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Il decreto legislativo n. 142 del 2015 (cd. decreto accoglienza)
informazioni aggiornate a giovedì, 15 febbraio 2018

Le condizioni dell'accoglienza per i richiedenti protezione internazionale sono disciplinate dalla direttiva 2013/33/UE, la cosiddetta direttiva accoglienza che sostituisce la precedente direttiva 2003/9/UE.

La direttiva del 2003 è stata recepita nell'ordinamento interno dal decreto legislativo n. 140/2005, poi abrogato dal decreto legislativo n. 142/2015 che ne ha sostituito il contenuto, aggiornandolo con le disposizioni della nuova direttiva accoglienza del 2013. Successivamente, sono state apportate alcune integrazioni e modifiche al decreto legislativo n. 142, dapprima, dal decreto-legge n. 13/2017 che ha previsto una serie di interventi urgenti in materia di immigrazione. e, successivamente, con la L. n. 47/2017 sui minori stranieri non accompagnati e con il correttivo D.Lgs. n. 220/2017.

I destinatari del sistema di accoglienza disciplinato dal D.Lgs. n. 142/2015 sono gli stranieri non comunitari e gli apolidi, richiedenti protezione internazionale (ossia il riconoscimento dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria) nel territorio nazionale (comprese le frontiere e le zone di transito), nonché i familiari inclusi nella domanda di protezione. Le misure di accoglienza si applicano dal momento di manifestazione della volontà di chiedere la protezione internazionale (non già dal momento della presentazione della domanda, come era previsto dall'articolo 5 del D.Lgs. n. 140 del 2005) e si applicano anche nei confronti di coloro per i quali è necessario stabilire lo Stato membro competente all'esame della domanda ai sensi del cd. regolamento Dublino III (art. 1).

 

Il sistema di accoglienza

Il decreto legislativo n. 142/2015 ha fissato il principio della leale collaborazione tra i livelli di governo interessati, secondo forme apposite di coordinamento nazionale e regionale (art. 8) basate sul Tavolo di coordinamento nazionale, insediato presso il Ministero dell'interno con compiti di indirizzo, pianificazione e programmazione in materia di accoglienza, compresi quelli di individuare i criteri di ripartizione regionale dei posti da destinare alle finalità di accoglienza (art. 16).

L'accoglienza è articolata in diverse fasi.

La primissima fase, antecedente alla accoglienza vera e propria, consiste nel soccorso e prima assistenza, nonchè di identificazione dei migranti, soprattutto nei luoghi di sbarco (art. 8, co. 2). Tali funzioni continuano ad essere svolte nei Centri di primo soccorso e accoglienza (CPSA) allestiti all'epoca dell'emergenza sbarchi in Puglia nel 1995 (D.L. n. 451/1995).

L'accoglienza vera e propria si articola a sua volta in due fasi: la prima si svolge nei nuovi centri governativi di prima accoglienza, da istituire con decreto del Ministro dell'interno, sentita la Conferenza unificata e sulla base degli indirizzi del Tavolo di coordinamento nazionale (art. 9). Il richiedente è accolto in tali strutture per il tempo necessario al completamento delle operazioni di identificazione,  alla presentazione e l'avvio dell'esame della domanda di protezione internazionale, nonchè all'accertamento delle condizioni di salute diretto a verificare la eventuale sussistenza di situazioni di vulnerabilità. Tale funzione è innanzitutto svolta dai centri di accoglienza già esistenti al momento dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 142/2015, come i Centri di accoglienza per i richiedenti asilo (CARA) e i Centri di accoglienza (CDA).

Solamente i richiedenti asilo che possono costituire un pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica sono trattenuti in apposite sezioni dei Centri allestiti per gli immigrati clandestini . Con l'entrata in vigore del D.L. n. 13/2017, tali centri (prima denominati CIE - centri di identificazione ed espulsione) sono configurati come Centri di permanenza per i rimpatri, qualificati come strutture a capienza limitata, dislocate in tutto il territorio nazionale, sentiti i presidenti di regione, con una rete volta a raggiungere una capienza totale di 1.600 posti

La seconda accoglienza è svolta a livello territoriale nei centri del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), dove sono accolti coloro che hanno già fatto domanda per il riconoscimento dello status di rifugiato (e anche coloro ai quali detto status è stato riconosciuto) e che non dispongono di mezzi sufficienti per il sostentamento proprio e dei propri familiari (art. 14).

Nel caso di esaurimento dei posti all'interno delle strutture di prima e di seconda accoglienza, a causa di arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti cui l'ordinario sistema di accoglienza non sia in grado di far fronte, questi possono essere ospitati in strutture temporanee di emergenza (art. 11, D.Lgs. 142/2015). Tali strutture sono individuate dalle prefetture - uffici territoriali del Governo, sentito l'ente locale nel cui territorio è situata la struttura (secondo le procedure di affidamento dei contratti pubblici) e la permanenza in tali strutture è stabilita per un tempo limitato, in attesa del trasferimento nelle strutture di prima accoglienza o in quelle della rete territoriale SPRAR.

