Camera dei deputati

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 7 luglio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) sono composti organici formati da una catena alchilica di lunghezza variabile (in genere da 4 a 14 atomi di carbonio) totalmente fluorurata e da un gruppo funzionale idrofilico, generalmente un acido carbossilico o solforico. Le molecole più utilizzate e studiate di questa grande famiglia di sostanze chimiche (PFAS) sono l'acido perfluoroottanoico (PFOA) e l'acido perfluoroottansolfonico (PFOS). La presenza di numerosi legami carbonio-fluoro conferisce particolari caratteristiche fisico-chimiche come la repellenza all'acqua e ai grassi, la stabilità termica e la tensioattività, che le rendono molto utili in un ampio campo di applicazioni industriali e di prodotti di largo consumo. I PFAS sono stati quindi utilizzati a partire dagli anni ’50 come emulsionanti e tensioattivi in prodotti per la pulizia, nella realizzazione di insetticidi, di rivestimenti protettivi e di imballaggi alimentari, di schiume antincendio e di vernici. Sono impiegati anche nella produzione di capi di abbigliamento impermeabili e di tappezzeria, in prodotti per stampanti, pellicole fotografiche e superfici murarie, in materiali per la microelettronica, nell'industria militare e farmaceutica; tali sostanze, dotate di elevata persistenza nell'ambiente e di capacità di bioaccumulo, vengono assorbite da parte dell'organismo umano prevalentemente per via orale tramite il consumo di acqua potabile e di alimenti. Il PFOS e il PFOA, due sostanze chimiche artificiali, sono presenti con sempre maggior frequenza nella catena alimentare, a causa dell'inquinamento ambientale riconducibile alle attività industriali. Essendo, infatti, sostanze ampiamente usate nelle applicazioni industriali e nei beni di consumo, tra cui i rivestimenti idrorepellenti e antimacchia per tessuti e tappeti, i rivestimenti resistenti all'olio per prodotti di carta per uso alimentare, le schiume antincendio, le vernici per pavimenti e gli insetticidi, queste sostanze chimiche possono accumularsi nell'organismo e occorrono perciò molti anni prima che l'organismo sia in grado di eliminarli (https://www.efsa.europa.eu); ciò significa che, assunte anche in piccole quantità per un lungo periodo, esse si accumulano nei tessuti e negli organi vitali. Innumerevoli ricerche scientifiche hanno evidenziato come una elevata esposizione a PFOS e a PFOA può avere conseguenze dannose per la salute della popolazione che ne viene a contatto in quanto essi sono neurotossici oltre che interferenti endocrini;
    i PFAS a catena corta, impiegati in sostituzione dei noti e pericolosi composti a catena lunga (PFOS e PFOA), nonostante i primi dati indichino una loro minore tossicità rispetto a questi ultimi, non possono essere considerati delle alternative sicure, poiché sono caratterizzati dalla stessa persistenza nell'ambiente degli omologhi a catena lunga, oltre al fatto che gli effetti tossicologici di queste sostanze non sono ancora oggetto di studi approfonditi; in ogni caso, è opportuno sottolineare che la presenza nell'acqua potabile dei più noti composti a catena corta come PFBA e PFBS è già soggetta a regolamentazione in Danimarca; Gore Fabrics, azienda americana leader del mercato delle membrane idrorepellenti, anche grazie alla campagna di sensibilizzazione promossa da Greenpeace, ha deciso di eliminare tutti i PFC pericolosi, senza fare distinzioni tra composti a catena lunga e corta;
    i PFAS già classificati dal «REACH» come SVHC (substances of very high concern) attualmente sono: PFDA (CAS N. 335-76-2), PFNA (CAS N. 375-95-1); APFO (CAS N. 3825-26-1), PFOA (CAS N. 335-671), Henicosafluoroundecanoic acid (CAS N. 2058-94-8), Heptacosafluorotetradecanoic acid (CAS N. 376-06-7) e PFHxS;
    è ormai dimostrato che i Pfas producono effetti dannosi negli organismi, sia in habitat acquatici che terrestri, soprattutto a carico del fegato, della tiroide e della fertilità ed essi sono in fase di classificazione da parte dell’International Agency for Research on Cancer come «sospetti cancerogeni per l'uomo»; studi epidemiologici hanno mostrato attività epatotossica sia per il PFOA che per il PFOS nei roditori e nelle scimmie: gli effetti che ne derivano includono l'aumento delle dimensioni del fegato, l'induzione di enzimi implicati nella ossidazione degli acidi grassi e la riduzione dei livelli sierici di colesterolo. Il PFOA, in particolar modo, si è rivelato un potente promotore del tumore epatico nei ratti. Il PFOS è in grado di causare molti effetti avversi sullo sviluppo nei ratti: sono state osservate la riduzione del peso del feto, anasarca (edema esteso a tutto l'organismo), la mancata calcificazione delle ossa, disfunzioni cardiache, nonché la morte neonatale. I neonati di ratto sopravvissuti mostravano un ritardo nella crescita e dall'esame del sangue emergevano livelli ridotti di tetraiodotironina (T4), per cui il ritardo nello sviluppo del feto e nella crescita potrebbe essere dovuto alla capacità del PFOS di interferire con la maturazione cellulare e funzionale degli organi bersaglio, tramite l'influenza esercitata sugli ormoni tiroidei. Questo non è l'unico caso di alterazione dei livelli ormonali. Sia il PFOA che il PFOS, infatti, sembrano in grado di interferire con il sistema neuroendocrino;
    la pericolosità di tali sostanze è segnalata anche nella pubblicazione «Conosci, riduci, previeni gli interferenti endocrini. Un decalogo per il cittadino» a cura del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dell'Istituto superiore di sanità (pubblicazione del 2012 oggetto di revisione nel 2014); sono molte le istituzioni, nazionali e internazionali, che in questi anni sono intervenute nel merito, sia per orientare a livello legislativo sia per promuovere campagne di monitoraggio, sia per fissare limiti di concentrazione nelle diverse matrici, come l'Agenzia statunitense per la protezione ambientale; lo stesso Consiglio nazionale delle ricerche, in accordo con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha attivato una campagna di misura di sostanze chimiche contaminanti rare sui principali bacini idrici italiani;
    contestualmente alle acque superficiali, sono stati prelevati campioni di acqua destinata al consumo umano anche in Veneto, in più di trenta comuni prevalentemente della provincia di Vicenza, oltre a comuni limitrofi nelle province di Padova e di Verona, dalla cui analisi è risultato un inquinamento diffuso di PFAS. Per tali ragioni l'Istituto superiore di sanità (ISS), nel parere del 7 giugno 2013, n. 22264, relativo al citato ritrovamento di sostanze perfluorurate nel territorio veneto, ha espresso, in applicazione del principio di precauzione, l'opportunità e l'urgenza di adottare adeguate misure di mitigazione dei rischi, prevenzione e controllo estese alla filiera idrica sulla contaminazione delle acque da destinare e destinate a consumo umano nei territori interessati, fra cui l'adozione di approvvigionamenti alternativi o, laddove tale misura non risulti praticabile, l'adozione di adeguati sistemi di trattamento delle acque per l'abbattimento sostanziale delle concentrazioni degli analiti presenti; inoltre, il decreto legislativo 13 ottobre 2015, n. 172, recante «Attuazione della direttiva 2013/39/UE, che modifica le direttive 2000/60/CE e 2008/105/CE per quanto riguarda le sostanze prioritarie nel settore della politica delle acque», ha identificato i PFOS quali sostanze pericolose prioritarie. L'Istituto superiore di sanità, nella nota del 19 febbraio 2016, protocollo n. 4930, nel calcolare le stime di esposizione parziali alle sostanze perfluoroalchiliche, ha evidenziato che i dati riferibili a uova di allevamenti familiari e di pesce di cattura indicano potenziali criticità meritevoli di ulteriori e più mirati approfondimenti, attese le concentrazioni di PFAS che, in condizioni di consumi prolungati nel tempo, considerati i parametri tossicologici, potrebbero determinare il superamento delle dosi giornaliere accettabili;
    il regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), all'articolo 57, include il PFOA tra le sostanze «estremamente preoccupanti» per le proprietà di persistenza, bioaccumulabilità e tossicità e nella categoria 1B, in quanto tossico per la riproduzione e pertanto, inserito nella lista delle sostanze candidate all'autorizzazione. Il considerando (70) del regolamento dispone che «Effetti nocivi sulla salute umana e sull'ambiente derivanti da sostanze estremamente preoccupanti dovrebbero essere impediti attraverso l'applicazione di adeguate misure di gestione dei rischi al fine di assicurare che eventuali rischi derivanti dagli usi di una sostanza siano adeguatamente controllati e nella prospettiva della progressiva sostituzione di tali sostanze con una sostanza idonea più sicura». Da anni vi sono evidenze della grave contaminazione da PFAS delle matrici ambientali (http://www.arpa.veneto.it); in particolare, le acque interne superficiali e di falda hanno purtroppo raggiunto un livello allarmante soprattutto nel Veneto, interessando un'area di circa 180 chilometri quadrati (dato dall'agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto 2015) nell'ambito delle province di Vicenza, Verona, Padova e ad oggi anche Rovigo, con settanta comuni interessati e 300.000 persone coinvolte. È stata compromessa la seconda falda freatica più grande e importante d'Europa: la falda di Almisano. Questa situazione di emergenza ha imposto, per ragioni di tutela della salute della popolazione, la chiusura di numerosi pozzi a uso potabile nei comuni di Sarego e di Monticello;
    la sopracitata contaminazione ha interessato un numero sempre più elevato di persone e territori. Le prime indagini sanitarie concluse effettuate sulla popolazione interessata hanno portato alla luce dati già preoccupanti; in particolare hanno evidenziato che: nella valutazione complessiva delle gravidanze dal 2003 al 2015, c’è stato un aumento delle gestosi, del diabete gravidico e dei bimbi nati più piccoli in proporzione all'età gestionale, dato quest'ultimo scomparso a partire dal 2013, anno nel quale sono stati messi in sicurezza gli acquedotti; i primi esami del sangue, effettuati su cinquanta ragazzi di 14 anni residenti nella «zona rossa», hanno evidenziato una presenza anomala di Pfoa (acido perfluoro ottanoico) pari a una media di circa 64 nanogrammi/grammo, contro una media di 2-3 nanogrammi presente nelle persone monitorate al di fuori dell'area dell'inquinamento;
    la contaminazione ha reso necessari, oltre ai numerosi interventi di adeguamento degli impianti idrici, il divieto di utilizzo di pozzi privati nella «zona rossa» e successivi piani di campionamento che, per la maggior parte dei primi casi esaminati, hanno registrato anch'essi percentuali elevate di sostanze perfluoraalchiriche, obbligando privati e aziende a rimediare con l'acquisto di appositi filtri o l'allacciamento, a spese proprie, alla rete idrica anche per le funzioni irrigue;
    il sindaco del comune di Creazzo, con l'ordinanza n. 36 del 26 aprile 2016 ha vietato l'attingimento di acqua per scopi idropotabili e di produzione alimentare dai pozzi privati presenti nel territorio comunale, giuste ordinanze n. 92 del 2 agosto 2013 e n. 69 dell'8 luglio 2013;
    il sindaco di Sovizzo ha adottato l'ordinanza n. 23 del 22 aprile 2016 contingibile e urgente che pone alcune condizioni all'uso dell'acqua prelevata da pozzi privati per uso potabile, per la produzione di alimenti e per l'abbeverata degli animali;
    il comune di Vicenza settore ambiente, energia e tutela del territorio, P.G.N. 51214 ha adottato una ordinanza contingibile e urgente con condizioni e limitazioni sull'uso dell'acqua estratta da pozzi privati per consumo umano, per utilizzi finalizzati alla produzione di alimenti e destinata al consumo animale ai fini della prevenzione e della tutela della salute pubblica dalla presenza di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) nelle falde acquifere del territorio comunale;
    lo stesso dicasi per il comune di Sarego che con ordinanza ha fissato il divieto dell'uso dell'acqua di un pozzo privato per lo scopo potabile per inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche;
    con un'interrogazione a risposta immediata in Commissione XIII (n. 5-08657) già l'11 maggio 2016 si chiedeva al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali quali misure intendesse adottare tempestivamente affinché le aziende agricole interessate dalla conclamata contaminazione ambientale in corso venissero tutelate da un punto di vista economico e d'immagine. In quella sede la risposta fornita mise in luce alcune iniziative generiche che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare stava avviando per monitorare l'inquinamento e l'utilizzo delle sostanze perfluoralchiliche, ma non fu esplicativa nel merito della richiesta avanzata;
    va evitato in ogni modo che a pagare i costi di tale drammatica situazione siano allevatori e agricoltori e che su di loro ricada l'onere economico delle costose analisi per verificare la contaminazione dei pozzi, così come gli eventuali oneri economici per adeguare il proprio approvvigionamento idrico fondamentale per proseguire le attività;
    la «Relazione sull'inquinamento da Pfas in alcune aree della Regione Veneto» approvata dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, approvata nella seduta dell'8 febbraio 2017, riconoscendo la gravità dell'inquinamento in atto, nelle conclusioni richiede ai soggetti istituzionalmente competenti «la tempestiva adozione di tutti i provvedimenti urgenti a tutela della salute della popolazione volti alla rimozione della fonte di contaminazione ivi comprese le opportune variazioni degli strumenti pianificatori di competenza»;
    il plume d'inquinamento potrebbe aver raggiunto e/o raggiungere una superficie e un numero di persone ben più ampi rispetto a quanto già provato, in virtù del fatto che lo screening sanitario ha coinvolto al momento solo una percentuale ristretta e circoscritta della popolazione veneta e i campionamenti al di fuori dell'area rossa non sono ancora stati effettuati in modo capillare;
    nel rapporto di Greenpeace «Non ce la beviamo. Presenza di pfas nelle acque venete» (maggio 2017), in cui sono pubblicati gli esiti di analisi compiute dalla associazione su campioni di acqua potabile prelevata nella intera regione in 18 scuole primarie e in 7 fontane pubbliche, emerge come più di 800 mila veneti siano potenzialmente esposti, anche in zone del territorio che si riteneva non essere coinvolte dalla contaminazione;
    da tale rapporto si evidenzia che «le analisi hanno evidenziato la presenza di PFAS in tutti i campioni di acqua potabile raccolti, sia in quelli prelevati in comuni dove è già nota la contaminazione dell'acqua potabile (zona rossa e zona grigia) che in comuni distanti dalla zona più contaminata, ad esempio Padova, Verona e alcuni comuni della Provincia di Rovigo. I risultati mostrano concentrazioni totali di PFAS variabili e comprese tra i 3,96 ng/l di Lozzo Atestino (PD) e i 372,58 ng/l di Roveredo di Guà (VR), confermando comunque il maggior grado di contaminazione dei comuni della zona rossa. In più del 50 per cento dei comuni le concentrazioni di PFAS sono risultate superiori ai livelli consentiti nell'acqua potabile in altri Paesi e i superamenti sono dovuti principalmente alla presenza di PFOA. Questi risultati confermano che in molte scuole viene erogata acqua che in altri Paesi sarebbe considerata non sicura per la salute»; sempre secondo questa ricerca, la presenza di PFAS è stata registrata anche nell'acqua potabile di scuole e fontane nei comuni della provincia di Verona e, per la prima volta, nella città di Padova, con livelli di contaminazione di poco inferiori a quelle registrate in comuni limitrofi alla zona rossa, nonché nella città di Vicenza; «Ad oggi, si legge nel Rapporto, i comuni più esposti alla contaminazione da PFAS attraverso l'acqua potabile sono inclusi nella zona rossa e in quella grigia: una popolazione di circa 325 mila abitanti. Se a questi vengono aggiunti gli abitanti dei comuni in cui è stata ritrovata la presenza di PFAS in acqua potabile nel presente studio, e che attualmente non sono inclusi né nella zona rossa né in quella grigia San Bonifacio, San Giovanni Lupatoto, Verona, Polesella, Occhiobello, Padova e Arzignano, il numero totale di cittadini potenzialmente esposti alla contaminazione da PFAS attraverso l'acqua potabile è superiore agli 800 mila abitanti»;
    il principio di precauzione in materia di sicurezza dell'ambiente comporta che «ove vi siano minacce di danno serio o irreversibile, l'assenza di certezze scientifiche non deve essere usata come ragione per impedire che si adottino misure di prevenzione della degradazione ambientale» (articolo 15 della Dichiarazione di Rio – Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo – 1992); tale principio è contenuto sia nella comunicazione della Commissione (COM(2000) 1 def) del 2 febbraio 2000, sia, per quanto riguarda il diritto nazionale, nell'articolo n. 301 del decreto legislativo n. 152 del 2006 in cui si individua il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare come autorità competente per le misure di prevenzione; inoltre, il Tribunale di primo grado dell'Unione europea, (seconda sezione ampliata, 26 novembre 2002, T-74/00 Artegodan), sancisce che «il principio di precauzione è il principio generale del diritto comunitario che fa obbligo alle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l'ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali interessi sugli interessi economici»;
    la legge n. 225 del 24 febbraio 1992 prevede che «il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero, su sua delega, di un Ministro con portafoglio o del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri segretario del Consiglio, formulata anche su richiesta del Presidente della regione interessata e comunque acquisitane l'intesa, delibera lo stato d'emergenza, fissandone la durata e determinandone l'estensione territoriale con specifico riferimento alla natura e alla qualità degli eventi e disponendo in ordine all'esercizio del potere di ordinanza»;
    in base a quanto previsto dalla legge n. 225 del 24 febbraio 1992 lo stato di emergenza può essere deliberato al verificarsi degli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c): «calamità naturali o connesse con l'attività dell'uomo che in ragione della loro intensità ed estensione debbono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo»,

impegna il Governo

1) ad assumere iniziative per stanziare le necessarie risorse e valutare immediatamente la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello stato di emergenza ai sensi della legge n. 225 del 1992 su tutto il territorio coinvolto, direttamente o indirettamente, dalla contaminazione descritta in premessa (aree rosse, gialle, verdi), adoperandosi per dare immediata attuazione al provvedimento.
(1-01660) «Benedetti, Zolezzi, Brugnerotto, Businarolo, Daga, Fantinati, Cozzolino, D'Incà, Da Villa, Spessotto».

