Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 14 settembre 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    l'istruzione e la formazione svolgono un ruolo determinante e possono contribuire in maniera significativa a promuovere una cittadinanza attiva e responsabile. Oltre ai genitori, alla famiglia, alle comunità locali infatti, la scuola e l'università sono i principali luoghi di socializzazione e di preparazione delle giovani e dei giovani alla vita adulta e all'inserimento nella società e nel mondo del lavoro. Per questo è fondamentale che l'intero sistema di istruzione e formazione trasmetta alle alunne e agli alunni le conoscenze di base e le competenze che li preparino a partecipare attivamente alla vita sociale, politica ed economica del nostro Paese, contribuendo positivamente al suo miglioramento, alla sua evoluzione ed innovazione;

    le cittadine ed i cittadini, nelle definizioni stabilite dal Consiglio d'Europa nell'ambito del suo progetto di educazione per una cittadinanza democratica, sono «persone che coesistono in una società» in riferimento a tutti i contesti, locale, regionale, nazionale e internazionale. La nozione di «cittadinanza responsabile» solleva, pertanto, questioni relative alla consapevolezza e alla conoscenza dei diritti e dei doveri ed è chiaramente legata a valori civici come la democrazia, i diritti umani, l'uguaglianza, la partecipazione, la cooperazione, la coesione sociale, l'equità, la solidarietà, la tolleranza della diversità e la giustizia sociale. La Commissione europea ha anche pubblicato libri bianchi e alcuni studi su questo argomento, che è divenuto un tema prioritario per numerosi Paesi;

    l'educazione alla cittadinanza fa riferimento all'istruzione e formazione scolastiche che hanno come obiettivo quello di dotare le giovani ed i giovani delle competenze, capacità e conoscenze, che consentano loro di contribuire allo sviluppo democratico e pacifico della società nella quale vivono come cittadine e cittadini, responsabili ed attivi e li renda consapevoli delle regole, dei diritti e dei doveri, che fondano la comunità nazionale ed internazionale. Nel vasto campo degli obiettivi si possono distinguere alcuni aspetti chiave dell'educazione alla cittadinanza: la «cultura civica» e «politica», il pensiero critico, specifiche attitudini e valori, la partecipazione attiva;

  nell'ambito dell'educazione alla cittadinanza, lo sviluppo della «cultura civica» – «politica» implica lo studio delle istituzioni sociali, politiche e civiche e dei diritti umani, la preparazione delle giovani e dei giovani all'esercizio dei diritti e dei doveri, come sono definiti nelle costituzioni nazionali, la conoscenza dei principi fondamentali che regolano l'economia, la finanza ed il mercato, la proporzione ed il riconoscimento del patrimonio storico e culturale, la promozione ed il riconoscimento della diversità culturale e linguistica della società. Lo sviluppo di un pensiero critico e di specifiche abitudini e valori si basa sull'acquisizione delle competenze necessarie alla partecipazione attiva alla vita pubblica come cittadine e cittadini responsabili e aperti, sullo sviluppo ed il riconoscimento e del rispetto di sé e degli altri, sull'acquisizione di responsabilità civili, sociali e morali, sul consolidamento dello spirito di solidarietà;

    nella raccomandazione del Consiglio dei ministri CM/Rec (2010)7 del Consiglio d'Europa viene evidenziato che la missione istituzionale del Consiglio d'Europa è promuovere i diritti umani, la democrazia e il ruolo della legge, nella convinzione che l'educazione e la formazione giochino un ruolo centrale;

    la Conferenza mondiale sui diritti umani di Vienna nel 1993 ha invitato gli Stati ad includere nei loro percorsi di studio i diritti umani, la democrazia e il ruolo della legge sia nell'educazione formale che non formale. Nel secondo Summit dei Capi di Stato e dei Governi del Consiglio d'Europa che ha avuto luogo nel 1997 è stata lanciata una iniziativa per l'educazione alla cittadinanza democratica con lo scopo di promuovere la consapevolezza da parte dei cittadini dei loro diritti e delle loro responsabilità in una società democratica. Nel 2002 la raccomandazione Rec (2002) 12 del Comitato dei ministri è ritornata sulla necessità di mettere in atto una educazione per la cittadinanza democratica. Con la raccomandazione 1682 del 2004, l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha invitato a dar vita ad un quadro comune di riferimento, ossia una convenzione europea per la cittadinanza democratica e l'educazione ai diritti umani. Nel 2005 anche le Nazioni Unite hanno adottato il programma mondiale per l'educazione ai diritti umani;

    nel 2010 è stata adottata dal Consiglio d'Europa la Carta sull'educazione democratica e l'educazione ai diritti umani;

    nella Carta l’«Educazione alla cittadinanza democratica» viene definita come «l'educazione, la formazione, aumento di consapevolezza, l'informazione, le pratiche e le attività che mirano, fornendo a coloro che sono in apprendimento di conoscenze, abilità e competenze, sviluppo delle attitudini e dei comportamenti, per renderli capaci di esercitare e difendere i loro diritti e le loro responsabilità democratiche nella società, a dar valore alla diversità e a prendere parte attivamente alla vita democratica, con lo scopo di difendere la democrazia e il ruolo della legge» e «Educazione ai diritti umani» viene definita come «educazione, formazione, aumento di consapevolezza, l'educazione, la formazione, aumento di consapevolezza, l'informazione, le pratiche e le attività che mirano, fornendo ai coloro che sono in apprendimento di conoscenze, abilità e competenze, sviluppo delle attitudini e dei comportamenti, per renderli capaci di contribuire alla costruzione e alla difesa di una cultura universale dei diritti umani nelle società, in vista della promozione e della protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali»;

    nella Carta viene inoltre evidenziata la stretta relazione tra l'educazione alla cittadinanza democratica e l'educazione ai diritti umani, ma anche il fatto che esse si distinguono per focus ed ambito. L'educazione alla cittadinanza democratica verte primariamente sui diritti e le responsabilità democratiche e sulla partecipazione attiva nelle sfere civiche, politiche, sociali, economiche, legali e culturali della società, mentre l'educazione ai diritti umani si occupa della più ampia sfera dei diritti umani e delle libertà democratiche in ogni aspetto della vita delle persone;

    scopo della Carta è fornire ad ogni persona l'opportunità dell'apprendimento dell'educazione alla cittadinanza democratica e ai diritti umani; apprendimento individuato come processo di formazione continua che deve coinvolgere il più ampio numero di stakeholders possibile, compresi i decisori politici, i professioni dell'educazione, le studentesse e gli studenti, i genitori, le istituzioni educative, le autorità educative, i funzionari pubblici, le organizzazioni non-governative, le organizzazioni giovanili, i media e il pubblico in generale. Tutti i mezzi dell'educazione e della formazione, formale, non-formale o informale, hanno una parte importante nel processo di apprendimento e sono preziosi nel promuoverne i principi e nel conseguirne gli obiettivi. La formazione e lo sviluppo continuo degli educatori professionali e dei formatori sui principi e le pratiche dell'educazione per la cittadinanza democratica e l'educazione ai diritti umani, sono parte vitale dell'offerta, della sostenibilità e dell'efficacia dell'educazione in questa area e devono coerentemente essere programmati e finanziati in modo adeguato;

    la Carta, inoltre, incoraggia e sostiene forme di partenariato e di collaborazione tra i numerosi soggetti aventi interesse coinvolti nell'educazione per la cittadinanza democratica e l'educazione ai diritti umani. Data la natura internazionale dei valori e degli obblighi relativi ai diritti umani e dei principi comuni che informano la democrazia e lo Stato di diritto, è importante che gli Stati membri perseguano e incoraggino la cooperazione internazionale e regionale per le attività previste dalla presente Carta e per l'individuazione e lo scambio di buone pratiche;

    la raccomandazione CM/Rec (2010)7 del Comitato dei ministri agli Stati membri del Consiglio d'Europa, nel rispetto delle strutture costituzionali e delle priorità e dei bisogni di ciascuno Stato, raccomanda che gli Stati membri attuino misure basate sulle disposizioni della Carta del Consiglio d'Europa sull'educazione per la cittadinanza democratica e l'educazione ai diritti umani e assicurino che la Carta sia ampiamente diffusa fra le loro autorità responsabili per l'educazione e la gioventù;

    per quanto riguarda lo stato dell'educazione alla cittadinanza e alla parità in Italia, numerosi sono stati gli interventi che si sono susseguiti dal 1948 ad oggi, ma l'educazione civica è sempre rimasta marginale nel percorso formativo delle studentesse e degli studenti e l'educazione finanziaria è praticamente inesistente. Lo studio di diritto ed economia è relegato alla formazione tecnica e professionale. Nella legge n. 107 del 2015 grazie ad un emendamento della prima firmataria del presente atto di indirizzo è stata introdotta la possibilità, legata all'organico dell'autonomia di attuare il «potenziamento delle conoscenze in materia giuridica ed economico-finanziaria a di educazione all'autoimprenditorialità»;

    sono intervenuti inoltre numerosi provvedimenti ministeriali, incentrati sulla promozione all'educazione alla legalità ed alla convivenza civile e linee guida per contrastare e fronteggiare l'intensificarsi di episodi di bullismo e cyberbullismo;

    nel 2008 si è ripreso a considerare l'educazione alla cittadinanza: l'articolo 1 della legge n. 169 del 2008 introduce a decorrere dall'anno scolastico 2008/2009 una sperimentazione nazionale relativa all'insegnamento di «cittadinanza e costituzione» e azioni di sensibilizzazione e di formazione del personale finalizzate all'acquisizione nel primo e nel secondo ciclo di istruzione delle conoscenze e delle competenze relative a «cittadinanza e costituzione», nell'ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale e del monte ore complessivo previsto per le stesse ed avvia iniziative analoghe anche nella scuola dell'infanzia; prevede, inoltre, l'attivazione di iniziative per lo studio degli statuti delle regioni ad autonomia ordinaria e speciale;

    il documento d'indirizzo per la sperimentazione dell'insegnamento di «cittadinanza e costituzione» presenta la legge come l'occasione per una messa a punto del fondamentale rapporto che lega la scuola alla Costituzione e individua nell'ordinamento giuridico, che trova nella Costituzione il suo nucleo generativo e organizzativo, un germe vitale per la vita delle ragazze e dei ragazzi, come «strumento per capire, accettare e trasformare la realtà, per impostare relazioni, per affrontare e risolvere in modo non violento i conflitti a tutti i livelli e per immaginare e promuovere nuove regole, coerenti con quei principi e con le linee portanti dell'ordinamento democratico». Tale documento presenta, inoltre, dei nuclei tematici e obiettivi di apprendimento relativi a «cittadinanza e costituzione» per le scuole dell'infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado;

    nella circolare ministeriale 27 ottobre 2010 n. 86 si precisa che «l'insegnamento/apprendimento di Cittadinanza e Costituzione è un obiettivo irrinunciabile di tutte le scuole» e che è «un insegnamento con propri contenuti, che devono trovare un tempo dedicato per essere conosciuti e gradualmente approfonditi» e che tale insegnamento implica sia una dimensione integrata, ossia interna alle discipline dell'area storico-geografico-sociale, sia una dimensione trasversale, che riguarda tutte le discipline. Detta circolare indica però anche il termine valutazione nel senso in cui, pur non adendo un voto distinto, Cittadinanza e Costituzione entra a costituire il «complessivo voto delle discipline di area storico-geografica e storico-sociale, di cui essa è parte integrante» ed «influisce nella definizione del voto di comportamento, per le ricadute che determina sul piano delle condotte civico-sociali espresse all'interno della scuola, così come durante esperienze formative al di fuori dell'ambiente scolastico»;

    la legge n. 169 del 2008 non prevede un insegnamento con un orario distinto per la materia «Cittadinanza e Costituzione». Il comma 2 dell'articolo 1 infatti indica che «all'attuazione del presente articolo si provvede entro i limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente», dunque entro i limiti di spesa prevista e senza oneri aggiuntivi per lo Stato;

    nelle indicazioni nazionali per il secondo ciclo si dice che «uno spazio adeguato dovrà essere riservato al tema della cittadinanza e della Costituzione repubblicana, in modo che, al termine del quinquennio liceale, lo studente conosca bene i fondamenti del nostro ordinamento costituzionale, quali esplicitazioni valoriali delle esperienze storicamente rilevanti del nostro popolo» (decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 15 marzo 2010) e si precisa che «le attività e gli insegnamenti relativi a Cittadinanza e Costituzione coinvolgono gli ambiti disciplinari dell'istruzione tecnica e si sviluppano, in particolare in quelli storico-giuridico e giuridico-economico; interessano però anche le esperienze di vita e, nel triennio, le attività di alternanza scuola-lavoro, con la conseguente valorizzazione dell'etica del lavoro» (decreto del Presidente della Repubblica n. 88 del 15 marzo 2010);

    senza altre indicazioni di normativa secondaria, però, i concetti di «spazio adeguato» e di «conoscere bene» rischiano di restare nobili aspirazioni, anche se affidate ad autorevoli raccomandazioni, che impegnano gli studenti senza una verifica reale soprattutto in sede di esame finale;

    la legge n. 53 del 2003 (legge Moratti) indica tra le finalità della scuola primaria l'educazione ai principi fondamentali della convivenza civile. Il concetto è ripreso nelle Indicazioni nazionali per i piani di studio, allegate al decreto legislativo n. 59 del 2004, in cui si specifica che gli obiettivi di apprendimento per l'educazione alla convivenza civile sono: educazione alla cittadinanza, stradale, ambientale, alla salute, alimentare e all'affettività. La finalità era che, al termine degli studi, «grazie alla maturazione della propria identità e delle competenze culturali, il ragazzo è consapevole di essere titolare di diritti, ma anche di essere soggetto a doveri per lo sviluppo qualitativi della convivenza civile». Le Indicazioni nazionali per il primo ciclo del 2012 dedicano un intero paragrafo a Cittadinanza e Costituzione, in cui si indica che «obiettivi irrinunciabili dell'educazione alla cittadinanza sono la costruzione del senso di legalità e lo sviluppo di un'etica della responsabilità»;

    nella legge n. 107 del 13 luglio 2015, al comma 7, si dice che:

     «Le istituzioni scolastiche, nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, individuano il fabbisogno di posti dell'organico dell'autonomia, in relazione all'offerta formativa che intendono realizzare, nel rispetto del monte orario degli insegnamenti e tenuto conto della quota di autonomia dei curricoli e degli spazi di flessibilità, nonché in riferimento a iniziative di potenziamento dell'offerta formativa e delle attività progettuali, per il raggiungimento» di alcuni obiettivi formativi individuati come prioritari tra cui alla lettera d), e) ed l) si individuano:

   d) sviluppo delle competenze in materia di cittadinanza attiva e democratica attraverso la valorizzazione dell'educazione interculturale e alla pace, il rispetto delle differenze e il dialogo tra le culture, il sostegno dell'assunzione di responsabilità nonché della solidarietà e della cura dei beni comuni e della consapevolezza dei diritti e dei doveri; potenziamento delle conoscenze in materia giuridica ed economico-finanziaria e di educazione all'autoimprenditorialità;

   e) sviluppo di comportamenti responsabili ispirati alla conoscenza e al rispetto della legalità, della sostenibilità ambientale, dei beni paesaggistici, del patrimonio e delle attività culturali;

   l) prevenzione e contrasto della dispersione scolastica, di ogni forma di discriminazione e del bullismo, anche informatico;

    nella legge n. 107 del 2015, al comma 16 dell'articolo 1, si fa inoltre riferimento all'educazione alla parità: «Il piano triennale dell'offerta formativa assicura l'attuazione dei princìpi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l'educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni», al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, nel rispetto dei limiti di spesa di cui all'articolo 5-bis, comma 1, primo periodo, del predetto decreto-legge n. 93 del 2013;

    in Francia, Germania, Inghilterra e Svezia l'educazione civica costituisce una disciplina autonoma, mentre nel nostro Paese è sempre stata un insegnamento marginale e trascurato, assegnato all'insegnante di italiano e storia o di diritto ed economia negli istituti tecnici e professionali, oppure un insegnamento teoricamente trasversale, soppiantato da più urgenti priorità didattiche. La scuola è invece il luogo in cui si insegnano la democrazia e le regole del suo funzionamento ed è una delle principali istituzioni per la formazione e la crescita educativa e culturale delle giovani e dei giovani. Per questo è estremamente importante individuare azioni e misure per promuovere l'educazione alla cittadinanza e alla parità ed è necessario riconsiderare il ruolo dei curricula e, più in particolare, la loro influenza sulla formazione e lo sviluppo della cittadinanza del futuro;

    l'educazione alla cittadinanza è presente nei curricoli di tutti i Paesi ed è prevista in tutti e tre i livelli dell'istruzione generale, ma la maniera in cui è inclusa può variare da Paese a Paese. A livello primario in quasi tutti i Paesi dell'Unione europea è integrata ad altre materie o presente come tematica trasversale. A livello secondario l'educazione alla cittadinanza è più spesso offerta come materia separata e coesiste anche come tematica trasversale. Quando è offerta come materia separata, spesso obbligatoria. Se è integrata ad altre materie, l'educazione alla cittadinanza è il più delle volte compresa in storia, scienze sociali, geografia, religione e morale, etica, lingue straniere e lingua madre. È difficile definire il numero di anni durante i quali l'educazione alla cittadinanza è offerta nel quadro del curriculum obbligatorio. È interessate evidenziare che in Svezia le scuole possono liberamente decidere quando introdurre una materia nel curriculum e come ripartire il numero di ore sui nove anni della grundskola (livello primario e livello secondario inferiore);

    il concetto di cittadinanza, lo studio della Costituzione, la promozione dell'educazione alla legalità e alla parità sono iniziative importanti per incentivare la partecipazione attiva dei giovani alla costruzione nazionale ed europea, alla comprensione delle diversità culturali, al riconoscimento dei valori della libertà, dell'uguaglianza, della parità tra donne e uomini, della legalità, del rispetto dei diritti umani e alla lotta contro le mafie, il razzismo e il sessismo. I recenti avvenimenti di cronaca, con il dilagare della violenza contro le donne e il disinteresse verso la collettività e il proprio Paese, la diffusione delle dipendenze e dei fenomeni di bullismo e violenza, sono segnali gravi di disagio e rendono ancora più urgente interventi educativi chiari. L'educazione alla cittadinanza e alla parità diventano sempre più fondamentali: è sempre più indispensabile educare al vivere insieme, trasmettendo un sistema di valori legati alla democrazia, al rispetto reciproco, al valore della persona e diffondere una «cultura civica», fatta di diritti e doveri, di regole e di dialogo;

    l'educazione alla cittadinanza e la «cultura civica» comprendono una serie di conoscenze sulla Costituzione, sull'ordinamento del nostro sistema politico e di quello europeo, la conoscenza delle istituzioni fondamentali e delle leggi della vita pubblica, le regole fondamentali dell'economia e del mercato, ma anche il rapporto concreto con la società civile, associazionismo e volontariato. Questa tipologia di insegnamento richiede di affiancare didattiche tradizionali (testi e l'ora di lezione) a didattiche attive, fondate sulla partecipazione diretta degli alunni (discussioni su temi di attualità e altro). L'educazione alla cittadinanza democratica e ai diritti umani non si fonda infatti su un sapere che viene dall'alto, ma su una pratica, che ha bisogno di essere formata. La capacità di argomentare le proprie opinioni, di ascoltare le opinioni altrui, di convincere e di lasciarsi convincere sono alla base dell'educazione alla cittadinanza democratica e devono essere formate;

    nella strategia 2014-2017 del Consiglio d'Europa sulla uguaglianza di genere viene messo in luce che raggiungere l'eguaglianza di genere è centrale per proteggere i diritti umani, il funzionamento della democrazia, il rispetto della legge e la crescita economica. Tra le pietre miliari del lavoro del Consiglio d'Europa ci sono la Convenzione sulla Tratta degli esseri umani e la Convenzione per prevenire e combattere la violenza contro le donne, nota come Convenzione di Istanbul. Per contrastare la violenza di genere il Consiglio d'Europa ritiene necessario intervenire sugli stereotipi e cercare di modificare il modo di pensare, promuovere una partecipazione bilanciata tra donne e uomini in politica e nella vita pubblica ed inserire una prospettiva di genere nelle politiche e in tutti i programmi. Per promuovere la parità tra donne e uomini è perciò importante un cambiamento culturale che richiede interventi educativi,

impegna il Governo:

1) a garantire ad ogni alunna e alunno, studentessa e studente, la formazione e l'educazione alla cittadinanza e alla parità, alla cittadinanza democratica e ai diritti umani;

2) ad assumere iniziative per attuare, nel rispetto delle strutture costituzionali di ciascun Stato membro, misure basate sulle disposizioni della Carta del Consiglio d'Europa sull'educazione per la cittadinanza democratica e l'educazione ai diritti umani, quale contenuta nella raccomandazione CM/Rec (2017)7 del Comitato dei ministri dell'11 maggio 2010;

3) ad assumere iniziative per assicurare che la Carta del Consiglio d'Europa sull'educazione per la cittadinanza democratica e l'educazione ai diritti umani, quale contenuta nella raccomandazione CM/Rec (2017)7 del Comitato dei ministri dell'11 maggio 2010 sia ampiamente divulgata fra le autorità responsabili per l'educazione e la gioventù;

4) a considerare parte integrante dell'educazione alla cittadinanza l'educazione alla parità tra donne e uomini, al rispetto e alla dignità della persona;

5) ad assumere iniziative per includere l'educazione per la cittadinanza e la parità, la cittadinanza democratica e i diritti umani, nei curricula per l'educazione formale nelle scuole pre-primarie, primarie e secondarie, come pure nell'educazione e nella formazione generale e professionale;

6) ad assumere iniziative per inserire l'educazione alla cittadinanza e alla parità, nella scuola primaria, come tematica trasversale e integrata nelle materie e, nella scuola secondaria di primo e secondo grado, come insegnamento autonomo, con un monte ore annuale dedicato, l'insegnamento di educazione alla cittadinanza e alla parità;

7) a continuare a sostenere, rivedere e aggiornare l'educazione alla cittadinanza e alla parità per la cittadinanza democratica e l'educazione ai diritti umani nei curricula scolastici, allo scopo di assicurarne l'importanza e incoraggiare la sostenibilità;

8) a promuovere, nel debito rispetto del principio della libertà accademica, l'inclusione dell'educazione alla parità e alla cittadinanza democratica e dell'educazione ai diritti umani nell'attività delle istituzioni di educazione superiore, in particolare per i futuri professionisti dell'educazione;

9) a promuovere approcci educativi e metodi d'insegnamento che mirino all'apprendimento a vivere insieme in una società democratica per combattere tutte le forme di discriminazione e violenza, specialmente il bullismo e il sessismo;

10) ad assumere iniziative per fornire agli insegnanti, al personale educativo, ai formatori accurata conoscenza e competenza in relazione agli obiettivi, ai principi dell'insegnamento dell'educazione alla cittadinanza e alla parità, alla cittadinanza democratica e ai diritti umani, ai metodi di insegnamento e apprendimento adeguati ed appropriati e alle altre abilità appropriate per la loro area educativa e ad assicurare la formazione e lo sviluppo continuo di conoscenze, competenze e metodi;

11) a coinvolgere in tale processo il più ampio numero dei soggetti aventi interesse (stakeholders) compresi i decisori politici, i professionisti dell'educazione, le studentesse e gli studenti, i genitori, le istituzioni educative, le autorità educative, i funzionari pubblici, le organizzazioni non governative, le organizzazioni giovanili, e i media;

12) a promuovere, assicurandone la necessaria pubblicità, l'educazione alla cittadinanza e alla parità e alla cittadinanza democratica e l'educazione ai diritti umani nei confronti degli altri soggetti interessati, in particolare i media e il pubblico in generale;

13) a elaborare standard e criteri di valutazione dell'efficacia dei programmi dell'educazione alla cittadinanza e alla parità;

14) a valutare con regolarità le strategie, le politiche e le misure intraprese;

15) a promuovere la ricerca sull'educazione per la cittadinanza e per la parità e per la cittadinanza democratica, sull'educazione ai diritti umani, sui curricula, sulle pratiche innovative, sui metodi d'insegnamento e sullo sviluppo dei sistemi di valutazione, inclusi criteri e indicatori di valutazione per fornire ai soggetti interessati una informazione di base e per aiutarli a misurare e accrescere la loro efficacia ed efficienza e migliorare le loro pratiche;

