessi.
  Cioè, praticamente, finora nulla è stato fatto per il risanamento ambientale e in questo testo autorizzate i commissari a intervenire e a spendere soldi pubblici su questioni non obbligatorie per la realizzazione del piano ambientale. A noi sembra una presa un giro ! Presidente, voglio concludere leggendo una breve lettera che alcuni genitori hanno scritto con la speranza che venga letta nell'Aula parlamentare e, da genitore tarantino, ho un figlio che vive a Taranto, ho accolto con piacere questa richiesta. Una lettera inviata al Primo Ministro, ovviamente: signor Presidente, anche questo Governo, come i precedenti, si trova a chiedere un parere favorevole su un decreto-legge che riguarda l'Ilva di Taranto.
  Come nelle precedenti occasioni, anche questa volta gli interessi di un'intera provincia di quasi 600 mila connazionali non sono presi neppure in considerazione. Ancora una volta si passa sopra tutte le problematiche connesse a un'industria obsoleta e letale per mero calcolo economico. Questa volta si pensa alla vendita, credendo, in tal modo, di potersi scaricare da ogni responsabilità, pur sapendo di lasciare Pag. 34su quel territorio la terribile realtà fatta di morti, malattie, disoccupazione, fino alla negazione di un futuro sostenibile, che pure la provincia di Taranto dimostra di possedere.
  Le bellezze del territorio, la storia, la gastronomia, il mare e i tramonti sono volani incredibilmente potenti per una riconversione del territorio verso il turismo, industria pulita per eccellenza in una nazione che soprattutto di questo dovrebbe vivere. Invece, ancora una volta, si vogliono nascondere i morti sotto le macerie e disconoscere la verità con il servilismo che sembra imperare nelle menti di chi dovrebbe proteggere e tutelare la cosa pubblica e la salute dei cittadini italiani tutti. Taranto è parte della Repubblica italiana, non un suo possedimento. Non ci sono schiavi in questa nazione e, se ci sono servi, questi siedono nei banchi del Parlamento, perché è al loro servizio dell'Italia intera che loro si pongono con la schiena dritta, anche di fronte a lusinghe di qualsiasi genere.
  I genitori tarantini pretendono per i loro figli e per se stessi le medesime opportunità concesse agli altri italiani, consapevoli che giustizia sarà fatta dalla Corte europea per i diritti dell'uomo, alla quale lo Stato deve rispondere per i crimini dei quali si è macchiato. Le fonti inquinanti devono essere chiuse immediatamente e per sempre.
  E io aggiungo, Presidente, che, se non lo farete voi, lo faremo noi, quando saremo al Governo del Paese; lo faremo noi, quando saremo al governo della città.

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Petraroli. Giusto per chiarezza: se, durante un intervento, la Presidenza la richiama, lei può fare diverse cose: tacere, scusarsi. Comunque, l'unica cosa che invece è assolutamente irrispettosa è che lei continui a intervenire mentre la Presidenza la richiama alla questione. Quindi, per il futuro, glielo dico, perché la prossima volta le tolgo la parola.
  È iscritto a parlare l'onorevole Capodicasa. Ne ha facoltà.

  ANGELO CAPODICASA. Grazie, Presidente. Nei pochi minuti che mi sono stati concessi vorrei cercare di entrare un po’ nel merito di alcune norme contenute in questo decreto. Capisco bene che, ogni qualvolta viene all'esame dell'Aula un provvedimento che riguarda aspetti della politica meridionale, per il Mezzogiorno, questo stimola un dibattito che va ben oltre le misure concrete che sono all'ordine del giorno. Anche in questo caso è avvenuto così, ma la cosa che credo non si possa accettare è che si faccia di ciò un argomento polemico verso il Governo, verso la maggioranza, quasi che questo provvedimento, per intenzione e volontà del Governo, sia stato presentato come uno strumento di soluzione di tutti i problemi che il Mezzogiorno vive.
  In realtà, così come il Ministro ha dichiarato in Commissione, così come il relatore oggi pomeriggio ha ulteriormente ribadito, così come ha fatto l'onorevole Massa e così come tutti noi facciamo, vogliamo precisare che si tratta di un provvedimento che contiene delle misure che hanno un carattere limitato ed urgente, e che non riguardano il Mezzogiorno.
  Dice l'onorevole De Lorenzis che il titolo di questo provvedimento è un titolo ingannevole. In realtà, è proprio il titolo a dichiarare la parzialità dei suoi obiettivi. Dice: recante interventi urgenti, con particolare riferimento a situazioni critiche in alcune aree del Mezzogiorno. Mi sembra che sia affatto ingannevole un titolo che riassume sinteticamente il reale contenuto di questo provvedimento. Ci sono gli interventi sull'Ilva, e nessuno può discutere che trattasi di una questione urgente, che ha un carattere di urgenza e di immediatezza. Problemi del porto di Gioia Tauro, di Taranto, problemi della depurazione, che il Governo intende affrontare nell'ottica di un'accelerazione della realizzazione di un sistema di collettore fognario e depurazione delle acque che credo nessuno possa ritenere che non sia urgente, sia sul versante dei rapporti con l'Unione europea, che già più volte ha condannato l'Italia per infrazione alla normativa europea, Pag. 35sia sul versante delle bonifiche, della immissione delle acque reflue depurate nei sistemi idrici del Mezzogiorno.
  Credo che si tratti di qualcosa che vada ben oltre il provvedimento di pura accelerazione. E così si può dire per quando riguarda il G7. Avverrà fra qualche mese, fra pochi mesi, fra non più di quattro mesi, che in Italia, in Sicilia, a Taormina, avremo un appuntamento di carattere internazionale di un valore enorme: il G7, che vedrà qui concentrata l'attenzione di tutti i media internazionali. Bene, credo che sia importante che a quell'appuntamento ci presentiamo nel miglior modo possibile, quindi mettendo in atto tutte le misure necessarie perché si realizzino le opere necessarie a presentare quel sito come degno di accogliere quell'appuntamento.
  E credo anche che abbia fatto bene il Governo a usare questo disegno di legge come veicolo per alcune altre norme, che, pur non essendo norme tese a risolvere problemi di alcune situazioni critiche in alcune aree del Mezzogiorno, tuttavia stanno dentro una politica di intervento per il Mezzogiorno.
  Anzi, di ciò credo che dobbiamo non solo dare atto al Governo, ma merito, perché ha voluto trasformare, per come è possibile fare in una situazione come questa e con lo strumento che abbiamo a disposizione, che è quello del decreto-legge, questa occasione per inserire alcune misure in materia di sanità, in materia di istruzione, di formazione o in materia di potenziamento della normativa sul credito d'imposta, per farlo funzionare meglio, per garantirne, si dice tecnicamente, il tiraggio, che mi pare possa essere considerato un elemento degno di nota. O come l'articolo 4-bis, quello che è stato inserito su proposta del sottoscritto e dell'onorevole Zanetti, relativamente al finanziamento da garantire alla Piattaforma logistica nazionale per implementare la connettività nei sistemi portuali e nei nodi di trasporto italiano. Non ho capito onestamente la polemica dell'onorevole De Lorenzis, dal momento che ne condivide la finalità, ha detto, e che lo considera importante proprio per lo sviluppo della logistica del Mezzogiorno, perché il testo, se lo si guarda bene, dice «con particolare riferimento al Mezzogiorno»; non è solo il Mezzogiorno, perché la piattaforma rientra dentro il Piano strategico nazionale della portualità e della logistica, e la piattaforma è una piattaforma di carattere nazionale, che connette tutti i siti e tutti i nodi. Non so se la polemica riguarda la trasparenza degli atti del concessionario, ma se così fosse io credo che non possa questo fare velo alla necessità di uno sviluppo del sistema dalla Piattaforma logistica nazionale, e non si può certamente fare carico al Governo eventualmente del fatto che sul sito della società che gestisce la Piattaforma non siano riportate le attività: ci sarà qualcuno che ne risponderà, ma quella è la strada per interconnettere i porti, gli aeroporti, tutti gli interporti, i sistemi cioè che appartengono alla logistica italiana, in un momento in cui tutto questo costituisce un asset decisivo nella competizione mondiale; ma io dico intanto mediterranea, perché la competizione, la concorrenza come si sa è diventata talmente forte nel Mediterraneo con il potenziamento del porto del Pireo, di Barcellona, di Algeri, Marsiglia e altri porti concorrenti con i nostri, per cui parlare della logistica, di come ammoderniamo, interconnettiamo questo sistema è a nostro giudizio fondamentale, e il finanziamento è un finanziamento previsto nella normativa. C’è una...

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  ANGELO CAPODICASA. Ho finito già il tempo, Presidente ?

  PRESIDENTE. Il suo gruppo ci aveva segnalato che lei sarebbe intervenuto per dieci minuti, io le segnalo che siamo ai dieci minuti.

  ANGELO CAPODICASA. Addirittura...

  PRESIDENTE. Poi lei ha mezz'ora, perché è un decreto-legge come lei sa bene, quindi può decidere di intervenire e parlare Pag. 36per altri venti minuti. È una questione di disciplina interna al vostro gruppo.