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni VII e XI,
   premesso che:
    la raccomandazione dell'11 marzo 2005, 2005/251/CE, introduce la Carta europea dei ricercatori e un codice di condotta per l'assunzione dei ricercatori, un insieme di princìpi generali e requisiti che specificano il ruolo, le responsabilità e i diritti dei ricercatori e delle persone che assumono e finanziano i ricercatori;
    l'introduzione di tali princìpi si rendeva necessaria in considerazione «dell'individuato rischio di una carenza di ricercatori, soprattutto in alcune discipline fondamentali, il quale mette a repentaglio la forza innovatrice dell'Unione europea, il patrimonio di conoscenze e la crescita della produttività nel futuro prossimo e potrebbe impedire di conseguire gli obiettivi di Lisbona e Barcellona»;
    secondo la stessa raccomandazione, pertanto, l'Europa deve «rafforzare significativamente la propria capacità di attrarre i ricercatori e potenziare la partecipazione delle donne ricercatrici, favorendo la creazione delle condizioni necessarie per carriere più sostenibili e interessanti per loro» nel settore della ricerca e dello sviluppo;
    nelle stesse considerazioni dell'atto si prevedono, inoltre, l'introduzione e l'attuazione di nuovi strumenti per lo sviluppo della carriera dei ricercatori, contribuendo in questo modo al miglioramento delle prospettive di carriera per i ricercatori in Europa, ritenendo che «l'esistenza di prospettive di carriera migliori e più visibili contribuisce anche allo sviluppo di un atteggiamento positivo del pubblico nei confronti della professione di ricercatore, spingendo con ciò più giovani ad abbracciare una carriera nel settore della ricerca»;
    a tal proposito, risulta fondamentale quanto considerato al punto 9) della raccomandazione dell'11 marzo 2005, 2005/251/CE, laddove si prevede che gli Stati membri dovrebbero adoperarsi per «offrire ai ricercatori dei sistemi di sviluppo di carriera sostenibili in tutte le fasi della carriera, indipendentemente dalla loro situazione contrattuale e dal percorso professionale scelto, e impegnarsi affinché i ricercatori vengano trattati come professionisti e considerati parte integrante delle istituzioni in cui lavorano»;
    in materia di responsabilità si ritiene debbano essere direttamente i finanziatori e gli stessi datori di lavoro dei ricercatori, nel loro ruolo di «reclutatori», ad impegnarsi affinché si possano offrire ai ricercatori procedure di selezione ed assunzione aperte, trasparenti e comparabili a livello internazionale, e quindi gli Stati stessi, in quanto datori di lavoro per gli enti pubblici di ricerca;
    con l'atto n. 2005/252/CE si raccomanda, pertanto, che gli Stati membri «s'impegnino a compiere i passi necessari per assicurare che i datori di lavoro o i finanziatori dei ricercatori sviluppino e mantengano un ambiente di ricerca e una cultura di lavoro favorevoli», con particolare priorità all'organizzazione delle condizioni di lavoro, e che si perfezionino i metodi di assunzione e i sistemi di valutazione delle carriere al fine di definire un sistema di assunzione e uno sviluppo professionale più trasparenti, aperti, equi e accettati a bello internazionale, come presupposto per un vero mercato europeo del lavoro per i ricercatori;
    gli Stati membri, nell'elaborare e adottare le loro strategie e i loro sistemi per lo sviluppo di carriere sostenibili per i ricercatori, secondo quanto previsto nel punto 3) delle raccomandazioni contenute nel documento, dovranno ispirarsi ai princìpi generali e alle prescrizioni contenuti nella Carta europea dei ricercatori e nel codice di condotta per l'assunzione dei ricercatori presente nello stesso documento;
    gli Stati membri avrebbero pertanto dovuto considerare tali princìpi generali e requisiti come parte integrante dei meccanismi istituzionali di garanzia della qualità, anche per fissare criteri di finanziamento per i sistemi nazionali e regionali, allo stesso tempo adottandoli per le procedure di monitoraggio e valutazione degli organismi pubblici;
    tale ultima disposizione, tuttavia, risulta del tutto disattesa dal nostro Paese, dal momento che oggi il modello di finanziamento della ricerca italiana, anche con riferimento agli enti pubblici di ricerca, risulta legato ad un sistema che ha condotto a rilevanti squilibri e ad evidenti distorsioni, ed affidato esclusivamente all'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, «l'ANVUR»;
    l'introduzione di norme che hanno indebolito il sistema di ricerca italiano, con particolare riferimento a quelle definite durante il triennio 2008-2011, la continua riduzione dei bilanci degli enti pubblici di ricerca nonché il citato sistema di finanziamento, hanno condotto ad una continua e progressiva crisi del settore, determinando condizioni di lavoro del tutto inaccettabili per i suoi lavoratori, disattendendo quanto previsto dalle raccomandazioni europee sin qui riportate;
    il decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, tuttavia, fornirebbe tutti gli strumenti normativi per arrivare alla stabilizzazione dei precari storici degli enti di ricerca pubblica, pari a circa 10.000 unità, di cui solo un terzo risulta assunto con contratto a tempo determinato;
    in riferimento all'attuale condizione di profonda crisi e all'assenza di una volontà politica da parte di questo Esecutivo di assicurare il rispetto delle raccomandazioni a livello europeo, garantendo dignità e condizioni di lavoro adeguate ai ricercatori italiani, con particolare riferimento al personale precario, si ritiene urgente l'assunzione di iniziative adeguate che assicurino la stabilizzazione dei ricercatori all'interno degli enti,

impegnano il Governo:

   ad assumere iniziative normative idonee ad assicurare un aumento dei fondi ordinari da destinare agli enti pubblici di ricerca, anche non vigilati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, finalizzato alla definizione di un piano assunzionale conforme alle disposizioni introdotte dal decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, nel pieno rispetto della raccomandazione 2005/251/CE;
   ad assumere ogni iniziativa di competenza utile alla stabilizzazione dei ricercatori che operano all'interno degli enti pubblici di ricerca in condizioni di precariato, assicurando le tutele introdotte dalla carta dei ricercatori, la quale, rivolgendosi direttamente agli Stati, ne chiede l'intervento diretto, al fine di garantire condizioni di lavoro eque e misurate alla fondamentale importanza del ruolo svolto dai professionisti del mondo della ricerca italiana.
(7-01306) «Luigi Gallo, Chimienti, Vacca, D'Uva, Di Benedetto, Simone Valente, Brescia, Marzana».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   BIANCONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 6 luglio 2017 compariva sulla stampa nazionale la notizia della morte di un anziano detenuto, Salvatore «Doddore» Meloni, che stava praticando lo sciopero della fame dopo aver interrotto un significativamente lungo sciopero della sete;
   si tratta di un detenuto che è stato rinchiuso in carcere per cumulo di pene per reati fiscali, commessi, ad unanime giudizio, per motivi ideali ed ideologici, e non per cause riconducibili ad atti di criminalità comune o finanziaria;
   era un uomo che da anni combatteva solitario, una battaglia ideale, condivisibile o meno, ma degna di ogni rispetto, per l'indipendenza della Sardegna dalla Repubblica italiana;
   l'uomo, settantaquattrenne, quindi in un'età in cui la detenzione domiciliare sarebbe stata assolutamente possibile, è stato lasciato morire, a quanto si apprende, salvo un suo breve ricovero, con la sistematica reiezione di tutte le sue istanze defensionali;
   è stato un indipendentista fino alla morte. Si trattava indubbiamente di un detenuto incarcerato per fatti non di sangue relativi all'esercizio delle sue idee, per le quali rifiutava ogni forma di dazione delle sue idee, per le quali rifiutava ogni forma di dazione alla Repubblica italiana;
   l'evento si è consumato nel silenzio ingiustificabile dei media nella rigidità di quanti, ritenendo di far rispettare norme dello Stato di diritto, hanno permesso che un anziano inoffensivo, ma convinto delle proprie idee, morisse. Come avvenne, ad avviso dell'interrogante, con la colpevole condotta della Gran Bretagna per i seguaci dell'Ira in episodi noti e che non rappresentano sempre a parere dell'interrogante, motivi di prestigio per il Regno Unito. In quel caso era in atto una guerra civile e vi erano dei terroristi, in questo caso non c'era neanche l'accenno di azione violente, trattandosi di un uomo solo, inoffensivo e che non voleva soggiacere allo Stato italiano;
   ad avviso dell'interrogante, visti i comportamenti e gli esiti, ne aveva una qualche ragione;
   non si comprende perché ad un detenuto ultrasettantenne e provatamente inoffensivo non fu concessa la carcerazione domiciliare –:
   come sia stato possibile che Salvatore «Daddore» Meloni sia deceduto nella custodia dello Stato;
   perché non si sia provveduto a mettere in atto le procedure necessarie per salvare la vita al detenuto come dovrebbe accadere in casi del genere;
   se il Governo, dopo che si è verificata la morte di un detenuto con un lungo impegno politico per l'autonomia della Sardegna, in custodia dello Stato per reati commessi per motivazioni ideologiche, non intenda intraprendere ogni iniziativa di competenza per contribuire a fare chiarezza su eventuali responsabilità del sistema penitenziario nella drammatica vicenda di cui in premessa. (3-03148)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GALATI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 434 della legge n. 190 del 2014, ha istituito, a decorrere dall'esercizio finanziario 2015 nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un «fondo per l'attuazione del piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate», autorizzando la spesa di 200 milioni di euro per il triennio 2015-2017, ripartiti nelle seguenti quote: 50 milioni di euro per l'anno 2015 e di 75 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 ottobre 2015, nell'ambito di tale piano, reca interventi per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate;
   il comune calabrese di Lamezia Terme, con delibera della giunta comunale n. 409 del 26 novembre 2015, ha presentato un progetto per un importo complessivo di euro 1.954.014,44, riguardante in particolare un intervento mirante alla riqualificazione e rigenerazione urbana con sviluppo dei servizi sociali ed educativi e la promozione delle attività culturali, didattiche e sportive onde perseguire la riduzione dei fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale in area territoriale particolarmente svantaggiata;
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 giugno 2017 è stata approvata la graduatoria dei progetti da inserire nel piano nazionale; il progetto presentato dal comune di Lamezia Terme si è classificato al n. 58 su 128 progetti presentati, rientrando in una spesa complessiva, unitamente ai progetti che lo precedevano in graduatoria, di euro 97.000.000 circa;
   a seguito di successivi interventi legislativi il fondo da 200 milioni di euro è stato ridotto a soli 77 milioni di euro; ciò comporta l'ammissione di finanziamento per soli 45 progetti e non per i 128 che ne avrebbero avuto diritto mantenendo la dotazione iniziale di 200 milioni;
   la decisione di ridurre in corso d'opera le risorse già stanziate e per le quali il comune di Lamezia Terme si era collocato legittimamente in graduatoria genera turbamento e forte preoccupazione tra gli amministratori di una realtà urbana già interessata, peraltro, da una situazione di pre-dissesto e da gravissime carenze di personale;
   va evidenziato come, parallelamente, il cosiddetto «bando periferie», rivolto unicamente alle città metropolitane ed alle città capoluogo di provincia, partito già con dotazione di 500 milioni di euro, ha visto più che raddoppiare la dotazione originaria, aggiungendosi con delibera del Cipe 3 marzo 2017, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 26 giugno 2017, serie generale, n. 147, la quota di 798,17 milioni di euro;
   pur considerando corretta e anzi necessaria ogni forma di sostegno all'economia degli enti locali, non appare coerente con la necessità di supportare in modo equo e funzionale lo sviluppo economico dei territori, la scelta di intervenire con drastiche riduzioni su risorse già stanziate in favore dei comuni e spostare contestualmente le risorse disponibili su altri livelli amministrativi sovraordinati, senza tener conto degli effetti negativi e destabilizzanti derivanti da una variazione di programmazione nell'azione amministrativa che, legittimamente, fa affidamento su trasferimenti già disposti per legge;
   la situazione determina, altresì, una disparità di trattamento tra i territori, penalizzando le realtà territoriali più piccole, generando un impatto negativo e dispersivo sulla capacità di gestione autonoma delle risorse da parte dei comuni destinatari dei trasferimenti e di rispondere alle necessità più cogenti dei territori di competenza –:
   entro quale termine stringente il Governo ritenga di assumere iniziative per salvaguardare i citati interventi e scongiurare la dispersione delle progettualità già avviate dai comuni sulla base del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 ottobre 2015 e quali iniziative intenda adottare per una politica di sostegno allo sviluppo economico equamente distribuita tra i vari livelli territoriali. (4-17215)


   RIZZO, GRILLO, COZZOLINO e LOREFICE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   un incendio scoppiato la mattina del 1o luglio 2017 ha causato danni ingenti alla società Kalat Impianti srl che gestisce gli impianti di trattamento, valorizzazione e recupero della raccolta differenzia assoggettata al controllo da parte della, Kalat srr, Ato di gestione dei rifiuti dei comuni del calatino (Caltagirone, Grammichele, Mineo, Palagonia e altri); sempre negli stessi giorni altri incendi hanno devastato i territori di Patti, Nicosia e Chiaramonte;
   a causa dell'incendio si è immediatamente propagata una densa nube tossica che ha reso difficoltosi, i lavori di spegnimento dei soccorritori e che ha visto i sindaci di Caltagirone e Grammichele invitare i cittadini, in via cautelativa, a tenere il più possibile chiuse le imposte e a non utilizzare i condizionatori;
   l'immediato intervento dei mezzi di soccorso dei vigili del fuoco di Caltagirone, Grammichele, Catania Sud, oltre che dei volontari del servizio antincendio boschivo di Vizzini, ha, comunque, evitato che il rogo potesse compromettere gli impianti di valorizzazione e recupero presenti all'interno dei capannoni della struttura di Kalat Impianti, benché lo stesso abbia comunque causato danni ad attrezzature poste all'estero della struttura;
   i già citati sindaci, hanno altresì richiesto l'intervento dell'Arpa, l'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, che ha dichiarato improbabile la possibilità di inquinamento ambientale nelle aree adiacenti l'impianto di stoccaggio dei rifiuti differenziati;
   sono state immediate le polemiche ed il «rimpallo» delle responsabilità che hanno visto esponenti politici del gruppo parlamentare all'assemblea regionale siciliana del Movimento5Stelle e sindacalisti del Conapo dei vigili del fuoco accusare il presidente Crocetta di non aver rinnovato per tempo la convenzione con le autorità competenti, per potenziare il numero delle squadre per lo spegnimento degli incendi a terra;
   anche il capo dell'assemblea regionale siciliana protezione civile, Fabrizio Curcio, ha inviato una lettera al presidente Crocetta evidenziando l'inadeguatezza della regione siciliana nell'affrontare l'emergenza incendi, mentre il capo del dipartimento regionale della protezione civile, Carmelo Foti, dichiara che a causa dello smembramento del Corpo forestale dello Stato, non è stato possibile rinnovare la convenzione con la quale si sarebbe potuto usufruire di quattro mezzi aerei;
   i vigili del fuoco e la protezione civile nel mese di giugno 2017 sono dovuti intervenire per spegnere duemila incendi di cui 100 hanno richiesto un intervento aereo. Ciò è particolarmente oneroso in questo periodo dell'anno e dover affrontare le emergenze con pochi mezzi antincendio e poco personale rispetto a quanto invece presumibilmente previsto nelle tabelle organiche, implica uno sforzo di tutti encomiabile;
   la regione siciliana ha deliberato lo stato di emergenza per le aree siciliane di Patti, Grammichele, Chiaramonte e Nicosia che hanno subìto ingenti danni a causa degli incendi di inizio luglio 2017 –:
   quali informazioni intenda fornire il Governo in merito ai citati quattro mezzi aerei non ancora disponibili in Sicilia a causa dell'accorpamento nell'Arma dei carabinieri e nel Corpo dei vigili del fuoco del Corpo forestale dello Stato;
   come il Governo, anche a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza di cui sopra, intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di supportare la ripresa delle attività produttive danneggiate dagli incendi, con particolare riguardo ai costi che sosterranno i comuni siciliani orfani temporaneamente degli impianti di recupero dei rifiuti e che saranno costretti a conferire in altri siti siciliani ed alla tutela del settore agro-alimentare delle zone interessate e limitrofe;
   quale sia la situazione di mezzi e uomini dei vigili del fuoco in Sicilia rispetto alle tabelle organiche previste ed alla dotazione di mezzi e caserme necessarie per garantire il corretto svolgimento dei compiti assegnati al comparto del soccorso e se non ritengano di garantire un adeguamento, anche nel resto d'Italia, al numero delle emergenze che appare in drastico aumento. (4-17218)


   MINARDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in una recente interrogazione (n. 4-17154 del 4 luglio 2017), si sono documentate le conseguenze dell'incendio divampato nella Sicilia orientale nella mattinata del 30 giugno 2017;
   si tratta di un incendio di natura dolosa che ha registrato danni ingenti, a causa anche dell'inadeguatezza degli interventi e dei mezzi messi in atto per spegnerlo;
   la stessa protezione civile ha contestato alla regione l'inadeguatezza interventi, soprattutto nelle zone più colpite dalle fiamme (Catania, Ragusa, Siracusa);
   ad esempio, a Caltagirone (Catania) un focolaio ha raggiunto l'interno del sito di «Kalat Impianti», che si occupa di impianti di trattamento, recupero e valorizzazione rifiuti;
   nei pressi di Ragusa, come documentato nell'interrogazione n. 4-17154, la Pineta di Chiaramonte Gulfi è stata aggredita dalle fiamme, che hanno raggiunto la casa di riposo e il centro d'accoglienza adiacenti;
   ancora nella Valle dell'Anapo (in provincia di Siracusa), ettari di vegetazione, macchia mediterranea, oliveti e campi di frumento sono stati letteralmente devastati e il bilancio è stato meno disastroso solo per l'opera delle squadre dei vigili del fuoco ed i volontari della stessa protezione civile, nonostante le enormi difficoltà per far sì che i mezzi di intervento raggiungessero le zone dell'incendio;
   dinamica analoga ha riguardato il sito Unesco di Pantalica e la riserva di Cavagrande tra i territori di Sortino, Ferla e Cassaro;
   in provincia di Messina l'opera dei vigili del fuoco (impegnati nella notte tra venerdì e sabato per avere ragione di un incendio che si era sviluppato sulle colline tra Patti e Sant'Agata di Militello) ha limitato i danni;
   la protezione civile ha scritto alla regione documentando tutta la drammaticità in cui versano le strutture della Sicilia deputate alla previsione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi;
   la lettera inviata dal capo dipartimento (Fabrizio Curcio) al governatore Rosario Crocetta mostra in allegato due precedenti note inviate nel mese di giugno 2017, in cui si sottolineava la particolare situazione meteorologica in atto, ad alto rischio incendi;
   è vero che la natura degli incendi boschivi è stata dolosa, ma le condizioni meteorologiche segnalate e l'inadeguata organizzazione della regione a fronteggiare il fenomeno attraverso una campagna antincendio efficiente hanno provocato danni di entità nettamente superiori;
   il sistema di gestione regionale ha mostrato fragilità sinceramente inaccettabili, a giudizio dell'interrogante, a partire dalle difficoltà di gestione della sala operativa unificata — Soup;
   il capo dipartimento, Fabrizio Curcio, ha rimarcato il fatto che la Soup dovrebbe «attribuire le priorità agli interventi da effettuare alle criticità operative delle squadre a terra non sufficientemente attrezzate» ed ha segnalato la «completa assenza di una flotta aerea regionale, assenza che inevitabilmente impatta anche sull'impiego della flotta di Stato che dovrebbe essere dedicata a garantire il concorso alle Regioni e Province Autonome impegnate con le proprie risorse a fronteggiare le emergenze più complesse e che, invece, di fatto, sta sostituendo l'azione che è nella responsabilità Regione siciliana»;
   una gestione così compromette l'efficienza delle operazioni di soccorso ed ingigantisce le conseguenze;
   il presidente della regione, Rosario Crocetta, ha risposto che, trattandosi di incendi dolosi, la gestione è risultata più critica e che ha rappresentato la pericolosità al Ministero preposto, una risposta ad avviso dell'interrogante francamente insoddisfacente –:
   se il Governo non ritenga doveroso assumere le iniziative di competenza per supportare la campagna antincendio in Sicilia, monitorare la adeguatezza dei mezzi a disposizione e delle misure di prevenzione e organizzazione degli stessi servizi antincendio, nonché garantire il potenziamento di uomini e mezzi, anche valutando la possibilità di incrementare i fondi a disposizione per il settore, troppo spesso soggetto a tagli negli ultimi anni. (4-17230)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 4 luglio 2017 il Ministro degli esteri e della cooperazione internazionale ha annunciato di essere impegnato nel tentativo di portare in Italia il piccolo Charlie, il bimbo britannico affetto da una raraa e incurabile forma di mitocondriopatia;
   il 5 luglio, nel corso di un colloquio telefonico, il Ministro degli esteri britannico Johnson ha respinto la richiesta del Ministro Alfano, spiegando che «ragioni legali» impediscono alla Gran Bretagna di accoglierla:
   da tempo il piccolo Charlie è mantenuto in vita artificialmente e, dopo aver tentato diverse terapie per tentare di migliorare le sue condizioni, recentemente i medici del Great Ormond Street Hospital di Londra hanno deciso di interrompere i supporti vitali per evitare al bimbo ulteriori e dolorosi peggioramenti;
   sia la Corte suprema del Regno Unito, sia in seguito la Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu), hanno respinto l'appello presentato dai genitori di Charlie per consentire di portare il loro figlio negli Stati Uniti. Entrambe le Corti hanno confermato le valutazioni dei medici secondo le quali il viaggio e il prolungarsi del supporto vitale avrebbero solo causato altre sofferenze al bambino e non avrebbero portato a realistiche possibilità di miglioramento delle sue condizioni;
   l'intervento del Ministro degli esteri italiano è seguito alla disponibilità dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma ad accogliere il piccolo e la sua famiglia per provare un trattamento sperimentale per il piccolo Charlie e, al pieno sostegno dato dal Papa ai genitori. Secondo il segretario di Stato Vaticano, il cardinal Pietro Parolin, «la Santa Sede farà il possibile per superare gli ostacoli legali che non consentono il trasferimento del piccolo Charlie [...] al Bambino Gesù»;
   a giudizio degli interroganti la posizione del Ministro Alfano, che è vicina a quella del Vaticano sulla triste vicenda disattende il principio della laicità dello Stato, posto dall'articolo 7 della Costituzione;
   si rileva inoltre che, nell'ottobre 2014, quando lo stesso ricopriva l'incarico di Ministro dell'interno, inviò una circolare ai prefetti, affinché invitassero formalmente i sindaci a cancellare le trascrizioni dei matrimoni celebrati all'estero tra persone dello stesso sesso. In seguito il Consiglio di Stato dichiarò illegittime quelle cancellazioni –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti illustrati in premessa;
   quale sia la posizione del Governo in relazione alle vicende di cui in premesse, in particolare al seguito del rifiuto delle autorità britanniche di consentire il trasferimento in Italia del piccolo Charlie;
   se il Governo intenda rendere noto quali iniziative avrebbe intrapreso il nostro Paese in caso di risposta positiva da parte della Gran Bretagna;
   se il Governo italiano e le autorità dello Stato della Città del Vaticano abbiano concordato iniziative comuni in relazione al caso del minore sopra richiamato. (4-17236)


   BERRETTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la testata giornalistica online Sudpress ha pubblicato in data 20 giugno 2017 e 23 giugno 2017 due articoli, a firma di Pierluigi Di Rosa, riguardanti un incarico ricevuto dalla figlia dell'ex prefetto di Catania Maria Guia Federico, poi trasferita a Campobasso;
   nel corpo dei suddetti articoli ci si sofferma sull'assunzione, avvenuta nell'aprile 2016, presso il servizio di primo soccorso gestito dalla Croce Rossa catanese all'interno dell'aeroporto Fontanarossa, di Chiara Ruffolo, laureata nel marzo 2015 in medicina, figlia dell'allora prefetto di Catania Maria Guia Federico;
   assunzione avvenuta senza una pubblica selezione;
   in data 26 giugno 2017 Sudpress pubblica una nota firmata dall'avvocato difensore dell'attuale prefetto di Campobasso e della figlia della stessa, nella quale il legale richiede l'immediata rimozione delle parti degli articoli afferenti alle proprie clienti, riservandosi ogni azione di carattere civile e penale per la tutela delle stesse e, infine, richiede «il risarcimento dei danni tutti come subiti e subendi dalle clienti che verranno quantificati nel prosieguo»;
   la suddetta nota del legale non appare finalizzata a fornire elementi utili a confutare quanto narrato nel corpo degli articoli pubblicati sulla testata giornalistica online Sudpress, limitandosi il legale a prospettare azioni legali –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto sopra descritto e se non ritenga di assumere iniziative normative volte a rafforzare le garanzie per l'attività giornalistica per evitare che gli strumenti previsti dall'ordinamento a tutela della reputazione possano dare luogo a una ingiustificata compromissione dei diritti di stampa, di cronaca e di informazione. (4-17237)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


   SCHIRÒ e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia è il quarto Paese di destinazione dell’export turco ed il quinto Paese fornitore, secondo in Europa alla sola Germania;
   da decenni, Italia e Turchia aderiscono alla Nato, nonché partecipano ad una rilevante istituzione sovranazionale come il Consiglio d'Europa;
   l'accordo di associazione Unione europea-Turchia è stato firmato nel 1963, ma i negoziati di adesione, per i continui rinvii della Commissione, il veto di qualche Paese membro e il deterioramento della situazione politica, dovuto alle riforme vieppiù restrittive promosse dal presidente Recep Erdogan, sono di fatto interrotti e i capitoli negoziali più importanti bloccati;
   nelle ultime settimane la situazione si è venuta ulteriormente deteriorandosi dopo l'arresto di diversi membri del Parlamento appartamenti al Partito Democratico dei Popoli, l'Hdp, con la condanna a 25 anni e il conseguente arresto il 15 giugno scorso, di Enis Berberoğlu, deputato e Vicepresidente del Partito Popolare Repubblicano, principale partito di opposizione del Paese, il laico Chp, accusato di aver fornito al quotidiano di opposizione Cumhuriyet, documentazione video sulla consegna di armi da parte dell’intelligente turca ai ribelli jihadisti anti Assad;
   questo arresto ha suscitato indignazione sia nel Chp sia nella società civile turca. Il segretario del Chp Kilicdaroglu è alla testa di una marcia non violenta, gesto di disobbedienza civile, che rivendica la libertà, la tutela di espressione e dei diritti civili e il ripristino dello Stato di diritto. La marcia è partita da Ankara ed è diretta a Istanbul dove è detenuto il deputato del Chp;
   in prossimità del primo anniversario del fallito colpo di Stato del 15/16 luglio 2016, il Governo di Ankara intenderebbe celebrare la ricorrenza, forte anche del risultato del contestato referendum costituzionale del 16 aprile di quest'anno, cercando una palese legittimazione internazionale;
   la permanenza della Turchia come membro del Consiglio d'Europa, dovrebbe indurre gli Stati aderenti a usare tale consesso internazionale, per favorire la ricerca per una ricomposizione del clima politico in quel Paese –:
   quali iniziative intenda adottare al fine di monitorare le iniziative bilaterali e multilaterali del Governo turco, cooperando affinché siano garantiti, attraverso un ruolo attivo della comunità internazionale e in primis dall'Unione europea, i diritti dei cittadini, delle minoranze e delle opposizioni parlamentari, anche con riferimento alle possibili celebrazioni del prossimo 15 luglio. (3-03146)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la situazione politico-istituzionale del Venezuela continua a deteriorarsi;
   da ultimo sostenitori del Presidente Maduro hanno assalito il Parlamento, aggredendo parlamentari dell'opposizione;
   da giorni militanti chavisti hanno innalzato il livello di scontro con aggressioni e sparatorie per le strade;
   vi è crescente preoccupazione tra i membri della numerosa comunità italiana presente nel Paese sudamericano;
   vi sono enormi difficoltà per recuperare cibo e medicinali e il Paese è ormai alle soglie di una guerra civile –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di tutelare adeguatamente la comunità italiana presente in Venezuela considerata la drammaticità della situazione di queste ultimi giorni. (5-11774)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   il bacino del Mediterraneo è un'area particolarmente vulnerabile agli impatti dei cambiamenti climatici, uno dei cosiddetti hot spot, come evidenziato dal quinto rapporto di valutazione redatto dagli scienziati dell'Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change). Nell'area del Mediterraneo si registrano, infatti, aumenti delle temperature e riduzioni delle precipitazioni superiori alla media globale che portano a maggiori impatti dei cambiamenti climatici anche con fenomeni di siccità e accentuato rischio di desertificazione;
   il problema della siccità è diventato particolarmente evidente nel mese di giugno 2017 con situazioni di emergenza e gravi danni in tutto il Paese, dovuti anche al susseguirsi di mesi invernali e primaverili tra i meno piovosi dal 1800 con riduzioni delle precipitazioni anche del -50 per cento;
   le situazioni fortemente critiche riguardano, tra gli altri, bacini idrografici del Po, e delle Alpi orientali. Il livello del Po, dal quale dipende il 35 per cento della produzione agricola nazionale, ha raggiunto i minimi storici, con una riduzione della portata pari a -65 per cento in Piemonte. È critica la situazione anche nei grandi laghi del Nord con il lago di Garda attestato intorno al 20 giugno a 70 cm contro i 128-130 cm di media dello stesso periodo dei tre anni precedenti. Nel Lazio, il livello del lago di Bracciano, una delle riserve idriche ampiamente utilizzata da Acea per distribuire acqua alla capitale, si è abbassato di un metro e quaranta centimetri. Preoccupano l'Adige in Veneto e il Tagliamento in Friuli Venezia Giulia. Toscana, Friuli Venezia Giulia, Veneto hanno dichiarato lo stato di emergenza, mentre Sardegna, Campania, Calabria e Lazio hanno richiesto il riconoscimento dello stato di calamità naturale. Il Governo ha accolto la richiesta dell'Emilia Romagna deliberando lo stato di emergenza per le province di Parma e Piacenza;
   l'allarme siccità interessa i 2/3 dell'intera superficie agricola nazionale e dall'inizio del 2017 ha causato danni alle coltivazioni e agli allevamenti per oltre un miliardo di euro. Nei campi coltivati nel nostro, Paese è sempre più difficile ricorrere all'irrigazione di soccorso per salvare le produzioni, già molto provate in alcune regioni dalle eccezionali gelate di fine aprile, dagli ortaggi alla frutta, dai cereali al pomodoro, dai vigneti agli uliveti fino al fieno per l'alimentazione degli animali per la produzione di latte e formaggi. Secondo lo European Drought Observatory, l'osservatorio europeo sulla siccità, la siccità interessa 37 milioni di italiani e il 61 per cento del territorio;
   l'Italia è il Paese affetto da rischio di desertificazione: nel 1994 l'Italia ha firmato la Convenzione delle Nazioni Unite per lotta alla desertificazione – UNCCD e ratificato la sua adesione con la legge 4 giugno 1997, n. 170, in veste di Paese sia donatore sia affetto da fenomeni di desertificazione;
   in quanto Paese affetto da rischio di desertificazione l'Italia deve garantire la messa in opera nel suo territorio di azioni utili a mitigarla. Da qui l'obbligo, tra gli altri, di definire e adottare un Piano di azione nazionale di lotta alla desertificazione;
   a questo scopo con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 settembre 1997 presso il Ministero dell'ambiente era stato istituito il Comitato nazionale per la lotta alla desertificazione incaricato di seguire l'attuazione della convenzione contro la desertificazione (UNCCD) e di definire e aggiornare il Piano di azione nazionale per la lotta alla siccità e alla desertificazione adottato in una prima versione dal Cipe con la delibera n. 229 del 21 dicembre 1999;
   elementi fondamentali del piano di azione nazionale per la lotta alla siccità e alla desertificazione sono l'individuazione delle aree vulnerabili, la definizione e attuazione di misure di protezione integrata delle risorse suolo, acqua e aria, lo sviluppo di attività socioeconomiche compatibili con tale protezione e dunque l'attivazione di misure finalizzate all'adozione di sistemi di produzione agricola, zootecnica, forestale in grado di prevenire il degrado fisico, chimico e biologico del suolo, puntando sul risparmio idrico e sulla ricerca più avanzata. I settori operativi di intervento principali sono individuati nella protezione del suolo, nella gestione sostenibile delle risorse idriche anche rendendo più efficienti le tecniche di distribuzione e di irrigazione anche con meccanica di precisione e migliorando la qualità degli acquedotti e delle reti di distribuzione anche con il recupero dei piccoli invasi rurali, nella riduzione dell'impatto delle attività produttive, nel riequilibrio del territorio anche con il recupero dei suoli degradati per processi di erosione e salinizzazione e con interventi di rinaturalizzazione di aree degradate in ambito urbano e industriale. Si richiama altresì che la possibilità prevista nel Piano di sviluppo rurale nazionale di realizzare investimenti a fini irrigui. Alle regioni ed alle autorità di bacino era affidato il compito di definire i piani di azione locali con il supporto del Comitato nazionale per la lotta alla desertificazione, anche nel promuovere l'adozione dei migliori standard e metodologie per la conoscenza, la prevenzione e la mitigazione dei fenomeni di desertificazione nelle aree vulnerabili; il comitato nazionale ha tuttavia cessato la sua attività e il piano di azione nazionale è stato solo parzialmente avviato e non quindi aggiornato nell'ambito della strategia decennale 2008-2018 della Convenzione contro la desertificazione;
   la strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici propone azioni di breve e lungo periodo per contrastare il fenomeno della desertificazione e del degrado del suolo che richiamano le azioni esposte in precedenza; manca, però, ancora la definizione di un piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici che indichi gli interventi e le linee di azione prioritarie, da unire al rafforzato impegno per la decarbonizzazione secondo l'accordo di Parigi sul clima –:
   quali iniziative intenda assumere per dare al nostro Paese un piano nazionale contro la siccità e la desertificazione – anche riportando in funzione il Comitato nazionale di cui in premessa e monitorando lo stato di avanzamento degli investimenti a fini irrigui – nonché un piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici per attenuarne impatti e danni economici, insieme al rafforzato impegno ad abbattere le emissioni di gas serra verso la decarbonizzazione come previsto dall'accordo di Parigi.
(2-01877) «Stella Bianchi, Borghi, Cenni, Mariani, Cova, Narduolo, Schirò, Patrizia Maestri, Becattini, Casati, Casellato, Cominelli, Carra, Prina, Romanini, Galperti, Incerti, Giovanna Sanna, Mura, Carrescia, Oliverio, Marchi, Grassi, Vico, Patriarca, Baruffi, Senaldi, Taricco, Preziosi, Luciano Agostini, Antezza, Falcone, Mazzoli, Dal Moro, Fiorio, Colaninno, Massa, Piazzoni, Rampi, Zardini, Rostellato, Venittelli, Giampaolo Galli, Manzi, Crimì, Sbrollini, Coccia, Minnucci, Verini».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 marzo 2015, è stata presentata dall'Enac istanza per l'avvio della procedura di valutazione d'impatto ambientale concernente la realizzazione dell’«aeroporto di Firenze – master plan aeroportuale 2014-2029» ed in data 2 dicembre 2016, la commissione incaricata ha reso parere favorevole (recante il n. 2235/2016) nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale. A tutt'oggi il relativo decreto di valutazione di impatto ambientale non è stato emanato;
   sulla mancata pubblicazione e nel merito delle numerose ed impegnative prescrizioni l'interrogante ha presentato l'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-10974 cui non è stata data ancora nessuna risposta. Si è appreso da fonti di stampa («Volare. Nuovo Peretola e l'insostenibile leggerezza delle valutazioni», 27 febbraio 2017, Edoardo Bianchini, http://www.linealibera.info) che detto parere è condizionato dall'ottemperanza di 62 prescrizioni, a loro volta contenenti circa 80 sub-prescrizioni, per un totale di circa 142 indicazioni obbligatorie ai fini della realizzazione dell'opera. Dette prescrizioni, secondo l'interrogante, mettono in evidenza le gravi lacune del progetto presentato;
   già in merito al progetto relativo al piano generale di sviluppo dell'aeroporto Amerigo Vespucci di Firenze (per la realizzazione della vecchia pista 05/23), il decreto DEC/VIA/2003/0676 (pagina 17) impone la seguente prescrizione di cui alla lettera e): «in considerazione di possibili eventi incidentali connessi al traffico aereo con eventuali interferenze sull'autostrada Firenze-Mare (peraltro già avvenuti in passato) il proponente dovrà subordinatamente allo studio di rischio e previo accordo con la società Autostrade provvedere alla realizzazione dell'interramento completo con copertura completa a livello di campagna, mediante di tunnel artificiale di adeguata lunghezza, del tratto autostradale in direzione dell'asse della pista atterraggi/decollo dell'aeroporto», in attuazione, proprio per la sua rilevanza, del principio di precauzione e della sicurezza dei terzi;
   detto decreto è stato impugnato con ricorso straordinario davanti al Presidente della Repubblica, ma non vi è stata in merito (dopo 14 anni) alcuna pronuncia, per cui è attualmente valido ed efficace nelle sue prescrizioni;
   nel documento tecnico allegato alla variante del piano di indirizzo territoriale, nella prefazione a pagina 7 della relazione 3.1 nuova valutazione pista – capitolo 1 – premesse, Enac afferma: «Tali criticità sono state ampiamente descritte e valutate nello studio di impatto ambientale e nel decreto di approvazione di VIA (04/11/2003) dell'attuale Piano di Sviluppo dello scalo di Firenze», dimostrando, secondo l'interrogante, che l'Enac fosse consapevole delle prescrizioni obbligatorie e vincolanti. Inoltre, nelle premesse del medesimo studio, si chiarisce che il tutto sia stato elaborato a seguito di «una intesa tra Ministero delle Infrastrutture e Trasporti ed ENAC»;
   la citata prescrizione è soggetta a verifica di ottemperanza tanto da parte della regione Toscana quanto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, oltre che in base al decreto-legge n. 250 del 1997, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la vigilanza, l'indirizzo e il controllo e dell'Enac quale ente regolatore per l'applicazione di tali prescrizioni. Tuttavia, a tutt'oggi non costa all'interrogante alcun atto che comprovi la verifica dell'ottemperanza alla citata prescrizione;
   diversamente, per il progetto riguardante l'aeroporto Galileo Galilei di Pisa – masterplan 2014-2018 presentato dall'Enac – consta sia un parere del 2015 (n. 1790) in cui la commissione tecnica di valutazione dell'impatto ambientale espressamente afferma verificata l'ottemperanza alle prescrizioni dettate dal decreto di valutazione di impatto ambientale n. 6917 del 2002, sia un parere del 2016 (n. 1980) in cui si dà atto della precedente già avvenuta ottemperanza –:
   se si sia provveduto, per quanto di competenza, alle verifiche di ottemperanza alle prescrizioni imposte dal decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare DEC/VIA/2003/0676 e, in caso di mancata ottemperanza, come si spieghi che l'Enac abbia potuto rilasciare un'autorizzazione all'esercizio dell'attività aeroportuale;
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare perché vengano necessariamente ed immediatamente rispettate le prescrizioni di sicurezza del volo chiarendo se dall'eventuale inadempimento consegua il ritiro della certificazione aeroportuale da parte delle competenti autorità e/o l'impossibilità di approvare i piani di rischio che da un anno sono sottoposti ad approvazione dell'Enac;
   come si intenda garantire la sicurezza del volo per i terzi sorvolati e trasportati con riferimento all'esistente pista dell'aeroporto di Firenze 05/23, viste le mancate ottemperanze, nonché con riferimento al nuovo progetto della pista 12/30, anche alla luce delle pesanti prescrizioni imposte dal parere n. 2235/2016, ove sono state riscontrate carenze sulla valutazione della sicurezza dei terzi sorvolati e trasportati. (5-11778)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPESSOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il progetto, denominato H-Campus, prevede la realizzazione – in un unico sistema integrato – di un campus scolastico e universitario nei comuni di Roncade e Quarto d'Altino, con nuove strutture, in grado di ospitare oltre 3 mila persone;
   la realizzazione del progetto è resa possibile dall'accordo di programma, attualmente in fase di valutazione ambientale strategica presso la regione Veneto, presentato dalla ditta Cà Tron Real Estate s.r.l., d'intesa con la Società Cattolica Beni Immobili s.r.l., e il cui schema di accordo è stato sottoscritto il 19 gennaio 2017 da parte dei rappresentanti della regione Veneto, della città metropolitana di Venezia, dei comuni di Roncade e Quarto d'Altino e del soggetto proponente;
   l'operazione immobiliare prevede l'ampliamento della già estesa superficie occupata da H-FARM, che oggi insiste su 14 mila metri quadri edificati e ben 12 ettari di parco, con l'aggiunta di ulteriori 31 ettari di terreno, all'interno dei quali verranno realizzati i 26 mila metri quadri di nuovi edifici, per un controvalore complessivo di 69 milioni di euro;
   l'area, oltre ad essere interessata da una molteplicità di vincoli ambientali, paesaggistici e archeologici, presenta notevoli criticità sotto l'aspetto idraulico, essendo stata allagata nel 1966 e nel 1986, ed essendo soggetta al regime di scolo meccanico: la giacitura dei terreni è parzialmente al di sotto del livello medio del mare e le acque piovane devono essere sollevate dall'impianto idrovoro di Portesine, con impiego di energia;
   nella relazione di valutazione di compatibilità idraulica della II variante al PUA H-Farm, pagina 15, si trova scritto che è stato «ritenuto sufficientemente cautelativo imporre come condizione di massima portata scaricabile nella rete recettrice consorziale, in accordo con il Consorzio di Bonifica Piave, un valore pari a 20 l/s/ha»: si tratta di un valore 7 volte più alto (quindi, meno cautelativo) di quello ammesso dall'impianto di sollevamento di Portesine;
   tale valore non è conforme a quanto indicato dal Consorzio di bonifica nel proprio parere favorevole alla realizzazione delle opere (prot. n. 5997 del 16 aprile 2013), emesso con alcune prescrizioni, tra cui il rispetto della portata massima in uscita di 10 l/s ha;
   in questo contesto di mancato rispetto della normativa idraulica si inserisce anche il parere del Genio Civile di Treviso, emesso il 18 aprile 2013, che non ha tenuto conto della specificità della zona interessata e neppure dei limiti imposti dalla normativa, indicando l'obbligo di realizzare un volume di invaso di 480 metri cubi, a fronte di un volume di compensazione, calcolato nella valutazione di compatibilità idraulica della II variante al PUA H-Farm, pari a 664 metri cubi, necessario per garantire la costanza del coefficiente udometrico di 20 l/s ha;
   il progetto H-Campus prevede, altresì, l'innalzamento dei terreni, misura che altera l'equilibrio idraulico, già precario, della zona e secondo l'interrogante confligge con la normativa vigente, in particolare con quella dell'ordinanza n. 3 del 22 gennaio 2008 del commissario delegato per l'emergenza concernente gli eccezionali eventi meteorologici del 26 settembre 2007 (nominato dal Governo pro tempore), e con quella contenuta nelle linee guida del 3 agosto 2009, dello stesso commissario, che contrasta l'alterazione delle quote del piano campagna oggetto di trasformazione –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo, con particolare riferimento ai rischi idrogeologici connessi alla realizzazione di un insediamento scolastico destinato ad accogliere 3.000 studenti in un'area classificata da una pericolosità idraulica di grado P1 moderata, come si evince dall'estratto del rapporto ambientale relativo all'Accordo di programma H-campus, nonché al rispetto dei vincoli ambientali paesaggistici e archeologici insistenti sull'area. (4-17213)


   GAGNARLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Chimet spa, azienda aretina leader, nel recupero e nell'affinazione dei metalli preziosi da rifiuti speciali pericolosi e non, è in procinto di ottenere dal preposto ufficio regionale l'autorizzazione conseguente alla valutazione di impatto ambientale (Via), per un progetto che prevede di raddoppiare la quantità totale di rifiuti trattati, arrivando a 24.000 t/a (+92 per cento rispetto all'attuale), tutti potenzialmente pericolosi, e stoccarne fino a 1.000 t (+166,66 per cento rispetto all'attuale);
   la Chimet è stata oggetto di un lungo procedimento giudiziario per disastro ambientale, organizzazione per traffico illecito di rifiuti, falso ideologico, ed altri capi di imputazione, sia pure nella versione attenuata del secondo comma dell'articolo 434 del codice penale, ossia non l'evento consumato ma il pericolo che si verificasse;
   l'amministratore delegato della Chimet e gli altri imputati, tra cui il sindaco di Civitella, un dirigente della provincia e due funzionari dell'Arpat, erano stati rinviati a giudizio dal giudice per le indagini preliminari Anna Maria Lo Prete il 7 dicembre 2010, al termine di un'udienza in cui accusa e difesa avevano disputato a lungo sulla reale portata delle accuse, ascrivendo molti capi di imputazione;
   nello stesso decreto il giudice individuava nelle parti offese il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la regione Toscana, la provincia di Arezzo ed il comune di Civitella in Val di Chiana. Tuttavia, prendeva atto che per conto delle parti offese, si era presentato solo il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, altre associazioni e due cittadini residenti nel comune di Civitella in Val di Chiana, mentre la regione Toscana aveva ritirato la propria costituzione di parte civile;
   durante il processo venivano annullati ben 22 capi di imputazione, i più pesanti, per errore di notifica da parte della cancelleria del tribunale, che faceva quindi decadere le prove del disastro ambientale e, per lo stesso motivo, il reato di mancata vigilanza. Rimaneva aperto il capo di imputazione secondo il quale le determinazioni rilasciate dall'amministrazione provinciale erano da considerare illegittime perché sguarnite di valutazione di impatto ambientale;
   il tribunale di Arezzo, dopo quattro anni, assolveva il sindaco di Civitella per il reato a lui ascritto, come conseguenza del decadimento dei capi di imputazione a Chimet, perché «il fatto non sussiste» e dichiarava non doversi procedere nei confronti dei dirigenti Arpat per il reato a loro ascritto per essere lo stesso estinto per intervenuta prescrizione. Nonostante la rimodulazione dei capi di accusa, tuttavia, sia l'amministratore delegato di Chimet che il dirigente dell'Ufficio ambiente della provincia venivano condannati ad una lieve pena, come da estratto della sentenza in data 10 luglio 2014 n. 714/08 r.g. notizie di reato e n. 427/11 r.g.;
   in secondo grado la corte di appello di Firenze sezione I penale, con atto n. 4753/14, annullava parzialmente la sentenza di primo grado, evidenziando gli errori commessi nel procedimento sia per quanto riguardava la parte delle indagini, sia la parte dell'errata notifica. Sembra emergere dal giudizio della suddetta Corte che sia stato dato maggiore credito alla perizia medico-legale depositata durante il dibattimento del procedimento di primo grado, piuttosto che alle risultanze delle indagini epidemiologiche condotte in tale sede;
   nella sentenza della corte di appello di Firenze, oltre a condannare gli imputati Squarcialupi e Lucci, veniva sottolineato con forza che, sia le parti lese sia la popolazione residente, avevano diritto ad un congruo risarcimento per il danno arrecato;
   l'azienda Chimet ed il funzionario dell'ufficio ambiente della provincia di Arezzo ricorrevano quindi alla Corte di cassazione, processo che si celebrava il 7 aprile 2017 a Roma, nel quale veniva sancita la prescrizione per quanto attiene ai reati penali contestati agli imputati per decorrenza dei termini; mentre per quanto riguarda il risarcimento alle parti offese (parti civili), si dovrà procedere alla valutazione del danno presso il tribunale civile competente in grado di appello;
   la Corte di cassazione, quindi, a causa della decorrenza dei termini della prescrizione, non è entrata nel merito dei capi di accusa rimasti in piedi, pertanto, dal punto di vista ambientale, rimangono all'interrogante le perplessità sulla pericolosità degli impianti di cui oggi si chiede addirittura un ampliamento e rimane il giudizio civile di appello in cui si discuterà se le parti civili costituite abbiano sofferto dei danni –:
   se intenda intraprendere iniziative, per quanto di competenza, volte ad ottenere un giusto risarcimento del danno ambientale, così come riportato in sentenza;
   quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato per monitorare la situazione ambientale dell'area in questione. (4-17226)


   PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'Associazione ecologica, zoofila, ambientale e guardia nazionale (A.E.Z.A.) persegue da anni finalità di tutela dell'ambiente e del territorio, ispirandosi ai principi di solidarietà sociale, con sedi regionali e provinciali dislocate in tutta Italia. Attraverso prestazioni di volontariato e di cittadinanza attiva vigila sul rispetto delle leggi a tutela dell'ambiente e del territorio e per promuovere la valorizzazione del patrimonio naturale e culturale nel suo insieme;
   con istanza del 13 ottobre 2014 la soprarichiamata Associazione, depositava, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la richiesta di riconoscimento quale Associazione di protezione ambientale ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 349 nel 1986;
   a seguito di tale richiesta il Ministero, con nota del 19 febbraio 2015, chiedeva delucidazioni in merito alla documentazione presentata, nello specifico sulle categorie dei soci e loro relativi diritti di voto e sulle specifiche attività svolte in campo ambientale e loro rilevanza nazionale, o in almeno cinque regioni, e continuità pluriennale. A seguito delle delucidazioni e delle integrazioni informative e documentali prodotte dall'Associazione, con nota del 10 aprile 2015, il Ministero comunicava che non potevano ritenersi superate «le carenze in merito al requisito dell'ordinamento interno democratico e della rilevanza esterna dell'attività di protezione ambientale svolta in ambito pluriennale nelle regioni in cui l'Associazione dichiara di essere presente»;
   tale posizione ministeriale è stata definitivamente assunta dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con decreto n. 0000174 del 16 giugno 2016, depositato in data 20 giugno 2017 nell'ambito del giudizio innanzi al Tar del Lazio attivato dalla stessa A.E.Z.A. per l'adozione del provvedimento contro il silenzio protratto oltre i termini dall'amministrazione decidente, senza, tuttavia, nuovamente esplicitare, come avrebbe dovuto, nel dettaglio le motivazioni per le quali le eccepite «carenze» non potevano ritenersi superate dalla mole di delucidazioni ed integrazioni informative e documentali prodotte dalla stessa Associazione;
   l'articolo 13 della legge n. 349 del 1986 dispone che: «Le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno cinque regioni sono individuate con decreto del Ministro dell'ambiente sulla base delle finalità programmatiche e dell'ordinamento interno democratico previsti dallo statuto, nonché della continuità dell'azione e della sua rilevanza esterna, previo parere del Consiglio nazionale per l'ambiente da esprimere entro novanta giorni dalla richiesta. Decorso tale termine senza che il parere sia stato espresso, il Ministro dell'ambiente decide». In base a quanto sopra disposto non si comprendono le ragioni di questo diniego nel riconoscere l'A.E.Z.A. quale Associazione di protezione ambientale, pur svolgendo da anni questa encomiabile attività;
   a seguito di tale rigetto, a quanto risulta all'interrogante, è tuttora in corso un contenzioso in sede di giustizia amministrativa con conseguente aggravio di spese per tutti gli attori coinvolti –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto in premessa e se non ritenga di chiarire le ragioni per cui le eccepite «carenze» riscontrare nella fase istruttoria del procedimento, previsto ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 349 del 1986, non possano ritenersi superate dall'ulteriore documentazione prodotta dall'Associazione A.E.Z.A. che svolge un encomiabile lavoro di tutela e valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale italiano. (4-17228)


   MATARRELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la regione Puglia ha commissionato a diversi enti terzi e qualificati (dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario regionale del Lazio, Arpa Puglia, Asl Brindisi, Ares Puglia) uno studio «sugli effetti delle esposizioni ambientali sulla mortalità e morbosità della popolazione residente a Brindisi e nei comuni limitrofi»;
   la dettagliata relazione – lunga ben 143 pagine e conclusa a maggio 2017 – una volta resa pubblica ha avuto larga risonanza sugli organi di stampa locali e nazionali a causa delle eclatanti conclusioni;
   la ragione per cui tale studio è stato promosso origina da studi precedenti che avevano evidenziato picchi di mortalità dei residenti nelle zone suddette a causa di specifiche forme tumorali e malattie cardiovascolari e respiratorie, oltre ad una maggiore incidenza di malformazioni congenite;
   i risultati proposti alla pubblica opinione destano il necessario allarme, rilevando un'associazione strutturata tra l'inquinamento prodotto dalle emissioni industriali degli impianti energetici e del petrolchimico e gli indici di mortalità, i ricoveri e l'insorgenza di tumori –:
   se il Governo sia a conoscenza dell'importante dossier di cui in premessa e quali iniziative di competenza urgenti e congrue, intenda intraprendere per garantire il diritto alla salute dei cittadini della provincia di Brindisi. (4-17231)