16) a cooperare con gli Stati membri dell'Unione europea e del Consiglio d'Europa, individuando e perseguendo temi di interesse comune e prioritari, facilitando le attività multilaterali e transfrontaliere, scambiando, sviluppando, codificando e assicurando la disseminazione delle buone pratiche e mettendo in comune con altre organizzazioni internazionali i risultati del lavoro nel campo dell'educazione alla cittadinanza e alla parità, alla cittadinanza democratica e ai diritti umani.
(1-01692) «Centemero, Occhiuto».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:

   in data 29 gennaio 2010 la Confederazione nazionale delle associazioni per la Coscienza di Krishna, avente sede a Roma, in via Sardegna n. 55 – presentava al Ministero dell'interno una formale e documentata istanza, volta ad ottenere riconoscimento come ente religioso, ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 1159 del 1929 e degli articoli 10 e 11 del regio decreto n. 289 del 1930, con la denominazione di «Congregazione Italiana per la Coscienza di Krishna». Dopo una lunga istruttoria, durata oltre 4 anni, ad ottobre 2014 il Consiglio di Stato esprimeva parere favorevole all'invocato provvedimento e la direzione centrale dei culti presso il Ministero dell'interno predisponeva lo schema del decreto del Presidente della Repubblica, finalizzato al richiesto riconoscimento, su proposta del Ministro dell'interno. Detto schema di decreto del Presidente della Repubblica veniva trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei ministri — e, in particolare, al dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (DAGL). Il 3 giugno 2015, in assenza di notizie, la Congregazione formulava una richiesta di aggiornamento alla direzione centrale dei culti del Ministero dell'interno, che confermava la giacenza attuale dello schema di decreto del Presidente della Repubblica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri; gli Hare Krishna sono il ramo monoteista dell'Induismo, con decine di milioni di fedeli in India, in Bangladesh e in Indonesia, trapiantato cinquant'anni orsono in Occidente e oggi punto di riferimento e ponte culturale tra le comunità indiane e bengalesi del nostro Paese e l'Italia. Considerando che i ministri di culto sono tutti italiani, questo rende naturale lo scambio, la comprensione tra culture e tradizioni religiose diverse. Il 10 settembre 1998, con decreto del Ministero dell'interno, la confederazione nazionale delle Associazioni per la coscienza di Krishna è stata riconosciuta come ente morale. Al momento attuale si contano più di 400 templi nel mondo, con circa 50.000 devoti iniziati e consacrati alla missione, e milioni di devoti/fedeli che frequentano i templi. In Europa, in particolare, vi sono centri di Krishna in ogni grande città. Negli ultimi vent'anni le comunità indiana, mauriziana e del Bangladesh sono salite in Italia dalle 30.000 unità, alle 90.000 e tra i membri di queste comunità, almeno il 30 per cento sono hinduisti di fede Vaishnava-Krishnaita, che conta oltre 500 milioni di fedeli nel sub-continente indiano. La ragione del riconoscimento come ente di culto ha effetti pratici importanti ed elimina residui ostacoli al pieno riconoscimento della libertà religiosa. Senza tale riconoscimento i devoti di Krishna non possono essere sicuri di assistere malati in ospedali, detenuti nelle carceri e persino partecipare ad incontri nelle scuole o nelle università. Non bisogna dimenticare inoltre le facilitazioni fiscali concesse a qualunque ente no profit e alle Onlus ma, senza il riconoscimento, negate al Movimento degli Hare Krishna;

   la legge di epoca fascista del 1929, la cosiddetta legge sui «culti ammessi», non garantiva e non garantisce la libertà religiosa ma solo una mera tolleranza rispetto alla religione maggioritaria che a quel tempo divenne religione di Stato, cioè quella cattolica. A cambiare le cose è arrivata la democrazia e la nostra Costituzione. Questa riconosce e garantisce la libertà religiosa e lo Stato italiano afferma di essere portatore di una laicità «positiva». Cioè una laicità che mette sullo stesso piano tutte le credenze religiose, ne riconosce le specificità e soprattutto non rimane indifferente al fenomeno religioso come fatto sociale. Per ovviare alle discriminazioni del ’29, sono arrivate molte leggi per rendere attuale il dettato costituzionale. In particolare, nel 1984 si è arrivati ad un nuovo concordato con la chiesa cattolica e alla legge sulle intese e gli enti di culto, che è quella che riguarda il nostro caso. La stipulazione delle intese, a partire dal 1984, ha accorciato le distanze – che erano eccessive – tra la disciplina giuridica della Chiesa cattolica e quella di altre religioni, ma al tempo stesso ha approfondito la distanza tra le comunità che sono riuscite a concludere un'intesa con lo Stato italiano o ad essere almeno riconosciute come enti di culto e quelle che, per un motivo o un altro, ne sono rimaste prive, creando così nuove possibili discriminazioni, in mancanza di una nuova legge sulla libertà religiosa. Nel suo complesso la disparità di disciplina non è stata tanto ridotta ma spostata da un settore a un altro dell'ordinamento giuridico italiano. Nel caso specifico, ad una analoga interpellanza del 20 gennaio 2017, il rappresentante del Governo, sottosegretario Davide Faraone, rispondeva che non essendoci più elementi ostativi «la Presidenza del Consiglio dei ministri... sta espletando gli adempimenti di competenza necessari al riconoscimento giuridico della Congregazione italiana per la coscienza di Krishna»; da allora, tuttavia, non sono seguiti atti concreti; dopo 7 anni di attesa, dei quali 3 anni di giacenza della pratica presso la Presidenza del Consiglio, il mancato perfezionamento dell'intesa si configura, ad avviso degli interpellanti, come una violazione dei diritti di una rispettata minoranza religiosa del nostro Paese –:

   se il Governo non ritenga necessario indicare una data certa per espletare gli ultimi adempimenti volti al riconoscimento giuridico della Congregazione italiana per la coscienza di Krishna.
(2-01932) «Quartapelle Procopio, Bonaccorsi, Giuliani, Piazzoni, Minnucci, Marroni, Tentori, Schirò, Anzaldi, Bergonzi, Venittelli, Narduolo, Sereni, Giachetti, Rampi, Lodolini, Andrea Romano, Causi, Malisani, Zampa, Fragomeli, Coccia, Raciti, Ribaudo, Rocchi, Porta, Cominelli, Ferranti, Gribaudo, Giulietti, Barbanti, Coscia, Di Salvo, Gelli, Iori, Melilli, Tacconi, Tinagli».

Interrogazione a risposta orale:


   CRIVELLARI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il 10 agosto 2017 sul litorale veneto si è abbattuto un violentissimo temporale che ha causato ingenti danni ai centri urbani e al territorio;

   il presidente della regione Veneto, con decreto n. 144, ha dichiarato lo stato di crisi relativo al violento fenomeno denominato «downburst», che ha spazzato il litorale veneto, dalle coste polesane del Delta del Po fino a quelle veneziane tra Bibione e Cavallino Treporti;

   in particolare, sul litorale polesano, tra l'isola di Albarella e Rosolina mare, il maltempo ha divelto pali elettrici, alberi, danneggiato abitazioni, capannoni e automobili e interrotto le linee telefoniche;

   sempre per quanto riguarda il Polesine, danni e disagi sono stati registrati nei comuni di Rosolina, Loreo, Porto Viro, Taglio di Po, Porto Tolle, Ariano Polesine, Corbola;

   nei comuni di Taglio di Po e di Porto Viro sono stati abbattuti diversi tralicci della linea elettrica;

   secondo l'associazione Coldiretti la stima dei danni per la sola agricoltura potrebbe toccare i 100 milioni di euro;

   diverse attività d'impresa hanno subito danni notevoli, con un particolare disagio per le imprese turistiche nel pieno della stagione –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere in seguito alla situazione di emergenza e, in particolare, se si intendano assumere iniziative per stanziare fondi straordinari per sostenere i cittadini, le aziende e i comuni colpiti da questo evento;

   se si ritenga di assumere iniziative per autorizzare deroghe al patto di stabilità per permettere agli enti locali di investire nuove risorse per la messa in sicurezza di infrastrutture, edifici e territorio.
(3-03233)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'ondata di maltempo che ha colpito il Salento, nei giorni 10 e 11 settembre 2017, creando disagi e allagamenti in molti comuni della provincia, a causa delle piogge intese, sfociate in grandinate, insieme ad una tromba d'aria e al forte vento, ha provocato crolli strutturali e danni alle infrastrutture pubbliche e a numerose attività produttive e commerciali, tali da richiedere il riconoscimento dello stato di calamità naturale da parte del presidente della provincia di Lecce alla regione Puglia;

   gli eventi alluvionali in precedenza richiamati si sono verificati in particolare nei territori di Maglie, Scorrano, Castro, Melpignano e altri comuni limitrofi, flagellati dalle notevoli precipitazioni piovose e, come già detto, dal forte vento registratisi in quei giorni; le ripercussioni negative degli stessi sul tessuto economico e produttivo territoriale, in un momento di estrema difficoltà economica per la comunità salentina, non consentono di fronteggiare il ripristino delle normali condizioni di vita e di lavoro;

   a giudizio dell'interrogante, tenuto conto che la suesposta situazione di emergenza, per intensità ed estensione, non è fronteggiabile con mezzi e poteri ordinari, finalizzati alla realizzazione degli interventi di assistenza alla popolazione interessata dagli eventi, nonché alla messa in sicurezza degli edifici pubblici e privati, risultano necessarie misure anche di carattere straordinario volte al superamento della situazione di difficoltà determinatasi –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere, al fine di sostenere i comuni colpiti dall'ondata di maltempo di cui in premessa e se non ritenga che sussistano i presupposti per dichiarare lo stato di emergenza nei comuni di Maglie, Scorrano, Castro, Melpignano e quelli limitrofi interessati della provincia di Lecce, per l'attuazione degli interventi necessari finalizzati alla messa in sicurezza degli edifici pubblici e privati danneggiati dall'evento climatico.
(4-17792)


   VARGIU. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nel 2006, la regione Sardegna diede vita ad un progetto sperimentale, il cosiddetto «Progetto Lavorabile», ex lege n. 68 del 1999, finalizzato alla qualificazione e all'inserimento lavorativo dei soggetti portatori di disabilità;

   la selezione degli aspiranti alla partecipazione avvenne attraverso bando pubblico e portò al reclutamento di 58 soggetti idonei, che vennero impiegati come operatori del Servizio integrazione lavorativa (Sil) nei centri servizi per il lavoro, oggi centri per l'impiego dell'Aspal-Agenzia Sardegna per le politiche attive lavoro;

   i lavoratori disabili, insieme ad altri colleghi assunti con differenti percorsi, vennero contrattualizzati a tempo determinato e successivamente rinnovati sino al 2012, con analoghi contratti a tempo determinato;

   nel tempo, mentre i lavoratori precari provenienti da differenti percorsi selettivi hanno trovato stabilizzazione all'interno dell'evoluzione degli ex Csl e dell'Aspal, i lavoratori diversamente abili non sono mai stati inseriti all'interno degli organici dell'agenzia regionale;

   tali lavoratori hanno dunque iniziato le azioni di rivendicazione rivolte al riconoscimento della professionalità indispensabile per poter adire alla stabilizzazione;

   con il comma 35 dell'articolo 29 della legge regionale n. 5 del 2015, è stata effettivamente riconosciuta la professionalità acquisita dai lavoratori disabili del progetto Lavor@bile per cui, ai sensi del comma 10 dell'articolo 37 della legge regionale n. 9 del 2016, gli interessati hanno atteso legittimamente l'avvio delle procedure di stabilizzazione nell'ambito del piano triennale del fabbisogno di personale dell'Aspal (determinazione del direttore generale n. 969 del 25 ottobre 2016);

   contrariamente a tale previsione, tra il giugno 2016 e il gennaio 2017, l'Aspal Sardegna ha provveduto ad avviare procedure di stabilizzazione e di trasferimento del personale per integrare le carenze, di organico, senza attingere in alcun modo alla disponibilità rappresentata dalle quote disabili;

   in data 5 aprile 2017, una nuova determinazione del Direttore Generale di Aspal (la n. 420) ha previsto l'avvio di nuove procedure concorsuali per l'assunzione di complessive 25 unità di personale dell'Aspal, attingendo dalla riserva della legge n. 68 del 1999, ma di fatto escludendo gli aventi titolo alla stabilizzazione provenienti dal progetto Lavor@abile;

   appare davvero contraddittorio all'interrogante che la regione Sardegna, dopo aver avviato percorsi formativi e propri progetti di inclusione lavorativa per soggetti disabili, non utilizzi risorse già disponibili e avvii percorsi di reclutamento alternativi e palesemente a rischio di illegittimità;

   lo stesso Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali presso la Presidenza del Consiglio dei ministri a quanto consta all'interrogante si sarebbe rivolto all'assessorato al lavoro della regione autonoma della Sardegna per chiedere chiarimenti sulla vicenda –:

   se e quali specifiche verifiche siano stato avviate dall'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali della Presidenza del Consiglio dei ministri in merito a quanto esposto in premessa, e quali ne siano eventualmente gli esiti, considerato che, per l'interrogante, il comportamento della regione autonoma della Sardegna e dell'Aspal si pongono in contrasto con la normativa nazionale sulla tutela del lavoro e, in particolare, sulla tutela dell'accesso al lavoro dei soggetti diversamente abili, come stabilito dalla legge n. 68 del 1999 e dalla legge n. 125 del 2013;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda porre in essere per garantire il rispetto della normativa in materia di tutela dei disabili e per evitare discriminazioni ingiustificate promuovendo, ove ne ricorrano i presupposti, le procedure di stabilizzazione del personale disabile all'interno delle pubbliche amministrazioni, come nel caso dei partecipanti al progetto Lavor@bile.
(4-17799)


   DURANTI, PIRAS, MARTELLI, NICCHI, MURER, LACQUANITI, FOSSATI, SANNICANDRO, MATARRELLI e BOSSA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la Libia, quarto Paese africano per estensione, ad oggi – come noto – presenta circa duecentomila combattenti divisi in 230 milizie, 140 tribù e due governi rivali, che compongono quello che comunemente viene definito il «caos libico». Le milizie, peraltro, controllano una buona parte del territorio e di fatto rappresentano un pezzo costitutivo del paese;

   come si apprende da diverse testate giornalistiche, oltre che dalle denunce di organizzazioni non governative come Medici Senza Frontiere e dalla inchiesta di Associated Press, la situazione in Libia si è ulteriormente deteriorata – con particolare riferimento al rispetto dei diritti umani – immediatamente dopo il blocco delle partenze verso le coste europee, che vede come fulcro il cosiddetto «decreto Minniti» ed il codice di comportamento per le organizzazioni non governative impiegate nel soccorso in mare;

   emblematica è la storia raccontata dal Corriere.it, sul personaggio di Ahmad Dabbashi, che era un facchino nel 2010 ed è divenuto, nel giro di pochi anni, una delle figure più temute della Tripolitania occidentale, in qualità di organizzatore – con la sua milizia – di tratta di esseri umani. Lo stesso Dabbashi, in seguito al blocco delle partenze di cui sopra – ed in base a quanto denunciato da Reuters ed Associated Press – si sarebbe «riconvertito», da principe degli scafisti a collaboratore di primo piano per il blocco dei flussi migratori. Secondo il servizio di intelligence della polizia locale, inoltre, Dabbashi avrebbe ultimamente ricevuto almeno 5 milioni di euro dall'Italia con la piena collaborazione del Premier del Governo di unità nazionale riconosciuto dall'Onu, Fayez Sarrj;

   i risultati del blocco delle partenze sono sotto gli occhi di tutti. Il traffico dalla Libia è praticamente fermo ed il ruolo di Dabbashi è garanzia per questo. Come si legge sempre dalle testimonianze ricevute, «tanto erano efficienti nel traffico di esseri umani, tanto lo sono oggi nel bloccarlo. Sino ai primi del luglio scorso si erano assicurati l'80 per cento delle partenze dalle nostre coste, un affare milionario. Il loro slogan presso gli africani era che si doveva pagare tanto, almeno 1.000 dollari a testa, ma i loro trasporti erano i più certi. Crediamo avessero contatti anche con organizzazioni criminali italiane. Oggi sono attenti ad attuare i blocchi delle partenze già a terra, il lavoro dei guardiacoste libici serve ormai a poco o nulla»;

   nel contempo, oltre 30 mila persone sono bloccate nella regione, andando ad incancrenire la situazione di quelli che sarebbero definiti campi, ma che, per le associazioni umanitarie sarebbero più definibili come lager (in quello di Triqsiqqa, ad esempio, sono presenti oltre 1.000 migranti di cui almeno 120 donne), in cui «le persone vengono ammassate in spazi angusti e senza ventilazione, gli uomini spesso costretti a correre nudi fino allo sfinimento e le donne ripetutamente violentate» (denuncia di Medici senza frontiere) –:

   se il Governo non intenda immediatamente chiarire il ruolo avuto nelle trattative – economiche e non – intraprese con milizie libiche nell'ottica del blocco degli sbarchi, che, per gli interroganti, non dovrebbero essere più intraprese in assoluto nell'immediato futuro.
(4-17804)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   CRIMÌ, VAZIO, MIOTTO, FAMIGLIETTI, FEDI, ZARDINI e COVA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in molte città americane il 2 ottobre di ogni anno è dedicato a commemorare la figura dell'esploratore Genovese Cristoforo Colombo (1451-1506);

   sono giunte recenti notizia a mezzo stampa a proposito del manifestarsi, dopo gli scontri a Charlottesville, di frenesie vandaliche per cui alcune statue di Colombo sono state prese di mira in varie città americane e per cui, ben più grave notizia, la municipalità di Los Angeles ha deciso di cancellare il Columbus Day, dal calendario delle festività cittadine. Il consiglio comunale si è schierato infatti con attivisti, che considerano l'esploratore genovese un simbolo del genocidio perpetrato contro i nativi in Nordamerica. La giornata sarà dedicata d'ora in avanti a commemorare «le popolazioni indigene, aborigene e native, vittime del genocidio». Molte città statunitensi, tra cui Seattle e Denver, hanno già sostituito il Columbus Day con l’Indigenous Peoples Day. È tuttavia banale rispondere a queste ipotesi che Colombo non ebbe a che fare con la guerra di secessione americana, né con i massacri delle popolazioni native del Nordamerica, in quanto perpetrati dai colonizzatori inglesi, nel diciottesimo e diciannovesimo secolo: l'esploratore Genovese era defunto da più di due secoli. Ma non ebbe a che fare nemmeno con i massacri delle popolazioni indigene del Sudamerica, perpetrati in partenza sotto la guida del Generale Hernan Cortes e dai conquistadores spagnoli, le cui attività si svolsero prevalentemente quando l'esploratore Genovese era anche in questo caso ormai defunto da due lustri. Non può essere nemmeno ipotizzata l'idea che Colombo avesse in alcun modo pianificato o l'ideato tali genocidi dato che non erano ancora conosciute, ai suoi tempi, la reale estensione e la popolazione del continente americano. Le decisioni delle comunità americane preoccupano soprattutto perché sostengono una distorsione e una falsità storica. La comunità italo-americana, inoltre, vede cancellata una propria eredità storica;

   l'olocausto dei nativi d'America a pari modo è fatto reale e c'è l'estrema necessità di commemorare «le popolazioni indigene, aborigene e native, vittime del genocidio», tanto quanto i peggiori avvenimenti del passato;

   in generale, le testimonianze del passato, per quanto scomode, hanno l'importante funzione di mantenere viva la memoria storica e istruire le future generazioni sugli errori da non ripetere. In questo, se la volontà di distruzione del patrimonio storico dovesse dilagare, non ci si distinguerebbe molto dall'operare dello Stato islamico. Non si vuole fornire un alibi a quanti si servano di testimonianze storiche come uno strumento in più per ripetere gli sbagli del passato, riferendosi esplicitamente ai movimenti di suprematismo bianco, protagonisti di estreme violenze a Charlottesville, ma fornire invece un ragionamento basilare, per quanti con intelligenza e senso critico, vogliano crescere, progredire nella pace e nella tolleranza, senza dimenticare un passato che è la nostra carta d'identità;

   la commissione nominata da de Blasio avrà ora 90 giorni di tempo per esaminare statue e monumenti in città che possono istigare all'odio, alla divisione o al razzismo e all'antisemitismo –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per ripristinare e proteggere quella che è, in base a studi storico-scientifici, prolungati ed approfonditi, la verità della storica sull'esploratore italiano Cristoforo Colombo e, parimenti, per sostenere il diritto alla commemorazione dei genocidi americani.
(4-17778)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CARRA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il grande depuratore del Garda è un'opera infrastrutturale che prevede un finanziamento pari a 100 milioni di euro complessivi su cui vi è stato già il «via libera» da parte del Cipe nel mese di luglio 2017;

   tuttavia sul progetto occorrono ancora una serie di chiarimenti al fine di migliorare l'opera come sollecitato tra l'altro da diverse amministrazioni comunali in particolare della provincia di Mantova, a partire dal comune di Asola;

   i comuni interessati chiedono di essere coinvolti in merito allo sviluppo e alla esecuzione di una infrastruttura ambientale strategica su cui vi sono alcune criticità, a partire dalla mancata suddivisione delle acque bianche dalle acque nere;

   il progetto del depuratore deve trovare convergenza tra tutte le amministrazioni interessate, compresi gli enti locali nel cui territorio insisterà l'impianto –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, al fine di intraprendere un percorso condiviso con gli amministratori locali per migliorare il progetto e superare le attuali criticità che condizionerebbero negativamente suddetta opera.
(5-12172)


   TERROSI, ROMANINI, BRAGA e MAZZOLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il territorio del comune di Gallese (Viterbo), collocato al margine orientale dei Monti Cimini e Vicani, è caratterizzato dalla presenza di numerosi corsi d'acqua, denominati «fossi» o «rii», tutti ricompresi nel bacino idrografico del fiume Tevere, di cui sono immissari;

   la presenza nei secoli dei suddetti corsi d'acqua ha modellato il territorio dell'intera area generando, attraverso l'incisione del plateau vulcanico, formazioni particolari denominate forre, le quali, ricoperte di rigogliosa vegetazione e habitat naturale per molte specie animali, rappresentano un elemento ambientale caratteristico e ad elevata valenza ecologica;

   si tratta, elencandoli in direzione nord-sud e in ordine crescente di portata, dei fossi rispettivamente denominati Fosso Aliano, Fosso Cupo e Rio Maggiore, quali sono caratterizzati da una portata regolare ed abbondante variabile da alcune decine di litri al secondo (Fosso Aliano e Fosso Cupo) fino a 100 litri al secondo (Rio Maggiore) alimentati direttamente da acqua di falda;

   i suddetti corsi d'acqua costituiscono evidentemente un elemento di ricchezza per l'ambiente naturale e per le attività del territorio, in particolare quella agricola, considerando il fatto che, seppure la portata d'acqua diminuisce nei periodi di scarse precipitazioni, coincidenti per l'area in esame con i mesi estivi e soprattutto con il mese di luglio, non si verificano mai fenomeni di secca;

   come è noto, la stagione primaverile-estiva dell'annata in corso si è rivelata particolarmente siccitosa. L'analisi dei dati del Servizio integrato meteorologico dell'Agenzia regionale per lo sviluppo e l'innovazione dell'agricoltura del Lazio fa emergere infatti che fino ad agosto sono stati registrati dalla stazione meteo installata nel comune di Corchiano, 233 millimetri di pioggia. Nell'arco temporale 2008-2017 e solo il 2012 può essere paragonato per siccità a quello in corso, con 246 millimetri di pioggia caduti. Tuttavia, in quell'anno non si manifestarono fenomeni di secca per nessuno dei fossi richiamati in premessa;

   nel 2017 invece, in un contesto meteorologico di tale difficoltà, gli innumerevoli prelievi di acqua superiori al flusso di base, hanno fatto registrare, in particolare per il Fosso Aliano, ripetute condizione di secca che rischiano di compromettere anche per i prossimi anni gli ecosistemi interessati;

   in data 4 agosto 2017 il responsabile dei servizi tecnici del comune di Gallese ha provveduto ad inviare alla provincia di Viterbo, all'Agenzia regionale per la prevenzione ambientale, al nucleo dei carabinieri forestali di Viterbo, alla prefettura e, per conoscenza, alla procura della Repubblica, una nota per descrivere la preoccupante situazione idrologica relativa al Fosso Aliano, chiedendo verifiche relativamente ai prelievi;

   in data 23 agosto 2017 il sindaco del comune di Gallese ha chiesto, con una nota invita alla provincia di Viterbo, che vengano sospese le autorizzazioni al prelievo di acqua e di potere entrare in possesso del database relativo alle suddette autorizzazioni;

   il 26 luglio 2017 la XIII Commissione agricoltura della Camera ha approvato una risoluzione che impegna il Governo su 13 azioni da intraprendere per sostenere il settore agricolo colpito gravemente dalla siccità e per tutelare la risorsa acqua, evitandone gli sprechi, sia predisponendo invasi di medie e piccole dimensioni, sia favorendo le aziende che recuperano acqua piovana e che impiegano tecnologie irrigue efficienti –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti illustrati in premessa e quali iniziative di competenza intendano intraprendere per prevenire danni ambientali, immediati e futuri, a carico dell'ecosistema del Rio Maggiore, del Fosso Cupo e, in particolare, del Fosso Aliano.
(5-12175)