Informazione e soggiorno

La prima fase dell'accoglienza si realizza con l'obbligo di informazione a favore del richiedente protezione internazionale, attraverso la consegna di un opuscolo informativo, redatto possibilmente nella lingua del richiedente, circa le condizioni dell'accoglienza e le fasi della procedura per il riconoscimento della protezione internazionale (art. 3).

Inoltre, al momento della richiesta di protezione viene lasciata una ricevuta attestante la presentazione della domanda di protezione internazionale che costituisce permesso di soggiorno provvisorio. Successivamente, il richiedente ottiene un permesso di soggiorno per richiesta asilo della durata di sei mesi (pari al termine entro cui la procedura per il riconoscimento o il diniego della protezione internazionale, da parte della Commissione territoriale, dovrebbe concludersi), ferma restando la rinnovabilità del permesso di soggiorno per richiesta asilo, fino alla decisione sulla domanda di protezione o sull'impugnazione del suo diniego (art. 4).

Da parte sua, il richiedente ha l'obbligo di comunicare alla questura il proprio domicilio o residenza, così come ogni successivo mutamento. L'indirizzo del centro o della struttura di accoglienza, per il richiedente che vi si trovi, costituisce il domicilio agli effetti del procedimento di riconoscimento della protezione internazionale e del trattenimento (art. 5).

Il D.L. n. 13/2017 ha previsto l'iscrizione obbligatoria nell'anagrafe della popolazione residente del richiedente protezione internazionale ospitato nei centri di accoglienza che non vi risulti già iscritto individualmente (art. 5-bis, D.Lgs. n. 142/2015).

Da ultimo (art. 6, D.L. n. 13/2017)  sono state previste modalità più celeri in materia di notificazione degli atti al richiedente protezione internazionale e di verbalizzazione dei colloqui presso la Commissione nazionale e le Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale. Per quanto riguarda la notificazione delle decisioni e degli atti relativi al procedimento di riconoscimento, si prevede l'utilizzo della posta elettronica certificata qualora l'interessato sia ospitato in un centro, ovvero del mezzo postale ordinario, in caso di diverso domicilio. Inoltre, si prevede la videoregistrazione del colloquio personale con il richiedente e la successiva trascrizione con l'ausilio di mezzi automatici di riconoscimento vocale, in luogo della tradizionale verbalizzazione.

 

Trattenimento e prima accoglienza

I migranti che manifestano l'intenzione di chiedere la protezione internazionale, a meno che non ricorrano le condizioni che necessitino il trattenimento nei Centri di permenza per i rimpatri, sono accompagnati nei centri governativi di prima accoglienza, che hanno la funzione di consentire l'identificazione dello straniero (ove non sia stato possibile completare le operazioni nei centri di primo soccorso dislocati nei luoghi di sbarco), la verbalizzazione e l'avvio della procedura di esame della domanda di asilo, l'accertamento delle condizioni di salute e la sussistenza di eventuali situazioni di vulnerabilità che comportino speciali misure di assistenza.

I centri sono istituiti a livello regionale o interregionale con decreto del Ministro dell'interno, sentita la Conferenza unificata, anche mediante la riconversione dei preesistenti Centri di assistenza richiedenti asilo (CARA) e Centri di accoglienza (CDA). La gestione dei centri di prima accoglienza può essere affidata ad enti locali, ad enti pubblici e privati che operano nel settori dell'immigrazione o dell'assistenza sociale, secondo le procedure di affidamento dei contratti pubblici (artt. 9 e 10).

Come accennato, in presenza di determinate circostanze i richiedenti protezione internazionale possono essere trattenuti nei Centri di permanenza per i rimpatri (ex CIE) di cui all'art. 14 del D.Lgs. n. 286/1998, dove, se possibile, sono allestiti appositi spazi a loro destinati (artt. 6 e 7). 

Si ricorda, in proposito, che, l'art. 19 del D.L. n. 13/2017, modificando puntualmente il richiamato art. 14 al fine di rafforzare l'effettività delle espulsioni e di potenziare la rete dei centri di permanenza per i rimpatri, ha modificato la denominazione dei Centri di identificazione ed espulsione (CIE) - dove per la prima volta la legge Turco- Napolitano ha previsto la possibilità di trattenere i destinatari di provvedimenti di espulsione - in Centri di permanenza per i rimpatri. Il medesimo decreto ha inoltre stabilito l'ampliamento della rete dei centri al fine di assicurare la più efficace esecuzione dei provvedimenti di espulsione dello straniero, in modo da assicurare la distribuzione delle strutture sull'intero territorio nazionale. A tal fine, la dislocazione dei centri di nuova istituzione avviene con decreto del Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il presidente della regione o della provincia autonoma interessata, privilegiando i siti e le aree esterne ai centri urbani che risultino più facilmente raggiungibili e nei quali siano presenti strutture di proprietà pubblica che possano essere, anche mediante interventi di adeguamento o ristrutturazione, resi idonei allo scopo, tenendo conto della necessità di realizzare strutture di capienza limitata idonee a garantire condizioni di trattenimento che assicurino l'assoluto rispetto della dignità della persona. A tali centri si applicano le disposizioni sulle visite di cui all'art. 67 della legge n. 354/1975 sull'ordinamento penitenziario.

