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Documento

Doc. XXIII, N. 9

COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLE ATTIVITÀ ILLECITE CONNESSE AL CICLO DEI RIFIUTI E SU ILLECITI AMBIENTALI AD ESSE CORRELATI

(istituita con legge 7 gennaio 2014, n. 1)

(composta dai deputati: Bratti, Presidente; Bianchi Dorina, Bianchi Stella, Carrescia, Castiello, Cominelli, D'Agostino, De Mita, Palma, Polverini, Rostan, Taglialatela, Vignaroli, Vicepresidente, Zaratti, Segretario, Zolezzi; e dai senatori: Arrigoni, Augello, Vicepresidente, Caleo, Compagnone, Iurlaro, Martelli, Morgoni, Nugnes, Orellana, Orrù, Pagnoncelli, Pepe, Puppato, Scalia, Segretario, Sollo)

RELAZIONE SULLO STATO DI AVANZAMENTO DEI LAVORI DI BONIFICA NEL SITO DI INTERESSE NAZIONALE DI VENEZIA – PORTO MARGHERA

(Relatori: Sen. Arrigoni, On. Cominelli, On. Rostan, On. Zolezzi)

Approvata dalla Commissione nella seduta del 10 dicembre 2015

Comunicata alle Presidenze il 10 dicembre 2015 ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 7 gennaio 2014, n. 1

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INDICE

1. Perimetrazione del SIN di Venezia (Porto Marghera) Pag. 7
2. I contaminanti principali riscontrati all'interno del sito di interesse nazionale di Venezia (Porto Marghera) » 8
3. Stato delle attività » 9
4. Strategia degli interventi » 11
5. Caratteristiche del sistema di marginamento » 21
6. Le fonti di finanziamento » 24
   6.1 Fondi pubblici » 25
      6.1.a. Contributi da parte della regione del Veneto » 26
      6.1.b. Fondi deliberati dal CIPE » 27
      6.1.c. Fondi assegnati dal Commissario delegato per l'emergenza socio-economica ambientale relativi ai canali portuali di grande navigazione della laguna di Venezia » 27
   6.2 Fondi privati » 28
7. Stato delle realizzazioni della messa in sicurezza e dei marginamenti » 33
   7.1 Provveditorato interregionale per le opere pubbliche » 38
   7.2 Regione del Veneto » 38
8. Il collaudo delle opere » 42
9. Conclusioni » 49
ALLEGATI: (I) Riepilogo fatturato collaudatori per tipologia lavori con CUP Mose (Com–rifiuti, doc. n. 890/2); (II) Collaudatori e relativi compensi erogati per opere del SIN di Porto Marghera (Com–rifiuti, doc. n. 787/2) » 56
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1. Perimetrazione del SIN di Venezia (Porto Marghera).

  Il sito di interesse nazionale di Venezia (Porto Marghera) è stato incluso nell'elenco dei siti di bonifica di interesse nazionale dalla legge n. 426 del 1998 e con il successivo decreto ministeriale 23 febbraio 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 52 del 3 marzo 2000, è stata individuata la perimetrazione del SIN, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge citata.
  Originariamente, il perimetro comprendeva un territorio di dimensioni pari a circa 3.221 ettari di aree a terra, 350 ettari di canali portuali e 2.200 ettari di area lagunare, nel quale erano incluse aree pubbliche ed aree private, posto che nel sito operano oltre 200 soggetti privati.
  In particolare, l'area perimetrata comprendeva le seguenti aree:
   a) l'area industriale (contenente aziende, quali: Montefibre, Syndial, Dow, Polimeri Europa, Transped, Edison, ENI Spa, Interporto di Venezia Petroven, API, Alcoa Trasformazioni, etc...);
   b) altre aree inquinate o potenzialmente inquinate nel comune di Venezia, anche di tipo:
    residenziale, la cui caratterizzazione è stata eseguita dal comune di Venezia all'interno delle seguenti macroisole: macroisola Nord, macroisola Campalto-Osellino, macroisola San Giuliano, macroisola I zona industriale e macroisola Aree agricole;
    agricolo, la cui caratterizzazione è stata completata da ARPA Veneto, sulla base del piano di caratterizzazione approvato dalla conferenza di servizi decisoria del 9 marzo 2007;
   c) l'area lagunare prospiciente l'area industriale di Porto Marghera;
   d) le aree interessate da smaltimento abusivo dei rifiuti industriali (discariche);
   e) le aree, comunque, interessate dalla diffusione dei contaminanti.

  Nel 2013, con decreto ministeriale del 24 aprile 2013 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (deliberazione della Giunta regionale n. 58 del 2013), il perimetro del sito di interesse nazionale – all'esito di un'istruttoria condotta in conferenza di servizi nella quale sono stati acquisiti i pareri degli enti competenti – è stato aggiornato con l'esclusione di tutti i canali industriali di Porto Marghera, sicché l'area ricompresa nel SIN si è ridotta della metà.
  Di conseguenza, la titolarità dei procedimenti di approvazione degli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica Pag. 8rimane in capo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, limitatamente, all'area di seguito descritta:
   1) Limite Sud: limite meridionale dell'area industriale ex Alumix, via dell'Elettronica, fino ai confini dell'area di proprietà San Marco Petroli;
   2) Limite Ovest: Limite occidentale area San Marco Petroli, via Malcontenta, S.R. 11, via Fratelli Bandiera, via C. Ghega, via dell'Elettricità, via Volta, via delle Macchine, via del Commercio;
   3) Limite Nord: via Industrie, via Libertà;
   4) Limite Est: Area «Pili», macroisola «Raffinerie», macroisola Nuovo Petrolchimico, macroisola Fusina.

  Rimangono escluse dal SIN, oltre ai canali industriali, le aree lagunari, compresa l'isola delle Tresse, l'isola del Tronchetto e la stazione marittima, nonché una serie di aree a terra.
  La superficie totale corrispondente all'attuale perimetrazione del SIN è di 1.621 ettari.
  Le aree già ricomprese nel perimetro di cui al decreto ministeriale 23 febbraio 2000, ora escluse dal SIN, sulla base del nuovo perimetro proposto, vengono considerate come «sito potenzialmente contaminato» e, pertanto, soggette agli obblighi di caratterizzazione/bonifica.
  Invero, a seguito della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 111 del 14 maggio 2013 del decreto ministeriale n. 144 del 24 aprile 2013, concernente la ridefinizione del perimetro del SIN di Venezia (Porto Marghera), la porzione del SIN oggetto della deperimetrazione rientra attualmente nella competenza regionale (SIR).
  La conferenza di servizi decisoria relativa alla ridefinizione del perimetro del SIN ha ritenuto che solo nel caso in cui i finanziamenti siano stati impegnati su progetti approvati dal Ministero dell'ambiente in conferenza di servizi (piani di caratterizzazione, interventi di messa in sicurezza, progetti di bonifica), i finanziamenti potranno continuare ad essere utilizzati anche in aree non più comprese nel SIN.
  Viceversa, in tutti gli altri casi, le risorse dovranno essere impegnate in via esclusiva su aree che rimangono all'interno del SIN. Tale posizione rappresenta la linea adottata per tutti gli altri siti di interesse nazionale che sono stati riperimetrati con esclusione di aree.

2. I contaminanti principali riscontrati all'interno del sito di interesse nazionale di Venezia (Porto Marghera).

  Lo spettro di contaminanti riscontrati nei suoli e nelle acque sotterranee si presenta molto vario, posto che in molti casi, in corrispondenza di determinate aree, è stata rilevata la presenza di diverse famiglie di contaminanti, in particolare:
   nei suoli sono stati rinvenuti metalli (arsenico, cromo, mercurio, nichel), idrocarburi policiclici aromatici (IPA); Pag. 9
   nelle acque di falda sono stati rinvenuti metalli (arsenico, cromo, mercurio, nichel), idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e composti organo-clorurati.

  La genesi di tale inquinamento è sostanzialmente dovuta a tre fattori:
   1) l'avanzamento della linea di costa è stato ottenuto impiegando rifiuti di lavorazione derivanti dalla prima zona industriale (prodotti di scarto di molteplici lavorazioni dell'industria chimica e del trattamento dei metalli), che sono stati utilizzati come materiale per l'imbonimento, sicché vi è stato un inquinamento dei «terreni di riporto»;
   2) le emissioni incontrollate di varie sostanze [principalmente cloroderivati, tra i quali: cloruro di vinile (CVM) e PCB] nei terreni e nelle acque sotterranee;
   3) la ricaduta degli inquinanti immessi nell'atmosfera nel corso degli anni di attività industriale.

3. Stato delle attività.

  In data 16 aprile 2012, è stato sottoscritto dall'allora Ministro dell'ambiente, Corrado Clini, dal Magistrato alle acque di Venezia, dal presidente della regione del Veneto, dal presidente della provincia di Venezia, dal sindaco di Venezia e dal presidente dell'Autorità portuale di Venezia l'accordo di programma per la bonifica e la riqualificazione ambientale del sito di interesse nazionale di Venezia (Porto Marghera), finalizzato a promuovere il processo di riconversione industriale e riqualificazione economica del SIN, mediante procedimenti di bonifica e ripristino ambientale, che consentano e favoriscano lo sviluppo di attività produttive sostenibili dal punto di vista ambientale e coerente con l'esigenza di assicurare il rilancio dell'occupazione, mediante la valorizzazione delle forze lavorative dell'area (1).
  Il suddetto accordo di programma, all'articolo 5, comma 9, prevede che il completamento degli interventi sulle sponde della macroisola del Nuovo Petrolchimico e della macroisola di Fusina venga affidato alla competenza della regione Veneto.
  In particolare, la regione Veneto si è impegnata «a realizzare alcuni tratti di marginamento finalizzati a chiudere le due macroisole del Nuovo Petrolchimico e di Fusina» e si è stabilito che il completamento di tali opere, da parte della regione Veneto, sarebbe avvenuto con finanziamenti del Ministero dell'ambiente, di varia provenienza, tra cui le economie maturate nella realizzazione di interventi di disinquinamento, già finanziati con deliberazioni CIPE, destinati alla salvaguardia della laguna di Venezia, ovvero mediante l'impiego di altri fondi disponibili, tra cui quelli derivanti dalle Pag. 10transazioni sottoscritte o da sottoscrivere a titolo di risarcimento del danno ambientale.
  Viceversa, vengono assegnate alla competenza del Provveditorato interregionale per le opere pubbliche del Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, tutte le altre opere di messa in sicurezza (marginamento delle macroisole, rifacimento delle sponde, sistema di raccolta/drenaggio delle acque), ad eccezione di quelle affidate all'Autorità portuale.
  Invero, sulla base di quanto previsto nell'accordo di programma per la chimica di Porto Marghera, sottoscritto in data 21 ottobre 1998, all'Autorità portuale è rimasto affidato il compito di procedere agli interventi di bonifica ambientale e di messa in sicurezza delle aree demaniali marittime del porto di Venezia, all'interno del sito di interesse nazionale di Porto Marghera, sebbene, anche in questo caso, previo finanziamento statale.
  In attuazione del suddetto accordo di programma sono stati firmati dal Ministro dell'ambiente, in data 21 gennaio 2013, i seguenti protocolli operativi:
   1. protocollo operativo per la caratterizzazione dei siti;
   2. modalità di intervento di bonifica e di messa in sicurezza dei suoli e delle acque di falda;
   3. modalità di presentazione delle proposte inerenti alle attività sperimentali di bonifica dei siti contaminati;
   4. criteri per la determinazione delle garanzie finanziarie.

  Inoltre, sono stati approvati dalle conferenze di servizi decisorie del 12 marzo 2014 e del 16 settembre 2014 i seguenti ulteriori protocolli operativi:
   1. protocollo SOIL GAS – In attuazione dell'articolo 5, comma 1, lettera f), dell'accordo di programma per la bonifica e la riqualificazione ambientale del sito di interesse nazionale di Venezia (Porto Marghera) e aree limitrofe, sottoscritto il 16 aprile 2012, è stato predisposto un documento di valutazione del rischio sanitario basato su misurazioni delle effettive emissioni in atmosfera di inquinanti presenti nei suoli e nelle acque di falda, che è stato trasmesso dalla regione Veneto in data 25 settembre 2013 (Prot. MATTM n. 0049673/TRI del 27 settembre 2013);
   2. «Protocollo per la valutazione dell'esposizione inalatoria a sostanze volatili nei siti contaminati», predisposto a seguito della riunione del 19 giugno 2014. La versione definitiva, denominata: «Protocollo per il monitoraggio dell'aria indoor/outdoor ai fini della valutazione dell'esposizione inalatoria nei siti contaminati», è stata anticipata dall'Istituto superiore di sanità con prot. 28298 in data 4 settembre 2014.

  Tali protocolli, unitamente ad altri documenti tecnici ed amministrativi di interesse sono stati resi disponibili dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sul sito istituzionale www.bonifiche.minambiente.it.Pag. 11
  Ancora, deve essere posto in evidenza che ad oggi:
   a) sono state tenute 51 conferenze di servizi istruttorie e 41 conferenze di servizi decisorie ai sensi della legge n. 241 del 1990, nel corso delle quali sono stati istruiti e approvati oltre 950 elaborati progettuali, articolati in «piani di caratterizzazione» di aree potenzialmente contaminate, progetti di MISE delle acque di falda, analisi di rischio sito – specifiche, nonché progetti di bonifica dei suoli e delle acque di falda relativi ad aree di competenza pubblica e privata. Inoltre, sono state tenute 2 conferenze di servizi, ai fini della riperimetrazione del SIN;
   b) sono stati emanati 94 decreti, articolati in interministeriali, d'urgenza, a firma del Ministro dell'ambiente pro-tempore, e ordinari, a firma del direttore generale della competente direzione dello stesso dicastero;
   c) nel 2014 si sono tenute tre conferenze di servizi istruttorie e quattro conferenze di servizi decisorie e sono stati emanati 25 decreti, articolati in interministeriali, d'urgenza, a firma del Ministro dell'ambiente pro-tempore, e ordinari, a firma del direttore generale della competente direzione del dicastero.

  Tutto ciò, allo scopo di sottolineare l'impegno sinora profuso dal Ministero dell'ambiente, sia per garantire il completamento degli interventi di bonifica delle aree pubbliche e private inserite nel SIN, sia per consentire il progressivo risanamento e definitivo ripristino ambientale delle stesse, ai quali – si spera – potrà seguire una rapida reindustrializzazione/riutilizzo delle aree.
  Infine, in data 10 ottobre 2014, si è tenuta una riunione con il Provveditorato per le opere pubbliche del Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia e con la regione del Veneto, in merito allo stato di attuazione degli interventi di salvaguardia ambientale della laguna, finanziati con risorse pubbliche nel SIN di Venezia (Porto Marghera).

4. Strategia degli interventi.

  La strategia di intervento per Porto Marghera è stata definita nell'accordo di programma per la chimica a Porto Marghera, siglato in data 21 ottobre 1998 e approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri nel mese di febbraio del 1999. Tale strategia consiste, di fatto, nell'isolamento mediante marginamento con palancole delle varie macroisole componenti il SIN, allo scopo di isolare le sorgenti di contaminazione ed evitare l'ulteriore apporto in laguna di acque di falda contaminate.
  In data 22 aprile 2004, la conferenza di servizi per gli interventi a Porto Marghera ha approvato il Master Plan per la bonifica dei siti inquinati a Porto Marghera, elaborato dalla regione del Veneto con il comune di Venezia, che ha dato sistematicità alle opere previste.
  Il Master Plan prevede la messa in sicurezza permanente di Porto Marghera, mediante conterminazione impermeabile di tutte le sponde Pag. 12dei canali industriali, drenaggio e trattamento delle acque di falda inquinate, intercettate dal marginamento.
  In particolare, il Master Plan ha individuato un sistema di 15 macroisole – come di seguito identificate nella planimetria allegata – che sono state definite componendo criteri geografici e criteri idraulici, con riferimento soprattutto alla separazione fra suoli contaminati e laguna.
  Macroisole del sito di interesse nazionale di Venezia (Porto Marghera).

