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Doc. XXII, n. 27




RELAZIONE

Onorevoli Colleghi! - Dall'inizio della legislatura, il Parlamento si è occupato più volte della questione del sovraffollamento carcerario. Molto meno si è parlato del Piano di interventi per la realizzazione di nuove infrastrutture carcerarie, cosiddetto «Piano carceri», messo a punto dal Consiglio dei ministri nella persona dell'allora Ministro della giustizia Angelino Alfano nel novembre 2008 e successivamente specificato dall'articolo 1, comma 2, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3861 del 19 marzo 2010.
Tale piano, che era destinato a risolvere la questione carceraria, è stato finanziato per 470 milioni di euro e ha visto la nomina quale commissario straordinario, nel 2008, del prefetto Franco Ionta, capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP), e quale commissario delegato, a decorrere dal 1o gennaio 2013, del prefetto Angelo Sinesio.
Il Piano carceri, deliberato dal Comitato di indirizzo e controllo il 24 giugno 2010, prevedeva la costruzione di 11 nuovi istituti penitenziari e di 20 nuovi padiglioni per l'ampliamento di istituti preesistenti, con la conseguente creazione di 9.150 nuovi posti detentivi (a fronte delle previsioni iniziali di 18.000 posti), con risorse pari a 675 milioni di euro. Il piano veniva poi aggiornato il 20 giugno 2011 con l'aggiunta di 150 posti relativi alla rifunzionalizzazione del nuovo istituto penitenziario di Reggio Calabria, a valere sulle risorse assegnate per 21,5 milioni di euro.
A seguito dei tagli effettuati dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) nella riunione del 20 gennaio 2012 per 227,8 milioni di euro, il piano originario ha subìto una rimodulazione, approvata dal Comitato di indirizzo e controllo in data 31 gennaio 2012: malgrado la riduzione delle risorse finanziarie il nuovo piano prevedeva la realizzazione di ben 11.573 nuovi posti.
In data 18 luglio 2013, in relazione alla realizzabilità degli interventi è stata approvata un'ulteriore rimodulazione del Piano: fermi restando gli impegni, pari a 320 milioni di euro, relativi a interventi già banditi o appaltati, con le risorse residue disponibili sono stati previsti ulteriori 500 posti detentivi.
Il piano carceri, presentato anche durante l'audizione alla Camera dei deputati dal prefetto Angelo Sinesio, lo scorso 22 ottobre 2013, prevedeva quindi un progetto per incrementare di circa 9.000 unità la capienza delle strutture carcerarie.
Con la presente proposta di inchiesta parlamentare si intende indagare come siano state utilizzate tali risorse pubbliche, accertando quante risorse siano già state impiegate e in base a quale titolo e quante risorse siano necessarie per raggiungere l'obiettivo prefissato.
È necessario indagare sulle decisioni adottate, poiché prima erano stati garantiti 9.050 posti con quasi 696,5 milioni di euro, mentre in seguito si è arrivati a parlare di 12.000 posti con 470 milioni di euro, come emerso da un recente dossier.
Sulla questione sono in corso delle indagini anche presso la procura della Repubblica di Roma, che potranno far evidenziare se si profilano reati di abuso, falso, peculato, turbativa o corruzione: al momento il fascicolo è aperto senza ipotesi di reato o indicazioni di indagati.
Un'altra questione che dovrebbe essere approfondita riguarda i ribassi delle gare, in media pari al 48 per cento ma che hanno toccato punte anche del 54 per cento, ovvero percentuali talmente basse da comportare il rischio di non poter ultimare i lavori.
Per quanto concerne i nuovi padiglioni di Modena, Terni, Santa Maria Capua Vetere, Livorno, Catanzaro e Nuoro, nonché il carcere Arghillà di Reggio Calabria, è emerso che i lavori di completamento in questi sei istituti (su sedici istituti interessati) presentano già evidenti criticità strutturali: infiltrazioni, infissi pericolanti, strutture arrugginite, per non parlare di interruzioni dei lavori in seguito a contenziosi; e tutto ciò mentre ancora si cercano risposte per fronteggiare l'emergenza dovuta al sovraffollamento e per garantire la dignità dei detenuti e il lavoro del personale della polizia penitenziaria, sempre più costretto a operare in condizioni difficili.
Il nuovo padiglione del carcere di Modena, a titolo esemplificativo, inaugurato all'inizio 2013, ha subito presentato criticità: disfunzioni incomprensibili per una struttura nuova, come il malfunzionamento dell'impianto idraulico con conseguente mancanza di acqua calda, la fatiscenza degli infissi, dei cardini delle inferriate e del sistema di apertura dei cancelli, tutti segni della cattiva qualità dei materiali impiegati per la costruzione.
Un'ulteriore questione da chiarire riguarda gli inviti alle gare: sembra che le imprese invitate siano state dieci, di cui solo tre presenti nella lista del DAP. È necessario approfondire come mai nella maggior parte dei casi le gare non siano state ad evidenza pubblica, ma tramite affidamenti individuali, con appalti suddivisi in due parti, con costi raddoppiati e con possibile violazione delle norme antimafia.
È importante accertare se esiste o no un piano per vendere le carceri di San Vittore, Piazza Lanza, Regina Coeli, Giudecca e Santa Maria Maggiore.
L'inchiesta, inoltre, deve chiarire i motivi per i quali ancora oggi molti cantieri non siano stati avviati, né siano state affidate le direzioni dei lavori, pur essendo oramai decorsi quattro anni dalla dichiarazione dello stato di emergenza e un anno e mezzo dalla nomina del commissario delegato Sinesio. Sono stati avviati i lavori solo per un padiglione, a fronte di oltre 450 milioni di euro immobilizzati nella contabilità speciale.
Per tutte queste ragioni, si propone di istituire una Commissione parlamentare di inchiesta.


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