Il trattenimento è disposto dal questore nei confronti dei soggetti ritenuti pericolosi oppure già destinatari di un provvedimento di espulsione motivato da comportamenti contrari all'ordine e alla sicurezza pubblica. Sono, inoltre, trattenuti coloro per i quali sussista il pericolo di fuga in pendenza della decisione sulla istanza di protezione internazionale. In ogni caso non può essere disposto il trattenimento al solo fine dell'esame della domanda.

Nel caso di trattenimento deve essere assicurata ai richiedenti asilo la piena assistenza e rispetto della dignità e deve essere garantito l'accesso ai centri dei rappresentanti dell'Alto commissariato ONU per i rifugiati, agli avvocati e ai rappresentanti degli enti di tutela dei rifugiati (art. 7, D.Lgs. n. 142/2015).

Il trattenimento del richiedente asilo nei Centri di permanenza per i rimpatri non può protrarsi oltre il tempo strettamente necessario all'esame della domanda, salvo che sussistano ulteriori motivi di trattenimento ai sensi dell'art. 14 del TU immigrazione (v. oltre, paragrafo sui tempi massimi di trattenimento dei centri).

Si ricorda che il termine di esame delle domande di asilo da parte delle commissioni territoriali è fissato generalmente in 6 mesi, prorogabili di ulteriori 9 mesi in presenza di determinate circostanze speciali e, in casi eccezionali di altri 3 mesi, per un totale di 18 mesi al massimo (art. 27 del D.Lgs. 25/2008, come modificato dal D.Lgs. 142/2015). Nel caso di soggetto trattenuto in un CIE, la domanda ha carattere prioritario e i termini massimi di cui sopra sono ridotti ad un terzo, ossia a 6 mesi, a meno che si tratti di domande infondate, reiterate o pretestuose per le quali il termine massimo di esame è confermato a 18 mesi (art. 28 e 28-bis del D.Lgs. 25/2008).

Nel caso di respingimento della domanda, il richiedente ha facoltà di presentare ricorso giurisdizionale. In tal caso il trattenimento può essere prorogato fino ad un massimo di 12 mesi complessivi, includenti anche la quota parte di trattenimento nella fase precedente al diniego.

E' altresì previsto (art. 8, D.L. n. 13/2017):

  • il mantenimento per il richiedente protezione internazionale che sia oggetto di un provvedimento di respingimento (e non solo di un provvedimento di espulsione) della misura restrittiva del trattenimento qualora si ravvisi che la domanda sia stata presentata allo scopo di ritardare l'espulsione;
  • l'impossibilità di trattenere nei centri di permanenza per i rimpatri i richiedenti asilo le cui condizioni di vulnerabilità (e non solo di salute) siano incompatibili con il trattenimento;

  • la partecipazione del richiedente protezione internazionale al procedimento di convalida del provvedimento di trattenimento nei centri di permanenza per il rimpatrio (ex CIE), ove possibile, a distanza mediante collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza e il centro dove è trattenuto.

 