   

  Inoltre, il Master Plan ha individuato il progetto integrato Fusina (PIF) quale impianto strategico di area al quale affidare il trattamento delle acque di drenaggio provenienti dai marginamenti di messa in sicurezza permanente dell'intera area industriale di Porto Marghera, Pag. 13nonché delle acque derivanti da processi industriali e delle acque pluviali (anch'esse contaminate dal dilavamento di terreni industriali).
  In precedenza, la giunta regionale del Veneto, con deliberazione n. 365 del 26 febbraio 2001, aveva adottato il progetto preliminare dell'opera denominata Progetto integrato Fusina (PIF), il quale comporta l'evoluzione dell'allora impianto di depurazione di Fusina in piattaforma multifunzionale, con l'ammodernamento dei processi biologici e l'introduzione dei trattamenti primari chimico-fisici, seguiti da un sistema di fitobiodepurazione nell'area umida denominata «Cassa di Colmata A». Quindi, la giunta regionale del Veneto, con deliberazione n. 386 del 14 febbraio 2003, ha adottato il progetto preliminare del Progetto integrato Fusina, con il parere favorevole dalla commissione VIA n. 30 del 1o luglio 2002.
  Successivamente, in data 31 dicembre 2003, la regione del Veneto ha aderito alla proposta di realizzare il Progetto integrato Fusina, ai sensi dell'articolo 37-bis della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (project financing), pervenuta dall'associazione temporanea di imprese (ATI), costituita: 1) dalla società Delta Po Spa (ora Veneto Acque Spa, società interamente controllata dalla regione del Veneto), 2) da Vesta Spa (ora Veritas Spa, una multiutility interamente controllata dai comuni della provincia di Venezia), 3) dall'Impresa di costruzioni Ing. E. Mantovani Spa.
  Quindi, con la deliberazione della Giunta regionale 28 giugno 2005, n. 1562, la regione del Veneto ha affidato all'ATI anzidetta la concessione della progettazione definitiva ed esecutiva, nonché la realizzazione e la gestione del Progetto integrato Fusina.
  Qualche giorno dopo l'affidamento della concessione e, cioè, in data 1o luglio 2005, l'ATI ha provveduto a trasformarsi nella società SIFA, Sistema integrato Fusina ambiente s.c.p.a., e il successivo 6 luglio 2005 il presidente della Giunta regionale ha sottoscritto il «contratto per l'affidamento e la disciplina della concessione di costruzione e gestione del Progetto integrato Fusina» con il concessionario SIFA s.c.p.a. (rep. n. 5785, racc. n. 5125).
  In forza di tale accordo, la società anzidetta è stata deputata: a) alla riqualificazione ambientale del sito di interesse nazionale di Venezia (Porto Marghera) e alla salvaguardia dell'ecosistema lagunare attraverso le operazioni di bonifica; b) al trattamento e all'allocazione dei fanghi e delle terre inquinate; c) al trattamento dei reflui industriali derivanti dalle attività degli stabilimenti produttivi insediati all'interno del SIN, con interventi nella fase finale della depurazione dei reflui, in modo da consentire la riduzione dell'utilizzo delle risorse idriche, mediante la fornitura di acque di riuso per scopi industriali.
  In particolare, il PIF prevede la realizzazione di un sistema di interventi, che mirano al disinquinamento della laguna di Venezia, garantendo il controllo totale di tutti i flussi inquinati provenienti dall'area centrale del «Bacino scolante in Laguna», il loro trattamento alle migliori tecnologie, effettuato presso l'impianto di depurazione di Fusina e lo scarico finale, a completa regimentazione, nel mare Adriatico. Tale sistema di depurazione consente di ridurre i rischi per l'ambiente in generale e per la laguna in particolare.Pag. 14
  Come risulta dalla relazione in data 8 luglio 2015 del concessionario SIFA s.c.p.a. (2), il progetto definitivo è stato consegnato dalla SIFA alla regione del Veneto in data 30 novembre 2005 ed è stato approvato con deliberazione della Giunta regionale del Veneto n. 2531 del 7 agosto 2006. Quindi il progetto esecutivo è stato validato e approvato in data 5 febbraio 2007.
  I lavori sono stati avviati nei primi mesi del 2007, in relazione ai vari stralci esecutivi, e sono oggi conclusi, ad eccezione del ponte e della viabilità stradale per accedere alla cassa di colmata A e del centro visite (peraltro non necessari per la funzionalità del trattamento).
  In data 7 aprile 2006, è stato sottoscritto l'accordo di programma quadro tra il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – Magistrato alle acque di Venezia e il Commissario delegato per l'emergenza socio economico ambientale relativa ai canali portuali di grande navigazione.
  L'articolo 6 dell'accordo di programma anzidetto individua il Magistrato alle acque di Venezia, tramite il proprio concessionario Consorzio Venezia Nuova, quale soggetto attuatore degli interventi di marginamento e di retromarginamento nonché di escavo, trasporto e gestione dei sedimenti presenti nei canali industriali lagunari di propria competenza, nel rispetto delle previsioni di cui all'articolo 3, lettera a), della legge n. 798 del 1984 e del punto 3.1, lettera a) dell'accordo per la chimica, sottoscritto in data 21 ottobre 1998 e approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 febbraio 1999.
  Si tratta di un accordo, che recepisce le indicazioni già formulate dalla conferenza di servizi decisoria del 31 gennaio 2006.
  In particolare, è stata data competenza al Magistrato alle acque di Venezia (ora Provveditorato interregionale per le opere pubbliche del Triveneto) di provvedere alla messa in sicurezza d'emergenza di tutte le sponde, eccetto quelle afferenti la macroisola Portuale, che sono rimaste di competenza dell'Autorità portuale di Venezia.
  L'ingegnere Roberto Daniele, provveditore interregionale per le opere pubbliche del Triveneto, nel corso dell'audizione del 27 novembre 2014, ha riferito che, sulla base della convenzione iniziale n. 7191 del 4 ottobre 1991, stipulata tra il Magistrato alle acque e il Consorzio Venezia Nuova, tutte le opere finora eseguite sono state realizzate dal Consorzio Venezia Nuova, mediante un affidamento unico e diretto, salvo che per quanto riguarda la macroisola Portuale, affidata – come si è detto – all'Autorità portuale.
  Sul punto, l'ingegnere Roberto Daniele, nel corso della sua audizione, ha precisato che il suo ufficio non aveva fatto alcuna gara di appalto delle opere, né aveva effettuato bonifica alcuna, né, più in generale, si era occupato di rifiuti, ma si era limitato a svolgere un'attività di sorveglianza, di verifica e di elaborazione delle opere realizzate dal Consorzio Venezia Nuova, nonché a dare il proprio supporto all'Avvocatura dello Stato per la definizione degli atti Pag. 15transattivi con le società interessate – di cui si dirà di seguito, a proposito delle fonti di finanziamento per l'attività di bonifica – sotto il patrocinio del Ministero dell'ambiente, che aveva approvato le transazioni e le aveva sottoscritte.
  In effetti, è stata acquisita agli atti della Commissione di inchiesta la suddetta convenzione (3), in forza della quale il Magistrato alle acque (concedente) ha affidato in concessione esclusiva e senza gara alcuna al Consorzio Venezia Nuova (concessionario) la progettazione, la sperimentazione e l'esecuzione di tutte le opere volte: a) al riequilibrio idrogeologico della laguna, b) all'arresto e all'inversione del processo di degrado del bacino lagunare, c) all'eliminazione delle cause che lo hanno provocato, d) all'attenuazione dei livelli delle maree in laguna, e) alla difesa – con interventi localizzati – delle insulae dei centri storici, f) a porre al riparo gli insediamenti urbani lagunari dalle «acque alte» eccezionali, sia mediante interventi alle bocche di porto, ricorrendo a sbarramenti manovrabili per la regolamentazione delle maree (MOSE), sia mediante interventi per la realizzazione dei marginamenti lagunari e l'esecuzione di opere portuali e marittime a difesa dei litorali.
  Inoltre, la convenzione prevedeva, tra l'altro, che tutti gli «interventi» – comprendenti sia la realizzazione del MOSE, sia la bonifica della laguna – sarebbero stati realizzati dal concessionario per lotti funzionali, suddivisibili per stralci, in ragione dei finanziamenti via, via disponibili.
  A sua volta, Mauro Fabris, già presidente del Consorzio Venezia Nuova, nel corso dell'audizione del 27 novembre 2014, ha fatto una cronistoria del ruolo del consorzio, incaricato dallo Stato per le opere di salvaguardia della laguna di Venezia e della città stessa, riferendo che del Consorzio Venezia Nuova fanno parte 60 imprese. Tra queste le principali sono il Gruppo Mantovani, il gruppo Fincosit GFL – Grandi Lavori, il gruppo Condotte e altre imprese e, a seguire, numerosi consorzi locali, quali il Consorzio San Marco. Dentro tali consorzi è presente il sistema delle cooperative.
  Sul punto, dall'elenco trasmesso in data 7 luglio 2015, dal Consorzio Venezia Nuova, in straordinaria e temporanea gestione, ai sensi del decreto legge n. 90 del 2014, articolo 32, comma 1 (4), le imprese esecutrici delle opere di bonifica del SIN di Porto Marghera sono le seguenti:
   ATI tra Ing. E. Mantovani Spa e Grandi Lavori Fincosit Spa;
   ATI tra Ing. E. Mantovani Spa, Italstrade Spa, Cooperativa costruttori Scarl, Grassetto Spa, FIP Industriale Spa;
   ATI tra Ing. E. Mantovani S.p.A. e SO.CO.STRA.MO. Srl;
   Impregilo Spa/Fisia Italimpianti;
   Cantieri costruzioni Cemento C.C.C. Spa;
   F.lli Scuttari di Scuttari Benito & C. Sas;Pag. 16
   Pietro Cidonio Spa;
   ATI tra Pietro Cidonio Spa, Lavori Marittimi e Dragaggi Spa, Alles Srl;
   Ing. E. Mantovani Spa;
   CO.VE.CO. S.c.p.A. (ora Kostruttiva S.p.c.A.);
   Consorzio Cooperative costruzioni – CCC Società Cooperativa;
   ATI tra Impregilo Spa, Società Italiana Condotte d'Acqua Spa, Grandi Lavori Fincosit Spa, Ing. E. Mantovani Spa, Società Italiana Dragaggi Spa;
   ATI tra Intercantieri Vittadello Spa, Cantieri costruzioni Cemento C.C.C. Spa;
   SACAIM Spa;
   F.lli Capuzzo Srl;
   Intercantieri Vittadello Spa.