   MARCO DI STEFANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   si è venuti a conoscenza tramite mezzi di comunicazione che la giunta capitolina ha intenzione di allocare un impianto di compostaggio in un'area sita nel XIII municipio ed esattamente su via Casal Selce;
   tale collocazione si trova in linea d'aria a poca distanza dalla discarica Malagrotta;
   nello stesso quadrante insiste un deposito di gas;
   fino a qualche anno fa insisteva anche una raffineria;
   per tutto quanto sopra i cittadini residenti in tale zona hanno vissuto tutti gli inquinamenti dovuti agli impianti suddetti;
   in particolare, le esalazioni maleodoranti della discarica di Malagrotta ancora oggi, nonostante la sua chiusura, si possono respirare;
   la lettera «p» dell'articolo 195 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che detta norme in materia ambientale, include nelle competenze statali l'indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti;
   il decreto 29 dicembre 2016, n. 266, disciplina le attività di impianti di compostaggio;
   il decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, ha recepito le normative europee in merito ai rifiuti;
   tale previsto insediamento dista meno di mezzo chilometro in linea d'aria da un grande insediamento immobiliare;
   l'installazione di tali impianti ricadenti nel territorio della regione Lazio prevede una distanza minima dall'edificato urbano maggiore di 1.000 metri e da case sparse di 500 metri;
   tra l'altro la scelta della localizzazione in questo territorio di un impianto di compostaggio risulterebbe contraria al principio di prossimità ed al principio di autosufficienza espressi nella direttiva europea 2006/12/CE, i quali prevedono che i centri di trattamento dei rifiuti debbano essere localizzati in vicinanza delle fonti primarie di produzione, minimizzando i costi di trasporto stradale e favorendo la chiusura del ciclo dei rifiuti all'interno del territorio stesso che li ha prodotti;
   vi è la forte possibilità che le esalazioni di tale impianto vadano ad impattare ulteriormente sull'inquinamento atmosferico di quel quadrante del territorio pesantemente compromesso dall'ancora esistente, se non più funzionante, discarica di Malagrotta e dai suoi insediamenti industriali –:
   se, alla luce di quanto riportato in premessa, il Governo non ritenga necessario assumere iniziative normative per implementare la disciplina vigente in tema di localizzazione degli impianti per il trattamento di rifiuti vietando la collocazione di nuove installazioni nei pressi di siti dove insistono già impianti dismessi o insediamenti industriali a forte impatto ambientale o con gravi rischi di incidente rilevante. (4-17233)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NARDUOLO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 2 luglio 2017 la manifestazione #domenicaalmuseo, introdotta nel luglio del 2014 dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e che prevede l'ingresso gratuito nei musei e nei luoghi della cultura statali ogni prima domenica del mese, ha registrato una grande affluenza di visitatori, confermando il successo dell'iniziativa e il grande interesse culturale che ha riscosso fin dalla sua istituzione;
   i dati definitivi pubblicati nel sito del Ministero registrano importanti numeri. Solo a titolo di esempio: 31.403 ingressi al Parco archeologico del Colosseo, 16.548 a Pompei, 9.780 alla Reggia di Caserta, 5.675 a Villa D'Este, 7.500 alla Galleria degli Uffizi, 3.897 al Museo di Capodimonte, 2.413 al Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria;
   a quanto consta all'interrogante, da parte di alcuni operatori del settore, che hanno sempre mostrato e confermato un riscontro positivo all'iniziativa, arriva la riflessione sull'opportunità di valutare il rilascio di un contributo simbolico da parte dei visitatori, al fine di garantire maggiori servizi e far fronte alle spese straordinarie a carico delle strutture per il personale, la pulizia e la vigilanza, considerato il giorno festivo e il grande afflusso di visitatori –:
   se il Ministro interrogato intenda considerare l'opportunità di assumere l'iniziativa per introdurre un contributo simbolico (ad esempio 1 euro) per i visitatori dei musei la prima domenica del mese, alla stregua di quanto fatto con l'iniziativa «Cinema2day» (che prevedeva l'ingresso al cinema a 2 euro il secondo mercoledì del mese), visto il grande successo dell'iniziativa e per permettere ai singoli musei e luoghi della cultura di trarne un possibile sostegno. (5-11772)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   si è spento in carcere il 5 luglio, all'età di 74 anni, l'indipendentista sardo Doddore Salvatore Meloni, presidente del movimento separatista Meris in domu nosta (Padroni in casa nostra), che in segno di protesta aveva attuato uno sciopero della fame e della sete costatagli la vita («Sono condanne ingiuste frutto della persecuzione giudiziaria scatenata nei miei confronti nel 2008 all'indomani della proclamazione della Repubblica indipendente di Malu Entu per impedirmi di continuare a lottare per l'indipendenza di tutta la Sardegna», aveva, infatti, dichiarato);
   l'uomo si trovava in carcere dal 28 aprile 2017 a seguito di due condanne, per evasione fiscale e false attestazioni, comportamenti da lui assunti quale logica conseguenza delle sue idee e convinzioni, che lo hanno sempre indotto a non riconoscere alcuna legittimità alla presenza dello Stato italiano in Sardegna ed a rifiutare ogni forma di dazione alla Repubblica italiana;
   nonostante l'età avanzata e la debilitazione conseguente a due mesi di astensione dal cibo, il magistrato di sorveglianza del tribunale di Cagliari ha respinto la richiesta di arresti domiciliari lasciandolo al centro clinico del carcere di Uta e solo il 29 giugno 2017 è stato trasferito all'ospedale Santissima Trinità di Cagliari dove poi è deceduto;
   Doddore Meloni, dunque, era un detenuto che aveva commesso reati connessi a questioni ideologiche e non già un delinquente macchiatosi di efferati crimini di sangue, eppure le sue condizioni sono state ignorate o comunque sottovalutate, a giudizio degli interroganti diversamente dal trattamento e dall'attenzione che la giustizia italiana sta riservando ad un boss mafioso del calibro di Totò Riina ed al suo «diritto ad una morte dignitosa»;
   la sua vicenda (carcerazione e morte), peraltro, somiglia molto a quella di Giuseppe «Bepin» Segato, altra vittima di una giustizia, a parere degli interroganti, di «parte»;
   Segato, si ricorda, finì in carcere all'indomani della prima inchiesta sui Serenissimi che assaltarono il campanile di San Marco, iniziativa ad evidente connotazione simbolica per richiamare l'attenzione sul problema dell'indipendenza veneta; pur non avendo preso parte alla spedizione, fu condannato a 3 anni e 7 mesi di reclusione per il reato di eversione, in quanto ritenuto l’«ideologo» del gruppo: in carcere si ammalò gravemente e morì poco dopo la fine della detenzione –:
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda urgentemente adottare il Governo per far luce sulla vicenda di cui in premessa, anche per contribuire a chiarire eventuali responsabilità del sistema penitenziario nella drammatica situazione che ha portato al decesso di Meloni;
   se intenda valutare se sussistano i presupposti per assumere iniziative ispettive presso i competenti uffici giudiziari di cui in premessa. (3-03149)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO, SARTI, AGOSTINELLI, BONAFEDE, COLLETTI e FERRARESI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa recenti (vedasi Il Fatto quotidiano del 6 luglio 2017) si è appreso della perquisizione, in data 5 luglio 2017, effettuata dalla Guardia di finanza, su disposizione della procura di Napoli, nell'ufficio e presso l'abitazione del giornalista de Il Fatto quotidiano Marco Lillo il quale, ad oggi, non risulta indagato;
   il decreto, come si legge sul sito de Il Fatto quotidiano, è stato firmato dal procuratore aggiunto Alfonso D'Avino e dal pubblico ministero Graziella Arlomede, e l'inchiesta sulla presunta violazione del segreto d'ufficio è nata dalla denuncia-querela inoltrata dagli avvocati di Alfredo Romeo, l'immobiliarista napoletano al centro del caso Consip, indagine relativa a gravi fatti di corruzione nel più grande appalto d'Europa, dal valore di 2,7 miliardi di euro;
   la perquisizione, diretta principalmente alla ricerca di tracce informatiche all'origine degli scoop firmati dal giornalista sul caso Consip, nel libro «Di padre in figlio» (pubblicato il 18 maggio scorso) di cui lo stesso è autore, è stata avviata sulla base dell'ipotesi avanzata dalla procura napoletana, ovvero quella di presunta rivelazione del segreto d'ufficio;
   sempre da quanto riportato da testate giornalistiche (vedasi www.huffingtonpost.it del 6 luglio 2017), attualmente si indaga contro ignoti, in particolare contro «un pubblico ufficiale al momento non identificato che, avvalendosi illegittimamente di notizie non comunicabili in quanto coperte dal segreto investigativo, riferibili ad atti depositati presso l'autorità Giudiziaria di Napoli, le abbia indebitamente propagate all'esterno»;
   in un video pubblicato sempre il 5 luglio 2017 sul sito de Il Fatto quotidiano, il giornalista Lillo ha precisato che l'informativa del Noe del 9 gennaio 2017, oggetto del decreto di perquisizione, fosse già a disposizione di tutti i principali giornali italiani dal giorno precedente rispetto a quando lo stesso ne è venuto in possesso;
   sempre secondo quanto riportato da notizie di stampa (vedasi Il Fatto Quotidiano del 27 giugno 2017, Il Mattino del 6 luglio 2017 e La Repubblica del 7 luglio 2017) Marco Lillo dichiarava, specificando che non rappresentasse la sua fonte, l'estraneità alla vicenda che lo vede coinvolto, della giornalista Rai Federica Sciarelli, indagata nel giugno 2017 dalla procura di Roma per rivelazione di segreto, in relazione alla fuga di notizie realizzata con l'articolo de Il fatto Quotidiano che svelava l'inchiesta Consip il 21 dicembre 2016 e alla quale fu sequestrato il telefono cellulare, successivamente restituito;
   a giudizio degli interroganti appare alquanto anomalo l'avvio dell'attività perquisitoria nei confronti del giornalista Marco Lillo che, ad oggi, non risulta peraltro indagato per l'ipotesi di una presunta fuga di notizie sul caso Consip;
   preso atto dell'operato della magistratura, nella ricerca di chiarezza sulla vicenda sopra descritta, e di quanto si apprende dagli organi di stampa, a parere degli interroganti, il caso in questione può rappresentare una seria minaccia alla libertà di stampa, sancita dall'articolo 21 della Costituzione;
   la libertà di stampa rappresenta uno dei diritti che un Governo democratico, insieme agli altri organi di informazione, dovrebbe garantire ai cittadini, per assicurare l'esistenza di una stampa libera –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative si intendano assumere, sul piano normativo, al fine di garantire un'informazione libera e indipendente affinché ogni cittadino possa essere messo a conoscenza dei fatti quando questi sono opportunamente documentati. (5-11779)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZAN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nel 2017 il decurtamento lineare dell'attribuzione di fondi della «legge Smuraglia» è stato del 48,92 per cento e il rischio sempre più concreto è portare al fallimento tantissime cooperative e aziende che in questi vent'anni hanno creato opportunità di inserimento lavorativo per detenuti, ma anche opportunità lavorative per molte persone (tra cui molti giovani laureati) con professionalità specifiche, altrimenti destinati alla disoccupazione;
   il Ministero della giustizia e il dipartimento di amministrazione penitenziaria sono a conoscenza di questa criticità dal dicembre 2016;
   a una precedente interrogazione dell'11 aprile 2017 veniva risposto dal Ministro interrogato: «Ho già dato indicazioni per proporre, nelle prossime manovre di bilancio, l'incremento delle risorse destinate a rifinanziare la legge “Smuraglia”, al fine di poter soddisfare integralmente le richieste di sgravi fiscali e contributivi per le imprese che assumono detenuti lavoranti. Più in generale, mi preme rassicurare l'onorevole interrogante che, sin dall'inizio del mio mandato, ho riservato grande attenzione al tema del lavoro penitenziario, che considero uno strumento indispensabile per garantire un modello detentivo realmente finalizzato al compimento di percorsi di risocializzazione»;
   giova ricordare che già nel 2013 la Corte dei conti in sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato nell'adunanza congiunta del 18 luglio 2013 a seguito di una ispezione per la verifica della legittimità e della regolarità del funzionamento degli organi interni, nonché della corrispondenza dei risultati dell'attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge, valutando comparativamente costi, modi e tempi dello svolgimento dell'azione amministrativa, concernente gli esiti dell'indagine condotta su «L'assistenza e la rieducazione dei detenuti – cap. 1761 del Ministero della Giustizia», in un passaggio a pagina 35 si afferma: «La possibilità di usufruire di sgravi fiscali e agevolazioni contributive per l'assunzione di soggetti svantaggiati, ha permesso nel corso degli anni il fiorire di numerose attività...» e ancora «Si può quindi affermare con certezza che la legge Smuraglia sia stata l'unica forma di attivazione del lavoro carcerario che non fosse semplice assistenzialismo e pietismo. Ha introdotto un modo di lavorare nel carcere utile, non solo per i detenuti ma anche per il reinserimento sociale e anche utile per le imprese. Il lavoro in carcere non è più mettere insieme due bulloni, ma è fabbricare biciclette, confezionare panettoni straordinari, cioè fare dei progetti realizzabili, concreti, possibili, non si tratta più di intrattenere i detenuti per il tempo necessario a tenerli lontani dalla cella, ma abituarli a un lavoro utile, ad un lavoro per il futuro, ad un lavoro che sia già nella società» –:
   quali iniziative il Ministro intenda adottare e in che tempi per scongiurare il rischio di fallimento di queste cooperative. (4-17224)


   ALLASIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   ha destato forte preoccupazione e fatto scalpore la notizia, riportata da diverse agenzie di stampa nei giorni scorsi, dell'evasione di Giuseppe Mastini, noto alle cronache anche col nome di «Johnny Lo Zingaro», dal carcere di Fossano;
   in particolare, il 30 giugno 2017, come tutti i giorni, Mastini è uscito dal carcere con altri tre detenuti, come lui in regime di semilibertà e ammessi al lavoro esterno, ma non è mai arrivato alla scuola di polizia penitenziaria di Cairo Montenotte, al confine tra le province di Cuneo e Savona, facendo perdere da allora le proprie tracce;
   Mastini è un ergastolano di 57 anni e ha alle spalle un lungo elenco di reati e condanne, dal primo omicidio commesso quando aveva solo undici anni al coinvolgimento anche nell'inchiesta sulla morte di Pier Paolo Pasolini e già in passato evase due volte, prima dal penitenziario di Casal del Marmo, poi da quello dell'isola di Pianosa;
   successivamente ad una di queste evasioni, precisamente nel 1987 durante una licenzia premio per buona condotta, riportano le cronache che Mastini, prima di essere nuovamente catturato dalle forze dell'ordine dopo una serrata «caccia all'uomo», fu protagonista di sanguinose scorribande: rubò diverse auto, rapinò benzinai, sequestrò una ragazza, Silvia Leonardi, sparò contro una pattuglia di agenti, uccidendo la guardia Michele Giraldi, e ferì un brigadiere dei carabinieri, Bruno Nolfi;
   arresosi nelle campagne di Mentana, nel 1989 Mastini fu condannato all'ergas- tolo e venne assolto per insufficienza di prove soltanto dall'accusa di avere ucciso l'allora console italiano in Belgio Paolo Buratti in un tentativo di rapina nella sua villa di Sacrofano (Roma);
   da allora Mastini ha scontato la pena in diversi penitenziari, prima a Voghera (Pavia), poi a Badu'e Carros in Sardegna e, in ultimo, a Fossano, dove, nonostante i precedenti, era stato ammesso al lavoro esterno;
   immediatamente alla sua fuga, le forze di polizia hanno avviato le ricerche dell'ergastolano ed allestito posti di blocco sia in Piemonte sia in Liguria;
   lo stesso giorno dell'evasione di Mastini, da un comunicato stampa dell'O.S.A.P.P. (Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria), per voce del suo segretario generale Leo Beneduci, si apprende che nel carcere di Firenze Sollicciano pare sarà offerta la possibilità «ad un detenuto, ben noto alle cronache per essersi reso responsabile negli anni in vari istituti penitenziari della Regione Toscana di danneggiamenti, di devastazioni di celle e aggressioni in danno del personale di Polizia Penitenziaria di poter fruire di cella singola con annesso giardino in cui potrà essere allocata la cuccia del cane dello stesso detenuto di razza Dogo Argentino ovvero non tra le più pacifiche razze canine.»;
   gli episodi sopra citati evidenziano e attestano il degrado in cui versano le istituzioni penitenziarie, poiché spesso il premiare i detenuti, quale che ne sia la pericolosità, non solo svilisce il lavoro svolto dalle forze dell'ordine e dei poliziotti penitenziari, del tutto abbandonati a se stessi, ma fa ricadere, in ultimo, sugli inermi cittadini le conseguenze delle disfunzioni del sistema carcerario –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa, se trovi conferma quanto riporto riguardo al detenuto del carcere di Sollicciano e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare alla luce degli eventi sopra richiamati. (4-17225)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BIASOTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dal 1990 in Italia il pedaggio autostradale si paga in base agli assi-sagoma e i motocicli, avendo due assi, pagano la stessa cifra di un'autovettura, mentre prima le due ruote rappresentavano una classe a sé, con pedaggio dedicato unicamente a moto e scooter;
   l'Italia è uno dei pochissimi Paesi in Europa dove il pedaggio per i motocicli (peraltro con tariffazione molto alta) è equiparato a quello delle auto, con il risultato che qualunque motociclo paga, ad esempio, la stessa cifra di un'automobile di ben più grandi dimensioni, peso e potenza;
   in Francia le moto pagano il 40 per cento in meno: la tratta Parigi-Lione (453 chilometri) costa 33 euro per le auto e 20 per le moto; in Inghilterra, Germania, Danimarca, Svezia, Portogallo, Olanda, Belgio, Slovenia e Austria, di fatto in quasi tutta l'Europa occidentale, i motociclisti circolano gratis o godono di tariffe agevolate, anche su ponti, tunnel e collegamenti vari;
   secondo i dati Istat, gli incidenti dei motociclisti sulle autostrade sono di gran lunga inferiori rispetto a quelli che avvengono sulle strade statali, provinciali e comunali;
   alcune categorie di veicoli, come furgoni, autocarri e autoarticolati, usufruiscono di una tariffa specifica quando utilizzano le autostrade;
   una tariffa dedicata alle due ruote favorirebbe la circolazione dei motocicli sulle autostrade, con vantaggi che si rifletterebbero tanto sull'industria motociclistica nazionale, che rimane la più importante d'Europa, quanto sugli stessi concessionari autostradali, che vedrebbero compensata automaticamente la rimodulazione dei pedaggi –:
   se il Governo non intenda assumere iniziative normative per ridefinire l'attuale sistema di classificazione dei veicoli anche al fine di rimodulare il parametro di classificazione per il calcolo del pedaggio autostradale, ristabilendo il pedaggio dedicato ai soli motocicli. (5-11771)