I termini massimi di trattenimento nei centri
L'art. 14, comma 5, del TU immigrazione (D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286) prevede una dettagliata scansione temporale sui tempi di permanenza nei centri. In particolare, si prevede che la convalida della misura del trattenimento comporta la permanenza dello straniero nel Centro per un periodo di complessivi 30 giorni.
Qualora l'accertamento dell'identità e della nazionalità ovvero l'acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori 30 giorni.
Anche prima di tale termine, il questore esegue l'espulsione o il respingimento, dandone comunicazione senza ritardo al giudice.
Trascorso tale termine, il questore può chiedere al giudice di pace una o più proroghe qualora siano emersi elementi concreti che consentano di ritenere probabile l'identificazione ovvero sia necessario al fine di organizzare le operazioni di rimpatrio.
In base all'art. 14, comma 5, TU immigrazione, in ogni caso il periodo massimo di trattenimento dello straniero all'interno del centro di identificazione e di espulsione non può essere superiore a 90 giorni (ai sensi della legge europea 2013-bis, che ha ridotto della metà il termine fino allora vigente in base all'articolo 3, comma 1, lettera e) della legge n. 161 del 2014).
L'articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, così come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, prevede che «quando non sia possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento» alla frontiera , il questore «dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario» presso il Centro di identificazione ed espulsione. La durata del trattenimento, inizialmente di 30 giorni (legge Turco - Napolitano) è passata a 60 giorni con la legge Bossi - Fini nel 2002 e a 180 giorni in base a quanto disposto dal «Pacchetto sicurezza" (decreto-legge del 23 maggio 2008 n. 92 conv. L n. 125 del 2008). A ottobre del 2014, a seguito di un emendamento approvato alla legge europea 2013-bis, è stata disposta la riduzione del periodo massimo di trattenimento degli stranieri all'interno dei Cie a 90 giorni.
Nel Rapporto sui Centri di identificazione ed espulsione del febbraio 2016 della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani istituita presso il Senato si fa presente che la permanenza media nei CIE nel 2015 è stata di 25,5 giorni.
Con l'approvazione del decreto legislativo n. 142/2015, adottato in attuazione delle direttive 2013/32/UE e 2013/33/UE sulle norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, è stato previsto in alcune circostanze che il trattenimento possa protrarsi fino a 12 mesi per il richiedente asilo che "costituisce un pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica" e per il quale "sussiste rischio di fuga".
Nel caso in cui lo straniero che sia già stato trattenuto presso le strutture carcerarie per un periodo pari a quello massimo di 90 giorni, il medesimo art. 14, comma 5, del TU immigrazione dispone – al quinto periodo – che vi è la possibilità di trattenimento presso il centro per un periodo massimo di 30 giorni, prorogabile – come previsto dal D.L. n. 13/2017 - di ulteriori 15 giorni, previa convalida da parte del giudice di pace, nei casi di "particolare complessità delle procedure di identificazione e di organizzazione del rimpatrio".

 

Seconda accoglienza e SPRAR

Una volta esaurita la prima fase di accoglienza, gli stranieri che abbiano formalizzato la domanda di asilo e siano privi di mezzi di sussistenza adeguati sono avviati nelle strutture territoriali che costituiscono il Sistema di protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati - SPRAR (art. 14). La valutazione dei mezzi di sussistenza dei richiedenti asilo viene effettuata dalla prefettura, con le modalità disciplinate dall'art. 15, D.Lgs. 142/2015.

Il sistema di accoglienza territoriale è stato istituzionalizzato dalla legge n. 189 del 2002, che ha modificato il decreto-legge n. 416 del 1989 ("Norme urgenti in materia di asilo politico, ingresso e soggiorno di cittadini extracomunitari e regolarizzazione di cittadini extracomunitari e apolidi"). In particolare il sistema di accoglienza territoriale e il suo finanziamento sono oggetto degli articoli aggiuntivi 1-sexies e 1-septies del decreto-legge, volti ad introdurre un sistema di accoglienza pubblico, diffuso su tutto il territorio italiano con il coinvolgimento delle istituzioni centrali e locali secondo una condivisione di responsabilità tra Ministero dell'interno ed enti locali.

Gli enti locali aderiscono al sistema SPRAR su base volontaria e attuano i progetti con il supporto delle realtà del terzo settore. A coordinare lo SPRAR è il Servizio centrale, attivato dal Ministero dell'interno e affidato con convenzione all'Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci). Ai sensi della normativa vigente i progetti di accoglienza integrata vengono finanziati annualmente dal Ministro dell'interno, coprendo i costi complessivi dei vari servizi forniti dai territori nella misura massima dell'80%. Il finanziamento è a carico del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo, istituito dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, che ha modificato il decreto legge n. 416 del 1989 e nel quale confluiscono sia risorse nazionali, provenienti dallo stato di previsione del Ministero dell'interno, sia assegnazioni annuali del Fondo europeo per i rifugiati.

Ciascun ente locale elabora progetti in linea con le necessità e i criteri indicati dal ministero e - per finanziarli - presenta un'apposita domanda di ammissione al contributo. Le linee guida e le modalità di presentazione delle domande di contributo sono oggetto di un decreto ministeriale che il Ministro dell'interno emana sentita la Conferenza unificata. Il decreto deve prevedere e regolamentare anche la predisposizione di servizi rivolti a persone con esigenze particolari, come minori, minori non accompagnati, disabili, anziani, donne in stato di gravidanza, persone affette da malattie mentali o vittime di violenza, torture, mutilazioni genitali.

Le misure di accoglienza sono assicurate per tutto il periodo in cui si svolge il procedimento di esame della domanda da parte della Commissione territoriale competente, fino al momento della decisione. Se la Commissione territoriale rigetta la domanda, la durata dell'accoglienza è commisurata a quella del ricorso giurisdizionale. Le misure di accoglienza pertanto continuano ad essere assicurate fino alla scadenza del termine per l'impugnazione della decisione.