   DAGA, BUSTO, DE ROSA, MICILLO, TERZONI, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   secondo l'apposta unità di missione, il fabbisogno complessivo delle opere contro il dissesto è un elenco di 11.108 interventi, per un fabbisogno di circa 29 miliardi di euro, ma il 90 per cento delle opere in elenco sono ancora da progettare;

   il piano finanziario 2015-2023, predisposto dall'unità di missione, passa attraverso l'indebitamento con le banche europee: a pagina 532 del piano nazionale pubblicato da Italiasicura, sono previsti con la Bei e la Ceb prestiti per 1 miliardo di euro. A confermare il tutto sono le dichiarazioni del vicepresidente della Bei, Dario Scannapieco: «Il Consiglio di amministrazione della Bei ha approvato un finanziamento di 800 milioni per progetti di messa in sicurezza sul territorio nazionale», consentendo il finanziamento di interventi (principalmente nelle zone del Nord Italia) tra i progetti esecutivi presenti negli archivi dell'unità di missione. A questi prestiti si dovrebbero affiancare 200 milioni di euro provenienti dalla Ceb;

   in merito ai piccoli e medi invasi, Italiasicura prevede la costruzione in 20 anni di 2.000 opere per un investimento totale di circa 20 miliardi di euro, confermato durante l'audizione in Commissione ambiente del 6 settembre 2017 dalle dichiarazioni di D'Angelis, il quale ha dichiarato dell'esistenza del piano dei piccoli e medi invasi, specificando che a breve partirà lo stralcio di programma riguardante 84 progetti per un totale circa 500 milioni di euro, finanziati con mutui Bei;

   lo stesso Ministro interrogato ha più volte ribadito che «i fondi per il dissesto idrogeologico ci sono: sono circa due miliardi. Il vero nostro problema è spenderli» e che la responsabilità dei ritardi è nella governance: «ci sono regioni che hanno molte difficoltà a spendere quei soldi»;

   risulta, quindi, incomprensibile per quale motivo gli italiani dovrebbero ripagare l'indebitamento miliardario e i relativi interessi con le banche europee con i fondi pluriennali individuati dalla ultima legge di bilancio –:

   dato lo stanziamento già più volte dichiarato dal Governo, di circa 9 miliardi di euro da qui al 2023, di fondi ritenuti già disponibili e in considerazione del forte ritardo nella fase progettuale, quali iniziative si intendano assumere per evitare un ulteriore indebitamento in ambito europeo che appare una strategia poco opportuna nella lotta contro il dissesto e, nello specifico, quali iniziative verrebbero avviate con i prestiti delle banche europee.
(5-12177)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'AGOSTINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nel corso del mese di agosto 2017, buona parte del territorio irpino è stato colpito dagli incendi che ne hanno ulteriormente acuito il già forte rischio di dissesto idrogeologico che lo caratterizza;

   gli incendi hanno arrecato danni alle radici degli alberi aumentando sensibilmente il rischio di agevolare i fenomeni franosi;

   recentemente i sindaci del montorese hanno manifestato tutta la loro preoccupazione, anche in ragione dell'approssimarsi della stagione delle piogge;

   i primi cittadini hanno chiesto alle istituzioni preposte di assicurare interventi che servano a prevenire quei fenomeni franosi che rischiano di mettere a repentaglio la sicurezza dei cittadini residenti;

   il commissario dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Campania (Arpac) ha subito riunito i direttori di dipartimento, esprimendo condivisione per la preoccupazione dei primi cittadini di Montoro e dei comuni limitrofi;

   l'Arpac si è detta pronta ad intervenire nei limiti delle competenze acquisite in seguito allo scioglimento dell'Agenzia regionale campana per la difesa del suolo (Arcadis);

   a giudizio dell'interrogante, la difesa idrogeologica deve diventare una priorità del Paese;

   una mozione che va in tal senso è stata approvata dalla Camera già alcuni anni fa;

   a giudizio dell'interrogante, il Governo, in linea con gli impegni assunti, deve tenere in debita considerazione le conseguenze derivanti dagli incendi che hanno devastato il patrimonio boschivo –:

   se il Governo non ritenga di dover valutare la possibilità di assumere iniziative, in sinergia con le istituzioni locali, per assicurare interventi in merito a tale problematica e una efficace attività di prevenzione di quei fenomeni di dissesto che non solo rischiano di arrecare danni enormi alle comunità locali, ma mettono anche a repentaglio la sicurezza dei residenti.
(4-17780)


   GALLINELLA e FERRARESI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   vaste aree del territorio nazionale sono state danneggiate nel corso del tempo da continui fenomeni di subsidenza artificiale e in alcuni casi, in particolare nel Polesine e nel Delta Padano, l'affondamento del terreno ha causato un gravissimo dissesto idraulico ed idrogeologico;

   tra le conseguenze della alterazione dell'ordinamento idraulico, oltre all'abbassamento degli alvei e delle sommità arginali dei corsi d'acqua che ha annullato il franco di sicurezza degli argini, esponendo il suddetto territorio a frequenti esondazioni, è senz'altro da annoverare lo sconvolgimento del sistema di bonifica;

   è evidente infatti che i canali e i collettori di bonifica erano stati scavati nei secoli in modo da poter sfruttare le esigue pendenze tipiche dei territori di bassa pianura e i relativi coefficienti udometrici in base ai quali erano state calcolate le sezioni liquide degli scoli e le portate delle idrovore, erano alquanto bassi;

   questo straordinario abbassamento del territorio ha comportato un aumento dei costi per il riordino delle opere di bonifica, in particolare del costo dell'energia elettrica necessaria a garantire l'esercizio dei sistemi idrovori ed ha moltiplicato gli oneri relativi alla gestione e manutenzione degli impianti;

   nel corso degli anni, i finanziamenti statali a sostegno dei programmi di subsidenza si sono sempre più ridotti fino ad un loro completo azzeramento –:

   di quali ulteriori elementi dispongano i Ministri interrogati in merito a quanto brevemente riportato in premessa e se non intendano assumere iniziative urgentemente al fine di rifinanziare gli interventi necessari a contrastare la subsidenza.
(4-17784)


   CORDA e BASILIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   già dagli anni Novanta è nota la vicenda del cosiddetto «sarcofago della morte» sito nel tratto di strada delle 131 tra Sanluri e Sardara che continua incessantemente a scaricare veleni nei campi sardi per chilometri e chilometri. Si tratta di una vicenda oltre che di malaffare anche di disinteresse totale della politica locale;

   quella che doveva essere una grande opera di smaltimento si è rivelata una frode in pubbliche forniture. Secondo la procura di Cagliari la Sardinia Gold Mining avrebbe venduto il materiale di scarto della produzione aurifera nella miniera di Santu Miali. Un affare di smaltimento che avrebbe consentito ai protagonisti della vicenda un guadagno smisurato;

   la politica non è esente da colpe. Ci si chiede perché l'allora presidente della regione Mauro Pili, nonostante non sia mai stato coinvolto in nessuna indagine della magistratura, non abbia mai indagato sulla vicenda e come sia stato possibile che non sapesse niente della questione, considerato che la regione deteneva il 30 per cento della suddetta società;

   lo stesso Ugo Cappellacci, ex presidente della Sardinia Gold Mining ed ex presidente della regione Sardegna, nonostante fosse a conoscenza della vicenda, non ha minimamente pensato a prendere i provvedimenti necessari per risolvere questo disastro. Gli stessi rilievi possono essere mossi nei confronti dell'attuale assessore all'ambiente Donatella Spano che, ad avviso degli interroganti, mai ha posto, fino ad oggi, la sua attenzione su tale grave situazione –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e se abbia adottato o intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di evitare un disastro ambientale preannunciato, ponendo fine al continuo sversamento di scorie tra le campagne sarde tra cui mercurio, cadmio, arsenico e altri metalli cancerogeni.
(4-17789)


   STELLA BIANCHI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'impianto di trattamento meccanico-biologico (Tmb) di proprietà dell'Ama, situato a Roma in via Salaria 981 è da anni al centro di costanti proteste da parte dei cittadini residenti nella zona a causa dei miasmi e delle esalazioni provenienti dallo stesso che è di proprietà di Ama; si tratta di esalazioni che invadono, tra gli altri, i quartieri di Villa Spada, Fidene, Colle Salario, Nuovo Salario;

   nel sito vengono trattati rifiuti indifferenziati attraverso procedure meccaniche e processi biologici con i quali la frazione di rifiuti umida viene separata da quella secca. L'impianto non è in grado di smaltire rapidamente l'enorme quantità di rifiuti che viene conferita giornalmente, con la conseguenza che i rifiuti indifferenziati si accumulano all'interno del deposito trasformandolo a tutti gli effetti in una discarica. Va poi precisato che nell'impianto si svolge un lungo processo di fermentazione che dura 28 giorni. L'odore pestilenziale che si produce si diffonde nelle zone limitrofe densamente popolate, causando forti disagi, particolarmente forti per chi vive a ridosso dell'impianto che si trova a soli 50 metri dalla prima casa e a 150 metri dall'asilo;

   le associazioni sindacali hanno più volte denunciato lo stato di abbandono dell'impianto e la totale assenza di ogni forma di manutenzione. Mancano al suo interno sistemi di aereazione e di aspirazione delle polveri adeguati e di copertura dei rifiuti, mentre la sala manovra non sarebbe pressurizzata e le norme di sicurezza non verrebbero rispettate;

   tali carenze infrastrutturali si ripercuotono sulla salubrità delle zone circostanti e sulla salute dei cittadini e mettono a repentaglio la sicurezza degli addetti ai lavori. All'interno dell'impianto Tmb Ama di via Salaria si sono, infatti, verificati numerosi incidenti. L'ultimo è avvenuto nel luglio 2017 quando il braccio di un mezzo meccanico, che stava movimentando i rifiuti all'interno della fossa di scarico della struttura, ha urtato inavvertitamente contro il soffitto, causando il distaccamento di un pannello in cemento, caduto poi contro la portiera del mezzo;

   più volte è stata annunciata la chiusura del Tmb Ama di via Salaria e la sua riconversione, sempre rimandate. Da ultimo, l'amministrazione capitolina guidata dalla sindaca Raggi ha annunciato la sua chiusura entro il 2019 a condizione che la quota della raccolta differenziata raggiunga il 70 per centro: obiettivo che, allo stato attuale, appare estremamente difficile da raggiungere. L'attuale amministrazione capitolina guidata dalla sindaca Raggi ha inoltre di fatto cancellato i piani previsti dall'amministrazione precedente senza che questi fossero sostituiti da un piano industriale della nuova gestione di Ama in grado di garantire concretamente il rafforzamento dell'autonoma nella gestione del ciclo dei rifiuti e dunque il percorso necessario per arrivare alla chiusura del Tmb Ama di via Salaria –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda intraprendere al fine di monitorare le segnalate criticità dell'impianto Tmb Ama di via Salaria e dell'area su cui esso insiste, anche promuovendo una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, nell'ottica di assicurare la piena legalità, l'efficienza e il rispetto della tutela ambientale, della sicurezza dei lavoratori e della salute dei cittadini.
(4-17800)


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, ZOLEZZI, BARONI, MANTERO, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, TERZONI e PARENTELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il glifosato è un diserbante commercializzato sin dagli anni ’70 e largamente usato per fini agricoli ed urbani. Esso viene finanziato attraverso i piani di sviluppo rurale ed utilizzato, in agricoltura come in ambiente urbano, per la pulizia dei margini stradali, delle massicciate ferroviarie e del verde pubblico;

   diversi studi scientifici avvertono sul rischio del glifosato per lo sviluppo di patologie tumorali, anche infantili, e malattie neuro-degenerative. Il suo uso è inoltre correlato a diverse ripercussioni ambientali quali riduzione della biodiversità, dissesto idrogeologico ed erosione superficiale, con conseguente comparsa di piccole frane e smottamenti;

   l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc), facente parte dell'Organizzazione mondiale della sanità, a marzo 2016 ha pubblicato, il documento «Iarc monographs volume 112: evaluation of five organophosphate insecticides and herbicides», nel quale inseriva il glifosato nella classe 2A, «probabilmente cancerogeno per gli esseri umani»;

   l'Oehha (Office of Environmental Health Hazard Assessment), l'agenzia americana incaricata di proteggere l'ambiente e la salute ha definito cancerogeno, già dal 2015, il diserbante della Monsanto. Da qui la decisione della California di riportare l'indicazione di cancerogenicità sull'etichetta dal 7 luglio 2017;

   l'Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), nel marzo 2017 ha invece dato parere positivo affermando che il glifosato non è cancerogeno, né mutageno, né tossico per la riproduzione e neppure genotossico;

   l'associazione Friends of the Earth ha documentato come Monsanto e altri produttori di glifosato abbiano distorto le prove sugli effetti per la salute pubblica del glifosato per mantenerlo sul mercato, sponsorizzando tra il 2012 e il 2016 una serie di recensioni pubblicate su riviste scientifiche, che inevitabilmente concludono che l'erbicida e le sue formulazioni commerciali non sono nocive;

   il documento dell'Efsa del marzo 2016 dichiara la non cancerogenicità del glifosato. Tale studio è alla base della scelta della Commissione di prolungare la sua autorizzazione fino a dicembre 2017;

   diverse critiche sono state sollevate alla proroga del rinnovo nel marzo 2016, visti i conflitti sollevati dalla pubblicazione dei «Monsanto Paper», un'inchiesta giornalistica tesa a dimostrare come nella decisione della Commissione abbia pesato l'interferenza della stessa azienda produttrice;

   la Commissione ha invitato il 20 luglio 2017 i Governi europei ad inviare commenti sulla prossima decisione per il rinnovo dell'autorizzazione del glifosato. Il parere del presidente della Commissione Juncker sarebbe quello di estendere l'autorizzazione per i prossimi 10 anni, vietando la sola associazione del glifosato con il coformulante «ammina di sego». L'Esecutivo, d'altro canto, ha dichiarato di non voler procedere alla ri-autorizzazione senza la maggioranza qualificata degli Stati dell'Unione europea;

   la Francia ha recentemente dichiarato la sua intenzione di votare contro tale rinnovo, in linea con la volontà di tutela ambientale e l'impegno nazionale verso una transizione ecologica;

   sono state raccolte oltre un milione di firme (1.300.000) dall'Iniziativa dei Cittadini europei stop glifosato per contrastare il rinnovo di questa sostanza;

   il Governo italiano in vista della proroga dell'autorizzazione al glifosato si era da sempre dichiarato contrario, affermando la necessità di un «piano glifosato zero», astenendosi poi durante il voto del marzo 2016;

   va tenuto conto dell'accoglimento da parte del Governo degli ordini del giorno 9/03926-AR/080 in data 21 luglio 2016 e 9/00302-A/009 in data 2 maggio 2017 –:

   quale posizione esprimerà il Governo, in sede europea, in occasione della decisione sul rinnovo della autorizzazione relativa al glifosato;

   quali iniziative, in applicazione del principio di precauzione, il Governo abbia intenzione di intraprendere per vietare definitivamente e in maniera permanente la produzione, la commercializzazione e l'impiego di tutti i prodotti a base di glifosato, in linea con la necessità di tutela dell'ambiente e della salute umana e di una transizione agro-ecologica, tale da garantire la biodiversità, l'efficienza dei processi biologici e la diversificazione dei sistemi di produzione.
(4-17805)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NESCI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   da notizie stampa si apprende che il soprintendente delle province di Catanzaro, Cosenza e Crotone, Mario Pagano, ha diramato una circolare sull'archeologa Margherita Corrado, ivi definendola «incompatibile con qualsiasi lavoro, la cui vigilanza spetti a questo ufficio, in quanto è in corso un procedimento penale presso la Procura di Torre Annunziata per diffamazione grave nei confronti del sottoscritto, Soprintendente pro tempore»;

   pertanto, ha aggiunto nella predetta circolare il Pagano, «detto professionista non può ricevere incarichi professionali che debbano essere conferiti o sottoposti a valutazione di questa Soprintendenza», invitando poi i destinatari della medesima «ad attenersi scrupolosamente a detta disposizione»;

   l'archeologa Corrado ha denunciato pubblicamente presunte irregolarità nelle autorizzazioni concesse alla proprietà del Resort di Torre Scifo, in prossimità del sito archeologico di Capo Colonna, relative a un bar-ristorante con piscina e a 230 posti letto distribuiti in 79 bungalow;

   la predetta struttura, in costruzione, è stata sequestrata dalla procura di Crotone, che per la vicenda ha chiesto di processare sei persone, tra cui il soprintendente Pagano;

   il procedimento penale in corso di cui alla riferita circolare del Pagano dovrebbe riguardare la vicenda, denunciata da Corrado, per cui la procura di Crotone si è determinata sopra come riassunto;

   all'interrogante l'atteggiamento del Pagano appare inammissibile e ritorsivo, se il procedimento penale in predicato, non notificato all'archeologa Corrado, per quanto la stessa ha dichiarato alla stampa, dovesse riguardare la suddetta vicenda di Torre Scifo e le denunce della professionista;

   il Ministro interrogato ha l'obbligo di tutelare i beni culturali e l'immagine del Ministero da lui diretto;

   in linea generale, non sarebbe in alcun modo accettabile l'idea che denunciare alla magistratura sia sconveniente e che i dipendenti pubblici possano agire in forme che appaiono ritorsive –:

   se sia a conoscenza dei fatti;

   se non ritenga che sussistano i presupposti, in attesa della definizione del procedimento penale a carico del soprintendente Pagano, per l'assegnazione del medesimo ad altro ufficio, preferibilmente, per ragioni di opportunità, fuori dalla Calabria.
(5-12182)

Interrogazione a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il fondo unico per lo spettacolo (Fus) istituito dalla legge n. 163 del 1985 costituisce il principale strumento di sostegno al settore dello spettacolo dal vivo e della cinematografia da parte dello Stato;

   le finalità del Fus consistono nel sostegno finanziario ad enti, istituzioni, associazioni, organismi ed imprese operanti nei settori delle attività cinematografiche, musicali, di danza, teatrali, circensi e dello spettacolo viaggiante, nonché nella promozione e nel sostegno di manifestazioni ed iniziative di carattere e rilevanza nazionali da svolgere in Italia o all'estero;

   i contributi alle fondazioni lirico-sinfoniche sono assegnati con i criteri e le procedure indicate nel decreto ministeriale 3 febbraio 2014;

   il 26 luglio 2017, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha approvato l'integrazione del piano di risanamento per il triennio 2016-2018 per quanto concerne la Fondazione Teatro Lirico «Giuseppe Verdi» di Trieste;

   come riportato nella nota stampa della Fondazione, pubblicata nella medesima giornata sul proprio sito online «il Decreto di approvazione, sottoscritto dal Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini e dal Ministro dell'Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan, di fatto riconosce alla Fondazione una posizione di eccellenza tra gli Enti impegnati a sostenere il percorso di risanamento, stabilendo due primati: quella triestina è la prima ad avere pienamente superato tutte le scadenze del primo Piano (2013/2016) ed è la prima a vedere approvato il nuovo Piano di adeguamento fino al 2018 (previsto dal decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2016, n. 160, in particolare articolo 24 “Misure urgenti per il patrimonio e le attività culturali”), interamente redatto grazie a risorse interne, in un'ottica di contenimento dei costi. (...) L'approvazione del nuovo Piano si affianca ai successi della stagione appena conclusa, che ha registrato, per il secondo anno consecutivo, un incremento di pubblico, pari a +17 per cento per le attività 2016-2017»;

   in merito, il sovrintendente della Fondazione Stefano Pace, nell'intervista pubblicata da Il Piccolo di Trieste il 31 luglio 2017, ha commentato: «speriamo che non ci siano sorprese da parte del Fondo Unico dello Spettacolo. Abbiamo fatto un passo importante per la messa in sicurezza del Verdi (...). Siamo stati i primi a ottenere questo risultato superando l'esame a pieni voti»;

   secondo un articolo del 9 settembre 2017 pubblicato dal suddetto quotidiano triestino, il Consiglio di indirizzo del Teatro citato ha chiesto «un incontro con la Presidente della Regione Fvg Debora Serracchiani e con il Ministro Franceschini riguardo il taglio di 890 mila euro da parte del FUS nei confronti del Verdi di Trieste. (...) Come evidenziato nella nota diffusa dalla Fondazione, dopo la riunione del Consiglio di Indirizzo, sono state analizzate le diverse voci e i punteggi della ripartizione, in attesa degli incontri presso le competenti sedi istituzionali (...). La soluzione positiva dovrebbe prevedere il recupero dei quasi novecento mila euro assegnati quest'anno, indispensabili per garantire il pareggio di bilancio (obiettivo imprescindibile del piano di risanamento)»;

   inoltre, «si rileva una vera e propria emorragia di risorse del Fus, a decorrere dal 2012, visto che da 11 milioni di stanziamento previsti per il primo piano, si è progressivamente passati a 7,8 per l'anno 2017. La RSU non nasconde la preoccupazione per la situazione. Negli anni, rinunciando per esempio al premio di produzione, i sindacati hanno sempre perseguito azioni per mantenere i posti di lavoro e evitare esuberi. Il Verdi occupa attualmente 240 persone. Sotto accusa, da parte dei sindaci, è stata la scelta del ministero di non prorogare l'attribuzione del 5 per cento del Fus alle Fondazioni virtuose, ovvero quelle che hanno chiuso il bilancio in attivo per tre esercizi consecutivi (è il caso del Verdi). Per questo anche la Rsu, in modo unitario, ha chiesto un incontro urgente alla presidente della regione Serracchiani» –:

   alla luce dei fatti esposti in premessa, quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda porre in essere al fine di evitare i tagli ai fondi per la Fondazione teatro lirico «Giuseppe Verdi» di Trieste;

   quali iniziative intenda inoltre attuare al fine di scongiurare possibili ripercussioni per i lavoratori.
(4-17803)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VALLASCAS. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nelle scorse settimane, numerosi organi di stampa hanno divulgato la notizia secondo la quale il Ministero dell'economia e delle finanze starebbe studiando un piano per la cessione di gran parte delle partecipate in capo al Ministero con l'intento di abbattere il debito pubblico;

   in particolare, il quotidiano di informazione economica Il Sole 24 Ore, nell'edizione del 25 agosto 2017 ipotizzerebbe la nascita di «Una super holding per provare a privatizzare in un colpo solo buona parte degli asset controllati o partecipati dal Ministero dell'Economia e delle Finanze. È il piano che stanno studiando diverse banche d'affari e un paio di studi legali per supportare il Tesoro in quella che potrebbe rivelarsi una mossa chiave per ridurre il debito»;

   secondo il sito di informazione economica e finanziaria Firstonline «L'idea di base è mettere sul mercato in una volta sola il 35-40 per cento della super holding ma non attraverso una quotazione in Borsa bensì attraverso un investimento di grandi fondi, Fondazioni, casse previdenziali e operatori finanziari di alto rango»;

   il citato articolo del Il Sole 24 Ore riporta, tra le altre cose, anche alcune dichiarazioni del Ministro dell'economia e delle finanze, secondo le quali il processo di privatizzazione rientrerebbe in una parte della strategia perseguita dal Governo per abbattere il debito pubblico;

   questo processo si sarebbe interrotto nell'ultima legge di bilancio, ma «il Mef sta valutando se ci sono le condizioni per riprenderlo»;

   tra le società che potrebbero essere inserite nel piano, si citano tutte quelle «riconducibili alla Cdp», ma anche quelle «che gravitano direttamente nell'orbita del Tesoro come Ferrovie, Anas, Enav, il pacchetto di Poste Italiane, quello in Enel e il 4 per cento di Eni»;

   secondo quanto riportato dagli organi di stampa starebbero lavorando all'elaborazione del piano «diverse banche d'affari tra cui Goldman Sachs, Rothschild, Mediobanca, Credit Suisse e SocGen, più un paio di studi legali e tra questi uno di profilo internazionale»;

   alcuni organi di stampa avrebbero affermato che le ipotesi sarebbero in fase avanzata «Tanto che alcuni rappresentanti delle banche d'affari avrebbero già bussato anche alle porte di Palazzo Chigi per presentare le prime bozze del piano»;

   le dimensioni del piano, che coinvolgerebbe importanti società partecipate dallo Stato, capitali e risorse pubblici nonché considerevoli risparmi dei cittadini, richiederebbe un processo pubblico improntato alla massima trasparenza con il coinvolgimento delle Parlamento, circostanza che, allo stato attuale, non si sarebbe verificata;

   nell'ipotetico elenco delle società che potrebbero essere ricomprese nel piano risulterebbero molti organismi che rivesto ruoli o che operano in settori strategici e sensibili, pertanto una loro privatizzazione, anche in parte, ovvero qualsiasi provvedimento che ne riducesse il controllo da parte dello Stato, creerebbe situazioni di grave criticità e indebolimento, se non addirittura di pericolo, per i settori e le comunità interessate;

   è il caso di ricordare che, nel complesso, le politiche intraprese dal Governo per attrarre investitori stranieri nel nostro Paese, non solo non hanno creato lavoro, occupazione e ricchezza in Italia, ma hanno contribuito a depauperare il patrimonio industriale italiano, favorendo l'acquisizione e la delocalizzazione anche di marchi storici del made in Italy –:

   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;

   quali siano i dettagli del piano per la cessione di gran parte delle società partecipate dal ministero dell'economia e delle finanze;

   quali siano le valutazioni del Governo sui profili economici e finanziari nonché sui rischi sottesi all'elaborazione del piano;

   quali siano i criteri di scelta degli operatori del sistema bancario chiamati a elaborare una proposta di piano.
(5-12169)


