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Documento
Doc. XXII, n. 57




RELAZIONE

Onorevoli Colleghi! - Pier Paolo Pasolini viene barbaramente ucciso il 2 novembre 1975 all'idroscalo di Ostia. Un omicidio dalla dinamica non chiara, dai molti interrogativi irrisolti. Un corpo martoriato da colpi contundenti e un assassino che non è sporco di sangue. Un Pasolini atletico che non riesce a difendersi dal suo esile killer. Un plantare destro e una maglia verde trovati nella sua auto che non appartengono né a lui né al suo omicida. Più tracce di pneumatici sul luogo del delitto. Testimoni non ascoltati. Un caso chiuso troppo velocemente con l'addebito dell'esclusiva responsabilità a Giuseppe Pelosi, anche se ciò contrastava con quanto indicato nella sentenza di primo grado e cioè che gli assassini erano più persone.
Un elemento che - nel Paese della verità postuma - trentaquattro anni dopo, con l'utilizzo di metodologie che nel 1975 gli investigatori non possedevano, è provato con oggettiva chiarezza. Infatti, quando nel 2009 il legale del cugino di Pasolini presenta alla procura della Repubblica di Roma un'istanza di riapertura delle indagini, l'esame del DNA sui reperti del delitto conferma la presenza di altre persone sulla scena del crimine. E questo, sicuramente, è un dato che cambia la storia e la dinamica del delitto. Non solo. Si raccolgono elementi su molti dei protagonisti di questa vicenda e dall'indagine emerge il legame di uno dei testimoni degli ultimi istanti di vita di Pasolini - e di altri personaggi ruotanti, al momento, intorno alla vicenda - con la nascente banda della Magliana. Con la presente proposta di inchiesta parlamentare si chiede di indagare anche sul movente dell'assassinio e in particolare sul possibile collegamento con altri due omicidi eccellenti, quelli del presidente dell'ENI Enrico Mattei e quello del giornalista dell'Ora Mauro De Mauro. Una traccia investigativa che, come gli altri elementi, non viene approfondita e la procura archivia l'inchiesta il 25 maggio 2015.
Ma il caso non è chiuso. A quaranta anni dalla tragica morte di Pasolini, i nuovi indizi emersi su una diversa dinamica e un possibile movente - anche successivamente all'archiviazione - sono numerosi. Occorre compiere solo una semplice azione: indagare. Compito che il Parlamento ha il dovere di svolgere, affermando così il principio che verità e giustizia sulla morte di uno dei più grandi intellettuali italiani del '900 è un diritto da garantire senza prescrizione. Ed è ciò che chiedono anche la società civile, molti esponenti del mondo della cultura e oltre diecimila cittadini che si sono mobilitati perché si avvii un'indagine parlamentare sul caso. A riprova del fatto che - nonostante il tempo trascorso - Pasolini non è patrimonio culturale di pochi, di una parte o dell'altra, ma di tutti gli italiani. Un patrimonio culturale che non possiamo avere l'ipocrisia, il timore, l'opportunismo di limitarci a ricordare nei teatri, nei cinema, nelle librerie in occasione delle celebrazioni, senza poi dimostrare - soprattutto come istituzione parlamentare - l'onestà intellettuale, la coscienza, il senso civico necessari per cercare di dare risposte su chi, come e perché ha barbaramente ucciso Pasolini e rendere così giustizia alla sua morte e alla storia del Paese.
Una scelta etica che chiediamo ai colleghi e al Parlamento di fare, aderendo e approvando la presente proposta di inchiesta parlamentare.
L'articolo 1 istituisce la Commissione, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, definendone i compiti. L'articolo 2 disciplina le modalità di composizione della Commissione, nonché quelle di elezione del presidente e dei vicepresidenti. L'articolo 3 precisa i poteri della Commissione in materia di audizioni, testimonianze e acquisizione di documenti e atti. L'articolo 4 disciplina l'obbligo di segretezza per i componenti della Commissione, i collaboratori, i funzionari e il personale a vario titolo coinvolto. L'articolo 5 prevede che la Commissione possa avvalersi dell'opera di agenti, ufficiali di polizia giudiziaria e delle collaborazioni che ritiene necessarie. L'articolo 6 prevede l'adozione di un regolamento interno della Commissione e determina le risorse per il suo funzionamento. L'articolo 7 assegna alla Commissione il termine di diciotto mesi per completare i lavori e prevede che essi si concludano con una relazione da presentare alla Camera dei deputati.


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