  Ha poi precisato il Fabris che il Consorzio, nella laguna di Venezia – prima di realizzare l'opera più importante affidata al consorzio e, cioè, il MOSE – ha ricostruito 56 chilometri di spiagge, realizzato 12 chilometri di nuove dune, messo in sicurezza 40 chilometri di canali industriali, isolato 7 discariche, ricostruito 16 chilometri di quadrati di barene, recuperato 12 isole minori e creato 100 chilometri di rive, cioè, nel senso che queste ultime sono state rialzate per la messa in sicurezza dalle acque medio-alte. Contestualmente, il MOSE è stato realizzato all'85 per cento, dal punto di vista delle barriere alle bocche di porto.
  Invero, prima di passare alla realizzazione della chiusura delle bocche di porto, si è dovuto provvedere al risanamento della laguna, al rinforzo dei litorali, alla costruzione di spiagge, di velme e di barene.
  Quanto alla bonifica del SIN – ha proseguito il Fabris – le risorse impegnate sono state di 762 milioni di euro, spesi in questi anni, con la realizzazione del 95 per cento delle opere, sicché mancano circa 3-3,5 chilometri di marginamenti, da eseguire o ancora in corso di realizzazione, e di rifacimento delle sponde.
  Tutte le opere sono state eseguite dal Consorzio Venezia Nuova, mediante affidamento diretto alle ditte consorziate, senza alcuna gara e senza criteri di assegnazione predeterminati tra le imprese subappaltatrici facenti parte del consorzio.
  Per quanto riguarda il tema specifico dei subappalti, il provveditore interregionale per le opere pubbliche del Triveneto, ingegnere Daniele, nel corso della successiva audizione del 13 luglio 2015, ha riferito di non conoscere in base a quale tipo di procedura i lavori vengono affidati dal Consorzio Venezia Nuova alle ditte subappaltatrici, facenti parte del consorzio e, pur affermando che il suo ufficio autorizzava i singoli subappalti, ha dichiarato di ignorare del tutto le modalità con cui viene effettuata all'interno del consorzio la scelta delle ditte subappaltatrici.Pag. 17
  Pertanto, l'asserito continuo e costante controllo operato dal Provveditorato su tali ditte è limitato al controllo dei requisiti antimafia, alla verifica che i subappalti siano autorizzati dal consorzio e che abbiano avuto un iter di verifica da parte dell'amministrazione concedente.
  Ancora, l'ingegnere Daniele ha dichiarato di non essersi neanche posto il problema della verifica dei requisiti di idoneità delle imprese consorziate, ma di essersi affidato esclusivamente alle scelte del consorzio, così testualmente affermando sul punto: «Questo non lo so e al momento non mi sono posto questo problema, nel senso che il consorzio ha al suo interno studi, società e fornitori, i quali sono consorziati; esso, quindi, affida al suo interno i lavori in funzione della partecipazione al suo interno, però non ho mai preso visione dello statuto, né verificato i meccanismi di affidamento di queste cose. Siccome abbiamo già tanti altri grattacapi, purtroppo non abbiamo ancora affrontato questo, ma credo che se non cambia lo statuto (del consorzio) – se cambiasse, dovrebbero comunicarcelo – in base al quale sono stipulate le convenzioni attuative, si tratta comunque di una verifica che non effettuiamo...».
  In conclusione, l'ufficio del Provveditorato interregionale per le opere pubbliche, nella veste di committente dei lavori, per conto dello Stato, non esercitava, né esercita tuttora, alcun effettivo controllo sia sul sistema di assegnazione, da parte del Consorzio Venezia Nuova, dei relativi subappalti – riguardanti non solo le bonifiche ma anche il MOSE – sia sulla congruità dei corrispettivi erogati alle ditte subappaltatrici, facenti parte del consorzio.
  La nota, in data 12 novembre 2015, inviata sul punto dall'ingegnere Roberto Daniele, dopo la pubblicazione della bozza di relazione (doc. 883/4), costituisce conferma di quanto sinora affermato sull'assenza di controlli, da parte del Provveditorato interregionale per le opere pubbliche, sia sugli affidamenti, sia sui contratti di subappalto stipulati dal Consorzio Venezia Nuova con le imprese consorziate. Ciò a prescindere da ogni giudizio di responsabilità, non essendo questa la sede propria per tale valutazione.
  In ogni caso, costituisce dato pacifico il fatto che l'omissione di qualunque controllo da parte della stazione appaltante ha prodotto una conseguenza di rilievo, quella, cioè, di attribuire al presidente del consorzio, Giovanni Mazzacurati, un enorme potere, rendendolo dominus assoluto nella gestione di tutti subappalti anzidetti, come risulta evidente da una grave vicenda, concernente le bonifiche – che costituisce il tema di indagine di questa Commissione di inchiesta – di cui si dirà subito di seguito.
  A tale proposito, uno degli amministratori straordinari del Consorzio Venezia Nuova, l'avvocato Giuseppe Fiengo, nel corso dell'audizione del 13 luglio 2015 – parlando di subappalti – ha fatto un preciso riferimento a una ulteriore grave anomalia verificatasi negli anni scorsi.
  Invero, nell'originario contratto quadro del 1991, era previsto che destinatarie dei lavori di subappalto sarebbero dovute essere, oltre alle imprese comprese nel Consorzio Venezia Nuova, anche altre imprese venete che non facevano parte del Consorzio Venezia Nuova, per una quota pari al 16 per cento delle opere complessive da realizzare.Pag. 18
  Viceversa – ha proseguito l'amministratore straordinario del consorzio – con delibere cosiddette «fuori quota», assunte all'unanimità da tutti i consorziati, i subappalti per la realizzazione di talune opere di bonifica del sito di Porto Marghera, benché comprese nella quota anzidetta – in quanto tutte le altre opere (l'84 per cento) erano già state assegnate alle imprese del consorzio – venivano assegnate, anziché ad altre imprese venete, a due imprese dello stesso Consorzio Venezia Nuova e, precisamente, all'Impresa di costruzioni Ing. E. Mantovani Spa, il cui presidente del consiglio di amministrazione era Baita Piergiorgio, e all'impresa romana SO.CO.STRA.MO. Srl, di cui era socio e amministratore di fatto Cinque Erasmo.
  La vicenda delle assegnazioni « fuori quota» dei lavori di subappalto alle due imprese anzidette investe direttamente la posizione del senatore Altero Matteoli, Ministro dell'ambiente dall'11 giugno 2001 al 17 maggio 2006, nel secondo e terzo Governo Berlusconi, nonché Ministro delle infrastrutture e dei trasporti dal 7 maggio 2008 al 15 novembre 2011 nel quarto Governo Berlusconi.
  Invero, dalla domanda di autorizzazione a procedere, ai sensi dell'articolo 96 della Costituzione, proposta dal tribunale di Venezia – collegio per reati ministeriali, in data 2 ottobre 2014 e rivolta al Senato della Repubblica (5), nonché dalla successiva richiesta di rinvio a giudizio della procura della Repubblica presso il tribunale di Venezia del 22 luglio 2015, per i reati di corruzione (6), emerge quanto di seguito riportato.
  Sul punto, va osservato che, nell'ambito del procedimento penale n. 12236/12 r.g.n.r. (al quale sono stati riuniti i proc. pen. n. 12646/13 e n. 3904/15), la procura della Repubblica in Venezia contesta al senatore Matteoli Altero il reato di corruzione continuata per atti contrari ai doveri d'ufficio, in concorso con Cinque Erasmo (articoli 81 cpv., 110, 319, 321 del codice penale).
  Secondo l'accusa, il senatore Matteoli, in violazione dei doveri di imparzialità ed indipendenza, nell'asservimento delle proprie funzioni agli interessi del Consorzio Venezia Nuova, richiedeva e otteneva da Mazzacurati Giovanni, presidente del consorzio, che talune opere di bonifica dell'area di Porto Marghera venissero affidate alla SO.CO.STRA.MO Srl di Cinque Erasmo. Questa società, dopo essersi associata in ATI (associazione temporanea di imprese) e avere quindi costituito con l'altra associata, Impresa di costruzioni Ing. E. Mantovani Spa, le società consortili Talea, Alfa e Talea2, anch'esse facenti parte dell'ATI, non partecipava alla esecuzione delle opere di bonifica, che venivano realizzate dall'Impresa di costruzioni Ing. E. Mantovani Spa e/o da imprese terze.
  L'operazione anzidetta aveva, quale contropartita, lo scopo: 1) di fare assegnare e gestire al Consorzio Venezia Nuova – quale concessionario unico delle opere di salvaguardia di Venezia – e alle imprese consorziate i finanziamenti relativi alle opere di bonifica dei siti industriali di Marghera, in violazione della normativa sulle gare Pag. 19d'appalto, del codice sui contratti pubblici e delle direttive europee; 2) di garantire al Mazzacurati, con la nomina, effettivamente, avvenuta in data 1o ottobre 2008 di Patrizio Cuccioletta, rappresentato dall'accusa come un presidente del Magistrato alla Acque di Venezia «compiacente», completamente «a disposizione» dello stesso consorzio.
  In effetti, è accaduto che la SO.CO.STRA.MO. Srl, nel mese di novembre del 2000, per effetto di una operazione societaria – non particolarmente evidente agli altri soci inconsapevoli – era entrata a far parte della compagine consortile del Consorzio Venezia Nuova, con la quota irrisoria dello 0,006583, maturando in tal modo il diritto di essere assegnataria di lavori, anche se solo per la quota corrispondente alla partecipazione alla compagine consortile.
  Invero, l'operazione veniva realizzata dalla SO.CO.STRA.MO. Srl – con un investimento di appena 25.000 euro – mediante l'acquisto di una partecipazione nel consorzio Fagos, che a sua volta faceva parte anch'essa del Consorzio Venezia Nuova.
  Osservano i giudici veneziani, nella domanda di autorizzazione a procedere, che diverse persone escusse hanno fornito una chiara motivazione circa l'ingresso della SO.CO.STRA.MO. Srl nel Consorzio Venezia Nuova, avvenuto su espressa indicazione fatta a Mazzacurati Giovanni, presidente del Consorzio Venezia Nuova, da Matteoli Altero, all'epoca esponente di spicco del Partito di Alleanza nazionale, nonché già Ministro dell'ambiente nel primo Governo Berlusconi (1994-1995).
  Comunque, con la costituzione dell'ATI anzidetta, si passava alla fase operativa del piano delittuoso.
  Come si è rilevato, Mazzacurati Giovanni assegnava i lavori di bonifica all'ATI con il metodo del «fuori quota», che lo svincolava dal rispetto del piano di riparto tra i consorziati, in quanto si trattava di opere che avrebbero dovuto essere realizzate da altre imprese venete, che non facevano parte del Consorzio Venezia Nuova, e ciò, nonostante che dell'ATI facesse parte la SO.CO.STRA.MO. Srl, che non aveva le potenzialità tecniche e operative per eseguire tali lavori.
  A questo punto, interveniva Baita Piergiorgio, nella sua qualità di presidente del consiglio di amministrazione all'Impresa di costruzioni Ing. E. Mantovani Spa e fido collaboratore del Mazzacurati, il quale si assumeva l'onere di eseguire le opere.
  All'ATI venivano, dunque, affidate in subappalto quelle opere «fuori quota», che in effetti sono state eseguite, principalmente, dalla Ing. E. Mantovani Spa ovvero da società da questa incaricate.
  Nel contesto di tale accordo delittuoso, Baita Piergiorgio – la cui società (Impresa di costruzioni Ing. E. Mantovani Spa) era esponente di riferimento del Consorzio Venezia Nuova – si impegnava a rinunciare al 50 per cento degli utili che sarebbero maturati negli anni con l'assegnazione dei lavori di bonifica di «Porto Marghera», a beneficio della SO.CO.STRA.MO. Srl, un socio con il quale aveva poco da condividere in termini operativi e che deteneva una quota irrisoria nel fondo consortile del Consorzio Venezia Nuova, ma che – per contro – aveva una quota paritetica in seno alle società consortili che erano state costituite a valle delle ATI (Talea, Alfa e Talea 2).
  Secondo l'accusa, con tali modalità, la SO.CO.STRA.MO. Srl – mediante «appositi atti di impegno» perfezionati in Venezia – Pag. 20otteneva l'affidamento delle opere di bonifica dei siti di porto Marghera per le quali, pur non avendo svolto alcuna attività di bonifica, conseguiva: 1) un utile di 29.522.512,98 euro, al netto delle imposte, derivante dalla ripartizione del margine complessivo delle commesse (quantificato in ragione di una percentuale fissa), nonostante non avesse sopportato alcun costo per le attività di bonifica; 2) il corrispettivo di 13.495.000 euro, versato dall'Impresa di costruzioni Ing. E. Mantovani Spa per l'acquisto dalla SO.CO.STRA.MO. Srl della quota consortile nel Consorzio Fagos; 3) il corrispettivo di 5.655.000 euro, versato dalla stessa Impresa di costruzioni Ing. E. Mantovani Spa, per l'acquisto sempre dall'anzidetta società delle quote consortili possedute nelle società Alfa sc, Talea sc e Talea 2 sc.
  Entrambi i due ultimi versamenti venivano determinati sulla base del portafoglio lavori acquisito dalla stessa SO.CO.STRA.MO. Srl, per effetto della sua partecipazione non operativa nell'ATI, costituita per dare esecuzione alle opere di bonifica affidate dal Consorzio Venezia Nuova.
  In tal modo – sempre secondo l'accusa – Cinque Erasmo, nel periodo compreso tra il 2001 e il 2012, conseguiva, nella sua qualità di amministratore di fatto della SO.CO.STRA.MO. Srl, un utile complessivo pari a 48.672.512,98 euro, mentre Matteoli Altero, riceveva danaro contante da Mazzacurati Giovanni e Baita Piergiorgio, «per il tramite di Cinque Erasmo», per un importo complessivo di 550.000 euro con le seguenti modalità:
   quanto a 400.000 euro, la somma veniva consegnata in Roma tra la fine del 2004 e i primi del 2005 da Colombelli William Ambrogio a Cinque Erasmo;
   quanto a 150.000 euro, la somma veniva consegnata sempre in Roma tra il 2004 e il 2006 da Buson Nicolò a Cinque Erasmo.

  Osserva la Commissione di inchiesta che i fatti anzidetti, come contestati dalla Procura della Repubblica in Venezia, sono da provare in sede di giudizio, ma sin d'ora risultano pacificamente acclarate molte anomalie gestionali che, nel caso di specie, si intersecano tra di loro: 1) l'assegnazione in subappalto dei lavori di bonifica alle imprese facenti parte del Consorzio Venezia Nuova, senza lo svolgimento di alcuna gara di appalto; 2) l'assenza di criteri interni per l'assegnazione dei subappalti alle singole imprese consorziate; 3) l'assegnazione «fuori quota» dei lavori di subappalto, nella misura del 16 per cento, avvenuta in favore delle due imprese anzidette, non solo senza gara alcuna, ma anche in violazione dell'accordo di programma, che imponeva l'assegnazione in subappalto nella percentuale sopra indicata a imprese venete, non facenti parte del Consorzio Venezia Nuova; 4) l'assenza di controlli effettivi da parte del Provveditorato interregionale per le opere pubbliche per il Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia che, a tacer d'altro, hanno consentito al Consorzio Venezia Nuova di violare impunemente l'accordo quadro del 1991, in ordine ai criteri di assegnazione della «quota riservata».
  In ogni caso, la Commissione di inchiesta – al fine di rappresentare plasticamente il contesto operativo dell'Ufficio del provveditorato interregionale per le opere pubbliche del Veneto, Trentino Alto Pag. 21Adige e Friuli Venezia Giulia nell'intera vicenda di interesse – intende porre in evidenza la circostanza che, dalla richiesta di rinvio a giudizio della procura della Repubblica presso il tribunale di Venezia, di cui si è detto (7), risulta che Piva Maria Giovanna e Cuccioletta Patrizio – i quali ricoprivano entrambi le funzioni di presidenti del Magistrato alle acque di Venezia, nonché le funzioni di provveditori alle opere pubbliche per il Triveneto (la prima, dal 26 luglio 2001 al 30 settembre 2008 e, il secondo, dal 1o ottobre 2008 al 31 ottobre 2011) – erano a libro paga del Consorzio, grazie a fondi neri raccolti dallo stesso Mazzacurati presso le principali imprese consorziate (Impresa di Costruzioni Ing. E. Mantovani Spa, Società Italiana Condotte Acqua, CO.VE.CO. Spa, Grandi Lavori FINCOSIT Spa, Cooperativa San Martino sc, SELC sc, ecc...).

5. Caratteristiche del sistema di marginamento.

  I sistemi di marginamento sono composti da barriere fisiche antierosione a tenuta idraulica e hanno lo scopo di impedire il trasferimento dell'inquinamento proveniente dagli imbonimenti, dalle falde e dai suoli inquinati direttamente verso l'ambiente lagunare ovvero verso i canali portuali in comunicazione con l'ambiente lagunare. Tali soluzioni, con la sola aggiunta di opere integrative, permettono anche la realizzazione di banchine portuali moderne e lo scavo dei canali portuali con opportune sezioni.
  Le opere sono state e vengono progettate sulla base del piano regolatore portuale, tenendo conto delle profondità dei fondali richieste dall'Autorità portuale.
  Le acque della falda superficiale drenate vengono allontanate, a gravità o con pompaggio, in condotte di adduzione e recapitate agli impianti di depurazione, realizzati e/o adeguati da parte della regione Veneto, tramite la società consortile SIFA s.c.p.a. (Regione, Veritas, Gruppo Mantovani) concessionaria della regione Veneto per lo sviluppo e la gestione del Progetto integrato Fusina (PIF).
  Come si è detto, il PIF è frutto della concessione, sottoscritta nel 2005 tra il presidente della regione Veneto e SIFA (Sistema integrato Fusina ambiente), per la realizzazione, con la formula del «progetto di finanza», finalizzata alla «riduzione dell'inquinamento della laguna di Venezia; all'ottimizzazione della gestione delle risorse idriche sia destinate all'uso idropotabile, sia quelle impiegabili dalle industrie di Porto Marghera o per utilizzi non potabili».
  Di fatto, quindi, le opere previste si compongono di:
   palancolato – barriera fisica (di competenza del Provveditorato per le opere pubbliche e, solo in parte, anche della regione Veneto) ovvero banchina portuale adeguata (di competenza dell'Autorità portuale);
   sistema di raccolta/drenaggio delle acque (di competenza del Provveditorato per le opere pubbliche);
   sistema di collettamento al PIF (di competenza della regione Veneto).

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  In ogni caso, la funzionalità del sistema viene garantita solo dall'azione sinergica dei tre elementi anzidetti.
  In particolare, gli interventi di competenza del Magistrato alle acque (ora Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – Provveditorato interregionale per le opere pubbliche) consistono in:
   marginamento con barriere fisiche impermeabili lungo i canali e le sponde lagunari, che eliminano gli apporti di materiali inquinati in laguna (erosione di suoli e apporti da falda superficiale e prima falda artesiana);
   sistemi di drenaggio, associati ai marginamenti, della falda sospesa presente nel riporto, collegati alla rete di convogliamento a depurazione delle acque drenate, come previsto dal Progetto integrato Fusina, in modo da assicurare che i livelli piezometrici nella fascia demaniale e nell'intorno immediato non subiscano variazioni per effetto del marginamento rispetto ai livelli piezometrici presenti prima della realizzazione del marginamento.
   effettivo invio delle acque contaminate drenate al sistema di depurazione, di competenza del SIFA (regione Veneto).

  Attualmente, la SIFA s.c.p.a. convoglia e tratta i reflui industriali denominati B0 (reflui industriali non pre-trattati) per l'intera macroisola del petrolchimico, nonché i reflui di dreno (denominati B3) del retromarginamento della sponda nord del canale industriale sud.
  Viceversa, per le altre aree facenti parte del SIN, la SIFA è ancora in attesa della consegna delle ulteriori opere di drenaggio – captazione delle acque di falda dei retromarginamenti realizzati dal Provveditorato interregionale per le opere pubbliche del Triveneto (ex Magistrato alle acque di Venezia), che sono necessarie per rendere funzionale il sistema di adduzione.
  Fino a quando non verranno consegnate le opere di cui sopra, con la necessaria condivisione generale con gli utenti sulle modalità di ripartizione degli oneri relativi ai volumi complessivi dei reflui B3 trattati, non potranno essere formalizzati i contratti, che sono subordinati all'emanando Regolamento di fognatura da parte della concedente regione del Veneto, posto che si è in presenza di un sistema di captazione diffuso per tutte le macroisole, e non di un sistema «puntuale» per ogni singolo utente (8).
  L'anzidetta relazione della SIFA s.c.p.a. conclude, affermando di avere, a sua volta, realizzato – nell'ambito del progetto relativo alle opere impiantistiche realizzate per il trattamento delle acque reflue – un limitato intervento di marginamento, previsto nell'accordo di programma, che regola le modalità di attuazione degli interventi di salvaguardia ambientale della laguna da attuarsi a Porto Marghera e in aree lagunari vicine, stipulato tra l'ex Magistrato alle acque di Venezia e la regione del Veneto in data 10 giugno 2005, a seguito della delibera della Giunta regionale del Veneto n. 4531 del 29 dicembre 2004.
  In particolare, la società SIFA, nella qualità di concessionario della regione Veneto, ha eseguito gli interventi di marginamento Pag. 23interferenti con le attività del Progetto integrato Fusina, per una lunghezza di circa 630 metri, confinanti ad ovest con le opere previste in sponda Syndial – Polimeri Europa (4o Stralcio degli interventi per la sistemazione del canale industriale sud a Porto Marghera) e a sud con il lotto 2B, relativo alla sponda ovest del canale San Leonardo Marghera nel tratto fra il canale industriale sud e Fusina. Il valore delle opere eseguite è stato di 8.750.190,68 euro.
  L'amministratore delegato della società SIFA, Guerrino Cravin, nel corso dell'audizione del 13 luglio 2015, ha riferito che l'impianto – eseguito per trattare circa 45 milioni di metri cubi all'anno di reflui civili e circa 13 milioni di metri cubi all'anno di reflui industriali – è stato ultimato nel mese di dicembre 2011 e che, attualmente, si trova nella fase del collaudo funzionale e opera soltanto il post-trattamento dei reflui civili, provenienti già trattati dall'impianto Veritas, che serve un bacino di utenza di poco meno di un milione di abitanti equivalenti, a partire dalla zona del centro abitato di Marghera fino al Mirese.
  I reflui civili – dopo un «finissaggio» (che è una filtrazione per togliere gli ultimi rimasugli di sospensione che vi sono nelle acque) e il successivo trattamento con gli UV, effettuati allo scopo di ottenere l'abbattimento finale dei batteri (operazioni eseguite entrambe presso gli impianti della società SIFA) – vengono poi immessi al largo del mare Adriatico, a circa dieci chilometri dalla costa, tramite una condotta, che è operativa da oltre un anno.
  Viceversa, i fanghi di depurazione sono trattati da Veritas, che li smaltisce in discariche.
  Per quanto riguarda i rifiuti industriali, l'impianto è funzionante solo in parte, per la mancanza di rifiuti industriali (i reflui B3).
  Invero, per il trattamento delle acque industriali, il Cravin ha riferito che vi è un ramo dell'impianto, inserito all'interno del petrolchimico di Porto Marghera che, in questo momento, sta trattando circa 7 milioni di metri cubi all'anno, rispetto agli oltre 11 milioni di metri cubi all'anno che erano previsti, dal momento che le portate stanno scendendo a causa della forte deindustrializzazione della zona.
  Quanto all'emungimento delle falde delle macroisole, il Cravin ha riferito che: 1) l'impianto sta emungendo, orientativamente, 100.000/110.000 metri cubi di acqua all'anno, grazie a un ramo di circa 1,3 chilometri di estensione e di captazione delle acque, posto sul lato sud del Petrolchimico; 2) che, a regime, l'impianto dovrebbe ricevere circa 0,5 milioni di metri cubi di reflui di retromarginamento da captare e portare all'impianto di trattamento.
  Si tratta di 400.000-450.000 metri cubi in più, rispetto a quelle oggi emunte, sicché, complessivamente, le quantità di acque emunte e poi trattate dall'impianto sono pari a circa il 20 per cento della sua capacità di trattamento.
  Appare evidente che il mancato completamento delle opere di marginamento delle macroisole impedisce anche il completamento della rete di raccolta delle acque di drenaggio a servizio del PIF, di competenza della regione Veneto.
  In tale contesto di opere non ancora realizzate, nel corso di un incontro tra tutti gli enti interessati svoltosi in data 28 gennaio 2015 a Venezia presso il salone CTA del Provveditorato e finalizzato all'aggiornamento dello stato di avanzamento del Progetto integrato Fusina a Porto Marghera, Pag. 24è intervenuta la proposta fatta dal Provveditorato interregionale per le opere pubbliche alla regione Veneto di destinare una parte delle risorse disponibili del Provveditorato (circa euro 3.000.000) per un intervento straordinario di manutenzione delle pompe collegate ai sistemi di drenaggio, al fine di conseguire la funzionalità immediata del sistema di captazione, recapito e trattamento delle acque di falda a Porto Marghera fino ad oggi realizzata, a fronte della disponibilità della Regione ad effettuare i necessari collegamenti alla rete elettrica esterna e ad accettare la conseguente immediata presa in carico della gestione e della manutenzione della rete di drenaggio finora realizzata e collaudata (9).
  Ma, evidentemente, non se ne è fatto nulla, perché la spesa sarebbe stata inutile, prima del completamento delle opere di marginamento.

