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Temi dell'attività parlamentare

Diritto e giustizia
Commissione: II Giustizia
Giustizia
Tutela delle vittime dei reati

La XVII legislatura si è caratterizzata per diversi interventi volti a proteggere le vittime dei reati, ampliandone le tutele in ambito processuale e sostenendole dal punto di vista economico. Si segnalano, in particolare, la legge che ha previsto un indennizzo per le vittime dei reati intenzionali violenti e quella che ha introdotto specifiche tutele per gli orfani a causa di un crimine domestico.

 
Il rafforzamento della tutela processuale delle vittime dei reati
  • 1 focus
09/03/2018

L'ordinamento italiano tutela tutte le vittime dei reati attraverso gli istituti processuali penali che garantiscono un ruolo nel processo alla persona offesa dal reato e, eventualmente, alla parte civile, cioè alla vittima che intervenga nel processo penale per chiedere il risarcimento dei danni subiti. Da questo punto di vista la tutela apprestata alle vittime in Italia è ampia e generalizzata.

L'ordinamento penale, peraltro, accorda specifiche tutele processuali a particolari categorie di vittime ritenute dal legislatore particolarmente vulnerabili, come i minorenni o le persone offese da specifici reati.

Dopo gli interventi in questa direzione realizzati nella scorsa legislatura con la legge n. 172 del 2012, di ratifica della Convenzione di Lanzarote per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, all'inizio della XVII legislatura il Parlamento torna ad apprestare tutele per le vittime dei reati commessi in ambito familiare, oltre che dei minori che vi assistono, con la conversione del decreto-legge n. 93 del 2013, volto a contrastare la violenza di genere. In particolare, si ricordano le seguenti disposizioni:

  • la modifica dell'art. 609-decies c.p. - che garantisce assistenza affettiva e psicologica della persona offesa minorenne, in ogni stato e grado del procedimento - finalizzata ad estenderne le previsioni dai delitti a sfondo sessuale ai delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi e di atti persecutori, se commessi in danno di un minorenne o da uno dei genitori di un minorenne in danno dell'altro genitore ed a coinvolgere il tribunale per i minorenni;
  • la modifica dell'art. 612-bis c.p., relativo al delitto di atti persecutori, volta a consentire la remissione della querela (lo stalking è perseguibile d'ufficio solo se ricorrono alcune aggravanti) solo in sede processuale;
  • l'applicazione delle misure a sostegno delle vittime del reato di atti persecutori alle vittime dei reati di maltrattamenti in famiglia, tratta di persone, violenza sessuale e sfruttamento sessuale dei minori;
  • l'intervento sulle misure cautelari volto: ad estendere l'applicazione della misura dell'allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima; ad introdurre la misura dell'allontanamento d'urgenza dalla casa familiare; ad introdurre l'obbligo di informare la persona offesa di ogni modifica relative alle suddette misure cautelari;
  • la previsione dell'obbligo di comunicare sempre alla persona offesa da un delitto commesso con violenza alla persona, l'avviso della richiesta di archiviazione, a prescindere dalla sua espressa richiesta;
  • la possibilità di procedere in dibattimento all'audizione della persona offesa, anche maggiorenne, con modalità protette, se il procedimento penale riguarda i reati di maltrattamenti in famiglia, di tratta di persone, di sfruttamento sessuale dei minori, di violenza sessuale e di atti persecutori;
  • l'estensione del gratuito patrocinio, a prescindere dai limiti di reddito, alle vittime dei reati di maltrattamenti contro familiari e conviventi e mutilazioni genitali femminili;
  • le misure di tutela per gli stranieri vittime di violenza domestica. In particolare, con modifiche al TU immigrazione (d.lgs. 286/1998) il decreto-legge prevede la concessione alla vittima di un particolare permesso di soggiorno;
  • la previsione di un Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, volto tra l'altro a «potenziare le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli attraverso modalità omogenee di rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza; a garantire la formazione di tutte le professionalità che entrano in contatto con fatti di violenza di genere o di stalking; accrescere la protezione delle vittime attraverso il rafforzamento della collaborazione tra tutte le istituzioni coinvolte».