   GALGANO, MENORELLO, CATALANO, VARGIU e MATARRESE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'intervento di raddoppio della tratta ferroviaria Spoleto-Campello si colloca nel progetto di potenziamento della linea Orte-Falconara;
   l'opera presenta uno sviluppo complessivo di 9,7 chilometri, di cui circa 6,2 in affiancamento alla sede ferroviaria esistente e circa 3,5 in variante, in galleria artificiale;
   i lavori, iniziati nel 2001 non sono stati ancora ultimati e il costo complessivo, tra fallimenti, sospensioni e inadempienze delle tre ditte aggiudicatarie, è di oltre 100, milioni di euro;
   per terminare i lavori nel 2010 era stata individuata l'Ati Tecnis spa di Catania, aggiudicataria dell'appalto da 37,6 milioni di euro, pubblicato da Italferr-Rete ferroviaria italiana;
   i lavori sarebbero dovuti finire a giugno 2015, tuttavia a marzo 2016 la società viene coinvolta nell'indagine sugli appalti Anas e tra gli arrestati ci sono due noti imprenditori ai vertici dell'impresa;
   dopo l'interdittiva antimafia emessa dal prefetto di Catania, l'azienda è commissariata e, a maggio 2016, rescinde il contratto di appalto per il raddoppio della Spoleto-Campello;
   il 23 maggio 2017, il Governo, rispondendo alla interrogazione a risposta immediata in Commissione IX n. 5-11417, ha confermato la rescissione del contratto con la Ati Tecnis spa, vincitrice dell'ultima gara appalto, e la rinuncia alla commessa della seconda azienda in graduatoria, annunciando la necessità di indire un nuovo bando per il quale si dovrà attendere la fine dell'anno;
   negli stessi giorni è stata divulgata la notizia che il direttore Investimenti Centro di Rete ferroviaria italiana, Daniele Moretti, avrebbe dato conferma della ripresa immediata dei lavori che interessano il raddoppio del tratto Spoleto-Campello, in particolare con il completamento di parte del progetto iniziale per la realizzazione di uno dei due nuovi binari. Un'informazione che, ad avviso degli interroganti, contraddice quanto dichiarato dal sottosegretario Del Basso De Caro in risposta all'interrogazione n. 5-11417, circa la necessità di indire una nuova gara di appalto i cui tempi spostano la ripresa dei lavori oltre la fine del 2017 –:
   se trovino conferma le notizie di cui in premessa e quale sia il cronoprogramma previsto per i lavori di raddoppio della tratta Spoleto-Campello, il cui termine è di fondamentale importanza per l'efficientamento del trasporto ferroviario locale e per il futuro transito dei treni ad alta velocità in Umbria. (5-11777)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BONAFEDE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Mazara del Vallo (Trapani) la capitaneria di porto, nella giornata del 16 giugno 2017, ha deferito alla procura della Repubblica di Marsala il titolare di una struttura alberghiera per un allaccio abusivo alla rete elettrica cittadina, in particolare per aver predisposto, con l'ausilio di tecnici, un collegamento elettrico ad un lampione del lungomare Mazzini nel tentativo di alimentare un chiosco bar destinato ai clienti dell'albergo;
   quanto verificatosi è stato ripreso da diversi organi d'informazione e, tra questi, il giornale on line «tp24» che, nell'articolo titolato «Mazara, il Sindaco Cristaldi difende gli abusivi e i ladri di energia elettrica» in data 19 giugno, riportava anche un video messaggio in cui il sindaco esponeva dei dubbi sulla competenza della regione rispetto al demanio pubblico;
   sempre dallo stesso articolo si apprende che: «Al momento dell'accertamento, gli ufficiali della Guardia Costiera hanno rilevato oltre all'assenza di copertura assicurativa anche la mancanza della prescritta autorizzazione Regionale alla sosta sul Demanio Marittimo. Al riguardo è stata elevata una sanzione amministrativa da euro 200 per violazione delle pertinenti norme del Codice della Navigazione. Solo dopo che l'area è stata definita sicura dai tecnici incaricati di rimuovere il cavo elettrico posticciamente collegato i militari hanno fatto rientro in sede per le comunicazioni di rito. Il Chiosco Bar a forma di ananas, i lettini e gli ombrelloni erano stati messi a disposizione esclusiva dei clienti dell'hotel, diversamente da quanto contenuto in una nota inviata al Comune di Mazara in cui si preannunciava una manifestazione temporanea per la promozione della vocazione turistica della città e per la quale era stato chiesto anche il patrocinio dell'Amministrazione Comunale. Sdraio e ombrelloni quando non utilizzati dai clienti della struttura alberghiera, venivano depositati a bordo di un autocarro parcheggiato sulla strada risultato di proprietà di una ditta esterna all'hotel e anch'esso privo di copertura assicurativa»;
   a seguito delle dichiarazioni del primo cittadino di Mazara del Vallo, che avrebbero fatto apparire gli interventi della competente capitaneria di porto come misurati, quest'ultima, in conferenza stampa, come da video pubblicato da «teleibs», in data 20 giugno, dal titolo «Spiaggia in città la Capitaneria risponde al Sindaco Cristaldi», replicava che non si può delegittimare l'attività di chi opera nel territorio, nell'interesse della collettività;
   risulta all'interrogante inverosimile e certamente inopportuno il comportamento del sindaco che, nella sua veste di pubblico ufficiale, dovrebbe agire compiendo tutti gli atti di sua competenza nell'interesse del bene comune della collettività, mentre lo stesso ironizzava sull'operato della capitaneria di porto, la quale ha agito nel rispetto delle attività di controllo cui è preposta;
   sicuramente necessita chiarire quanto accaduto a Mazara del Vallo nella «spiaggia in città» ubicata nel lungomare Mazzini, anche in ordine all'eventuale sottrazione di energia elettrica a danno della collettività mazarese –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti;
   se si intendano avviare, per quanto di competenza, gli opportuni approfondimenti sulla vicenda;
   se il Governo intenda adottare ogni iniziativa utile alla tutela del lavoro svolto e dell'immagine della stessa capitaneria di porto di Mazara del Vallo. (4-17214)


   PARENTELA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il progetto di investimento «interventi di adeguamento tecnologico e infrastrutturale per l'incremento delle prestazioni e dell'affidabilità della linea Battipaglia-Reggio Calabria» è stato articolato in 14 sottoprogetti funzionali, di cui 10 ricadenti nel territorio della regione Calabria, per un costo complessivo di 200 milioni di euro, e 4 ricadenti nel territorio delle regioni Basilicata e Campania, per un costo comprensivo di 30 milioni di euro;
   dei sopracitati 14 sottoprogetti, i lavori relativi all'intervento SP01 «galleria Coreca» sono stati realizzati nel dicembre 2011 poiché «divenuti nel tempo improcrastinabili» come ha affermato il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti con risposta scritta pubblicata l'11 settembre 2013 nell'allegato al bollettino delle giunte e delle commissioni, all'interrogazione n. 5-00562;
   tra i finanziamenti programmativi vi sarebbe, come riferito da Anas, «SS 18 Tirrena Inferiore. Lavori di manutenzione straordinaria per l'efficientemente degli impianti della galleria Coreca al km 346+655 importo 4,70 milioni di euro, finanziamento a valere sui fondi del decreto-legge n. 133 del 2014 cosiddetto Sblocca Italia;
   la galleria di Coreca è chiusa al traffico da oltre un mese con l'ingresso sbarrato da un mezzo dell'Anas e nessun operaio che vi lavori all'interno. Quali siano i motivi della chiusura al traffico di questo tunnel non è dato saperlo e L'Anas, interpellata sulla questione, non ha fornito una spiegazione ufficiale se non uno scarno comunicato del 26 maggio scorso in cui si limita a rendere nota la chiusura dell'infrastruttura per l'esecuzione di verifiche ed indagini tecniche. L'ipotesi più accreditata che ha portato alla chiusura della galleria, si legge da notizie a mezzo stampa, sarebbe: «la presenza di copiose infiltrazioni d'acqua nella parte superiore della galleria, tali da generare il concreto rischio di un crollo in diversi punti del traforo, lungo quasi un chilometro. La sensazione quindi, è che occorrano interventi strutturali per garantire piena sicurezza sul percorso. E che i tempi per la riapertura al traffico saranno ancora molto lunghi»;
   il vecchio percorso, sul quale il traffico viene oggi deviato, con gravi disagi per gli automobilisti, prevede il transito nella frazione di Coreca, su una lingua d'asfalto spesso flagellata dal mare, affollata di turisti e bagnanti durante l'estate –:
   quali siano le cause della chiusura della galleria Coreca che, in piena estate, sta generando gravi disagi agli automobilisti che si trovano a transitare o a raggiungere la località turistica calabrese con tutto ciò che comporta in termini di ripercussioni sulla sicurezza stradale e sull'economia dell'area coinvolta. (4-17221)


   PARENTELA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante ha presentato gli atti di sindacato ispettivo n. 4-13877 del 20 luglio 2016 e n. 5-10069 del 28 novembre 2016, quest'ultimo ad oggi ancora senza risposta, denunciando gli evidenti segni di cedimento strutturale con l'abbassamento del livello stradale all'altezza della campata centrale – del viadotto «Cannavino», tra gli svincoli di Rovito e Celico, dai più conosciuto come il Ponte di Celico, sito al chilometro 42,700 della strada statale 107 di competenza dell'Anas (ricadente appunto nel comune di Celico);
   in più occasioni, l'interrogante ha contestato la scelta, per giunta tardiva, di migliorare soltanto il comfort stradale del viadotto, la cui sicurezza statica, stando alle perizie pubblicate in seguito a iniziative formali dell'interrogante, non sarebbe garantita in toto;
   ad oggi, risultano sospesi i lavori di manutenzione sul ponte e preoccupa quanto emerge in un verbale della prefettura di Cosenza, in cui, a quanto consta all'interrogante, si farebbe riferimento a cavi di precompressione in posizione diversa da quella prevista dal progetto e ad alcuni cavi in stato di ossidazione;
   la strada statale 107 è una delle arterie «trasversali» più importanti in termini logistici e di volumi di traffico della Calabria, poiché collega il versante tirrenico tramite l'innesto con la strada statale 18 presso Paola (Cosenza) con il versante ionico tramite l'innesto con la strada statale 106 presso Crotone. La chiusura di detta arteria, in piena stagione estiva, genera ingenti danni economici ad un'area a vocazione turistica e disagi per gli automobilisti costretti a percorrere strade alternative che attraversano centri abitati, con tutto ciò che ne consegue in termini di maggiori tempi di percorrenza e rischi per le popolazioni coinvolte –:
   se sia a conoscenza della situazione esposta in premessa se non ritenga urgente ed improcrastinabile intervenire affinché siano evitate pesanti ripercussioni sull'economia e sulla viabilità di un intero territorio e vengano forniti chiarimenti immediati circa quelli che l'interrogante ritiene gravi, quanto inconcepibili, ritardi che generano scetticismo delle popolazioni coinvolte in merito al completamento delle opere di manutenzione previste per il viadotto Cannavino. (4-17222)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   ALTIERI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   alla fine del mese di giugno 2017 la multinazionale californiana Airbnb, in collaborazione con la comunità di Sant'Egidio e Refugees Welcome Italia, ha lanciato il portale «Open Homes Rifugiati» che, secondo quanto dichiarato da Federica Calcaterra, responsabile comunicazione di Airbnb Italia, servirà a mettere in contatto proprietari di immobili disposti a ospitare gratuitamente «tutte le persone che hanno già ricevuto lo status di rifugiato o che stanno concludendo l'iter»;
   obiettivo dichiarato dalla multinazionale è quello di fornire ospitalità a 100.000 persone nel mondo nei prossimi cinque anni;
   in un momento di particolare tensione nel nostro Paese e con numero di sbarchi che cresce in maniera esponenziale (dall'inizio dell'anno sono 85.042 i migranti sbarcati sulle coste italiane, con un aumento del 19,44 per cento rispetto allo stesso periodo del 2016 quando gli arrivi furono 71.804) tale iniziativa, ad avviso dell'interrogante, potrebbe costituire uno straordinario incentivo al business criminale degli scafisti;
   va tenuto conto anche del crescente numero di minori stranieri non accompagnati giunti in Italia (9.761 al 27 giugno 2017 contro i 25.856 in tutto il 2016), fenomeno che spesso cela un meccanismo volto a favorire l'immigrazione clandestina;
   suscita forte preoccupazione una iniziativa che potrebbe comportare gravi pregiudizi alla sicurezza nazionale se non adeguatamente monitorata –:
   se il Ministro sia stato preventivamente informato dell'iniziativa annunciata pochi giorni fa da Airbnb ed eventualmente, quale interlocuzione abbia avuto e stia avendo con la multinazionale californiana e/o i suoi partner al fine di verificare che l'iniziativa citata riguardi solo ed esclusivamente persone a cui sia stato effettivamente conferito lo status di rifugiato dalle preposte autorità nazionali. (3-03147)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RUBINATO, ROTTA e CASELLATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 8, comma 1, lettera a-bis), del decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 aprile 2017, n. 46 (cosiddetto «decreto Minniti»), ha novellato il decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, introducendo un nuovo articolo 5-bis, secondo il quale il richiedente protezione internazionale ospitato nei centri di cui agli articoli 9, 11 e 14, del medesimo decreto legislativo n. 142 del 2015 sia iscritto nell'anagrafe della popolazione residente ai sensi dell'articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223;
   tale disposizione consente dunque anche al richiedente protezione internazionale, in attesa di audizione presso la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, o in pendenza di un eventuale ricorso giurisdizionale, di essere nel frattempo iscritto nell'anagrafe della popolazione residente;
   il permesso di soggiorno costituisce dunque il solo prerequisito sufficiente all'iscrizione nelle liste anagrafiche, ma in mancanza di un passaporto o di un documento d'identità del Paese di origine, risulta spesso difficile attestare la reale identità dei soggetti, tanto che le stesse questure appongono in alcuni documenti, ad uso interno, la dicitura testuale «esatte generalità sconosciute», essendo il riconoscimento dei richiedenti asilo solo convenzionale;
   tale situazione appare particolarmente delicata, a fronte delle attuali dimensioni dell'ondata migratoria in atto, che solleva fondate perplessità in merito all'adeguatezza del rilascio della carta d'identità a favore di persone il cui status di protezione internazionale non sia stato ancora riconosciuto;
   qualora infatti venisse successivamente negato il riconoscimento della protezione (che statisticamente avviene in due casi su tre), diverrebbe pressoché impossibile controllare l'effettivo utilizzo del suddetto documento d'identità, la cui validità è prevista per la durata di dieci anni, che dunque potrebbe continuare ad essere esibito per le più varie esigenze negli uffici pubblici e privati –:
   se il Governo non ritenga opportuna, per quanto di competenza, l'adozione di iniziative volte a prevedere il rilascio in una prima fase di una carta di identità di durata inferiore rispetto al termine decennale ordinario, così come già previsto nel nostro ordinamento per le carte d'identità ed i passaporti per i minori, al fine di verificare, alla scadenza del documento, l'effettiva situazione del richiedente protezione internazionale;
   in alternativa, se il Governo non ritenga opportuno, per quanto di competenza, l'adozione di iniziative volte a prevedere il rilascio, in luogo della carta d'identità, di un documento ad hoc — una sorta di «certificato di identità personale con fotografia», in analogia ai certificati previsti dalla circolare 14 marzo 1995 (Miacel), emessi per prassi dalle anagrafi comunali, ad esempio, su richiesta delle istituzioni scolastiche al fine dell'iscrizione di minori nelle scuole – valido nella fase in cui si svolge la procedura di riconoscimento della protezione, al fine di rilasciare ai richiedenti la protezione internazionale un documento più adeguato alla situazione in cui si trovano. (5-11773)


