Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 26 settembre 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    in attuazione della legge delega 5 maggio 2009, n. 42, recante i principi e i criteri direttivi per l'attuazione del federalismo fiscale, in riferimento all'articolo 119 della Costituzione sono stati emanati numerosi provvedimenti, e segnatamente ben nove decreti legislativi, finalizzati a definire il nuovo assetto dei rapporti economici e finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali. Tuttavia, ad oggi, il quadro attuativo della legge delega 5 maggio 2009, n. 42, risulta implementato solo parzialmente nell'ambito del nostro ordinamento, anche a causa di importanti mutamenti nel frattempo intervenuti nel quadro istituzionale della finanza locale che hanno inciso profondamente sull'impostazione del disegno della legge delega e riconducibili principalmente all'aggravarsi della crisi economica e finanziaria e alla conseguente necessità di una maggior centralizzazione delle decisioni di entrata e di spesa;

    il federalismo fiscale, come noto, riconosce l'autonomia finanziaria e di spesa degli enti locali, consentendo loro di applicare tributi ed entrate propri nel rispetto della Costituzione e dei principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, nonché di disporre di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibili al loro territorio. Con le entrate finanziare ottenute attraverso l'autonoma imposizione fiscale gli enti locali ottengono, dunque, le risorse necessarie per svolgere le funzioni pubbliche loro attribuite;

    in particolare, il sistema su cui si impernia il federalismo fiscale, alla luce dei principi e dei criteri direttivi contenuti nella legge delega, avrebbe dovuto poggiare sulla distinzione tra le spese riconducibili alle funzioni fondamentali e le spese riconducibili alle funzioni non fondamentali. Con riferimento alle prime, lo Stato avrebbe concorso al loro integrale finanziamento mediante un fondo perequativo volto a coprire la differenza tra fabbisogni standard e capacità fiscali, mentre per quanto concerne le seconde, si sarebbe dovuto provvedere ad un loro parziale finanziamento con un fondo perequativo orizzontale basato sulla capacità fiscale per abitante;

    purtuttavia, il sistema perequativo attuale si configura in molti casi in maniera diversa da quello previsto in fase di legge delega. In esso, infatti, il parametro della spesa storica continua a svolgere un ruolo preminente rispetto al parametro della perequazione di cui i fabbisogni standard e le capacità fiscali costituiscono i due pilastri fondamentali; su di essi si regge la perequazione delle risorse finanziarie dei comuni realizzata attraverso il Fondo di solidarietà comunale (FSC);

    il Fondo di solidarietà comunale (FSC) si basa su un meccanismo assai complesso in cui le finalità perequative, fondate appunto sul confronto tra fabbisogni standard e capacità fiscali, vengono calate in un sistema preesistente di trasferimenti verticali fino al 2013 e poi prevalentemente orizzontale su cui, tra l'altro, si sono scaricati i tagli alle risorse comunali apportati nel 2014 e nel 2015, nonché i meccanismi compensativi degli interventi di soppressione dei tributi municipali;

    in un documento realizzato dall'Ufficio parlamentare di bilancio (nota di lavoro 1/2017) in merito alla ripartizione dell'FSC per l'anno 2017 si evidenzia una generale sostenibilità finanziaria degli effetti del nuovo sistema di determinazione dei trasferimenti, che purtuttavia risulta caratterizzato da inerzia rispetto all'attribuzione storica delle risorse, non risolvendo le forti disparità territoriali nella fornitura dei servizi. Tale stato di cose, secondo quanto rilevato dall'Ufficio parlamentare di bilancio, ha stemperato l'impatto potenziale degli elementi innovativi introdotti nella perequazione comunale e può apparire non in linea con le aspettative esistenti all'avvio della stagione di determinazione dei fabbisogni standard. Ripartire le risorse del Fondo di solidarietà comunale (FSC) prevalentemente sulla base della spesa storica produce l'effetto che le amministrazioni comunali che dispongono di maggiori risorse economiche e, di conseguenza, sono in grado di fornire più servizi traggono maggiori benefici, rispetto a quelle che, possedendo risorse più scarse, forniscono servizi in misura minore. Una simile condizione rischia di aumentare lo squilibrio già esistente tra i comuni del Mezzogiorno e quelli del Nord e Centro Italia per quanto riguarda la spesa sociale e la fornitura di prestazioni indispensabili,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative volte a modificare l'attuale sistema di allocazione delle risorse del fondo di solidarietà comunale basando l'allocazione delle risorse medesime prevalentemente su criteri di natura perequativa rispetto a quelli della spesa storica;

2) ad adottare iniziative tese a individuare livelli essenziali delle prestazioni e obiettivi intermedi di servizio per tutti gli enti sull'intero territorio nazionale, allo scopo di affrancarsi dai divari nei livelli di fornitura dei servizi che ancora caratterizzano la situazione attuale;

3) a valutare l'opportunità, nel rispetto degli equilibri dei saldi di finanza pubblica, di adottare iniziative volte ad un ampliamento degli spazi finanziari a favore del sistema delle autonomie.
(1-01708) «Melilla, Laforgia, Albini, Capodicasa, Ricciatti, Martelli, Cimbro, Zappulla, Nicchi, Mognato».


   La Camera,

   premesso che:

    la riforma del federalismo fiscale ha segnato una svolta senza precedenti nel nostro sistema: si tratta di un rinnovato corpus normativo volto a definire un sistema di finanza multilivello che declina in modo nuovo ed originale i rapporti tra Stato, autonomie ed Unione europea, con lo scopo di assicurare un coordinamento unitario e coerente non solo della finanza pubblica, ma anche delle stesse politiche pubbliche che si dipanano tra i diversi livelli di governo;

    il duplice scopo del federalismo fiscale è quello di arrivare ad una razionalizzazione nella gestione delle risorse pubbliche che possa, al contempo, garantire, anzi migliorare, l'offerta dei servizi per i cittadini. Attraverso un simile strumento, inoltre, si mira anche a responsabilizzare maggiormente gli enti territoriali e locali, implementando il principio di sussidiarietà orizzontale e verticale previsti nell'articolo 118 della Costituzione;

    tale normativa, prevista nella legge n. 42 del 2009 di attuazione della delega costituzionale dell'articolo 119 della Costituzione, rimane però oggi ancora sostanzialmente inattuata;

    il fondo di solidarietà comunale (FSC) ha sostituito, nel 2013, il vecchio fondo sperimentale di riequilibrio previsto dal decreto n. 23 del 2011 sul federalismo municipale, mantenendo lo scopo di limitare le disuguaglianze del gettito immobiliare tra città ricche e città povere;

    ad oggi, il fondo di solidarietà comunale secondo quanto si apprende dalla nota metodologica del Ministero dell'economia e delle finanze del 19 gennaio 2017, è articolato in due componenti: la prima è la componente tradizionale, a sua volta articolata in una parte destinata al riequilibrio delle risorse storiche, che avviene attraverso la trattenuta dall'Imu, e una parte perequativa; la seconda è la componente costituita dal ristoro dei gettiti perduti per le esenzioni e agevolazioni Imu e tasi previste dalla legge di stabilità 2016;

    a partire dal 2015, per le assegnazioni a ciascun comune, è stata utilizzata l'applicazione di criteri perequativi basati sui fabbisogni e sulle capacità fiscali standard pari ad una quota pari al 20 per cento delle risorse del fondo, aumentata progressivamente al 30 per cento nel 2016 e al 40 per cento nel 2017. Il coefficiente di riparto delle risorse standard complessive è stato costituito portando il peso della componente relativa alla differenza tra i fabbisogni standard e capacità fiscali dal 70 all'80 per cento e il peso della popolazione (capacità fiscale pro-capite) dal 30 per cento al 20 per cento. In futuro il peso dei due parametri è destinato a crescere progressivamente visto che la fetta di risorse distribuite sulla base delle capacità fiscali e dei fabbisogni salirà al 55 per cento nel 2018, al 70 per cento nel 2019, all'85 per cento nel 2020 e al 100 per cento a decorrere dal 2021. La componente di ristoro rimane invece sostanzialmente la stessa;

    nonostante l'implementazione dei criteri perequativi basati sui fabbisogni e sulle capacità fiscali standard, nel 2016, si è utilizzato un aggiustamento statistico al fine di mitigare gli effetti della distribuzione tra i comuni della quota del 30 per cento del fondo, in favore dei comuni che in sede di prima assegnazione avevano registrato un differenziale negativo tra la dotazione standard e la dotazione storica in percentuale delle risorse complessive di riferimento inferiore o uguale al 2 per cento;

    ugualmente, quest'anno, l'articolo 14 della manovra correttiva (decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50) ha previsto, ai fini del riparto del fondo di solidarietà comunale, il correttivo statistico sulla metodologia dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali per attenuare gli scostamenti negativi più ampi, riducendo dall'8 al 4 per cento delle soglie di variazione in aumento o in diminuzione rispetto all'ammontare delle risorse storiche. Ciò, in sostanza, è equivalso a non tagliare di netto i fondi a quei comuni che hanno una spesa storica più alta, che sarebbero stati penalizzati dai costi standard;

    si tratta di 14 milioni di euro ancora non distribuiti (degli 80 previsti dalla legge di bilancio 2017 per le compensazioni sul minor gettito della Tasi) e di 11 milioni ancora non distribuiti (dei 155 milioni di euro previsti dalla stabilità 2016 a titolo di compensazione per il minor gettito dovuto agli aggiornamenti catastali). Durante l'esame presso la Camera deputati, è stata inoltre accolta una proposta governativa che ha aumentato l'FSC di 25 milioni di euro finalizzati a costituire un accantonamento in favore dei comuni che presentano una variazione negativa della spettanza del fondo di solidarietà comunale rispetto alle risorse storiche, a titolo di correttivo del meccanismo di perequazione. A decorrere dal 2022 i 25 milioni di euro saranno poi destinati alle fusioni dei comuni;

    dunque, il criterio basato su risorse standard rimane ancora sostanzialmente insufficiente ed è evidente come tale correttivo ritardi l'applicazione completa dei costi standard ed aiuti gli enti meno virtuosi, che, operando una razionale ed oculata gestione delle proprie risorse, hanno invece rispettato i patti di stabilità, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica derivanti dalla normativa interna e dall'appartenenza dell'Italia alla zona euro. Allo stesso modo, non è stato dato adeguato rilievo, nelle note metodologiche di riparto del fondo di solidarietà comunale, al differenziale positivo o negativo del residuo fiscale comunale che, segnando la differenza tra tutte le entrate e le risorse che in quel territorio vengono spese, costituisce anche un indicatore della virtuosità degli enti locali nella razionalizzazione delle spese di soldi pubblici;

    al contempo, è stato sempre previsto un ampio spettro di esclusione dalle sanzioni per i comuni che non hanno rispettato il patto di stabilità prima in vigore o il pareggio di bilancio ora vigente;

    per poter razionalizzare la spesa in maniera selettiva occorre rispettare un principio basilare che è quello dell'individuazione dei fabbisogni standard e dell'applicazione consequenziale dei costi standard;

    i tagli non devono essere previsti sui bilanci consuntivi ma su quelli preventivi, cosa che ad oggi non viene fatta. Il passaggio dalla spesa storica al costo standard orienterà la politica delle amministrazioni verso una nuova logica meritocratica che eviti le note inefficienze del passato;

    è necessario attivare il circuito della responsabilità, favorendo la trasparenza delle decisioni di spesa e la loro imputabilità attraverso il pieno compimento del passaggio dalla spesa storica (che finanzia servizi e sprechi) al costo/fabbisogno standard (che finanzia i servizi), al fine di garantire un elevatissimo grado di solidarietà e di gestione responsabile del pubblico denaro;

    al fine di addivenire alla migliore gestione finanziaria possibile, il superamento del patto di stabilità andrebbe accompagnato ad una serie di altri provvedimenti in merito ad una più razionale riduzione e ad un mirato contenimento della spesa pubblica generale, recuperando gli sprechi per indirizzare così le risorse reperite in investimenti utili al bene dell'intera collettività;

    la pubblica amministrazione è il fronte sul quale va combattuta la principale battaglia per l'efficienza e il risparmio: il tasso di spreco medio è nell'ordine del 20-25 per cento, il che significa che, se si adottassero pratiche incisive, si potrebbero risparmiare almeno 100 miliardi l'anno;

    gli sprechi della pubblica amministrazione non possono e non devono essere attribuiti soltanto ed esclusivamente alle situazioni patologiche di illegalità e incuria, ma anche alle situazioni di normalità, a causa di una gestione non ottimale (o meglio non professionale) dell'azione amministrativa. Si parla, ovviamente di situazioni nelle quali la spesa, sebbene utilizzata dagli attori per finalità pubbliche, non è impiegata nel modo migliore, più produttivo e più efficace, a causa di un approccio non rigoroso, sul piano del metodo, alla progettazione delle politiche e dei servizi pubblici;

    la metodologia di ripartizione del fondo di solidarietà comunale comporta inoltre significativi svantaggi per i piccoli comuni; la capacità fiscale, infatti, in questi centri, risulta gonfiata dal gettito potenziale di imu e tasi, determinata da un patrimonio immobiliare spesso abbandonato, ma considerato ancora potenzialmente produttivo di reddito da parte del fisco;

    tale problematica è stata nuovamente sollevata, in sede di audizione presso la Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale, dalla direttrice generale del dipartimento delle finanze Fabrizia Lapecorella che ha spiegato come nei piccolissimi comuni (sotto i 500 abitanti) la capacità fiscale pro capite per il 2018 raggiungerà quota 629 euro. Nella classe demografica che va da 500 e mille abitanti, invece, si scende a 491 euro pro capite, ma si tratta sempre di cifre che, se appaiono realistiche per un comune di grandi dimensioni (483 euro è infatti la capacità fiscale pro capite degli enti tra 60 mila e 100 mila abitanti) risultano abnormi per un mini-ente;

    ciò è possibile perché l'ingente patrimonio immobiliare presente in questi piccoli comuni, costituito spesso da seconde case non più abitate, spalmato su una popolazione esigua, porta inevitabilmente la capacità fiscale pro capite a livelli pari a quelli delle metropoli (695 euro è il valore di riferimento per le città sopra i 250.000 abitanti);

    i piccoli comuni sono quindi penalizzati, perché il loro alto valore di capacità fiscale, che non viene compensato da elevati fabbisogni come nel caso delle grandi città, rischia di portare inevitabilmente a una penalizzazione nella distribuzione delle risorse;

    la riduzione della capacità fiscale porterà a una riduzione della quota perequativa del fondo di solidarietà comunale 2018, fermo restando che il totale delle risorse a disposizione dei comuni resterà invariato;

    si tenga infine presente che la stessa criticità si presenta anche per i comuni ad alta vocazione turistica,

impegna il Governo:

1) ad implementare, attraverso iniziative normative ad hoc o nell'ambito della prima iniziativa utile, la riforma del federalismo fiscale al fine di completare l'attuazione del nuovo articolo 119 che prevede non soltanto l'equilibrio dei bilanci degli enti locali e territoriali, nel rispetto dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, ma anche l'autonomia di entrata e di spesa, di cui non è mai stata completata l'attuazione, come specificato in premessa;

2) ad assumere iniziative per prevedere una disciplina premiale per gli enti che hanno rispettato il patto di stabilità interno e il pareggio di bilancio, tenendo conto del residuo fiscale positivo, al fine di premiare altresì i comuni virtuosi;

3) ad adottare al più presto adeguati strumenti normativi di riparto del fondo di solidarietà comunale al fine di non penalizzare, come esposto in premessa, i «mini-enti», così come pure i comuni a vocazione turistica, in modo da evitare che l'elevata capacità fiscale prodotta da questi causi una sproporzionata riduzione della quota perequativa del fondo di solidarietà comunale per il prossimo anno.
(1-01709) «Busin, Guidesi, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».