 

Accoglienza di persone portatrici di esigenze particolari

Ai richiedenti asilo che rientrano in alcune categorie vulnerabili sono assicurate forme di assistenza particolari nella prestazione delle misure di accoglienza. Si tratta delle seguenti categorie di persone: minori, minori non accompagnati; disabili; anziani; donne in stato di gravidanza; genitori singoli con figli minori; vittime di tratta di esseri umani; persone affette da gravi malattie e o disturbi mentali; persone per le quali sia stato accertato che hanno subito torture, stupri o altre gravi forme di violenza psicologica, fisica o sessuale; vittime di mutilazioni genitali. I servizi speciali di accoglienza per le persone vulnerabili garantiscono misure assistenziali particolari ed un adeguato supporto psicologico e sono assicurati anche in collaborazione con la ASL competente per territorio. Tali servizi, individuati con decreto ministeriale, sono assicurati sia all'interno dei centri governativi di prima accoglienza, sia nell'ambito del sistema di accoglienza territoriale (SPRAR). Inoltre, le persone che hanno subito danni per effetto di torture, stupri o altri gravi atti di violenza, abbiano il diritto di accedere ad assistenza o cure mediche e psicologiche appropriate, secondo quanto previsto dalle linee guida del Ministero della salute per la programmazione degli interventi di assistenza e riabilitazione nonché per il trattamento dei disturbi psichici dei beneficiari di protezione internazionale che hanno subito violenze (art. 17).

Specifiche disposizioni sono dedicate all'accoglienza dei minori (art. 18) nel rispetto del principio del carattere di priorità del superiore interesse del minore che costituisce criterio guida nell'applicazione delle misure di accoglienza. Con tale finalità si procede all'ascolto del minore, tenendo conto della sua età, del suo grado di maturità e di sviluppo personale, anche al fine di conoscere le esperienze pregresse e valutare il rischio che il minore sia vittima di tratta di esseri umani e alla verifica della possibilità di ricongiungimento familiare.

I minori non accompagnati sono destinatari di ulteriori forme di assistenza in quanto è prevista l'istituzione di centri di prima accoglienza esclusivamente destinati a loro per le esigenze di soccorso e di protezione immediata. Inoltre, i minori non accompagnati hanno accesso alle strutture nel SPRAR anche in assenza della domanda di protezione internazionale (art. 19). Sul tema si rinvia al paragrafo sull'accoglienza dei minori non accompagnati, nell'ambito del tema ad essi dedicato. 

 

Assistenza sanitaria, istruzione e lavoro

E' garantito l'accesso dei richiedenti all'assistenza sanitaria, richiamando le disposizioni previste dall'articolo 34 del Testo unico immigrazione, che prevede l'obbligo di iscrizione al servizio sanitario nazionale e la parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani per quanto attiene all'obbligo contributivo, all'assistenza erogata in Italia dal servizio sanitario nazionale e alla sua validità temporale (art. 21, D.Lgs. n. 142).

Nelle more dell'iscrizione al servizio sanitario nazionale, si applica l'articolo 35 del medesimo Testo unico. Pertanto, in tale periodo sono assicurate, nei presidi pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva.

In particolare, sono garantiti:

a) la tutela sociale della gravidanza e della maternità, a parità di trattamento con le cittadine italiane;

b) la tutela della salute del minore in esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989;

c) le vaccinazioni secondo la normativa e nell'ambito di interventi di campagne di prevenzione collettiva autorizzati dalle regioni;

d) gli interventi di profilassi internazionale;

e) la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive ed eventuale bonifica dei relativi focolai.

I minori richiedenti protezione internazionale o i minori figli di richiedenti protezione internazionale sono soggetti all'obbligo scolastico, si prevede inoltre che i minori accedano ai corsi e alle iniziative per l'apprendimento della lingua italiana che possono essere attivati da Stato, regioni ed enti locali per garantire l'effettività del diritto allo studio (art. 21).

Il permesso di soggiorno per richiesta asilo consente di svolgere attività lavorativa, trascorsi sessanta giorni dalla presentazione della domanda, qualora il procedimento di esame della domanda non è concluso ed il ritardo non può essere attribuito al richiedente (art. 22).

Da ultimo, l'art. 8 del D.L. n. 13/2017 ha introdotto nel D.Lgs. 142/2015 il nuovo articolo 22-bis, relativo alla partecipazione dei richiedenti protezione internazionale, su base volontaria, in attività di utilità sociale in favore delle collettività locali. La disposizione, nel far rinvio alla normativa vigente in materia di lavori socialmente utili, individua nel prefetto, d'intesa con i comuni e con le regioni e le province autonome, il soggetto promotore di tal tipo di attività, anche con la stipula di protocolli di intesa con i comuni, con le regioni e le province autonome e con le organizzazioni del terzo settore. L'impiego dei richiedenti protezione internazionale, su base volontaria, in attività di utilità sociale in favore delle collettività locali si svolge "nel quadro delle disposizioni normative vigenti".