  ANGELO CAPODICASA. Va bene. Io non voglio abusare, Presidente: a quest'ora del giorno non voglio abusare, certo. Terrò conto del suo richiamo, Presidente.
  Dicevo, mi pare che sia uno degli asset fondamentali su cui nella competizione, la concorrenza euromediterranea, ci giochiamo grande parte del nostro sviluppo. Questa misura è una misura che porterà dei benefici, perché questo finanziamento pubblico, oltre ad andare a potenziare alcune funzioni, in particolare dovrebbe essere finalizzato all'acquisto degli apparati di bordo per consentire agli autotrasportatori la connessione alla Piattaforma logistica nazionale, dovrebbe garantire l'evoluzione della piattaforma per la sua messa in sicurezza e la protezione da attacchi esterni, considerato che gestisce dati che hanno un carattere riservato, dovrebbe realizzare infrastrutture leggere presso i nodi logistici del Sud del Paese, varchi elettronici eccetera, indispensabili per l'efficienza del ciclo di entrata e uscita della merce, dovrebbe garantire la realizzazione della connessione dei diversi sistemi informativi, dei porti, interporti, Agenzia delle dogane, Ferrovie dello Stato, eccetera.
  Parliamo quindi di qualcosa che nel Mezzogiorno è gravemente deficitario; e questo finanziamento, con particolare riferimento al Mezzogiorno, tende a colmare un divario che nel settore fino a questo momento c’è, perché il Nord è ben più attrezzato e ha avuto anche, ed ha una dotazione di carattere digitale, informatico, molto superiore a quella del Mezzogiorno.
  Il finanziamento a regime arriverà a 110 milioni, quindi questo è; ma i finanziamenti successivi saranno finanziamenti privati, così come prevede tutta la normativa che io non richiamo: saranno i privati a dover intervenire poi, come prevede la legge, come prevedono i decreti e come prevede il Piano strategico. Noi mettiamo la parte nostra per fare in modo che tutto questo accada.
  Bene. Io credo, Presidente, che la polemica sia assolutamente fuori luogo. Certo, se si discute di Mezzogiorno, va da sé che ci dichiariamo sempre tutti insoddisfatti, perché il Mezzogiorno in sette anni ha visto crollare di 13 punti il prodotto interno lordo. È stata una spinta molto forte all'emigrazione: abbiamo un saldo negativo di ben 600 mila meridionali che si sono trasferiti, il 70 per cento dei quali trattasi di giovani e il 30 per cento di questi giovani sono laureati. Ben più che dalle cifre, le fredde cifre, chi vive nel Mezzogiorno è in grado di valutare come il Mezzogiorno esca da questa crisi. Ecco allora la necessità di una forte politica, che non può passare attraverso un decreto-legge che ha queste caratteristiche. Noi confidiamo molto che nel nuovo ruolo... Intanto nel fatto che sia stato nuovamente istituito un Ministero che si occupa delle politiche per il Mezzogiorno, il che dice dell'attenzione che questo Governo vuole dedicare a questa grande area del nostro Paese: che non è solo un'area sottosviluppata che per ragioni di equità, di coesione sociale avrebbe bisogno già di crescere di suo, ma è un pezzo del Paese. Lo sviluppo del nostro Paese non può ripartire a livelli adeguati se non c’è anche il Mezzogiorno ad accompagnarlo, perché il Mezzogiorno è un mercato di sbocco per il Nord nella misura del 25 per cento, per i prodotti che vengono realizzati nel Nord del Paese, rappresenta circa il triplo delle esportazioni che l'industria italiana effettua nel resto dei Paesi d'Europa; quindi parliamo di qualcosa che non è solo un'area da assistere: è un'area che con la sua crescita può contribuire alla crescita del Paese. Noi ci auguriamo che il decreto-legge in discussione possa essere un primo passo, col contributo anche di questo Governo e del nuovo Ministro, per fare in modo che le politiche per il Mezzogiorno subiscano una accelerazione in questo prossimo tempo.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cariello. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO CARIELLO. Presidente, sottosegretario, dobbiamo intanto prendere Pag. 37atto che siamo tutti d'accordo nel non definire questo decreto-legge un decreto Mezzogiorno.
  Purtroppo, mi collego alle ultime dichiarazioni fatte anche dal collega Capodicasa, il quale giustamente dice: «Non si può per una parola soltanto indicata nel titolo addurre a considerare questo un decreto per l'intero Mezzogiorno d'Italia». Questo era chiaro già dall'inizio, da quando in sede referente, in Commissione, abbiamo avuto modo di entrare nel merito dei singoli articoli. Il Governo non ha inserito norme strutturali che rilanciano lo sviluppo economico del Mezzogiorno; ha agito su alcune questioni che avevano le caratteristiche di necessità e urgenza che anche noi abbiamo condiviso, tant’è che il nostro gruppo non ha presentato una mozione, una pregiudiziale intendo, e pertanto ne confermiamo la necessità e l'urgenza anche dei temi trattati. Ne cito solo uno: in una mozione di due anni fa il nostro gruppo aveva posto in essere, come primo punto importante, la questione della depurazione delle acque nel nostro Paese, che è un tema di effettiva necessità e urgenza e quindi abbiamo collaborato al meglio nella Commissione affinché tutti i temi trattati dal decreto fossero migliorati, perché questa è la modalità con cui il Parlamento deve lavorare. Il Governo fa decreti laddove necessitano di urgenze di intervento e il Parlamento contribuisce a migliorarli e ad arricchirli. Questo è stato l'approccio. Purtroppo, su articoli in particolare – qualcuno di più, qualcuno di meno – non abbiamo trovato convergenza nella visione con cui risolvere certe tematiche con il Governo e con la maggioranza. I miei colleghi hanno approfondito alcune questioni relative ad articoli per quanto riguarda la loro competenza, ma per quanto mi riguarda ritengo fondamentale fare delle notazioni soprattutto sull'articolo 2 e sull'articolo 7. L'articolo 2 è un articolo che ha posto in essere una soluzione perentoria alla questione del contenzioso, o meglio delle sentenze emesse dalla Commissione europea, sui depuratori, sulle acque reflue e sul trattamento delle acque reflue. Il nostro Paese, oltre ad avere due procedure di infrazione che hanno già fruttato delle sentenze, ne ha una terza e questa è stata già una prima mancanza da noi rilevata. Il provvedimento in esame non affronta tutte le procedure di infrazione in essere, ne lascia ancora in sospeso alcune, quindi era il caso a nostro avviso di intervenire in senso lato su tutti i casi di infrazione che già abbiamo in essere, ma soprattutto ci preme sottolineare quanto la direttiva europea, a cui si fa riferimento per rientrare dalla procedura di infrazione, dice un qualcosa di molto importante che è stato marginalmente toccato dal decreto e da noi posto come punto centrale, ovvero la progettazione degli impianti deve tener conto delle variazioni stagionali di carico, quindi rientrare da una procedura di infrazione perché l'impianto non è adeguato è una parte del problema, ma nel nostro Paese abbiamo un problema di fondo che è quello per cui i depuratori che trattano le acque reflue non sono nella stragrande maggioranza dei casi adeguati alle variazioni di carico stagionale. Questo significa che anche lì dove noi dovessimo adeguarli, i depuratori non sarebbero in grado di smaltire il carico che gli arriva soprattutto nelle stagioni estive e il nostro Paese è un Paese che mira a valorizzare le sue coste e a valorizzare il turismo come risorsa fondamentale del proprio prodotto interno e quindi ritenevamo importante avviare un discorso un po’ più largo sull'unica vera grande opera utile a questo Paese.
  Perché noi riteniamo che il sistema idrico vada comunque affrontato con l'approccio sistemico, con l'approccio da grande opera. Si son fatti decreti per diverse grandi opere in questo Paese, si sono stanziati diversi miliardi di euro per le più svariate opere che ora non voglio elencare, ma questa che è realmente una grande opera su cui anche il MoVimento 5 Stelle avrebbe concesso di poter ragionare con lo stile della grande opera, non si è fatta, quindi si è semplicemente risposto a delle sentenze in essere, in relazione alle quali la Commissione europea aveva chiesto si intervenisse entro il 31 Pag. 38dicembre 2016, pena il pagamento delle multe. Come si è agito ? Si è agito individuando la figura del commissario unico, che ha dei compiti di coordinamento e realizzazione degli interventi, quindi una gestione accentrata che non va a sostituirsi a quelli che sono gli intoppi che hanno un po’ fermato l'azione dei singoli commissari regionali, già individuati da altro decreto precedente. Uno degli interventi, che è stato colto anche dal Governo – e lo riconosciamo – è stato anche il fatto, tra l'altro suggerito dall'ANAC, di poter comunque gestire la progettazione attraverso dei bandi e delle valutazioni, attraverso un albo pubblico di soggetti in grado di rispondere a queste note tecniche che dovranno essere emanate dal commissario unico. Ma la gestione centralizzata a noi fa sorgere numerosi perplessità, non tanto sulla gestione delle risorse finanziarie. Lì si è fatto un passo avanti, ovvero lì dove i commissari regionali avevano già stanziato delle risorse sulla stessa delibera CIPE che interessava la questione, lì dove alcune progettazioni erano già in essere e i soldi già stanziati, il commissario – è chiaro – non li rimette in discussione, ma lì dove i commissari non hanno operato o utilizzato quegli stanziamenti, si accentra tutto nella disponibilità della contabilità speciale. Questo è stato un passo avanti, ma – ripetiamo – i nostri dubbi sono fortemente legati alla capacità del commissario unico di avanzare in quei lavori di adeguamento che hanno problematiche di tipo soprattutto locale o, aggiungerei, di tipo tecnico perché ricordo anche quanto già anticipato durante le varie audizioni: in alcuni casi, aver superato la procedura di infrazione è significato – mi riferisco ad alcuni casi in particolare nella regione Puglia – aver individuato un progetto di costruzione di una condotta sottomarina che non fa altro che bypassare il problema della depurazione. Anziché adeguare un impianto, prendiamo i reflui che questo impianto non riesce a smaltire e li andiamo a sversare a due chilometri dalla costa. Questa è stata la soluzione tecnica individuata in alcuni particolari agglomerati e quindi se dovessimo superare una procedura di infrazione soltanto andando a spostare fisicamente proprio un problema dal depuratore al largo delle nostre coste, alla fine noi il problema non lo stiamo risolvendo e questo è l'approccio che in alcuni casi si sta seguendo. Il Ministero dell'ambiente lo sa, in questo decreto il Ministero della coesione territoriale sta semplicemente mettendo a disposizione delle risorse, ma mancherebbe un coordinamento tra i due Ministeri; mancherebbe una cabina di regia tecnica che aiuti a superare questo tipo di problema nella maniera più opportuna.
  Bisognerà dunque monitorare anche l'utilizzo dei fondi, anche quelli già stanziati in passato, riportando soprattutto le responsabilità a quegli enti locali che dovevano eseguire le opere per cui erano già stati stanziati dei fondi ma che non l'hanno fatto. Quindi, un'opportuna azione di monitoraggio e anche sanzionatoria per quegli enti locali che non hanno operato in tal senso e, quindi, la ricerca delle responsabilità che non sappiamo se questo commissario unico riuscirà ad ottemperare, perché ci sono dei responsabili che hanno protratto questa situazione dimostrando anche che quanto messo in atto dal Governo nel precedente decreto, quindi quello che faceva nascere i commissari regionali, non ha funzionato per ammissione anche dello stesso Governo. Ci sono state delle problematiche che non sono state risolte con l'individuazione del commissario unico e, quindi, in quel caso dovremmo ricercare delle responsabilità.
  Vorrei spendere anche due parole relative alla modalità con cui è nato anche l'articolo 7. Partiamo da un presupposto: in Italia non si è saputo mica a dicembre che il G7 andava realizzato a Taormina e in Sicilia. Il Governo precedente a questo in carica aveva altro a cui pensare e questo è stato un problema. Questa è soprattutto una dimenticanza, perché oggi l'articolo 7, inserito in questo decreto, non fa altro che definire urgente l'ottemperare ad una serie di misure per l'organizzazione di questo evento che, è chiaro, farà muovere l'amministrazione centrale e locale anche in una maniera un po’ fuori Pag. 39dalle regole, soprattutto in deroga al codice degli appalti. È questa la motivazione che ci ha visti fortemente contrari all'impostazione di questo articolo e sul quale abbiamo chiesto anche il parere dell'ANAC, parere che è venuto e che ha dato la dimostrazione che questo articolo poteva sicuramente essere scritto in una maniera migliore. Il Parlamento e la Commissione referente hanno agito in tal senso. Si è migliorato in alcuni aspetti, ma soprattutto a noi preme mettere in risalto anche quelle che sono state le proposte del nostro gruppo, proposte – ripeto – di tipo collaborativo; non si è andati mica nella direzione di ostruire il percorso di avvicinamento e di realizzazione di questo evento. Noi volevamo semplicemente evitare un nuovo caso nazionale con la realizzazione di questo evento del G7.
  Cosa abbiamo proposto ? Abbiamo proposto un controllo contestuale della Corte dei conti, una validazione in un certo senso anche preventiva. Il Governo ci ha risposto che di standard la Corte dei conti lo deve fare. Va bene, d'accordo ! Siamo consapevoli di questo, ma a noi serviva evitare che il G7 diventi un caso di carattere giuridico e in mano alla Corte dei conti. Quindi, una sorta di affiancamento nel realizzare i vari appalti e introdurre procedure che si possano utilizzare solo per interventi sopra il milione di euro, procedure diciamo in deroga. Ma questo non è stato nemmeno possibile ammetterlo, sia come emendamento sia nella discussione. Poi, c’è stata anche la proposta di avviare le procedure negoziali anziché senza bando di gara, quindi con l'articolo 63, piuttosto con l'articolo 62 del nuovo codice degli appalti, con almeno la pubblicazione dei soggetti aggiudicatari.
  Quindi, riteniamo di aver fatto un lavoro di tipo costruttivo. Sono state avanzate delle proposte e in alcuni casi sono state anche accettate, ma in ordine alla nostra valutazione globale del provvedimento, seppure agisca in situazioni urgenti e necessarie per il Paese, alla fine riteniamo, appunto, che il provvedimento non risponda a quella che è la visione.
  Quindi, alla fine, gioco forza, il provvedimento porta a discutere di Sud tutto il Parlamento e quello che emerge è questa esigenza da parte di tutte le forze politiche, che si aspettano un provvedimento, sia di iniziativa governativa ma anche – perché no ? – di iniziativa parlamentare, che affronti la situazione del Sud in maniera sistemica e che agisca con quelle misure di rilancio che liberano dai vincoli sia le imprese, sia i cittadini, sia chi vuole avanzare nel rilancio economico del Sud.
  Accogliamo anche con positività il credito d'imposta, ma sul credito d'imposta, inserito in questo decreto e dedicato alle aziende che investono nel Sud, a nostro avviso intanto si utilizzano delle risorse che erano già per il sud, magari destinate a delle opere significative e importanti comunque e, quindi, non sono risorse in più. Ma al di là di questo, noi riteniamo che oggi un'impresa al Sud, per poter investire, abbia bisogno di una domanda che va rilanciata in una qualche maniera e poi ha bisogno di poter accedere anche al credito in maniera diversa, più agevolata, in maniera anche più efficace da parte del sistema bancario e anche determinando una serie di misure che sburocratizzano e alleggeriscono il peso della pubblica amministrazione verso il rilancio economico.
  Quindi, ribadiamo la necessità, condivisa da tutte le forze politiche, di un rilancio del Mezzogiorno, un rilancio a cui la politica può rispondere con delle misure di carattere generale, di carattere sistemico e che intervengano soprattutto sulla domanda e sull'accesso al credito.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche – A.C. 4200-A)