   VALLASCAS. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'edizione dell'8 settembre 2017, de Il Fatto Quotidiano riportava la notizia secondo la quale Cassa depositi e prestiti, in cordata con Standard Chartered e Ubi Banca, avrebbe deliberato l'apertura di una linea di credito pari a 300 milioni di dollari alla società degli Emirati Arabi Meydan Group LLC;

   il finanziamento sarebbe destinato alla realizzazione del grande parco commerciale Meydan One Mall a Dubai, del valore complessivo di 1,5 miliardi di dollari;

   come riferisce lo stesso articolo del Fatto Quotidiano, nei lavori di costruzione del citato parco, e in particolare nella realizzazione del primo lotto, risulterebbe essere impegnato il gruppo Salini Impregilo;

   il sito internet della Salini Impregilo riporta la notizia «16 marzo 2017: Salini Impregilo ha firmato un contratto da 435 milioni di dollari con Meydan Group LLC per la realizzazione del Meydan One Mall a Dubai negli Emirati Arabi Uniti»;

   secondo quanto riferisce il Fatto Quotidiano le risorse finanziarie erogate, in quota parte, da Cassa depositi e prestiti, sarebbero destinate a sostenere le attività internazionali e l’export di un'impresa italiana;

   in particolare, il quotidiano precisa che, seconda, Cassa depositi e prestiti «L'operazione rientra nella sfera tipica delle attività di Export Finance: si finanzia una impresa straniera affinché acquisti delle forniture italiane»;

   l'operazione desta comunque una molteplicità di dubbi e interrogativi sia per eventuali situazioni che potrebbero delineare un conflitto di interessi, sia perché l'operazione oltrepasserebbe alcuni limiti posti alle attività di finanziamento di Cassa depositi e prestiti;

   è il caso di osservare che l'attuale presidente di Cassa depositi e prestiti, Claudio Costamagna, sino al mese di luglio del 2015 era presidente di Salini Impregilo, circostanza che potrebbe porre il manager in una situazione di conflitto di interessi;

   è il caso anche di riportare quanto riferisce il giornale in merito alle norme quadro in materia che fisserebbero condizioni precise alle operazioni di finanziamento di Cassa depositi e prestiti, «La prima delle quali è quella di erogare credito ad aziende italiane»;

   secondo il quotidiano la stessa intesa tra Cassa depositi e prestiti e l'Associazione bancaria italiana «prevede che i destinatari dei finanziamenti debbano essere "operatori italiani o loro controllate o collegate Estere"» circostanza che non sembra riguardare l'operazione citata;

   il decreto 23 dicembre 2014 del Ministro dell'economia e delle finanze, all'articolo 1, comma 3, stabilisce che «Cassa depositi e prestiti può effettuare operazioni di finanziamento di ammontare superiore a 25 milioni di euro [...] purché siano effettuate in co-finanziamento con altro istituto per una quota di Cassa depositi e prestiti spa non eccedente il 50 per cento dell'importo del finanziamento complessivo»;

   secondo quanto riporta l'articolista, finanzierebbe la maggior parte della cifra destinata al gruppo degli Emirati, circa 230 su 300 milioni di dollari, pari al 77 per cento della quota dei finanziamenti, eccedente il limite del 50 per cento fissato dal citato decreto;

   nel complesso, da quanto esposto, risulterebbe che Cassa depositi e prestiti avrebbe erogato finanziamenti superiori ai limiti di legge a un organismo societario non italiano – contrariamente a quanto stabilito dai criteri sull'internazionalizzazione delle imprese e delle esportazioni da parte di Cassa depositi e prestiti – per sostenere una società italiana, la Salini Impregilo, presieduta sino a due anni fa dall'attuale presidente della stessa Cassa depositi e prestiti –:

   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;

   se il Governo non ritenga opportuno, per quanto di competenza, verificare che l'operazione esposta in premessa risponda alle norme e agli accordi in materia di finanziamento per l'internazionalizzazione delle imprese e l'esportazione da parte di Cassa depositi e prestiti;

   quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, per verificare che nell'operazione di finanziamento da parte di Cassa depositi e prestiti non si delineino situazioni di conflitto di interessi da parte dei soggetti interessati.
(5-12170)


   PAGLIA, FASSINA, PANNARALE, MARCON e FRATOIANNI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   ad un anno esatto dalla problematica operazione di fusione con Tercas, la Banca Popolare di Bari, considerata per i suoi settantamila azionisti e tremilacinquecento dipendenti il più grande istituto di credito del Mezzogiorno, si trova nel vortice di una vicenda giudiziaria destinata a disturbare il sonno di molti risparmiatori e azionisti;

   l'ultima inchiesta in ordine di tempo vede iscritti nel registro degli indagati i vertici dell'istituto pugliese ai quali vengono contestati i seguenti capi d'imputazione: associazione per delinquere, truffa, ostacolo all'attività della Banca d'Italia e false dichiarazioni nel prospetto informativo depositato alla Consob, ai quali aggiungere, a carico di alcuni di essi, i reati di concorso in maltrattamenti ed estorsione; la stessa inchiesta ha fatto inoltre emergere anni di gestione discutibile, caratterizzata di gravi perdite di bilancio e prestiti elargiti anche con dubbie giustificazioni, tutte circostanze per le quali è chiamato sul banco degli imputati quel modello chiuso di gestione che sin dal 1960, anno di fondazione dell'istituto barese, ha visto avvicendarsi al suo ponte di comando solo membri della famiglia Jacobini;

   qualora le accuse fossero suffragate, i soci potrebbero valutare di chiedere un risarcimento per il danno subito da un investimento effettuato sulla base di dati non veritieri e pertanto rivelatosi più rischioso di quanto i prospetti, alterati, facessero pensare, con pesanti ripercussioni sia sull'economia pugliese sia sul mercato azionario, stante il valore pari al miliardo dei titoli distribuiti, ed il rischio, tutt'altro che remoto, che si inneschi un'altra crisi bancaria dagli esiti imprevedibili, stavolta in grado di travolgere le già precarie condizioni dell'economia meridionale;

   al di là degli sviluppi giudiziari dell'intera vicenda e tenuto conto che il susseguirsi negli ultimi tempi di episodi di crisi nel sistema bancario, che hanno coinvolto diversi ed importanti istituti di credito italiani, ha lasciato sul campo una enorme massa di risparmiatori che hanno visto in modo drammatico ridimensionare o, peggio, perdere tutti i loro risparmi, il timore degli interroganti è che nel frattempo tra i clienti della Banca Popolare di Bari si generi panico ed un'inarrestabile corsa agli sportelli per ricevere chiarimenti sulla sicurezza dei loro investimenti o, addirittura, al fine di evitare il trattamento deteriore riservato in precedenza alle tante vittime del risparmio tradito, per recuperarli –:

   quali siano a tutt'oggi gli orientamenti del Governo, per quanto di competenza, sotto il profilo della governance e della solidità patrimoniale dell'istituto bancario in premessa.
(5-12178)


   SIBILIA e D'INCÀ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   dalle intercettazioni acquisite dalla Procura di Roma, diffuse di recente dal «Corriere delle Alpi», si apprende che l'avvocato Massimo Malvestio abbia disquisito con Massimo Lembo, dirigente di Veneto Banca, di un'operazione finanziaria da 400 milioni di euro posta in essere dalla Banca popolare di Vicenza che finanziava la società «Optimum» di diritto lussemburghese affinché sottoscrivesse azioni della medesima banca, intestando formalmente le stesse a fondi amministrati da una consociata nell'isola di Malta; per le connesse violazioni normative intervengono la Banca centrale europea e la Consob e si apprende che le autorità maltesi hanno revocato la «licenza ad operare» alla società che gestisce i fondi Optimum; l'avvocato Malvestio dichiara altresì che la stessa operazione è stata proposta anche a Veneto Banca e che gli è stato asserito che l'operazione avrebbe «l'appoggio della Vigilanza»; infine lo stesso Malvestio dichiara che il rifiuto di Veneto Banca a porre in essere l'operazione descritta «(...) sia stato all'origine dei guai con il dottor Barbagallo»;

   quanto dichiarato dall'avvocato Malvestio — qualora dovesse essere confermato, ivi compreso il riferimento al dottor Barbagallo, Capo del Dipartimento di vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d'Italia – rappresenta ad avviso degli interroganti non solo una grave violazione delle disposizioni normative di settore, ma altresì una non corretta gestione dei compiti di vigilanza attribuiti alla Banca d'Italia da parte dei propri esponenti, con gravi conseguenze sulla stabilità e sull'efficienza del sistema bancario e finanziario –:

   nel caso in cui il Capo del Dipartimento di vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d'Italia dottor Carmelo Barbagallo non abbia esercitato correttamente le proprie competenze in termini di vigilanza in merito alla descritta operazione finanziaria di 400 milioni di euro posta in essere da Banca popolare di Vicenza e qualora dovesse essere confermata l'eventuale interferenza del medesimo – così come dichiarato dall'avvocato Malvestio – nei confronti di Veneto Banca, determinandone l'instabilità economica-finanziaria, se non si intendano avviare le procedure per la revoca del Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, ai sensi del comma 8 dell'articolo 19 della legge n. 262 del 2005.
(5-12179)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GUIDESI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 16, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (la cosiddetta spending review del Governo Monti), ha disposto la riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio e dei trasferimenti erariali per il complessivo importo di 2.250 milioni di euro, per l'anno 2013, nei confronti dei comuni ricompresi nelle regioni a statuto ordinario, in misura proporzionale alle spese sostenute per consumi intermedi nel triennio 2010-2012 (come desunte dal sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici) da attuarsi attraverso decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'interno;

   con la sentenza n. 129 del 6 maggio 2016, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale tale norma, per violazione degli articoli 3, 97 e 119 della parta fondamentale;

   per quanto concerne la violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione, questa è stata riscontrata nella parte in cui, a differenza di quanto previsto per le riduzioni dei trasferimenti ai comuni per l'anno 2012, non si subordina la determinazione dei tagli assunta unilateralmente dallo Stato con decreto ministeriale all'ipotesi di inerzia della Conferenza Stato-città autonomie locali;

   in merito all'articolo 119, invece, la disposizione è stata censurata, perché ha comportato la lesione dell'autonomia finanziaria riconosciuta agli enti locali dallo stesso articolo, in quanto il parametro utilizzato per la determinazione della riduzione dei trasferimenti statali nelle spese sostenute, da parte di ciascun ente locale, per i «consumi intermedi», è una categoria nella quale rientrano sia le spese stanziate nell'interesse di ogni singola amministrazione, sia quelle destinate ad assicurare servizi ai cittadini;

   l'illegittimità deriva dal fatto che la norma non ha previsto alcuna forma di coinvolgimento degli enti locali nella procedura per la riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio da applicare ai singoli comuni; tantomeno è stato indicato un termine per l'adozione, da parte del Ministero dell'interno del decreto attuativo che determina la riduzione di entrate erariali per ciascun comune;

   i giudici costituzionali hanno richiamato il legislatore in merito al mancato rispetto del principio di leale e reciproca collaborazione quale metodo per l'azione di scelte che incidono su diversi livelli di governo, ricordando che, in ogni caso, il taglio di risorse non può compromettere la possibilità per i comuni di garantire i servizi essenziali ai cittadini. Hanno inoltre rilevato che la riduzione dei trasferimenti a esercizio finanziario quasi concluso ha arrecato problemi nella programmazione economico-finanziaria dell'ente locale, in particolare nella stesura e nell'approvazione del bilancio di previsione;

   si ritiene ormai consolidato l'orientamento della giurisprudenza in merito al principio di retroattività degli effetti delle sentenze della Corte costituzionale anche ai rapporti giuridici sorti anteriormente alla pronuncia che non sono esauriti;

   ad oggi sono moltissimi i comuni che in base a questa pronuncia costituzionale stanno predisponendo, o hanno già predisposto, istanza di rimborso al Ministero dell'economia e delle finanze e/o al Ministero dell'interno;

   come già sottolineato dalla Corte costituzionale, le risorse tolte ai comuni con la spending review del Governo Monti costituivano per questi, e specie per quelli più piccoli, un budget importante per l'erogazione di servizi pubblici essenziali –:

   con quali modalità il Governo intenda dare seguito alla pronuncia della Corte Costituzionale relativa alla illegittimità dei «tagli» stabiliti dall'articolo 16, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, al fine di procedere immediatamente alla restituzione delle somme illegittimamente trattenute dallo Stato a scapito dei comuni ricompresi nelle regioni a statuto ordinario attraverso la riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio e dei trasferimenti erariali per il complessivo importo di 2.250 milioni di euro per l'anno 2013.
(4-17779)


   GIULIETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   per la sopravvivenza dei piccoli comuni è fondamentale garantire i cosiddetti servizi essenziali e che tra questi rientrano sicuramente i servizi offerti dagli istituti di credito;

   nel comune di Costacciaro (Perugia) è prevista la chiusura dello sportello bancario di Ubi Banca, che priverebbe la popolazione di un servizio di primaria importanza;

   la popolazione di Costacciaro è costituita per circa un quarto da ultra 65enni abituata al contatto diretto e fiduciario con l'operatore bancario e con la chiusura dello sportello le attività commerciali locali, già sofferenti, riceverebbero il «colpo finale», dal momento che verrebbero meno i motivi per attrarre potenziali clienti nel centro storico;

   con la chiusura dello sportello bancario la comunità di Costacciaro resterà sguarnita di un presidio essenziale, che sta operando oltretutto già ad orario ridotto, e che nel corso degli anni è stato un punto di riferimento per le famiglie, i risparmiatori, gli operatori;

   per scongiurare la chiusura, si è attivata anche l'amministrazione comunale che ha chiesto ed ottenuto un incontro con i vertici dell'istituto di credito durante il quale è stata prospettata la chiusura dello sportello di Costacciaro a seguito di una riorganizzazione dei servizi che andrà a penalizzare soprattutto i piccoli comuni –:

   se intenda assumere ogni iniziativa di competenza, anche con il coinvolgimento dell'Abi, al fine di scongiurare la chiusura degli sportelli bancari nei piccoli comuni e, nello specifico, per evitare la chiusura dello sportello nel comune di Costacciaro (Perugia) che priverebbe i cittadini di un servizio essenziale.
(4-17782)


   GALATI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   «Termini Underground» è il progetto dell'associazione ALI onlus, specializzata in progetti artistici a sfondo sociale, da dodici anni portato avanti all'interno della stazione Termini di Roma con la direzione artistica di Angela Cocozza, regista, autrice e coreografa;

   il progetto nasce nel 2005 come progetto educativo sperimentale di prevenzione per giovani a rischio di esclusione sociale e follow-up di un progetto europeo coordinato dall'università di Cambridge, che ha finanziato l'avvio della sperimentazione con il comune di Roma, coinvolgendo centinaia di giovani e ragazzi provenienti dalle classi sociali più emarginate, dando loro l'occasione di confrontarsi con ragazzi provenienti da situazioni sociali più stabili e sicure, metodo fondamentale per il processo di integrazione;

   dal 2007 le attività dell'associazione sono realizzate alla stazione Termini nei locali messi a disposizione dal Dopolavoro ferroviario. Da allora sono coinvolti centinaia di ragazzi tra cui tanti immigrati di prima e seconda generazione, profughi, ragazzi usciti da comunità per il recupero di tossicodipendenti o da istituti di rieducazione, anche grazie al contributo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo nell'ambito dell'avviso pubblico «MigrArti»;

   nel settembre 2011 l'Associazione ha rilevato lo spazio alla stazione Termini lasciato dal Dopolavoro ferroviario stipulando un contratto con Grandi Stazioni, società del gruppo Ferrovie dello Stato italiane, partecipata interamente dal Ministero dell'economia e delle finanze, per un progetto di formazione e lavoro sostenuto anche dall'Istituto per il credito sportivo, che avrebbe provveduto a trovare le risorse economiche;

   Grandi Stazioni concedeva diciotto mesi di gratuità dello spazio allo scadere dei quali si sarebbe dovuta avviare l'attività vera e propria pagando un regolare canone d'affitto. A pochi mesi dall'insediamento, il sopravvenuto commissariamento dell'Istituto per il credito sportivo (verso il quale è disposta la procedura di amministrazione straordinaria con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 28 dicembre 2011) impedisce all'associazione di ricevere i fondi necessari alla messa a norma degli spazi nei tempi stabiliti;

   nonostante queste difficoltà, l'associazione è riuscita ad effettuare almeno i lavori di messa in sicurezza e dare seguito al progetto educativo, rimanendo tuttavia indietro con il pagamento dell'affitto previsto;

   il rallentamento e le difficoltà a reperire fondi che le attività sociali hanno subito negli anni successivi non hanno impedito all'associazione di continuare nella sua missione, divenendo negli anni una delle 15 best practices nel mondo come progetto di prevenzione al disagio giovanile;

   nonostante i debiti accumulati con Grandi Stazioni, grazie al valore del progetto stesso e l'intercessione continua di diversi soggetti politici a livello comunale, regionale e di Governo, Grandi Stazioni non ha mai chiesto la risoluzione del contratto confidando in una soluzione. Nel 2016 con la trasformazione della società in Grandi Stazioni Rail e il cambio dei vertici aziendali è stata citata in giudizio l'associazione chiedendo lo sfratto per morosità;

   l'intervento di importanti media nazionali ha contribuito a sensibilizzare i soggetti interessati a trovare una soluzione che permettesse all'associazione di continuare il progetto, individuando uno spazio alternativo a quello alla stazione Termini e permettendo di usufruire di un trattamento economico contenuto. Grandi Stazioni Rail si impegnava a dimezzare il debito e a non dare seguito allo sfratto, intanto che non fosse stato individuato uno spazio alternativo;

   soluzione che, comunque, determinerebbe l'emersione di una situazione di difficoltà a carico dell'associazione, la quale nonostante le criticità sopraesposte ha meritoriamente portato avanti un progetto sociale, la cui rilevanza è riconosciuta a livello internazionale –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti ed in quale misura ritengano di poter intervenire per salvaguardare e favorire la continuità di un progetto educativo di integrazione e reintegrazione sociale che coinvolge centinaia di giovani.
(4-17786)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   il 30 novembre 2004 Volare Group s.p.a., Volare Airlines s.p.a. ed Air Europe s.p.a. furono ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza;

   nel 2005 si sono concluse le indagini per bancarotta fraudolenta avviate dalla procura di Busto Arsizio (Varese) sul fallimento del gruppo;

   nel settembre dell'anno 2008 la procura di Busto Arsizio, a seguito di un supplemento d'indagine, ha chiesto il rinvio a giudizio per 16 degli indagati;

   a distanza di 9 anni dalla conclusione delle indagini, si è giunti solo in data 31 marzo 2017 alla definizione del giudizio di primo grado avanti il tribunale di Busto Arsizio, con sentenza di condanna di 4 appartenenti al consiglio di amministrazione del gruppo Volare a pene comprese tra i 4 e i 6 anni di reclusione, sono invece stati assolti a vario titolo 5 degli imputati per intervenuta prescrizione;

   appare incomprensibile come indagini per reati di tale gravità coinvolgenti personalità di spicco della classe dirigente ed imprenditoriale italiana siano rimaste «dimenticate» per oltre un decennio. Risulta doveroso un accertamento che permetta di comprendere in quale fase del procedimento il fascicolo si sia incagliato, se in procura o negli uffici del giudice per le indagini preliminari o nel tribunale penale di Busto Arsizio, giungendo così a giudizio con estremo ed inammissibile ritardo;

   il monumentale lavoro dell'autorità inquirente rischia quindi ora di essere vanificato dalla prescrizione che certa incombe sui prossimi gradi di giudizio –:

   se non intenda, per quanto di competenza, adottare iniziative volte a verificare le cause e le eventuali responsabilità di una così lunga durata del procedimento in questione e se non ritenga comunque di adottare iniziative volte ad abbreviare i tempi dei procedimenti penali.
(2-01931) «Melilla».

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA, SCOTTO, RICCIATTI, FERRARA, ZARATTI, SANNICANDRO, KRONBICHLER, PIRAS, QUARANTA, NICCHI e FRANCO BORDO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   a Sulmona un giovane detenuto di 24 anni si è suicidato;

   il detenuto era a Sulmona da pochi giorni ed era un collaboratore di giustizia;

   il carcere di alta sicurezza di Sulmona ha un elevato numero di ergastolani e ha una sezione di collaboratori di giustizia;

   da tempo non si verificavano più suicidi in questo carcere sino a qualche anno fa noto per aver avuto molti casi di suicidi e gravi episodi di autolesionismo tra i detenuti –:

   se non intenda chiarire, per quanto di competenza, le circostanze che hanno determinato questo fatto così grave.
(4-17783)


   MURER. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 3 agosto 2017 è entrata in vigore la legge n. 103 del 23 giugno 2017 recante modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario;

   la normativa, tra le altre cose, prevede l'introduzione nel codice penale dell'articolo 162-ter, con l'estinzione del reato per condotta riparatoria in alcune circostanze;

   la nuova norma prevede che «nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l'imputato ha riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato»;

   la norma prevede anche che «il risarcimento del danno può essere riconosciuto anche in seguito ad offerta reale ai sensi degli articoli 1208 e seguenti del codice civile, formulata dall'imputato e non accettata dalla persona offesa, ove il giudice riconosca la congruità della somma offerta a tale titolo»;

   le circostanze di cui sopra riguarderebbero anche alcune fattispecie legate al reato di stalking, quelle cioè definite di «molestie», senza le circostanze aggravanti;

   per i casi di stalking con reiterate minacce, la querela è irrevocabile e quindi non si applica quanto disposto dal nuovo articolo 162-ter del codice penale;

   per forme definite meno gravi di stalking, rubricate come molestie, la querela è revocabile e quindi si applicherebbe quanto disposto con la legge n. 103 del 2017;

   secondo alcuni studi, circa il 60-70 per cento dei reati di stalking consiste in molestie, mentre i casi di minacce, cioè quelli giudicati più gravi secondo la legge, corrispondono solo al 30 per cento delle denunce, di cui solo il 15 per cento è «grave»;

   la cronaca dimostra, tuttavia, con frequenza, che lo stalking, anche nelle forme che appaiono meno gravi, è spesso preparatorio di atti più pesanti: tragici epiloghi che si formano dopo anni di persecuzioni, maltrattamenti, violenze che vanno colpite con decisione e nettezza;

   lo stalking, in tutte le sue forme, non può quindi in alcun modo essere oggetto di forme di attenuazione nella disciplina penale; ne va del sostegno alle donne che, con coraggio, decidono di intraprendere percorsi di tutela, e che non possono vedere monetizzata una condotta che mette a rischio sicurezza personale e dignità;

   appare dunque davvero inammissibile che per un reato diffuso come lo stalking, ancorché senza le aggravanti, il giudice possa dichiarare estinto un reato in seguito ad un risarcimento, ovvero addirittura attraverso un'offerta di denaro proposta dall'imputato e considerata congrua dallo stesso giudice, anche senza il consenso della vittima;

   associazioni e sindacati hanno, in queste settimane, chiesto con forza che il nuovo articolo 162-ter introdotto nel codice penale, venisse modificato sanando questa grave lacuna;

   già durante il dibattito in Parlamento, nel corso dell’iter di approvazione del provvedimento, furono sollevate obiezioni a cui però arrivarono risposte rassicuranti dal Governo, che le definì non fondate;

   la convenzione di Istanbul stabilisce, all'articolo 48, il divieto di metodi alternativi di risoluzione dei conflitti o di misure alternative alle pene obbligatorie per reati connessi alla violenza di genere;

   la stessa Convenzione prevede, all'articolo 45, che «i reati stabiliti conformemente alla presente Convenzione siano puniti con sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive» –:

   se e quali iniziative il Governo intenda assumere per evitare che il reato di stalking, nelle sue forme più lievi, venga a ricadere nella menzionata nuova disciplina con l'estinzione del reato medesimo, così come apparirebbe dalla lettura della legge n. 103 del 23 giugno 2017, in vigore dal 3 agosto 2017.
(4-17785)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CRIPPA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa apparse nel mese di giugno 2017, la realizzazione di quanto previsto con il progetto EVA+ sarebbe bloccato in seguito alle critiche sollevate da Aiscat, l'associazione dei gestori autostradali;

   l'accordo tra i due enti, presentato alla fine di novembre 2016 prevedeva, in tempi rapidi, l'installazione di 180 colonnine per la ricarica veloce delle auto elettriche lungo la rete autostradale, ottenendo anche un contributo europeo per il finanziamento, nell'ambito di un piano dell'Enel, più volte annunciato ma non ancora pubblicato, che dovrebbe portare circa 20 mila stazioni di ricarica a servizio di circa 1 milione di elettriche circolanti al 2020;

   già nel 2013 la società aveva annunciato l'installazione di colonnine a 43 kW di potenza in corrente alternata, che avrebbero consentito di ricaricare le auto in mezz'ora, permettendo loro di affrontare anche viaggi extraurbani;

   da allora, più volte sono stati annunciati piani massivi di installazione di colonnine veloci, utili a superare il limite tecnologico dell'autonomia in chilometri per singola carica;

   nel documento della Sen tuttora in consultazione si ipotizzano 5 milioni di auto elettriche al 2030, senza indicare strumenti e politiche che dovrebbero portare a tale risultato;

   la Corte dei conti, nel 2016, ha evidenziato come i fondi previsti dal piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica (PNire), di cui all'articolo 17-septies della legge n. 134 del 7 agosto 2012 non erano stati spesi, se non per una minima parte;

   in Europa il numero di auto elettriche vendute è in continua crescita, tanto da spingere alcuni Paesi a stabilire una strategia di uscita dalle auto alimentate da benzina e diesel;

   in Italia, al contrario, il numero di auto elettriche è fermo allo 0,1 per cento delle vendite, con valori pari ad un decimo della media europea e la mancanza di punti di ricarica veloci contribuisce a spingere verso l'acquisto di autovetture tradizionali, diminuendo la possibilità di veder ridurre le emissioni del trasporto, specialmente per le aree più congestionate –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti in premessa;

   quali iniziative intendano assumere per risolvere la situazione evitando di perdere il finanziamento europeo.
(5-12163)