Nel corso della XVII legislatura, inoltre, con il decreto legislativo 15 dicembre 2015, n. 212, è stata data attuazione alla direttiva 2012/29/UE, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato: il provvedimento ha integrato con specifiche, mirate, disposizioni, il quadro di tutele che già l'ordinamento processuale penale assicurava alle vittime del reato. Il decreto legislativo ha apportato le seguenti modifiche al codice di procedura penale:

  • prevede che, in caso di dubbio sull'età della vittima del reato il giudice debba disporre, anche d'ufficio, una perizia (art. 90, comma 2-bis). Se anche la perizia non scioglie i dubbi sull'età della vittima si presume la minore età, ma soltanto a fini processuali di garanzia;
  • prevede che in caso di decesso della persona offesa dal reato, le facoltà in capo alla vittima possano essere esercitate oltre che dai prossimi congiunti, anche dal convivente (art. 90, comma 3);
  • inserisce nel codice gli articoli da 90-bis a 90-quater, relativi al diritto della vittima a ricevere una serie di informazioni concernenti il procedimento penale e l'eventuale scarcerazione o evasione dell'imputato (o condannato), nonché la definizione della condizione di particolare vulnerabilità della vittima, che consente l'applicazione di speciali cautele.
  • estende l'obbligatorietà della riproduzione audiovisiva delle dichiarazioni della persona offesa in condizione di particolare vulnerabilità anche al di fuori delle ipotesi di assoluta indispensabilità (art. 134, comma 4);
  • estende la disciplina sul diritto all'interprete e alla traduzione, in precedenza dettata per il solo imputato (e poi modificata dal decreto legislativo n. 32 del 2014), anche alla persona offesa dal reato (nuovo art. 143-bis);
  • estende anche alla persona offesa che si trovi in condizione di particolare vulnerabilità le tutele contenute nell'articolo 190-bis, cosicché nel caso di esame di un testimone che abbia già reso dichiarazioni in sede di incidente probatorio o in dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate ovvero dichiarazioni i cui verbali sono stati acquisiti, l'esame è ammesso solo se riguarda fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni ovvero se il giudice o taluna delle parti lo ritengono necessario sulla base di specifiche esigenze (art. 190-bis, comma 1-bis);
  • estende l'ausilio psicologico ai casi in cui è necessario assumere sommarie informazioni da una persona offesa, anche maggiorenne, in condizione di particolare vulnerabilità, assicurando che la stessa non abbia contatti con la persona sottoposta alle indagini  e non sia chiamata più volte a rendere sommarie informazioni (art. 351, comma 1-ter e art. 362, comma 1-bis);
  • prevede che quando la persona offesa versa in condizione di particolare vulnerabilità, il pubblico ministero, anche su richiesta della stessa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della sua testimonianza (art. 392, comma 1-bis);
  • dispone che le modalità della testimonianza non danneggino le vittime del reato in stato di particolare vulnerabilità (art. 398, comma 5-quater e art. 498, comma 4-quater). In particolare, il decreto legislativo prescinde da una catalogo di reati per consentire l'assunzione della testimonianza con modalità protette ogni qual volta la vittima sia riconosciuta come particolarmente vulnerabile.

Il decreto legislativo n. 212 del 2015 modifica inoltre le disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, prevedendo:

  • il diritto della persona offesa dal reato di sporgere denuncia o presentare querela utilizzando la lingua da essa conosciuta (o ricevendo la necessaria assistenza linguistica) nonché di ricevere, previa richiesta, attestazione della denuncia o querela (art. 107-ter);
  • che spetti al procuratore generale presso la corte d'appello ricevere dal PM del circondario di residenza-domicilio della vittima la denuncia o la querela relativa a un reato commesso in altro Stato UE e poi inoltrarla all'autorità giudiziaria straniera competente.