  PRESIDENTE. Avrebbe facoltà di replicare il relatore, onorevole Laforgia, ma avendo esaurito il tempo vi rinuncia prudentemente.Pag. 40
  Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

  CLAUDIO DE VINCENTI, Ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno. Molte grazie, Presidente. Io credo che il primo punto da sottolineare, alla luce del dibattito che c’è stato oggi nell'Aula e alla luce dei lavori della Commissione, è quello del significato che ha il decreto-legge che stiamo sottoponendo all'esame della Camera dei deputati. Qui devo dire che condivido molto il modo in cui il decreto-legge è stato valutato nel suo significato di fondo dagli onorevoli Vico, Massa e Cardinale. È stato da loro chiarito l'ambito di riferimento del decreto-legge, come del resto il titolo stesso del decreto-legge dice e, appunto, consentitemi di rileggerlo per chiarezza: «(...) decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, recante interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale, con particolare riferimento a situazioni critiche in alcune aree del Mezzogiorno». L'ho riletto perché il Governo è particolarmente consapevole del fatto che non è questo un «decreto-legge Mezzogiorno», nel senso che prende l'insieme delle questioni che una strategia per il Mezzogiorno d'Italia deve toccare, ma tocca alcune questioni specifiche che richiedevano, appunto, interventi di urgenza, corrispondenti esattamente a quelle che sono le caratteristiche necessarie e di urgenza di un decreto-legge.
  Al tempo stesso però, come hanno rilevato gli onorevoli Massa, Vico e Cardinale, quelle questioni di urgenza, per quanto specifiche, hanno un valore molto generale, hanno un rilievo generale.
  Basti pensare al fatto che, nel decreto-legge, si affrontano temi come quelli dell'ILVA, dove la questione di rilievo generale è quella di una politica che consenta di coniugare sviluppo produttivo e tutela occupazionale con la salute dei cittadini di Taranto, con l'ambiente, la qualità dell'ambiente, la vita della città.
  È una grande sfida che abbiamo ed è una questione che riguarda certamente Taranto, ma che riguarda più in generale le caratteristiche dello sviluppo industriale che in Italia e in Europa dobbiamo riuscire a costruire. È una sfida epocale: una nuova rivoluzione industriale ambientalmente compatibile. Quindi la questione è specifica: abbiamo affrontato temi di tutela dei lavoratori (penso anche all'emendamento che il Governo ha presentato per quanto riguarda il rafforzamento della cassa integrazione guadagni e che ha preso oggi la forma di quello che nella versione che l'Aula della Camera ha davanti è l'articolo 1-bis), ma riguarda anche la salute. Quindi nel decreto-legge del Governo c’è uno stanziamento di 70 milioni specifici, che si aggiungono a tutti gli altri che abbiamo già destinato alla sanità e all'ambiente nella città di Taranto (penso per esempio ai 200 e passa milioni che abbiamo impegnato per l'ospedale San Cataldo, ma non solo), che sono specificamente dedicati all'acquisto di apparecchiature medico-diagnostiche avanzate che consentano di fronteggiare i problemi che la sanità tarantina ha di fronte. Penso anche all'emendamento parlamentare che ha consentito di riservare 100 milioni specifici di fondi, per l'insieme delle regioni del Mezzogiorno, per le apparecchiature di radiologia e di diagnostica oncologica. Penso poi ai 30 milioni che abbiamo stanziato nel decreto-legge per programmi di sostegno, supporto, alle famiglie disagiate dell'area tarantina che, ripeto, si aggiungono a una serie di interventi che il Governo e il Parlamento hanno già deciso per Taranto e che oggi assommano, con questi nuovi apporti, complessivamente a circa 1.800 milioni di euro, che in parte sono per il risanamento ambientale di ILVA e in parte, la metà, sono per la riqualificazione ambientale della città di Taranto e la salute dei cittadini della città di Taranto.
  Io credo che questo è un tema certamente specifico, ma di grande valore generale per il Mezzogiorno, per l'Italia e per l'Europa.
  E così anche penso all'articolo 2 che tratta la questione dei ritardi italiani in materia di depurazione e, lo rilevava bene l'onorevole Massa, che individua una modalità di gestione di questo problema che Pag. 41è destinata ad accelerare la risposta a questo tema. Un tema che non solo ha a che fare con la procedura d'infrazione europea, sicuramente, ma in realtà ha a che fare con le prospettive di qualità della vita e delle ripresa economica del Mezzogiorno. Mezzogiorno dove le implicazioni del risanamento sul versante delle acque reflue, in particolare sulla qualità della vita dei cittadini meridionali e del Mezzogiorno d'Italia, sono ovvie naturalmente, così come anche sul secondo tema, se pensiamo che la qualità ambientale, in particolare dei mari del Mezzogiorno, è una delle risorse chiave per il rilancio economico stesso del Mezzogiorno d'Italia. Ma così è ancora l'articolo 4 sull'Agenzia per i lavoratori del transhipment dove, bene ha segnalato l'onorevole Vico, non c’è competizione e concorrenza con i lavoratori delle agenzie portuali del cosiddetto articolo 17, ma dove il tema è comunque di rilievo generale, perché la proiezione di porti come Taranto e Gioia Tauro nel Mediterraneo come porti di riferimento per i trasporti via mare nel Mediterraneo è essenziale e consente di sostenere la concorrenza che altri porti del Mediterraneo, nonché porti del nord Europa, stanno facendo ai porti italiani. Quindi ciò si inserisce dentro una più generale questione del ruolo del nostro Paese, e della portualità del nostro Paese, nei grandi flussi commerciali del Mediterraneo.
  Infine, ma mi limito solo ad alcuni punti, ricordo l'articolo 7, sul G7, che naturalmente è una questione specifica: dobbiamo accelerare le procedure, nel rispetto completo della trasparenza. Sottolineo che l'emendamento che il Governo ha presentato, approvato in Commissione, ha chiarito bene alcuni punti che erano stati sollevati a questo proposito, però un'accelerazione delle procedure per attrezzare adeguatamente la città di Taormina a ospitare il G7, ha un rilievo anche di carattere generale se pensiamo quale importanza ha la realizzazione di questo vertice internazionale, il massimo vertice internazionale, per la immagine del nostro Paese, per l'immagine del Mezzogiorno del nostro Paese. Sappiamo che si è arrivati alla scelta di Taormina da parte del Governo Renzi proprio per sottolineare come il Mezzogiorno svolga una funzione chiave per l'Italia e per l'Europa.
  Quindi, sono interventi specifici, ma hanno rilievo generale e si collocano dentro una politica più generale per il Mezzogiorno che ha preso forma con il masterplan lanciato dal Governo Renzi un anno e mezzo fa e che ha dato luogo ai «patti per il Sud» che abbiamo firmato con l'allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi, con le otto regioni del Mezzogiorno e con le sette città metropolitane del Mezzogiorno, a cui aggiungo il contratto istituzionale di sviluppo per la città di Taranto, dove abbiamo definito una nuova politica meridionalista. Lo voglio dire all'onorevole Prestigiacomo che ha invocato un piano per il Sud: il Piano per il Sud esiste già ed è molto impegnativo per il Governo e per le amministrazioni delle regioni e delle città metropolitane del Mezzogiorno e questa nuova politica meridionalista prende la forma di un rapporto nuovo tra Governo e comunità locali.
  Non più la programmazione dall'alto di diversi decenni fa, che pure ha avuto i suoi meriti, ma che illuministicamente ha mancato di cogliere una serie di problemi delle comunità locali nel Mezzogiorno, ma neanche la politica di semplice dispensazione di risorse alle autorità regionali e locali, senza tenere una coerenza complessiva e senza stare attenti a spendere e spendere bene quelle risorse.
  L'onorevole Palese, anzi l'onorevole Vico, aveva ragione, quando diceva nel suo intervento: spesa che non viene spesa. Ma anche l'onorevole Palese poi diceva qualcosa di analogo nel suo intervento. Ecco, con i patti per il sud e con il masterplan si parte in un dialogo con le comunità locali e con le istituzioni che le rappresentano, dall'individuazione delle priorità e degli obiettivi, che rispondono ai bisogni dei cittadini del Mezzogiorno. Si parte da lì. Sono le regioni, le città metropolitane, i sindaci, che ci rappresentano i bisogni del territorio. Su quelli si costruiscono le priorità e gli obiettivi, si mettono d'accordo Pag. 42governo centrale, regioni e sindaci e le risorse, di cui siamo dotati, in particolare il Fondo sviluppo e coesione e il cofinanziamento nazionale di PON e POR da parte del Governo, i POR (Programmi operativi regionali) da parte delle regioni, risorse regionali, risorse dei ministeri e così via. Si definiscono gli strumenti d'intervento e le responsabilità, sfidandosi a vicenda e anche controllandoci a vicenda.
  Nel mese di gennaio ho avuto la fortuna – dico io –, oltre che il dovere, di viaggiare nel Mezzogiorno d'Italia e verificare con tutte le regioni e tutte le città metropolitane – mi manca solo la Sardegna, ma lo farò nei prossimi giorni – lo stato di attuazione del patto per la regione e del patto per la città metropolitana. Così facendo, ho riscontrato intanto, complessivamente, un impegno e una voglia di fare delle amministrazioni, sia centrali che locali, e poi anche un mettersi in evidenza a vicenda: dove si trovano difficoltà, quali sono gli ostacoli da rimuovere e quali sono i compiti di ognuno nel fare questo. E poi vi è il compito dello Stato centrale naturalmente ed è quello che abbiamo fatto con gli altri ministri che seguono le vicende chiave che ruotano intorno al masterplan. Penso al Ministro delle infrastrutture, penso al Ministro dell'ambiente, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'agricoltura e non solo. Abbiamo definito poi come si tiene la connessione di tutti questi patti, come si fa in modo, con opere infrastrutturali, politiche industriali, politiche ambientali, di creare le coerenze e di connettere le regioni del Mezzogiorno tra loro e di connetterle con il Centro-Nord, nella convinzione che ha ispirato il masterplan che, solo se riparte il Mezzogiorno d'Italia, riparte tutto il nostro Paese.
  Credo che questo significa che questo decreto affronta alcune questioni, che peraltro sono di grande rilievo, e contemporaneamente dentro un quadro più generale, che, prima il Governo Renzi e oggi il Governo Gentiloni – in particolare con l'istituzione del Ministro per la coesione sociale territoriale e il Mezzogiorno e l'onore che mi è stato fatto di ricoprire questo incarico –, vuole significare con forza: una nuova politica per il Mezzogiorno.
  E, allora, vengo rapidamente ai contenuti e alle modifiche apportate, anzi alle modifiche apportate nel dibattito in Commissione. Ho già ricordato l'emendamento sulla cassa integrazione dell'Ilva, emendamento del Governo. Alcuni emendamenti parlamentari, molto utili in termini di trasparenza delle procedure, hanno avuto pure il parere favorevole del Governo e sono stati approvati.
  Sull'articolo 2 sul commissario unico, sono state rafforzate le procedure per il commissario unico e, contemporaneamente, chiarito l'ambito preciso di intervento del commissario, attraverso gli emendamenti, alcuni del Governo altri parlamentari.
  Poi è stato importante – qualcuno degli interventi lo ha ricordato – l'emendamento che ha introdotto l'articolo cosiddetto 3-bis sul sito Cemerad, che richiede un consolidamento delle attività di bonifica che sono state avviate e il coinvolgimento di Sogin in questa attività da parte del commissario per il sito.
  L'articolo 4 sostanzialmente è rimasto quello sull'agenzia per il transhipment e non ha subito variazioni significative.
  Così anche il fondo per la non autosufficienza. Qui è stata introdotta, come ricordavo, con l'articolo 5-bis, questa riserva di 100 milioni a favore dei servizi di radioterapia nel Mezzogiorno.
  Sul G7, come ho già ricordato, l'emendamento del Governo ha chiarito le modalità di utilizzo dell'articolo 63 del codice appalti.
  Poi abbiamo introdotto – e credo sia molto significativo –, con un emendamento del Governo, l'articolo 7-septies, sull'utilizzo dei beni confiscati alla mafia e la messa a disposizione dei comuni per scopi sociali, per esempio per alloggi, di beni confiscati anche ad aziende segnate dalla criminalità organizzata. Prima si poteva fare solo per i beni di singoli individui, in questo caso anche per beni Pag. 43delle aziende e questo può aiutare i comuni a risolvere alcuni problemi, difficili problemi sociali sul territorio.
  Infine l'emendamento del Governo sul credito d'imposta, che ha, per così dire, rafforzato lo strumento. Con questo puntiamo all'utilizzo pieno delle risorse messe a disposizione dalla legge di bilancio dell'anno scorso, pari a 617 milioni per quattro anni, quindi 617 all'anno per quattro anni. Un pieno utilizzo di queste risorse significa una forte spinta agli investimenti privati e, quindi, alla crescita e all'occupazione nel Mezzogiorno.
  E vi è la riformulazione che è stata approvata dalla Commissione – da me proposta, ma approvata dalla Commissione – dell'emendamento parlamentare circa il riequilibrio territoriale nell'assegnazione delle risorse di bilancio in conto capitale. Oggi, nel testo che avete di fronte, è il cosiddetto articolo 7-bis, dove lo abbiamo chiarito, fermo restando l'utilizzo differenziale a favore del Mezzogiorno dei fondi strutturali europei, in base all'accordo di partenariato con l'Unione Europea, quindi 70 per cento per le regioni del Mezzogiorno e 30 per cento per il Centro-Nord, nonché ferma restando la percentuale differenziale a favore del Mezzogiorno nel Fondo sviluppo e coesione, stabilito con legge nazionale – ricorderete a 80 e 20 e ricorderete anche che, con la legge di bilancio votata a dicembre, abbiamo aumentato la dotazione del Fondo sviluppo e coesione -. Fermo restando questo, c’è poi da fare un lavoro sull'assegnazione degli stanziamenti in conto capitale delle risorse ordinarie. Abbiamo introdotto la definizione di un criterio di equi-distribuzione sul territorio, in modo da garantire, a partire dalla legge di bilancio 2018, stanziamenti equi-distribuiti per le risorse ordinarie in conto capitale – quindi investimenti – e, rispetto a questi, in modo che le risorse aggiuntive del Fondo sviluppo e coesione e dei fondi strutturali europei operino quel recupero e quella rimonta del Mezzogiorno, che consenta di portare ad una convergenza del Mezzogiorno verso il Centro-Nord.
  Credo che il decreto-legge nella sua configurazione iniziale fosse già, ripeto, per il Governo molto importante, pur affrontando questioni specifiche, ma di rilievo generale e nel quadro di una politica meridionalista ormai avviata nell'ultimo anno e mezzo e che oggi noi stiamo potenziando. Con gli emendamenti votati in Commissione, e qui ringrazio il relatore, l'onorevole Francesco Laforgia, il presidente di Commissione, l'onorevole Francesco Boccia, tutti i parlamentari della Commissione bilancio, ma anche delle altre Commissioni che hanno fornito suggerimenti preziosi, credo che con questi emendamenti abbiamo ulteriormente rafforzato l'impianto del decreto e credo che abbiamo in questo momento davanti un decreto preciso, forte sugli interventi che definisce, con degli ampliamenti di aree importanti, penso al credito d'imposta, che contribuirà a rafforzare la politica meridionalista che abbiamo avviato.

  PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
  Sospendo la seduta per cinque minuti.

  La seduta, sospesa alle 19,15, è ripresa alle 19,20.

Discussione della proposta di legge: D'iniziativa popolare: Trattati internazionali, basi e servitù militari (A.C. 2-A).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 2-A: D'iniziativa popolare: Trattati internazionali, basi e servitù militari.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari del MoVimento 5 Stelle e del Pag. 44Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, onorevole Andrea Manciulli.

  ANDREA MANCIULLI, Relatore per la maggioranza. Grazie Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di legge al nostro esame, presentata originariamente nel 2008 da gruppi della sinistra alternativa ed ora riproposta dal gruppo del MoVimento 5 Stelle, mira a modificare radicalmente il quadro delle alleanze politico-militari di cui è parte il nostro Paese e, segnatamente, l'appartenenza al Patto atlantico. La relazione illustrativa che accompagna il provvedimento, sia pure assai datata sul piano della ricostruzione del quadro geopolitico di riferimento, sottolinea l'esigenza di superare la cosiddetta «logica securitaria», sottesa alle ragioni costituenti della NATO, e considerare esaurite le motivazioni dell'adesione italiana alla NATO, sottoponendo al Parlamento la decisione sull'opportunità di non rinnovare per il futuro tale adesione.
  L'iniziativa legislativa prevede specificamente: una sorta di desecretazione di tutti gli accordi militari, fissando, accanto all'obbligo posto dall'articolo 80 della Costituzione, un ulteriore obbligo di autorizzazione parlamentare alla ratifica per tale tipologia di accordi; il divieto assoluto di autorizzazione alla ratifica di ogni accordo militare che preveda, sotto varie forme, la guerra di aggressione; la riconversione delle strutture militari in strutture civili, stabilendo un termine massimo di dieci anni per ogni struttura militare già esistente; l'adeguamento delle strutture militari esistenti alla normativa di tutela ambientale, stabilendo, nel contempo, il parere favorevole vincolante degli enti locali; la sospensione dei progetti in corso di nuove installazioni militari o ampliamenti delle basi militari esistenti, anche in deroga ad accordi internazionali sottoscritti dal nostro Paese.
  Prima di passare all'esame della proposta, richiamo i principali parametri costituzionali che delimitano il treaty power nell'ordinamento italiano: la norma di cui all'articolo 10, primo comma, della Costituzione, che delinea un procedimento di adattamento automatico e permanente, implicante che l'ordinamento, nella sua interezza, si conforma costantemente al diritto internazionale generale e alle sue modificazioni, tra cui il principio consuetudinario del diritto internazionale pacta sunt servanda; l'articolo 11 della Costituzione, che contiene un divieto e due disposizioni permissive: in particolare, vieta la guerra di aggressione, consente limitazioni di sovranità necessarie per assicurare la pace e la giustizia tra le nazioni e favorisce le organizzazioni rivolte a tale scopo.
  Sulla compatibilità tra NATO e Costituzione italiana alla luce dell'articolo 11 ricordo che si è espressa la Corte di cassazione in una sentenza del 22 marzo 1984, la n. 1920. Il punto essenziale che viene in considerazione in questa sede è quello secondo cui la NATO è un'alleanza difensiva, e, quindi, non può essere in contrasto con l'articolo 11, che ammette l'uso della forza in legittima difesa. In tale contesto vanno anche valutate le limitazioni di sovranità che la concessione di basi necessariamente comporta. La legittima difesa è un diritto riconosciuto dalla Carta delle Nazioni Unite ed è, quindi, un elemento essenziale per garantire la giustizia tra le nazioni. Quanto alle organizzazioni rivolte a tale scopo, la NATO vi rientra non solo per l'organizzazione della legittima difesa tra gli Stati membri, ma anche tenendo conto degli articoli 2 e 3 del Trattato del 1949, che impegnano le parti a risolvere pacificamente le controversie internazionali e a sviluppare relazioni pacifiche e amichevoli.
  Richiamo, altresì, le disposizioni di cui l'articolo 117, primo comma, che impone alla potestà legislativa dello Stato e delle regioni il rispetto dei vincoli tra gli altri derivanti dagli obblighi internazionali. Ricordo, Pag. 45inoltre, che, diversamente da quanto riportato nella formulazione della proposta di legge, il Parlamento non ratifica, ma autorizza con legge la ratifica dei trattati internazionali, in quanto l'organo competente alla ratifica dei trattati internazionali è il Presidente della Repubblica. La proposta di legge al nostro esame allinea, invece, una serie di previsioni normative del tutto al di fuori di questi parametri costituzionali: dalla previsione, all'articolo 1, comma 1, di una validità a tempo delle autorizzazioni, alla ratifica degli accordi internazionali di tipo militare, alla prefigurazione di un recesso automatico dagli accordi internazionali, discendente dal mancato rinnovo di tali accordi, che violerebbe sia le nostre regole costituzionali sia la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati.
  In primo luogo, la proposta dispone, all'articolo 1, comma 1, l'obbligo di pubblicità dei trattati segreti di natura militare in vigore entro un anno dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame. In realtà, da più di trent'anni, la legge n. 639 del 1984 ha disposto l'inserimento nella Raccolta ufficiale e la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale degli Accordi ai quali la Repubblica si obbliga nelle relazioni internazionali, ivi compresi quelli a forma semplificata e che non comportano pubblicazione ad altro titolo. La stessa ha previsto la pubblicazione trimestrale in apposito supplemento alla Gazzetta Ufficiale, nonché la trasmissione ai Presidenti delle due Camere, di tutti gli atti internazionali ai quali la Repubblica si obbliga nelle relazioni esterne: trattati, convenzioni, scambi di note, accordi ed altri atti comunque denominati. La legge dunque numera nominativamente la più ampia tipologia possibile di atti internazionali, ed espressamente reca una clausola di riserva per quelli ipoteticamente suscettibili di impegnare la Repubblica che possano avere un altro nomen iuris. Ne consegue che, non solo la categoria dei trattati segreti non compare nel dettato normativo in esame, ma che essa, qualora se ne potesse ravvisare l'esistenza, sarebbe comunque ricompresa nella predetta clausola di riserva.
  Assai critica sotto il profilo della costituzionalità appare anche la disposizione di cui all'articolo 10, in base alla quale l'autorizzazione per la costruzione, installazione ed ampliamento di basi, caserme, installazioni militari sul territorio nazionale, anche se nella disponibilità di Paesi terzi, possano essere concesse esclusivamente con il parere favorevole di un comitato misto, composto dal Ministro della difesa o suo delegato, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o suo delegato, dal presidente della regione e dai sindaci delle zone interessate, e che ogni decisione deve essere necessariamente presa con il parere favorevole dei rappresentanti degli enti locali interessati. Tale valutazione andrebbe effettuata anche in deroga alla normativa vigente in materia e dagli accordi internazionali eventualmente in corso.
  L'articolo 12 inibisce invece l'impiego di strutture civili, porti, aeroporti, ferrovie per scopi militari, compreso il passaggio di armamenti e truppe per missioni militari fuori confine.
  Su un piano generale tutte queste previsioni sembrano porsi in contrasto, come accennavo, con il principio consuetudinario pacta sunt servanda; inoltre esse potrebbero incidere direttamente sulla piena operatività di obblighi internazionali assunti dall'Italia, come ad esempio quelli derivanti dagli articoli 3 e 5 del Trattato all'Alleanza atlantica, che prevedono rispettivamente il mantenimento e lo sviluppo da parte degli Stati membri dell'Alleanza della propria capacità individuale e collettiva di resistenza ad un attacco armato, e la mutua assistenza fra gli Stati membri nel caso di un attacco armato contro uno o più di essi, in Europa o nell'America settentrionale, nell'esercizio del diritto di legittima difesa individuale e collettiva riconosciuto dall'articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite. Non vi è dubbio che la riforma della NATO sia questione assai seria, ove si consideri che Pag. 46oggi la minaccia più grave è quella rappresentata dagli attacchi informatici alla sicurezza, che giungono con particolare intensità da aree collocate ad Oriente e verso Ovest; è un fatto che gli atti di pirateria industriale, inoltre, siano assunti per lo più in territorio cinese ai danni dell'Occidente, con conseguenze drammatiche sul piano economico. Si tratta di un contesto noto, ma privo di ogni codificazione internazionale, ormai urgentissima. Ritengo tuttavia che non sia possibile strumentalizzare l'argomento circa l'assenza di strumenti giuridici per non affrontare la minaccia alla sicurezza esistente: indubbiamente la difesa della democrazia va aggiornata al presente, così come va ripensato il ruolo complessivo dell'Alleanza atlantica.
  Mi preme comunque rimarcare che l'iniziativa legislativa al nostro esame, in quanto espressione del principio costituzionale della partecipazione popolare nel processo di decisione legislativa, è stata oggetto di un attento esame in Commissione affari esteri, esame che è stato arricchito dai contributi di alcuni giuristi ed esperti di diverso orientamento politico-culturale nel corso di alcune audizioni informali. Tra questi, alcuni hanno sottolineato i profili di criticità della proposta sia dal punto di vista costituzionale che internazionalistico, mentre altri hanno posto in rilievo la circostanza che la proposta rinvia al problema de iure condendo di una revisione della normativa vigente sul segreto di Stato, che potrebbe essere perfezionata in più punti in altra sede.
  Confido inoltre, confermando una posizione già espressa dalla maggioranza nel corso dell'esame in Commissione, che l'esame di questa proposta di legge possa favorire un proficuo confronto in Aula sulle nuove prospettive dell'Alleanza atlantica e sulle ragioni che sono sottese alla proposta stessa, che resta comunque profondamente inadeguata rispetto all'attuale contesto geopolitico, segnato da dinamiche profondamente aggressive e da richieste ed aspettative crescenti da parte dei cittadini. Per questi motivi, la Commissione affari esteri propone la reiezione integrale del testo.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, onorevole Manlio Di Stefano.