   RIBAUDO e CULOTTA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel 2012 sono iniziati i lavori sulla Palermo-Agrigento, ancora oggi non terminati a causa di richieste di varianti, indagini della procura di Termini Imerese, fallimenti di ditte subappaltatrici;

   il progetto preliminare della Palermo-Agrigento si sviluppa per circa 57,48 chilometri lungo le strade statali 121 e 189 e prevede i lavori di adeguamento a quattro corsie della strada statale 121 dal chilometro 0 al chilometro 50 e della strada statale 189 dal chilometro 50 al chilometro 57,780 per il tratto Palermo-Lercara e l'adeguamento della strada statale 118 dal chilometro 0 al chilometro 10,700 (variante di Marineo);

   la nuova infrastruttura dovrebbe consentire un rapido collegamento tra Palermo ed Agrigento, oltre a collegare le diverse località ubicate lungo il tracciato con funzione di supporto del traffico pendolare tra i numerosi centri abitati che gravitano su Palermo;

   la previsione della fine dei lavori del tratto Bolognetta-Lercara era prevista entro il mese di ottobre 2017;

   nella conferenza di servizio tenutosi all'assessorato regionale infrastrutture il 29 luglio 2017 la data presunta di fine lavori è stata spostata al 31 dicembre 2018;

   più volte è stato chiesto ad Anas di intervenire attraverso opere di compensazione per i disagi subiti dai comuni coinvolti in questo enorme cantiere, ma anche di predisporre interventi urgenti per la viabilità alternativa volta a superare le criticità di attraversamento nei cantieri aperti nonché a tutelare la sicurezza degli automobilisti;

   la perizia di variante presentata dalla ditta Cmc ed approvata dall'Anas prevede un'ulteriore spesa di circa 60 milioni di euro per la quale mancherebbe la copertura e l'impresa starebbe aprendo un contenzioso con l'Anas, motivo per il quale risulterebbe agli interroganti aver iniziato a licenziare gli operai;

   si corre il rischio concreto che, ancora a fine 2018, ci saranno solo cantieri e semafori, palesandosi davvero il rischio di ritrovarsi con un'ennesima opera incompiuta; per gli automobilisti, gli albergatori, gli agricoltori, le aziende e le attività commerciali e quanti vivono e lavorano nel territorio che sono stati gravemente danneggiati nelle loro attività e che non potrebbero sopportare ulteriori rinvii per la definizione l'opera;

   ad oggi, l'entroterra della provincia di Palermo è quasi impossibile da raggiungere attraverso la «viabilità alternativa delle vecchie strade provinciali» ciò anche a causa della mancata manutenzione. Per raggiungere Agrigento da Palermo occorrono circa 4 ore. Gravi disagi stanno vivendo altresì i comuni di Alia, Baucina, Bolognetta, Campofelice di Fitalia, Castronovo di Sicilia, Cefalà Diana, Ciminna, Godrano, Lercara Friddi, Marineo, Mezzojuso, Roccapalumba, Ventimiglia di Sicilia, Vicari e Villafrati, tutti dislocati lungo la vallata attraversata dalla strada statale 121 e le cui strade provinciali, ridotte a vere e proprie trazzere, pregiudicando lo sviluppo e la sopravvivenza stessa delle innumerevoli attività commerciali, agricole e produttive dell'intero territorio che in questi anni hanno subito e registrato gravi perdite economiche –:

   se e quali iniziative il Governo intenda assumere per assicurare il completamento dell'opera nei termini previsti e nel contempo mettere in sicurezza, attraverso soluzioni alternative la transitabilità degli autoveicoli;

   se non ritenga altresì opportuno definire al più presto il piano degli interventi compensativi già previsto e finanziato.
(5-12168)


   CARRA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la chiusura del ponte Casalmaggiore-Colorno pone ulteriormente all'attenzione delle varie istituzioni competenti la necessità di intervenire con la massima celerità per evitare il collasso infrastrutturale del comprensorio;

   i collegamenti infrastrutturali tra Lombardia ed Emilia Romagna devono diventare una priorità considerata la rilevanza che rivestono i manufatti di collegamento tra le due regioni lungo il Po –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda attivare, di concerto con le regioni interessate, al fine di consentire il ripristino della infrastruttura in questione, nonché un attento monitoraggio lungo tutte le infrastrutture di collegamento, finanziando interventi di manutenzione e messa in sicurezza, onde evitare situazioni di pericolo e l'aggravarsi dei disagi per cittadini e imprese.
(5-12171)


   SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 1° agosto 2017 le società di handling attive presso gli aeroporti di Milano Linate e Milano Malpensa hanno indetto una protesta sindacale unitaria contro la decisione della società Ags Handling, attiva presso gli scali, di subappaltare parte delle proprie competenze – circa il 30 per cento – alla cooperativa Alpina, che fa capo alla medesima proprietà di Ags Handling;

   a seguito della suddetta agitazione sindacale, l'Ente nazionale per l'aviazione civile - Enac e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti hanno sospeso per trenta giorni l'ingresso di Alpina nello scalo aereo e i rappresentanti dei lavoratori addetti ai bagagli hanno indetto una nuova protesta, prevista il 15 settembre 2017, per chiedere un ulteriore rinnovo di tale sospensione;

   i lavoratori denunciano che l'ingresso delle cooperative nel servizio di handling e la relativa politica del ribasso dei costi di gestione mediante l'affidamento in subappalto da parte di Ags Handling produrrebbero un abbassamento della qualità dei servizi e minori garanzie sulla formazione del personale e sulla sicurezza, sia per gli operatori che per gli aeroporti;

   a conferma dei timori manifestati dai lavoratori, la Filt Cgil Milano Lombardia ha pubblicato un video in cui si vede un unico dipendente di Ags intento a caricare i bagagli nella stiva di un aeromobile 319 della compagnia egiziana Almasria sul piazzale di Malpensa, mentre fa la spola tra il carrello dove sono depositate le valigie dei passeggeri e la stiva del velivolo, salendo e scendendo più volte sul nastro trasportatore, mentre lo stesso era in movimento;

   tale prassi, come denunciato dallo stesso gruppo Sea, appare irrispettosa dei regolamenti sulla sicurezza del lavoro, dal momento che – come ribadito dai sindacati – servirebbero tre addetti dell’handling per caricare la stiva di un aereo come quello in questione: uno a terra al nastro bagagli, uno all'imbocco della stiva per passare i bagagli e uno all'estremità della stiva per allocarli in modo sicuro;

   si riporta la notizia che la stessa Ags sia stata espulsa da Assohandler, l'associazione nazionale delle società di handling, «poiché non ha rispettato la clausola di protezione sociale prevista dal contratto nazionale»;

   come noto, le società di handling sono soggette a certificazione come handler da parte di Enac, mentre la stessa cosa non è prevista per le cooperative in subappalto, con la conseguenza di un minore controllo da parte degli enti preposti;

   inoltre, l'assenza di certificazione per le cooperative determina la non applicabilità della clausola sociale in caso di passaggio di vettori da un handler ad un altro –:

   alla luce dei fatti sopra esposti, quali iniziative di competenza intenda intraprendere a tutela della sicurezza in un settore particolarmente sensibile come quello dell’handling;

   se il Ministro interrogato non intenda, per quanto di competenza, promuovere iniziative, in collaborazione con Enac, quale ente preposto a svolgere l'attività di regolazione economica del settore aereo, affinché sia prevista la certificazione anche per le cooperative cui sono affidate in subappalto i servizi di handling aeroportuali.
(5-12181)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRINA, COVA, CASATI, ROMANINI e GASPARINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la realizzazione dell'opera «Raddoppio Milano-Mortara» è suddivisa in 6 sottoprogetti; la presente interrogazione vuole porre particolare attenzione all'intervento denominato «sottoprogetto 2», il quale, si propone di completare il raddoppio della linea ferroviaria Milano-Mortara, nella tratta Albairate-Parona. Il tracciato si estende per 19,5 chilometri e segue il tracciato storico sino a Parona, eccetto che nel tratto precedente al comune di Abbiategrasso, in prossimità del Naviglio Grande, ove affianca a nord il tracciato attuale. Il progetto, oltre al raddoppio della tratta, prevede la realizzazione degli impianti tecnologici e di sicurezza e opere sostitutive per la soppressione dei passaggi a livello;

   l'opera «raddoppio Milano-Mortara» era contenuta nel contratto di programma rete ferroviaria 2012-2016 tra quelle programmabili nel 2015, 2016 e 2017 con un costo pari a 692 milioni di euro e una copertura finanziaria di 225 milioni di euro a valere su risorse del Ministero dell'economia e delle finanze e un fabbisogno di 467 milioni di euro. Nel 2016, inoltre, la regione Lombardia ha provveduto ad inserire l'opera nel sua programma regionale della mobilità e trasporti confermando, quindi, la strategicità dell'infrastruttura per il sistema dei trasporti metropolitano;

   i continui disagi che vengono riscontrati dai pendolari (sovraffollamento, pesanti ritardi, soppressione di corse in orari strategici per recarsi a scuola o lavoro, malfunzionamento degli impianti di riscaldamento e di climatizzazione) hanno portato alla costituzione di comitati di cittadini che quotidianamente, per ragioni di studio e lavoro, percorrono la tratta, al fine di stimolare le istituzioni ad intervenire per la risoluzione di una situazione che appare, sotto molti punti di vista, sempre più insostenibile –:

   se sia nelle intenzioni del Governo, in vista del prossimo disegno di legge di bilancio, assumere iniziative per provvedere a stanziare le risorse necessarie per il completamento del «sottoprogetto 2» dell'opera «raddoppio Milano-Mortara» tratta: Albairate-Parona.
(4-17776)


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale 67, che collega la regione Toscana alla regione Emilia-Romagna, da Pisa a Marina di Ravenna, è nota per i numerosi incidenti che occorrono, in particolare lungo il tratto romagnolo, con cadenza settimanale;

   fra i tratti che destano maggiore preoccupazione, vi è l'incrocio tra strada statale 67 e via Ladino nel comune di Castrocaro Terme e Terra del Sole (Forlì Cesena);

   le diverse amministrazioni che si sono succedute nel suddetto comune sostengono di aver segnalato a più riprese la necessità della messa in sicurezza dell'ingresso della strada statale 67 ai centri abitati, ma ad oggi non sono ancora previsti interventi manutentivi che possano risolvere tale emergenza stradale;

   va ricordato che di recente, grazie al proficuo lavoro tra l'Anas e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, hanno avuto luogo importanti lavori di manutenzione lungo il tratto della «Tosco-Romagnola», che hanno riguardato i comuni di Rocca San Casciano, Dovadola e Portico di Romagna –:

   se e quali iniziative si intendano adottare per la messa in sicurezza dell'incrocio citato;

   se non si ritenga opportuno assumere iniziative per favorire il mantenimento del presidio di polizia stradale di Rocca San Casciano, indispensabile per non abbassare il livello di attenzione su questa arteria così pericolosa;

   se non si ritenga opportuno approntare un progetto complessivo di ammodernamento del tratto romagnolo della strada statale 67, per il quale non sono previsti interventi di grande impatto a differenza di quanto disposto per la parte toscana oggetto di importanti e necessari investimenti.
(4-17777)


   CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la società Atral Lazio si occupa del servizio di trasporto pubblico urbano e scolastico del comune di Latina. Fa parte del gruppo Cotral, una società per azioni controllata al 100 per cento dalla regione Lazio che, ad oggi, è il maggior gestore di trasporto extraurbano su gomma dell'intero Paese;

   da molto tempo i collegamenti effettuati dall'Atral Lazio nei giorni festivi vengono praticamente dimezzati e i viaggiatori sono costretti ad aspettare anche oltre due ore prima di poter salire su un bus che li porti dalla stazione ferroviaria al centro di Latina, come è accaduto, secondo fonti stampa, anche il 16 e 17 aprile 2017;

   dall'inizio del 2016, la società Cotral ha deciso di sopprimere quasi tutti i collegamenti tra la provincia pontina e Roma e molti di quelli tra i piccoli centri di montagna e le città della pianura pontina. Secondo quanto afferma la società, si tratterebbe di una «razionalizzazione per rendere migliore il servizio». I pendolari invece lamentano che la provincia di Latina è stata tagliata fuori dai collegamenti su gomma con la capitale: infatti, la domenica e i festivi, per muoversi o andare a lavoro, sono costretti a prendere l'auto o il treno visto che molte corse sono state soppresse;

   in particolare, la linea Latina-Roma, sembra la più colpita da disagi e ritardi;

   al di là di quelle che appaiono pur palesi violazioni puntualmente denunciate dai viaggiatori, la Atral continua a beneficiare di proroghe – più di venti ormai – del contratto di appalto;

   con espresso riferimento alla possibilità di rinnovi o proroghe automatiche di contratti in concessione relativi al trasporto pubblico locale, la Corte costituzionale, ha reiteratamente affermato che non è consentito al legislatore regionale disciplinare il rinnovo o la proroga automatica delle concessioni alla loro scadenza – in contrasto con i principi di temporaneità e di apertura alla concorrenza – poiché, in tal modo, dettando vincoli all'entrata, verrebbe ad alterare il corretto svolgimento della concorrenza nel settore del trasporto pubblico locale, determinando una disparità di trattamento tra operatori economici ed invadendo la competenza esclusiva del legislatore statale di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione. Con la sentenza n. 2/2014, la Corte conferma l'orientamento ormai consolidato, in passato, infatti, aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale di disposizioni regionali, che prevedevano la possibilità di proroghe automatiche di contratti di trasporto pubblico locale (sentenza n. 123 del 2011), ovvero il mantenimento di affidamenti preesistenti in capo agli stessi concessionari di servizi di trasporto pubblico locale oltre il termine ultimo previsto dal legislatore statale per il passaggio al nuovo sistema di affidamento di tali servizi tramite procedure concorsuali (sentenza n. 80 del 2011);

   il bando di gara per l'affidamento del servizio di trasporto pubblico locale per il comune di Latina è stato pubblicato il 4 febbraio 2016, ma la procedura non ha avuto seguito –:

   se il Governo intenda assumere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, per implementare la concorrenza nel settore del trasporto pubblico locale al fine di evitare situazioni come quella descritta in premessa e favorire uno scambio tempestivo e virtuoso tra gomma e rotaia, per garantire un effettivo diritto alla mobilità ai viaggiatori.
(4-17801)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   TOFALO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Scafati, in provincia di Salerno, è commissariato in quanto l'ex Sindaco è stato ed è protagonista di una complessa vicenda giudiziaria con accuse quali violazione della legge elettorale, con l'aggravante del metodo mafioso, in occasione delle elezioni amministrative del 2013, e di voto di scambio politico-mafioso, in occasione delle elezioni regionali del 2015;

   dal maggio 2012 ad oggi molteplici sono stati gli episodi criminali a Scafati che stanno facendo nascere un vero e proprio clima di terrore. Almeno sei bombe solo a San Pietro; un'altra nel rione Ferrovia, quartier generale dell'ex boss Pasquale Loreto, sotto ad un palazzo in via De Filippo. Nel mirino il sexy shop di via De Gasperi nel maggio 2012, poi il ristorante e il barbiere di via Poggiomarino, il bar Rosi di via Carducci, la bomba al bar Nappo in via Abate Cuomo, la bomba al bar Dodo nel centro commerciale Plaza (per questo colpo sono stati fatti due arresti), il raid incendiario alla ditta agricola di San Vincenzo, il rogo alla ditta Romano di via Nuova San Marzano (costretta a trasferirsi), il rogo alla ditta del caffè Izzo in via Passanti, quello al pub Sandwich di via Martiri d'Ungheria, la pioggia di proiettili contro la macelleria di via Giovani XXIII e l'incendio doloso dal barbiere della stessa via Martiri d'Ungheria, il 29 agosto 2017, oggetto di un nuovo raid in via della Resistenza, nella nuova attività. Stesso discorso per un altro parrucchiere di via della Resistenza qualche anno fa, ed un'officina nel rione Ferrovia, la bomba ad un'auto di un pregiudicato a Mariconda. Raffica di colpi di proiettile poi, alla saracinesca di un'agenzia di scommesse in via Martiri d'Ungheria, di fronte alla Circum: era il 2013. Due bombe a casa di un ex consigliere comunale di maggioranza, in via Poggiomarino e uno di opposizione sul corso Nazionale (il gesto contro la casa dei suoi familiari). La bomba carta davanti allo studio di un avvocato penalista in via Roma lo scorso gennaio 2016, quella davanti al capanno di imprenditori di via Tora. Il raid incendiario all'auto in uso al fratello del sindaco (poi indagato per camorra lo scorso settembre), ma di fatto di proprietà di un imprenditore conserviero e presidente della società Partecipata Acse. Si sono registrati anche la bomba al Roxy bar di qualche mese fa, la bomba carta anche davanti alla sala giochi di via martiri d'Ungheria (proprietario già preso di mira nella sua agenzia di scommesse nella stessa strada nel 2013), il raid di proiettili contro il bar di un pregiudicato a San Pietro, in via De Gasperi o la bomba contro il chiosco in piazza Falcone e Borsellino. E ancora: i colpi contro un distributore di benzina ad inizio estate 2017, la bomba al My Love di via Vitiello, i colpi contro il negozio di parrucchiere di via della Resistenza e il raid contro la pescheria ristorante di via Monte Grappa. Tutto ciò rappresenta uno scenario di vera e propria «guerriglia urbana» –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopracitati avvenuti a Scafati, nel salernitano, e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo nel modo più efficiente e rapido possibile.
(3-03234)


   ANDREA MAESTRI, MARCON, FRATOIANNI e CIVATI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 29 gennaio 2015 si è svolta la prova scritta del concorso interno, per titoli ed esami a 1.400 posti per l'accesso al corso di formazione per la nomina alla qualifica di vice ispettore del ruolo degli ispettori della Polizia di Stato;

   i candidati che hanno superato la prova scritta sono stati ammessi alla successiva prova orale;

   sul predetto concorso, Il Manifesto pubblicava l'8 settembre 2017 un articolo dal titolo «L’“endicap” dei vice ispettori: il concorso farlocco di polizia», nel quale, con dovizia di dettagli vengono evidenziati vizi ed anomalie nella correzione degli elaborati della prova scritta, denunciati dai partecipanti al concorso, dalle organizzazioni sindacali e dallo stesso Capo della Polizia che in un'intervista ha definito il concorso un «papocchio» aggiungendo: «ci sono temi ai cui autori andrebbe tolta la qualifica di agente»;

   purtroppo i ricorsi alla giustizia amministrativa, in molti casi, si risolvono in un nulla di fatto per i ricorrenti che hanno riscontrato gravi irregolarità e vizi della correzione. Tanto accade in quanto il giudizio della commissione esaminatrice rientrerebbe nella sfera della discrezionalità tecnica, che secondo i giudici sarebbe censurabile unicamente sul piano della legittimità «per evidente superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità, laddove tali profili risultino emergenti dalla stessa documentazione e siano tali da configurare un palese eccesso di potere, senza che con ciò il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione. Il giudizio di legittimità non può, infatti, trasmodare in un rifacimento, ad opera dell'adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, potendo l'apprezzamento tecnico dell'organo collegiale essere sindacabile solo ove risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà» (Sentenza del TAR del Lazio, n. 549 del 2017);

   eccesso di potere che, ad esempio, è stato riscontrato dal Consiglio di Stato con l'ordinanza n. 3604 del 2017, che ha imposto la ricorrezione del tema di un candidato escluso per presunta copiatura, affidando l'incarico alla commissione di verifica «Piantedosi», precedentemente nominata dal capo della polizia con compiti ispettivi;

   la commissione «Piantedosi» avrebbe rilevato anomalie e vizi nella correzione degli elaborati e suggerito la riammissione in autotutela di un sostanzioso numero di elaborati dei candidati esclusi che avevano un contenzioso (sembrerebbe oltre 350 su 550); tuttavia la commissione esaminatrice si sarebbe rifiutata di procedere in tal senso. Il paradosso è che la commissione esaminatrice, responsabile dei problemi rilevati, anziché essere sciolta, abbia il potere di impedire di sanare le anomalie;

   in più, il dipartimento ha opposto ai candidati non ammessi, che è bene ricordarlo sono donne e uomini della polizia di Stato, il diniego di accedere agli atti della commissione «Piantedosi»;

   è evidente che solo l'annullamento della prova scritta del concorso, da parte del Ministero dell'interno, sarebbe in grado di tutelare l'interesse pubblico, ripristinando la giustizia e il buon andamento della pubblica amministrazione;

   se non si risolvesse autoritativamente la questione, lasciando che tutto passi in cavalleria «all'italiana», secondo gli interroganti si indebolirebbero le istituzioni, in particolare la fiducia dei cittadini nella polizia di Stato e il senso di giustizia degli appartenenti al corpo, sommamente danneggiato da quanto accaduto –:

   quali elementi intenda fornire il Ministro interrogato sui fatti denunciati in premessa; quali siano stati gli esiti delle indagini interne svolte e se non intenda rendere pubblici o accessibili gli atti della «commissione Piantedosi»;

   se non si intenda annullare la prova scritta o gli esiti del concorso per l'accesso al corso di formazione per la nomina alla qualifica di vice ispettore del ruolo degli ispettori della polizia di Stato, indetto con decreto del 24 settembre 2013, pubblicato sul bollettino ufficiale del 26 settembre 2013, supplemento straordinario n. 1/24-bis.
(3-03237)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TRIPIEDI, TONINELLI, CIPRINI, CHIMIENTI, DALL'OSSO, CANCELLERI, BUSTO, FRACCARO, ALBERTI, PESCO, VILLAROSA, COZZOLINO, PAOLO BERNINI, BASILIO e CORDA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di Desio (Monza e Brienza) è sito un immobile privato, abbandonato da circa 25 anni, conosciuto come Centrostile o Palazzo del mobile. Da tempo in uno stato di fatiscenza e di degrado, rappresenta un rischio per l'incolumità e la sicurezza delle persone sotto diversi profili. Oltre al rischio di danneggiamenti a cose e persone a causa dello stato rovinoso delle mura, favorito dall'oscurità e dall'assenza di sorveglianza, da tempo è diventato luogo di bivacco e meta di senza tetto e bisognosi. Al suo interno si sono consumati reati di vario genere quali lo scarico abusivo di rifiuti, appiccamento di incendi e, più recentemente, uno stupro ai danni di una minorenne;

   tale situazione di pericolo sociale e ambientale è stata segnalata più volte all'amministrazione comunale che negli anni ha richiesto alla proprietà, a parere degli interroganti troppo debolmente, interventi di messa in sicurezza, che quando realizzati si sono dimostrati insufficienti;

   il sindaco di Desio, Roberto Corti, dopo più di sei anni di amministrazione ha emesso, in data 31 luglio 2017, un'ordinanza indirizzata ai 130 proprietari dell'immobile con la quale li ha diffidati ad intraprendere, entro data determinata, gli urgenti lavori di messa in sicurezza dello stabile, pena l'intervento diretto dell'amministrazione comunale con addebito alla proprietà delle spese e dei conseguenti aggravi;

   la diffida riguardava due interventi distinti: il primo per la recinzione dell'edificio e il secondo per lavori di messa in sicurezza in senso stretto. Il sindaco imponeva rispettivamente un termine di 10 e 20 giorni, trascorsi inutilmente giacché, a quanto consta agli interroganti, nulla è stato fatto;

   la non osservanza di un provvedimento disposto dall'autorità costituisce, come ricordato dallo stesso sindaco nella sua ordinanza, reato ai sensi dell'articolo 650 del codice penale;

   sui proprietari grava altresì l'obbligo civile e penale di mantenere l'immobile in uno stato tale da non rappresentare un pericolo per cose e persone;

   il sindaco, a seguito dell'inottemperanza dei proprietari alle prescrizioni richieste, per quanto risulta agli interroganti, non avrebbe dato seguito ad alcun intervento diretto per rendere sicuro l'immobile in cui nel frattempo, si ricorda, si è consumato un gravissimo reato di stupro, né avrebbe provveduto a sporgere opportuna denuncia;

   lo stesso comune di Desio, vista l'inerzia del suo operato, potrebbe essere destinatario di pretese risarcitorie da parte della cittadinanza per danni subiti dalla mancata messa in sicurezza dell'edificio in questione;