La tutela processuale delle vittime dei reati è potenziata anche dalla legge n. 103 del 2017, che ha modificato il codice di procedura penale al fine di:

  • consentire alla persona offesa dal reato di chiedere ed ottenere dalle autorità informazioni sullo stato del procedimento penale nel quale ha presentato la denuncia o la querela (cfr. art. 1, commi 26-27);
  • allungare i termini concessi alla persona offesa per opporsi alla richiesta di archiviazione e chiedere la prosecuzione delle indagini (art. 1, comma 31);
  • disporre la nullità del decreto di archiviazione emesso in mancanza dell'avviso alla persona offesa o quando la stessa non sia stata messa in condizione di visionare gli atti o presentare opposizione (art. 1, comma 33).
Focus
 
L'indennizzo per le vittime dei reati intenzionali violenti
09/03/2018

La possibilità di prevedere indennizzi per le vittime dei reati che, avendo subito un danno derivante da un atto penalmente rilevante non possono ottenere soddisfazione dall'autore del reato stesso, è stata a lungo riconosciuta dal nostro ordinamento solo per specifiche categorie di vittime (storicamente quelle della mafia e del terrorismo, poi anche quelle della tratta di esseri umani), ma non per la generalità delle persone offese da gravi reati. Questa lacuna è stata colmata nella XVII legislatura, dando attuazione alla direttiva 2004/80/CE, relativa all'indennizzo delle vittime di reato.

La direttiva stabilisce infatti un sistema di cooperazione tra Stati membri volto a facilitare alle vittime di reato l'accesso all'indennizzo nelle situazioni transfrontaliere, che dovrebbe operare sulla base dei sistemi interni previsti dagli Stati in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori. La direttiva, nel garantire alle vittime di uno Stato diverso da quello del luogo di commissione del reato il medesimo accesso al sistema d'indennizzo, muove dal presupposto dell'esistenza negli Stati di tale sistema interno di indennizzo. Nel rispetto del principio di sussidiarietà, la direttiva non indica i reati per i quali tale indennizzo debba trovare applicazione rinviando per la qualificazione alla normativa interna.

In particolare, l'art. 12, par. 2, della Direttiva, afferma che «Tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime».

Questa disposizione è rimasta a lungo inattuata nel nostro ordinamento. L'Italia tradizionalmente riconosce infatti un indennizzo solo alle vittime di particolari categorie di reati.

Sul punto la Commissione europea ha avviato nel 2011 un procedimento di infrazione nei confronti dell'Italia per mancata conformità alla direttiva 2004/80/CE e, non accogliendo le repliche presentate dal Governo italiano, ha adito il 22 dicembre 2014 la Corte di Giustizia (Causa C-601/14). Con una sentenza depositata il 11 ottobre 2016, la Corte di Giustizia dell'Unione europea ha condannato l'Italia per non aver recepito in maniera corretta e completa la direttiva europea che prevede un sistema di indennizzo per le vittime di qualsiasi reato violento commesso sul proprio territorio anche nel caso in cui le vittime siano dei cittadini di un altro Stato membro. La Corte ha chiarito e sancito che la direttiva impone ad ogni Stato membro di adottare, al fine di tutelare la libera circolazione delle persone nell'Unione, un sistema nazionale che garantisca un livello minimo di indennizzo equo ed adeguato per le vittime di qualsiasi reato doloso violento commesso nel suo territorio e non solo per quelli contemplati dalle cosiddette 'leggi speciali' sul terrorismo e la criminalità organizzata.