Risoluzione in Commissione:


   La X Commissione,

   premesso che:

    l'obsolescenza programmata è nata negli Stati Uniti d'America (USA) cento anni fa: il 23 dicembre 1924 i produttori di lampadine statunitensi crearono un cartello — denominato «cartello Phoebus» con l'obiettivo concordato di limitare la durata delle lampadine a 1.000 ore. Un cartello che resistette anche — con forme di protezionismo — alla concorrenza di produttori stranieri che avrebbero potuto immettere nel mercato degli Usa lampadine molto più longeve;

    ovviamente l'accordo dei produttori di lampadine era illegittimo e fu censurato dalle autorità, ma il principio ormai era stato affermato: costruire beni destinati a rompersi in fretta rappresenta una garanzia di continuità per il mercato, con i consumatori costretti a sostituire apparecchi potenzialmente sani, ma nei quali la progettazione iniziale ha inserito un difetto pianificato. È celebre la vicenda dell’i-pad Apple, sotto accusa in Brasile per una batteria programmata per cessare di funzionare dopo appena un anno e mezzo;

    a tal proposito, il 4 luglio 2017 il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza una risoluzione con 662 voti favorevoli, 32 contrari e 2 astensioni, per impegnare la Commissione europea e gli Stati membri a condurre una strategia con misure concrete per garantire una durata maggiore dei prodotti, evitare gli sprechi e affrontare anche la questione della cosiddetta «obsolescenza programmata», cioè la costruzione ad hoc dei difetti in un dispositivo in modo che questo si rompa entro un certo periodo di tempo;

    gli eurodeputati hanno sottolineato che l'utilizzo del sistema dell'obsolescenza programmata «può essere difficile da dimostrare». Per questo è stato chiesto alla Commissione europea di istituire un sistema indipendente per monitorare eventuali illeciti;

    secondo i deputati europei l'estensione della durata dei prodotti, pur rappresentando una sfida per i produttori, può avvantaggiare le piccole e medie imprese e le aziende «che, non potendo competere sul prezzo, possono farlo sulla qualità». Tra le tutele chieste per i consumatori ci sono quella del «criterio di resistenza minima» che andrebbe fissato per ogni categoria di prodotto, ma anche una garanzia estesa nel caso che la riparazione duri più di un mese e una definizione comune di «obsolescenza programmata» con un sistema in grado di rilevarla e adeguate misure dissuasive per i produttori. Il Parlamento invita, inoltre, la Commissione a considerare «un'etichetta europea volontaria» che indichi durabilità, progettazione ecocompatibile e possibilità di modulazione dei componenti;

    un sondaggio Eurobarometro rivela che il 77 per cento dei consumatori preferirebbe poter riparare un oggetto rotto, invece di doverlo sostituire, eppure spesso la strada più facile ed economica risulta quella della sostituzione a causa degli alti costi di riparazione;

    ad oggi, invece, sono tantissimi i prodotti in commercio che, una volta rotti, non possono più essere utilizzati a causa di questo o quel pezzo che non può essere sostituito;

    la risoluzione europea propone anche incentivi che favoriscano la costruzione di prodotti durevoli e riparabili «dando la possibilità di ottenere i pezzi di ricambio essenziali a un prezzo commisurato alla natura e alla durata di vita del prodotto»;

    un altro aspetto da considerare è la trasparenza; per questo occorre che i consumatori siano consapevoli di quanto tempo durino i prodotti e come possano essere riparati. Secondo Eurobarometro, infatti più del 90 per cento degli europei crede che i prodotti debbano essere chiaramente contrassegnati per indicare la loro longevità;

    si fa presente che il gruppo M5S ha presentato una proposta di legge sul tema nella quale si prevede: il diritto del consumatore a conoscere la durata dei prodotti e dei servizi, gli obblighi generali di informazione sui prodotti e sui servizi, tra cui quello relativo alla durata, l'obbligo per i prodotti o le confezioni dei prodotti destinati al consumatore, commercializzati nel territorio nazionale, di riportare chiaramente visibile e leggibile anche la durata del prodotto. Si aumenta anche la validità della garanzia legale (per difetti o vizi di conformità) di talune tipologie di prodotti per obbligare i produttori a realizzare beni con un'affidabilità minima e non soggetti — almeno nel breve e medio periodo – a deterioramenti precoci e pianificati;

    non c'è dubbio che i prodotti affidabili e durevoli offrono ai consumatori un buon rapporto costi-benefici ed evitano l'uso eccessivo delle risorse e i rifiuti; è, pertanto, importante che la durata di vita utile dei prodotti di consumo sia prolungata attraverso la progettazione, garantendo durabilità e la possibilità di riparazione, di upgrading, di smontaggio e di riciclaggio dei prodotti;

    inoltre, il calo di fiducia dei consumatori nella qualità dei prodotti pregiudica le imprese europee; la garanzia legale di 24 mesi è l'attuale soglia minima a livello di Unione europea e alcuni Stati membri hanno stabilito disposizioni che offrono una maggiore tutela per i consumatori in conformità della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo;

    bisogna rispettare il diritto dei consumatori di compiere scelte in linea con le loro diverse esigenze, aspettative e preferenze; va considerata la carenza delle informazioni fornite ai consumatori sulla durata di vita dei prodotti, mentre lo studio del Cese di marzo 2016 ha constatato un nesso positivo tra l'indicazione della durata di vita dei prodotti e il comportamento dei consumatori,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, al fine di:

   a) prevedere il diritto del consumatore a conoscere la durata dei prodotti e dei servizi, stabilendo obblighi generali di informazione sui prodotti e sui servizi, incluso quello relativo alla durata, stabilendo che i prodotti o le confezioni dei prodotti destinati al consumatore, commercializzati nel territorio nazionale, riportino, chiaramente visibile e leggibile anche la durata del prodotto;

   b) elevare il periodo di garanzia dei prodotti da due a cinque anni dalla data di consegna per gli elettrodomestici e i beni di piccole dimensioni ed entro il termine di dieci anni dalla data di consegna per gli elettrodomestici e i beni di grandi dimensioni, incentivando, in caso di ricorrente mancata conformità o di un periodo di riparazione superiore a un mese, l'estensione della garanzia per un periodo equivalente al tempo necessario per la riparazione;

   c) garantire e agevolare misure che rendano l'opzione della riparazione attraente per il consumatore;

   d) stabilire che i produttori forniscano manuali di manutenzione e indicazioni per la riparazione al momento dell'acquisto, in particolare nel caso dei prodotti le cui manutenzioni e riparazioni siano importanti, al fine di aumentare la possibilità di allungare la durata di vita del prodotto;

   e) garantire la possibilità di utilizzare sostituti di pari qualità e prestazioni per le parti originali, ai fini della riparazione di tutti i prodotti in conformità con la normativa applicabile;

   f) prevedere che il produttore o, in sua mancanza, l'importatore di un bene di consumo sia tenuto a garantire in favore dei compratori un adeguato servizio tecnico per i beni di consumo che fabbrica o importa, nonché la fornitura di pezzi di ricambio per un periodo minimo di cinque anni a decorrere dalla data di cessazione della produzione del bene;

   g) sostenere le autorità locali, le imprese e le associazioni nel condurre campagne di sensibilizzazione dei consumatori sull'aumento della durata di vita dei prodotti, in particolare fornendo informazioni e consigli per la manutenzione, la riparazione e il reimpiego;

   h) informare i consumatori circa prodotti difettosi fin da subito e non riparabili, se del caso attraverso lo sviluppo di piattaforme di notifica per i consumatori.
(7-01351) «Crippa, Della Valle, Vallascas, Fantinati, Da Villa, Cancelleri».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:

   il 3 ottobre 2007 una donna del comune di Palagonia (Catania), Marianna Manduca, viene uccisa dal marito con sei coltellate al petto, dopo un lungo calvario di soprusi e violenze subiti;

   le continue minacce di morte avevano spinto la donna a sporgere ben 12 denunce contro l'uomo, tossicodipendente e senza lavoro;

   dopo aver lasciato il marito, questo inspiegabilmente diventa affidatario dei figli, motivo per cui la donna intenta una causa, ma viene uccisa a pochi giorni dall'udienza;

   il cugino di Marianna, tutore dei tre figli dal 2010, ha provveduto con un'azione giudiziaria contro la magistratura per vedersi riconosciuta l'imperizia dei magistrati che non hanno compreso la gravità del caso, considerandolo «lite familiare»;

   il ricorso, dopo essere stato giudicato inammissibile in due gradi di giudizio, è stato accolto in Cassazione;

   la corte d'appello di Messina ha condannato la procura di Caltagirone e stabilito che la Presidenza del Consiglio dei ministri dovrà risarcire i figli della donna con oltre 300 mila euro per danno patrimoniale;

   la Presidenza del Consiglio dei ministri, però, ha impugnato la sentenza del tribunale di Messina;

   i legali dei figli, Alfredo Galasso e Licia D'Amico, sostengono che «C'era parso che una corretta ed imparziale applicazione della legge sulla responsabilità civile dei magistrati, recentemente riformata, avrebbe indotto il Presidente del Consiglio dei ministri ad adottare una diversa e solidale decisione nei confronti di una famiglia notoriamente generosa e bisognosa come quello che ha accolto da anni i figli di Marianna Manduca. (...) Nell'atto di appello è stata chiesta la sospensione dell'esecuzione della sentenza di primo grado, allo scopo di non pagare al padre adottivo Carmelo Cali il modesto risarcimento riconosciuto, in attesa dell'esito di un appello che riteniamo del tutto infondato e dilatorio»;

   secondo la legge sulla responsabilità civile dei giudici del 1988 – applicata in questa vicenda dalla corte di Messina – chi «ha subito un danno ingiusto a causa del magistrato» deve procedere «esclusivamente nei riguardi dello Stato», il quale «solo in un secondo momento» si rifarà «sul giudice responsabile». Salvo i casi in cui «il danno causato dal magistrato nell'esercizio delle sue funzioni» sia riconducibile direttamente a lui secondo le norme ordinarie;

   da un articolo de La Repubblica del 2 agosto, si legge che «La Presidenza del Consiglio – si legge sul sito del Governo – ha chiesto all'Avvocatura generale dello Stato di valutare ogni possibile soluzione, compresa la ricerca di una definizione consensuale, fino ad arrivare anche alla ipotesi della desistenza da qualsiasi azione giudiziaria, nel rispetto della legge e tenendo conto dell'interesse dei familiari della donna»;

   nel mese di luglio 2017 la sottosegretaria Maria Elena Boschi ha espresso stupore e dispiacere per il fatto che il progetto di legge in favore degli orfani vittime di crimini domestici, già approvato all'unanimità alla Camera non abbia visto una rapida approvazione definitiva –:

   quali siano le ragioni della grave presa di posizione del Governo, ovvero del ricorso nei confronti della sentenza della Corte di appello di Messina, e se non ritenga doveroso evitare di impugnare provvedimenti giurisdizionali come questo, in presenza di orfani a causa di «femminicidi».
(2-01951) «Spadoni, Dadone, Colletti».

Interrogazioni a risposta orale:


   SALTAMARTINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   ha grande risonanza sui media la questione dell'utilizzo di circa 33 milioni di euro raccolti dagli Sms solidali destinati alla ricostruzione dei territori colpiti dal terremoto del Centro Italia;

   a seguito degli eventi sismici del 24 agosto 2016 e 26 e 30 ottobre 2016, che hanno devastato il Centro Italia distruggendo i paesi di Amatrice, Accumoli e Pescara del Tronto, il dipartimento della protezione civile ha aperto un conto corrente bancario, presso il Monte dei Paschi di Siena, per raccogliere donazioni in favore delle popolazioni colpite, ed è stato altresì il numero solidale 45500, grazie al quale è stato possibile donare 2 euro, inviando un sms o chiamando da rete fissa;

   come disposto dal decreto-legge n. 189 del 2016, convertito dalla legge n. 229 del 2016, le donazioni al numero solidale 45500 e i versamenti sul conto corrente bancario sono confluiti nella contabilità speciale del commissario straordinario alla ricostruzione e sono state gestite secondo le modalità previste dal protocollo d'intesa per l'attivazione e la diffusione di numeri solidali;

   tale protocollo contempla l'istituzione di un comitato dei garanti, al fine di valutare le iniziative da finanziare e di assicurare la trasparenza nella gestione delle risorse raccolte;

   il comitato ha destinato l'importo raccolto, circa 33 milioni di euro, alle regioni, in base alla percentuale dei danni subiti e dopo la valutazione delle proposte formulate;

   i progetti approvati nell'incontro del Comitato del 17 novembre 2017 per ciascuna delle quattro regioni terremotate sono stati annunciati nel sito internet della protezione civile;

   risultano finanziati progetti in comuni fuori dal cratere e comunque non interessati dalla zona rossa, come Poggio Bustone, Collevecchio, Rivodutri nel Lazio, mentre sono stati ignorati comuni completamente distrutti come Amatrice e Accumoli;

   a parere degli interroganti, i fondi raccolti grazie alla solidarietà degli italiani, che hanno voluto partecipare con il proprio contributo al grave disagio della gente terremotata, dovrebbero essere utilizzati per interventi complementari nelle zone maggiormente colpite dal sisma e non dovrebbero essere destinati a coprire altre necessità del Governo per mancanza di fondi statali;

   occorre verificare l'effettiva destinazione dei fondi, per rispetto della volontà popolare e anche in considerazione dei ritardi registrati nella ricostruzione, ormai sotto gli occhi di tutti, e fugare ogni dubbio sulla raccolta delle risorse –:

   se il Presidente del Consiglio dei ministri intenda chiarire l'effettiva destinazione dei 33 milioni di euro raccolti dagli Sms solidali e quali criteri siano stati utilizzati dal comitato dei garanti per la scelta dei progetti finanziati.
(3-03264)


   MENORELLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dalle agenzie di stampa che il Governo, nella seduta del 23 settembre 2017, avrebbe deciso di impugnare avanti alla Corte costituzionale la legge della regione Veneto n. 28 del 5 settembre 2017, recante disposizioni riguardanti l'esposizione della bandiera veneta nel territorio di competenza;

   la Repubblica viene rafforzata, non indebolita dalle identità e della storia dei territori e delle regioni, mentre solo una mentalità vetero-centralista, incoerente con la Carta Costituzionale, può opporsi a una Italia dai mille colori delle sue comunità locali e può temere la valorizzazione delle autonomie locali;

   nel caso del Veneto l'articolo 2 dello statuto regionale, che è anche legge dello Stato, riconosce espressamente, caso unico in Italia «il diritto all'autogoverno del popolo veneto»;

   esporre la bandiera di San Marco è dunque un diritto vero e proprio dei veneti –:

   se il Governo intenda assumere iniziative per ritirare immediatamente quello che l'interrogante giudica un inopportuno ed ingiusto ricorso alla Corte costituzionale.
(3-03265)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPEZZONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la società Piaggio Aerospace, che negli ultimi venticinque anni ha vissuto pesanti fasi di crisi e commissariamenti, dopo il 2010 poteva disporre sostanzialmente, come unico prodotto, di un veicolo turboelica executive, il P180 Avanti. Per uscire dall’impasse, con il suo nuovo azionista Mubadala (Emirati Arabi Uniti), ha deciso di trasformare il P180 in un velivolo a pilotaggio remoto per osservazione; il programma — denominato P1HH — è stato avviato, anche con il contributo finanziario del Ministero dello sviluppo economico, nella prospettiva di vendite sia agli Emirati che alla Difesa italiana, che si era mostrata favorevole all'adozione di questo sistema quale programma ponte in vista dell'acquisizione del futuro Male europeo anche con il fine di contribuire alla sopravvivenza di una storica azienda dell'area ligure;

   il 28 giugno 2017, in audizione presso la Commissione difesa della Camera sul decreto del Presidente della Repubblica di ripartizione del fondo istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge di bilancio 2017, il capo dell'ufficio pianificazione, programmazione e bilancio dello Stato maggiore della difesa ha rappresentato la volontà del Ministero della difesa di realizzare prioritariamente, tra gli investimenti in attività industriale ad alta tecnologia, il velivolo a pilotaggio remoto P2HH, per la sostituzione del Predator. È stato così confermato che l'amministrazione difesa, rivedendo la sua precedente posizione per l'acquisizione del P1HH, è ormai orientata a promuovere una evoluzione del P1HH verso un sistema in grado di fornire performance nettamente superiori;

   si ha motivo di ritenere che il P2HH avrà una configurazione molto diversa da quella del P1HH, in avanzata fase di realizzazione. Ciò obbligherà a sviluppare un velivolo sostanzialmente nuovo, con più alto peso al decollo e maggiore capacità di carico di missione, che potrà utilizzare solo in misura ridotta gli elementi strutturali, gli equipaggiamenti e i sistemi dell'attuale P1HH;

   il programma P2HH, oltretutto, comporterà un fabbisogno finanziario di grande rilievo; è da dubitare che sia possibile sostenere questo sforzo in tempi ragionevoli, il che renderà inevitabile il rinvio del soddisfacimento delle esigenze operative della Difesa, oltre a non consentire il lancio del prodotto in tempi brevi determinando un deficit sulla sua competitività commerciale;

   si ha altresì giustificato motivo di ritenere che il P2HH — date le caratteristiche previste — verrebbe a sovrapporsi sostanzialmente al programma europeo Male 2015 per la realizzazione di un sistema aereo a pilotaggio remoto a lungo raggio e media altitudine per la sorveglianza e difesa (intelligence, sorveglianza, acquisizione obiettivi e ricognizione) da realizzarsi entro il 2025, programma per il quale la Difesa italiana ha concluso nel 2015 un accordo con le Difese di Francia e Germania;

   le caratteristiche previste del P2HH, relativamente ad autonomia e capacità di carico, sono suscettibili di determinare criticità nella gestione degli aspetti relativa alla disciplina del Missile Technology Control Regime (Mtcr), cui l'Italia aderisce, finalizzato a impedire la proliferazione di missili e velivoli con pilotaggio remoto in grado di trasportare un carico superiore ai 500 chilogrammi oltre i 300 chilometri;

   se intendano mantenere la destinazione di risorse del fondo di cui all'articolo 1, comma 140, allo stesso programma P2HH, considerato che tale programma appare in sovrapposizione e concorrenza al programma di collaborazione europea Male 2025;

   in caso di avvio del programma P2HH, ritengano di poter assicurare le risorse finanziarie necessarie al programma europeo Male 2025, sia per la fase di sviluppo che per quella successiva di costruzione in serie;

   se ritengano di poter dar seguito, in ogni caso, al finanziamento dello sviluppo del P1HH.
(4-17921)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   con il supporto dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia, si terrà il 28 e il 29 settembre presso la sala della Protomoteca in Campidoglio a Roma, la terza Conferenza nazionale della famiglia, organizzata dal dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri;

   in particolare, uno degli argomenti che la Conferenza affronterà è «l'evoluzione della famiglia fra diritto e società»;

   la Conferenza costituirà un'occasione di riflessione, partecipazione, confronto e di dibattito sui temi della famiglia, considerata in tutte le sue componenti e problematiche generazionali;

   tuttavia, nonostante l'approvazione della legge 20 maggio 2016, n. 76, pubblicata in Gazzetta Ufficiale 21 maggio 2016, recante «Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze», le Famiglie Arcobaleno, la Rete genitori Rainbow e Agedo, denunciano il forte dissenso per l'organizzazione dell'evento, poiché le stesse non sono state invitate a parteciparvi;

   in particolare, le associazioni Lgbt hanno chiesto di aderire all'iniziativa, ma la loro richiesta è stata rifiutata, ad eccetto dell'associazione Agedo, cui è stato chiesto di partecipare, ma senza intervenire;

   infatti, riguardo alla terza edizione della Conferenza suindicata, dal sito del dipartimento per le politiche della famiglia, si apprende che «La Conferenza (...) vedrà l'attiva partecipazione delle Istituzioni di tutti i livelli di governo, delle parti sociali e, naturalmente, delle organizzazioni rappresentative della società civile ...» e che: «la Conferenza costituirà, dunque, un'occasione di riflessione, partecipazione, confronto e di dibattito sui temi della famiglia, (...)» e non delle famiglie;

   è bene far presente che sono ormai moltissimi i tribunali italiani che riconoscono a tutti gli effetti le famiglie, le coppie dello stesso sesso e i loro figli, nonostante la legge sulle unioni civili definisca le coppie omosessuali come formazioni sociali specifiche;

   si deduce quindi che il Governo non ritenga fondamentale prendere in considerazione le istanze sia delle famiglie monoparentali di nuova costituzione, sia delle numerose famiglie ricomposte, in cui un componente della coppia omosessuale abbia avuto figli da relazione precedente –:

   sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   se non ritenga necessario intervenire al fine di evitare esclusioni tipo discriminante;

   quali siano i motivi che hanno portato alla decisione di estromettere dalla terza Conferenza nazionale della famiglia i nuclei familiari formati da coppie dello stesso sesso e dai loro figli;

   se non sia opportuno chiarire quali siano le associazioni di famiglie coinvolte alla terza Conferenza nazionale della famiglia, sebbene la presentazione parli espressamente di «attiva partecipazione delle Istituzioni di tutti i livelli di governo, delle parti sociali e, naturalmente, delle organizzazioni rappresentative della società civile»;

   considerato quanto indicato in premessa, se intenda chiarire la posizione del Governo rispetto al solo riconoscimento dei rappresentanti delle famiglie di Forum e Unione famiglie handicappati, posto che si è evitato di offrire spazio alle associazioni di famiglie Lgbt;

   poiché nella Conferenza della famiglia il focus sarà sulla discussione e sul confronto circa le linee generali del prossimo piano nazionale per la famiglia – sulla base dei lavori sinora portati avanti dall'Osservatorio nazionale sulla famiglia – se trovi conferma che lo stesso piano nazionale escluderà i nuclei familiari composti da genitori dello stesso sesso e dai loro figli;

   considerato che in tutte realtà – indifferentemente dalla composizione famigliare – i bambini e i ragazzi vanno tutelati poiché godono in egual modo degli stessi diritti, quali siano le politiche in loro favore messe in atto a oggi e quali quelle di lungo termine.
(4-17922)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   PISICCHIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la cultura musicologica barese trova da oltre un 75ennio nella Camerata musicale un punto di riferimento alto per la concertistica, il jazz, il balletto e la musica contemporanea, consolidando un ruolo pedagogico per generazioni di baresi che hanno potuto conoscere i migliori artisti ed esecutori presenti sulla scena mondiale, personalità come Arthur Rubistein, Uto Ughi, Salvatore Accardo, Nikita Magaloff, Aldo Ciccolini, per citarne solo alcune;

   la Camerata musicale barese, istituzione dotata di personalità giuridica, riceve per la sua attività il riconoscimento del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, non solo con l'accesso alle risorse del Fondo unico per lo spettacolo, ma anche con l'assegnazione di recenti riconoscimenti per l'alto contributo dato alla cultura, tanto da essere annoverata la prima associazione di tutto il Sud Italia, isole comprese;

   il «luogo» per antonomasia dello spettacolo «alto» della città di Bari è il teatro Petruzzelli, che ha ospitato, fin dal primo concerto di Rubistein nel 1957, le attività del cenacolo musicale rappresentato dall'istituzione musicologica barese, costruendo così una tradizione apprezzata dal pubblico e dalla critica non solo del territorio;

   tuttavia, come già da noi rappresentato in una interrogazione rivolta al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo il 7 giugno 2016 (la n. 4/13379), la felice tradizione di presenza del cartellone della Camerata nel teatro Petruzzelli viene oggi minacciata a causa delle difficili condizioni contrattuali avanzate dalla istituzione che rappresenta il politeama. La Fondazione Petruzzelli si è dotata di un regolamento per l'uso del teatro da parte di terzi e previsto anche un trattamento privilegiato a favore di soggetti destinatari di contributi Fus ma, di fatto, il rapporto che ne è scaturito, almeno con riferimento all'esperienza della Camerata barese, si è configurato come quello di un contratto per adesione e non certo come l'esito di un normale negoziato tra due parti, soprattutto per quanto riguarda la scelta delle date per le esibizioni; tale fatto non è apparso muoversi secondo l'interrogante nella logica del servizio pubblico che si addice al teatro Petruzzelli;

   nella precedente interrogazione si segnalava l'onerosità del contratto, ma occorre anche aggiungere la indisponibilità da parte della Fondazione Petruzzelli di consentire una programmazione delle date concesse per gli spettacoli, che, com'è naturale nel mondo della concertistica, dove le programmazioni hanno cadenza triennale, non possono essere allestite nell'arco di un semestre;

   questo stato di cose — per tacere della indisponibilità dell'utilizzo dell'intero palcoscenico e del tempo giornaliero, creando disagio alle esigenze di prova degli artisti — compromette l'allestimento del cartellone, impedendo la realizzazione di concerti con artisti del calibro di Valery Sokolof, Andras Schiff, Schlomo Mintz, Maxim Vengerov che devono essere impegnati a volte con più anni di anticipo, negando alla platea pugliese la fruizione di momenti di grandissima qualità, utili alla crescita culturale di spettatori che sono costretti a spostarsi in altre città italiane per assistere ai concerti –:

   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per concorrere, per quanto di competenza, a rendere possibile, ai sensi dell'articolo 9 della Costituzione, la fruizione da parte dei cittadini baresi del patrimonio musicale rappresentato da una istituzione come la Camerata musicale, che lo stesso Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo riconosce come entità culturale di rilievo nazionale, ma che oggi, a causa delle difficoltà relative all'agibilità del teatro Petruzzelli nonché alla difficoltà di disporre del palcoscenico, rischia di essere pregiudicata depauperando, così, la città di Bari di un importante strumento di crescita culturale.
(4-17918)


   FEDRIGA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   già con un precedente atto di sindacato ispettivo l'interrogante aveva evidenziato le penalizzazioni subite negli anni dal teatro lirico G. Verdi di Trieste in sede di riparto dei fondi del Fondo unico per lo spettacolo (Fus), nonostante il percorso virtuoso intrapreso e riconosciuto a suo tempo anche dal Commissario straordinario del Governo per le fondazioni lirico-sinfoniche;

   già nel riparto Fus 2016 il Teatro G. Verdi di Trieste è stato sfavorito, con l'assegnazione di un contributo complessivo di euro 8.839.872 rispetto ai 9.582.436 euro dell'anno precedente (-244.125); il contributo Fus 2017 è stato ridotto, risultando pari addirittura a 7.859.943 euro, sebbene parzialmente recuperato grazie ai fondi extra Fus 2017 assegnati – che avrebbero dovuto costituire fondi aggiuntivi per le fondazioni virtuose – per euro 646.369;

   il taglio di quest'anno, che, va ricordato, si somma alle precedenti riduzioni dell'ultimo biennio 2015/2016, è di 986.716 euro in meno rispetto alle previsioni del piano di risanamento cui la Fondazione del teatro G. Verdi è, come le altre, soggetta, che è stato approvato a fine luglio 2017;

   tale taglio non trova giustificazione nella direzione del teatro, che registra una gestione virtuosa, caratterizzata da un aumento di spettatori, di fatturato e di reperimento di risorse da privati ed una contestuale riduzione accorta dei costi senza intaccare la qualità delle produzioni artistiche;

   tuttavia, a danneggiare la Fondazione Verdi di Trieste è non soltanto l'attribuzione di punteggi, a parere dell'interrogante, immeritatamente bassi, ma anche la scelta del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di non applicare la ripartizione del 5 per cento dei fondi del Fus prevista per le fondazioni virtuose che abbiano raggiunto il pareggio di bilancio nell'ultimo triennio;

   la normativa vigente, si ricorda, contempla due tipologie di contributi statali: il riparto del Fus ex legge di stabilità per il 2014 e il riparto dei fondi extra Fus ex comma 583 dell'articolo 1 della legge n. 232 del 2016;

   in realtà, la legge istitutiva dei piani di risanamento prevedeva che, per il triennio 2014-2016, una quota del 5 per cento del Fondo unico per lo spettacolo destinato alle fondazioni lirico-sinfoniche fosse destinata alle fondazioni che avessero raggiunto il pareggio di bilancio nei tre esercizi finanziari precedenti, soltanto che i successivi interventi normativi, nel disporre la proroga del regime di risanamento, non hanno altresì previsto la proroga di tutte le disposizioni ad esso connesse;

   all'uopo l'Anfols (Associazione nazionale fondazione lirico-sinfoniche), in data 4 luglio 2017, ha scritto al Ministro interrogato per manifestare viva preoccupazione tra gli associati per la mancata proroga, per l'appunto, di quanto previsto dalla norma di cui all'articolo 11, comma 20-bis, del decreto-legge n. 91 del 2013, convertito dalla legge n. 112 del 2013, relativa appunto all'attribuzione del 5 per cento del Fus alle fondazioni che hanno chiuso il bilancio in attivo per tre esercizi consecutivi –:

   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per stabilire una proroga del regime di risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche, con l'applicazione della quota del 5 per cento di cui in premessa, posto che in un processo di risanamento tale contributo è sinonimo di meritocrazia e responsabilità.
(4-17920)


   POLVERINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   in un articolo apparso il 24 giugno 2016 sul «Corriere del Mezzogiorno», dal titolo «Bunker in villa Comunale. Sit-in per abbatterlo», si parla della costruzione di un manufatto all'interno della villa comunale di Napoli a servizio della costruenda metropolitana;

   lo stesso articolo racconta di una vicenda legata ad autorizzazioni rilasciate dalla soprintendenza dieci anni prima per la costruzione di un torrino in cemento armato, che, secondo alcune associazioni di tutela del territorio e secondo il presidente della 1° Municipalità, avrebbero alterato la conformazione dei luoghi. Questi ultimi ne chiedevano, quindi, la demolizione, invitando la soprintendenza (diretta da Luciano Garella) ad esercitare il proprio ruolo di controllo e tutela del patrimonio monumentale;

   in un successivo articolo, apparso il 16 maggio 2016, sempre sul «Corriere del Mezzogiorno», dal titolo «Centro storico, pietra vesuviana addio. Aperta un'inchiesta sui basoli» si evidenziava che alcune associazioni del territorio, dopo aver chiesto, invano, l'intervento della soprintendenza, del sindaco e dell'assessore competente (per evitare che, in occasione della sostituzione della pavimentazione di alcune strade storiche, venisse utilizzato materiale scadente e non conforme all'uso), sono state costrette a rivolgersi ai carabinieri del nucleo tutela, affinché si verificasse sia la bontà della gara, sia del materiale utilizzato per la pavimentazione;

   il quotidiano «Il Roma», in un articolo apparso il 19 settembre 2017, dal titolo «Rifiuti negli androrni di Palazzo Reale», ha evidenziato il persistere di una situazione di grave degrado in loco, con esposizione di rifiuti in più punti del Palazzo reale, sotto gli occhi dei turisti e dei lavoratori che, giornalmente, operano al suo interno;

   la situazione, oltre ad essere paradossale, è aggravata dalla presenza di numerosi bidoni colmi di sporcizia che esonda da tutte le parti e che, in questi giorni di vento, ha creato una situazione di pessimo stato igienico-sanitario della zona, tanto che le associazioni del territorio sono intervenute per tutelare il bene pubblico, i lavoratori ed i numerosi turisti presenti, chiedendo al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo l'urgente avvicendamento del soprintendente Luciano Garella;

   in successivi articoli de «Il Corriere del Mezzogiorno» (del 20 e 21 settembre 2017, rispettivamente dal titolo «Palazzo Reale nel cortile. Spunta la discarica» e «Discarica a Palazzo Reale. Ora Garella si dimetta»), viene rimarcato il persistere della situazione di grave degrado all'interno del Palazzo reale di Napoli che, se permanesse, potrebbe portare ad una grave emergenza sanitaria;

   l'organizzazione sindacale «Fsi-Usae beni culturali», con una nota del 19 settembre 2017 indirizzata al Ministro interrogato, ha chiesto «l'immediata risoluzione del problema igienico-sanitario» evidenziando che, giornalmente, all'interno del Palazzo reale, transitano numerosi dipendenti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, i quali hanno richiesto l'immediata soluzione al proprio sindacato;

   sin dall'inizio del mandato del soprintendente Luciano Garella, i rapporti con le istituzioni locali e le associazioni sono risultati difficili e hanno portato anche a manifestazioni pubbliche di dissenso nei confronti della soprintendenza;

   le situazioni raccontate dalla stampa documentano in maniera inequivocabile un «difficile rapporto» istituzionale, sia con gli enti preposti alla gestione del territorio, sia con le associazioni preposte alla tutela;

   le condizioni igienico-sanitarie in cui operano quotidianamente centinaia di dipendenti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo sono inaccettabili –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto denunciato dalla stampa e dalle associazioni e se non intenda adottare tutte le iniziative di competenza per risolvere l'emergenza, compresa la revoca dell'incarico al soprintendente Luciano Garella, alla luce anche di quanto esposto in premessa.
(4-17929)