 

Revoca delle condizioni di accoglienza

Le misure di accoglienza possono essere revocate (art. 23) con decreto del prefetto, qualora il richiedente asilo:

  • non si presenti presso la struttura individuata o abbandoni immotivatamente la struttura stessa senza comunicarlo alla prefettura;
  • non si presenti all'audizione davanti all'organo che esamina la domanda;
  • abbia già in precedenza presentato in Italia domanda di protezione internazionale, reiterata ai sensi dell'articolo 29 del decreto legislativo n. 25 del 2008;
  • abbia mezzi economici sufficienti, e accertati;
  • abbia violato in modo grave o ripetutamente le regole della struttura di accoglienza ovvero abbia avuto comportamenti gravemente violenti.

In ogni caso, in vista dell'adozione della revoca delle misure si deve prendere in considerazione la complessiva situazione del richiedente, specie in riferimento ad eventuali condizioni di vulnerabilità.

Avverso il provvedimento di revoca delle misure di accoglienza il richiedente può proporre ricorso giurisdizionale avanti al Tribunale amministrativo regionale competente.

Una ulteriore causa di revoca si verifica ove, successivamente all'invio in una struttura di accoglienza, emergano i presupposti per la valutazione di pericolosità del richiedente che giustifica il trattenimento nei CIE. In tal caso, il prefetto dispone la revoca delle misure e ne dà comunicazione al questore ai fini dell'adozione del provvedimento di trattenimento.

Le condizioni dell'accoglienza per i richiedenti protezione internazionale sono disciplinate dalla direttiva 2013/33/UE, la cosiddetta direttiva accoglienza che sostituisce la precedente direttiva 2003/9/UE.

La direttiva del 2003 è stata recepita nell'ordinamento interno dal decreto legislativo n. 140/2005, poi abrogato dal decreto legislativo n. 142/2015 che ne ha sostituito il contenuto, aggiornandolo con le disposizioni della nuova direttiva accoglienza del 2013. Successivamente, sono state apportate alcune integrazioni e modifiche al decreto legislativo n. 142, dapprima, dal decreto-legge n. 13/2017 che ha previsto una serie di interventi urgenti in materia di immigrazione. e, successivamente, con la L. n. 47/2017 sui minori stranieri non accompagnati e con il correttivo D.Lgs. n. 220/2017.

I destinatari del sistema di accoglienza disciplinato dal D.Lgs. n. 142/2015 sono gli stranieri non comunitari e gli apolidi, richiedenti protezione internazionale (ossia il riconoscimento dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria) nel territorio nazionale (comprese le frontiere e le zone di transito), nonché i familiari inclusi nella domanda di protezione. Le misure di accoglienza si applicano dal momento di manifestazione della volontà di chiedere la protezione internazionale (non già dal momento della presentazione della domanda, come era previsto dall'articolo 5 del D.Lgs. n. 140 del 2005) e si applicano anche nei confronti di coloro per i quali è necessario stabilire lo Stato membro competente all'esame della domanda ai sensi del cd. regolamento Dublino III (art. 1).

 

Il sistema di accoglienza

Il decreto legislativo n. 142/2015 ha fissato il principio della leale collaborazione tra i livelli di governo interessati, secondo forme apposite di coordinamento nazionale e regionale (art. 8) basate sul Tavolo di coordinamento nazionale, insediato presso il Ministero dell'interno con compiti di indirizzo, pianificazione e programmazione in materia di accoglienza, compresi quelli di individuare i criteri di ripartizione regionale dei posti da destinare alle finalità di accoglienza (art. 16).

L'accoglienza è articolata in diverse fasi.

La primissima fase, antecedente alla accoglienza vera e propria, consiste nel soccorso e prima assistenza, nonchè di identificazione dei migranti, soprattutto nei luoghi di sbarco (art. 8, co. 2). Tali funzioni continuano ad essere svolte nei Centri di primo soccorso e accoglienza (CPSA) allestiti all'epoca dell'emergenza sbarchi in Puglia nel 1995 (D.L. n. 451/1995).

L'accoglienza vera e propria si articola a sua volta in due fasi: la prima si svolge nei nuovi centri governativi di prima accoglienza, da istituire con decreto del Ministro dell'interno, sentita la Conferenza unificata e sulla base degli indirizzi del Tavolo di coordinamento nazionale (art. 9). Il richiedente è accolto in tali strutture per il tempo necessario al completamento delle operazioni di identificazione,  alla presentazione e l'avvio dell'esame della domanda di protezione internazionale, nonchè all'accertamento delle condizioni di salute diretto a verificare la eventuale sussistenza di situazioni di vulnerabilità. Tale funzione è innanzitutto svolta dai centri di accoglienza già esistenti al momento dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 142/2015, come i Centri di accoglienza per i richiedenti asilo (CARA) e i Centri di accoglienza (CDA).