Peraltro, già prima della sentenza, il legislatore nazionale aveva ottemperato alle richieste dell'Unione europea approvando la legge n. 122 del 2016, legge europea 2015-2016, che negli articoli da 11 a 16, dà attuazione alla direttiva 2004/80/CE. Tale disciplina è stata peraltro recentemente modificata dalla legge europea 2017 (legge n. 167 del 2017). Dal combinato disposto dei due provvedimenti, si ricava che:

  • il legislatore riconosce l'accesso al Fondo e dunque il diritto all'indennizzo statale «alla vittima di un reato doloso commesso con violenza alla persona e comunque del reato di cui all'articolo 603-bis del codice penale [caporalato], ad eccezione dei reati di cui agli articoli 581 [percosse] e 582 [lesioni personali], salvo che ricorrano le circostanze aggravanti previste dall'articolo 583 del codice penale». Se disposizioni già vigenti riconoscono alle vittime di specifici reati provvidenze più favorevoli (si pensi alla disciplina sulle vittime della mafia o del terrorismo), continueranno ad applicarsi tali disposizioni.
  • l'indennizzo è elargito per la rifusione delle spese mediche e assistenziali; per i reati di violenza sessuale e di omicidio l'indennizzo è comunque elargito, alla vittima o agli aventi diritto, anche in assenza di spese mediche e assistenziali;
  • spetta ad un decreto del Ministro dell'interno e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, determinare gli importi dell'indennizzo, comunque nei limiti delle disponibilità del Fondo, assicurando un maggior ristoro alle vittime dei reati di violenza sessuale e di omicidio. A seguito dell'approvazione della legge di bilancio 2017, il legislatore ha assicurato che nella determinazione dei limiti dell'indennizzo sia assicurato, in particolare, un maggiore ristoro ai figli della vittima di omicidio commesso dal coniuge/partner (cfr. art. 1, comma 146, della legge n. 232 del 2016). Gli importi dell'indennizzo alle vittime dei reati intenzionali violenti sono stati determinai dal D.M. 31 agosto 2017. Il provvedimento prevede i seguenti importi:

Reato di omicidio
7.200 euro
Omicidio commesso dal coniuge o da persona che è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa            
8.200 euro (in favore dei figli della vittima)
Violenza sessuale, salvo che ricorra la circostanza attenuante della minore gravità
4.800 euro
Altri reati
massimo 3.000 euro a titolo di rifusione delle spese mediche e assistenziali

  • L'art. 12 della legge n. 122 del 2016 subordina il diritto all'indennizzo al ricorrere di una serie condizioni, tra le quali, ad esempio, la circostanza che la vittima sia titolare di un reddito annuo (come risultante dall'ultima dichiarazione) non superiore a quello previsto per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato (11.528,41 euro) o che la medesima non abbia percepito, per lo stesso fatto, somme erogate a qualunque titolo da soggetti pubblici o privati. Sul punto è intervenuta la legge europea 2017 che ha: a) eliminato il requisito del reddito; b) condizionato l'accesso all'indennizzo al fatto che la vittima abbia già esperito infruttuosamente l'azione esecutiva nei confronti dell'autore del reato per ottenere il risarcimento del danno dal soggetto obbligato in forza di sentenza di condanna irrevocabile o di una condanna a titolo di provvisionale, condizione che non si applica se l'autore del reato è rimasto ignoto o ha avuto accesso al gratuito patrocinio; c) specificato che l'accesso è negato in caso di percezione di somme erogate a qualunque titolo alla vittima da soggetti pubblici o privati solo se si tratta di somme superiori a 5.000 euro.
  • quanto alla domanda di indennizzo, che può essere presentata dall'interessato o dagli aventi diritto in caso di morte della vittima del reato – personalmente o per mezzo di un procuratore speciale – l'art. 13 ha individuato una serie di formalità previste a pena di inammissibilità. La domanda deve essere presentata entro 60 giorni dalla decisione che ha definito il giudizio per essere ignoto l'autore del reato o dall'ultimo atto dell'azione esecutiva infruttuosamente esperita ovvero dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna;
  • quanto all'ambito di operatività ratione temporis della nuova disciplina, originariamente applicabile alle fattispecie successive all'entrata in vigore della legge n. 122/2016 (23 luglio 2016), la legge europea 2017 è intervenuta estendendo l'accesso all'indennizzo alle lesioni derivanti da reati commessi dopo il 30 giugno 2005, come richiesto dalla direttiva 2004/80/CE.