6. Le fonti di finanziamento.

  Gli interventi a Porto Marghera di competenza dello Stato – Magistrato alle acque di Venezia (ora Provveditorato interregionale alle opere pubbliche), dal 1995 a oggi, sono progettati e realizzati tramite il concessionario Consorzio Venezia Nuova, grazie alle somme rese via, via disponibili da fonti di finanziamento sia pubbliche, che private (10), come risulta, nel dettaglio, dal seguente prospetto, contenuto nel documento anzidetto, esplicativo delle singole voci di finanziamento:

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6.1. Fondi pubblici.

  Con i fondi provenienti dalla legge speciale per Venezia, a valere sulle risorse della legge speciale per Venezia (11) sono stati finanziati, in tutto o in parte, numerosi progetti e lavori a Porto Marghera, nell'ambito di vari atti contrattuali attuativi della convenzione generale rep. n. 7191/1991 tra il concedente Magistrato alle acque di Venezia (12) e il concessionario Consorzio Venezia Nuova.
  La disponibilità di tali fondi, anno dopo anno, grazie agli stanziamenti operati dalle varie leggi finanziarie, ha consentito fin dal 1995:
   lo sviluppo della progettazione generale del piano di interventi previsto per Porto Marghera e di alcuni interventi successivamente finanziati;
   l'avvio degli interventi di marginamento delle macroisole ritenuti prioritari;
   Ad oggi, le risorse della legge speciale destinate alla progettazione e alla realizzazione degli interventi suindicati ammontano a 133,192 milioni di euro, tutti disponibili e utilizzati per i seguenti interventi, che risultano già tutti completati.

(11) Legge n. 798 del 1984.
(12) Ora Provveditorato alle opere pubbliche per il Triveneto.

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6.1.a. Contributi da parte della regione del Veneto.

  La regione del Veneto ha, nel tempo, sottoscritto alcuni specifici accordi di programma con l'allora Magistrato alle acque e, in tale ambito, è stata co-finanziata la realizzazione – affidata al Magistrato alle acque e da questi al concessionario – di indagini particolari sulle aree inquinate emerse, sulle acque e sui fondali dei canali portuali tra le macroisole.
  Ad oggi, sono stati deliberati dalla Giunta regionale del Veneto, in favore del Magistrato alle acque, 4,150 milioni di euro, di cui 3,974 milioni di euro trasferiti al Magistrato alle acque (ora Provveditorato) e utilizzati per indagini su sedimenti e acque lagunari della zona di Porto Marghera e per caratterizzazioni delle sponde e dell'area cosiddetta «43 ettari» nella macroisola di Fusina, attività tutte già ultimate.
  Da ultimo, l'accordo di programma per la gestione dei sedimenti di dragaggio dei canali di grande navigazione e la riqualificazione ambientale, paesaggistica, idraulica e viabilistica dell'area Venezia – Malcontenta – Marghera (sottoscritto in data 31 marzo 2008, tra il commissario delegato per l'emergenza socio economico ambientale dei canali portuali di grande navigazione della laguna di Venezia, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la regione del Veneto, l'allora Magistrato alle acque, la provincia di Venezia, il comune di Venezia e il commissario delegato per l'emergenza concernente gli eccezionali eventi meteorologici del 26 settembre 2007) ha accelerato la realizzazione degli interventi di dragaggio dei canali.
  Inoltre, come si è detto, in base a tale accordo, il Provveditorato ha realizzato gli interventi nella porzione di «23 ettari» dell'area cosiddetta dei «43 ettari» della macroisola di Fusina (infrastrutture per lo stoccaggio provvisorio delle terre di dragaggio).

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6.1.b. Fondi deliberati dal CIPE.

  In data 12 luglio 1996, a valere sulla legge n. 641 del 1996, il CIPE, attraverso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha assegnato per interventi a carattere ambientale nella zona di Porto Marghera, la somma di 50,096 milioni di euro (di cui finora resi disponibili 46,985 milioni di euro), che ha permesso il finanziamento dello specifico atto contrattuale rep. n. 7867/2000 attuativo alla convenzione generale tra amministrazione concedente e concessionario.
  Con tali fondi, a partire dal 1997, è stato dato un significativo impulso allo sviluppo degli interventi programmati, proseguendo la realizzazione della progettazione e dei marginamenti in varie macroisole. Gli interventi così finanziati sono completati o in avanzato stato di esecuzione, ad eccezione delle lavorazioni, in fase di avvio, sul tratto della banchina «Molini e Cereal Docks» nella macroisola Nord, che hanno trovato nei fondi anzidetti solo una parte del finanziamento necessario per la loro realizzazione.
  Con la delibera n. 1 del 2006, il CIPE ha poi assegnato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 150 milioni di euro per la realizzazione di interventi a carattere ambientale, di cui 50 milioni di euro sono stati destinati agli interventi di messa in sicurezza delle sponde dei canali di Porto Marghera (articolo 5, comma 2, dell'accordo di programma del 7 aprile 2006). A valere su tali fondi, l'allora Magistrato alle acque ha sottoscritto con il concessionario l'atto rep. n. 8282 attuativo della convenzione rep. 7191/1991.
  Questi ultimi fondi risultano tutti già impegnati in interventi di conterminazione delle macroisole, già completati.

6.1.c. Fondi assegnati dal Commissario delegato per l'emergenza socio-economica ambientale relativi ai canali portuali di grande navigazione della laguna di Venezia.

  Nell'ambito dell'accordo di programma per la gestione dei sedimenti di dragaggio dei canali di grande navigazione e la riqualificazione ambientale, paesaggistica, idraulica e viabilistica dell'area Venezia – Malcontenta – Marghera del 31 marzo 2008, il Commissario delegato per l'emergenza socio-economica-ambientale relativa ai canali portuali di grande navigazione della laguna di Venezia, con una convenzione del 18 dicembre 2012, sottoscritta con l'allora Magistrato alle acque, ha assegnato allo stesso l'ulteriore somma 1,514 milioni di euro (di cui versati 1,362 milioni di euro) per la progettazione esecutiva e la successiva realizzazione, già completata, della 3o vasca di deposito preliminare nell'area «23 ettari» compresa nella zona cosiddetta «43 ettari» della macroisola di Fusina.
  Complessivamente, le risorse pubbliche stanziate a favore degli interventi ambientali di Venezia – Porto Marghera ammontano, quindi, a 238,952 milioni di euro, di cui effettivamente disponibili 235,514 milioni di euro. Tali risorse sono già state tutte impegnate alla data del 31 marzo 2015.

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6.2. Fondi privati.

  Fondi provenienti da accordi transattivi tra lo Stato italiano e le aziende che operano a Porto Marghera, con insediamenti insistenti su macroisole di interesse nazionale, individuate dal Master Plan.

In base al principio «chi inquina paga», le società che operano a Porto Marghera hanno l'obbligo di provvedere, a loro spese, alla messa in sicurezza di emergenza e alla bonifica delle proprie aree inquinate e delle relative falde, in modo tale da arrestare e impedire la fuoriuscita di inquinanti dai terreni o dalle falde sottostanti le aree in concessione o di loro proprietà.
  Allo scopo di reperire le risorse necessarie per realizzare le opere di marginamento delle macroisole e di emungimento delle acque di falda, lo Stato ha promosso numerose transazioni di altrettante controversie concernenti il danno ambientale, pendenti davanti il tribunale di Venezia.
  Invero, l'Accordo di Programma per la chimica di Porto Marghera del 21 ottobre 1998, sopra citato, prevede al punto 3.1.a che il Magistrato alle acque di Venezia e l'Autorità portuale «provvedano alle preliminari e necessarie opere di conterminazione dei siti, eventualmente integrandole con le opere di banchinamento» e che il Magistrato alle acque realizzi, anticipandone la spesa, gli interventi di marginamento dei canali industriali nell'area di Porto Marghera, provvedendo poi a «ripetere quanto anticipato presso le aziende che risultassero, in sede giurisdizionale o transattiva, responsabili dell'inquinamento».
  A tale Accordo di programma ha fatto poi seguito un Atto integrativo, stipulato in data 15 dicembre 2000, concernente la previsione da parte del Comitato di sorveglianza di un cd. «Master Plan» per l'individuazione de «... f) i criteri per rendere coerenti gli interventi pubblici e privati di cui al citato punto 3.1 dell'allegato dell'Accordo per la chimica».
  Successivamente, in data 21 maggio 2005, è stato stipulato un «Protocollo per la progettazione ed il riparto dei costi delle opere di messa in sicurezza di emergenza dell'area di interesse nazionale Venezia (Porto Marghera)», tra le autorità e alcune società presenti nell'ambito del sito di interesse nazionale, dove le parti riconoscevano che il Magistrato alle acque e l'Autorità portuale avrebbero provveduto, «nell'ambito dell'esercizio delle proprie competenze, a realizzare sulle sponde demaniali... i lavori di protezione dell'ambiente lagunare dall'inquinamento consistenti anche opere di infrastrutturazione portuale» (articolo 2).
  In forza di tali atti normativi, lo Stato (Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e Ministero delle infrastrutture – Provveditorato) ha sottoscritto, a partire dal 2001, numerosi atti di transazione con le società interessate, nell'ambito di altrettanti procedimenti civili promossi dal Ministero dell'ambiente per il risarcimento del danno ambientale, cagionato dalla proprietà, ai sensi dell'articolo 2051 cod. civ., nonché dell'articolo 18 della legge 349/86 e dell'articolo 58 del decreto legislativo n. 152/99.
  Di norma, le transazioni stipulate prevedono il concorso di ciascuna società titolare di un sito ubicato nelle aree oggetto di marginamento, nella misura del 50 per cento del costo stimato Pag. 29dell'intervento – qualificabile anche come messa in sicurezza per la successiva bonifica – fermi restando, comunque, a carico delle società medesime, gli oneri e le spese per la manutenzione e la depurazione delle acque captate dal sistema di drenaggio, in conformità con gli obblighi dalle stesse già assunti con la sottoscrizione del «Protocollo per la progettazione e il riparto dei costi delle opere di messa in sicurezza d'emergenza dell'area di interesse nazionale Venezia (Porto Marghera)» del 21 maggio 2005.
  In tal modo, in forza delle suddette transazioni, le società hanno assunto, irrevocabilmente e incondizionatamente, con esclusione della possibilità di ripetere tali somme, l'obbligo di contribuire, in modo predeterminato (nella misura anzidetta del 50 per cento), alla accelerazione del piano di realizzazione delle opere di messa in sicurezza delle aree private, avviato dallo Stato.
  Tali accordi transattivi hanno l'effetto di liberare le società contraenti dall'obbligo di provvedere – a proprie spese – ai marginamenti, trasferendo allo Stato tale onere.
  Nei vari contratti di transazione viene precisato che «i descritti marginamenti sono costituiti: 1) da una barriera impermeabile di palancole metalliche con sigillatura in resina del giunto (aventi funzioni sia strutturali, sia di eliminazione dell'erosione dei materiali inquinati di sponda retrostanti, nonché di barriera idraulica per le acque inquinate esistenti all'interno della macroisola e per quelle provenienti dalla falda nel riporto e dalla cosiddetta prima falda in pressione), 2) da un cordolo sommitale in calcestruzzo, 3) da opere accessorie e integrative, atte ad assicurare la tenuta anche in presenza di una rete di condutture predisposte per assicurare il drenaggio della falda retrostante il palancolamento, 4) da una rete di captazione delle acque meteoriche e dal relativo impianto di adduzione all'impianto di trattamento di Fusina».
  Infine, nei contratti di transazione viene precisato che «resta altresì inteso tra le parti che gli interventi di risanamento ambientale finanziati per effetto del presente accordo transattivo, come sopra descritti, non ricomprendono altre opere od accorgimenti tecnici in cui dovesse incorrere il Magistrato alle Acque di Venezia a seguito degli interventi di marginamento e di retromarginamento, né altre opere o accorgimenti tecnici che la società contraente dovesse ritenere necessari o utili in relazione a sue autonome e specifiche esigenze, gli oneri aggiuntivi dei quali saranno a totale carico della società medesima» (cfr. pagg. 18/19, doc. 686/20).
  In tal senso, lo Stato italiano (Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – Magistrato alle Acque di Venezia, ora Provveditorato), nel corso degli anni, ha stipulato numerosi contratti di transazione per il risarcimento del danno ambientale con altrettante società operanti a Porto Marghera, per il complessivo importo di 565,811 milioni di euro, funzionalmente destinato alla realizzazione degli interventi di messa in sicurezza delle sponde lungo le macroisole di Porto Marghera e alla realizzazione di interventi ambientali nella zona di laguna tra Porto Marghera e Venezia, come risulta dal prospetto seguente – allegato alla relazione consegnata dal Provveditore interregionale per le opere pubbliche del Triveneto, in data 27 novembre 2014, nel corso della sua Pag. 30audizione (doc. 69/1) – che contiene, quale prima voce, la transazione conclusa con la Montedison, per il rilevante importo di 271,139 milioni di euro:

Pag. 31

  Complessivamente, quindi, sono stati sottoscritti dallo Stato con le aziende, che hanno operato o operano a Porto Marghera, n. 42 contratti di transazione, regolarmente approvati con l'emissione del relativo decreto interministeriale (doc. 686/2 e doc 686/43), pur se manca quello relativo alla Montedison (doc. 686/44), per l'importo complessivo dichiarato di 565,811 milioni di euro, già incassati, dei quali risultano trasferiti al Provveditorato 543,615 milioni di euro.
  Si tratta di un importo complessivo incompleto per difetto, poiché nell'elenco anzidetto sono indicati solo 37 transazioni, rispetto ai 41 decreti interministeriali di approvazione trasmessi dal Ministero dell'ambiente.
  A tale proposito sono stati acquisiti dal Ministero dell'ambiente tutti i contratti transattivi, ad eccezione di quello concluso con la Edison Spa – già Montedison (13), che non è stato reperito presso gli uffici del Ministero dell'ambiente.
  Le somme così incassate e trasferite al Provveditorato risultano già impegnate al cento per cento e spese per oltre il 95 per cento alla data del 31 marzo 2015 (14).