  MANLIO DI STEFANO, Relatore di minoranza. Presidente, prima di tutto mi aggancerò all'ultima frase detta dal collega Manciulli, che data l'importanza di una legge di iniziativa popolare, e l'importanza appunto in quanto principio costituzionale di rappresentanza del popolo, la Commissione ha dato grande rilievo a questa proposta, e anche in Aula si auspica un dibattito proficuo. Bene, Manciulli, in Commissione certamente c’è stato dibattito, e abbiamo anche avuto delle audizioni, ma considerando che questa legge giaceva dal 2008 al Senato ed è stata da noi rispolverata nel 2014, credo che questi palazzi non abbiamo mai dato la dignità dovuta alle leggi di iniziativa popolare, che infatti sono una piccolissima, se non quasi insignificante percentuale delle leggi discusse da quest'Aula. In più mi vien da dire: come fate a dire che vi aspettate un dibattito proficuo in Aula, quando la proposta del Partito Democratico su questa legge è alcuni emendamenti soppressivi dell'intero articolato, che quindi bloccheranno addirittura la fase di discussione delle dichiarazioni di voto ? Quindi sostanzialmente non ci sarà alcun dibattito relativo alla proposta ! Questo è il vostro stile d'altronde, ci siamo abituati.
  Anche quando parlate di volontà di riformare la NATO che appartiene anche a voi, vi dico che esiste nello Statuto della NATO (lo conoscete bene in quanto membri anche voi dell'Assemblea della NATO) l'articolo 12, che propone proprio il metodo per la riforma della NATO, ovvero che qualunque Paese, dopo dieci anni di appartenenza all'Alleanza atlantica, può fare richiesta di una riforma della stessa: se vi sta tanto a cuore tale riforma, dovreste magari portare avanti proposte. Non dico come questa, perché magari non la condividete, posto che siete comunque Pag. 47votati dal popolo e il popolo ha presentato questa proposta, quindi quantomeno prenderla in considerazione e portare avanti una vostra proposta alternativa; invece la vostra idea è semplicemente di cassarla in toto e mettere tutto a tacere, come avete fatto dal 2008 ad oggi, quando avete umiliato tutti i firmatari di questa proposta di legge di iniziativa popolare.
  Voglio entrare nel merito di questa proposta; poi per la parte più politica ci sarà tempo quando arriverà in Aula, al di là della relazione di minoranza. Questa è una proposta che vuole mettere tutta l'attenzione possibile su una serie di tematiche che riteniamo particolarmente importanti ed attuali. Intanto la limitazione della sovranità territoriale, la salute dei cittadini italiani e la tutela dell'ambiente: cose di cui non avete parlato nella vostra relazione di maggioranza, perché evidentemente sono quelle più scottanti; fino al rispetto dei principi costituzionalmente garantiti del divieto di azioni militari offensive e del principio democratico di sovranità dell'istituzione parlamentare quale organo direttamente rappresentante il popolo italiano.
  Sul territorio italiano insistono ben oltre 100 basi ed installazioni NATO, di cui almeno 50 sono installazioni militari americane, come risulta dal Base Structure Report, sostanzialmente del Dipartimento della difesa statunitense. In questo stesso documento si certifica quali sostanzialmente basi americane quelle di Aviano, di Ghedi, di Vicenza, di Livorno, di Gaeta, di Napoli e di Sigonella: sostanzialmente, l'intero territorio italiano. Si tratta di un numero importante, non ufficiale; tra l'altro è difficile da confrontare alla luce della segretezza dei Trattati, come si vedrà più avanti, che si aggiunge a quello del personale militare e civile USA in Italia, anch'esso altissimo: secondo quanto riportato dal sito Defense Manpower Data Center, alla data del 31 luglio 2013 si trovavano in Italia 11.963 militari statunitensi e quasi 6 mila civili.
  Veniamo poi ad un altro numero, quello delle testate nucleari custodite sul territorio italiano: fonti riportano tra le 70 e le 90 testate nucleari, ma anche qui un dato ufficiale non è mai stato fornito. Gli ordigni nucleari fanno parte del deterrente nucleare USA e dell'Alleanza atlantica, e dovrebbero essere conservati, a quanto si apprende, nelle basi di Aviano e Ghedi Torre. Il problema delle bombe nucleari in Italia pone allora un possibile profilo di incompatibilità – anzi, più che possibile, certo – con il Trattato di non proliferazione nucleare; ma in particolar modo è evidente come le armi nucleari presenti sul territorio italiano possano rappresentare un pericolo per la salute dei cittadini, che vivono nei pressi della base con armamenti nucleari al suo interno.
  Già da questi brevi cenni emerge chiaramente come attraverso l'approvazione di questi Trattati militari si sia inevitabilmente causato un costo sociale, ambientale ed in termini di salute per i cittadini italiani. Basti al riguardo segnalare l'impatto che hanno avuto alcune installazioni militari sulla salute dei cittadini per comprende la rilevanza della questione: solo per citare alcuni esempi – ce ne sono svariati, vista la quantità di comitati che sono nati in Italia in tale direzione –, si pensi ai casi di malattie tumorali, in alcuni casi addirittura infantili, e malformazioni che hanno colpito e colpiscono le popolazioni soprattutto della Sardegna, che è la regione maggiormente interessata, costituendo da sola il 62 per cento del totale delle servitù militari italiane (sostanzialmente avete svenduto la Sardegna), che risiedono nelle vicinanze dei poligoni NATO.
  Oppure si possono menzionare le battaglie contro l'apertura del MUOS in Sicilia, un sistema di telecomunicazioni satellitari militari posto all'interno di una riserva naturale a pochi chilometri da Niscemi, un paesino di 10.000 abitanti, capace di generare campi elettromagnetici nocivi anche per la salute umana.
  Fatte queste premesse, veniamo ora agli aspetti più propriamente giuridici, visto che ci avete detto che a livello costituzionale questa proposta di legge non funzionava, supposto che, nei principi di incostituzionalità che anche noi abbiamo riscontrato Pag. 48– ed erano veramente esigui – abbiamo noi stessi proposto, sia in Commissione che in Aula, emendamenti correttivi per rendere questa proposta assolutamente e perfettamente costituzionale. Se aveste voglia quantomeno di prenderli in considerazione, anziché bocciare la legge tout-court, forse ve ne accorgereste anche voi.
  La proposta di legge in esame affronta un tema di vera sostanza giuridica, giacché quello degli accordi internazionali in materia militare e quello connesso e conseguente delle basi e servitù militari costituisce inequivocabilmente un vero e proprio buco nero nel nostro diritto costituzionale e debbo riscontrare in proposito una grave confusione e una perdurante incertezza di funzioni e di procedure, in primo luogo, nei rapporti tra organi costituzionali di indirizzo politico, di maggioranza, tra loro, quindi il Parlamento e il Governo, e di questi nei confronti degli organi costituzionali di garanzia, in primo luogo, il Presidente della Repubblica. Basti ricordare che in materia di accordi internazionali il Parlamento sembra non svolgere alcune delle sue funzioni tipiche: non ha potere di iniziativa, non elabora il testo dell'accordo internazionale e non ne dispone l'approvazione finale. In verità lo sfondo teorico di riferimento che la Costituzione repubblicana del 1947 ci propone in questa materia è chiaro, in primo luogo, nella sua intelaiatura di fondo, data la scelta inequivocabile a favore della forma di governo parlamentare, per cui non è dato individuare alcun elemento che induca a ritenere che in questo ambito particolare le Camere abbia un ruolo diverso e di minorità rispetto a quello ad esse generalmente e costituzionalmente attribuito. Al contempo, sussiste una pluralità di disposizioni costituzionali, collocate tanto nella prima, quanto nella seconda parte della Costituzione, e certamente rilevanti in materia. Queste chiamano tutte in causa il Parlamento quale organo almeno codecisore dell'azione delle principali scelte politiche in ambito esterno militare. L'articolo 52, comma 3, il quale sancisce che l'ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica, da cui deriva che l'universo militare non è più separato da quello civile, ma anzi viene inscindibilmente riconnesso alla democrazia e per essa all'unico organo costituzionale direttamente e immediatamente rappresentativo della Nazione, il Parlamento. L'articolo 78 pone in mano alle Camere, e non al Governo, la decisione sulla guerra e sulla pace. L'articolo 80 chiama in causa la legge e dunque lo stesso Parlamento al momento di ratificare i principali trattati internazionali. Eppure, a fronte di tutto questo, la prassi istituzionale di questi ormai quasi settant'anni di vigenza della Carta repubblicana non appare particolarmente edificante circa il necessario coinvolgimento del Parlamento in tema di accordi internazionali in materia militare, con il corollario, altrettanto grave, di una coessenziale marginalizzazione del Presidente della Repubblica in questo specifico settore in cui la funzione di garanzia appare parimenti insuscettibile di dispiegarsi in termini effettivi ed efficaci. Forse anche per tale ragione la Commissione parlamentare per le riforme costituzionali, istituita nel corso della nona legislatura, suggeriva di doversi autorizzare con legge la ratifica di tutti i trattati internazionali recanti anche l'assunzione di obblighi militari e la Commissione bicamerale per le riforme costituzionali, istituita nel corso della XIII legislatura, proponeva che fosse autorizzata con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura militare. In particolare, nelle estremamente rilevanti modifiche dell'importante trattato militare a cui partecipa il nostro Paese, dalla seconda guerra mondiale ad oggi, ovvero il trattato del Nord Atlantico, è mancato qualunque coinvolgimento costituzionalmente doveroso, ora del Parlamento ed ora, per altro verso, del Presidente della Repubblica. Si tratta di un vero e proprio paradosso, posto che l'articolo 11 di quel trattato stabilisce a chiare lettere tra l'altro che le sue disposizioni saranno applicate dalle parti conformemente alle loro rispettive norme costituzionali. Al contrario, si è passati dal trattato Pag. 49costitutivo della NATO, di carattere strettamente difensivo, che faceva riferimento all'articolo 51 della Carta dell'ONU, al Trattato di intervento globale disegnato nel nuovo concetto strategico che prevede addirittura operazioni non articolo 5 della Carta, ovvero operazioni non difensive ma anche offensive, casi banali sono Libia e Afghanistan. Il cambiamento che si è avviato con questo nuovo concetto strategico ci porta chiaramente a una riflessione su cosa il nostro Parlamento voglia avere come rapporti con una NATO che è totalmente riformata nello Statuto, Statuto che peraltro non è mai stato approvato in nessuna forma né dal popolo italiano, né dal Parlamento italiano.
  Sempre con riferimento alla funzione legislativa, va detto che non è certamente questo il primo momento in cui il Parlamento ha cercato nel corso degli anni di riformare la partecipazione alla NATO, solo che anche questa volta la legge vedrà un muro fatto dai vostri emendamenti che sopprimeranno l'intero articolato. È grave, secondo il nostro punto di vista, che la nostra partecipazione alla NATO colpisca e delegittimi i nostri accordi, molto più secondo me significativi, quali il Trattato di non proliferazione nucleare o il Trattato sulle armi biologiche – ce ne sono una marea firmati negli ultimi cinquant'anni che vanno tutti a infrangersi contro l'attuale gestione della NATO – nonché, in particolare, la gestione delle bombe atomiche sul nostro territorio. Le lotte e le popolazioni civili in Sardegna, come la chiusura dei poligoni di tiro, come la chiusura degli addestramenti fuori controllo di fatto in Sardegna, ma anche, come dicevo, il MUOS in Sicilia, dovrebbero darvi un segnale chiaro, insieme a questa legge. La riforma della NATO oggi è imprescindibile nei rapporti del Parlamento e del popolo italiano. Voi domani probabilmente, quando arriverà in Aula, la boccerete con un solo voto e un solo emendamento. Ancora una volta, non vi prenderete la responsabilità di dare una proposta voi, la proposta ve la diamo noi che siamo opposizione e, quando saremo al Governo.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente. È iscritto a parlare l'onorevole Andrea Romano. Faccio una preghiera ai colleghi, giacché abbiamo anche un altro punto all'ordine del giorno, se possono, di attenersi ai tempi e sottolineo che comunque la sintesi, specie dei colleghi dell'ultimo provvedimento, sarà certamente molto apprezzata.