L'art. 14 della legge n. 122 del 2016 destina il c.d. Fondo antimafia e antiusura anche all'indennizzo delle vittime dei reati intenzionali violenti, dotandolo di un ulteriore contributo annuale pari a 2,6 milioni di euro.

La legge di bilancio 2017 ha destinato all'indennizzo delle vittime dei reati intenzionali violenti le somme dovute a titolo di sanzione pecuniaria civile (art. 1, comma 351), in base al decreto legislativo n. 7 del 2015, che anziché essere devolute alla Cassa delle ammende confluiranno nel Fondo di rotazione, per la specifica destinazione all'indennizzo delle vittime dei reati intenzionali violenti.

Nella legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017), il capitolo è stato rifinanziato per 7,4 milioni di euro per il triennio (2018-2020), rispetto allo stanziamento di 4,6 milioni previsto a legislazione vigente.

Allo stanziamento nel triennio di 12 milioni di euro, si sono aggiunti 2,5 milioni relativi specificamente al finanziamento degli interventi socio assistenziali in favore degli orfani per crimini domestici, come previsto dalla stessa legge di bilancio (art. 1, comma 279.

Cap.
Denominazione
2012
2013
2014
2015
2016
2017
2018
2019
2020
2341
Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime de reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti
124,4
62,7
90,0
95,2
103,3
4,6
14,5
14,5
14,5
I dati 2012-2016 sono tratti dal Rendiconto del bilancio dello Stato; il dato 2017 è ripreso alla legge di assestamento del bilancio e il dato 2018 dalla legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 207).

Si ricorda che il cap. 2341 dello Stato di previsione del Ministero dell'Interno, sul quale sono appostate le risorse del Fondo, in tutti i bilanci di previsione riporta il contributo statale previsto a legislazione vigente. In realtà, le dinamiche di alimentazione del Fondo, al quale contribuiscono massicciamente le risorse versate sul capitolo 2341 dalla CONSAP (Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici) e relative al contributo pari allo 0,1 % dei premi assicurativi nel ramo danni (esclusa RC auto), fanno sì che la concreta disponibilità di risorse annuali sia molto più cospicua: ad esempio, nel bilancio di previsione 2016 sul capitolo era iscritto uno stanziamento per 2 milioni di euro, che sono divenuti 103,3 milioni nel rendiconto 2016.

 
La tutela degli orfani a causa di crimini domestici
  • 1 focus
09/03/2018

Negli ultimi giorni della XVII legislatura il Parlamento ha approvato la legge n. 4 del 2018, volta a rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico (A.S. 2719), che riconosce tutele processuali ed economiche ai figli minorenni e maggiorenni economicamente non autosufficienti della vittima di un omicidio commesso da:

  • il coniuge, anche legalmente separato o divorziato;
  • la parte dell'unione civile, anche se l'unione è cessata;
  • una persona che è o è stata legata da relazione affettiva e stabile convivenza con la vittima.

Dal punto di vista processuale, la legge intende rafforzare, già dalle prime fasi del processo penale, la tutela dei figli della vittima, modificando il testo unico sulle spese di giustizia, per consentire loro l'accesso al patrocinio a spese dello Stato, a prescindere dai limiti di reddito.

Mantenendo l'attenzione verso il procedimento penale, e dunque alla fase che precede l'accertamento definitivo della responsabilità penale dell'autore del reato, il provvedimento rafforza la tutela dei figli della vittima rispetto al loro diritto al risarcimento del danno. A tal fine, la legge modifica la disciplina del sequestro conservativo e della provvisionale, la cui finalità è anticipare il più possibile la liquidazione del danno patito dalle vittime del reato.La provvisionale è infatti una somma di denaro liquidata dal giudice in favore della parte danneggiata, come anticipo sull'importo integrale che le spetterà in via definitiva. Accade, infatti, in base alla normativa previgente che, dopo un lungo processo penale nel quale i figli si sono costituiti parte civile, alla condanna penale del genitore si accompagna solo una generica condanna per la responsabilità civile, che obbliga la parte civile ad avviare una nuova causa civile per ottenere la liquidazione del danno.