Tali trasferimenti.

  Quanto ai tempi previsti, negli atti di transazione stipulati con i privati proprietari delle aree, per la realizzazione degli interventi, l'esame dei contratti acquisiti dalla Commissione di inchiesta rende evidente che si tratta di interventi di «messa in sicurezza» connotati da ragionevole urgenza.
  Così, il contratto di transazione stipulato, in data 15 febbraio 2005 tra il Ministero dell'ambiente e l'ENI Spa (15), all'articolo 4, dispone testualmente: «Resta inteso che la procedura di approvazione del presente contratto nei modi di legge dovrà esaurirsi nel termine di tre mesi dalla sua sottoscrizione. Entro lo stesso termine il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio provvederà a comunicare alla società contraente i decreti di approvazione delle opere di competenza del Magistrato alle acque di Venezia, e, nei successivi tre mesi, i verbali di consegna provvisoria dei lavori sotto riserva di legge».
  Analoga disposizione si rinviene nel contratto stipulato con l'ENEL Spa in data 21 luglio 2005 (16).
  A questo punto, con riserva di ulteriori approfondimenti, non può porsi in dubbio che, ove lo Stato non adempia agli obblighi, si configura una sua precisa responsabilità, con possibili conseguenze in termini richieste di adempimento e/o di pretese risarcitorie, considerato che, molto opportunamente, tra le varie clausole contrattuali è stata espressamente esclusa la possibilità di risolvere le transazioni per l'inadempimento della parte pubblica.
  Tanto più appaiono probabili azioni risarcitorie, a fronte del mancato completamento delle opere di marginamento, che hanno
(13) Docc. da n. 686/2 a n. 686/44
(14) Doc. 589/2
(15) Doc. 686/2.
(16) Doc. 686/3. Pag. 32carattere primario rispetto alle successive opere di drenaggio delle acque, alla luce sia degli elevati importi versati, sia della qualità e dello spessore economico dei contraenti privati.
  Peraltro, gli importi delle anzidette transazioni sono destinati ad aumentare, dal momento che, nella nota inviata dal Ministero delle infrastrutture, che accompagna la «Sintesi dello stato di attuazione degli interventi di competenza del Provveditorato interregionale per le opere pubbliche del Triveneto» (17), si sottolinea che il valore complessivo dei citati contratti di transazione è di importo pari a 595,872 milioni di euro. Si tratta di somma ben superiore a quella incassata fino ad oggi, che trova la sua spiegazione nella rateizzazione del debito concessa ai soggetti privati fino all'anno 2023, secondo precise scadenze temporali.
  Inoltre, la nota del Ministero delle infrastrutture sottolinea: 1) che, rispetto ai versamenti effettuati dai soggetti privati nella casse dello Stato, si registra una mancata riassegnazione al dicastero dell'ambiente da parte del Ministero dell'economia e delle finanze di oltre 7.200.000, per versamenti effettuati dal 2009 al 2012; 2) che le procedure di riassegnazione delle somme incassate da parte del Ministero dell'economia e delle finanze hanno avuto un'accelerazione a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 97 del 2013, che ha sostituito l'articolo 317, comma 5 del decreto legislativo n. 152 del 2006.
  In conseguenza di tale intervento legislativo, il Ministero dell'economia e delle finanze ha riassegnato al Ministero dell'ambiente la complessiva somma di 10.679.071,13 euro (versamenti concernenti le annualità 2013 e 2014), che è stata impegnata come segue:
   1.000.000 euro impegnati a favore del direttore della direzione progetto Venezia della regione Veneto (versamenti relativi al contratto di transazione Stato-Società San Marco Petroli);
   9.679.071 euro impegnati a favore della regione Veneto per il completamento delle opere di marginamento delle macroisole di Fusina e del Nuovo Petrolchimico di competenza regionale (secondo quanto previsto dall'articolo 5, comma 9, dell'accordo di programma del 16 aprile 2012).

Tuttavia, la regione Veneto, con nota in data 10 luglio 2015 prot. n. 286214 (18), riferisce che, ad oggi – come già segnalato con la precedente nota del 2 aprile 2015 (19) – il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ha ancora provveduto ai trasferimento delle risorse anzidette, che comunque – come si vedrà nel paragrafo successivo – sono del tutto insufficienti per il completamento delle opere di marginamento delle macroisole del Nuovo Petrolchimico e di Fusina, da parte della stessa regione Veneto.
  Invero – come si è già rilevato – il citato accordo di programma per la bonifica e la riqualificazione ambientale del sito di interesse (19) nazionale di Venezia – Porto Marghera e aree limitrofe del 16 aprile Pag. 332012 (20) ha attribuito alla regione del Veneto la competenza per la realizzazione di alcuni tratti di marginamento (ivi comprese le relative linee di drenaggio) presso le macroisole del Nuovo Petrolchimico e di Fusina, che, in precedenza erano di competenza dell'ex Magistrato alle acque di Venezia.
  Nella nota anzidetta, si precisa che la realizzazione di queste opere non è inclusa nel contratto di concessione tra la regione del Veneto e SIFA s.c.p.a., di cui si è detto.

Fondi da aziende che operano a Porto Marghera, con insediamenti insistenti su macroisole di interesse nazionale, individuate dal «Master Plan», per la gestione delle acque di drenaggio.

  Gli apporti di acque meteoriche vengono raccolti e allontanati dalle macroisole, mediante un sistema di drenaggio e collettamento, la cui gestione è a carico delle aziende collocate nelle macroisole interessate, ma i cui costi di gestione vengono sostenuti anticipatamente dal Provveditorato, per essere poi rimborsati dalle aziende stesse.
  Allo stato, a fronte di un costo complessivo finora sostenuto di 10,397 milioni di euro, sono stati rimborsati 4,030 milioni di euro.
  A seguito di questi ultimi apporti le risorse private destinate dal Ministero dell'ambiente agli interventi ambientali del SIN di Porto Marghera ammontano a 576,208 milioni di euro, di cui 547,645 milioni di euro già versati al Provveditorato.
  In conclusione, dalla relazione degli amministratori straordinari del Consorzio Venezia Nuova (21) risulta che il complessivo importo delle risorse pubbliche e di quelle private, destinate agli interventi a Porto Marghera ammonta a 815,160 milioni di euro, di cui 783,159 milioni di euro effettivamente disponibili.

7. Stato delle realizzazioni della messa in sicurezza e dei marginamenti.

Dalla relazione trasmessa, nel mese di aprile 2015, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – Provveditorato interregionale per le opere pubbliche (22), risulta che:
   1) gli interventi di salvaguardia di Venezia e della sua laguna nella zona di Porto Marghera sono stati avviati dal Magistrato alle acque (ora Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – Provveditorato interregionale per le opere pubbliche), tramite il suo concessionario Consorzio Venezia Nuova nel 1995, sulla base di quanto previsto nel «Piano generale degli interventi», allegato alla Convenzione generale rep. n. 7191/1991, richiamato dall'articolo 3 della legge n. 139 del 1992 e, in particolare, sulla base del «Progetto generale di massima degli interventi per l'arresto e l'inversione del degrado» del settembre 1993;
   2) che gli interventi attuati sono consistiti nella realizzazione del marginamento delle sponde, con i retrostanti sistemi di drenaggio e Pag. 34di collettamento delle acque reflue e la messa a norma degli scarichi, allo scopo di realizzare la completa «cinturazione delle macroisole» lungo il perimetro;
   3) che, per quanto di competenza del Provveditorato, fino al 31 marzo 2015, la progettazione degli interventi era «pressoché» – dunque, non totalmente – completata, mentre l'avanzamento dei lavori era pari al 94 per cento circa (come da tabella) posto che, su 41.919 metri totali di marginamenti necessari per completare l'opera – dopo l'aggiornamento del sito di interesse nazionale di Porto Marghera dell'anno 2013, avvenuto con decreto ministeriale del 24 aprile 2013 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (deliberazione della Giunta regionale n. 58/2013) – ne erano stati realizzati, o erano in corso di realizzazione, 39.544 metri.

Pag. 35

  I dati riportati nella tabella che segue sono contenuti nella relazione del mese di aprile sullo «Stato di avanzamento delle attività nel sito industriale di Porto Marghera: messa in sicurezza», proveniente dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – Provveditorato interregionale per le opere pubbliche del Triveneto (23);
   4) che, al momento, non vi erano piu’ finanziamenti che consentono ulteriori lavori e che, di recente, era stata rappresentata al Ministero dell'ambiente una richiesta di ulteriori finanziamenti (oltre 140 milioni di euro per il Provveditorato interregionale per le opere pubbliche e circa 60 milioni di per la Regione del Veneto, senza considerare i finanziamenti richiesti dall'Autorità portuale, pari a circa 100 milioni).

  Con la nota in data 2 aprile 2015 (24), la regione Veneto – rispondendo a specifica richiesta del presidente della Commissione di inchiesta sullo stato di attuazione delle opere di marginamento del SIN di Porto Marghera. – ha comunicato che, a seguito di una serie di incontri con i rappresentanti del Provveditorato interregionale per le opere pubbliche del Veneto – Trentino Alto Adige – Friuli Venezia Giulia e dell'Autorità portuale di Venezia, sono stati individuati i tratti di competenza della regione del Veneto, ai fini del completamento della conterminazione di cui all'articolo 5, comma 9, dell'accordo di programma del 16 aprile 2012.
  I marginamenti in questione riguardano: 1) le sponde Alcoa (OP 446 – tratto E2/4d) ed Enel (tratto E2/5) lungo la sponda sud del canale industriale Sud della macroisola di Fusina; 2) il tratto della darsena della Rana (OP 544 – tratto D5/2b), in corrispondenza dei sottoattraversamenti con tubazioni delle società Edison, Syndial, Sapio/Crion e dell'oleodotto ed impianto antincendio Ies lungo la sponda sud del canale industriale ovest della macroisola del Nuovo Petrolchimico.
  Nell'anzidetta nota del 2 aprile 2015, la regione Veneto sottolinea che la realizzazione degli interventi di competenza regionale è subordinata alla disponibilità di risorse finanziarie sufficienti, posto che l'accordo di programma del 16 aprile 2012 destina, all'articolo 10, comma 1, il finanziamento degli interventi, previsti dall'articolo 5, comma 9, da effettuarsi con le risorse del Ministero dell'ambiente, che aveva destinato alla regione Veneto un finanziamento nella misura di appena 10.649.238,10 euro (di cui solo 440.939,75 euro, già trasferiti alla regione Veneto).
  All'evidenza – prosegue la nota – si tratta di un importo largamente insufficiente, dal momento che il solo progetto esecutivo di messa in sicurezza della sponda Alcoa, aggiornato a gennaio 2008, prevede un quadro economico di spesa dell'importo di 25.270.819,81 euro.
  Inoltre, le stime dei costi, eseguite dal concessionario regionale SIFA s.c.p.a., comprensive delle sole opere, per il tratto Enel e per quello Pag. 36della darsena della Rana vengono indicate, rispettivamente, nella misura di circa 20.000.000 euro e di 4.000.000 euro.
  Sul punto, a conferma di quanto rappresentato dalla regione Veneto, è intervenuto anche il Provveditorato interregionale per le opere pubbliche che, con la nota del 24 luglio 2015 (25) – nel rispondere a specifica richiesta del presidente della Commissione di inchiesta, in ordine alle competenze e ai costi delle opere di marginamento a Porto Marghera – ha dichiarato che, in effetti, il finanziamento ministeriale attribuito alla regione del Veneto, nell'ambito dell'accordo di programma del 16 aprile 2012, pari ad 10.649.238,10 euro, era del tutto inadeguato a completare le opere di marginamento delle macroisole di Fusina e del Nuovo Petrolchimico, di competenza regionale, il cui costo andava stimato in circa 80.000.000 euro (26).
  Inoltre, nell'anzidetta nota del Provveditorato, si rappresenta che – dal punto di vista ambientale – «chiudere» le predette macroisole risulta essere prioritario rispetto al completamento dei tratti di marginamento delle macroisole di competenza del Provveditorato, come emerso nel corso di una riunione tenutasi in data 10 ottobre 2014 presso il Ministero dell'ambiente con i rappresentanti della regione Veneto.
  Aggiungasi poi – sul piano strettamente tecnico – che dovranno essere risolte le difficoltà tecniche associate alla conterminazione di aree industriali attive, in cui durante gli interventi di marginamento dovrà essere garantita la continuità delle attività produttive e dovranno essere risolte le interferenze dovute alla presenza di sottoservizi, in quanto – per verso – i marginamenti da completare si intersecano con sottoattraversamenti e tubazioni delle società Edison, Syndial, Sapio/Crion e con l'oleodotto e l'impianto antincendio della Ies di Mantova, lungo la sponda Sud del canale industriale ovest nella macroisola del Nuovo Petrolchimico e – per altro verso – vi è il problema di garantire la continuità dell'attività produttiva delle aziende anzidette, durante l'esecuzione di tali marginamenti anzidetti.
  A sua volta, l'Autorità portuale di Venezia, con nota in data 29 aprile 2015, a firma del presidente, Paolo Costa (27) riferisce: 1) che, sulla base di quanto previsto nell'accordo di programma per la Chimica di Porto Marghera, sottoscritto in data 21 ottobre 1998, all'Autorità portuale era affidato il compito di procedere agli interventi di bonifica ambientale e di messa in sicurezza delle aree demaniali marittime del porto di Venezia, all'interno del sito di interesse nazionale di Porto Marghera, previo finanziamento statale; 2) che, ad oggi, l'Autorità portuale ha realizzato le seguenti opere e, cioè, la banchina Beltrame; la banchina canale industriale ovest; la banchina Veneto; la banchina Piemonte; la banchina Sali; l'escavo del canale Industriale Ovest; l'escavo del canale Industriale Sud; l'escavo del canale Malamocco-Marghera; 3) che, con delibera n. 4533 del Pag. 372004, la regione Veneto aveva stanziato i fondi per la caratterizzazione delle aree del demanio marittimo, attribuendone la competenza alla stessa Autorità portuale di Venezia, la quale aveva provveduto ad appaltare tale attività e ad eseguirla in contraddittorio con l'ARPA Veneto; 4) che la validazione degli esiti del Piano di caratterizzazione e l'analisi di rischio sito specifica erano state discusse nell'ambito della Conferenza di servizi per il sito di interesse nazionale, tenutasi a Venezia in data 14 ottobre 2013; 5) che, all'interno delle aree date in concessione a TRI e a Multiservice, la società SIFA – concessionaria della regione Veneto – non aveva realizzato e neanche risultavano essere in progetto, le linee di drenaggio del sistema Progetto integrato Fusina; 6) che nelle medesime aree di competenza dell'Autorità portuale non erano stati realizzati i marginamenti da parte del Magistrato alle acque di Venezia, né era stato realizzato il collegamento alla rete PIF, pur se l'Autorità portuale si era adoperata, secondo quanto previsto dal piano generale del Progetto integrato Fusina, attuando sistemi di captazione delle acque per alcuni degli interventi eseguiti.
  Inoltre, Paolo Costa – premesso che quanto sinora eseguito dall'Autorità portuale, da lui presieduta, era stato realizzato, esclusivamente, grazie alle risorse derivanti dall'autofinanziamento – sottolinea che il fabbisogno economico per l'esecuzione delle attività di consolidamento delle banchine e la loro contestuale impermeabilizzazione doveva essere calcolato in 76.500.000 euro, concerne le seguenti banchine: 3. Friuli; 4. Cadore; 5. Veneto (secondo tratto 300 metri); 6. Trento; 7. Bolzano; 8. Lombardia; 9. Aosta; 11. Romagna; 12. Emilia; 14. Voltatesta Sali; 15. Collegamento Voltatesta con marginamento Canale Nord; 18. tratto sponda Beltrame; 20. tratto Vesta; 21. tratto Guardie ai Fuochi – Vesta; 22. darsena Ovest secondo tratto (80 metri); 23. Ilva.
  Si tratta di somme che, a sensi dell'articolo 13, comma 1 e comma 3, dell'accordo di programma Moranzani, sono a carico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
  Infine, il presidente dell'Autorità portuale pone in evidenza un dato molto importante e, cioè, che il completamento delle opere di marginamento è propedeutico a importanti benefici economici e, a tale proposito, cita il caso delle imprese Grande Molini Italiani e Cereal Docks, che avevano sottoscritto, in data 19 gennaio 2012, un accordo con la stessa Autorità portuale in merito a progetti di sviluppo in corso di realizzazione, per i quali si erano impegnate a investire alcuni milioni di euro. A sua volta, l'Autorità portuale si era impegnata ad eseguire le opere di escavo relative al canale e ad altre opere, di cui dovrebbero fruire queste imprese.
  In tale quadro, il completamento del marginamento per la messa in sicurezza dell'area prospiciente gli insediamenti industriali citati è assolutamente necessario per la successiva attività di competenza delle società Grandi Molini Italiani e Cereal Docks e dell'Autorità portuale, pronta ad eseguire l'escavo.
  Infine, l'amministrazione straordinaria del Consorzio Venezia Nuova – rispondendo a specifica richiesta del presidente della Commissione di inchiesta – ha fatto pervenire una nota in data 3 agosto 2015, sui completamenti previsti dai piani di risanamento Pag. 38ambientale dell'area industriale di Porto Marghera (28), alla quale ha allegato l'accordo di programma del 16 aprile 2012, più volte richiamato.
  La nota dell'amministrazione straordinaria del Consorzio Venezia Nuova conclude che, per ultimare la messa in sicurezza delle sponde dei canali di Porto Marghera, restano da realizzare i tratti sottoindicati, suddivisi per competenza, in base all'accordo di programma sopraccitato:

7.1. Provveditorato interregionale per le opere pubbliche.

  Macroisola 1o Zona industriale: tratti della sponda nord A2/2, A2/3, A2/4 e A2/5;
   Macroisola Nord – porzione C: tratto sponda ovest canale Industriale Ovest D3/2b;
   Macroisola Vecchio Petrolchimico: 1) tratto sponda ovest canale Industriale Ovest D3/2a1; 2) sponda nord canale Lusore-Brentelle Z1/1 – completamento messa in sicurezza in quanto precedentemente infisso il solo palancolato metallico:
    Completamento messa in sicurezza di alcuni tratti di sponda da eseguirsi dopo la rimozione delle attuali interferenze costituite da oleodotti e/o linee elettriche: 1) macroisola delle Raffinerie, tratto L2; 2) macroisola Portuale, tratto D2/2; 3) macroisola Vecchio Petrolchimico, tratti D3/lb e D3/lc.
  Il fabbisogno stimato per l'esecuzione della messa in sicurezza dei sopraindicati tratti di sponda ammonta a circa 100.000.000 euro, di cui, come specificato nella successiva informativa pervenuta in data 2 ottobre 2015 (29), 90.000.00 euro, destinati a interventi ancora da eseguire ed 10.000.000 euro, destinati al completamento dei tratti delle opere già eseguite.
  Tale valutazione coincide con quella del Provveditorato interregionale per le opere pubbliche contenuta nella sopra citata nota del 24 luglio 2015 (30).

7.2. Regione del Veneto:

   Macroisola Nuovo Petrolchimico, tratto sponda sud della darsena della Rana D5/2b;
   Macroisola Fusina: 1) tratti E2/4d e E2/5 della sponda sud del canale industriale Sud; 2) tratto H4/2a sponda ovest della darsena della Pietà.

  Il fabbisogno stimato per l'esecuzione della messa in sicurezza dei sopraindicati tratti di sponda ammonta a circa 70.000.000 di euro, Pag. 39 suddivisi in 13.000.000 di euro, per la porzione di sponda sud del canale industriale Ovest relativa alla macroisola del Nuovo Petrolchimico, e in 57.000.000 di euro per la porzione di sponda sud del canale industriale Sud relativi alla macroisola di Fusina (31).
  La nota dell'amministrazione straordinaria del Consorzio Venezia Nuova del 3 agosto 2015 (32) ribadisce un dato pacifico e, cioè, che – trattandosi di interventi che riguardano un sito di interesse nazionale – alla copertura finanziaria dei lavori di competenza del Provveditorato interregionale per le opere pubbliche e della regione del Veneto, dovrà provvedere il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
  Infine, va detto – ma solo per inciso – che ad aumentare la confusione esistente sulle competenze nella realizzazione delle opere ancora da eseguire, nell'ambito della loro inestricabile, quanto incomprensibile, parcellizzazione, la nota del 24 luglio 2015 del Provveditorato (33) conclude, affermando che «altri tratti di marginamento nelle macroisole di Fusina (220 metri circa – tratto Veritas tra Decal ed ex Abibe), Portuale (8.400 metri) e Nord – porzione C: (350 metri tratto da ponte strallato a ponte accesso alla macroisola Portuale e circa 1000 metri tratto Fincantieri) rimangono invece di competenza dell'Autorità portuale».
  Nell'ultima informativa, pervenuta in data 2 ottobre 2015 (34), su richiesta dal presidente della Commissione di inchiesta, l'avvocato Giuseppe Fiengo, nella sua qualità, afferma che il mancato completamento di alcuni tratti di sponda (con la presenza di «varchi» che restano aperti) riveste carattere di particolare importanza, come – ad esempio – il marginamento relativo alla sponda nord del canale industriale nord, che contermina l'area relativa alla zona industriale dove sono attive produzioni chimiche, con residui di lavorazioni particolarmente inquinanti (Montecatini, Agrimont), che risulta non ancora protetta.
  Il mancato completamento di tali marginamenti vanifica il raggiungimento dell'obiettivo proposto di impedire lo sversamento nei canali lagunari delle acque provenienti dai terreni inquinati del SIN.
  Rappresenta, inoltre, l'amministratore straordinario del Consorzio Venezia Nuova, quale motivo di aggravamento della situazione che nelle tratte dei canali prive di marginamento, oltre agli sversamenti di inquinanti, continuano i fenomeni erosivi sulle sponde causate dal moto ondoso, con il conseguente progressivo indebolimento anche dei tratti terminali delle strutture già realizzate, in tal modo mettendo in serio dubbio la bontà complessiva dell'intervento finora realizzato.
  Tutto ciò senza considerare che proseguono gli scarichi in laguna delle acque di dilavamento, con effetti paragonabili, per quanto riguarda il contributo all'inquinamento generale, addirittura, a quello degli scarichi industriali.
  Invero, l'avvocato Fiengo, nella sua qualità – nell'ultima nota inviata a questa Commissione di inchiesta, in data 27 ottobre 2015, con allegate le relative planimetrie sullo «stato di avanzamento al Pag. 4031/03/2015 degli interventi di conterminazione» (35) – dà conto della notevole complessità dei lavori ancora da effettuare, come sopra rappresentati, aggiungendo, tra l'altro, che in tutte le macroisole «servitù e fasce di rispetto fanno sì che vi siano tratti con estensione dai 20 agli 80 ml [metri lineari, ndr] senza opere di marginamento», sicché si rende necessario «effettuare la ricognizione dei luoghi, con determinazione dello stato di fatto e di avanzamento dei lavori, con le esatte posizioni ed estensioni dove intervenire a completamento».
  Soprattutto, l'avvocato Fiengo rappresenta la necessità prioritaria di «effettuare una ricognizione delle protezioni catodiche delle palancolate: è infatti fondamentale e prioritario verificare che le protezioni catodiche siano efficienti e continue, posto che è intercorso un intervallo temporale non trascurabile dal periodo di infissione delle palancole ad oggi e, nel caso di innesco della corrosione senza protezione catodica, sussiste la possibilità di entità non trascurabile di essere già in prossimità al termine della vita utile dei palancolati, facendo sì che siano a rischio gli interventi di messa in sicurezza già effettuati».
  Si tratta di un quadro a dir poco allarmante, poiché rappresenta una situazione di gravissima criticità sia delle modalità, non a regola d'arte, con cui sinora sono state eseguite le opere di marginamento, sia della situazione di disfacimento in cui oggi versano tali opere.
  Sullo stato dell'arte, la Commissione di inchiesta ha acquisito il verbale della conferenza di servizi, istruttoria del 26 febbraio 2015 (doc. 887/1), da cui risulta che, al di là di singoli interventi di bonifica di talune aree interessate, per quanto riguarda le opere di carattere generale, non solo il palancolato è stato ultimato parzialmente, ma anche nei siti in cui è stato completato, come quello della Veritas spa, non risulta completata la trincea drenante, sicché non è possibile la connessione del sistema di emungimento con l'impianto di Fusina. Rimane, dunque, in ogni caso, irrisolto il problema della destinazione delle acque emunte e, in definitiva, della stessa funzionalità delle opere finora eseguite.
  Quanto ai costi necessari per il completamento delle opere, nell'informativa in data 7 ottobre 2015 – che accompagna la nota di trasmissione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 27 ottobre 2015 (36), inviata in risposta a specifica richiesta del Presidente della Commissione di inchiesta – il direttore generale ad interim della Direzione generale per la salvaguardia del territorio e delle acque del Ministero dell'ambiente, avvocato Maurizio Pernice (37), dopo un breve riepilogo dei costi necessari per ultimare i marginamenti delle macroisole di Fusina e del Nuovo Petrolchimico, i cui importi (considerati nella minor somma di 63.751,000 euro) sono a carico del Provveditorato per le opere pubbliche, sottolinea che tali spese sono da reperire nell'ambito del ciclo di programmazione 2014-2020, mentre per l'esecuzione delle altre opere – anch'esse a carico del Provveditorato per Pag. 41le opere pubbliche – gli unici fondi disponibili vengono individuati in quelli rivenienti dai contratti transattivi, fondi destinati ad aumentare in virtù dei pagamenti rateali concordati con le parti private.
  L'informativa dell'avvocato Pernice esclude, allo stato, un intervento a favore dell'Autorità portuale di Venezia che, con nota prot. n. 24860 del 24 dicembre 2013 (38) ha richiesto un finanziamento di 100.000.000 euro, per il completamento delle banchine di sua competenza, «tenuto conto della priorità di interventi individuata con la stipula dell'accordo di programma del 16 aprile 2015».
  Infine, a significare l'impegno del Ministero dell'ambiente nella ricerca di fondi da destinare a interventi di bonifica e di risanamento ambientale, all'informativa anzidetta viene allegata la nota (39), con cui in data 7 agosto 2015 è stata richiesta alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica l'assegnazione della somma di 194.077.653,66 euro, da destinare a tali interventi, a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), Programmazione 2014-2020.
  Tuttavia, il competente dipartimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con nota in data 10 agosto 2015 (allegato 5), ha comunicato che detta richiesta potrà essere oggetto di valutazione, solo, successivamente e subordinatamente agli adempimenti previsti dalla legge di stabilità 2015, posti in capo all'autorità politica per la coesione.
  In conclusione, sul punto, non vi sono nuovi fondi in arrivo per il completamento delle opere destinate alla bonifica del SIN di Venezia – Porto Marghera, anche per la ragione che, allo stato, non sono stati ancora approvati dai ministeri competenti (ambiente e infrastrutture) gli ulteriori schemi di transazione proposti dai privati.
  Inoltre – va detto a chiare lettere – la bonifica del SIN costituisce il presupposto ineludibile e indefettibile dell'insediamento di nuove attività produttive e dello sviluppo di quelle esistenti nel sito industriale di Porto Marghera, non essendo immaginabile che l'inquinamento possa proseguire come in passato, sicché dalla bonifica del SIN non si può in alcun modo prescindere.
  Pertanto, la mancata bonifica del SIN di Porto Marghera costituisce un ostacolo al processo di reindustrializzazione dell'area.
  Ancora – come si è sopra accennato – la vicenda del mancato completamento delle opere di bonifica delle macroisole di Porto Marghera è destinata ad avere ulteriori «strascichi», dal momento che, in forza degli atti transattivi conclusi con i privati, lo Stato si è impegnato a provvedere alla messa in sicurezza di emergenza, ai fini della bonifica della falda nelle aree in concessione o di proprietà sicché, nel caso in cui non vi adempia in tempi ragionevoli, sarà chiamato a rispondere in sede civile di tale inadempimento.
  Ed è significativo il fatto che queste ultime considerazioni preoccupate vengono concordemente espresse, sia dal Provveditorato interregionale alle opere pubbliche, sia dal Consorzio Venezia Nuova in amministrazione straordinaria nelle note, rispettivamente, inviate a Pag. 42questa Commissione di inchiesta in data 30 settembre 2015 (40) e 2 ottobre 2015 (41).
  In tale contesto, non v’è dubbio che anche eventuali azioni promosse dal Ministero dell'ambiente nei confronti di aziende inadempienti nella messa in sicurezza dei loro siti potrebbero essere facilmente paralizzate dall'eccezione di inadempimento, disciplinata dall'articolo 1460 cod. civ. (inadimplenti non est adimplendum).
  Infine, sul piano generale, non può essere sottaciuto il fatto che gli impegni contrattualmente assunti dallo Stato per la salvaguardia di un sistema particolarmente sensibile e complesso, come quello della laguna di Venezia, non possono e non devono andare dispersi, senza che ciò determini «sfiducia» nei confronti degli stessi rappresentanti delle istituzioni, che hanno sottoscritto le transazioni, che benché adempiute dalle parti private con esborsi consistenti, sono rimaste ancora ad oggi ineseguite dalla parte pubblica.

8. Il collaudo delle opere.

  Da ultimo, deve essere sottolineato il fatto che, nonostante le opere di cinturazione delle macroisole non siano state completate, sono intervenuti numerosi collaudi, come da lungo e dettagliato elenco – trasmesso dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – che contiene l'indicazione delle opere collaudate, dei nomi dei collaudatori e della relativa certificazione (42), elenco di seguito riportato:

Pag. 43

Pag. 44

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  I suddetti collaudi presentano una doppia peculiarità:
   a) sono stati effettuati per ciascun intervento (marginamenti, sistemazioni varie, messa in sicurezza, eccetera), prima del completamento delle opere di marginamento di ciascuna delle quindici macroisole, che ad oggi è ben lungi dall'essere completato, essendo esauriti i fondi a disposizione;
   b) appare significativo il fatto che tra i collaudatori figurino personaggi di tutto rispetto, quali numerosi dirigenti pubblici, nazionali e locali, indicati nell'elenco allegato alla relazione, (allegato n. 2), Pag. 46di cui si dirà di seguito. Si tratta, in particolare, di dirigenti apicali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; di componenti della Commissione VIA del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; di dirigenti apicali della Regione Veneto; di figure apicali del magistrato alle acque di Venezia e di altri organismi pubblici.