COESIONE TERRITORIALE E IL MEZZOGIORNO

Interrogazioni a risposta immediata:


   LUPI e VIGNALI. – Al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno. – Per sapere – premesso che:

   l'accordo di partenariato, adottato nel settembre 2014 ai sensi dell'articolo 14 del regolamento (UE) n. 1303/2013, nella sezione I A, alla pagina 258, relativa all'obiettivo tematico 11, prevede espressamente che: «il FSE (Fondo sociale europeo) e il FESR (Fondo europeo di sviluppo regionale) interverranno nel settore dell'educazione pubblica, con esclusione delle private e/o parificate»;

   con il comma 313 della legge di bilancio per l'anno 2017, è stata introdotta una nuova disposizione, che ha individuato le scuole paritarie tra i possibili beneficiari del programma operativo istituzionale (PON) «Per la Scuola». Il comma recita che dove si parla di istituzioni scolastiche si devono intendere tutte le istituzioni scolastiche che costituiscono il sistema nazionale di istruzione, ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 62 del 2000;

   con l'entrata in vigore della legge di bilancio, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha effettuato i necessari approfondimenti sulle ricadute che l'attuazione della norma comporta, avviando, dal mese di gennaio 2017 un'interlocuzione con il competente Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, volta a valutare eventuali iniziative attuative che risultassero già allo stato compatibili con il quadro ordinamentale comunitario;

   in particolare, si chiedeva di verificare l'eventuale modifica dell'accordo di partenariato come previsto dalla legge di bilancio e l'avvio dell'iter previsto per ottenere dalla Commissione europea indicazioni sulle specifiche modifiche, in coerenza con la norma citata dell'accordo di partenariato del PON;

   in attesa della definizione delle suddette procedure, considerata la necessità di attuare il programma operativo in ragione delle scadenze previste per la spesa, sia per l'anno 2017, sia per l'anno 2018, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha ritenuto opportuno procedere all'accantonamento per le scuole paritarie di una quota parte dei finanziamenti disponibili, tramite inserimento in tutti gli avvisi pubblici del Programma PON, di uno specifico riferimento;

   a marzo 2017 risulta all'interrogante che sia stato avviato un confronto tecnico tra il capo di gabinetto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il capo di gabinetto del Ministro per la coesione territoriale e del Mezzogiorno, con esiti positivi –:

   se il Governo abbia avviato la necessaria interlocuzione con la Commissione europea per la modifica dell'accordo di partenariato di cui in premessa e, conseguentemente, ai fini della riprogrammazione del PON.
(3-03266)


   GALATI. – Al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno. – Per sapere – premesso che:

   l'articolo 10 del decreto-legge n. 101 del 2013 ha istituito l'Agenzia per la coesione territoriale, dotata di autonomia organizzativa e sottoposta alla vigilanza diretta del Presidente del Consiglio dei ministri, che ha l'obiettivo di sostenere, promuovere ed accompagnare programmi e progetti per lo sviluppo e la coesione territoriale;

   in particolare l'Agenzia persegue la finalità di curare l'azione di programmazione, coordinamento, sorveglianza e sostegno della politica di coesione;

   secondo fonti riportate recentemente a mezzo stampa, sarebbero numerose le incongruenze connesse al modus operandi della struttura, sulle quali appare opportuno avere dei chiarimenti. Anzitutto emergerebbe una proliferazione abnorme di consulenze di «esperti», con incarichi di durata settennale per un compenso che varia tra i 50.000 e gli 85.000 euro lordi annui;

   i consulenti sarebbero, secondo quanto trapelato dai giornali, circa 150, sebbene sul sito web siano tracciati solamente 85 incarichi. Il che pone prioritariamente un problema di trasparenza: non sarebbe infatti ammissibile, né compatibile con i principi di trasparenza e pubblicità cui dovrebbe informarsi l'azione amministrativa, che le risorse destinate al personale di un'agenzia istituita con legge dello Stato non siano pubblicate puntualmente. Il costo totale relativo solo alla spesa per il personale dell'Agenzia, sarebbe pari a 42,3 milioni di euro e solo una parte di questa spesa, sia in termini correnti che previsionali, sarebbe suscettibile di monitoraggio pubblico;

   l'Agenzia, secondo le medesime fonti, avrebbe indetto un bando per un ammontare di 879 mila euro per l'esternalizzazione del servizio di rendicontazione e amministrazione del personale, pur disponendo di un ufficio apposito per il bilancio e per il personale che assorbe già 30 dipendenti;

   la situazione descrive un quadro organizzativo apparentemente incoerente, con una proliferazione incontrollata di incarichi e consulenze e conseguente lievitazione dei costi di funzionamento, rispetto ai quali non risulterebbe reperibile una rendicontazione della gestione delle risorse disponibili correlata ai livelli delle performance della struttura;

   il tutto aggravato dai dati, non incoraggianti, relativi agli andamenti della spesa e dell'utilizzo dei fondi dell'Unione europea in attuazione del ciclo di programmazione comunitaria 2014-2020, che, secondo le informazioni reperibili sul sito della Commissione europea, si attesterebbero all'1,2 per cento del totale delle risorse in dotazione –:

   se il Ministro sia a conoscenza delle informazioni ivi rappresentate e se consideri il rapporto tra i costi di funzionamento della struttura e i livelli delle performance coerente all'obiettivo strategico del sostegno alla politica di coesione del Paese.
(3-03267)


   PISICCHIO. – Al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno. – Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 91 del 2017, convertito, con modificazioni dalla legge n. 123 del 2017, ha istituito all'articolo 4 le zone economiche speciali;

   con tale denominazione si intende una zona geograficamente limitata e chiaramente identificata, comprendente almeno un'area portuale avente caratteristiche stabilite da regolamento UE 1315/2013, nella quale le aziende già operative o che si insedieranno potranno usufruire di speciali condizioni per gli investimenti e per lo sviluppo;

   tali vantaggi si traducono in benefici fiscali e amministrativi. In particolare, le imprese che effettuano investimenti all'interno delle zone economiche speciali possono utilizzare il credito di imposta per l'acquisto di nuovi beni strumentali nel Mezzogiorno entro il limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 50 milioni di euro. Per il riconoscimento dei benefici le imprese devono mantenere la loro attività nell'area zone economiche speciali per almeno sette anni dopo il completamento dell'investimento, pena la revoca dei benefici concessi e goduti;

   il citato decreto-legge prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro interrogato, siano definiti, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione, modalità e criteri per l'istituzione delle zone economiche speciali;

   quanto alla richiesta di istituzione delle singole zone, si prevede che siano le regioni meno sviluppate e in transizione a presentare la domanda per l'istituzione, specificando le caratteristiche dell'area individuata; la proposta deve essere accompagnata da un piano di sviluppo strategico, nel rispetto delle modalità e dei criteri individuati con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Ciascuna regione può presentare una proposta di istituzione di una zona economica speciale nel proprio territorio, o al massimo due, ove siano presenti più aree portuali. Le regioni che non posseggono aree portuali possono presentare istanza di istituzione di una zona economica speciale solo in forma associativa, qualora contigue, o in associazione con un'area portuale;

   le zone economiche speciali si sono affermate a livello mondiale come laboratori per l'attrazione degli investimenti e incubatori di innovazione, capaci di promuovere sviluppo produttivo e occupazionale. Oggi esistono nel mondo oltre 4.500 zone economiche speciali, istituite in 135 nazioni, che occupano circa 70 milioni di posti di lavoro. Nella sola Unione europea sono operative 16 zone economiche speciali, di cui 14 in Polonia con attrazione di investimenti pari a 170 miliardi di euro –:

   quali iniziative intenda il Governo adottare per dare presto attuazione alla normativa propedeutica all'operatività delle zone economiche speciali che costituiscono per il Mezzogiorno uno strumento fondamentale per l'attrazione di investimenti produttivi, la creazione di occupazione e il recupero di competitività dei territori.
(3-03268)


   RUSSO, OCCHIUTO e CARFAGNA. – Al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno. – Per sapere – premesso che:

   il divario tra Nord e Sud del Paese è particolarmente evidente se si osservano i dati relativi ai servizi offerti. I dati relativi al servizio mensa comunale della scuola primaria, ad esempio, mostrano come gli alunni che accedono al servizio siano a Torino l'81 per cento, e a Napoli il 36 per cento; a Piacenza il 95 per cento e a Salerno il 15 per cento; a Monza il 100 per cento e a Reggio Calabria lo 0,07 per cento;

   le carenze non sono dovute alla mancanze di strutture (tutte le scuole hanno un locale mensa dedicato); il tema è la scarsità delle risorse per garantire le prestazioni ed è una questione che coinvolge una serie di altri servizi, tra cui gli asili nido e il trasporto scolastico;

   nel comparto degli asili nido, la distribuzione del servizio mostra come le regioni del Centro-Nord siano caratterizzate da percentuali di copertura prossime o superiori al 15 per cento, mentre le regioni del Sud, ad eccezione dell'Abruzzo e della Basilicata, non superino mai il 5 per cento;

   la beffa ai danni dei diritti dei cittadini che vivono nel Mezzogiorno è dovuta alle modalità di riparto dei trasferimenti perequativi delle spese correnti, avviato nel 2015, nell'ambito del fondo di solidarietà comunale integralmente finanziato con le risorse proprie dei comuni (decreto legislativo n. 23 del 2001);

   per le modalità con cui è strutturato il meccanismo del fondo di solidarietà comunale, nella formula di determinazione di trasferimenti comunali, i fabbisogni standard e le capacità fiscali pesano soltanto per una quota minoritaria, mentre il peso preponderante, nei fatti, è attribuito ai trasferimenti storici;

   in questo modo, l'assenza di un servizio si traduce in uno zero a quel comune per il fabbisogno, lasciando indietro tutte quelle amministrazioni (principalmente al Sud) che non riescono a garantire le prestazioni non per assenza di richiesta, ma per mancanza di risorse –:

   quali siano gli attuali criteri di riparto del fondo di solidarietà comunale, e se il Governo ritenga di dover assumere iniziative volte a rimodulare tali criteri, partendo dai livelli essenziali delle prestazioni e dai fabbisogni standard, e non dalla spesa storica, come sollecitato più volte dal Parlamento.
(3-03269)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   da un articolo della «La Stampa» si evince: «Sono almeno 9 miliardi di risparmi degli italiani e si appoggiano su gambe che mostrano qualche incrinatura. Si tratta del prestito sociale delle Coop e la colpa non è solo della crisi dei consumi e di una concorrenza sempre più aggressiva, ma anche di un legame tra Coop e finanza che tra impegni “di sistema” e avventure azzardate nell'azionariato di grandi banche (Mps e Carige principalmente) rischia di diventare insopportabile (...)»;

   alle cooperative, come a tutti i soggetti diversi dalle banche, è fatto divieto di effettuare raccolta «rimborsabile a vista». Le cooperative ingenerano nel pubblico l'idea di una sostanziale equiparazione della suddetta raccolta a quella effettuata dalle banche utilizzando sui loro siti le denominazioni «libretto di risparmio», «zero spese di apertura-chiusura conto, zero spese per operazioni e per tenuta conto» «la cooperativa riconosce al depositante un tasso di interesse competitivo rispetto agli investimenti con caratteristiche analoghe» ... «totalmente gratuito» ed addirittura le accezioni «capitale garantito, di cui potrai chiedere il rimborso in ogni momento»;

   diversi sono i casi di default delle cooperative che hanno rimborsato solo quota parte del prestito sociale ad esempio dall'Emilia Romagna al Friuli Venezia Giulia: Coop Muratori di Reggiolo (raccolti 49 milioni di euro, restituiti solo 19), Orion (raccolti 5 milioni di euro, restituiti 2); oltre a cooperativa di costruzioni Di Vittorio di Fidenza, Coopsette e Unieco di Reggio Emilia, e Coop di consumo come Coop Carnica e Trieste;

   non esiste fondo di garanzia comune e le vicende descritte testimoniano, secondo gli interpellanti, la carenza di solidarietà di Legacoop. Totalmente assente appare la consapevolezza dei risparmiatori/soci della mancanza delle garanzie del prestito sociale rispetto ai depositi bancari;

   il prestito sociale finanzia l'attività economica della cooperativa, ma gran parte dei fondi sono stati destinati ad investimenti azionari senza frammentazione del rischio e diversificazione patrimoniale. Gli scopi non sono chiari e si evidenziano, ad avviso degli interpellanti, esclusivamente relazioni politiche, come il caso Monte dei Paschi di Siena e Carige e l'acquisizione della maggioranza del gruppo UGF;

   le varie cooperative di consumo detengono la maggioranza azionaria del gruppo Unipol UGF sia attraverso un controllo diretto che attraverso un, intreccio di società: Holmo, Spring2 e Finsoe;

   tale sistema piramidale, secondo gli interpellanti, è funzionale al mantenimento in bilancio della partecipazione di controllo in Unipol a valori non coerenti con la realtà. Nel bilancio delle varie cooperative viene inserito il valore al costo di acquisto storico delle azioni Unipol detenute nella società contenitore Finsoe e di Holmo e Spring2 proprietarie a loro volta di quote del contenitore, senza peraltro tener conto dei debiti delle società «satelliti». Attraverso tale complesso meccanismo si ottiene una valorizzazione nei bilanci delle cooperative, indiretta e nascosta, di circa 13,50 euro per azione Unipol UGF (media), contro i 3,80 euro della quotazione di borsa attuale. Quanto descritto si evidenzia da una perizia rilasciata dalla società di revisione Deloitte, in cui si tenta di dimostrare una valorizzazione del gruppo UGF in base agli utili attesi nel (precedente) piano industriale e mai realizzato) più un premio di maggioranza per la quota di controllo calcolato in base a dati di acquisizioni realizzati, non recentemente, ma bensì all'inizio del 2000 (periodo pre-crisi);

   di recente è stata deliberata la scissione di Finsoe che, a parere degli interpellanti, non è servita a semplificare e rendere trasparente la catena di controllo di Unipol, ma probabilmente a evitare a FINSOE il ruolo di capogruppo assicurativa/bancaria, con conseguenti obblighi di trasparenza di bilancio e controlli da parte Ivass e Bankitalia ed obblighi di valutazione in bilancio delle attività maggiormente stringenti per gruppi bancari assicurativi, dovuti all'introduzione obbligatoria dei criteri di valutazione IFRS 9 dal 1º gennaio 2018. Difatti, attraverso la delibera di scissione, non si semplifica nulla, si rende ancora più complessa la struttura piramidale, costituendo 22 nuove società per azioni, una per ciascun socio Finsoe (con aggiunta nel nome di suffisso 2), ove confluiranno (di fatto) pro-quota le azioni Unipol al prezzo attuale di carico in Finsoe;