La proposta di legge prevede infatti che quando si procede per omicidio del coniuge (anche separato o divorziato), della parte dell'unione civile (anche se l'unione è cessata) o della persona che sia o sia stata legata all'imputato da relazione affettiva o stabile convivenza, e le prove acquisite nel corso del procedimento penale non consentono la liquidazione del danno, in presenza di figli della vittima che si siano costituiti parte civile, il giudice in sede di condanna - a prescindere dal carattere definitivo della stessa - deve assegnare loro a titolo di provvisionale una somma pari almeno al 50% del presumibile danno, che sarà liquidato poi in sede civile.

Venendo agli aspetti esclusivamente economici, la proposta di legge interviene sull'istituto dell'indegnità a succedere con la finalità di renderne automatica l'applicazione in caso di condanna per omicidio in ambito domestico.

Viene rivista anche la disciplina che già attualmente esclude dal diritto alla pensione di reversibilità l'autore dell'omicidio del pensionato.

Ulteriori disposizioni della proposta di legge:

  • demandano a Stato, regioni e autonomie locali il compito di promuovere e organizzare forme di assistenza delle vittime, di promuovere servizi informativi, assistenziali e di consulenza; di predisporre misure per garantire il diritto allo studio e all'avviamento al lavoro per i figli delle vittime di crimini domestici;
  • prevedono che i figli delle vittime del reato di omicidio in ambito domestico abbiano diritto ad assistenza medico psicologica gratuita e siano esenti dalla partecipazione alla spesa per ogni tipo di prestazione sanitaria e farmaceutica;
  • modificano la disciplina dell'affidamento del minore «temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo» per prevedere che il minore che si trovi in tale condizione a seguito della morte del genitore causata volontariamente dal coniuge (anche separato o divorziato), dalla parte dell'unione civile (anche cessata) o da persona legata al genitore da relazione affettiva, debba essere affidato privilegiando la continuità delle relazioni affettive tra il minore e i parenti fino al terzo grado e garantendo, in quanto possibile, in presenza di fratelli o sorelle, la continuità affettiva tra gli stessi.

Infine, la proposta di legge incrementa di 2 milioni di euro la dotazione annuale del Fondo di rotazione per le vittime dei crimini intenzionali violenti, destinandolo anche agli orfani per crimini domestici. In particolare, tale incremento è destinato all'erogazione di borse di studio per gli orfani, al finanziamento del loro reinserimento lavorativo e alla copertura delle spese per l'assistenza psicologica e sanitaria. Un ulteriore incremento del Fondo, pari a 2,5 milioni, è stato previsto dalla legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017, art. 1, co. 279-280).

Focus
 
La protezione delle vittime della tratta di esseri umani
  • 2 focus
09/03/2018

Il decreto legislativo n. 24 del 2014 ha dato attuazione alla direttiva 2011/36/UE, relativa alla prevenzione e alla repressione della tratta di esseri umani e alla protezione delle vittime. In particolare, questo provvedimento:

  • afferma l'esigenza di operare «una valutazione individuale della vittima, della specifica situazione delle persone vulnerabili quali i minori, i minori non accompagnati, gli anziani, i disabili, le donne, in particolare se in stato di gravidanza, i genitori singoli con figli minori, le persone con disturbi psichici, le persone che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica, sessuale o di genere», anticipando uno dei principi cardine della direttiva 2012/29/UE;
  • estende ulteriormente il possibile ricorso in sede di processo penale all'incidente probatorio, consentendolo anche quando fra le persone interessate all'assunzione della prova vi siano maggiorenni in condizione di particolare vulnerabilità, desunta anche dal tipo di reato per cui si procede;
  • afferma, a protezione dei minori, che quando la loro minore età non sia accertabile, questa va presunta;
  • introduce obblighi formativi sulle questioni inerenti alla tratta degli esseri umani per i pubblici ufficiali interessati;