  ANDREA ROMANO. La ringrazio, Presidente, farò del mio meglio. La proposta di legge che discutiamo oggi – l'abbiamo già detto – è già stata ampiamente dibattuta ed emendata dalla Commissione e abbiamo deliberato – saggiamente aggiungo – nelle Commissioni, attraverso due emendamenti soppressivi la completa cancellazione del testo. La nostra è quindi di fatto una discussione su una scatola vuota, che però si rivela una discussione utile e necessaria, come stiamo già facendo, non solo per il rispetto allo sforzo di elaborazione che vi è dietro ma anche per rispetto alla partecipazione civica dei tanti cittadini che hanno firmato questa proposta di legge d'iniziativa popolare. Ricordo all'onorevole Di Stefano che il nostro attaccamento e il nostro rispetto a chi firma leggi di iniziativa popolare è talmente forte che avevamo proposto, con la proposta di riforma costituzionale, che le leggi di iniziativa popolare fossero obbligatoriamente discusse in Aula e invece in questo caso ci troviamo, appunto, volontariamente a discuterne.
  Ma, a parte questo, è importante questa nostra discussione perché questa proposta di legge è anche un'occasione per discutere di quanto sta accadendo proprio in queste settimane – mi viene da dire – intorno a noi, in Europa e nel mondo, perché all'inizio di questo percorso, nel 2008, quando il testo venne presentato per la prima volta in Parlamento, l'ispirazione originaria poteva apparire un'ispirazione nobilmente pacifista ed era appunto l'intenzione di ridiscutere radicalmente le alleanze strategiche del nostro Paese, accanto allo smantellamento di fatto di tutte le nostre strutture militari.Pag. 50
  Ma il tempo, trascorso dal 2008 a oggi, si è incaricato di chiarire che quello che allora poteva apparire come un afflato pacifista altro non era e altro non è oggi che un aspetto particolare e in forma italiana del cosiddetto fenomeno sovranista, quel fenomeno che ormai avvolge un po’ come una cappa l'intero Occidente, dagli Stati Uniti alle frontiere orientali del nostro continente, e che è mosso da un unico slogan, declinato però in diverse lingue: «padroni a casa nostra». Lo dice in inglese Donald Trump, lo dice in francese Marie Le Pen, lo dicono altri in tedesco, in polacco, in ungherese e lo dicono in italiano i tanti rispettabilissimi epigoni di Trump e della Le Pen: penso alla Lega, penso a Fratelli d'Italia, penso al MoVimento 5 Stelle, partiti politici che in Trump e nella Le Pen trovano i riferimenti internazionali visibili, capaci di indicare la strada che anche loro vorrebbero perseguire in Italia una volta conquistato eventualmente il potere. E quella strada non sarebbe altro che l'uscita dalle organizzazioni internazionali, politiche, economiche e di sicurezza per perseguire invece la via dell'isolamento nazionale.
  Ora, per la verità, il sovranismo, quello che noi ora chiamiamo sovranismo, non è che sia una scoperta particolarmente originale. Se guardiamo alla storia del nostro continente vediamo una lunghissima distesa di guerre, condotte in nome e per conto del sovranismo, proprio laddove il concetto stesso di sovranità è nato e cresciuto, cioè sul continente europeo. E proprio oggi, che siamo di fronte al revival di quell'idea, dobbiamo ricordare che la scomparsa della guerra dal nostro continente è un fenomeno relativamente recente, sostanzialmente introdotto nella seconda metà del Novecento, una novità straordinariamente positiva, dovuta però non certo ad un miracolo divino, ma alla concreta capacità delle nostre classi dirigenti di puntare sull'integrazione sovranazionale, sia in campo comunitario – come nel caso dell'Unione europea – che nel campo della sicurezza, per l'appunto con l'Alleanza atlantica.
  Allora, la domanda che dobbiamo porci è la seguente: è possibile tornare indietro sulla strada della storia ? È possibile che un percorso, per l'appunto relativamente recente, di cooperazione internazionale venga ribaltato nel suo contrario, in modo da tornare all'idea di nazione e di nazionalismo che i nostri nonni e i nostri padri hanno, purtroppo, conosciuto sulla propria pelle ? Certo che è possibile, perché la storia non è, purtroppo, una strada a senso unico che conduce inevitabilmente a maggiore pace, maggiore sicurezza e maggiore cooperazione. Al contrario, la storia è apparsa spesso con le fattezze che le attribuì Walter Benjamin quando scrisse che «la storia – appunto – è un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui, però, fissa lo sguardo con il viso rivolto al passato». E noi, come la storia, dobbiamo fissare bene il passato per non ripeterne gli errori e gli orrori.
  Dunque, è già accaduto – e molte volte – che la storia facesse importanti passi indietro, spesso dagli esiti catastrofici e ciò potrebbe accadere ancora. Basta, però, esserne consapevoli, almeno tra di noi e di fronte al Paese, essere consapevoli, cioè, di quali sarebbero i prezzi da pagare e le conseguenze possibili se scegliessimo di tornare indietro a soluzioni già adottate in passato. Quando parliamo di sovranismo cerchiamo, dunque, di non dimenticare cosa ha concretamente rappresentato una particolare declinazione, per l'appunto sovranista, dello Stato in Europa e in Occidente e, quindi, quali prezzi umani, economici e culturali ha comportato, quante vittime in carne e ossa è costato, quali catastrofiche conseguenze ha lasciato sulla vita concreta di generazioni di europei. Infatti, da un lato esiste la rappresentazione sovranista di una solitudine nazionale che non può che entrare in conflitto, prima o poi, con altre solitudini nazionali, come è concretamente avvenuto per secoli attraverso le guerre che hanno flagellato il nostro continente; ma, dall'altro lato, c’è, invece, la difesa e la valorizzazione dell'interesse nazionale, dentro un quadro cooperativo e di integrazione internazionale che è poi la forma concreta che ha Pag. 51assunto il nostro interesse nazionale dopo la catastrofe della Seconda guerra mondiale. Questa seconda visione dell'interesse nazionale è quella che i nostri padri costituenti vollero mettere alla base della Repubblica italiana, con quell'articolo 11 della Costituzione, che ha ricordato l'onorevole Manciulli, che è sempre bene ricordare nel dettaglio quando parliamo di sicurezza, pace e guerra e che voglio ricordare anche qui: «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo». C’è qui una straordinaria lungimiranza dei costituenti che deriva da tre idee forti: il rifiuto della guerra di aggressione, la valorizzazione e la cooperazione internazionale, l'opportunità di una limitazione della sovranità allo scopo di garantire pace e giustizia.
  L'articolo 11 non è ispirato da una vocazione banalmente pacifista, come troppo spesso si dice e si sostiene, ma piuttosto dall'indicazione di un percorso storicamente fondato attraverso il quale garantire pace e sicurezza, un percorso costruito, per l'appunto, sulla cooperazione, sull'integrazione e sulla partecipazione del nostro Paese alle istituzioni multilaterali. Esattamente è questo spirito dell'articolo 11 che ci guida anche oggi, quando il mondo è attraversato da pericolose spinte verso il ritorno di un sovranismo angusto, isolazionistico e dunque carico di devastante potenziale di conflitti di ogni tipo. Possiamo davvero immaginare, come sostenevano i proponenti di questo testo, che l'Italia possa essere una penisola felice e isolata in mezzo al Mediterraneo in virtù della messa in discussione delle sue alleanze strategiche e dello smantellamento delle sue strutture militari ? A chi sogna la restaurazione di una piena, esclusiva e solitaria sovranità militare noi ricordiamo che l'Italia non è, né potrà mai diventare, una grande Svizzera, che peraltro è uno degli Stati più militarizzati del mondo, perché le condizioni per costruire una pace stabile e duratura si creano non nell'isolamento ma nella cooperazione internazionale in materia di difesa e di sicurezza, non nella precarizzazione ma nella stabilità e nella lunga durata dei trattati internazionali sottoscritti, che peraltro restituiscono un'immagine di affidabilità a un Paese, come l'Italia, che purtroppo nella sua storia è stato conosciuto per motivi esattamente opposti. Queste condizioni si creano non «nell'etica dello struzzo» ma grazie a patenti e internazionali assunzioni di responsabilità (penso, per esempio, alla missione UNIFIL in Libano).
  Infine, voglio dire all'onorevole Di Stefano, che però non vedo ma glielo dico lo stesso, che queste condizioni si creano anche attraverso la riforma delle istituzioni multilaterali di cui si è parte e l'Italia è impegnata nella riforma della NATO, come ha ricordato il collega Manciulli. Ma dobbiamo anche ricordare che l'articolo 12 del Trattato atlantico non prevede, perché non potrebbe prevederlo, riforme unilaterali per cui un Paese si mette in testa di riformare un'istituzione e si procede alla sua riforma, ma prevede un percorso serio, concordato e, appunto, multilaterale di riforma in cui l'Italia è, appunto, pienamente parte. Dunque, la riforma è possibile, ma è possibile soltanto attraverso strumenti seri e condivisi e non certamente attraverso la proclamazione di parole d'ordine.
  Ed è proprio su questa base – e mi avvio alla conclusione, Presidente – che l'Italia repubblicana, con la sua Costituzione e con le sue leggi, ha davvero svolto in questi anni una prudente, paziente e rispettosa azione di costruzione della pace nel mondo. E tra l'altro, se c’è un partito che ha preso sul serio la questione delle servitù militari è proprio il PD, perché nel corso di questa legislatura il Partito Democratico non solo ha avviato, per la prima volta, un'indagine conoscitiva presso la Commissione difesa, ma ha anche – come sviluppo di questa iniziativa – costituito Pag. 52la Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti dell'utilizzo dell'uranio impoverito, che sta svolgendo un prezioso lavoro proprio finalizzato alla tutela ambientale e della salute sia dei militari operativi nelle basi sia dei cittadini che vivono nelle immediate vicinanze.
  È così che le istituzioni fanno il loro dovere e si assumono le proprie responsabilità verso i cittadini; non attraverso leggi manifesto, il cui unico effetto sarebbe la precarizzazione dei trattati e delle alleanze internazionali, la produzione di incertezza nel diritto internazionale e un generale incremento di instabilità, di cui obiettivamente non si sente il bisogno.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Abbiamo apprezzato il tentativo, almeno teorico. Poi in pratica non è stato molto concreto. È iscritto a parlare l'onorevole Censore. Ne ha facoltà.