   da un'attenta analisi delle partecipazioni incrociate contabilizzate nei vari bilanci 2016, risulterebbero agli interpellanti delle ipervalutazioni delle azioni UGF rispetto ai valori di mercato correnti delle azioni Unipol: Coop Alleanza 3.0 le iscrive al 580,42 per cento, Spring2 al 694,40 per cento, creando una valutazione complessiva pari a 870 milioni di euro, mentre il valore netto intrinseco sottostante a quotazioni di borsa delle azioni Unipol al netto dei debiti delle società veicolo nella forchetta più alta nell'ultimo anno è di solo di 144 milioni di euro. La maggiore valutazione di 736 milioni confluisce a patrimonio netto, consentendo alla cooperativa di poter raccogliere fino ad ulteriori 2,2 miliardi di euro prestito sociale;

   una corretta valutazione al fair value di quotazione media di borsa di Unipol, a giudizio degli interpellanti porterebbe alle seguenti minusvalenze in milioni di euro: Coop Alleanza 3.0: 736, Coop Liguria: 133, Nova Coop: 113, UnicoopTirreno: 114, CoopcentroItalia: 14, Unicoop Firenze minusvalenze: 13;

   le partecipazioni in Monte dei Paschi di Siena e banca Carige permangono anch'esse valorizzate a valori che appaiono agli interpellanti non congrui rispetto alle quotazioni di borsa ed una corretta valutazione al fair value condurrebbe alle seguenti minusvalenze: Coop Liguria, azioni Carige, 33 milioni di euro; Coop Centro Italia, azioni Monte dei Paschi di Siena, 84 milioni;

   il quadro delineato, peraltro parziale, prende in esame solo il valore in bilancio delle partecipazioni, e non della valorizzazione degli immobili ad esempio, e restituisce valori di minusvalenze latenti superiori a 1,5 miliardi di euro –:

   se il Governo abbia contezza dei fatti narrati, se intenda darne evidenza e se intenda intervenire con iniziative normative per tutelare i risparmiatori;

   se il Governo abbia acquisito o intenda acquisire elementi in ordine alla perizia Deloitte sulla valorizzazione delle azioni Finsoe, le quali a cascata avrebbero determinato la ipervalutazione delle azioni UGF, e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda eventualmente intraprendere per risolvere questa discrepanza, tutelando i soci risparmiatori;

   se intenda promuovere, per il prestito sociale, la creazione di una forma di garanzia solidale equivalente a quella erogata dal Fondo interbancario per la tutela dei depositi per i depositi bancari;

   se si intendano assumere iniziative rivolte ad un maggior controllo, sia sui bilanci che sulle forme e sulle modalità di raccolta dei fondi, delle cooperative che usufruiscono dei prestiti sociali;

   se si intendano assumere iniziative per eliminare la possibilità per le associazioni di cooperative di vigilare sulle consociate, eliminando palesi conflitti di interesse.
(2-01950) «Pesco, Crippa, Sibilia, Alberti, Fico, Pisano, Ruocco, Villarosa, Cancelleri».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   l'articolo 21 del decreto-legge n. 78 del 2010 (poi modificato dall'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 16 del 2012) ha introdotto l'obbligo di comunicare all'Agenzia delle entrate le operazioni rilevanti ai fini iva («spesometro»); la norma ha stabilito che i soggetti iva devono comunicare i dati di tutte le fatture relative alle cessioni di beni e prestazioni di servizi, rese e ricevute, comprese quelle emesse nei confronti di soggetti privati; successivamente, il decreto-legge del 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225, ha soppresso questa comunicazione a partire dalle operazioni effettuate nel 2017 sostituendolo con la «Comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute» da effettuarsi attraverso apposito portare nella sezione «fatture e corrispettivi» del sito web dell'Agenzia delle entrate, il cui termine di scadenza, per i dati relativi al primo semestre 2017, dopo tre proroghe, è stato fissato al 28 settembre 2017;

   come riportato anche dai principali organi di informazione a pochi giorni dalla scadenza del 28 settembre per il primo invio dello spesometro semestrale, i professionisti e gli intermediari abilitati hanno dovuto però fare i conti con il blocco del canale di comunicazione web che di fatto impedisce ai contribuenti di assolvere, l'obbligo di legge;

   alla luce del disservizio, il presidente dell'Int (Istituto nazionale tributaristi) ha inviato una lettera al Ministero dell'economia e delle finanze e all'Agenzia delle entrate per chiedere «la non applicazione delle sanzioni relativamente all'invio dei dati relativi al 1° semestre 2017, in scadenza il prossimo 28 settembre, o un ulteriore slittamento della scadenza», evidenziando che l'utilizzo dei sistemi informatici per l'invio di un numero così importante di dati dovrebbe essere preceduto da un periodo di prova. «Si comprendono – spiega – le difficoltà collegate a un adempimento così imponente per numero di dati e utenti, ma in previsione di ulteriori utilizzi dei sistemi informatici per invio dati e documenti, quale la fattura elettronica tra privati, sarebbe opportuno un periodo di prova che coinvolgesse le rappresentanze degli intermediari fiscali, noi come sempre se interpellati, siamo a disposizione per ogni possibile collaborazione costruttiva che possa contribuire ad evitare tensioni e ritardi a contribuenti, intermediari fiscali e Pa»;

   dello stesso avviso è il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti che in una nota ha rammentato come fin dall'approvazione del nuovo spesometro la categoria abbia «sottolineato, a più riprese, l'estrema complessità e gravosità del nuovo adempimento in termini di costi e di tempi necessari, nonché la sua singolarità nel panorama normativo dei Paesi ad economia avanzata», evidenziando l'assoluta necessità di un rinvio dei termini, e di «considerare questo primo invio di natura sperimentale, con conseguente disapplicazione delle sanzioni per le violazioni eventualmente commesso, con la possibilità di effettuare correzioni»;

   la sospensione e la manutenzione sono arrivate dopo le segnalazioni avanzate nei giorni scorsi da alcuni professionisti e che hanno posto un problema di privacy nell'accesso ai dati. Da un lato, infatti, c'è chi ha notato che, una volta inserite le credenziali Entratel, si poteva accedere digitando il codice fiscale di un contribuente a tutti i dati del suo spesometro e alle sue liquidazioni iva. Ma non solo, perché, se il codice fiscale «apparteneva» a un intermediario, era possibile prendere visione anche dei dati relativi agli assistiti. Anche se, in caso di eventuale modifica, comunque scattava un alert al titolare delle informazioni. Dall'altro lato, qualche professionista aveva notato che, inserendo per errore una cifra sbagliata del codice della ricevuta di invio, si poteva comunque visualizzare il dettaglio dei dati altrui;

   il sistema telematico in questione è gestito interamente da Sogei – Società generale d'informatica s.p.a. – la società di information technology partecipata al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze e che opera sulla base del modello organizzativo dell’in house providing;

   quanto accaduto evidenzia una palese mancanza di tutela sia per i cittadini contribuenti che per i professionisti incaricati –:

   se il Governo intenda assumere iniziative volte ad accogliere le richieste avanzate dagli ordini professionali in merito sia ad un rinvio dei termini di presentazione della «comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute», sia alla necessità di considerare questo primo invio di natura sperimentale, con conseguente disapplicazione delle sanzioni per le violazioni eventualmente commesse, con la possibilità di effettuare correzioni;

   quali iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di individuare eventuali responsabilità in merito ai disservizi che si sono presentati e prevenirne il ripetersi.
(2-01949) «Caparini».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la Corte dei conti rileva una grave inadempienza dell'Agenzia delle entrate, poiché nella lotta all'evasione non utilizza l'anagrafe dei rapporti finanziari, operativa solo dal 2009, sebbene prevista sin dal 1991, e costata finora 10 milioni di euro;

   tale inadempienza ha determinato la perenne mancata elaborazione, da parte dell'Agenzia dell'entrate, delle previste liste selettive nonché delle analisi del rischio di evasione. Pertanto, l'agenzia fiscale in questione non ha potuto fornire elementi alle Camere sui risultati, nella lotta all'evasione, derivanti dall'utilizzo dell'anagrafe dei rapporti finanziari, nonostante tale attività sia dovuta. Ciò è quanto afferma la sezione centrale di controllo della Corte nella deliberazione del 26 luglio 2017;

   nel 2011, nel cosiddetto decreto «Salva-Italia», «il legislatore aveva disposto che il direttore dell'Agenzia delle entrate con un suo provvedimento individuasse criteri per elaborare, con procedure centralizzate, specifiche liste selettive di contribuenti a maggior rischio di evasione». Ma tali criteri, dichiarano i giudici, «non sono stati mai emanati e di conseguenza non è mai stata predisposta alcuna lista selettiva»;

   i controllori contabili affermano che sono stati usati i «soli dati di identificazione del soggetto» e quelli relativi a «natura, tipologia, apertura, modifica e chiusura del rapporto», escludendo i dati più rilevanti e «pregnanti nella lotta all'evasione», quelli «sulle movimentazioni e i saldi» dei conti. Un sistema di procedere «irrazionale e non coerente» con la legge, che determina un risultato, in termini di contrasto all'evasione, «di scarsa efficacia» secondo i giudici contabili;

   la finanziaria per il 2015 prevedeva l'utilizzo dei dati anche finanziari per effettuare analisi del rischio di evasione, invece, a distanza di oltre due anni da tali modifiche e di oltre cinque anni dall'obbligo di effettuare liste selettive, si è di fronte ad una totale inerzia. È quindi inesistente la selezione dei contribuenti a maggior rischio di frodare il fisco e mai è stata predisposta la relazione annuale sui risultati;

   la gravità dell'inadempimento in questione determina, dunque, un inspiegabile sottoutilizzo dell'anagrafe bancaria, nonostante sia un importante strumento per contrastare la galoppante evasione patologica;

   l'ingiustificato e grave inadempimento dell'Agenzia delle entrate si unisce alla mancata vigilanza, da parte del Ministro dell'economia e delle finanze, sull'emersa inosservanza degli obblighi relativi all'anagrafe bancaria previsti dalla legge a carico dell'Agenzia al fine di un'efficace lotta all'evasione –:

   se e quali iniziative abbia adottato il Ministro interrogato affinché l'Agenzia delle entrate provveda a un utilizzo dell'anagrafe bancaria in osservanza della normativa in materia, anche in considerazione di quanto riferito dalla Corte dei conti sulle gravi inadempienze riscontrate;

   entro quali tempi si intenda far sì che l'Agenzia elabori le previste liste selettive, nonché le analisi del rischio di evasione e ottemperi a tutti i conseguenti obblighi a cui è tenuta rispetto all'utilizzo dell'anagrafe;

   se intenda adottare iniziative in relazione alle responsabilità dell'Agenzia dell'entrate per le inadempienze esposte in premessa;

   per quali motivi, nonostante i poteri di vigilanza che competono al Ministro, l'Agenzia delle entrate risulti inadempiente rispetto all'utilizzo dell'anagrafe dei rapporti finanziari.
(5-12270)

Interrogazione a risposta scritta:


   ROSTAN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il fenomeno «ludopatia» in Italia, riconosciuto dal Ministero della salute come vera e propria patologia, è in continua crescita e riguarda oltre un milione e trecentomila cittadini italiani;

   vi sono 2,5 milioni di giocatori abituali a rischio dipendenza, in una fascia d'età che va dai 15 ai 64 anni, ma di questi solo 7 mila sono in cura presso le Asl di riferimento. Numeri che testimoniano quanto sia difficile far emergere questo fenomeno;

   l'Italia continua ad essere leader in Europa per il gioco d'azzardo. I dati dell'Agenzia delle dogane hanno censito 206 sale bingo, 237 per i giochi d'ippica, 5.600 sale scommesse sportive, 8.000 corner (punti gioco scommesse), 3.160 punti gioco ippica, 4.934 sale Vlt (Video Lottery Terminal), 9.200 concorsi e pronostici, 33.880 giochi a totalizzatore, 34.000 ricevitorie lotto, 63.000 punti vendita per lotterie, i tantissimi siti internet con le scommesse on line di cui oltre 6.000 inibiti dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Numeri che posizionano l'Italia al primo posto in Europa;

   il giro d'affari nel 2016 ha raggiunto i 96 miliardi di euro, totalizzando un incremento dell'8 per cento rispetto all'anno precedente. Il Ministero dell'economia e delle finanze ha calcolato che la spesa sostenuta dagli italiani nel 2016 è pari a 19 miliardi di euro a fronte dei 17,5 dell'anno precedente. Lo Stato ha incassato dal flusso di imposte derivanti dal gioco oltre nove miliardi di euro;

   la Conferenza unificata Stato-regioni-comuni il 7 settembre 2017 ha approvato il nuovo piano di riordino dei giochi proposto dal Governo –:

   quali iniziative intenda adottare il Governo per limitare il fenomeno della «ludopatia» in Italia;

   se corrisponda al vero che le sale da gioco tradizionali con apparecchi Awp (anche dette New Slot o apparecchi «comma 6a»), calcio balilla, flipper e videogiochi, saranno sostituite progressivamente da quelle con apparecchi Vlt, che sarebbero molto più pericolose per i giocatori;

   se corrisponda al vero che per giocare con gli apparecchi Awp è necessario inserire un documento elettronico di identificazione (carta servizi, carta dell'esercente e tessera sanitaria), mentre per gli apparecchi Vlt questo meccanismo di controllo non sarebbe previsto;

   se corrisponda al vero che nel piano di riordino del complesso delle attività riguardanti il gioco d'azzardo sia prevista soltanto la riduzione degli apparecchi da intrattenimento Awp e non anche la riduzione degli apparecchi Vlt (considerando che la legge vigente in materia prevede che il numero complessivo non può essere oltre il 14 per cento degli apparecchi Awp);

   se si intendano assumere iniziative per l'estensione dell'applicazione dell'articolo 88 del Tulp (testo unico delle seggi di pubblica sicurezza) agli esercizi commerciali in modo tale da permettere loro di ottenere la certificazione di tipo «A», previsione che consentirebbe l'installazione delle Vlt;

   se corrisponda al vero che, come previsto nella legge di stabilità per il 2016, verrà pubblicato il bando per l'apertura di oltre quattromila nuove sale e/o negozi da gioco.
(4-17924)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   FEDRIGA, SALTAMARTINI e ALLASIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   purtroppo si continua ad assistere a casi, di «malagiustizia» nonostante le diverse promesse fatte dal Governo, ed in particolare dal Ministro interrogato, che in varie sedi ha prospettato un aumento sia dell'efficienza che dell'efficacia del «sistema» giustizia;

   l'ultimo rimbalzato sulle cronache dei giornali e che ha suscitato non poco sdegno nell'opinione pubblica è quello di una ragazzina di 16 anni all'epoca dei fatti, Camilla (nome di fantasia), che dopo le violenze subite dal padre finisce in una casa per minori a Torino, dove viene abusata e drogata dall'educatrice che invece avrebbe dovuto difenderla, ed oggi dopo altri 16 anni dai fatti, per colpa dei «processi lumaca», i suoi aguzzini sono liberi;