  • prevede un indennizzo di 1.500 euro per ciascuna vittima della tratta.
Focus
 
Il riconoscimento degli ordini di protezione
09/03/2018

Infine, si segnala che nella XVII legislatura l'Italia ha dato attuazione alla direttiva 2011/99/UE, che si fonda sul principio del mutuo riconoscimento, e disciplina l'ordine di protezione europeo per garantire che le misure adottate a protezione di un soggetto da atti di rilevanza penale, che possano lederne o metterne in pericolo la vita, l'integrità fisica o psichica, la dignità, la libertà personale o l'integrità sessuale, siano mantenute anche qualora tale persona si trasferisca in un altro Stato membro.

La direttiva specifica che un ordine di protezione europeo può essere emesso solo se nello Stato di emissione è stata precedentemente adottata una misura di protezione che impone alla persona che determina il pericolo uno o più dei seguenti divieti o restrizioni:
  • divieto di frequentare determinate località, determinati luoghi o zone definite in cui la persona protetta risiede o che frequenta;
  • divieto o regolamentazione dei contatti con la persona protetta;
  • divieto o regolamentazione dell'avvicinamento alla persona protetta entro un perimetro definito.
Quando l'autorità competente dello Stato membro di esecuzione riceve un ordine di protezione europeo, deve «senza indugio» riconoscerlo e adottare le misure che sarebbero previste dalla legislazione nazionale in un caso analogo per garantire la protezione della persona protetta.
Alla direttiva si è aggiunto il regolamento n. 606/2013, relativo al riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia civile. Attraverso il regolamento l'Unione europea disciplina il reciproco riconoscimento delle misure di protezione disposte al fine di proteggere una persona ove sussistano gravi motivi per ritenere che la sua vita, la sua integrità fisica o psichica, la sua libertà personale, la sua sicurezza o la sua integrità sessuale siano in pericolo.
Il regolamento, tenendo in considerazione le differenti tradizioni giuridiche degli Stati membri, non interferisce con i sistemi nazionali per disporre misure di protezione. Infatti, non obbliga gli Stati membri a modificare i loro sistemi nazionali né a introdurre misure di protezione in materia civile, ma stabilisce, sulla base del principio di riconoscimento reciproco, che le misure di protezione disposte in materia civile nello Stato membro d'origine devono essere riconosciute nello Stato membro richiesto.
La persona protetta che desideri invocare nello Stato membro richiesto una misura di protezione disposta nello Stato membro d'origine presenta all'autorità competente dello Stato membro richiesto copia autentica della misura di protezione, certificato completo di informazioni e traduzione; l'autorità emittente dello Stato membro d'origine notifica alla persona che determina il rischio il certificato.

Con il decreto legislativo n. 9 del 2015, di attuazione della direttiva, il legislatore ha disciplinato tanto il procedimento per l'emissione di un ordine di protezione europeo da parte dell'autorità giudiziaria italiana, quanto il procedimento per riconoscere in Italia un ordine di protezione emesso dall'autorità di un altro Stato membro. In tale ipotesi, il riconoscimento è affidato alla Corte d'appello nel cui distretto risiede (o ha dichiarato di voler risiedere) la persona protetta. Se l'ordine di protezione europeo viene riconosciuto, il Ministero della giustizia ne dà comunicazione all'autorità estera competente, ma soprattutto alla persona protetta e alla persona che determina il pericolo nonché alla polizia giudiziaria e ai servizi sociali del luogo ove la persona protetta ha dichiarato di volersi stabilire.