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con la legge n. 44 del 1999 «Disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura», all'articolo 19, è stato istituito il cosiddetto «Comitato di solidarietà per le vittime dell'estorsione e dell'usura», organismo che ha il compito di esaminare e deliberare sulle istanze di accesso ai finanziamenti del fondo di solidarietà. Tale comitato è formato da: un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico e uno del Ministero dell'economia e delle finanze, tre membri del Cnel, designati ogni due anni in modo da assicurare la presenza, a rotazione, delle diverse categorie economiche; tre membri delle associazioni antiracket e antiusura, anch'essi in carica per due anni; un rappresentante della Consap senza diritto di voto. I nominativi dei membri attualmente insediati e di quelli che li hanno preceduti non risultano, tuttavia, pubblicati sul portale del Ministero dell'interno;
   nell'ambito dell'associazionismo antiracket sono state accertate delle truffe aggravate finalizzate ad ottenere i finanziamenti destinati alle vittime del racket e dell'usura, assegnati dall'ufficio del commissario straordinario antiracket istituito presso il Ministero dell'interno. I reati contestati – commessi con l'ausilio di amministratori pubblici, imprenditori, nonché figure professionali come avvocati, commercialisti, esperti del settore bancario – sono: truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, concussione, corruzione e falso;
   come si apprende da un articolo del Fatto Quotidiano del 12 maggio 2017 intitolato «Antiracket, arrestata presidente di associazione Salento: “Truffa sui fondi”. Indagato l'assessore al Bilancio di Lecce», da un'associazione costituita con l'unico obiettivo di incassare i finanziamenti pubblici sono state messe in atto una serie di condotte con l'obiettivo di accedere attraverso una frode ai finanziamenti, in grave danno del bilancio statale e dell'Unione europea;
   si ritiene assurdo che vengano elargiti fondi pubblici impropriamente ed in assenza di efficaci controlli, preventivi e successivi, sull'operatività delle strutture che vi accedono. Ciò ha permesso addirittura l'elargizione, nel tempo, di fondi pubblici ad associazioni di fatto non operative per la tutela delle vittime dell'estorsione e dell'usura –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro sui fatti in premessa;
   se e quali controlli vengano effettuati sull'utilizzo dei fondi in questione e sulle associazioni che ne hanno accesso;
   quali siano i nominativi di coloro che hanno fatto parte Comitato di solidarietà per le vittime dell'estorsione e dell'usura e di coloro che attualmente lo compongono e quali iniziative intenda adottare per accertare eventuali responsabilità di tali soggetti sul riconoscimento e sull'utilizzo in violazione della legge delle risorse del fondo;
   se sia disponibile un elenco di tutti coloro che hanno beneficiato delle risorse del fondo e con quali criteri e controlli si sia proceduto all'elargizione dei finanziamenti. (5-11775)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PASTORELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il 16 giugno 2017 il sindacato autonomo dei vigili del fuoco (Conapo) ha indirizzato una lettera urgente alle maggiori autorità dello Stato, della protezione civile e dell'ordine e della sicurezza pubblica, per denunciare la critica situazione in cui versa la base elicotteri di Rieti, dell'ex Corpo forestale dello Stato, per la parte di competenza dei vigili del fuoco, riscontrata dal segretario generale del sindacato durante una sua visita di controllo, del 15 giugno 2017;
   la criticità nasce a seguito dell'approvazione del decreto legislativo n. 177 del 2016, che di fatto dal 1o gennaio 2017 ha smobilitato il Corpo forestale accorpandolo in parte nell'Arma dei carabinieri in parte al Corpo dei vigili del fuoco;
   la situazione riscontrata durante la visita è apparsa immediatamente problematica anche a causa dell'assenza totale di elicotteri e mezzi dei vigili del fuoco nonostante due dei quattro hangar, dovessero essere già da tempo assegnati ed allestiti, con mezzi e personale, per il normale funzionamento dei compiti istituzionali che devono garantire i vigili del fuoco, durante il periodo estivo. A tutt'ora si è sprovvisti di tutto;
   nel recente provvedimento indirizzato alle regioni, «Attività antincendio boschivo per la stagione estiva 2017. Raccomandazioni per un efficace contrasto agli incendi boschivi, di interfaccia ed ai rischi conseguenti», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 135, che di fatto dà l'avvio alla campagna Aib 2017 – attività antincendio boschivo – dal 15 giugno al 30 settembre, sono state date precise indicazioni a tutti gli operatori istituzionali nel fronteggiare l'emergenza incendi;
   già dai primi mesi del 2017, l'Italia è stata costantemente interessata da numerosi incendi diffusi provocati sia dal deficit idrico, sia dalle alte temperature registrate. Ciò ha già determinato un'intensificazione degli interventi rispetto al recente passato, e pertanto la raccomandata indicazione di fronteggiare il problema in maniera sinergica fra tutte le componenti e strutture operative sul territorio è opportuna e necessaria per ottenere evitare eventi catastrofici;
   tra l'altro, la riforma di cui al decreto legislativo n. 177 del 2016 obbliga le regioni ad organizzare i propri sistemi territoriali per fronteggiare gli incendi boschivi, in termini di risorse umane e di mezzi terrestri ed aerei, nell'ottica della maggior efficienza possibile al fine di garantire adeguati livelli di risposta, specialmente in quei contesti nei quali esisteva un collaudato rapporto di collaborazione con il preesistente Corpo forestale dello Stato;
   il Lazio, purtroppo, è una delle regioni con il maggior numero di incendi registrati negli ultimi anni ed è, anche per questo, inaccettabile l'inoperatività della base elicotteri di Rieti;
   la base elicotteri di Rieti rappresenta un esempio drammatico di ciò che avviene per molti ex forestali confluiti nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco: di fatto inutilizzati in attesa di collocazioni future;
   i recenti dati della sala operativa unificata permanente della regione Lazio, rinforzata durante il periodo estivo dal personale dei vigili del fuoco e dall'ex personale del Corpo forestale dello Stato, delineano un quadro preoccupante: circa 800 chiamate al giorno. Il 7 luglio 2017 sono già stati 25 gli interventi di spegnimento –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della critica situazione in cui versa la base elicotteri di Rieti dell'ex Corpo forestale dello Stato, per la parte di competenza dei vigili del fuoco, e quali iniziative di competenza intendano adottare al fine di contribuire operativamente alla campagna Aib 2017, che mai come quest'anno si prevede difficile e problematica, anche a causa dell'emergenza idrica già dichiarata dalla regione Lazio;
   quali iniziative intendano adottare per rendere pienamente operativi, con mezzi e personale, i due hangar della base elicotteri di Rieti ex Corpo forestale dello Stato. (4-17219)


   CATANOSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 29 giugno 2017, l'interrogante si trovava in compagnia della coniuge ad Acireale in Piazza Alfio Grassi subito dopo le 20,30;
   provenienti dalla finestra di un appartamento di una palazzina prospiciente a Piazza Alfio Grassi, si sono sentite evidenti grida d'aiuto di una donna che, in seguito, è stato accertato era stata aggredita da un uomo nel suo appartamento;
   dal cellulare della propria coniuge, alle ore 20,44, l'interrogante ha provato a chiedere l'intervento delle forze dell'ordine;
   la prima telefonata, al 112, è durata un minuto e non si è riusciti a parlare con nessun operatore. Alla seconda telefonata, al 113, solo dopo ben 4 minuti di attesa si è avuta una risposta ed un riscontro;
   a giudizio dell'interrogante un servizio efficace ed efficiente di emergenza e soccorso pubblico mal si concilia con tali ed ingiustificati tempi di attesa: quasi dieci minuti prima di poter parlare con un operatore –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-17220)


   MANNINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 11 giugno 2017 – ai sensi di quanto disposto dal decreto del Ministro dell'interno del 29 marzo 2017, di indizione delle elezioni amministrative 2017 – si sono svolte le consultazioni per l'elezione diretta dei sindaci e dei consigli comunali nonché per l'elezione dei consigli circoscrizionali;
   per quanto concerne i dati relativi alle amministrative di Palermo si evidenzia che hanno votato 293.585 cittadini, pari al 52,6 per cento degli aventi diritto; il sindaco uscente, Leoluca Orlando – con 125.913 preferenze, pari al 46,28 per cento dei voti validi – si è riconfermato, al primo turno, alla guida dell'amministrazione della città di Palermo;
   dall'analisi dei risultati elettorali, tuttavia, emerge un dato piuttosto significativo in ordine alla percentuale, più che elevata, di schede nulle: ben 16.192, pari al 5,52 per cento del totale dei voti espressi, ovvero equivalenti a quelli di una lista che ha superato il quorum del 5 per cento (alle quali debbono essere aggiunte anche le 5.042 schede bianche, rappresentanti l'1,72 per cento del totale);
   il dato di Palermo inerente alle schede nulle — in gran parte non contestate in quanto non tutte le liste avevano rappresentanti di lista in ogni sezione — risulta, peraltro, ancor più macroscopico se paragonato a quello che si è registrato nelle altre città italiane in cui si è votato, nelle quali la mole dei voti nulli è di gran lunga inferiore;
   oltre alla rilevante percentuale di schede nulle conteggiate nella città di Palermo – come già sottolineato, grandemente al di sopra della media nazionale – emergono, altresì, ulteriori anomalie come, per esempio, quella inerente alla eccessiva lungaggine delle operazioni di spoglio (con uno scrutinio che è andato avanti per 48 ore consecutive ed, in alcuni casi, per 72 ore), quella riguardante l'improvvisa sostituzione di oltre 300 presidenti di seggio (sui 600 presenti a Palermo), quella legata alla sparizione e/o alla mancata o incompleta compilazione dei verbali (spesso privi, altresì, del timbro della sezione, della firma del presidente del seggio e delle firme degli scrutatori), quella connessa all'esistenza di una presunta, e non ben definita, «documentazione integrativa» attualmente non prevista da alcuna disposizione di legge in materia elettorale o, ancora, quella relativa alla presenza di liste nelle quali i voti di lista risultano maggiori dei voti di preferenza;
   evidentemente, tale ultimo fatto è di per sé possibile, ma, tuttavia, può apparire atipico ed inconsueto – quanto improbabile – nel caso di elezioni comunali, spesso caratterizzate da voti espressi a favore della persona e non della lista;
   ad avviso dell'interrogante, le summenzionate circostanze hanno determinato un non regolare andamento delle consultazioni e si sono, conseguentemente, dimostrate idonee ad incidere, anche in maniera decisiva, sui risultati della tornata elettorale de quo nonché sui ritardi nella proclamazione del consiglio comunale e di buona parte del Consiglio comunale e di buona parte dei consiglio di circoscrizione –:
   di quali elementi disponga il Governo in ordine a quanto esposto in premessa e se non ritenga opportuno adottare iniziative, anche normative, per chiarire la valenza giuridica della sopra citata «documentazione integrativa» al fine di verificarne l'eventuale conformità rispetto alle vigenti disposizioni di legge in materia elettorale. (4-17229)


   RAMPI e FIANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nelle giornate del 2 e 3 luglio 2017 diversi organi di stampa, tra questi in particolare il Giornale, davano notizia della nascita e del programma di un partito anti-islamizzazione (P.A.I.);
   si tratta solo dell'ultimo e forse del più esplicito di una serie di atti politici di matrice islamofobica e xenofobica che fomentano l'odio da parte di diverse parti politiche, cui spesso fanno eco commenti sulla rete e sui social network che inneggiano alla eliminazione di tutti gli islamici;
   a queste parole seguono ormai da tempo azioni non più occasionali di vera e propria violenza, come accaduto recentemente a un cittadino bengalese percosso, atti di oltraggio al corano, alle pratiche islamiche, il tutto volto a creare un pericoloso e crescente clima di odio –:
   quali iniziative di competenza abbia intrapreso e intenda intraprendere il Governo per arginare ed ovviare a questo clima e per contrastare il diffondersi di movimenti e associazioni di matrice xenofoba e islamofoba nel pieno rispetto di quanto previsto dalla legge «Mancino». (4-17232)


   ALBINI, CIMBRO, RICCIATTI, MOGNATO, MARTELLI e FOSSATI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   così come appreso da alcuni quotidiani locali e da talune pagine di social network visibili a tutti, i membri del circolo di estrema destra Etruria 14 hanno organizzato in data 24 giugno nella sede di via Strozzi 8 a Prato, un dibattito sul tema «Waffen SS, la grande sconosciuta», da una pubblicazione di Leon Degrelle, e l'operazione è stata presentata come una «interessante giornata di cultura»;
   a detta degli stessi organizzatori, che hanno diffusamente illustrato la loro iniziativa sulla pagina Facebook dedicata: «parleremo della grande sconosciuta Waffen SS. Saranno mostrati documenti in merito e verranno fatti tanti interventi volti a spiegare questa famosa divisione che ha tanto destato curiosità e scalpore nel mondo degli storici. A seguire verrà fatta un'apericena solidale di raccolta fondi per i camerati reclusi.»;
   nel 2017, settantadue anni dopo la fine della seconda guerra mondiale e dopo migliaia di libri di storia che l'hanno raccontata, c’è ancora chi decide di celebrare le imprese delle SS Naziste, organizzando un'iniziativa revisionista di stampo filonazista, dimenticando che la Waffen SS, una delle divisioni dell'esercito nazista, si è macchiata dei peggiori crimini contro popolazioni civili, responsabile fra gli altri reati anche degli eccidi di Sant'Anna di Stazzema e del padule di Fucecchio, e di almeno 4.414 omicidi in ben 809 episodi diversi solo in Toscana;
   oltre a rappresentare un oltraggio alla Memoria delle vittime delle stragi nazi-fasciste ed essere in contrasto con i principi sanciti dalla Costituzione della Repubblica italiana, il carattere di questa iniziativa andrebbe valutato alla luce delle leggi «Scelba» e «Mancino» e, nonostante più volte siano state segnalate l'intolleranza e l'istigazione all'odio razziale propagandate da questa organizzazione neonazista durante manifestazioni e presidi, nulla è mai stato fatto; in più occasioni i membri dell'associazione hanno così diffuso sui social network immagini e video dove si notano simboli e slogan legati alla dittatura fascista;
   tale materiale, che circola liberamente e inopinatamente sul web, rappresenta un pericolo soprattutto per chi è influenzabile, per i ragazzi più giovani, considerando la forma di proselitismo che questa organizzazione porta avanti mediante il tesseramento, e tenuto conto dell'anomalia di un'associazione regolarmente registrata ma, secondo gli interroganti, in contrasto con i princìpi della Costituzione;
   a fronte dell'ennesima riprova della pericolosità di certe derive, per garantire una convivenza plurale e pacifica, onorando la memoria della città di Prato – medaglia d'Argento al valor militare per la Resistenza – e operare per una maggiore coesione sociale, lontana da slogan xenofobi e discriminatori e dalla retorica di chi esalta simili carnefici, sarebbe da prendere in considerazione la possibilità di una modifica al regolamento delle autorizzazioni per la concessione di spazi pubblici nel territorio di Prato, da molte associazioni, sigle sindacali e realtà del volontariato –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto e quali iniziative di competenza il Ministro ritenga di intraprendere per evitare il diffondersi di associazioni, come quella di cui in premessa, che offendono la memoria delle vittime delle stragi nazi-fasciste e che si pongono in contrasto con i princìpi sanciti dalla Costituzione della Repubblica italiana;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per impedire che la città di Prato e le zone circostanti divengano luogo fertile per l'insediamento di realtà di ispirazione neofascista, xenofoba e razzista;
   se non ritenga urgente attivarsi, per quanto di competenza, affinché vengano rimosse in tempi brevi da Facebook le pagine pubbliche presenti apologetiche del fascismo, razziste e xenofobe;
   quali strumenti e iniziative di competenza intenda mettere in atto affinché il codice di condotta dell'Unione europea, concordato con i principali social network, venga applicato anche in Italia nel pieno rispetto della legislazione nazionale e le società aderenti collaborino attivamente con le autorità del nostro Paese;
   se non intenda assumere iniziative per la creazione di un Osservatorio permanente esclusivo in materia presso il Ministero dell'interno affinché l'attività di monitoraggio e di rimozione dei contenuti lesivi su internet possa diventare più efficace e incisiva e vengano adottate tutte le misure necessarie stabilite dalla decisione quadro 2008/913/GAI. (4-17235)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, MELILLA, NICCHI, BOSSA, SCOTTO, ZARATTI, PIRAS, QUARANTA, D'ATTORRE, DURANTI, SANNICANDRO e CARLO GALLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nella circolare ministeriale di maggio 2017 relativa, tra l'altro, alla distribuzione dell'organico docente nelle scuole situate nell'area del cratere sismico è prevista una deroga alle disposizioni generali che consente di mantenere nei comuni colpiti dagli eventi sismici – per l'80 per cento nella regione Marche – le classi anche con parametri inferiori a quelli previsti dalla normativa vigente e di attivare ulteriori classi nei comuni che accolgono studenti dalle zone terremotate;
   da fonti di stampa si apprende che l'ufficio scolastico della regione Marche ha ritenuto di non derogare ai criteri previsti dalla normativa, come consentito dalla circolare ministeriale citata, in assenza di una fonte normativa primaria;
   senza tale provvedimento sarebbero a rischio numerosi classi situate nell'area del cratere che rischiano la cancellazione, in quanto non raggiungono i parametri previsti dalla normativa vigente;
   tali cancellazioni creerebbero ulteriori significativi disagi alle tante famiglie colpite dagli eventi sismici dello scorso anno, che sarebbero costrette a nuovi spostamenti o a lunghi tragitti per consentire ai propri figli di frequentare le scuole;
   il presidente di Anci Marche ha reso noto che «il Governo è al lavoro per scongiurare la riduzione dell'organico di diritto per la diminuzione del numero di iscrizioni degli alunni» –:
   se il Ministro interrogato non intenda chiarire tempi e modalità dell'iniziativa normativa sulla questione illustrata in premessa. (5-11770)

Interrogazione a risposta scritta:


   CAPEZZONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'università telematica privata Uniecampus, istituita con decreto ministeriale 30 gennaio 2006, ha sede operativa a Novedrate (Como) e altre dieci sedi decentrate per esami a Padova, Torino, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Reggio Calabria, Cagliari, Catania e Palermo;
   l'ateneo ha istituito 5 facoltà (ingegneria, giurisprudenza, economia, psicologia, lettere e filosofia), 22 corsi di laurea, master di I e II livello;
   dall'anno accademico 2016-2017 è stato adottato un nuovo regolamento per lo svolgimento degli esami di profitto. In particolare, la prova d'esame consta di una prova scritta e di una prova orale eventuale; con esclusivo riferimento alle sessioni d'esame svolte presso le sedi di Novedrate e di Roma, è facoltà dello studente scegliere di sostenere la prova d'esame in modalità scritta, con orale eventuale, ovvero sostenere esclusivamente la prova in modalità orale;
   la prova scritta si compone di 28 domande a risposta chiusa e 2 domande a risposta aperta o a risposta sintetica e/o di esercizi. Le domande a risposta chiusa presenteranno allo studente quattro alternative, una sola delle quali corretta; la risposta corretta vale un punto, la risposta assente o sbagliata vale zero punti, mentre le domande a risposta aperta valgono da 0 a 2 punti, dove zero è la risposta errata o assente e 2 è la risposta esaustiva e completa;
   per quanto a conoscenza dell'interrogante, capita di sovente che gli esaminandi evitino di misurarsi con le domande aperte (lasciando in bianco il relativo spazio nel questionario), anche quando esse riguardano argomenti il cui corretto sviluppo è in grado di dare prova della effettiva preparazione e conoscenza della materia;
   lo studente che ha conseguito una valutazione pari o superiore a 18/30 può decidere di non sostenere l'ulteriore prova orale, accettando la valutazione conseguita;
   ogni titolare di cattedra è tenuto a predisporre e a mettere a disposizione degli studenti che devono sostenere l'esame, un «paniere» in cui siano contenute alcune centinaia di domande riguardanti la materia, con l'indicazione di quattro possibili risposte di cui solo una è corretta;
   attingendo da tale paniere i docenti sono tenuti a predisporre i questionari di esame (28 domande «chiuse» e 2 «aperte»), utilizzando le stesse domande o versioni più o meno modificate delle stesse, già note agli studenti. Tale procedura rischia, inevitabilmente, di spingere gli studenti a prepararsi elusivamente sui contenuti del «paniere», trascurando lo studio dei manuali di testo e delle slide predisposte per le lezioni. Inoltre, la predisposizione anticipata dei possibili quesiti può dare luogo ad una diffusione delle risposte corrette, in particolare tramite i social media;
   proprio per la tipologia di ateneo, gli esaminandi in ogni sessione d'esame sono in generale in numero limitato e quasi tutti scelgono, per evidenti motivi, l'esame esclusivamente scritto –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritenga di promuovere le verifiche di competenza in ordine all'offerta didattica e all'idoneità della metodologia a garantire un'adeguata preparazione di chi frequenta i corsi. (4-17227)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   D'INCECCO e VENITTELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il regolamento (UE) n. 508 del 15 maggio 2014, in caso di arresto definitivo delle attività di pesca, prevede compensazioni socio-economiche per i proprietari dei pescherecci e per i pescatori dipendenti, ma non per il personale amministrativo;
   l'articolo 34, comma 2, infatti, dispone che «il sostegno (...) è concesso:
    a) ai proprietari di pescherecci dell'Unione registrati come attivi e che hanno svolto attività di pesca in mare per almeno 90 giorni all'anno nel corso degli ultimi due anni civili precedenti la data di presentazione della domanda di sostegno;
    b) ai pescatori che hanno lavorato in mare a bordo di un peschereccio dell'Unione interessato dall'arresto definitivo per almeno 90 giorni all'anno nel corso dei due anni civili precedenti la data di presentazione della domanda di sostegno»;
   anche nel programma fondo-europeo per gli affari marittimi e la pesca 2014-2020 si prevedono compensazioni per i proprietari di pescherecci e per i pescatori dipendenti, mentre per i lavoratori amministrativi di aziende con imbarcazioni demolite non sono previsti sostegni di natura economica, né forme di ricollocamento nel mondo del lavoro;
   i dipendenti amministrativi, che in diversi casi hanno più di cinquant'anni e una famiglia e dei figli da mantenere, si ritrovano senza lavoro e senza alcun tipo di tutela –:
   se il Governo intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per il ricollocamento lavorativo dei dipendenti amministrativi delle aziende di pesca;
   se sussistano i presupposti per assumere iniziative volte a favorire l'aggregazione temporanea sino alla età pensionabile dei suddetti lavoratori presso enti pubblici o presso società partecipate o enti vigilati dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. (3-03145)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARTELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 50 del 2017 all'articolo 54-bis reca norme in materia di lavoro occasionale. Il comma 11 di detto articolo recita testualmente «Ciascun Libretto Famiglia contiene titoli di pagamento, il cui valore nominale è fissato in 10 euro, utilizzabili per compensare prestazioni di durata non superiori ad un'ora. Per ciascun titolo di pagamento erogato sono interamente a carico dell'utilizzatore la contribuzione alla Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, stabilita nella misura di 1,65 euro, e il premio dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, stabilito nella misura di 0,25 euro; un importo di 0,10 euro è destinato al finanziamento degli oneri gestionali»;
   la lettera della norma è chiara e non lascia spazio a dubbi o a interpretazioni in merito alla volontà perseguita dal legislatore sul fatto che il compenso orario del lavoro occasionale pagato con il Libretto Famiglia consista per il prestatore in euro 10 netti;
   a puro titolo di esempio e a ulteriore rafforzamento di tale interpretazione, che risulta per l'interrogante univoca, si cita un passaggio del documento redatto il 16 giugno 2017 dall'Ufficio parlamentare di bilancio sulla nuova normativa in tema di lavoro occasionale. La nota n. 4, riportata a pagina 4 del documento, recita «Nella normativa preesistente il valore netto del singolo voucher era più basso (7,5 euro contro gli attuali 10)...»;
   nella circolare dell'Inps n. 107 del 5 luglio 2017 relativa alla normativa sul lavoro occasionale di cui all'articolo 54-bis, del decreto-legge n. 50 del 2017, al paragrafo 5.1 è così riportato: «Il Libretto Famiglia è composto da titoli di pagamento, il cui valore nominale è fissato in 10 euro, utilizzabili per compensare prestazioni di durata non superiore ad un'ora. Il valore nominale di 10 euro è così suddiviso: euro 8 per il compenso del prestatore; euro 1,65 per la contribuzione ivs alla Gestione Separata INPS; euro 0,25 per il premio assicurativo INAIL; 0,10 per il finanziamento egli oneri della prestazione di lavoro occasionale e dell'erogazione del compenso al prestatore»;
   è evidente che l'interpretazione fornita dall'Inps non solo appare all'interrogante errata, ma si porrebbe in aperto contrasto con la norma recata al comma 11 dell'articolo 54-bis, producendo come conseguenza la riduzione di due euro del compenso minimo orario previsto per il lavoratore occasionale;
   l'errore si configura come estremamente grave in considerazione del fatto che è proprio l'Inps il soggetto deputato a gestire materialmente i nuovi rapporti di lavoro occasionale –:
   quali iniziative intenda adottare con urgenza il Ministro interrogato in merito alla vicenda riportata in premessa, al fine di evitare una possibile errata applicazione di una norma di legge e di evitare ingiustificate riduzioni del compenso previsto per i prestatori di lavoro occasionale retribuiti tramite il libretto famiglia. (5-11776)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALMIZIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da tempi non sospetti Federfarma ha intrapreso una battaglia contro l'aumento della distribuzione diretta in ospedale che sta minando l'efficienza del sistema farmaceutico della città di Ferrara, dove si registra la maggiore distribuzione diretta di farmaci e la spesa farmaceutica più alta di tutta l'Emilia Romagna;
   la città estense, infatti, registra il massimo disservizio e il massimo costo per gli utenti che subiscono disagi sia in termini di mobilità (dovendo recarsi ogni volta all'ospedale per prendere i farmaci), sia in termini economici;
   la prassi oramai vuole che si prediliga la distribuzione diretta in ospedale dei farmaci piuttosto che l'erogazione di farmaci, acquistati dall'Asl, da parte delle farmacie convenzionate;
   il paradosso (oggetto anche di proteste e scioperi nei mesi scorsi) è che, con questo sistema, le farmacie si ritrovino senza disponibilità di farmaci e si rischia che venga a mancare il ruolo stesso della farmacia nel sistema sanitario nazionale. Inoltre, si costringe il cittadino (anche nelle fasce più deboli della popolazione) a ritirare i farmaci nelle farmacie ospedaliere, spesso lontane e con orari ridotti;
   non sono casi isolati quelli in cui presso la farmacia ospedaliera non viene consegnato il piano terapeutico al paziente, obbligandolo a fare ritorno presso la medesima struttura per il ritiro di ulteriori medicinali;
   il PHT (prontuario della distribuzione diretta) nasce dall'esigenza di adeguamento delle strategie assistenziali ai processi di trasformazione della sanità, ma non ha l'intento di destrutturare il sistema distributivo intermedio e finale;
   quanto sopra esposto determina gravi danni per le farmacie convenzionate, soprattutto se trattasi di esercizi rurali;
   quando la distribuzione diretta è stata presumibilmente svolta con le modalità sopra esposte, non allineate alla normativa di cui all'articolo 8 della legge 405 del 2001 nonché all'accordo regionale del 1o febbraio 2007 (e successive modifiche), le farmacie convenzionate del territorio ferrarese hanno (di fatto) subito ingenti danni economici valutabili con una perdita (media) annua del fatturato pari ad euro 30.000 circa per ciascun esercizio farmaceutico (i farmacisti ad oggi interessati sono esattamente 111);
   vero è che il nesso di casualità è tutto da dimostrare, ma ad ogni modo Federfarma Ferrara già da tempo si è azionata in tal senso  –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti enunciati in premessa e se non intenda adottare al più presto le opportune iniziative di competenza affinché si possa definire un percorso ben preciso per mettere in atto una coesistenza rispettosa e funzionale delle due modalità di erogazione dei farmaci, «diretta» nelle farmacie ospedaliere e, «per conto» attraverso le farmacie convenzionate. (4-17216)


   ZACCAGNINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 giugno 2017 il Codacons annuncia «una denuncia in Procura contro il ministero della Salute per il numero verde 1500 sui vaccini». Lo afferma in una nota l'Associazione, che «ha registrato infatti alcune telefonate dove gli operatori del numero verde negavano in modo categorico l'esistenza di reazioni avverse ai vaccini e possibili malattie o effetti negativi per la salute legati alle vaccinazioni, in totale contrasto con quanto affermato dall'Oms, dai più importanti enti sanitari, dai tribunali italiani, dalla Corte di Giustizia Ue e dagli stessi bugiardini dei farmaci vaccinali», come diffuso da più organi di stampa e tv; il precedente è la sentenza emessa dalla la Corte di giustizia dell'Unione europea, come descritto in data 21 giugno 2017 dal quotidiano « l'Avvenire»: «Non è sempre necessaria la prova scientifica per fare causa a una società farmaceutica per effetti negativi di un vaccino. Sarà certamente una sentenza che farà discutere quella che ha emesso ieri la Corte di giustizia dell'Unione Europea, che ha dato ragione ai familiari di un francese. All'uomo era stato somministrato, tra la fine del 1998 e la metà del 1999, un vaccino contro l'epatite B, prodotto dalla Sanofi Pasteur. Nell'agosto del 1999, l'uomo ha cominciato a manifestare vari disturbi che hanno portato, nel novembre del 2000, alla diagnosi di sclerosi multipla. [...] Alla Corte Ue si è rivolta la Corte di Cassazione, facendo riferimento al fatto che l'uomo, prima del vaccino, era in perfette condizioni di salute, né vi erano precedenti familiari. Sullo sfondo, una direttiva Ue sulla responsabilità per danno da prodotto difettosi, che prevede che stia al danneggiato provare il danno. La risposta della Corte è che si può “concludere che sussistono un difetto del vaccino e un nesso di causalità tra quest'ultimo e una malattia sulla base di un complesso di indizi gravi, precisi e concordanti”, anche in assenza di prove scientifiche. “La Corte rileva che la prossimità temporale tra la somministrazione di un vaccino e l'insorgenza di una malattia, la mancanza di precedenti medici personali e familiari correlati a detta malattia” possa portare a dire che il danneggiato ha assolto all'obbligo di prova. La logica è chiara: “escludere qualunque modalità di prova diversa dalla prova certa tratta dalla ricerca medica – dice la Corte – avrebbe l'effetto di rendere eccessivamente difficile o, quando la ricerca medica non permette di stabilire né di escludere l'esistenza di un nesso di causalità, addirittura impossibile far valere la responsabilità del produttore”»;
   sul nesso di causalità tra vaccini e malattie, il Codacons ha aggiunto: «La Corte di Giustizia Ue, che ha certificato il possibile nesso di causalità tra vaccini e malattie, conferma in modo definitivo quanto il Codacons denuncia ormai da mesi e in ogni sede possibile, comprese le aule di giustizia dove poche settimane fa l'associazione, dinanzi la Corte d'Appello di Milano, ha ottenuto la condanna definitiva del ministero della Salute in favore di una famiglia danneggiata dalle vaccinazioni» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa e quali iniziative intenda intraprendere al riguardo; in particolare se, alla luce di quanto esposto dal Codacons, non ritenga di dover assumere iniziative per operare gli opportuni controlli circa il corretto funzionamento del numero verde sui vaccini;
   se il Ministro alla luce delle sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea e della corte d'appello di Milano, così come richiamate in premessa, non reputi necessario un approfondimento scientifico riguardo ai nessi di causalità. (4-17223)


   ZACCAGNINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   come diffuso da più organi di stampa e tv in data 22 giugno 2017 è veicolata la triste notizia del bambino di 6 anni morto all'ospedale di Monza «Non ce l'ha fatta il bimbo ricoverato in rianimazione al San Gerardo di Monza per le complicanze del morbillo». Lo ha detto l'assessore al welfare di regione Lombardia Giulio Gallera. «La storia di questo piccolo affetto da leucemia è l'esempio di come la cosiddetta “immunità di gregge” sia fondamentale per la protezione di coloro che, per la loro malattia o per lo stato di trattamento in cui si trovano, non sono protetti, anche quando fossero vaccinati dal morbillo così come da altre malattie infettive»;
   anche la Ministra Lorenzin in data 23 giugno 2017 in una nota diffusa dall'agenzia stampa Ansa ribadiva: «“Siamo dentro una epidemia di morbillo, bambini e adulti non vaccinati rischiano. Bambini fragili come quello di Monza, che stava guarendo dalla leucemia, che avremmo salvato dalla leucemia, è morto per il morbillo.”. È importante che il decreto-legge in materia di vaccini non venga svuotato di valore scientifico, poi siamo aperti a modifiche, per esempio l'istituzione dell'anagrafe nazionale vaccinale, tanto che abbiamo già approvato le risorse per finanziarla» così come in data 23 giugno Gabriella Giammanco, deputato di Forza Italia, ospite a Tagadà su La7 dichiarava: «Se il bambino morto ieri di morbillo, affetto da leucemia quindi immunodepresso e non vaccinabile, fosse stato circondato da bambini vaccinati oggi sarebbe ancora vivo»;
   anche Luciano Pinto, del direttivo SIPPS, Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale commentava la notizia: «La morte per morbillo di un bimbo affetto da Leucemia, contagiato dai fratelli non vaccinati per scelta dei propri genitori, è un tristissimo episodio che merita una riflessione»;
   l'agenzia stampa Adnkronos in data 23 giugno 2017 diffondeva la seguente notizia: «Non è vero, i fratellini non c'entrano nulla con il morbillo» che ha ucciso il bimbo di 6 anni malato di leucemia, ricoverato da mesi al San Gerardo di Monza per complicanze legate alla malattia esantematica che alla fine lo hanno stroncato. È netto, e non nasconde il suo dolore per quanto ha letto sui giornali il dottor Andrea Biondi, primario della clinica pediatrica al San Gerardo di Monza, che ha assistito il bimbo. «Siamo sicuri di questo, perché i fratellini hanno avuto il morbillo in un momento successivo, dunque la conclusione cui sono arrivati alcuni media è infondata.[...]» –:
   se il Governo non reputi opportuno, alla luce di questa triste vicenda, assumere iniziative di competenza per veicolare informazioni veritiere svincolate dal dibattito politico che siano in grado di rispecchiare la realtà, così come nel caso del piccolo deceduto all'ospedale di Monza, dove, all'indomani di più dichiarazioni, è arrivata la smentita del primario del reparto che aveva in cura il bambino circa il contagio da parte dei fratellini;
   se il Governo non reputi opportuno assumere iniziative in merito alla questione dei vaccini, per dare corretta ed adeguata informazione sul tema attraverso i media, evitando il rischio di generare incauti allarmismi nella popolazione. (4-17234)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   GIUDITTA PINI, RICHETTI, GHIZZONI, GRIBAUDO e CINZIA MARIA FONTANA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
    la regione Emilia Romagna, con la delibera numero n. 1481 del 19 settembre del 2016, determina di «esprimere, per quanto di propria competenza, l'assenso all'intesa per l'autorizzazione all'esecuzione del rilievo sismico 3D con uso di vibratori meccanici 3D3372/2014 nei Comuni di Formigine, Sassuolo, Fiorano, Castelnuovo Rangone, Modena in provincia di Modena e Rubiera nella provincia di Reggio Emilia nel permesso di ricerca di idrocarburi “Bugia”. Con successiva delibera n. 1482 sempre del 19 settembre, autorizza analogo rilievo sismico 3D nell'area “Fantozza”, che insiste sui territori dei comuni di Guastalla, Novellara, Campagnola, Fabbrico, Reggiolo, Rolo, Rio Saliceto nella provincia di Reggio Emilia, nonché Novi e Carpi in provincia di Modena»;
   tali delibere sono intervenute a seguito della richiesta da parte del Ministero dello sviluppo economico – direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche – (ex divisione II – ufficio territoriale Unmig di Bologna) alla regione Emilia-Romagna di esprimere formale intesa in merito all'istanza di autorizzazione all'esecuzione del rilievo sismico 3D;
   la società Aleanna Resources è stata autorizzata anche sulla base del parere favorevole del responsabile del servizio valutazione impatto e promozione sostenibilità ambientale ad iniziare le attività di sondaggio nel sottosuolo del territorio modenese;
   gli enti locali coinvolti hanno più volte in passato espresso contrarietà all'effettuazione di questi sondaggi per la presenza, nel territorio suddetto, di un delicato equilibrio tra aree protette, città d'arte ed agricoltura di qualità e in considerazione al fatto che l'area di ricerca denominata Fantozza coincide con parte del cratere sismico che ha colpito il modenese e il reggiano nel maggio 2012;
   tale contrarietà è stata manifestata negli ultimi mesi con la nascita di specifici comitati di cittadini contro la ricerca avviata presso l'area «Fantozza» e l'approvazione, da parte dei consigli comunali di Reggiolo, Novellara, Guastalla e Carpi, di appositi ordini del giorno nei quali, oltre ad esprimere preoccupazione per l'azione di ricerca avviata e l'intenzione di esercitare ogni azione possibile per la tutela del territorio, si ribadisce la contrarietà a qualsiasi intervento che possa avere impatto negativo sull'ambiente;
   analoga preoccupazione per azione di ricerca annunciata e autorizzata relativamente alle attività di screening per idrocarburi è stata espressa da parte dei sindaci di Fiorano Modenese, Formigine, Sassuolo e Rubiera, che «ribadiscono la propria contrarietà a qualsiasi progetto e attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e di gas naturale che prevedano impatti ambientali negativi sul territorio»;
   i sindaci sopracitati lamentano l'assenza di qualsiasi comunicazione anche solo per correttezza istituzionale da parte degli enti sovra-ordinati;
   nel caso della Fantozza prese di posizione simili a quella degli enti locali sono state adottate anche dalle associazioni di categoria dei proprietari dei fondi interessati, le prime ad essere contattate dalla società AleAnna Resources dopo lo sblocco dei permessi per la presentazione delle iniziative;
   le zone oggetto dello sblocco da parte della regione risultano essere già estremamente sfruttate, con decine di pozzi autorizzati e messi in produzione;
   a seguito del sisma che ha colpito il territorio modenese nel 2012, vi sono state mobilitazioni locali che hanno portato al blocco dei procedimenti di concessione al fine di indagare maggiormente sugli effetti della presenza di queste attività estrattive –:
   se il Ministro interrogato abbia intenzione di intervenire al fine di interrompere l’iter del procedimento in relazione al quale la regione Emilia-Romagna ha espresso il proprio assenso e, qualora non si volesse intervenire per il blocco dei procedimenti di autorizzazione, come abbia intenzione di agire – nell'ambito delle proprie competenze – in relazione alle esigenze espresse dagli amministratori locali e dalle associazioni di categoria del territorio nel corso di questo procedimento. (4-17217)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza urgente Giuditta Pini n. 2-01873 del 4 luglio 2017.