   gli abitanti del quartiere in cui si trova il palazzo da tempo denunciano episodi di spaccio di stupefacenti, piccoli furti e lo stato di degrado di tutta l'area;

   dopo l'episodio di violenza sessuale, il sindaco di Desio, ha rilasciato dichiarazioni a mezzo stampa affermando di avere emesso una precedente ordinanza comunale a giugno 2017, chiedendo all'amministratore dello stabile di ripristinare la recinzione e blindare tutte le entrate al fine di impedire ad estranei l'ingresso nell'immobile, ricevendo però risposta negativa. Il sindaco ha poi aggiunto che la polizia locale e i carabinieri di pattuglia controllano la zona giorno e notte ma che non è possibile, al momento, avere un presidio fisso delle forze dell'ordine. Ha poi invitato tutti i cittadini a non andare nello stabile. Tale invito desta negli interroganti forti perplessità sull'operato del primo cittadino riguardo a tutta la vicenda, a causa di quello che appare agli interroganti un segnale di chiara arrendevolezza del sindaco stesso. Cosa ancor più grave, si lancia un messaggio negativo che riduce le già flebili speranze di vedere l'area messa in sicurezza –:

   se il Ministro interrogato, tramite il prefetto di quel territorio, non intenda assumere iniziative di competenza volte a risolvere la situazione sopraindicata, prevedendo presso l'immobile in questione e in tutte le zone attigue allo stesso, un presidio permanente delle forze dell'ordine al fine di garantire maggiore sicurezza ed evitare il reiterarsi di reati.
(5-12174)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 19 agosto 2017 è stato sgomberato il palazzo di via Curtatone a Roma con circa 400 occupanti;

   secondo quanto riportato da fonti dei media, nel 2013 circa 500 etiopi, eritrei e sudanesi, al seguito di una ventina di romani dei centri sociali e dei «movimenti per il diritto alla casa» hanno occupato con la forza lo stabile di 11 piani e 32 mila metri quadri su piazza Indipendenza, di proprietà di un fondo pensioni di ex bancari del San Paolo di Torino e altre aziende;

   il 1° dicembre 2015, inizio del Giubileo, la polizia entra nello stabile per censire gli occupanti e ne conta 556: si tratta di richiedenti asilo, altri hanno già lo status di rifugiati, altri sono clandestini senza documenti; nell'occasione, i vigili del fuoco entrano nel palazzo per i controlli della sicurezza, ma gli occupanti minacciosi li costringono alla fuga dopo aver ispezionato un quarto dello stabile;

   segue una relazione allarmante inviata al prefetto Gabrielli, al commissario Tronca e alla questura: «Reale ed elevato rischio di incendio-esplosione» dello stabile per la «mancanza di estintori» e «la presenza di decine di bombole di gas gpl e numerose stufe elettriche utilizzate per il riscaldamento degli uffici adibiti ad abitazione», dunque, «è necessario procedere con lo sgombero dell'edificio e la bonifica dello stesso dalle sostanze infiammabili presenti»;

   secondo quanto riportato da alcuni organi di stampa, nessuna delle autorità citate in precedenza fa nulla e i pensionati del San Paolo vedono volatilizzarsi il loro investimento; il loro fondo pensioni perde cinque milioni di mancata rendita e ne spende 2 per le bollette di acqua e luce che devono continuare a pagare, perché le autorità non staccano neppure le utenze; nel frattempo, sul tetto sorgono almeno una decina di antenne paraboliche per apparecchi tv;

   nel marzo 2016 la polizia torna nel palazzo per arrestare cinque scafisti eritrei e in seguito scattano altri arresti per traffico di droga e sfruttamento della prostituzione;

   intanto il tribunale accoglie la denuncia dei proprietari dell'immobile e ne ordina lo sgombero; dopo quasi quattro anni, però, nessuno sa più chi siano gli occupanti; e quando i servizi sociali provano a censirli partono le minacce e le violenze, con i rappresentanti dello Stato in fuga; fino all'ordinanza del giudice e allo sgombero delle scorse settimane –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, e considerata la gravità degli stessi, quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per individuare e sanzionare, sul piano amministrativo e disciplinare, eventuali responsabilità delle autorità statali competenti.
(4-17788)


   FANTINATI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   scrive l'Ansa, ad agosto 2017: «Sono 5.190 i minori stranieri non accompagnati che si sono resi irreperibili dopo essere stati segnalati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Ma nella già complessa e articolata realtà dei ragazzini stranieri che arrivano in Italia da soli, si registra il fenomeno della truffa dei minori albanesi»;

   nel solo mese di giugno 2017, sono 1.369 i migranti minori giunti in Italia dall'Albania, il 9,3 per cento dei 17 mila totali (dati del Ministero del lavoro e delle politiche sociali), confermando il flusso migratorio da Tirana il terzo in ordine d'importanza dopo Africa e Medio oriente;

   è dagli anni Novanta che i minori arrivano in Veneto a bordo di bus turistici, accompagnati da parenti, amici, o anche dagli stessi genitori. Appena oltrepassata la frontiera italiana, accade che gli adulti fanno ritorno in Albania, mentre i ragazzi raggiungono la loro destinazione, facendosi prendere in carico dalle amministrazioni locali;

   prosegue l'agenzia di stampa: «il giovane, in sostanza, simula uno stato di abbandono, in realtà fittizio. In questo modo entra nel sistema riservato ai minori non accompagnati (sistemazione in strutture di accoglienza e completamento del ciclo scolastico) mentre la famiglia continua a vivere in Albania»;

   secondo Alessandro Padovani, direttore del centro Don Calabria di Verona, questo è un sistema un po’ naif, «previsto dalla legge. C'è una sorta di atto notarile che permette di far viaggiare i minori, attraverso la frontiera, da soli». Nel nostro Paese entrano nella rete di solidarietà e accoglienza che si occupa dei migranti minori non accompagnati. Il che significa intervento del tribunale dei minorenni e del tutore e affidamento in struttura. «Nel mio piccolo centro avevo capito che la migrazione minorenne albanese era una percentuale notevole rispetto al passato e l'ho segnalato alle autorità» –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere per giungere ad un più celere sistema d'identificazione dei minori che consenta di far emergere eventuali illeciti e, di conseguenza, procedere con il rimpatrio di coloro che non hanno diritto di restare sul territorio nazionale;

   se non si ritenga di assumere iniziative per accogliere il suggerimento del direttore del centro Don Calabria di Verona, Alessandro Padovani, che, nell'auspicare una rapida soluzione in sede diplomatica, ha segnalato come primo possibile punto di partenza il procedimento di nullità delle dichiarazioni con le quali i genitori affidano i propri figli ad un estraneo, ad esempio l'autista dei pullman turistici che li portano in Italia.
(4-17793)


   VENTRICELLI, LAVAGNO, COMINELLI, CRIMÌ, COSCIA, MICHELE BORDO, RIBAUDO, ROTTA, SCHIRÒ, MORANI, MALPEZZI, RICHETTI, COVELLO, PES, ALBANELLA, BORGHI, VICO, VALERIA VALENTE, COCCIA, GIOVANNA SANNA, MOSCATT, CURRÒ, MINNUCCI, TARICCO, D'ARIENZO, MANFREDI, MARCHI, LATTUCA, CULOTTA, CRIVELLARI, CARDINALE, GIUDITTA PINI, PARIS e MASSA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 12 luglio 2017 il primo cittadino di Altamura, Giacinto Forte, è stato arrestato con altre undici persone per un giro di presunte tangenti in cambio di appalti in alcuni comuni della provincia di Bari;

   i finanzieri del nucleo di polizia tributaria Bari e carabinieri del comando provinciale hanno eseguito due ordinanze di custodia cautelare nei confronti di dodici persone, emesse dal Gip del tribunale di Bari su richiesta della procura, e numerose perquisizioni;

   le ordinanze – due in carcere, dieci agli arresti domiciliari ed un obbligo di dimora – costituiscono l'esito di procedure di affidamento dei pubblici appalti che ha riguardato alcuni comuni della provincia di Bari. I provvedimenti restrittivi e le perquisizioni, nell'ambito dell'operazione denominata «Pura defluit» sono scattati a Bari, Roma, Altamura, Acquaviva delle Fonti e Castellana Grotte ed altri comuni del Sud – Barese;

   in data 1o agosto è stata nominata commissario prefettizio del comune di Altamura il viceprefetto Rachele Grandolfo, dopo la cessazione dalle funzioni di vice sindaco in data 31 luglio del dottor Rifino subentrato al sindaco Giacinto Forte attualmente agli arresti domiciliari con l'accusa di corruzione per il quale il tribunale di riesame di Bari ha rigettato la richiesta di revoca della misura cautelare, ritenendo sussistenti gravi indizi di colpevolezza ed esigenze cautelari;

   stando alle indagini di Guardia di finanza e carabinieri, coordinate dai pubblici ministeri Claudio Pinto e Marco D'Agostino, l'ex sindaco Forte avrebbe accettato una tangente di 15 mila euro dagli imprenditori Bertin Sallaku titolare della «Besa Costruzioni srl» e dal suo socio Michele Fatigati, per l'appalto dei lavori al depuratore della città;

   il tribunale del riesame ha anche rigettato la richiesta di scarcerazione di un altro indagato, il dirigente dell'ufficio tecnico del comune di Gioia del Colle, Vito Raffaele Lassandro, membro della commissione che aggiudicò il presunto appalto «truccato» relativo ai lavori di ristrutturazione del teatro comunale di Acquaviva delle Fonti;

   le indagini hanno documentato che imprenditori, tecnici e amministratori pubblici di alcuni comuni dell'area metropolitana di Bari avrebbero «truccato» fra il 2015 e il 2017 almeno cinque gare d'appalto bandite dai comuni di Acquaviva, Altamura e Castellana Grotte, e si allargano anche ad un bando da 1,4 milioni per comune di Altamura nell'ambito del progetto «Periferie aperte» della città metropolitana di Bari –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei gravi fatti riportati in premessa e quali siano i loro orientamenti, per quanto di competenza, in merito alla gravissima situazione;

   se non si ritenga urgente e necessario intervenire, anche per il tramite del commissario prefettizio del comune di Altamura e in raccordo con l'Anac, con una verifica mirata di tutti gli appalti affidati nel periodo in cui è stata in carica l'amministrazione, anche al fine dell'individuazione delle responsabilità e per impedire che si perpetuino altri illeciti.
(4-17794)


   COZZOLINO, LOMBARDI, D'AMBROSIO, DIENI, CRIPPA e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel 2012 l'Unione europea, con la decisione europea n. 917396/CEE, invita gli Stati membri all'adozione del numero unico europeo (NUE 112) per le chiamate di emergenza;

   dieci anni dopo la direttiva 2002/22/CE del Parlamento e del Consiglio prevede che «gli Stati membri provvedono affinché, oltre ad altri eventuali numeri di emergenza nazionali specificati dalle autorità nazionali di regolamentazione, tutti gli utenti finali [...] possano chiamare gratuitamente i servizi di soccorso digitando il numero di emergenza unico europeo 112»;

   il Parlamento ed il Governo italiano intervengono più volte, dapprima con l'articolo 75-bis del decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259 e in seguito con l'articolo 8 della legge 7 agosto 2015, n. 124, cui è seguito l'articolo 6 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177;

   secondo quanto previsto dalla norma il Ministero dell'interno provvede a sottoscrivere con le regioni interessate specifici protocolli d'intesa;

   a quanto emerge da alcuni fatti sarebbero tuttavia rilevabili serie criticità derivanti da questo modello;

   il primo dei due disservizi più recenti, avvenuto nel mese di agosto 2017, ha portato al decesso di un cittadino di Albano Laziale colpito da malore i cui familiari hanno tentato invano per 25 minuti di mettersi in contatto col 112 per decidere infine, ma troppo tardi, di condurre la persona all'ospedale con mezzi propri;

   in provincia di Alessandria a fine luglio 2017 un bambino di 10 anni è invece annegato precipitando in una pozza d'acqua, rimanendo imprigionato da un masso: gli operatori del numero di emergenza avrebbero avvertito il solo personale sanitario, ritardando in tal modo l'intervento dei vigili del fuoco, unici soggetti in grado di risolvere la problematica;

   entrambi i casi sono attualmente sotto l'esame della magistratura;

   secondo quanto evidenziato dal sindacato dei vigili del fuoco Conapo, le problematiche maggiori deriverebbero da un'inadeguata organizzazione del servizio relativo al numero di emergenza, dato che le chiamate verrebbero ricevute da un PASP1 (public-safety answering point) che allerterebbe poi le sale operative dei vari, Corpi che si occupano operativamente del soccorso (PSAP2);

   la prima risposta, non essendo gestita da personale appartenente agli organi di pubblica sicurezza e pronto intervento formati alle più corrette procedure da porre in essere, porterebbe ad un inadeguato smistamento delle chiamate successive, facendo perdere minuti cruciali agli operatori;

   le organizzazioni sindacali paventano in aggiunta la possibile futura privatizzazione del servizio, previsione che si evincerebbe peraltro da specifiche pubblicazioni sul tema già circolanti online, fatto che permetterebbe a personale non appartenente alle forze dell'ordine di disporre della precisa ubicazione di tutte le pattuglie dei servizi emergenziali, specie quelle delle forze di polizia;

   a seguito di quanto rilevato sembra opportuno affidare la gestione del numero unico 112 al controllo diretto del personale delle sale operative dei Corpi dello Stato, che per competenze istituzionali ed esperienza possono garantire una risposta più rapida ed efficace agli utenti, anche considerato il fatto che tra costoro vi è personale specializzato e già formato ai servizi di ricezione delle chiamate di soccorso e che quella relativa all'ordine e alla sicurezza è, secondo la Costituzione, materia di esclusiva competenza statale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, quali cause abbiano provocato i disservizi esposti relativi al problematico esercizio del numero unico di emergenza «112» e se non ritenga di assumere le iniziative di competenza, anche di carattere normativo, per rimuovere le criticità, specie nella direzione dell'affidamento della gestione operativa del servizio a personale interforze posto sotto il controllo e il coordinamento dello Stato, scongiurandone la privatizzazione.
(4-17795)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   le condizioni dell'ordine pubblico dentro la stazione ferroviaria del comune di Erba, nella piazza e nelle vie adiacenti sono in costante degrado, come dimostrano le aggressioni e le risse sistematicamente documentate dalla stampa locale;

   il 10 febbraio 2016, ad esempio, un pluripregiudicato veniva arrestato in stazione in flagranza di reato, mentre tentava di rubare un cellulare ad un ragazzo in attesa di un treno e lo picchiava con calci e pugni;

   il 15 novembre 2016 aveva luogo in stazione anche una rissa;

   il 17 gennaio 2017 la stazione subiva gravi danneggiamenti all'interno, che includevano il distacco dei cestini, la devastazione di una macchina per fare le fotografie e la disseminazione di rifiuti in tutti gli ambienti;

   il 2 febbraio 2017, un ventenne originario di Alserio veniva arrestato per spaccio di stupefacenti davanti alla stazione, dove stava vendendo droga ai ragazzi delle scuole di zona;

   il 6 giugno 2017 un mendicante di 47 anni veniva colpito con un bastone alla testa da alcuni giovani che gli rimproveravano di chiedere l'elemosina;

   il 5 agosto 2017, a causa della presunta cattiva qualità di un kebab, a via Pascoli esplodeva un'altra rissa che richiedeva l'intervento dei carabinieri e si concludeva con l'arresto di ben sette persone;

   un tassista che opera ad Erba ha riferito ai reporter della stampa locale di una preoccupazione crescente dei loro clienti, che vogliono evitare la zona della stazione ferroviaria;

   è generalmente riconosciuta la necessità di disporre il presidio permanente dell'area attigua alla stazione erbese, distaccandovi una pattuglia della polizia locale o dei carabinieri;

   sfortunatamente, però, la polizia locale erbese è sotto organico mentre problemi di risorse affliggono anche i carabinieri, che tuttavia potrebbero attingere unità da distaccamenti situati in altre parti del Paese –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere per ripristinare la legalità e garantire l'ordine pubblico nelle vie attigue alla stazione ferroviaria di Erba;

   se, in particolare, il Governo non ritenga opportuno potenziare la presenza ad Erba dell'Arma dei carabinieri, destinando rinforzi significativi in uomini e mezzi al suo distaccamento locale.
(4-17797)


   CRIPPA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in data 6 settembre 2017 si è verificato un grave incendio presso gli stabilimenti di Mortara (Pavia) della «Eredi Bertè», società specializzata nel recupero e smaltimento di rifiuti, bonifiche e trattamento di materiali ferrosi;

   ad andare a fuoco, stando a una nota diffusa dall'Agenzia della tutela della salute (ATS), sono stati soprattutto rifiuti solidi ingombranti come materassi e mobili e materiale da imballaggio, cioè cartoni e pallet accatastati in un'area di circa 11 mila metri quadrati. Tra questi anche una quota di materiale plastico che fin da subito ha portato i tecnici a verificare il «rischio diossina»;

   secondo quanto si apprende da diverse testate giornalistiche, l'area coinvolta sarebbe stata messa sotto sequestro dai carabinieri di Pavia e un fascicolo sarebbe stato aperto in procura;

   a complicare l'azione dei vigili del fuoco sarebbe oltretutto il mancato rispetto delle distanze tra i materiali stoccati fuori dal capannone che ha favorito il propagarsi delle fiamme;

   i sindaci di Mortara e dei paesi limitrofi, in sinergia con il prefetto di Pavia e su segnalazione di Arpa Lombardia, hanno emesso segnalazioni al fine di informare i cittadini di non aprire le finestre (oltre che non cogliere prodotti dai propri orti) e ordinanze che chiudono le scuole almeno fino alla giornata di sabato 9 settembre 2017;

   secondo il prefetto di Pavia, la ricaduta della nube tossica coinvolgerebbe una zona di 15 chilometri quadrati dal luogo dell'incendio;

   per quanto a poca distanza dal luogo dell'incendio, l'Arpa Piemonte, a quanto consta all'interrogante, non ha invece ritenuto di segnalare pericoli prossimi nei comuni limitrofi (o comunque rientranti nei 15 chilometri sopracitati) all'incidente, come quello di Borgolavezzaro (Novara);

   a differenza della prefettura di Pavia, quella di Novara non ha provveduto, sinergicamente con Arpa Piemonte e sindaci dei comuni novaresi colpiti, ad avvisare i cittadini rispetto alle comuni pratiche in propria difesa o altre azioni in proprio potere o di propria competenza;

   in situazioni simili ci si aspetterebbe un coordinamento e azioni concertate o perlomeno reazioni simili –:

   quali siano le procedure di gestione delle emergenze in casi come quello accaduto a Mortara;

   con quali modalità, risorse umane e strumentali e tempistiche siano stati effettuati i necessari interventi per monitorare il fenomeno;

   se siano previste modalità di gestione congiunta da parte delle due prefetture citate in premessa in relazione a emergenze come quella intercorsa a Mortara.
(4-17802)


   LEVA e VENITTELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la relazione trasmessa dal Ministro dell'interno al Parlamento l'11 luglio 2017, sull'attività svolta e sui risultati conseguiti dalla direzione investigativa antimafia (secondo semestre 2016) evidenzia prime presenze e attività riconducibili ad organizzazioni mafiose in Molise;

   le investigazioni raccolte, con l'operazione denominata «Isola Felice» condotta dall'Arma dei carabinieri, hanno rivelato l'operatività del gruppo Ferrazzo di Mesoraca (KR) in Abruzzo e Molise: il capoclan della omonima ’ndrina di Mesoraca aveva messo in piedi «un'isola felice» in diverse regioni, rendendosi promotore di un'associazione criminale composta sia da calabresi che da siciliani che operava tra San Salvo (CH), Campomarino (CB) e Termoli (CB) per ricostruire le proprie abitudini criminali, usando lo spaccio di droga per finanziare attività illecite e aveva stabilito ufficialmente la propria residenza in San Giacomo degli Schiavoni (CB);

   nel corso delle indagini, come rilevato nella relazione, sono state documentate le cerimonie di affiliazione, che prevedevano giuramenti su «santini» ed altre immagini sacre, insieme a rituali di chiara matrice pagana;

   le indagini svolte portano a far ritenere che l'ascesa del clan Ferrazzo in Abruzzo e Molise sia stata in qualche modo favorita dalla caduta del clan campano Cozzolino, precedentemente egemone nello stesso territorio e fortemente ridimensionato a seguito dell'operazione «Adriatico» della procura distrettuale aquilana;

   le evidenze esplicitate dal rapporto della Direzione investigativa antimafia, la posizione di confine del Molise con la Campania e la Puglia, in particolare del territorio foggiano e l'attenzione da parte di cosche della ’nrangheta al territorio molisano (in particolare, a quello costiero), richiedono da parte dello Stato un tempestivo rafforzamento dei presidi investigativi giudiziari e di pubblica sicurezza sul territorio della regione Molise –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di combattere e respingere ogni presenza o attività riconducibile ad organizzazioni mafiose dal territorio della regione Molise, da sempre considerata «isola felice», anche rafforzando i presidi investigativi e di pubblica sicurezza sul territorio regionale, proprio in ragione della sua posizione di confine con la Campania e la Puglia.
(4-17806)


   GIUSEPPE GUERINI e FREGOLENT. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il consiglio comunale di Pontida (BG), con deliberazione n. 41 del 2 settembre 2017, ha approvato il «regolamento comunale per la disciplina della sosta nei parcheggi riservati alle donne gestanti e alle donne puerpere»;

   tale regolamento prevede, all'articolo 4, che: «Possono sostare nelle aree riservate di cui al precedente articolo esclusivamente i soggetti muniti di idoneo permesso risultante da tessera rilasciata a cura dell'ufficio anagrafe della Città di Pontida.

   2. Possono richiedere il rilascio gratuito di idoneo permesso risultante da tessera esclusivamente i soggetti che presentano congiuntamente il possesso dei cinque seguenti requisiti soggettivi:

    a) essere donna;

    b) essere appartenenti ad un nucleo familiare naturale;

    c) essere in fase di gestazione o di puerperio;

    d) essere cittadina italiana o di un Paese membro dell'Unione europea;

    e) essere residente nella Città di Pontida;

   3. I soggetti con i requisiti di cui al precedente comma che non hanno presentato richiesta durante il periodo di gestazione riceveranno automaticamente idoneo permesso risultante da tessera per il periodo di puerperio a cura dell'ufficio anagrafe contestualmente al rilascio dell'atto di nascita.