  BRUNO CENSORE. Presidente, cercherò di attenermi ai tempi anche perché i colleghi che mi hanno preceduto, il collega Manciulli e il collega Romano, hanno esplicitato bene la posizione del Partito Democratico rispetto a questa proposta di legge d'iniziativa popolare concernente trattati internazionali, basi e servitù militari che in Commissione ci ha dato modo di approfondire aspetti interessanti della materia in oggetto, sebbene la Commissione abbia proposto, a conclusione dell'iter, la reiezione della proposta. Difatti il provvedimento, signor Presidente, presenta contraddizioni sotto il profilo costituzionale e del diritto internazionale nonché notevoli limiti sul piano della politica estera e della sicurezza nazionale. Mi limiterò a citare in alcuni passaggi le questioni più importanti.
  Diversamente da quanto riportato nella formulazione dell'articolo 1 della proposta di legge, il Parlamento autorizza, con legge, alla ratifica dei trattati internazionali il Presidente della Repubblica, che agisce come organo di garanzia dell'ordinamento costituzionale e sul piano rappresentativo dei rapporti internazionali. Inoltre, ne risulta compromesso il costante processo di adeguamento automatico e permanente dell'ordinamento interno al diritto internazionale generale, così come aveva ricordato il collega Manciulli. Stabilisce la validità temporanea dalla ratifica degli accordi che, invece, esaurisce i suoi effetti con la deposizione del Trattato presso lo Stato incaricato. Inoltre, prefigura casi di recesso automatico in violazione dell'articolo 54 della Convenzione di Vienna sui trattati internazionali, vieta la sottoscrizione di accordi segreti e dispone la pubblicazione di quelli eventualmente esistenti per i quali, secondo il diritto internazionale, vige l'obbligo di registrazione, presso le Nazioni Unite, degli accordi stipulati, con l'ovvia conseguenza di renderli pubblici pena l'impossibilità delle parti di far valere le loro ragioni in caso di controversia, mentre l'ordinamento interno dispone la pubblicazione di tutti gli accordi ex legge n. 839 del 1984, salvo le fattispecie previste dalla legge n. 124 del 2007 recante disciplina sui segreti di Stato.
  L'articolo 2 preclude la stipula e l'eventuale rinnovo di accordi militari che prevedono: la possibilità dell'uso di armi atomiche, sebbene l'Italia si sia impegnata in tal senso con riferimento al Trattato di non proliferazione nucleare come era stato ricordato; la possibilità dell'uso di armi chimiche e batteriologiche, anch'esse assolutamente proibite dalla Convenzione del 1993, la quale ne vieta l'utilizzo e il possesso. Inoltre, va ulteriormente chiarito che, per ciò che concerne la popolazione civile, di cui all'articolo 2, lettera d), è già comunemente accettato dal diritto comunitario il divieto di utilizzare armi contro la popolazione civile. Nel medesimo articolo si fa menzione della possibilità di attacchi e di impegni militari in Paesi terzi, salvo casi di legittima difesa, includendo inevitabilmente in queste limitazioni anche operazioni di peacekeeping autorizzate che prevedono, quasi sempre, il ricorso allo strumento militare. In questo contesto la suddetta disposizione sancirebbe l'immediata incompatibilità con la NATO, con l'Unione europea e con gli organismi internazionali, che prevedono il mantenimento e lo sviluppo della propria Pag. 53capacità individuale di resistenza ad un attacco armato, e la mutua assistenza tra Stati membri nell'esercizio del diritto di legittima difesa collettiva, così come stabilito dall'articolo 51 dello statuto delle Nazioni Unite. L'articolo 11 della Costituzione vieta la guerra di aggressione – il collega Romano ha letto questo bellissimo articolo – e consente limitazioni di sovranità necessarie per la cooperazione e la pace tra le nazioni e favorisce le organizzazioni rivolte a tale scopo. Pertanto il rapporto di compatibilità tra la NATO e la Costituzione italiana segnalato dai proponenti nell'introduzione al provvedimento è stato chiarito dalla sentenza 1920/84 della Corte di Cassazione. Va dunque ammesso il carattere di difensivo dell'Alleanza atlantica e la conseguente limitazione di sovranità che la concessione di basi necessariamente comporta.
  Al di là delle approssimazioni del linguaggio, la ratio limitata di questa proposta di legge non si adatta alle esigenze del quadro di fronte al quale si trova l'Italia e l'Europa in particolare: dal 2008 ad oggi lo scenario internazionale è profondamente mutato, dalle primavere arabe alla guerra in Siria ancora in corso, passando per il collasso della Libia sul quale si dovrà continuare a lavorare insieme al Governo che ha dimostrato il suo impegno in questa direzione negli ultimi appuntamenti dei giorni scorsi. Tuttavia, credo possa essere riconosciuto alla proposta attualmente in esame alcuni meriti, vale a dire: aver richiamato il Parlamento ad una riflessione sul proprio ruolo e sulla propria funzione di organo deputato all'attività legislativa e all'indirizzo politico anche in relazione alle scelte di politica estera e poi, anch'esso importante, alle prospettive sulle quali è indispensabile che le Camere si confrontino rispetto al ruolo dell'Italia, che l'Italia riveste nel Mediterraneo, in Europa e nella NATO. Se agli interrogativi che pone un contesto così dinamico e complesso, anziché impegnarci innanzitutto per una politica europea di difesa e per adottare tutte le misure che possono contribuire alla stabilità e al mantenimento di un quadro multilaterale di rapporti, prospettiamo un modello sostanzialmente autolesionista dal punto di vista politico e militare, ciò può significare solo l'aver formulato una risposta sbagliata oppure il non aver compreso fino in fondo il senso della domanda.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche – A.C. 2-A)

  PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore per la maggioranza, onorevole Andrea Manciulli, non intende replicare.
  Prendo atto che il relatore di minoranza, onorevole Manlio Di Stefano, non è in Aula e che il rappresentante del Governo non intende intervenire.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione delle mozioni Vezzali, Valiante, Calabrò, Fitzgerald Nissoli, Latronico ed altri n. 1-01412 e Rondini ed altri n. 1-01495 concernenti iniziative volte a prevenire e contrastare la diffusione del citomegalovirus (ore 20).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Vezzali, Valiante, Calabrò, Fitzgerald Nissoli, Latronico ed altri n. 1-01412 e Rondini ed altri n. 1-01495 concernenti iniziative volte a prevenire e contrastare la diffusione del citomegalovirus (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).
  Avverto che sono state, altresì, presentate le mozioni Palese ed altri n. 1-01496, Binetti ed altri n. 1-01497, Amato ed altri n. 1-01498, Brignone ed altri n. 1-01499 e Gullo ed altri n. 1-01500 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verranno Pag. 54svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto, infine, che il deputato Latronico ha sottoscritto la mozione Palese ed altri n. 1-01496 e contestualmente ha ritirato la sua firma dalla mozione n. 1-01412.

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  È iscritto a parlare l'onorevole D'Alessandro, che illustrerà anche la mozione n. 1-01412, che ha sottoscritto in data odierna.

  LUCA D'ALESSANDRO. Grazie Presidente, cercherò di essere breve. Presidente, membri del Governo, colleghi, la mozione che stiamo per discutere, quella che richiama l'attenzione sul citomegalovirus, e che la collega Vezzali ha predisposto insieme ad esponenti di altri gruppi, pone l'attenzione prima di tutto su un virus subdolo che non è facile da diagnosticare perché presenta sintomi che possono essere facilmente confusi con quelli di un'influenza o assimilati a una forma di affaticamento o stress. Un virus per questo pericolosissimo, che non lascia immunità che quindi può essere contratto anche dopo la prima volta e si manifesta in modo diverso su ciascun soggetto, il cui contagio anche diretto può avvenire perfino attraverso l'utilizzo di oggetti di uso comune con un bicchiere. I danni più gravi può provocarli in soggetti immunodepressi e la gravidanza è associata a una forma transitoria di immunodepressione necessaria per evitare il rigetto del feto. È per questo che proprio le donne in stato interessante sono i soggetti più esposti. In queste condizioni il virus se contagia la mamma nei primi mesi di gravidanza ha molte possibilità di essere trasmesso anche al bambino, nel nascituro, e può provocare problemi neurologici di diverso tipo e gravità: ritardo mentale, disturbi psicomotori, sindrome spastica, sordità, disturbi all'apparato gastroenterico e perfino danni alla vista.
  In Italia, oggi, le analisi da fare in gravidanza per individuare il virus non sono mutuabili e per alcune famiglie sono troppo costose per decidere di farle sostenendone i costi. Il problema più grande che pone il citomegalovirus è soprattutto quello di essere sconosciuto ai più, avendo sintomi aspecifici, molte volte si manifesta in modo tardivo, per cui è impossibile per i pediatri ricondurre a questo virus alcune disabilità infantili. Si stima infatti che sia talmente diffuso soprattutto tre i portatori inconsapevoli e che interessi una fascia molto ampia di popolazione. Diviene necessario quindi, per evitare costi sanitari e sociali ingenti, rendere più efficace e capillare l'informazione che grazie anche a piccoli accorgimenti igienici potrebbe provare a fronteggiare il virus in attesa di iniziative più specifiche. Non essendoci a livello nazionale un'uniformità di controlli o un programma di screening coordinato, i dati raccolti sulla base di iniziative regionali spontanee, che offrono pertanto numeri imprecisi, dicono che il citomegalovirus interessa ogni anno 13.000 donne in gravidanza, che danno poi alla luce 5.000 neonati infetti.
  In caso di diagnosi tardiva, i nati positivi vengono inseriti in un programma di controlli che li accompagna in media dieci anni o perlomeno fino a quando non abbiano maturato la negatività al virus. Il citomegalovirus, secondo risultati di ricerche condotte in Italia e all'estero, è la principale causa di infezione congenita nei Paesi sviluppati, ragione questa che consiglierebbe lo screening del citomegalovirus fra le indagini obbligatorie in gravidanza, che in considerazione dei numeri da gestire rappresenterebbero uno sforzo economico inferiore ai costi derivati da controlli dal rischio di disabilità di diversa gravità a cui vanno incontro i nascituri contagiati. Una risposta incisiva la darebbe anche la ricerca. Importante sarebbe promuovere lo studio del virus affinché possano essere messi a punto nuovi e più efficaci strumenti di contrasto. Per avere Pag. 55un quadro dettagliato del virus, però, andrebbe favorita anche la predisposizione di un'anagrafe nazionale dei casi che ci possa far conoscere la reale incidenza del citomegalovirus nel nostro Paese.
  Occorre maturare la consapevolezza che, come già avviene per altre patologie, investire sulla prevenzione è meglio che gestire anni di cure e di assistenza e così non si otterrebbe un mero risparmio economico, ma sarebbe una risposta alla crescente richiesta di salute e benessere dei cittadini. Si investirebbe, visto che si parla in prevalenza di bambini, sul futuro d'Italia. Per queste ragioni la nostra mozione è volta ad impegnare il Governo ad approntare una campagna di sensibilizzazione per far conoscere la malattia e fare acquisire comportamenti idonei ad evitarne la contrazione, a promuovere la ricerca sul virus, a rendere obbligatorio e gratuito lo screening prenatale, ed infine a predisporre un'anagrafe nazionale dei casi per avere contezza certa della sua diffusione. Non possiamo che augurarci che la condivisione degli obiettivi appena richiamati sia la più ampia possibile in quest'Aula.