  In realtà, non può non osservarsi che, nel caso di specie, i collaudi dei singoli manufatti non hanno senso, posto che è l'intera opera – una volta ultimata – a dovere essere collaudata, allo scopo di verificare la funzionalità complessiva del sistema integrato (marginamento, raccolta/drenaggio delle acque e collettamento al PIF).
  In ogni caso, è indubbio che i collaudi dovevano essere effettuati da soggetto terzo, fatto che, nella specie, non è avvenuto e, in ogni caso dovevano essere affidati a tecnici, sicché non si comprende quale sia stato l'apporto professionale dei dirigenti amministrativi nominati.
  Nel corso dell'audizione del 13 luglio 2015, il provveditore interregionale per le opere pubbliche del Triveneto, ingegnere Roberto Daniele, ha riferito che, per quanto riguarda i collaudi frazionati delle opere di marginamento delle macroisole, era accaduto quanto già si è verificato per il MOSE e per le altre opere riguardanti l'attività dell'Istituto per la salvaguardia di Venezia e, in generale, per tutte le attività connesse con il mantenimento del regime lagunare e la protezione di Venezia dalle alte maree.
  Nello specifico – ha proseguito l'ingegnere Daniele – anche i collaudi delle opere concernenti il MOSE erano stati frazionati in tanti micro interventi, in tanti piccoli OP e il suo Ufficio aveva scelto di non nominare un'unica commissione globale, come accaduto per la TAV e per molte grandi opere, «dove c’è un'unica commissione magari con una riduzione del corrispettivo per economie di scala».
  La ragione del frazionamento dei collaudi il provveditore per le opere pubbliche del Triveneto l'ha spiegata nei seguenti termini, che si riportano testualmente: «Siccome gli interventi vengono approvati ed esaminati dal CTA [Comitato tecnico amministrativo, ndr] in modo frazionato, ogni volta che uno di questi contratti va in esecuzione, viene nominata una commissione ad hoc per quell'intervento; così è avvenuto anche su Marghera, nel senso che ci sono una serie di commissioni. Pertanto, su una base di lavori eseguiti per 737 milioni di opere, sono state nominate decine di commissioni, anche perché gli interventi, ancorché raggruppati in macroisole, erano una cinquantina e ognuno di questi interventi era stato suddiviso, a sua volta, in altri sub-interventi, con il conseguente frazionamento».
  L'ingegnere Daniele, dopo aver dichiarato di essere stato, anche lui, nominato collaudatore (per il MOSE), ha precisato che il compito del collaudatore non attiene alla funzionalità dell'opera, ma solo alla verifica che questa sia stata realizzata in conformità al progetto approvato.
  Ancora, l'ingegnere Daniele – rispondendo a precisa domanda della senatrice Laura Puppato – ha contestato che la spesa per i collaudi delle opere di marginamento sia stata di oltre 101 milioni di euro, pari, cioè, al 15 per cento dell'importo delle opere eseguite (circa 700 milioni di euro), posto che – a suo dire – l'importo delle spese Pag. 47di collaudo viene di regola calcolato nella misura del 2/3 per mille del valore delle opere. Di conseguenza, la spesa complessiva sostenuta per le opere di marginamento non superava la somma di 2 milioni di euro, mentre la somma di 101 milioni di euro riguardava l'importo complessivo delle spese sostenute per i collaudi parziali effettuati per il MOSE.
  In realtà, va detto subito che quest'ultimo dato non è corretto, posto che in data 3 dicembre 2015, il Consorzio Venezia Nuova, in amministrazione straordinaria, ha fatto pervenire alla Commissione di inchiesta il riepilogo, aggiornato al 31 maggio 2015, dei compensi dei collaudatori previsti e fatturati per i collaudi delle opere del MOSE (doc. 890/2).
  Ebbene da tale documento, che contiene l'indicazione nominativa dei collaudatori, accompagnata dall'indicazione del compenso previsto e fatturato da ciascuno di essi, risulta che, per i collaudi delle opere del MOSE, l'importo complessivo previsto è di euro 14.224.058,71, mentre l'importo complessivo fatturato alla data sopra indicata è di euro 8.870.668,11 (Allegato I alla Relazione).
  Inoltre, l'ingegnere Daniele – su richiesta del presidente della Commissione di inchiesta – ha fatto pervenire alla Commissione di inchiesta il dettaglio delle spese sostenute per i collaudi degli interventi di marginamento (43).
  Da tale dettaglio risulta che, in effetti, a fronte di un importo di lavori eseguiti pari a 586.989.935 euro i compensi complessivamente liquidati, sinora, ai collaudatori ammontano a 1.519.352,19 euro, a fronte di un fatturato dell'importo di 1.544.352,39 euro. Si tratta di compensi che variano, per ciascun intervento di collaudo, da circa 3 mila euro a circa 100 mila euro, con una serie di passaggi intermedi di diverse decine di migliaia di euro (Allegato II alla Relazione).
  Pertanto, tenuto conto che rimangono da collaudare, con lo stesso sistema, circa 200 milioni di euro di marginamenti eseguiti, il totale dei compensi è destinato a raggiungere la soglia dei 2 milioni di euro, secondo la stima fatta dall'ingegnere Daniele.
  A sua volta, sempre a proposito dei collaudi – riferiti sia ai marginamenti, sia al MOSE – uno dei tre amministratori straordinari del Consorzio Venezia Nuova, l'avvocato Giuseppe Fiengo, dopo aver osservato che le indicazioni dei commissari di collaudo le fa il Provveditorato e/o l'autorità ministeriale e che i relativi incarichi costituiscono una sorta di incentivo e di premio, ha riferito che gli incarichi di collaudo conferiti ai dirigenti ministeriali del Ministero dell'ambiente e anche a quelli del Ministero dell'economia e delle finanze, erano tutti autorizzati e che gli interventi erano «parcellizzati», anche se spesso venivano «raggruppati».
  Secondo l'avvocato Fiengo, «la parcellizzazione degli interventi è abbastanza tipica. Gli interventi erano parcellizzati, però spesso venivano raggruppati». «Il problema è che non si possono dare compensi oltre un certo limite, per cui abbiamo tante piccole commissioni, che però portano a casa compensi considerevoli. Abbiamo avuto un caso di una persona che, ricevuto l'80 per cento, non ha voluto assumere la responsabilità e si è dimessa. Non ci si può fare
(43) Allegato 2 al doc. 787/2. Pag. 48niente. A quel punto, abbiamo dovuto nominare un nuovo membro, che ha voluto l'intero importo, quindi abbiamo pagato due volte. Questo è il meccanismo. La mia tesi è quella di arrivare a un sistema in cui si stabilisce se il collaudo dura un anno, un anno e mezzo o due anni – è previsto dalla normativa – e si divide per giorni. In questo modo, evitiamo ogni questione e paghiamo a piè di lista le spese. Questo potrebbe rendere meno irragionevole il sistema. Questo è un tema sul quale ci stanno chiedendo tutti di intervenire, perché ci sono molta confusione e molte ingiustizie, in quanto alcuni vengono pagati e altri no. È un meccanismo autoreferenziale, che va in qualche modo ordinato....». Invero, accade che, «normalmente, le convenzioni, anche quelle strane fatte dal Consorzio Venezia Nuova – in realtà, l'incarico perviene dal Ministero – prevedono la corresponsione semestrale e un massimo dell'80 per cento, fino a che non viene fatto il collaudo definitivo. Il dirigente normalmente, per mandare la parcella, aspetta di andare in pensione, in modo che non deve versare i fondi...».
  Ha precisato l'avvocato Fiengo che le commissioni di collaudo sono composte da due tecnici e da un amministrativo e che la presenza di quest'ultimo nelle commissioni di collaudo «non è funzionale» allo stesso, ma costituisce per lui «un premio per altre attività ....però non c’è dubbio che gli stipendi aumentano in modo considerevole» e, a tale proposito, ha rappresentato la vicenda, sulla quale era intervenuta la Corte dei Conti, di un dirigente inquisito che «si portava a casa altri 480.000 euro».
  Appare evidente che l'esposizione di carattere generale dell'avvocato Fiengo si riferisce ai collaudi effettuati per il MOSE piuttosto che a quelli effettuati per i marginamenti delle macroisole, e l'ultima cifra indicata di 480.000 euro attiene chiaramente ad uno dei tanti collaudi parziali del MOSE.
  Ancora, l'amministratore straordinario del Consorzio Venezia Nuova, che parlava anche a nome degli altri due amministratori straordinari del consorzio, ha tenuto a sottolineare che, dopo le Commissioni di collaudo dei singoli manufatti, all'esito della realizzazione dell'intera opera, era prevista una supercommissione di collaudo, presumibilmente, destinata a verificare la funzionalità del sistema di marginamento, di raccolta/drenaggio delle acque e di collettamento al PIF, nel suo complesso, ma – ha aggiunto l'avvocato Fiengo – tale commissione era stata abolita.
  Sul punto, la Commissione di inchiesta rileva che non si comprende la ragione di tale abolizione, a meno di non ravvisarla nella volontà di sottrarsi all'accusa di avere arbitrariamente duplicato i costi, dopo l'esecuzione dei collaudi parziali.
  L'amara conclusione di questa vicenda è che i collaudi parziali sinora eseguiti appaiono del tutto inutili, in quanto si limitano a verificare conformità al progetto, che peraltro, essendo attività puramente tecnica, non giustifica la presenza di dirigenti ministeriali, ai più elevati livelli, a presiedere tali Commissioni.
  Dunque è evidente – e lo afferma esplicitamente anche lo stesso avvocato Fiengo – che la finalità esclusiva di tali commissioni di collaudo è quella di garantire premi a pioggia a dirigenti ministeriali Pag. 49e locali, ciò che spiega l'elevato numero dei collaudi o, per essere più espliciti, la loro deliberata moltiplicazione.
  In realtà – osserva ancora la Commissione di inchiesta – il collaudo sulla funzionalità dell'intera opera realizzata è, nel caso di specie, quanto mai essenziale, dal momento che, come si è sopra rilevato, l'intero sistema poggia sull'azione sinergica di tre elementi distinti, tra loro strettamente integrati e, cioè, il palancolato o la banchina portuale adeguata, la raccolta/drenaggio delle acque e il collettamento al PIF, la cui funzionalità complessiva deve essere necessariamente accertata da collaudo finale
  Quest'ultima considerazione costituisce la riprova sia dell'assoluta inutilità dei collaudi parziali sinora effettuati e dei conseguenti oneri di spesa sostenuti, sia della loro devianza rispetto agli obiettivi propri delle operazioni di collaudo, che attengono alla verifica della funzionalità complessiva delle opere realizzate, e non certamente solo alla loro conformità ai relativi progetti approvati.
  Infine, l'inutilità dei collaudi parziali e la loro devianza rispetto agli obiettivi propri emerge, ancora più evidente, alla luce delle considerazioni dell'amministratore straordinario del Consorzio Venezia Nuova, contenute nella nota del 2 ottobre 2015 (44), secondo cui il mancato completamento delle opere di marginamento sta provocando il progressivo indebolimento anche dei tratti terminali delle strutture già realizzate e sta mettendo in serio dubbio la bontà complessiva dell'intervento finora realizzato.
  In conseguenza di ciò, non v’è dubbio che, una volta ultimate le opere di marginamento, il collaudo generale sulla funzionalità del sistema, come sopra rappresentato, costituisce un atto dovuto.