   Camilla, già violentata dal padre, non ancora 17enne, nel 2001 finisce in una comunità per minori alle porte di Torino; l'educatrice, di 20 anni più grande, invece che aiutarla diventa la sua carnefice: abusi sessuali e sottomissioni fino all'imposizione di un ménage à trois con il marito, prima, e con l'amante dopo;

   nel 2002 la ragazza riesce a denunciare il tutto, ma non riesce ad ottenere giustizia: passano cinque anni prima che il processo, peraltro in abbreviato, finisca davanti al gup di Torino. Nel 2007 i tre imputati vengono condannati in primo grado, ma ricorrono in appello. Trascorrono altri 9 anni prima che la corte d'appello si esprima: sentenza pronunciata nel settembre 2016 e depositata nel febbraio 2017 per i soli reati di gruppo, perché nel frattempo le violenze singole di cui l'educatrice è accusata e lo spaccio di droga sono ormai prescritti, e per solo due imputati, l'educatrice e l'amante, essendo nel frattempo deceduto il marito. I condannati fanno ricorso in Cassazione ed i tempi sono brevissimi, perché i fatti contestati risalgono ad aprile e giugno 2002 e si prescrivono in 15;

   nonostante i giudici della Cassazione abbiamo trattato con celerità il caso, portandolo in aula nel giro di un mese, il tempo ha avuto la meglio sulla giustizia ed il reato si è prescritto il 21 settembre 2017;

   simili casi sono irragionevoli quanto ignobili, a parere degli interroganti, specie quando persone in grave stato di fragilità e già duramente provate da violenze subite devono trascorrere metà della loro vita in assurde vicende giudiziarie che non riconoscono, al termine, la dovuta giustizia;

   peraltro, tale vicenda, considerato anche il clamore mediatico, non può che contribuire ad ingenerare nelle donne vittime di violenza l'inutilità di denunciare abusi e soprusi, oltre che una generale sfiducia nel sistema giudiziario italiano –:

   se e quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda adottare in merito alla vicenda esposta in premessa, per evitare che casi similari si possano ripetere per il futuro;

   se non ritenga di valutare se sussistano i presupposti per promuovere iniziative ispettive presso il Tribunale ordinario e la corte di appello di Torino in relazione alla vicenda di cui in premessa
(4-17926)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta immediata:


   FASSINA, MARCON, CIVATI, FRATOIANNI, AIRAUDO, PELLEGRINO, PLACIDO, PAGLIA e GREGORI. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:

   la compagnia aerea Ryanair ha previsto la cancellazione tra il 19 settembre e il 28 ottobre 2017 di centinaia di voli su tutto il territorio nazionale creando problemi a circa 400 mila passeggeri, disagi al trasporto aereo e all'economia nazionale ed europea;

   all'origine della decisione della compagnia ci sarebbe un errato calcolo delle ore di riposo e delle ferie non goduto dai piloti della compagnia aerea;

   i piloti in esercizio o che hanno ormai abbandonato l'azienda (oltre il 17 per cento del totale da inizio 2017), hanno rilasciato interviste nelle quali spiegano di subire inaccettabili condizioni contrattuali e di lavoro, con l'impossibilità ad esercitare i propri diritti sindacali. Nella stessa situazione si troverebbero anche i lavoratori dell'azienda che svolgono altre mansioni (primi ufficiali, steward e hostess, e altro);

   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha aperto una istruttoria, dal momento che le cancellazioni potrebbero configurare una violazione dei doveri di diligenza di cui all'articolo 20 del Codice del consumo, nella misura in cui sarebbero in larga misura riconducibili a ragioni organizzative e gestionali già note all'azienda, quindi non a cause esterne al suo controllo, causando notevoli disagi ai consumatori;

   un secondo profilo di contestazione riguarderebbe il tenore e le modalità delle informazioni con cui i passeggeri sono stati informati della cancellazione dei voli e dei diritti che possono esercitare ai sensi del Reg. CE 261/04, che potrebbero essere idonei a indurli in errore circa l'esistenza e l'esercizio di tali diritti;

   Ryanair avrebbe offerto ai suoi piloti un bonus straordinario in cambio della parziale rinuncia alle ferie, ma i piloti non sembrano disposti ad accettare. Dalle loro dichiarazioni è evidente che la questione delle ferie vada inserita in un contesto più ampio relativo alle condizioni contrattuali e alla eccessiva flessibilità loro richiesta, che ha effetti negativi sulle condizioni di lavoro e di riflesso sul mercato e i diritti dei consumatori;

   la mancanza di insufficienti standard sociali e contrattuali nel mercato unico e della concorrenza crea fenomeni di dumping sociale –:

   quali iniziative intenda intraprendere, in sede nazionale ed europea, per ottenere l'innalzamento di standard sociali e contrattuali di tutela delle condizioni di lavoro nella regolamentazione del settore aereo, al fine di favorire l'applicazione di contratti collettivi che garantendo meglio il lavoro siano in grado di innalzare la qualità dei servizi.
(3-03275)

Interrogazione a risposta scritta:


   MENORELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con direttiva 21 luglio 2017 il Ministro dell'interno, unitamente al capo dipartimento affari interni e territoriali e al capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza, ha impartito indicazioni alle prefetture «per garantire un'azione coordinata delle Forze di Polizia per la prevenzione e il contrasto ai comportamenti sono la principale causa di incidenti stradali»;

   la direttiva citata contiene istruzioni tecnico-operative per l'utilizzo di vari sistemi di misurazione automatica della velocità dei veicoli (autovelox, telelaser, tutor et similia), ma al tempo stesso conferma e precisa lo scopo precipuo delle sanzioni per eccesso di velocità di cui all'articolo 142 del codice della strada;

   in tal senso, la premessa, nonché l'articolo 1 della direttiva ribadiscono che l’«efficacia» delle politiche sanzionatorie va rapportata alle esigenze di maggior «sicurezza» della circolazione stradale;

   conseguentemente, il paragrafo 3 delle istruzioni allegate alla direttiva afferma perentoriamente che, quand'anche si ricorra a un impiego «diffuso» dei sistemi di rilevamento automatici, esso non può e non deve avvenire «esclusivamente a fini sanzionatori», cosicché si specifica come «in base alla vigente normativa, l'impiego di postazioni fisse di rilevamento senza la presenza degli operatori di polizia non può ritenersi una modalità ordinaria di controllo, ma rappresenta uno strumento utilizzabile solo (...) in determinate condizioni», mentre «in tutti gli altri casi dovranno utilizzarsi sistemi di rilevamento della velocità sotto il diretto controllo e con la presenza di un operatore di polizia»;

   l'articolo 142, comma 7, del codice della strada individua una specifica fattispecie sanzionatoria per i superamenti dei limiti di velocità inferiori ai 10 chilometri eccedenti i limiti posti;

   detta sanzione si caratterizza per una particolare tenuità, giacché – come è di tutta evidenza – non presenta, di norma, oggettivi profili inerenti alla sicurezza stradale;

   ciononostante, in numerosi territori comunali si registra un sensibile utilizzo di impianti automatici per rilevare superamenti della velocità dei veicoli persino entro i 10 chilometri eccedenti i limiti posti, e ciò senza la presenza di operatori che soli, in siffatte circostanze, possono apprezzare in concreto eventuali rischi per la sicurezza stradale che, in linea generale, devono escludersi;

   l'estendersi e il radicarsi di una simile prassi può inopinatamente dare corso a forme di finanziamento improprie a carico dei cittadini, nonché ad un utilizzo aberrante dell'articolo 142, comma 7, del codice della strada –:

   se il Governo intenda fornire i dati relativi alle sanzioni elevate nel territorio italiano per eccessi di velocità non superiori ai 10 chilometri oltre i limiti posti, dunque ai sensi dell'articolo 142, comma 7, del codice della strada, dal 1° gennaio 2017 al 31 agosto 2017, specificando il soggetto procedente all'elevazione delle sanzioni.
(4-17925)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARTELLA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'eroina «gialla» sembrerebbe essere la causa di almeno nove morti per overdose registrati nelle ultime tre settimane nella periferia di Venezia;

   si tratta della più potente e pericolosa eroina in circolazione e viene venduta a 20/30 euro a dose nei pressi della stazione ferroviaria di Mestre o in prossimità del parco della Bissuola;

   secondo una serie di esami il mix tra eroina e altre sostanze ha reso questo tipo di eroina 100 volte più forte e quindi più pericolosa di quella in circolazione fino a poco tempo fa;

   le vittime hanno una età compresa tra i 20 e i 40 anni;

   sono in corso indagini da parte degli inquirenti per chiarire circostanze, nessi e filiera connessa a questa terribile scia di morte e non si esclude che possa esservi in corso una guerra tra bande legate allo spaccio;

   importanti organi di informazione hanno acceso l'attenzione sulla diffusione di questa pericolosissima droga –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di rafforzare sul territorio veneziano i dispositivi di sicurezza nell'azione di contrasto al traffico e spaccio di stupefacenti, nonché per potenziare in ambito sanitario i servizi di presa in carico dei tossicodipendenti, nonché di informazione, in particolare nei centri di maggiore aggregazione giovanile, sulla pericolosità della eroina gialla in circolazione.
(5-12268)

Interrogazione a risposta scritta:


   NACCARATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 23 settembre 2017 in via Sesta Strada a Bagnoli, in provincia di Padova, Benedetto Maria Allia ha esploso sei colpi con un fucile a canne mozze uccidendo Francesco Mazzei, 38 anni, nato in Germania ma residente a Crotone e ferendo gravemente Yassine Lemfaddel, 29 anni, cittadino marocchino con residenza a Treviso;

   Lemfaddel, in passato, è stato dipendente dell'azienda di Allia;

   dalle prime ricostruzioni sembra che l'omicidio sia avvenuto nel corso di una lite per dissidi economici tra Allia e Lemfaddel;

   Benedetto Maria Allia è titolare della ditta L. B. con sede a Rovigo, in via Angeli, società che ha cambiato tre sedi in due anni, oltre ad avere una sede a Monselice;

   Benedetto Allia ha sempre ostentato un tenore di vita molto elevato, come testimoniano le dichiarazioni dei residenti a Bagnoli, che denota una notevole disponibilità di risorse;

   il padre dell'omicida, Salvatore Allia, 49 anni, residente a Monselice, è stato autore di un omicidio in Friuli nel 2003 per il quale sta scontando una pena detentiva;

   nel 2016 la direzione distrettuale antimafia di Trieste ha riaperto le indagini sul delitto del 2003 per presunti collegamenti tra Allia e gruppi criminali dediti al traffico di armi;

   Salvatore Allia, nonostante la condanna e la detenzione, è titolare delle società S.m.a. srl, con sede a Bagnoli, in via Sesta Strada e Fly Rent srls, con sede a Rovigo, in via Angeli, oltre ad Allia srl, con sede a Monfalcone, attiva sino al 2016 di cui il figlio era titolare della maggioranza delle quote societarie;

   al di là delle versioni fornite dai protagonisti, emergono evidenti elementi che rendono necessarie indagini approfondite per comprendere le reali ragioni del fatto e gli eventuali collegamenti con persone legate al crimine organizzato;

   tali elementi sono: la corrispondenza tra le sedi delle società di proprietà di Salvatore Allia e quelle di proprietà di Benedetto Allia, il delitto commesso dal padre dell'omicida, la presenza di un'arma predisposta a sparare all'interno dello stabilimento di Bagnoli, la presenza di Francesco Mazzei nello stabilimento che può essere spiegata solo con finalità intimidatorie;

   inoltre, appare anomalo il fatto che Salvatore Allia, nonostante la condanna, abbia potuto svolgere attività imprenditoriali attraverso le imprese citate;

   la vicenda ha sollevato fortissime preoccupazioni nella comunità locale per l'efferatezza e le modalità del delitto che presentano diversi elementi caratteristici dei delitti commessi dalla criminalità organizzata –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere per potenziare gli strumenti investigativi delle forze dell'ordine della provincia di Padova e della direzione investigativa antimafia, con l'obiettivo di prevenire e contrastare il crimine organizzato in Veneto.
(4-17919)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta immediata:


   RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. – Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. – Per sapere – premesso che:

   nell'ambito dell'inchiesta denominata «chiamata alle armi», lunedì 25 settembre 2017 la Guardia di finanza di Firenze ha disposto una trentina di misure cautelari a carico di docenti universitari, tutti accusati di corruzione per concorsi universitari truccati e l'assegnazione fraudolenta di cattedre, sette dei quali sono stati arrestati mentre agli altri è stato interdetto l'esercizio delle funzioni di professore universitario e di quelle connesse ad ogni altro incarico accademico per la durata di dodici mesi;

   nell'inchiesta, nata dal tentativo di alcuni professori universitari di indurre un ricercatore, candidato al concorso per l'abilitazione scientifica nazionale all'insegnamento nel settore del diritto tributario, a ritirare la propria domanda allo scopo di favorire un altro ricercatore in possesso di un curriculum notevolmente inferiore, promettendogli in cambio l'abilitazione nella tornata successiva, sono indagate complessivamente cinquantanove persone su tutto il territorio nazionale;

   le indagini, come affermato dalla Guardia di finanza in una nota, hanno consentito di accertare «sistematici accordi corruttivi tra numerosi professori di diritto tributario», alcuni dei quali pubblici ufficiali poiché componenti di diverse commissioni nazionali nominate dal Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, finalizzati a rilasciare abilitazioni «secondo logiche di spartizione territoriale e di reciproci scambi di favori» al fine di soddisfare «interessi personali, professionali o associativi»;

   non è la prima volta che il sistema universitario italiano è interessato da gravi scandali, basta ricordare quello di pochi anni fa che aveva rivelato quanto lo stesso fosse afflitto dal nepotismo delle trasmissioni di cattedra di padre in figlio, fenomeno, peraltro, tutt'altro che sconfitto come rivelano i più recenti dati ufficiali;

   l'università italiana sta già attraversando un periodo di profonda crisi, da un lato per la riduzione delle risorse finanziarie e di personale che hanno colpito la quasi totalità degli atenei, e, dall'altro, per la disaffezione mostrata da migliaia di diplomati che scelgono di non intraprendere il percorso universitario –:

   quali siano le sue valutazioni, per quanto di competenza, in merito ai fatti descritti in premessa e quali urgenti iniziative intenda assumere per scongiurare il ripetersi di simili episodi e realizzare un sistema universitario efficiente e trasparente, in grado di formare davvero i giovani italiani.
(3-03276)

Interrogazione a risposta scritta:


   MINARDO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dalla stampa locale siciliana di numerosi episodi relativi alla sicurezza degli edifici scolastici: calcinacci che cadono, strutture inadeguate, esterni degli edifici non sicuri;

   in particolare modo, a quattro giorni dall'inizio dell'anno scolastico, era già possibile stilare un elenco di incidenti occorsi dentro le scuole, per fortuna senza conseguenze serie e vittime; per citarne alcuni: il crollo dell'intonaco in una scuola dell'infanzia e primaria di Ragusa, problemi presso il circolo didattico Rapisarda di Catania dove la dirigente scolastica ha chiesto di trasferire alcune classi per motivi di sicurezza; problemi anche per l'immobile destinato ad ospitare l'istituto alberghiero a San Michele di Ganzaria (CT), la cui inaffidabilità è stata denunciata dalla dirigente scolastica dell'IIS Cucuzza Euclide;

   al di là dei singoli episodi la situazione della sicurezza degli edifici scolastici in tutta la regione siciliana presenta forti criticità: il 75 per cento circa degli edifici non è stato progettato e neanche adeguato alle norme antisismiche e molti tra questi non hanno il certificato di conformità; un terzo degli istituti sono stati costruiti in un periodo precedente alla emanazione della normativa in materia di sicurezza antisismica; il 90 per cento non ha certificato antincendio e in almeno un decimo si rileva una forte presenza di amianto;

   nella regione si segnalano anche edifici chiusi da anni, perché sospetti di essere stati costruiti con cemento depotenziato;

   a questa situazione strettamente connessa all'aspetto della sicurezza strutturale degli edifici si aggiunge spesso anche una condizione di degrado delle strutture interne o delle aree esterne alle scuole che necessitano di costante manutenzione; situazione dovuta spesso alla vetustà degli edifici alla quale si aggiunge anche la carenza di interventi tesi all'abbattimento delle barriere architettoniche;

   gli istituti scolastici sono i luoghi in cui studenti e operatori trascorrono buona parte della giornata e per una parte consistente dell'anno e dovrebbero rappresentare luoghi di sicurezza e affidabilità sia per coloro che vi svolgono quotidianamente la propria attività che per i genitori che affidano alla scuola i propri figli –:

   se la Ministra interrogata non ritenga di dover urgentemente assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché vengano effettuate in ogni edificio scolastico, nel più breve tempo possibile, tutte le verifiche tecniche atte a verificare le condizioni degli edifici ai fini della loro utilizzabilità, in una regione come quella siciliana notoriamente caratterizzata da un forte rischio sismico;

   se non ritenga di dover monitorare, in collaborazione con gli enti locali, il rispetto dei tempi e delle tipologie degli interventi di adeguamento e messa in sicurezza degli edifici adibiti a servizio scolastico.
(4-17927)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   CAPELLI. – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. – Per sapere – premesso che:

   nel programma di sviluppo rurale 2014-2020 (PSR) della regione Sardegna, sono stati pubblicati i bandi della sottomisura 6.1 e «Pacchetto giovani»;

   le direttive per l'attuazione amministrativa delle misure risalgono ormai ad un anno fa e prevedevano l'apertura dello «sportello informatico» sul portale nazionale SIAN per la presentazione delle domande dal 15 settembre 2016 al 16 gennaio 2017, adempimento sul quale si sono registrati ritardi nella predisposizione delle procedure informatiche necessarie per la presentazione delle domande ma anche per l'istruttoria;

   gli applicativi per l'istruttoria non sono stati ancora resi disponibili da AGEA sul portale SIAN, tanto da «costringere» ARGEA a ricorrere provvisoriamente a procedure manuali per le domande presentate da circa 6 mesi;

   solo a partire dal 15 marzo 2017 è stata consentita la presentazione delle domande – che dopo appena una settimana erano 2800 –, mentre il termine di chiusura è scaduto il 14 aprile 2017;

   la dotazione finanziaria prevista per la misura 6.1, che prevede un premio per il primo insediamento in agricoltura di 35.000 euro, è pari a poco più di 20 milioni di euro. Saranno finanziati circa 570 beneficiari;

   più complesso è determinare il numero di ditte finanziabili nell'ambito del «pacchetto giovani», dove la dotazione finanziaria è pari a 50 milioni di euro, ma il premio è associato ad un progetto di investimenti di importo variabile, e la tipologia di investimento si colloca in differenti classi di priorità;

   l'assessorato all'agricoltura della regione Sardegna non è stato in grado di pubblicare e comunicare agli utenti l'elenco delle domande finanziabili a causa di problemi del portale SIAN nel ricostruire secondo l'ordine cronologico di presentazione, l'elenco delle domande finanziabili nel «pacchetto giovani»;

   è inevitabile il rinvio dell'avvio dell'attività istruttoria che dovrebbe essere contestuale alla presentazione della domanda;

   moltissime ditte attendono di sapere se la propria domanda rientra tra quelle che saranno ammesse al finanziamento a seguito della procedura istruttoria, anche questa da condurre sul portale SIAN attraverso un'apposita procedura, ancora inesistente;

   ARGEA Sardegna rilascia alle ditte che lo richiedano un codice da utilizzare per il tracciamento di fatturazioni e pagamenti, a loro «rischio e pericolo», in quanto il codice non è sostituisce le procedure sopra ricordate –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere per risolvere una questione che si trascina da tempo e che danneggia in maniera evidente l'intero sistema produttivo agricolo sardo.
(3-03270)


   GALLINELLA, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, L'ABBATE, LUPO e PARENTELA. – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. – Per sapere – premesso che:

   l'accordo economico e commerciale globale tra il Canada e l'Unione europea e i suoi Stati membri, istituisce tra le parti una zona di libero scambio in materia di beni, servizi ed investimenti;

   l'accordo è stato definito «misto» dalla Commissione europea e, in base a quanto disposto dalla decisione (UE) 2017/38 del Consiglio, del 28 ottobre 2016, è attualmente applicato a titolo provvisorio dall'Unione europea con esclusione di alcune parti riferite a investimenti, servizi finanziari e proprietà intellettuale;

   sono note le osservazioni, le considerazioni e le polemiche, spesso pretestuose, sorte intorno all'accordo, sia con riferimento alle procedure che hanno portato alla sua negoziazione, che alle tematiche oggetto dell'intesa;

   al netto delle valutazioni inerenti all'opportunità politica di liberalizzare numerosi settori commerciali, è impossibile non rilevare l'esistenza di significative asimmetrie economiche tra il Canada e l'Unione europea derivanti da diversità strutturali destinate ad impattare fortemente sull'economia delle parti;

   ad oggi non è possibile stimare, ancorché in via approssimativa, le conseguenze dell'armonizzazione delle norme regolamentari, né dell'abbattimento delle barriere non tariffarie agli scambi;

   a tal proposito, nel settore agricolo e, più in generale, in quello della sicurezza alimentare, le previsioni circa il meccanismo di equivalenza non appaiono idonee a garantire i più elevati standard di protezione sanitaria e fitosanitaria, assegnando alla parte esportatrice l'onere di dimostrare, ancorché in modo oggettivo, tale equivalenza;

   l'accordo fa riferimento alle disposizioni dell'Omc che consentono un divieto permanente al commercio solo se vi è un consenso scientifico che riconduce il danno ad uno specifico prodotto o ingrediente; in caso di disaccordo, il massimo livello di precauzione adottabile è un divieto temporaneo;

   la suddetta previsione applicata agli organismi geneticamente modificati mette fortemente in discussione la legislazione comunitaria improntata al principio di precauzione;

   la tutela accordata ad alcuni prodotti DOP e IGP, ancorché costituenti una parte significativa del valore complessivo del sistema delle certificazioni, lascia senza protezione un numero considerevole di piccoli produttori di eccellenze che tuttavia contribuiscono in maniera determinante alla formazione del prodotto interno lordo del nostro Paese –:

   se e quali studi scientifici siano stati condotti al fine di valutare l'impatto delle disposizioni del Ceta sul comparto agricolo ed agroalimentare nazionale e con quali strumenti di «difesa» si intenda procedere nell'eventualità che le previsioni sulla crescita e sui reciproci benefici siano invece disattese.
(3-03271)


   MELILLA, STUMPO, LACQUANITI, ZACCAGNINI, LAFORGIA, QUARANTA, RICCIATTI, SPERANZA, SCOTTO, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, FRANCO BORDO, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FOLINO, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LEVA, MARTELLI, MATARRELLI, PIERDOMENICO MARTINO, MOGNATO, MURER, NICCHI, GIORGIO PICCOLO, PIRAS, RAGOSTA, ROSTAN, SANNICANDRO, SIMONI, ZACCAGNINI, ZAPPULLA, ZARATTI e ZOGGIA. – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. – Per sapere – premesso che:

   questa estate, secondo una stima della Coldiretti, sono stati bruciati in Italia 120.000 ettari di superficie forestale e agricola;

   gli incendi sono aumentati di tre volte rispetto alla media degli ultimi 10 anni;

   i danni sono calcolati nell'ordine di centinaia di milioni di euro e la Coldiretti ha addirittura stimato danni per 10.000 euro ad ettaro;

   sono state colpite tutte le attività legate all'economia dei boschi, alla zootecnia, all'agricoltura, al turismo, all'escursionismo e all'agriturismo;

   sono morti nei roghi migliaia e migliaia di animali allevati e selvatici;

   vari Parchi nazionali dell'Italia centro-meridionale, a partire dalla Majella-Morrone, ma anche i Parchi del Gran Sasso, del Vesuvio, del Gargano, del Cilento, del Pollino e della Sila sono stati devastati con gravi inevitabili gravissime ripercussioni sul nostro delicato ecosistema;

   ad avviso degli interroganti, appare necessario prevedere un intervento di aiuti straordinari per i parchi devastati da tali incendi, come pure adottare con urgenza un'azione di potenziamento dell'attività di prevenzione degli incendi soprattutto nella aree a produzione agricola e nelle zone nazionali protette per la loro straordinaria importanza per la tutela delle biodiversità –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda adottare per fronteggiare la drammatica situazione descritta in premessa per tutelare e supportare le aree agricole interne ai Parchi nazionali devastati dagli incendi boschivi.
(3-03272)


   OLIVERIO, SANI, FIORIO, LUCIANO AGOSTINI, ANTEZZA, CARRA, COVA, CUOMO, DAL MORO, DI GIOIA, FALCONE, MARROCU, MONGIELLO, PALMA, PRINA, ROMANINI, TARICCO, TERROSI, VENITTELLI, ZANIN, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. – Per sapere – premesso che:

   i dati del Censimento Agricoltura 2010 mostravano la grande difficoltà di ricambio generazionale nel settore agricolo e un processo di senilizzazione che determinava un freno alla competitività (minore propensione all'innovazione – intesa come di prodotto, di processo e di mercato – e agli investimenti) e rischi di carattere ambientale legati all'abbandono e alla conseguente riduzione della gestione del territorio;

   i conduttori over 65 secondo i dati Istat coltivano un quarto della superficie agricola utilizzata nazionale e producono un quinto dell'intera produzione;

   nel 2015 la Coldiretti ha segnalato una inversione di tendenza con un aumento pari al 35 per cento degli agricoltori al di sotto dei 35 anni che, tra imprenditori agricoli, coadiuvanti familiari e soci di cooperative agricole sono arrivati a superare le 70 mila unità;

   si tratta di una nuova generazione di contadini, allevatori, pescatori e pastori che non si limitano a produrre alimenti «made in Italy» ma che stanno contribuendo a difendere cultura e bellezza del Paese;

   secondo dati Ismea la tendenza è confermata anche nel 2016, con un ulteriore aumento dei giovani agricoltori che a settembre 2016 risultavano 16.200 in più rispetto al corrispondente periodo del 2015, crescendo quindi del 9,1 per cento;

   la crescita della componente giovanile in agricoltura rappresenta un fattore competitivo fondamentale confermato, negli ultimi 3 anni, dallo sviluppo del settore primario che ha registrato un aumento dell’export da 33 miliardi a 38,4 miliardi di euro;

   in base ai dati Eurostat, in Italia le aziende agricole guidate da giovani al di sotto dei 35 anni, ottengono un ricavo di 73.000 euro, a fronte di una media di 43.000 con una performance superiore anche ai pari età europei, che si attestano su una media di 44.000 euro;

   è necessario continuare a mantenere alta l'attenzione sul ricambio generazionale, con politiche a servizio dei giovani che facilitino non solo l'ingresso di quest'ultimi nel settore agricolo, ma anche attività di formazione e consulenza che li accompagnino nello sviluppo continuo della propria azienda e nel mantenimento della stessa una volta avviata;

   è necessario, inoltre, semplificare l'accesso alla terra e al credito per i giovani al fine di favorire il loro stabile inserimento nel settore –:

   quali interventi siano stati messi in campo dal Governo, con quali risultati e quali strumenti si intendano attivare nei prossimi mesi.
(3-03273)

Interrogazione a risposta scritta:


   GALLINELLA, GAGNARLI, L'ABBATE e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il 20 settembre 2017, da alcune fonti stampa, si è appresa la notizia di una perquisizione della Guardia di finanza presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;

   le ragioni di tale intervento, che sta interessando tutte le direzioni e gli uffici del dicastero, si ritroverebbero nella necessità da parte della Guardia di finanza di verificare la regolarità (modalità di reclutamento, le mansioni svolte e le modalità di rilevazione delle presenze) circa ruoli e collaborazioni di personale esterno e/o appartenente a società esterne al Ministero suddetto, al fine di accertare una possibile fuoriuscita illegittima di denaro pubblico;

   il caso sembrerebbe essere già all'attenzione della Corte dei conti e riguardare il periodo che va dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre del 2014 –:

   se, alla luce di quanto esposto in premessa, non si ritenga fondamentale ed urgente fare chiarezza, attraverso tutte le iniziative di competenza, sull'uso dei fondi pubblici da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
(4-17917)

RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:


   SALTAMARTINI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI e SIMONETTI. – Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. – Per sapere – premesso che:

   ha grande risonanza sui media la questione dell'utilizzo di circa 33 milioni di euro raccolti dagli sms solidali destinati alla ricostruzione dei territori colpiti dal terremoto del Centro Italia;

   a seguito degli eventi sismici del 24 agosto 2016 e 26 e 30 ottobre 2016, che hanno devastato il Centro Italia distruggendo i paesi Amatrice, Accumoli e Pescara del Tronto. Il dipartimento della protezione civile ha aperto un conto corrente bancario, presso Monte dei Paschi di Siena, per raccogliere donazioni in favore delle popolazioni colpite, ed è stato altresì attivato il numero solidale 45500, grazie al quale è stato possibile donare 2 euro inviando un sms o chiamando da rete fissa;

   come disposto dal decreto-legge n. 189 del 2016, convertito dalla legge n. 229 del 2016, le donazioni al numero solidale 45500 e i versamenti sul conto corrente bancario sono confluiti nella contabilità speciale del commissario straordinario alla ricostruzione e sono stati gestiti secondo le modalità previste dal protocollo d'intesa per l'attivazione e la diffusione di numeri solidali;

   tale protocollo contempla l'istituzione di un comitato dei garanti al fine di valutare le iniziative da finanziare e assicurare la trasparenza nella gestione delle risorse raccolte;

   il comitato ha destinato l'importo raccolto, circa 33 milioni di euro, alle regioni, in base alla percentuale dei danni subiti e dopo la valutazione delle proposte formulate;

   i progetti approvati nell'incontro del comitato del 17 luglio 2017 per ciascuna delle quattro regioni terremotate sono stati annunciati nel sito della protezione civile;

   risultano finanziati progetti in comuni fuori dal cratere e comunque non interessati da zona rossa, come Poggio Bustone, Collevecchio, Rivodutri nel Lazio, mentre sono stati ignorati comuni completamente distrutti come Amatrice e Accumoli;

   a parere degli interroganti, i fondi raccolti dalla solidarietà degli italiani, che hanno voluto partecipare con il proprio contributo al grave disagio della gente terremotata, dovrebbero essere utilizzati per interventi complementari nelle zone maggiormente colpite dal sisma e non dovrebbero essere destinati a coprire le necessità del Governo per mancanza di fondi statali;

   occorre verificare l'effettiva destinazione dei fondi, per rispetto della volontà popolare e anche in considerazione dei ritardi registrati per la ricostruzione, ormai sotto gli occhi di tutti, e fugare ogni dubbio sulla raccolta dei soldi –:

   se il Governo intenda chiarire l'effettiva destinazione dei 33 milioni di euro raccolti dagli sms solidali e quali criteri siano stati utilizzati dal comitato dei garanti per la scelta dei progetti finanziati.
(3-03274)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   OCCHIUTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la disciplina principale del settore farmaceutico è stata riordinata dalla legge 8 novembre 1991, n. 362;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 marzo 1994 n. 298, di attuazione dell'articolo 4, comma 9, della citata legge n. 362 del 1991, è intervenuto per disciplinare aspetti relativi al conferimento delle sedi farmaceutiche di nuova istituzione: composizione commissione giudicatrice, criteri per la valutazione dei titoli e l'attribuzione dei punteggi, prove di esame e modalità di svolgimento del concorso di assegnazione; esso ha parzialmente modificato la normativa, intervenendo su alcune disposizioni della legge 2 aprile 1968, n. 475, (Norme concernenti il servizio farmaceutico), attuata dal decreto del Presidente della Repubblica 21 agosto 1971, n. 1275, e del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265;

   l'interpretazione non coordinata della normativa che disciplina il concorso straordinario ha recentemente creato numerosi casi di difficile lettura per l'apertura delle farmacie, specie in relazione alle disposizioni dell'articolo 9 della legge n. 221 del 1968 (provvidenze a favore dei farmacisti rurali), che attribuiscono al farmacista rurale una premialità di punteggio posta «a risarcimento» del proprio disagio vissuto lavorando in zone periferiche di scarso guadagno;