Solamente i richiedenti asilo che possono costituire un pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica sono trattenuti in apposite sezioni dei Centri allestiti per gli immigrati clandestini . Con l'entrata in vigore del D.L. n. 13/2017, tali centri (prima denominati CIE - centri di identificazione ed espulsione) sono configurati come Centri di permanenza per i rimpatri, qualificati come strutture a capienza limitata, dislocate in tutto il territorio nazionale, sentiti i presidenti di regione, con una rete volta a raggiungere una capienza totale di 1.600 posti

La seconda accoglienza è svolta a livello territoriale nei centri del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), dove sono accolti coloro che hanno già fatto domanda per il riconoscimento dello status di rifugiato (e anche coloro ai quali detto status è stato riconosciuto) e che non dispongono di mezzi sufficienti per il sostentamento proprio e dei propri familiari (art. 14).

Nel caso di esaurimento dei posti all'interno delle strutture di prima e di seconda accoglienza, a causa di arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti cui l'ordinario sistema di accoglienza non sia in grado di far fronte, questi possono essere ospitati in strutture temporanee di emergenza (art. 11, D.Lgs. 142/2015). Tali strutture sono individuate dalle prefetture - uffici territoriali del Governo, sentito l'ente locale nel cui territorio è situata la struttura (secondo le procedure di affidamento dei contratti pubblici) e la permanenza in tali strutture è stabilita per un tempo limitato, in attesa del trasferimento nelle strutture di prima accoglienza o in quelle della rete territoriale SPRAR.

Informazione e soggiorno

La prima fase dell'accoglienza si realizza con l'obbligo di informazione a favore del richiedente protezione internazionale, attraverso la consegna di un opuscolo informativo, redatto possibilmente nella lingua del richiedente, circa le condizioni dell'accoglienza e le fasi della procedura per il riconoscimento della protezione internazionale (art. 3).

Inoltre, al momento della richiesta di protezione viene lasciata una ricevuta attestante la presentazione della domanda di protezione internazionale che costituisce permesso di soggiorno provvisorio. Successivamente, il richiedente ottiene un permesso di soggiorno per richiesta asilo della durata di sei mesi (pari al termine entro cui la procedura per il riconoscimento o il diniego della protezione internazionale, da parte della Commissione territoriale, dovrebbe concludersi), ferma restando la rinnovabilità del permesso di soggiorno per richiesta asilo, fino alla decisione sulla domanda di protezione o sull'impugnazione del suo diniego (art. 4).

Da parte sua, il richiedente ha l'obbligo di comunicare alla questura il proprio domicilio o residenza, così come ogni successivo mutamento. L'indirizzo del centro o della struttura di accoglienza, per il richiedente che vi si trovi, costituisce il domicilio agli effetti del procedimento di riconoscimento della protezione internazionale e del trattenimento (art. 5).

Il D.L. n. 13/2017 ha previsto l'iscrizione obbligatoria nell'anagrafe della popolazione residente del richiedente protezione internazionale ospitato nei centri di accoglienza che non vi risulti già iscritto individualmente (art. 5-bis, D.Lgs. n. 142/2015).

Da ultimo (art. 6, D.L. n. 13/2017)  sono state previste modalità più celeri in materia di notificazione degli atti al richiedente protezione internazionale e di verbalizzazione dei colloqui presso la Commissione nazionale e le Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale. Per quanto riguarda la notificazione delle decisioni e degli atti relativi al procedimento di riconoscimento, si prevede l'utilizzo della posta elettronica certificata qualora l'interessato sia ospitato in un centro, ovvero del mezzo postale ordinario, in caso di diverso domicilio. Inoltre, si prevede la videoregistrazione del colloquio personale con il richiedente e la successiva trascrizione con l'ausilio di mezzi automatici di riconoscimento vocale, in luogo della tradizionale verbalizzazione.

 

Trattenimento e prima accoglienza

I migranti che manifestano l'intenzione di chiedere la protezione internazionale, a meno che non ricorrano le condizioni che necessitino il trattenimento nei Centri di permenza per i rimpatri, sono accompagnati nei centri governativi di prima accoglienza, che hanno la funzione di consentire l'identificazione dello straniero (ove non sia stato possibile completare le operazioni nei centri di primo soccorso dislocati nei luoghi di sbarco), la verbalizzazione e l'avvio della procedura di esame della domanda di asilo, l'accertamento delle condizioni di salute e la sussistenza di eventuali situazioni di vulnerabilità che comportino speciali misure di assistenza.