9. Conclusioni.

  Le indagini svolte dalla Commissione di inchiesta consentono di affermare che l'ufficio del provveditorato interregionale per le opere pubbliche, nella veste di committente dei lavori, per conto dello Stato, non ha mai esercitato, né esercita tuttora, alcun effettivo controllo sia sul sistema di assegnazione, da parte del Consorzio Venezia Nuova, dei subappalti, relativi al MOSE e alle bonifiche, sia sulla congruità dei corrispettivi corrisposti alle ditte subappaltatrici.
  L'assenza di controlli ha consentito al Consorzio Venezia Nuova di assegnare gli appalti alle ditte consorziate, in violazione della normativa sulle gare d'appalto, del codice sui contratti pubblici e delle direttive europee.
  Per i marginamenti delle macroisole di Porto Marghera, sinora, lo Stato ha sostenuto la spesa complessiva di 781,635 milioni di euro, con la realizzazione di circa il 94 per cento delle opere previste, sicché mancano circa 3-3,5 chilometri di marginamenti e di rifacimento delle sponde, da eseguire o ancora in corso di realizzazione.
  E, tuttavia, a fronte di un 5/6 per cento di opere ancora da eseguire, per il completamento dei marginamenti lagunari, occorre la complessiva somma di circa 250 milioni di euro, pari ad oltre il 30 Pag. 50per cento di quella sinora sostenuta dallo Stato, per realizzare il 95 per cento delle opere ad oggi eseguite.
  Si tratta di un dato complessivo, che si evince chiaramente dalla ripartizione delle spese previste per la realizzazione delle opere ancora incompiute, rispettivamente, di competenza del Provveditorato (100 milioni di euro), della regione del Veneto (70/80 milioni di euro) e dell'Autorità portuale di Venezia (76,500 milioni di euro).
  Tale picco di spesa finale si spiega con la lievitazione dei costi, determinata dal fatto che i marginamenti da completare e rifinire sono quelli più complessi.
  Per fare solo alcuni esempi, sono da effettuare marginamenti in corrispondenza dai sottoattraversamenti con tubazioni delle società Edison, Syndial, Sapio/Crion, dell'oleodotto e dell'impianto antincendio della Ies di Mantova, lungo la sponda Sud del Canale Industriale Ovest della macroisola del Nuovo Petrolchimico, nonché i marginamenti relativi alla sponda nord del canale industriale nord, che contermina l'area relativa alla zona industriale, dove sono attive produzioni chimiche, con residui di lavorazioni particolarmente inquinanti (Montecatini, Agrimont), che risulta non ancora protetta, così vanificando il raggiungimento dell'obiettivo proposto di impedire lo sversamento nei canali lagunari delle acque provenienti dai terreni inquinati del SIN.
  Soprattutto, infine, rimane da effettuare il sistema di raccolta/drenaggio delle acque (di competenza del Provveditorato per le opere pubbliche).
  Tutto ciò precisato sui marginamenti e sulle opere da completare, va sottolineato – a chiare lettere – che non si comprende del tutto la ragione della parcellizzazione delle competenze nell'esecuzione delle opere di marginamento e di rifacimento delle sponde delle macroisole lagunari, suddivisa tra il Provveditorato, la regione del Veneto e l'Autorità portuale, posto che tutte le spese sono a carico del Ministero dell'ambiente, cioè, a carico dello Stato.
  Fatto sta che, ad oggi, il mancato completamento di tali opere sta provocando il progressivo indebolimento anche dei tratti terminali delle strutture già realizzate e sta mettendo in serio dubbio la bontà complessiva degli interventi finora realizzati, che sono stati eseguiti non a regola d'arte.
  Ciò significa che, se non verranno reperiti nuovi fondi per completare sia i marginamenti delle macroisole, sia il sistema di depurazione delle acque di falda, rischiano di essere dispersi tutti gli oneri sinora sostenuti dallo Stato, con i fondi di varia provenienza, di cui si è detto.
  Purtroppo, come risulta dall'informativa inviata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in data 27 ottobre 2015 (45) allo stato, non vi sono fondi disponibili per il completamento delle opere destinate alla bonifica del SIN di Venezia – Porto Marghera, ad eccezione di quelli destinati al completamento dei marginamenti delle macroisole di Fusina e del Nuovo Petrolchimico, già disciplinati dall'accordo di programma del 16 aprile 2012, non disponibili da subito, in quanto da reperire nell'ambito del ciclo di programmazione 2014-2020.
  Per il completamento delle altre opere, relative ad altre macroisole e al sistema di raccolta/drenaggio delle acque, di competenza del Pag. 51Provveditorato per le opere pubbliche, bisognerà fare ricorso ai fondi, che andranno a maturare fino all'anno 2023, per effetto delle rateazioni previste nei contratti transattivi del danno ambientale, conclusi con i privati.
  Peraltro, ad aggravare la situazione sul completamento delle opere di marginamento e, in definitiva, sulla funzionalità dell'intero sistema di bonifica, l'informativa ministeriale sopra citata esclude, allo stato, ogni intervento finanziario in favore dell'Autorità portuale, per le opere di competenza di quest'ultima.
  A fronte di tale situazione, determinata dalla mancanza di fondi pubblici, vi è la circostanza, rappresentata dall'ingegnere Roberto Daniele, nel corso della sua audizione del 13 luglio 2015, secondo cui alcuni ulteriori schemi di transazione proposti dai privati non erano stati ancora approvati dai Ministeri competenti (ambiente e infrastrutture), nonostante che – allo stato – gli importi derivanti dalle transazioni con i privati costituiscano l'unica fonte di finanziamento delle opere ancora da ultimare.
  A tale proposito, l'ingegnere Daniele ha richiamato il caso della società Alcoa, con stabilimenti industriali nella macroisola di Fusina, la cui transazione del danno ambientale era stata sottoscritta nel mese di febbraio 2014, ma per la quale non era intervenuto il decreto interministeriale di approvazione. Quest'ultima circostanza ha trovato puntuale conferma nello schema di contratto di transazione concluso con la società Alcoa, acquisito dal Ministero dell'ambiente in assenza del relativo decreto interministeriale (doc. 686/42)
  In effetti – com’è emerso dall'audizione del 18 novembre 2015 dell'amministratore delegato di Alcoa Trasformazioni srl, Paolo Oreste Bendotti e dalla successiva audizione, in data 1o dicembre 2015, del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Graziano Delrio – in data 5 febbraio 2014, è stato stipulato un contratto di transazione (repertorio n. 8647) tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società Alcoa Trasformazioni, concernente una controversia pendente davanti il tribunale di Venezia per il risarcimento del danno ambientale.
  Il suddetto contratto ha determinato in 17.836.784 euro gli oneri che la società Alcoa si è impegnata a versare su apposito capitolo di bilancio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a transazione della lite anzidetta, con rinunzia agli atti di causa.
  Gli oneri anzidetti sono così ripartiti: la somma di 8.891.102 euro viene versata dalla società Alcoa a titolo di risarcimento del danno ambientale, mentre la somma di 8.945.682 euro viene versata per la realizzazione delle opere di marginamento, comprensivo del retromarginamento.
  Successivamente, in data 22 aprile 2014, il Ministero dell'ambiente ha trasmesso, già firmato dal Ministro, il decreto MATTM – MIT di approvazione del contratto di transazione in argomento, per la successiva controfirma del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
  Viceversa, è accaduto che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore non ha provveduto a sottoscrivere il decreto interministeriale, né successivamente – dopo la nomina del nuovo Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, avvenuta in data 2 aprile 2015 – è pervenuto dal Ministero dell'ambiente un nuovo schema di decreto per la firma dell'attuale Ministro, posto che – secondo prassi Pag. 52– i decreti interministeriali vengono reinviati, quando viene nominato un nuovo Ministro.
  Il Ministro Delrio ha riferito che, con nota n. 40184 del 26 novembre 2015, il Provveditorato interregionale per le opere pubbliche di Veneto – Trentino Alto Adige – Friuli Venezia Giulia aveva chiarito le modalità procedurali della quantificazione del valore stimato del danno, da porre a base della proposta transattiva con la società Alcoa, posto che, in quest'ultima procedura transattiva – come in tutte le precedenti proposte transattive approvate – era stato ritenuto congruo il concorso della società titolare del sito, nella misura del cinquanta per cento del costo stimato dell'intervento di messa in sicurezza, con rinunzia al contributo statale previsto dall'accordo di programma e ferme restando, a carico della società Alcoa, sia le spese e gli oneri per la manutenzione e la depurazione delle acque captate dal sistema di drenaggio, sia gli oneri di bonifica del sito, il cui progetto operativo, nel caso di specie, dopo l'approvazione nel 2013 da parte dalla conferenza di servizi, era stato autorizzato, con decreto del Ministero dell'ambiente del mese di giugno 2015. Verificata la regolarità della procedura da parte degli uffici legali del Ministero, si era pervenuti alla conclusione che il decreto interministeriale – già sollecitato al Ministro dell'ambiente – doveva essere firmato, ciò che il Ministro Delrio si accingeva a fare.
  Peraltro, a riprova dell'inceppamento della macchina amministrativa, non può non essere sottolineato il fatto che la situazione riscontrata a proposito dell'Alcoa, purtroppo, non costituisce fatto isolato. Invero, dal verbale della conferenza di servizi istruttoria del 26 febbraio 2015, tenutasi a Roma presso il MATTM, risulta che anche un'altra società, la Veritas spa, con impianti nella macroisola di Fusina, ha sottoscritto un analogo contratto di transazione del danno ambientale, in data 23 settembre 2014 (cioè, ben oltre un anno fa), il cui decreto di approvazione, benché puntualmente inviato per la sottoscrizione dal Ministero dell'ambiente al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, non risulta ancora sottoscritto dal Ministro delle infrastrutture (cfr. pag. 22 doc. 887/1).
  In tale contesto di ritardi e incomprensioni tra gli uffici dei due Ministeri interessati, si sta verificando una situazione che sembra abbastanza paradossale.
  Invero, agli inizi di quest'anno – precisamente in data 8 gennaio 2015 – presso il Ministero dello sviluppo economico è stato sottoscritto dal Ministro, dal presidente della Regione Veneto, dal commissario straordinario del comune di Venezia e dal presidente dell'Autorità portuale di Venezia, l'accordo di programma per la riconversione e la riqualificazione economica dell'area industriale di Porto Marghera, con l'obiettivo di consolidare le attività esistenti, favorire nuovi investimenti finalizzati alla riconversione industriale, all'ambientalizzazione e nuove infrastrutture funzionali alle attività produttive.
  Con l'accordo di programma sono state rese disponibili risorse complessive per quasi 153 milioni di euro, dei quali 103 a carico del Ministero dello sviluppo economico, frutto dei rimborsi effettuati dalla sopra menzionata società Alcoa per lo stabilimento sito nella macroisola di Fusina di Porto Marghera, a seguito della decisione della Commissione europea, che ha obbligato la multinazionale a restituire il valore corrispondente agli sconti sulla bolletta energetica ricevuti nel 2009 e nel 2011, in quanto aiuti di Stato.Pag. 53
  Il Ministero dello sviluppo economico, con il suddetto accordo di programma, ha deciso di investire parte della somma incassata dalla Alcoa in interventi a favore dello sviluppo e dell'occupazione proprio dell'area di Porto Marghera. La riqualificazione industriale riguarda infatti i 2.000 ettari di insediamenti produttivi, commerciali e terziari, canali navigabili e bacini, porto commerciale e infrastrutture, che fanno di Porto Marghera una delle più grandi zone industriali costiere d'Europa.
  Inoltre, il Ministero dello sviluppo economico ha messo a disposizione, per l'anno 2015, un credito di imposta di 50 milioni di euro in favore delle imprese che vogliono realizzare progetti di bonifica in aree industriali ricadenti nei SIN, siti di bonifica di interesse nazionale, come quello di Porto Marghera.
  Quanto sopra rappresentato e, cioè, i progetti di reindustrializzazione del SIN di Porto Marghera – nella specie da effettuarsi con i rimborsi della società Alcoa – poggiano su un equivoco di fondo, che non corrisponde alla reale situazione dei luoghi e dei fatti, posto che le opere di bonifica del SIN non sono state ancora completate e non sono funzionanti.
  Invero, la messa in sicurezza e la successiva bonifica del SIN costituiscono il presupposto ineludibile dell'insediamento di nuove attività produttive e dello sviluppo di quelle esistenti nel sito industriale di Porto Marghera, altrimenti l'inquinamento esistente si aggraverebbe.
  Nelle specifico, poiché dalla bonifica del SIN non si può in alcun modo prescindere, si pone il problema – attuale e non da poco – della destinazione delle somme vincolate dall'accordo di programma, sottoscritto in data 8 gennaio 2015, nonché delle altre somme messe a disposizione dallo Stato, finalizzate alla reindustrializzazione del SIN di Porto Marghera.
  Infine, la vicenda del mancato completamento delle opere di bonifica delle macroisole di Porto Marghera è destinata ad avere ulteriori strascichi, dal momento che, in forza degli atti transattivi finora conclusi con i privati, lo Stato si è impegnato a provvedere – peraltro anche in tempi brevi – alla messa in sicurezza di emergenza e alla bonifica della falda nelle aree in concessione o di proprietà dei privati.
  Pertanto – osserva la Commissione di inchiesta – in sintonia con le considerazioni espresse sia dal Provveditorato interregionale alle opere pubbliche, sia dal Consorzio Venezia Nuova in amministrazione straordinaria nelle informative inviate, rispettivamente, in data 30 settembre 2015 e 2 ottobre 2015, appare altamente probabile ritenere che, nel caso in cui lo Stato non adempia agli obblighi assunti in tempi ragionevoli, sarà chiamato a rispondere in sede civile di tale inadempimento, con rilevanti richieste risarcitorie.
  Si tratta di un evento che va messo in conto, come altamente probabile, in considerazione sia della qualità dei contraenti privati, sia del rilevante importo delle some da costoro versate a transazione del danno ambientale, quali risultano dal lungo elenco inserito in questa relazione.
  Quanto agli effettuati collaudi di ciascun manufatto realizzato – banchina o palancolamento – (collaudi parziali), nell'ambito delle attività di bonifica del SIN di Venezia – Porto Marghera, va detto che lo Stato, a tale titolo, ha finora sostenuto un esborso di 1.544.510,39 euro, per opere che sono state collaudate fino all'importo complessivo Pag. 54di 586.989.935 euro. Si tratta di un importo destinato a lievitare fino a circa 2 milioni di euro se – seguendo il medesimo schema e le stesse modalità – saranno collaudate anche le ulteriori opere eseguite fino a raggiungere l'importo di 781.635.000 euro, pari alla spesa finora sostenuta.
  Si tratta di somma che, anche se spesa male e inutilmente, può apparire non eccessiva solo se parametrata sull'importo dei lavori sinora collaudati di marginamenti e di rifacimento di sponde.
  Viceversa, il quadro cambia se si considera che l'importo complessivo delle spese sostenute dall'Erario per i collaudi parziali effettuati anche per il MOSE – con le stesse modalità e con gli stessi parametri (2/3 per mille) di quelli effettuati per la bonifica del sito di Porto Marghera – ha raggiunto la cifra di circa 15 milioni di euro, come emerge dalla documentazione trasmessa dall'amministratore straordinario del Consorzio Venezia Nuova, avvocato Fiengo (doc. 890/2).
  Si tratta di una somma talmente rilevante che, da sola, se diversamente impegnata, avrebbe potuto fornire un contributo significativo al completamento delle opere di marginamento, di competenza della Regione Veneto, nelle macroisole di Fusina e del Nuovo Petrolchimico.
  Tutto ciò precisato in ordine alle spese sostenute per le commissioni di collaudo, occorre porre in rilievo quanto l'avvocato Giuseppe Fiengo e l'ingegnere Roberto Daniele nelle rispettive qualità, hanno dichiarato nel corso dell'audizione del 13 luglio 2015. Le loro dichiarazioni costituiscono la summa della pretestuosità e dell'inutilità dei collaudi parziali effettuati.
  L'avvocato Giuseppe Fiengo, uno degli amministratori straordinari del Consorzio Venezia Nuova, nel corso dell'audizione del 13 luglio 2015, ha riferito in dettaglio che le commissioni di collaudo sono composte da due tecnici e da un amministrativo e che la presenza di quest'ultimo nelle commissioni di collaudo «non è funzionale» al collaudo, ma costituisce per il collaudatore nominato «un premio per altre attività... però non c’è dubbio che gli stipendi aumentano in modo considerevole» e, a tale proposito , l'avvocato Fiengo ha rappresentato la vicenda – sulla quale era intervenuta la Corte dei Conti – di un dirigente inquisito che «si portava a casa altri 480.000 euro».
  Così stando le cose, alla stregua proprio delle puntuali affermazioni dell'avvocato Fiengo, appare evidente che l'unica ragione, che sorregge la nomina di decine di commissioni di collaudo per singoli manufatti o per gruppi di manufatti realizzati, è stata quella del preminente interesse dei collaudatori – debitamente autorizzati, come risulta anche dall'informativa ministeriale del 27 ottobre 2015 – a percepire i relativi compensi.
  Del resto, il lungo elenco di dirigenti ministeriali e locali nominati, inserito in questa relazione, costituisce la piena conferma di una precisa scelta di fondo, protrattasi per tanti anni.
  Infine, sul punto, l'avvocato Fiengo, nel corso della sua audizione, ha ancora affermato testualmente che «l'opportunità di accettare un incarico dipende dalla sensibilità di colui a cui viene conferito. Ci sono alcuni che hanno questa sensibilità e altri che ce l'hanno un po’ meno. Dipende anche da chi conferisce l'incarico, ma le indicazioni ci pervengono tutte soltanto dal provveditorato, peraltro con compensi fissati...».Pag. 55
  Ora, il rimettersi alla cosiddetta «sensibilità» di chi ha conferito e di chi ha accettato tali incarichi di collaudo, al di fuori di qualsiasi legittimazione di legge o di regolamento, ha un significato univoco e, cioè, quello della piena consapevolezza – da parte di tutti gli operatori intervenuti in questa dolosa vicenda – di sperperare denaro pubblico.
  A sua volta, l'ingegnere Daniele, provveditore interregionale per le opere pubbliche del Triveneto, dopo aver riferito alla Commissione di inchiesta di essere stato, anche lui, nominato collaudatore in una Commissione di collaudo (per il MOSE), ha chiarito che il compito delle commissioni di collaudo nominate dal suo Ufficio non attiene alla verifica della funzionalità dell'opera, bensì solo alla verifica che questa sia stata realizzata in conformità al progetto approvato, aggiungendo che il suo Ufficio aveva effettuato la scelta di non nominare un'unica «commissione globale», com'era accaduto per la TAV e per molte grandi opere, «dove c’è un'unica commissione magari con una riduzione del corrispettivo per economie di scala».
  Le osservazioni svolte sul punto dall'ingegnere Daniele nella nota del 12 novembre 2015 (doc. 883/4) non sono pertinenti, poiché il concetto sopra sviluppato attiene al rapporto tra i collaudi parziali effettuati e il collaudo complessivo sulla funzionalità delle opere realizzate, che l'ingegnere Daniele ha escluso. Mentre nessuno dubita che la singola opera realizzata e collaudata, oltre che essere conforme al progetto, debba anche «funzionare», come afferma l'ingegnere Daniele, pur se non si comprende il senso di tale termine riferito a un palancolamento o a una banchina, singolarmente considerati, a meno di non rapportarlo al concetto di semplice tenuta del manufatto.
  Invero – secondo la prospettazione del Provveditore per le opere pubbliche del Triveneto – i collaudi parziali sono stati da autorizzati dal suo ufficio e poi effettuati, in sostituzione del collaudo finale sulla funzionalità delle opere realizzate.
  In realtà, contrariamente a quanto sostenuto dal Provveditore per le opere pubbliche del Triveneto, i collaudi parziali effettuati non possono essere, in alcun modo, sostitutivi del collaudo finale dell'intera opera eseguita, per la considerazione che – proprio avuto riguardo al caso di specie della bonifica del SIN di Porto Marghera – il collaudo finale o «globale» è destinato a verificare la funzionalità del «sistema integrato» di marginamento, di raccolta/drenaggio delle acque e di collettamento al PIF, alla stregua dell'accordo di programma, sottoscritto da tutte le parti interessate. Appare evidente che l'anzidetta verifica di funzionalità non ha nulla che vedere (nel senso che vi prescinde) con la verifica della conformità al progetto di ciascun manufatto realizzato.
  In conclusione, i collaudi effettuati sui singoli manufatti realizzati, e non sull'opera nel suo complesso, nonostante tecnicamente inevitabili, rappresentano, nel caso specifico, un mero sperpero di danaro pubblico, in quanto si tratta di collaudi del tutto inutili se non seguiti dalla verifica della funzionalità complessiva dell'intera opera eseguita.

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NOTE

  (1) Doc. 713/2. I documenti (doc.) citati nel corso della proposta di relazione sono depositati presso l'Archivio della Commissione d'inchiesta.

  (2) Doc. 592/2.

  (3) Allegata al doc. 590/2.

  (4) Doc. 589/2.

  (5) Doc. 758/1.

  (6) Doc. 757/2.

  (7) Doc. 757/2.

  (8) Cfr. la relazione della SIFA s.c.p.a. sulle attività svolte per la bonifica del sito di interesse nazionale di Porto Marghera in doc. 592/2.

  (9) Allegato 2 al doc. 787/2.

  (10) Cfr. la relazione del 7 luglio 2015 degli amministratori straordinari del Consorzio Venezia Nuova, in doc. 589/2.

  (11) Legge n. 798 del 1984.

  (12) Ora Provveditorato alle opere pubbliche per il Triveneto.

  (13) Docc. da n. 686/2 a n. 686/44.

  (14) Doc. 589/2.

  (15) Doc. 686/2.

  (16) Doc. 686/3.

  (17) Doc. 593/2.

  (18) Doc. 613/2.

  (19) Doc. 342/2.

  (20) Allegato al doc. 713/2.

  (21) Doc. 589/2.

  (22) Doc. 338/2.

  (23) Doc. 338/2.

  (24) Doc. 342/2.

  (25) Doc. 681/2.

  (26) Doc. 681/2.

  (27) Doc. 400/2.

  (28) Doc. 713/2.

  (29) Doc. 776/1.

  (30) Doc. 681/2.

  (31) Doc. 776/1.

  (32) Doc. 713/2.

  (33) Doc. 681/2.

  (34) Doc. 776/1.

  (35) Doc. 828/1.

  (36) Doc. 823/1.

  (37) Doc. 823/2.

  (38) Allegato 6 al doc. 823/2.

  (39) Allegato 4 al doc. 823/2.

  (40) Doc. 787/2.

  (41) Doc. 776/1.

  (42) Doc. 338/2.

  (43) Allegato 2 al doc. 787/2.

  (44) Doc. 776/1.

  (45) Docc. 823/1,2,3.