   è accaduto che la premialità assicurata a una siffatta tipologia di professionisti, pari al 6,50 di maggiorazione sul punteggio afferente all'esercizio professionale, è stata ritenuta dai Tar di Trentino Alto Adige e Basilicata come maggiorazione da attribuire ad ogni singolo farmacista componente l'associazione professionale partecipante alle prove del concorso straordinario;

   un'interpretazione, ad avviso dell'interrogante, arbitraria e disomogenea, che può mettere in crisi l'intero settore, rendendo possibili situazioni paradossali, a totale svantaggio di quei farmacisti che, in possesso di più titoli o di un esercizio professionale ultradecennale, risulterebbero emarginati in una graduatoria che vede premiate le associazioni professionali caratterizzate dalla somma numerica di quelle maggiorazioni di punteggio che il legislatore del ’68 aveva inteso attribuire al farmacista rurale che partecipasse per il conferimento della titolarità di una farmacia urbana;

   a causa di una disseminazione di decisioni dei Tar che interpretano, in un modo o in un altro, le norme di riferimento, sconvolgendo le graduatorie e le assegnazioni perfezionate dalle regioni interessate, si rischia la penalizzazione dell'intero settore e si mettono a rischio i capitali investiti dagli originari assegnatari, cui la giurisprudenza potrebbe togliere ciò che il concorso straordinario avrebbe dovuto assicurare;

   si tratta di una dinamica che originerà due gravi lacune: la prima in termini di ricaduta negativa sul livello di assistenza farmaceutica da garantire alla popolazione e la seconda in termini di mancata occupazione di tanti giovani laureati, in contrasto con la ratio legislativa che ha voluto il ricorso al concorso straordinario per facilitare l'ingresso degli stessi nella geografia assistenziale assicurata dalle farmacie;

   le decisioni amministrative potrebbero portare all'annullamento delle sperimentazioni concorsuali, con conseguente perdita ex abrupto tutto ciò che gli originari assegnatari hanno già realizzato, quasi sempre ricorrendo ad onerosi prestiti bancari;

   il concorso straordinario delle farmacie necessita, peraltro, di assoluta vigilanza, dal momento che intorno ad esso pare si siano verificati tentativi di abusi esercitati da coloro i quali, contrariamente alla normativa, provano ad aprire, ovvero mantengono in esercizio entrambe le farmacie aggiudicatesi in concorsi regionali diversi –:

   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto esposto in premessa, non intenda adoperarsi, con tutte le iniziative di competenza, per evitare il verificarsi di una pericolosa fattispecie che rischia sia di compromettere l'interesse pubblico e l'adeguata assistenza farmaceutica, sia di penalizzare coloro i quali, soprattutto giovani farmacisti, hanno partecipato ai concorsi de quibus risultando vincitori di sedi farmaceutiche e che rischiano ora di perdere tutto.
(3-03263)

Interrogazione a risposta scritta:


   DIENI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 8, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 502 del 1992 stabiliva che le regioni erano autorizzate ad individuare aree di attività della guardia medica e della medicina dei servizi che, ai fini del miglioramento del servizio, richiedessero l'instaurarsi di un rapporto d'impiego;

   i medici addetti a tali attività «che al 31 dicembre 1992 risultavano titolari di incarico a tempo indeterminato da almeno cinque anni» potevano essere inquadrati, a domanda, previo giudizio di idoneità, nel primo livello dirigenziale del ruolo medico in soprannumero;

   a seguito di ulteriori norme attuative, la regione Calabria individuava con decreto n. 416 del 17 luglio 2000 le aree di attività della guardia medica e della medicina dei servizi in relazione alle quali poteva determinarsi l'instaurazione di un rapporto d'impiego;

   si è quindi dato luogo alle procedure di espletamento dei giudizi di idoneità, all'esito dei quali alcuni medici sono stati inseriti nell'apposita graduatoria di cui al decreto n. 17301 del 17 novembre 2005 del dipartimento della tutela della salute – politiche sanitarie e cicli della regione Calabria;

   con accordo sindacale del 9 marzo 2008, ratificato con delibera dell'Asp n. 248 del 2008, l'ente si impegnava a stabilizzare, nel corso del biennio successivo, tutti i medici convenzionati dichiarati idonei, determinandosi in tal modo un risparmio di spesa rispetto al mantenimento del pregresso regime di convenzione;

   a seguito di tale positivo giudizio di idoneità e dell'impegno assunto dall'azienda sanitaria reggina sorgeva quindi un diritto degli stessi all'inquadramento, riconosciuto per quattro di essi con sentenza del tribunale di Reggio Calabria – sezione lavoro e previdenza n. 1109/2016;

   l'azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria, tuttavia, non solo non procedeva all'inquadramento del personale ritenuto autonomo, ma non completava neppure l'inquadramento dei quattro medici ricorrenti, dopo formale dichiarazione di accettazione all'inquadramento proposta dall'ufficio gestione risorse umane della suddetta azienda, costringendoli a ricorrere ulteriormente per l'esecuzione del giudicato –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga di dover assumere le iniziative di competenza, al fine di pervenire all'attuazione omogenea della citata normativa presso tutte le strutture sanitarie pubbliche, adoperandosi, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, affinché vi sia un pieno rispetto del giudicato presso l'azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria.
(4-17923)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SIMONETTI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   già nel mese di agosto 2017 il Tar dell'Abruzzo aveva rilevato come fondati i motivi di incostituzionalità in merito all'assorbimento dei forestali nei carabinieri o in altre forze ad ordinamento militare, sollevati dal ricorso di un vice sovrintendente, e trasmesso di conseguenza alla Corte Costituzionale per il relativo giudizio;

   oggetto del contendere era la «riforma Madia» della pubblica amministrazione (legge delega n. 124 del 2015) ed il relativo decreto attuativo n. 177 del 2016 in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e di assorbimento del Corpo forestale di cui attualmente il Parlamento sta esaminando disposizioni integrative e correttive;

   è notizia di questi giorni quella che ora ad esprimersi sulla legittimità della soppressione del Corpo forestale dello Stato (CFS) e dell'assorbimento del suo personale nell'Arma dei carabinieri, con conseguente militarizzazione dei suoi membri, sarà il Comitato europeo dei diritti sociali, l'organo del Consiglio d'Europa che sovrintende al rispetto dei diritti sociali e dei diritti dei lavoratori da parte degli Stati europei;

   l'organismo europeo, in altri termini, dovrà valutare, così come la Corte costituzionale, se agli ex forestali, dipendenti civili, sia stata lesa, con iniziativa del Governo, la libertà di scegliere la professione, imponendogli tout court il ruolo di militari;

   secondo quanto riportato dalla stampa, sembra che la decisione del Comitato di occuparsi della vicenda sia stata osteggiata dal Governo, indicando all'organo europeo come, persa la rappresentatività sindacale per effetto della riforma entrata in vigore il 1° gennaio 2017, nessun organismo collettivo avrebbe potuto tutelare a livello europeo i diritti degli ex Forestali, argomentazione, questa, rigettata dal Comitato europeo –:

   se corrisponda al vero quanto riportato dalla stampa circa un tentativo del Governo di ostacolare che la questione relativa alla soppressione del Corpo forestale ed il suo conseguente assorbimento nell'Arma dei carabinieri giungesse al vaglio del Comitato europeo di cui in premessa;

   se ed in che termini il Governo intenda risolvere la problematica, qualora sia la Corte costituzionale che il Comitato europeo sancissero l'illegittimità della riforma, atteso che il Corpo forestale dello Stato è stato comunque sciolto a decorrere dal 1° gennaio 2017.
(5-12271)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALGANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   le Industrie Metallurgiche e Isotta Fraschini di Spoleto sono due aziende del polo metallurgico spoletino ex Pozzi, in amministrazione straordinaria dal 2014. Per i 70 operai del reparto alluminio la cassa integrazione speciale scadrà ad ottobre 2017, mentre per quelli del reparto della ghisa a marzo 2018;

   il reparto della ghisa, contrariamente a quello dell'alluminio, aveva commesse di lavoro per oltre un anno al momento della chiusura conseguente all'arresto dell'ex proprietario Gianfranco Castiglioni cui è stata contestata una frode per 63 milioni di euro con reati che vanno dall'utilizzo nelle dichiarazioni fiscali di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti (con evasione di imposte per oltre 52 milioni di euro), all'omesso versamento di ritenute operate ai dipendenti (per oltre 5 milioni di euro), fino alla presentazione di dichiarazioni Iva infedeli per l'alterazione dei relativi registri (con imposta evasa di oltre 4,5 milioni di euro), all'illecita compensazione di imposte dovute con crediti fittizi (per oltre 2 milioni di euro), all'emissione di fatture false infragruppo, nonché all'occultamento dell'intero impianto contabile per gli anni precedenti al 2008;

   a seguire, le aziende sono state messe in amministrazione straordinaria e sono stati nominati commissari Roberto Manfredi, Marco Sogaro ed Elena Bernardi;

   dopo varie manifestazioni di interesse e gare d'asta andate deserte, ad ottobre 2016 si è tenuto presso il Ministero dello sviluppo economico un incontro volto ad analizzare lo stato delle procedure di amministrazione straordinaria della due società di Spoleto, presieduto dal dottor Giampiero Castano. Erano presenti i commissari straordinari Sogaro e Manfredi, il vicepresidente della regione Umbria Fabio Paparelli, Mauro Andrielli della stessa regione Umbria, la rappresentanza del comune di Spoleto, le organizzazioni sindacali nazionali, territoriali e le rappresentanze sindacali unitarie;

   durante tale incontro i commissari hanno informato i presenti che per il sito di Spoleto, ovvero il «ramo» Isotta Fraschini di Spoleto e la Ims, era pervenuta la comunicazione di una società che aveva intenzione di proseguire la trattativa per l'acquisizione del sito, cui si sarebbe aggiunta, come affermato dalle istituzioni, la manifestazione di interesse di altri due imprenditori. Da qui, la possibilità di creare un'unica società per rilevare le aziende e presentare un piano industriale di rilancio;

   tuttavia, ad oggi, nessuno di questi interessi si è concretizzato in una vera e propria acquisizione, tanto che a luglio 2017 gli operai hanno manifestato sotto la sede della regione dell'Umbria e sono stati ricevuti dalla presidente del consiglio regionale Donatella Porzi e dall'assessore Paparelli, con la rassicurazione che a settembre sarebbero stati riconvocati per essere aggiornati sullo stato della vertenza;

   tale incontro non è stato ancora fissato, mentre i lavoratori continuano a lamentare l'impossibilità di confrontarsi con i tre commissari, soprattutto in un momento delicato come quello attuale che li vede prossimi alla scadenza degli ammortizzatori sociali, unica fonte di reddito per loro dal 2014;

   allo stato attuale il capannone del reparto alluminio è stato totalmente dismesso, mentre in quello della ghisa, costruito negli anni ’50 e mai sottoposto a lavori di manutenzione, sono ancora presenti i forni per la fusione dei metalli e i macchinari per la rifinitura dei pezzi in ghisa;

   il comprensorio di Spoleto vive un momento di profonda crisi dovuta alla chiusura di numerose aziende per cui la prosecuzione dell'attività della Ims e della Isotta Fraschini è un fattore chiave per non aggravare una situazione già critica –:

   se il Governo sia a conoscenza del caso e cosa si intenda fare, per quanto di competenza, per accelerare la cessione delle aziende della ex Pozzi, anche in vista della prossima scadenza della cassa integrazione straordinaria.
(5-12269)

Interrogazione a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   la Strategia energetica nazionale (Sen) è il documento di programmazione ed indirizzo nel settore energetico adottato con decreto ministeriale dell'8 marzo 2013, in scadenza il 31 dicembre 2017;

   la Sen è stata elaborata dall'Italia, quale documento programmatorio, all'indomani dell'adozione di altri documenti programmatori di settore, quali, ad esempio, il Piano d'azione nazionale per le energie rinnovabili (Pan) del 2010 di recepimento degli obiettivi definiti dalla direttiva UE 2009/28/UE, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili;

   da quando l'Italia ha deciso di puntare sulle energie rinnovabili e, quindi, anche sulle agroenergie si ripete il medesimo copione, ovvero: dimostrando nessuna lungimiranza e nessun rispetto per il mondo imprenditoriale, si sta per lasciare ancora una volta il settore senza riferimenti normativi; questo è quello che viene in particolare evidenziato in un articolo del n. 33 de L'Informatore agrario;

   il 31 dicembre 2017, vale a dire tra poco più di 90 giorni, cesserà la possibilità di accedere ai meccanismi di incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, di cui al decreto interministeriale del 23 giugno 2016 e nessuno si è preoccupato di disporre una proroga in merito;

   questo si tradurrà nella totale paralisi degli investimenti, ovvero nell'impossibilità per gli imprenditori zootecnici di puntare sul biogas per integrare un reddito sempre più risicato e per le imprese forestali e i proprietari boschivi di pianificare la valorizzazione degli scarti delle lavorazioni in bosco;

   va garantita agli operatori del settore primario la serenità necessaria per poter progettare un investimento di portata significativa, come quello legato alla costruzione di un impianto per la produzione di energia rinnovabile;

   tanto più che, in questa fase, sono proprio le imprese di medie dimensioni, le più preziose per il presidio del territorio e che meno incidono sull'ambiente per una ridotta concentrazione zootecnica, a non avere ancora realizzato gli impianti;

   l'unica soluzione, a giudizio dell'interrogante, e anche alla luce delle considerazioni espresse ne L'Informatore agrario, per rispondere al dovere di garantire la base normativa per sostenere le «rinnovabili», è la proroga integrale, senza modifiche, dei tempi previsti per l'accesso agli incentivi sopra citati, di cui al decreto del 23 giugno 2016, prevedendone un'estensione fino a tutto il 2018;

   gli operatori del settore agricolo rilevano che ogni qualvolta si è reso necessario un nuovo decreto in materia, l'attesa è durata almeno un anno: quello del 23 giugno 2016 è arrivato dopo 18 mesi di discussioni e modifiche al testo originario;

   anche attendere l'adozione di un nuovo decreto-legge coerente con la Strategia energetica nazionale non sembra una strada praticabile ed auspicabile: solo la gestione delle osservazioni raccolte con la consultazione pubblica sulla Sen, appena conclusasi comporterà mesi di lavoro ai quali seguiranno mesi di discussioni tra Governo e parti sociali;

   il sostegno alle agroenergie, nell'ambito di regole che si sono sempre più affinate, privilegiando i piccoli impianti alimentati a scarti agrozootecnici o forestali, è un investimento con ricadute positive per il sistema Paese;

   tale sostegno consente di preservare il potenziale zootecnico nazionale e, in secondo luogo, è un fattore di attivazione economica da non sottovalutare. Intorno agli impianti biogas o biomassa ruota un'economia di artigiani e industrie (dediti alla costruzione e alla manutenzione) con centinaia di migliaia di occupati;

   anche dal punto di vista finanziario la proroga dei termini previsti in materia di incentivi alle energie rinnovabili dal decreto del 2016 è plausibile, visto che negli ultimi mesi risulta che il costo per il famigerato contatore del Gse plafonato che avrebbe dovuto essere di 5,8 miliardi di euro (soglia massima stabilita per legge all'ammontare degli aiuti finanziari destinati alle energie rinnovabili in Italia) ha subìto, dopo un pericoloso avvicinamento al valore limite, una regressione a meno di 5,5 miliardi di euro –:

   quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati per risolvere la problematica esposta in premessa.
(4-17928)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta orale Marcon e Pannarale n. 3-03238, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta 18 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Fratoianni, Fassina, Andrea Maestri;

  l'interrogazione a risposta scritta Nuti n. 4-17916, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Di Vita;

  l'interrogazione a risposta in Commissione Luigi Gallo e altri 5-12265, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Tofalo.

Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta orale Vignali n. 3-03254 del 20 settembre 2017;

   interrogazione a risposta in Commissione Zaratti n. 5-12246 del 21 settembre 2017.

Trasformazione di un documento
del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Occhiuto n. 4-17911 del 25 settembre 2017 in interrogazione a risposta orale n. 3-03263.