  PRESIDENTE. La ringrazio sinceramente, onorevole D'Alessandro, anche per la sintesi.
  È iscritta a parlare la deputata Paola Binetti, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-01497. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Questa mozione si inserisce in modo molto interessante, molto positivo, dal punto di vista della tempistica, con quella che è stata ieri la Giornata per la vita, perché ha la capacità di mettere a fuoco quella che è una sindrome che potrebbe passare del tutto inosservata dal momento che il citomegalovirus appartiene a quella famiglia di virus che è tra le più diffuse che ci sono, come il virus della varicella, per esempio, dell'herpes, eccetera. Come è stato detto dal collega pochi secondi fa, è un virus che occasiona un tipo di infezione totalmente asintomatica, aspecifica, i cui sintomi sono infatti facilmente identificabili con quelli che potrebbero essere di una banale influenza, forse un'influenza protratta per un tempo un po’ più lungo, un'influenza che lascia degli strascichi un po’ più accentuati, ma niente lascia pensare che potrebbe, in qualche modo, diventare capace di occasionare un danno così grave se invece di essere contratta in un'età qualsiasi fosse contratta nei primi mesi di gravidanza. Ciò che rende veramente grave l'infezione da citomegalovirus, di fatto, non è il virus in sé, perché ognuno di noi potrebbe contrarlo e penso che, al di là di una generica sintomatologia, non si troverebbe a soffrire, ma se questo avvenisse nel momento della gravidanza i danni per il feto potrebbero essere veramente gravi e soprattutto potrebbero essere non facilmente identificabili, neppure al momento della nascita, ma potrebbero manifestarsi successivamente, quindi rendendo distante il momento dell'infezione dal momento dell'apparizione della sindrome di disagio psicomotorio nel bambino e quindi anche rendendo difficile poi stabilire il nesso causale e quindi valutare esattamente qual è la portata di questa infezione.
  Nello stesso tempo, quello che colpisce in quest'infezione, è la banalità del modo della trasmissione: bastano delle mani non sufficientemente pulite, basta avere trascurato norme igieniche banali, basta il fatto di bere da uno stesso bicchiere, basta il fatto semplicemente di condividere una distanza molto ravvicinata tra due persone, perché il virus si possa trasmettere.
  A quest'apparente banalità della trasmissione ancora una volta corrisponde, però, poi una gravità delle conseguenze, se il tempo in cui si prende l'infezione è il tempo che coinvolge non soltanto l'interlocutore adulto, ma il bambino nei primi mesi di sviluppo.
  È abbastanza facile oggi fare una diagnosi di infezione da citomegalovirus, basta il dosaggio delle immunoglobuline, le immunoglobuline G e le immunoglobuline Pag. 56M. Si può non solo sapere se c’è un'infezione, ma sapere anche quando è stata contratta quest'infezione. Questo, però, per gli adulti, perché, se nel bambino si vuole esser certi che vi sia stata trasmissione e se questa trasmissione possa essere potenzialmente causa di grave danno per il bambino, bisognerebbe riuscire a intervenire attraverso una sorta di amniocentesi, che permettesse di avere un accesso diretto alla risposta del bambino all'infezione, con tutte le conseguenze che questo può avere, anche e soprattutto dal punto di vista dei costi dell'indagine, che – come pure è stato già sollevato – non sono coperti tra i costi che accompagnano la prevenzione e la tutela della gravidanza, ma soprattutto anche considerando che, per alcune madri, rappresenta ancora oggi un elemento di timore. Vi è sempre l'idea che l'amniocentesi possa in qualche modo recare danno al bambino.
  È vero che oggi abbiamo qualche speranza in più. Oggi c’è l'apparizione di un farmaco, che è stato sperimentato in Francia, il Valaciclovir, che sembra che, attraverso una somministrazione anche in utero a un bambino che si possa immaginare infetto, possa creare delle condizioni di tutela e di protezione. Ma siamo davanti a studi sperimentali, in cui la raccolta dei dati è ancora molto poco capace di supportare un approccio che diventi, come dire, strutturale.
  Non ci resta, quindi, che agire su queste tre leve, quella della prevenzione, quella della diagnosi precoce e quella di rendere facile la conoscenza per la prevenzione e la possibilità di accedere al test gratuitamente per le donne in gravidanza, perlomeno per tutte quelle che hanno contratto e che in qualche modo hanno una storia di infezione da citomegalovirus, in modo che si possa davvero riuscire a mettere uno stop a una patologia che, se si crea, comporta dei danni a lungo nella vita del soggetto e comporta anche dei costi per il sistema sanitario nazionale, che vanno ben oltre il costo del test iniziale.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Rocco Palese, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-01496. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Grazie, signor Presidente. Così come i colleghi hanno già ricordato, non c’è dubbio che quest'infezione da citomegalovirus appartiene alla famiglia degli herpes virus, che comprende i più noti herpes, quello labiale, quello genitale e anche quello della varicella.
  Le principali vie di contagio, signor Presidente, sono la saliva, il sangue, le urine e i rapporti sessuali e, in casi molto rari, il virus si trasmette in modo indiretto attraverso l'utilizzo di oggetti comuni, come un bicchiere, uno spazzolino da denti o – importante per i bambini – anche attraverso i giocattoli o un contatto di questo tipo.
  L'infezione generalmente, come è stato ricordato, avviene in maniera subdola, con una febbricola che può anche durare per diversi giorni. La cosa più importante è che questo citomegalovirus colpisce nei primi mesi il feto di una donna incinta, che non ha mai avuto l'infezione e questo può subire effetti molto seri, perché l'organismo fetale non ha sviluppato ancora difese immunitarie e, di conseguenza, l'infezione può avvenire anche attraverso addirittura il parto, durante il procedimento proprio del parto.
  I rischi sono enormi, perché si possono manifestare nei nascituri problemi neurologici, come ritardo mentale, disturbi psicomotori, sindrome spastica, sordità, disturbi più o meno seri dell'apparato gastroenterico, fino soprattutto ai danni della vista e degli occhi.
  Il numero è anche consistente. Siamo in un contesto, in cui in un anno si possono riscontrare, perlomeno per quelli denunciati, circa 5 mila casi.
  Noi riteniamo che ci debba essere una presa di coscienza molto forte da parte del Governo, anche rispetto alle varie proposte che sono state presentate e formulate, e rispetto anche alle altre – ce ne saranno sicuramente fino a domani – da parte dei gruppi, in maniera tale che Pag. 57dall'Aula possa uscire un prodotto, uno stimolo e un impegno poi per il Governo, che noi riteniamo che debba concretizzarsi in un contesto di implementazione nell'ambito del Piano nazionale della prevenzione.
  Vi sono le azioni volte a fronteggiare i gravi problemi associati a questa patologia, in particolare a provvedere ad iniziare una corretta e capillare informazione sul citomegalovirus, che spieghi effetti e indichi comportamenti e forme di prevenzione, considerando che con una corretta informazione le future madri possono abbattere significativamente il rischio di contrarre l'infezione da citomegalovirus, assumendo poi iniziative per ridurre il rischio di trasmissione da citomegalovirus, attraverso una corretta profilassi, basata su basilari norme igieniche, in grado di abbattere drasticamente il rischio di infezione, riducendo i danni che la malattia può arrecare, se contratta in periodo gestazionale.
  Si tratta poi di emanare linee guida nazionali, in materia di screening per le donne in fase preconcezionale, in gravidanza e post parto.
  Riteniamo pure che il Governo debba promuovere ed incentivare lo studio e la ricerca sul citomegalovirus, al fine di disporre di strumenti diagnostici sempre più efficaci e di contribuire al coronamento degli sforzi di cinquant'anni di ricerca a livello mondiale, per mettere a punto un efficace vaccino protettivo.
  Ma riteniamo indispensabile, nell'immediato, per il Governo, visto che c’è un enorme impegno di risorse nella comunicazione istituzionale – anche sugli strumenti televisivi sostanzialmente ci sono queste campagne continue – che ci sia una campagna di informazione corretta sulle modalità di prevenzione e soprattutto sui rischi che corrono in pratica sia la donna, ma soprattutto il nascituro, in presenza di quest'infezione. Sarebbe sufficiente, perché poi, in questo senso, questa campagna dovrebbe contribuire sicuramente ad avere una coscienza e una cultura di prevenzione, molto più efficienti e più efficaci di quello che poi possono fare veramente gli strumenti diagnostici e poi eventualmente anche eventuali terapie, con un occhio particolare a che sia stimolata anche la possibilità di ricerca, in maniera tale da poter consentire, dato che sono stati ricordati questi nuovi farmaci in Francia, di poterne disporre per evitare le conseguenze che sono veramente molto, molto, molto invalidanti.

  PRESIDENTE. Non abbiamo altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
  Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.
  Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 7 febbraio 2017, alle 11:

  1. – Svolgimento di una interpellanza e interrogazioni.
  (ore 15,30)

  2. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, recante interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale, con particolare riferimento a situazioni critiche in alcune aree del Mezzogiorno (C. 4200-A).

  — Relatore: Laforgia.

  3. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   D'INIZIATIVA POPOLARE: Trattati internazionali, basi e servitù militari (C. 2-A).

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  — Relatori: Manciulli, per la maggioranza; Manlio Di Stefano, di minoranza.

  4. – Seguito della discussione delle mozioni Vezzali, Valiante, Calabrò, Fitzgerald Nissoli ed altri n. 1-01412, Rondini ed altri n. 1-01495, Palese ed altri n. 1-01496, Binetti ed altri n. 1-01497, Amato ed altri n. 1-01498, Brignone ed altri n. 1-01499 e Gullo ed altri n. 1-01500 concernenti iniziative volte a prevenire e contrastare la diffusione del citomegalovirus.

  La seduta termina alle 20,15.