   4. In deroga a quanto previsto dai precedenti commi, possono sostare nelle aree riservate di cui al precedente articolo anche soggetti non muniti di idoneo permesso, purché siano donne appartenenti a nuclei familiari naturali con cittadina italiana o di un Paese membro dell'Unione europea non residenti nella Città di Pontida il cui stato di gravidanza sia evidente o clinicamente accertato»;

   la misura appare agli interroganti palesemente illogica e discriminatoria e perfino di dubbia applicabilità ove si consideri che il beneficio è precluso ai cittadini non comunitari e agli appartenenti a nuclei familiari «non naturali», ammesso che tale definizione abbia un qualche significato –:

   di quali elementi disponga e se intenda assumere iniziative di competenza per garantire a coloro che siano illegittimamente esclusi dal beneficio de quo la possibilità di esercitare i propri diritti.
(4-17807)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a Pontida la locale amministrazione comunale ha approvato un regolamento comunale sulla gestione dei parcheggi che prevede che i permessi di sosta gratuita riservati alle donne incinte siano riservati «esclusivamente alle donne appartenenti ad un nucleo familiare naturale e cittadine italiane o di un Paese membro dell'Unione europea»;

   con questa denominazione si intende esplicitamente discriminare donne lesbiche ed extracomunitarie residenti nel comune, così come quelle non residenti che chiedano il permesso per ragioni di lavoro;

   a parere dell'interrogante la potestà regolamentare di un comune non può arrivare a violare principi costituzionali fondamentali, quali l'uguaglianza dei cittadini, oltre che le più elementari regole di civiltà –:

   se non ritenga opportuno valutare se sussistano i presupposti per assumere immediatamente iniziative ai sensi dell'articolo 138 del decreto legislativo n. 267 del 2000 per annullare la norma in questione.
(4-17808)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   CAPEZZONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il 31 maggio 2017 il professor Pietro Marinelli, docente di diritto ed economia all'Istituto superiore «Falcone-Righi» di Corsico (Milano), ha tenuto, presso una quinta classe, una lezione sullo Stato islamico;

   entrando in classe tutti gli studenti, come da consuetudine consolidata e in segno di rispetto del corpo docente, si sono alzati in piedi, fatta eccezione per una studentessa egiziana che si è giustificata sostenendo di essere in periodo di Ramadan e di sentirsi particolarmente stanca;

   la vicenda ha stimolato una civile discussione sul mese di preghiera islamico, con la studentessa che sosteneva che il Ramadan fosse un semplice periodo di riflessione e il docente che spiegava all'intera classe che per i mussulmani il Corano discende dal cielo essendo stato dettato da Allah accennando, allo stesso tempo, valutazioni critiche nei confronti di tale credenza e, soprattutto, definendo poco umana la pratica del digiuno prolungato prevista dal rito;

   la vicenda ha provocato la reazione stizzita della famiglia della studentessa che nei giorni successivi ha scritto una lettera alla Preside dell'Istituto per denunciare, come intolleranza religiosa, il comportamento del docente. Della lettera sono state poi riportate alcune frasi dette dal professore volte a sminuire ed offendere la fede musulmana, frasi palesemente esagerate o del tutto inventate;

   nelle ore successive, poi, la studentessa ha presentato un esposto ai carabinieri, cui ha fatto seguito un esposto della presiede volto «a tutelare l'onorabilità dell'Istituto», oltre all'avvio di un procedimento disciplinare a carico del professor Marinelli, conclusosi con sette giorni di sospensione del docente e relativa decurtazione dello stipendio a causa della supposta violazione di due articoli della Costituzione, il 3 e il 19 (uguaglianza e libertà di culto) e due articoli del codice deontologico e, addirittura, un successivo accertamento medico volto a stabilire l'idoneità all'insegnamento del professore;

   nel nostro Paese sussiste una libertà di espressione costituzionalmente garantita; il docente ha solo fornito una valutazione dell'Islam alla luce degli studi fatti; rientra negli obblighi educativi stimolare gli studenti ad avere una visione critica della vita e delle tradizioni religiose e, da sempre, i cristiani ascoltano lezioni su crociate o Inquisizione senza che ciò comporti, per i docenti o autori di libri scolastici, automatiche denunce e sospensioni dal servizio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di questa incresciosa vicenda e quali iniziative intenda intraprendere per tutelare un docente, particolarmente stimato, leso da un provvedimento secondo l'interrogante ingiusto perché non tutela la dignità e la professionalità dell'interessato.
(3-03235)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PES. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel decreto interministeriale Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca-Ministero della salute, del 13 giugno 2017, prot. 402 del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sono indicati gli standard, i requisiti e gli indicatori di attività formativa e d'assistenza delle scuole di specializzazione di area sanitaria e gli standard e i parametri che le stesse dovranno possedere per essere accreditate; sono previsti nuovi indicatori di performance d'assistenza suddivisi per: area economica (efficienza della gestione, produttiva ed economico-finanziaria), area sanitaria e qualità dell'assistenza (in termini di volumi ed esiti, qualità e sicurezza ed umanizzazione delle cure) e aree trasversali (comprendenti le dimensioni dell'equità, dell'organizzazione, della sostenibilità e della trasparenza);

   con cadenza periodica, almeno annualmente, devono essere eseguite attività di monitoraggio, definite dall'Osservatorio nazionale, attraverso la predisposizione e la standardizzazione della documentazione, che è recepita dagli osservatori regionali;

   da notizie diffuse dai media, sembrerebbe che sei scuole di specializzazione di medicina della Sardegna, tre a Cagliari, chirurgia generale, medicina dello sport e dell'esercizio fisico e nefrologia, e tre a Sassari, neurochirurgia, neurologia e anatomia patologica, sarebbero tra le 135 non in linea con i parametri e i requisiti definiti dal decreto interministeriale suddetto e pertanto a rischio soppressione, secondo il dossier dell'Osservatorio nazionale di valutazione;

   il nuovo decreto di riconoscimento delle scuole di specializzazione medica, per l'anno accademico 2016/2017 ha introdotto nuovi criteri di valutazione e performance delle strutture, ai fini dell'istituzione e dell'accreditamento, sicuramente indispensabili per innalzare ulteriormente il livello e la qualità della formazione medica specialistica, ma, che tralasciano le specificità territoriali in cui sono situati gli Atenei;

   nello specifico della Sardegna, le università, nonostante le difficoltà insulari, da sempre impartiscono un ottimo insegnamento formativo, con eccellenti risultati professionali; tuttavia, la qualità didattica, in linea con i parametri dell'Anvur e dell'Agenas, non è sufficiente ai fini dell'accreditamento specialistico, poiché il corpo docente è esiguo, secondo i nuovi standard;

   sempre da notizie diffuse dai media, sembrerebbe, che i dati riguardanti le università sarde, contenuti nel sistema, utile ai fini del monitoraggio, potrebbero essere erroneamente inseriti;

   nel suddetto decreto, l'articolo 8, «Termini di adeguamento», al comma 2, prevede: «Limitatamente a situazioni suscettibili di miglioramento, verificabili previa presentazione di un piano di adeguamento da parte della singola Scuola di specializzazione, l'Osservatorio nazionale, in alternativa all'immediata proposta di diniego di accreditamento, potrà concedere sino a un massimo di due anni per consentire l'adeguamento agli standard, ai requisiti minimi di idoneità e agli indicatori di performance richiesti dal presente decreto. Nelle more dell'adeguamento potrà essere concesso un accreditamento provvisorio, fermo restando che l'accreditamento definitivo potrà essere conseguito al raggiungimento degli standard, dei requisiti e degli indicatori» –:

   qualora le notizie diffuse fossero confermate, se, in considerazione delle difficoltà territoriali in cui versano gli atenei della Sardegna, si intenda valutare l'opportunità di concedere un considerevole periodo per permettere loro di raggiungere i nuovi standard richiesti;

   in alternativa, se si intenda valutare l'opportunità di predisporre un ulteriore controllo dei dati inseriti nel sistema, relativamente all'accreditamento dei corsi, al fine di verificare che, nel caso specifico degli atenei sardi, non si tratti di un errore materiale di inserimento.
(5-12167)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRACCARO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 13 della legge n. 104 del 1992, «Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate», prevede che: a) nelle sezioni e nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado siano garantite attività didattiche di sostegno per l'integrazione scolastica degli alunni/e con disabilità; b) tali attività siano realizzate da tutti i docenti della classe con il supporto di docenti specializzati per il sostegno; c) gli insegnanti specializzati assumano la contitolarità delle sezioni e delle classi in cui operano e pertanto partecipino alla programmazione educativo-didattica e all'elaborazione e verifica delle attività proprie dei consigli di interclasse, dei consigli di classe e dei collegi dei docenti;

   l'insegnante specializzato possiede, come i colleghi, competenze psico-pedagogico-didattiche e metodologiche (v. contratto collettivo nazionale di categoria), oltre a conoscenze legislative, capacità organizzative e comunicativo-relazionali, volte a favorire insieme ai colleghi della classe la realizzazione del processo inclusivo e a garantire il successo formativo di tutti gli alunni della classe, coerentemente con le capacità di ciascuno;

   da un'analisi congiunta del gruppo di studio per l'inclusione scolastica (GSIS) e del sindacato Anief, su dati della Provincia autonoma di Trento e Istat relativa all'anno 2016, risulta che a in provincia di Trento le ore medie settimanali di sostegno assegnate a ciascuno studente sono le seguenti:

    7,7 nelle scuole primarie (12,5 nelle scuole del Nord, 14,7 al Centro, 16,1 al Sud);

    6 ore medie settimanali nelle scuole secondarie di primo grado (10,1 nelle scuole del Nord, 11,7 al Centro, 13,2 al Sud);

    7,5 ore medie settimanali nelle scuole secondarie di secondo grado (mancano i dati ISTAT nazionali);

   sono state inoltre calcolate le cattedre non assegnate in base ai bisogni educativi degli studenti certificati con disabilità, agli insegnanti di sostegno impiegati in provincia di Trento per l'anno scolastico 2016/17 e alle cattedre da assegnare sulla base delle deroghe consentite dalla Corte costituzionale (sentenza 80/2010):

    scuola primaria, 187;

    scuola secondaria di primo grado, 134;

    scuola secondaria di secondo grado, 37;

   inoltre, in base ai dati ufficiali della provincia autonoma di Trento, nel periodo 2011-2017 le ore settimanali hanno registrato i seguenti incrementi:

    6 per cento delle coperture con insegnante di sostegno;

    20 per cento delle coperture con assistente all'autonomia e alla comunicazione assunto dalla provincia autonoma di Trento;

    70 per cento delle coperture con assistente all'autonomia e alla comunicazione fornito da cooperative sociali e/o enti privati;

   da dati esposti emerge chiaramente che le ore di «docenza» con insegnante specializzato sono state progressivamente sostituite da ore di «assistenza» con impiego di personale «non docente» e dipendente da cooperative e/o da enti privati in convenzione con la provincia autonoma di Trento;

   la mancata attribuzione delle cattedre necessarie, secondo l'interrogante, lede i diritti costituzionalmente garantiti della singola persona e palesa un progetto mirato al contenimento della spesa pubblica a discapito dei singoli alunni. Appare evidente come la mancata attribuzione di personale docente specializzato comprometta il diritto allo studio, all'istruzione e all'educazione degli studenti con disabilità –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra illustrati e quali iniziative di competenza intenda assumere per assicurare il rispetto di quanto previsto dalle normative vigenti, al fine di garantire il diritto allo studio degli studenti con disabilità, tramite l'assegnazione di un adeguato numero di ore di sostegno con personale specializzato secondo quanto disposto dalla legge n. 104 del 1992 e dalla Costituzione, tenendo altresì conto della sopracitata giurisprudenza costituzionale.
(4-17787)


   FRACCARO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   con la modifica dell'articolo 15 della legge 104 del 1992, «legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate», apportata dall'articolo 9 del decreto legislativo n. 66 del 2017, dal 1° settembre 2017 sono operativi:

    1) i Glir, gruppo di lavoro interistituzionale regionale (presso ogni ufficio scolastico regionale), ai quali il predetto decreto attribuisce compiti di:

     a) «consulenza e proposta all'USR per la definizione, l'attuazione e la verifica degli accordi di programma di cui agli articoli 13, 39, 40 della presente legge, integrati con le finalità di cui alla legge 13 luglio 2015 n. 107 con particolare riferimento alla continuità delle azioni sul territorio, all'orientamento e ai percorsi integrati scuola-territorio-lavoro;

     b) supporto ai Gruppi per l'inclusione territoriale (GIT), in vigore dal 1° gennaio 2019;

     c) supporto alle reti di scuole per la progettazione e realizzazione dei Piani di formazione in servizio del personale scolastico»;

    2) i Gli, gruppi di lavoro per l'inclusione (presso ogni scuola), composti da docenti curricolari e di sostegno, da personale amministrativo, tecnico e ausiliario e dagli specialisti della azienda sanitaria locale, con compiti di supporto al collegio dei docenti, per la definizione e realizzazione del piano per l'inclusione, ai docenti contitolari e ai consigli di classe, per l'attuazione dei piani educativi individualizzati, avvalendosi della «consulenza» di studenti, genitori, rappresentanti di associazioni nel campo dell'inclusione;

   al 30 maggio 2017 era ancora in vigore il testo originario dell'articolo 15 (legge n. 104 del 1992) in cui tali gruppi erano suddivisi in:

    a) GLIP, gruppo di lavoro interistituzionale provinciale (triennale, composto da 1 ispettore tecnico nominato dal provveditore agli studi, 1 esperto della scuola, 2 esperti designati dagli enti locali, 2 esperti delle unità sanitarie locali, 3 esperti designati dalle associazioni delle persone handicappate maggiormente rappresentative nominati dal provveditore);

    b) GLHI, gruppo di lavoro di istituto (composto da insegnanti, operatori, familiari, studenti);

   all'interrogante risulta che:

    la provincia autonoma di Trento non abbia recepito quanto attuato a livello nazionale in tema di inclusione scolastica. In particolare, nelle scuole trentine non sono stati istituiti i GLHI, ovvero i gruppi di lavoro che oggi, con l'articolo 9 del decreto legislativo n. 66 del 2017, sono sostituiti dai gruppi indicati nel nuovo articolo 15 della legge 104 del 1992;

    la mancata attuazione a Trento di quanto previsto nello specifico dalla legge n. 104 del 1992 e successivi modificazioni; ovvero, la presenza dei GLH di istituto nelle singole scuole, comporta l'assenza di strumenti di partecipazione e di collaborazione per l'attuazione del processo inclusivo;

    secondo quanto segnalato dal sindacato Anief all'interrogante, nelle scuole della Provincia autonoma di Trento si sono verificati eventi in contrasto con la normativa nazionale: agli assistenti educatori, in alcuni casi, è stato affidato il compito di «scrivere» il piano educativo individualizzato, mentre la normativa vigente assegna tale compito al gruppo di lavoro (GLHO), composto dai docenti della classe, specialisti dell'Asl o Apss, genitori o esercenti la responsabilità genitoriale ed eventuali altre figure educative –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopraindicati e quali iniziative di competenza intenda adottare per assicurare l'attuazione, da parte di tutte le istituzioni scolastiche della provincia autonoma di Trento, delle disposizioni dell'articolo 15 della legge 104 del 1992 in materia di inclusione scolastica degli studenti con disabilità;

   se il Governo intenda assumere iniziative per garantire l'attuazione di quanto previsto dalla normativa in tema di integrazione scolastica degli alunni e degli studenti con disabilità senza modificazioni che possano introdurre elementi di criticità, discontinuità e discriminazione a scapito degli studenti, in particolare trentini.
(4-17790)


   PASTORELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   a quanto risulta all'interrogante da tempo le amministrazioni scolastiche, in contrasto con le vigenti normative, formano cattedre articolate con più di 18 ore per risparmiare qualche spicciolo di euro;

   non mancano docenti di ruolo e precari ad orario completo che accettano, le ore aggiuntive all'orario obbligatorio, sottraendole di fatto alle disponibilità per le convocazioni dell'ufficio scolastico provinciale;

   molti dirigenti scolastici frazionano le cattedre di 18 ore, dividendole in spezzoni da sei ore per distribuirle a docenti di ruolo fino al raggiungimento di 24 ore. Contro questa pratica illegittima numerosi docenti hanno fatto vertenze, al tar e/o al tribunale ordinario per vedere riconosciuti i propri diritti;

   spesso i dirigenti scolastici fondano le loro decisioni su decreti ministeriali e/o circolari contenenti istruzioni operative in materia di supplenze del personale docente e amministrativo tecnico e ausiliario. A volte a causa della distorta applicazione delle norme compiono veri e propri abusi. Basterebbe ottemperare all'articolo 4 del decreto ministeriale 13 giugno 2007, che di seguito si riporta parzialmente: «L'aspirante cui viene conferita, in caso di assenza di posti interi, una supplenza ad orario non intero conserva titolo, in relazione alle utili posizioni occupate nelle varie graduatorie di supplenza, a conseguire il completamento d'orario, esclusivamente nell'ambito di una sola provincia, fino al raggiungimento dell'orario obbligatorio di insegnamento previsto. Tale completamento può attuarsi anche mediante il frazionamento orario delle relative disponibilità, salvaguardando in ogni caso l'unicità dell'insegnamento nella classe e nelle attività di sostegno. Nel predetto limite di orario il completamento è conseguibile con più rapporti di lavoro (...)»;

   è facile evidenziare il contrasto tra le disposizioni contenute nel decreto ministeriale 13 giugno 2007 e nella legge n. 241 del 1999 e la pratica di utilizzare spezzoni fino a 6 ore, che non ha nessuna ragione di essere quando viene meno il diritto al lavoro;

   la legge n. 333 del 2001, stabilisce che debbano essere i dirigenti scolastici territorialmente competenti, a nominare i supplenti delle graduatorie permanenti fino ad esaurimento e solo quando le graduatorie siano esaurite, possano nominarne delle graduatorie di circolo e d'istituto. Il decreto ministeriale del 2007 stabilisce in maniera inequivocabile il corretto iter;

   altro capitolo rilevante è la trasparenza della pubblica amministrazione nei procedimenti amministrativi così come previsto dalla legge n. 241 del 1990, dal Trattato di Lisbona, della legge n. 69 del 2009, dall'articolo 11 del decreto legislativo n. 150 del 2009 e dalla legge n. 190 del 2012. Nel sito internet della scuola autonoma, a seguito della pubblicazione del decreto legislativo n. 33 del 2013, c'è una apposita sezione denominata «Amministrazione trasparente», pertanto alcuni atti sono inefficaci se non vengono resi pubblici;

   affinché si promuovano la cultura dell'accesso civico e la dematerializzazione, la trasparenza deve diventare prassi organizzativa e gestionale. Sono invece numerosi i casi di mancata o errata pubblicazione di atti e procedure con gravi danni, anche economici, degli aventi diritto –:

   se il Ministro interrogato, non ritenga di dover effettuare tutte le verifiche del caso affinché le autorità preposte ottemperino alle disposizioni normative in vigore senza ledere il sacrosanto diritto al lavoro di tutti gli operatori del comparto scolastico, in maniera particolare dei docenti precari che, proprio in considerazione del loro status, sono veri soggetti deboli;

   se non ritenga di dover promuovere puntuali verifiche affinché sia effettuata, in ogni scuola, la pubblicazione nell'albo pretorio anche degli spezzoni minori o uguali a sei ore, vietando, nel contempo, la pubblicazione, nell'elenco delle disponibilità, di tanti spezzoni separati che non costituiscano cattedra, divieto peraltro sancito sia nel decreto ministeriale del 2007 che nel contratto collettivo nazionale dei lavoratori del 2006 e 2009;

   se non ritenga di dover assumere iniziative per vietare, salvo oggettive e particolari situazioni logistiche o d'unitarietà dell'insegnamento, ai dirigenti scolastici la formazione di organici con oltre 18 ore di insegnamento.
(4-17791)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ARGENTIN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il fondo nazionale per la non autosufficienza è stato istituito nel 2006 con la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (articolo 1, comma 1264), con l'intento di fornire sostegno a persone con gravissima disabilità e ad anziani non autosufficienti al fine di favorirne una dignitosa permanenza presso il proprio domicilio evitando il rischio di istituzionalizzazione, nonché per garantire, su tutto il territorio nazionale, l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali;

   secondo l'articolo 3 dell'ultimo decreto interministeriale di riparto delle risorse del fondo per l'anno 2016, del 26 settembre 2016, registrato dalla Corte dei conti il 3 novembre 2016 (per il 2017 è stato ad oggi raggiunta solo l'intesa in Conferenza Stato-regioni) una quota non inferiore al 40 per cento delle risorse deve essere utilizzata per interventi di cui all'articolo 2 del medesimo decreto in favore di persone con disabilità gravissima, ivi inclusi quelli a favore di persone affette da sclerosi laterale amiotrofica;

   il citato articolo 2 del decreto dispone che la realizzazione di prestazioni, interventi e servizi assistenziali nell'ambito dell'offerta integrata di servizi socio-sanitari in favore di persone non autosufficienti, avvenga, tenuto conto dell'articolo 22, comma 4, della legge 8 novembre 2000, n. 328, nelle seguenti aree prioritarie di intervento riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni, nelle more della determinazione del costo e del fabbisogno standard ai sensi dell'articolo 2, comma 2, lettera f), della legge 5 maggio 2009, n. 42:

    a) attivazione o il rafforzamento del supporto alla persona non autosufficiente e alla sua famiglia attraverso l'incremento dell'assistenza domiciliare, anche in termini di ore di assistenza personale e supporto familiare, al fine di favorire l'autonomia e la permanenza a domicilio, adeguando le prestazioni alla evoluzione dei modelli di assistenza domiciliari;

    b) previsione di un supporto alla persona non autosufficiente e alla sua famiglia eventualmente anche con trasferimenti monetari nella misura in cui gli stessi siano condizionati all'acquisto di servizi di cura e assistenza domiciliari nelle forme individuate dalle regioni o alla fornitura diretta degli stessi da parte di familiari e vicinato sulla base del piano personalizzato, di cui all'articolo 4, comma 1, lettera b), e in tal senso monitorati;

    c) previsione di un supporto alla persona non autosufficiente e alla sua famiglia eventualmente anche con interventi complementari all'assistenza domiciliare, a partire dai ricoveri di sollievo in strutture sociosanitarie, nella misura in cui gli stessi siano effettivamente complementari al percorso domiciliare, assumendo l'onere della quota sociale e di altre azioni di supporto individuate nel piano personalizzato, di cui all'articolo 4, comma 1, lettera b), e ad esclusione delle prestazioni erogate in ambito residenziale a ciclo continuativo di natura non temporanea;

   sempre lo stesso decreto all'articolo 6 prevede lo stanziamento complessivo di 15 milioni di euro per potenziare i progetti riguardanti misure atte a rendere effettivamente indipendente la vita delle persone con disabilità grave, come previsto dalle disposizioni di cui alla legge 21 maggio 1998, n. 162 –:

   quanti e quali siano i progetti finanziati in ogni singola regione divisi non solo secondo le finalità di cui all'articolo 2 del citato decreto ma anche secondo l'età della persona interessata ed, in particolare, quanti siano i progetti di assistenza destinati alle persone anziane non autosufficienti e quanti invece quelli destinati a persone disabili gravi e gravissime che abbiano meno di sessantacinque anni;

   quanti siano i progetti finanziati in base all'articolo 6 del suddetto decreto e in quali regioni.
(5-12164)


   GNECCHI, TINAGLI, GIACOBBE, CASELLATO, GRIBAUDO, PARIS, PATRIZIA MAESTRI, ALBANELLA, DI SALVO e INCERTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 24 del decreto legislativo n. 80 del 15 giugno 2015 prevede che le lavoratrici dipendenti del settore pubblico e privato, che siano state vittime di violenza di genere (escluse le lavoratrici del settore domestico), possano avvalersi di un congedo indennizzato per un periodo massimo di 3 mesi al fine di svolgere i percorsi di protezione certificati;

   con la circolare dell'Inps n. 65 del 15 aprile 2016 sono state emanate le istruzioni in ordine al congedo di 3 mesi riconosciuto alle lavoratrici dipendenti che siano state vittime di violenza di genere e che siano state inserite in percorsi certificati presso servizi sociali, centri antiviolenza o case rifugio di cui all'articolo 5-bis, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119;

   le lavoratrici che hanno già fruito di periodi di congedo, dall'entrata in vigore della riforma (25 giugno 2015) ad oggi, sono tenute a presentare domanda anche per tali periodi in modo da consentire la verifica dei conguagli eventualmente già effettuati;

   a distanza di due anni dall'introduzione della norma si ritiene opportuno conoscere quante donne abbiano utilizzato la norma richiamata in premessa e se ci siano state conseguenze sulla prosecuzione del rapporto di lavoro, dopo aver utilizzato il suddetto congedo –:

   quante donne vittime di violenza di genere, suddivise per regione e fra dipendenti pubbliche e private, abbiano fruito del congedo a partire dall'entrata in vigore della norma fino ad agosto 2017;

   quante donne, suddivise per regione e fra dipendenti pubbliche e private, dopo la fruizione del congedo abbiano interrotto il rapporto di lavoro a seguito di dimissioni volontarie o per licenziamento da parte del datore di lavoro.
(5-12165)


   GNECCHI, MOTTOLA, PATRIZIA MAESTRI, GIORGIO PICCOLO, AIRAUDO, DALL'OSSO, COMINARDI, CIPRINI, BARUFFI, SIMONETTI, RIZZETTO, PRATAVIERA, POLVERINI, AUCI e INCERTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'istituto del cumulo dei contributi era già presente nel nostro ordinamento sulla base della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013) che ha previsto all'articolo 1, commi da 239 a 246, la possibilità di unificare la contribuzione versata in più gestioni assicurative;

   con l'articolo 1, comma 195 e seguenti, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 – legge di bilancio 2017, si è modificato il comma 239 dell'articolo 1 della legge n. 228 del 2012 estendendo l'istituto del cumulo agli enti di previdenza di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, prevedendo altresì che la predetta facoltà possa essere esercitata per la liquidazione del trattamento pensionistico a condizione che il soggetto interessato abbia i requisiti anagrafici previsti dal comma 6 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e il requisito contributivo di cui al comma 7 del medesimo articolo 24, ovvero, indipendentemente dal possesso dei requisiti anagrafici, abbia maturato l'anzianità contributiva prevista dal comma 10 del medesimo articolo 24;

   ad oggi non risulta siano state emanate dall'istituto previdenziale dei giornalisti – Inpgi – le relative disposizioni applicative che consentano ai giornalisti di cumulare i contributi versati nella gestione separata Inpgi 2, con quelli versati nell'Inpgi;

   si ritiene utile ricordare che già con la legge n. 228 del 2012, successivamente modificata dalla legge n. 232 del 2016, è stato reso possibile cumulare i contributi versati nella gestione separata Inps con i contributi versati in altri fondi previdenziali pubblici; già dal 2012 quindi l'Inpgi avrebbe potuto disciplinare al proprio interno con regolamento almeno «Inpgi1» e «Inpgi2» –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di intervenire affinché l'Inpgi proceda ad emanare le disposizioni applicative della norma richiamata in premessa, di cui alla legge di bilancio 2017, e in particolare a risolvere il problema degli iscritti all'Inpgi2, perché possa realizzarsi il cumulo dei contributi e non rimanga con Inpgi1 un'unica possibilità, ovvero la ricongiunzione onerosa.
(5-12166)


   CANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'11 settembre 2017 nell'area degli impianti Portovesme srl (gruppo Glencore) di Portovesme si è registrato un gravissimo incidente sul lavoro in cui ha perso la vita un operaio rumeno residente a Siracusa e impiegato da un'impresa d'appalto;

   il lavoratore in base alle prime ricostruzioni era impegnato nelle operazioni di purificazione dei fanghi, operazione affidata a una ditta specializzata nel settore;

   benché prontamente soccorso dai colleghi e dal personale medico presenti all'interno dello stabilimento, è purtroppo deceduto subito dopo;

   risulta essere ancora in corso, da parte delle autorità inquirenti, la ricostruzione delle dinamiche che hanno determinato il mortale incidente;

   si pone ancora una volta la questione della sicurezza negli ambienti di lavoro, nonché la necessità di rafforzare l'azione di prevenzione finalizzata a scongiurare il verificarsi di incidenti;

   dalle più alte cariche istituzionali è stata richiamata l'attenzione di tutte le istituzioni e della comunità nazionale sul tema della sicurezza del lavoro chiedendo di fare di più –:

   quali iniziative il Governo, anche in relazione all'incidente richiamato in premessa, intenda assumere al fine di potenziare le misure in materia di prevenzione degli incidenti sul lavoro.
(5-12173)


   MICCOLI, CASELLATO, DAMIANO, GNECCHI e PATRIZIA MAESTRI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la società Infocamere, di cui sono proprietarie le camere di commercio e le loro unioni, ha effettuato nei mesi scorsi una gara per la parziale esternalizzazione del servizio contact center. Il capitolato ha previsto una clausola sociale di riassunzione nei confronti dei 99 lavoratori impiegati nel servizio (dei quali circa la metà somministrati da JobCamere a Infocamere e gli altri con lavoro a tempo determinato dipendenti diretti da di Infocamere);

   l'appalto è stato aggiudicato ad una rete temporanea di imprese, costituita dalle società Credit 2 cash di Roma e dalla cooperativa sociale Giotto di Padova;

   secondo delle organizzazione sindacali l'appalto presente profili di illegittimità nella gestione della clausola sociale, così come previsto dal codice degli appalti di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, in quanto la cooperativa Giotto ha deciso di applicare il contratto delle cooperative sociali, non coerente con l'oggetto della gara, mentre la società Credit 2 Cash di Roma applica un Contratto collettivo nazionale di lavoro Cisal, anziché il Contratto collettivo nazionale di lavoro firmato dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, proponendo altresì ai lavoratori riduzioni unilaterali a part-time del rapporto di lavoro e l'assunzione non diretta ma tramite somministrazione lavoro;

   nonostante le reiterate richieste alle società subentranti nell'appalto, non è stata possibile la procedura sindacale per gestire il passaggio dei lavoratori alle nuove società e ad oggi, neanche la stazione appaltante ha ritenuto di intervenire, nonostante buona parte dei lavoratori sia già in forza alle imprese aggiudicatarie –:

   se non ritenga il Ministro interrogato di effettuare le opportune verifiche di competenza sulle azioni unilaterali intraprese dalle ditte subentranti e sul mancato intervento della stazione appaltante.
(5-12176)

Interrogazione a risposta scritta:


   FAUTTILLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 6, primo comma, del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato del 16 luglio 1947, n. 708, prevede espressamente che «Le imprese dell'esercizio teatrale, cinematografico e circense, i teatri tenda, gli enti, le associazioni, le imprese del pubblico esercizio, gli alberghi, le emittenti radiotelevisive e gli impianti sportivi non possono far agire nei locali di proprietà o di cui abbiano un diritto personale di godimento i lavoratori dello spettacolo appartenenti alle categorie indicate dal n. 1 al n. 14 dell'articolo 3, che non siano in possesso del certificato di agibilità previsto dall'articolo 10(....)»;

   la citata disposizione costituisce una forma di tutela rafforzata per gli indicati lavoratori dello spettacolo: il rilascio da parte dell'Inps del certificato di agibilità, infatti, è subordinato — ai sensi del citato articolo 10 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 708 del 1947 all'adempimento da parte dell'impresa committente degli obblighi contributivi previsti dalla normativa vigente;

   la citata previsione normativa ha la propria ratio nelle peculiarità che caratterizzano il settore dello spettacolo, con particolare riguardo alla natura delle prestazioni e dei contratti;

   come denunciato anche da addetti del settore l'assoluta positività della norma è, purtroppo, appannata dalla sua vetustà: nonostante le successive modifiche ed integrazioni, infatti, le disposizioni citate fanno riferimento a situazioni mutate nel corso del tempo;

   è da rilevare come risulti irrazionale porre a carico delle imprese l'obbligo del certificato di agibilità con riferimento a soggetti con i quali si è instaurato un rapporto di lavoro subordinato e a tempo indeterminato, che pertanto andrebbero esclusi da tale previsione senza che ciò implichi l'irrogazione di sanzioni nei confronti di quelle imprese che sono in regola con gli obblighi contributivi previsti;

   con circolare del 4 giugno 2002, n. 21, l'Inps ha ribadito, inoltre, che il rilascio del certificato di agibilità all'effettivo datore di lavoro deve riguardare uno specifico evento o una serie di eventi, per il cui svolgimento lo stesso è richiesto, e non è dunque consentito in nessun caso il rilascio di tali certificati per periodi di tempo cosiddetti «aperti», a prescindere dalla durata o meno degli stessi –:

   quali tempestive iniziative di competenza intenda assumere al fine di sanare la predetta incongruenza.
(4-17798)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   D'AGOSTINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   dai dati recentemente diffusi in occasione del borsino della Fiera delle Castagnole delle Lanze in Piemonte, è emerso che il prezzo delle nocciole è stato fissato a 335 euro a quintale: ben 85 euro in meno rispetto ai 420 dell'anno scorso;

   pur trattandosi del prezzo di riferimento delle nocciole piemontesi, è comunque indicativo di come rischia di presentarsi l'annata per quanto concerne la remunerazione per gli agricoltori a livello nazionale;

   il crollo del prezzo delle nocciole rischia di mettere definitivamente in ginocchio il settore corilicolo campano già duramente colpito dalla siccità e dalle gelate di aprile;

   dalla Campania viene il 41 per cento della produzione del Paese;

   le organizzazioni dei produttori hanno già manifestato la loro preoccupazione per il calo del prezzo che in detta regione oscilla tra i 220 e i 250 euro a quintale;

   un dato, questo, decisamente penalizzante, specie per l'Irpinia dove è presente il 77 per cento delle aziende campane;

   la superficie media per azienda, infatti, risulta particolarmente bassa nelle province di Napoli, Salerno e Avellino, mentre è superiore alla media nazionale in quella di Caserta;

   in provincia di Caserta, secondo il VI Censimento dell'agricoltura ISTAT, un numero importante di unità supera i 5 ettari, l'11 per cento corrispondente al 47 per cento della superficie provinciale;

   la coltivazione risulta particolarmente importante nel comune di Teano (primo comune campano per superficie corilicola) ed in quelli di Presenzano, Carinola, Vairano Patenora e Caianello;

   quest'area ha visto negli ultimi anni un'espansione intensa della coltivazione, che ha sostituito altre specie da frutto, andandosi a collocare in territori in prevalenza pianeggianti, situati spesso tra i 300-700 metri e caratterizzati da disponibilità idrica;

   a giudizio dell'interrogante, è necessario che il Governo e la regione valutino interventi che vadano nella direzione di un piano strategico di aggregazione della produzione e di un sostegno significativo alla ricerca, in modo da determinare, così come suggerito recentemente dalla Confederazione italiana agricoltori, una maggiore varietà di prodotti tali da renderli più appetibili al mercato –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, anche in sinergia con la regione Campania, per sostenere le aziende campane operanti nel settore corilicolo.
(4-17781)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   MATTEO BRAGANTINI e PRATAVIERA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, recante «Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale», convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2017, sono state aumentate le vaccinazioni obbligatorie per i minori, sono stati rivisti gli adempimenti relativi ai servizi educativi, alle scuole ed ai centri di formazione professionale regionale, e sono state modificate le sanzioni inerenti all'inadempimento dei suddetti obblighi;

   con gli articoli 3 e 5 si prevede che i dirigenti scolastici e i responsabili dei servizi educativi per l'infanzia e dei centri di formazione professionale siano tenuti, all'atto dell'iscrizione del minore di età compresa tra zero e sedici anni e del minore straniero non accompagnato, a richiedere ai genitori esercenti la responsabilità genitoriale o ai tutori, la presentazione, entro il 10 settembre 2017, per i servizi educativi per l'infanzia, ed entro il 31 ottobre 2017, per le scuole appartenenti agli altri gradi di istruzione ed ai centri di formazione professionale regionale, la documentazione relativa all'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie;

   agli interroganti appare non comprensibile il fatto che informazioni già in possesso della pubblica amministrazione debbano essere consegnate dai genitori ad altra amministrazione pubblica, costringendo gli stessi ad un onere burocratico che potrebbe essere semplicemente superato da scambi telematici tra uffici della pubblica amministrazione;

   l'articolo 4-bis del decreto-legge prevede che, con decreto del Ministro della salute, sia istituita l'anagrafe nazionale vaccini, nella quale saranno registrati i soggetti vaccinati e da sottoporre a vaccinazione e quelli esonerati da vaccinazione o per i quali sia stata consentita l'omissione e il differimento della medesima;

   sicuramente quando l'anagrafe sarà operativa i genitori saranno liberati da tale onere, ma nulla dice la legge sui tempi entro i quali si dovrà attuare questa disposizione;

   per la fase transitoria relativa all'anno scolastico 2017/2018, sono state fornite indicazioni per l'attuazione delle norme recentemente approvate, con una circolare del Ministero della salute e del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Per agevolare le famiglie la circolare prevede che la richiesta di vaccinazione potrà essere effettuata anche telefonicamente (purché sia fissato un appuntamento), inviando una mail all'indirizzo di posta elettronica ordinaria o certificata di una delle Asl della regione di appartenenza o inoltrando una raccomandata con avviso di ricevimento. In alternativa, ma solo per l'anno scolastico 2017/2018, si potrà autocertificare di aver richiesto alla Asl di effettuare le vaccinazioni non ancora somministrate;

   la documentazione è requisito di accesso; quindi, a decorrere dal 12 settembre 2017 non potranno accedere ai servizi educativi per l'infanzia e alle scuole dell'infanzia, i minori i cui genitori non abbiano presentato la documentazione. In caso di autocertificazione, la documentazione dovrà essere prodotta entro il 10 marzo 2018. Per gli iscritti alla scuola del I e II ciclo e nei centri di formazione professionale la documentazione va presentata entro il 31 ottobre 2017 e non costituisce requisito di accesso alla scuola. In caso di mancata presentazione della documentazione nei termini, sarà inoltrata una segnalazione alla Asl competente che avvierà la procedura prevista per l'inadempimento;

   in questi giorni quindi tutti i genitori sono alle prese con questi adempimenti. Sono tenuti a recarsi alle Asl territorialmente competenti per far vaccinare i figli o farsi consegnare lo storico delle vaccinazioni dei medesimi. Oneri che avrebbero potuto essere evitati da uno scambio diretto tra scuole e asl in quanto tutte le informazioni sono già in possesso delle asl stesse –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo per eliminare questo incomprensibile aggravio burocratico per i genitori e che tempi siano previsti per l'attuazione dell'anagrafe nazionale dei vaccini.
(4-17796)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta orale:


   SENALDI, BAZOLI e FRAGOMELI. — Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:

   il servizio erogato dalla società Poste Italiane è regolato da apposito contratto di programma stipulato con il Ministero dello sviluppo economico;

   all'articolo 1, comma 2, del contratto si riporta che Stato e società perseguono obiettivi di coesione sociale ed economica e prevedono la fornitura di servizi utili al cittadino, alle imprese e alle pubbliche amministrazioni mediante l'utilizzo della rete postale della società;

   il contratto dà attuazione alla legge 23 dicembre 2014, n. 190, la quale stabilisce che gli obiettivi percentuali medi di recapito dei servizi postali universali sono riferiti al recapito entro il quarto giorno lavorativo successivo a quello di inoltro nella rete pubblica postale, salvo quanto previsto per gli invii di posta prioritaria;

   la legge n. 214 del 2011 affida all'Autorità per le garanzie delle comunicazioni la funzione di autorità di regolamentazione, vigilanza e tutela dell'utenza del settore postale;

   la carta del servizio postale universale, redatta in conformità all'articolo 12 del decreto legislativo n. 261 del 1999 ed alle delibere dell'Autorità di regolamentazione del settore postale (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) n. 184/13/CONS e n. 413/14/CONS, alla voce obiettivi di qualità/tempi di consegna indica per l'Italia la consegna entro 4 giorni lavorativi successivi a quello di accettazione nel 90 per cento dei casi, entro 6 giorni lavorativi successivi a quello di accettazione nel 98 per cento dei casi;

   negli ultimi due mesi, in corrispondenza del periodo estivo, si sono verificati ritardi e numerose segnalazioni da parte di utenti, sindaci e organi di stampa sulla consegna della corrispondenza ben oltre le tempistiche indicate, in Lombardia ed in particolare nelle Provincie di Varese, Brescia e Lecco;

   i ritardi lamentati dagli utenti di Poste Italiane si susseguono periodicamente da almeno 2 anni in diverse zone del territorio nazionale senza che si vedano segni di un miglioramento del servizio;

   la consegna ritardata della posta causa sovente a cittadini e imprese danno economico per la mancata ricezione entro le scadenze previste di bollette, avvisi di pagamento, solleciti e simili, con conseguente scatto di interessi di mora;

   alcuni deputati del Partito Democratico hanno incontrato alla Camera, nel gennaio 2017, rappresentanti di Poste Italiane che hanno confermato problemi nella distribuzione della corrispondenza, alla risoluzione dei quali la società stava lavorando;

   gli interroganti nel mese di marzo 2017 hanno fatto visita al centro smistamento di Roserio, competente per la Lombardia nord occidentale, ricevendo dai responsabili logistici e del centro rassicurazioni sulla soluzione dei problemi, tramite l'adozione di un nuovo sistema per la gestione dei plichi e l'assunzione di personale;

   i disagi, come lamentato da numerosi cittadini, confermato da diversi sindaci e riportato da organi di stampa, si sono ripresentati nel corso dell'estate 2017 e rischiano di ripetersi ed acuirsi a dicembre, tipicamente periodo di scadenze per pagamenti, oltre che di incremento delle consegne di pacchi come verificatosi lo scorso anno –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione di disservizio emersa negli ultimi tempi e quali iniziative di competenza intenda predisporre in vista dei prossimi mesi e delle scadenze di fine anno;

   se il Ministro interrogato intenda verificare, per quanto di competenza, il rispetto del contratto di programma sottoscritto con la società Poste Italiane e quali iniziative intenda assumere nel caso emergano inadempienze rispetto al contratto medesimo.
(3-03232)


   LATRONICO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la Sogin è la società di Stato responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi compresi quelli prodotti dalle attività industriali, di ricerca e di medicina nucleare;

   il 10 agosto 2017, il consiglio di amministrazione di detta società ha deciso di avvalersi, al termine di un'attività istruttoria, delle clausole risolutive espresse verso il raggruppamento temporaneo di imprese (RTI), di cui è mandataria Saipem s.p.a., riguardo al contratto di appalto per la realizzazione del complesso Cemex all'interno dell'impianto Eurex di Saluggia (Vercelli);

   la Sogin, come riportato nel comunicato stampa aziendale, avrebbe constatato il mancato completamento delle attività di progettazione costruttiva dell'infrastruttura e della realizzazione dell'edificio di processo e del deposito temporaneo del complesso Cemex;

   il consiglio di amministrazione ha inoltre preso atto di una serie di gravi inadempimenti e ritardi da parte del raggruppamento temporaneo di imprese, di cui è mandataria Saipem, s.p.a., impegnato nel sito Itrec di Rotondella (Matera) nella realizzazione dell'ICPF (impianto di cementazione prodotto finito), composto da un edificio di processo e da un deposito temporaneo per lo stoccaggio dei manufatti prodotti, diffidando l'appaltante ad adempiere agli obblighi contrattuali;

   l'appalto per la realizzazione del Cemex era stato assegnato nel 2013 al raggruppamento temporaneo di imprese guidato da Saipem, per un importo di 98 milioni di euro, mentre quello per l'ICPF ha un valore di circa 40 milioni;

   l'annullamento di entrambi i contratti comporterebbe una sicura contrazione del budget sui costi commisurati – lo strumento di misura con cui l'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico (Aeeg) monitora le prestazioni e gli avanzamenti di Sogin al fine del riconoscimento dei costi sostenuti – rischiando così di non consentire alla Sogin di raggiungere i parametri minimi richiesti. Al verificarsi di una tale ipotesi l'azienda sarebbe costretta a provvedere ad una riduzione dei costi, in primis quelli relativi alla manodopera e già circolano voci di un possibile licenziamento di circa sessanta dipendenti con contratti si somministrazione, la maggior parte dei quali attualmente collocati presso la sede di Roma;

   altra conseguenza di una rescissione di entrambi i contratti sarebbe, nonostante la Sogin affermi di stare già valutando le diverse alternative percorribili, un notevole ulteriore ritardo sui programmi generali di smantellamento dei due siti di Saluggia e Trisaia –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se abbia ricevuto dalla Sogin rassicurazioni convincenti, da un lato, relative al mantenimento dei livelli occupazionali e dall'altro al completamento delle opere connesse al decommissioning, anche alla luce della recente pubblicazione del programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi.
(3-03236)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CRIPPA e BUSTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   risulta che Enea nel luglio 2015 avrebbe inviato al Ministero dello sviluppo economico, direzione generale procedente per il programma nazionale, la richiesta di mandato a partecipare al programma comune di ricerca europeo sui rifiuti di alta attività e deposito geologico, nell'ambito del progetto Joprad e conseguente European Joint Programming 1);

   con la sopracitata richiesta, si è portata all'attenzione del Ministero dello sviluppo economico l'opportunità di riavviare in Italia le attività di ricerca sul deposito geologico per rifiuti di alta attività a vita lunga;

   con il decreto legislativo n. 31 del 2010 sono state ampliate le competenze di Sogin spa anche con riferimento alla localizzazione, realizzazione e gestione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e del parco tecnologico (DNPT);

   con il recepimento della direttiva europea 2011/70 sui rifiuti radioattivi avvenute in Italia con il decreto legislativo n. 45 del 4 marzo 2014, gli Stati membri dell'Unione europea sono tenuti a documentare entro agosto del 2015 un credibile programma tecnico/economico di gestione dei rifiuti radioattivi;

   secondo le stime di Sogin, il deposito nazionale ospiterà una struttura per la sistemazione definitiva in superficie dei rifiuti di media e bassa attività, nonché un deposito temporaneo per lo «stoccaggio provvisorio di lungo termine» di circa 15.000 metri cubi di rifiuti di alta attività e combustibile irraggiato derivanti dalle attività nucleari pregresse in attesa dello smaltimento definitivo;

   lo smaltimento dei rifiuti di alta attività a lunga vita in opportune formazioni geologiche profonde è la soluzione riconosciuta a livello internazionale come la più sicura e sostenibile;

   questa soluzione, come evidenziato dall'esperienza internazionale, richiederebbe una prima lunga fase di ricerca e sviluppo finalizzata a studiare il comportamento delle formazioni geologiche su lunghissime scale temporali;

   risulta pertanto evidente quanto sarebbe indispensabile ed opportuno mantenere in Italia un presidio sul deposito geologico;

   scopo del progetto Joprad (durata 30 mesi) è stato quello di creare una «programmazione congiunta sullo smaltimento dei rifiuti radioattivi» che permetterebbe di coordinare a livello europeo i programmi di ricerca nazionali e le relative attività associate di ricerca e sviluppo sullo smaltimento geologico dei rifiuti radioattivi di lunga vita e alta attività;

   la partecipazione italiana al programma comune europeo di ricerca EJP 1 non sarebbe in contrasto con la partecipazione ad iniziative mirate alla realizzazione pratica di un deposito geologico condiviso a livello europeo (quale Arius-Erdo cui partecipa Enena);

   al contrario, costituirebbe un elemento fortemente strategico, in quanto la direttiva 2011/70 consente di includere nei «programmi nazionali», oltre alla ricerca sui depositi geologici nazionali, anche eventuali accordi tra Stati membri per la condivisione di impianti di smaltimento;

   l'Enea riporta anche come non sarebbero stati previsti impegni economici, oltre a quelli relativi all'impegno del personale coinvolto, essendo le spese per missioni dal progetto europeo, e che le organizzazioni e istituzioni interessate avrebbero coperto tutte le competenze necessarie al progetto;

   ad oggi, parrebbe che il Ministro interrogato non abbia provveduto ad inviare alcuna risposta all'Enea, al gruppo di lavoro di istituti ed enti ad essa collegata (Istituto nazionale di fisica nucleare, Istituto superiore di sanità, Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) e alla stessa Sogin come operatore istituzionale –:

   se il Ministro interrogato intenda confermare la ricezione della comunicazione dell'Enea citata in premessa;

   nel caso di conferma, se a distanza di 2 anni si sia data risposta alle sollecitazioni di adesione proposte da Enea e Sogin;

   se si intenda aderire a progetti di ricerca europei in merito e se si intenda dare una valutazione di fattibilità riguardo alla possibilità che il deposito geologico di scorie ad alta radioattività sia su scala europea e non necessariamente nazionale.
(5-12162)


   MOLEA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'accesso a piattaforme web e digitali riferibili alla società Editrice TNV con sede a Verona, ovvero la stessa visione dei programmi trasmessi dall'emittente Telenuovo di cui la medesima è proprietaria evidenziano numerosi profili di potenziali criticità in relazione al palinsesto televisivo andato in onda da maggio 2015 a gennaio 2017;

   emergerebbe la riproduzione continuativa di film di altissimo pregio e facilmente ritrovabili nei palinsesti nazionali di RAI, Mediaset, La7 e Sky, il che, ad avviso dell'interrogante, porrebbe in dubbio che tali film possano essere nella disponibilità di un'emittente locale, dal momento che il distributore di questi film non avrebbe motivo di fornirli contemporaneamente anche alle emittenti nazionali. Talvolta, i film risultano scaricati da internet, essendo riprodotti e messi in onda con il logo DivX oppure con il titolo in lingua originale, dunque con modalità che impongono il rispetto della disciplina sul diritto di autore;

   inoltre, nel medesimo periodo Telenuovo avrebbe trasmesso più volte film con contenuti pornografici, nonché partite di calcio in diretta sia della Lega Pro sia delle serie maggiori, venendo perciò in essere fattispecie che non possono essere oggetto di diritti televisivi di TV locali. Addirittura, la partita Italia-Germania 2016 sarebbe stata mandata in onda ritrasmettendo, in diretta, il segnale di RAI1;

   la diffusione di contenuti televisivi di così grande impatto di pubblico da essere di norma commercialmente accessibile ai soli network nazionali, di programmi a contenuto pornografico e di quelli sportivi di importanza nazionale consentono di conseguire benefici sull’audience tali da incidere sul valore della vendita pubblicitaria e sul fatturato, un migliore posizionamento nel telecomando, nonché dati Auditel sensibilmente alti da condizionare l'attribuzione di punteggi elevati in graduatoria nelle procedure di evidenza pubblica, anche del Ministero dello sviluppo economico, grazie ai quali si possono ottenere maggiori contributi statali a sostegno delle emittenti locali;

   queste pratiche permettono altresì un ingiusto vantaggio sui diretti competitori che operano in Veneto, sottraendo clienti e risorse ad altri fornitori di contenuti televisivi che agiscono secondo legge, con conseguente distorsione del mercato –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei comportamenti descritti in premessa e, qualora detti comportamenti siano accertati dai competenti organi ministeriali, quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare nei confronti della citata società al fine di evitare che le eventuali violazioni del diritto di autore, della diffusione di programmi pornografici e di quelli sportivi senza diritti audiovisivi comportino ricadute negative sulla concorrenza nel mercato della fornitura di contenuti televisivi e sull'assegnazione di punteggi e contributi a favore delle emittenti locali;

   in generale, quali iniziative intenda intraprendere in relazione al rispetto, soprattutto da parte delle televisioni locali, della disciplina sui diritti di autore, delle regole relative a programmi sportivi e pornografici, sulla incidenza di pratiche non corrette sui meccanismi di erogazione di contributi e di assegnazione di punteggi.
(5-12180)

Apposizione di una firma
ad una mozione.

  La mozione Carfagna e altri n. 1-01557, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Laboccetta.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in commissione Fanucci n. 5-11590, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 giugno 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Piccoli Nardelli.

  L'interrogazione a risposta in commissione Ricciatti e altri n. 5-11875, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Piccoli Nardelli.

  L'interrogazione a risposta in commissione Cimbro n. 5-12124, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Nicchi, Roberta Agostini, D'Attorre, Duranti, Fontanelli, Melilla, Rostan.

Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interpellanza urgente Ventricelli n. 2-01913 del 2 agosto 2017;

   interpellanza urgente Capelli n. 2-01928 del 12 settembre 2017;

   interrogazione a risposta scritta De Rosa n. 4-17697 del 12 settembre 2017;

   interrogazione a risposta immediata in Commissione Paglia n. 5-12155 del 13 settembre 2017;

   interrogazione a risposta immediata in Commissione Sibilia n. 5-12158 del 13 settembre 2017.

Trasformazione di un documento
del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Cristian Iannuzzi n. 5-11196 del 20 aprile 2017 in interrogazione a risposta scritta n. 4-17801.