I centri sono istituiti a livello regionale o interregionale con decreto del Ministro dell'interno, sentita la Conferenza unificata, anche mediante la riconversione dei preesistenti Centri di assistenza richiedenti asilo (CARA) e Centri di accoglienza (CDA). La gestione dei centri di prima accoglienza può essere affidata ad enti locali, ad enti pubblici e privati che operano nel settori dell'immigrazione o dell'assistenza sociale, secondo le procedure di affidamento dei contratti pubblici (artt. 9 e 10).

Come accennato, in presenza di determinate circostanze i richiedenti protezione internazionale possono essere trattenuti nei Centri di permanenza per i rimpatri (ex CIE) di cui all'art. 14 del D.Lgs. n. 286/1998, dove, se possibile, sono allestiti appositi spazi a loro destinati (artt. 6 e 7). 

Si ricorda, in proposito, che, l'art. 19 del D.L. n. 13/2017, modificando puntualmente il richiamato art. 14 al fine di rafforzare l'effettività delle espulsioni e di potenziare la rete dei centri di permanenza per i rimpatri, ha modificato la denominazione dei Centri di identificazione ed espulsione (CIE) - dove per la prima volta la legge Turco- Napolitano ha previsto la possibilità di trattenere i destinatari di provvedimenti di espulsione - in Centri di permanenza per i rimpatri. Il medesimo decreto ha inoltre stabilito l'ampliamento della rete dei centri al fine di assicurare la più efficace esecuzione dei provvedimenti di espulsione dello straniero, in modo da assicurare la distribuzione delle strutture sull'intero territorio nazionale. A tal fine, la dislocazione dei centri di nuova istituzione avviene con decreto del Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il presidente della regione o della provincia autonoma interessata, privilegiando i siti e le aree esterne ai centri urbani che risultino più facilmente raggiungibili e nei quali siano presenti strutture di proprietà pubblica che possano essere, anche mediante interventi di adeguamento o ristrutturazione, resi idonei allo scopo, tenendo conto della necessità di realizzare strutture di capienza limitata idonee a garantire condizioni di trattenimento che assicurino l'assoluto rispetto della dignità della persona. A tali centri si applicano le disposizioni sulle visite di cui all'art. 67 della legge n. 354/1975 sull'ordinamento penitenziario.

Il trattenimento è disposto dal questore nei confronti dei soggetti ritenuti pericolosi oppure già destinatari di un provvedimento di espulsione motivato da comportamenti contrari all'ordine e alla sicurezza pubblica. Sono, inoltre, trattenuti coloro per i quali sussista il pericolo di fuga in pendenza della decisione sulla istanza di protezione internazionale. In ogni caso non può essere disposto il trattenimento al solo fine dell'esame della domanda.

Nel caso di trattenimento deve essere assicurata ai richiedenti asilo la piena assistenza e rispetto della dignità e deve essere garantito l'accesso ai centri dei rappresentanti dell'Alto commissariato ONU per i rifugiati, agli avvocati e ai rappresentanti degli enti di tutela dei rifugiati (art. 7, D.Lgs. n. 142/2015).

Il trattenimento del richiedente asilo nei Centri di permanenza per i rimpatri non può protrarsi oltre il tempo strettamente necessario all'esame della domanda, salvo che sussistano ulteriori motivi di trattenimento ai sensi dell'art. 14 del TU immigrazione (v. oltre, paragrafo sui tempi massimi di trattenimento dei centri).

Si ricorda che il termine di esame delle domande di asilo da parte delle commissioni territoriali è fissato generalmente in 6 mesi, prorogabili di ulteriori 9 mesi in presenza di determinate circostanze speciali e, in casi eccezionali di altri 3 mesi, per un totale di 18 mesi al massimo (art. 27 del D.Lgs. 25/2008, come modificato dal D.Lgs. 142/2015). Nel caso di soggetto trattenuto in un CIE, la domanda ha carattere prioritario e i termini massimi di cui sopra sono ridotti ad un terzo, ossia a 6 mesi, a meno che si tratti di domande infondate, reiterate o pretestuose per le quali il termine massimo di esame è confermato a 18 mesi (art. 28 e 28-bis del D.Lgs. 25/2008).

Nel caso di respingimento della domanda, il richiedente ha facoltà di presentare ricorso giurisdizionale. In tal caso il trattenimento può essere prorogato fino ad un massimo di 12 mesi complessivi, includenti anche la quota parte di trattenimento nella fase precedente al diniego.

E' altresì previsto (art. 8, D.L. n. 13/2017):

  • il mantenimento per il richiedente protezione internazionale che sia oggetto di un provvedimento di respingimento (e non solo di un provvedimento di espulsione) della misura restrittiva del trattenimento qualora si ravvisi che la domanda sia stata presentata allo scopo di ritardare l'espulsione;
  • l'impossibilità di trattenere nei centri di permanenza per i rimpatri i richiedenti asilo le cui condizioni di vulnerabilità (e non solo di salute) siano incompatibili con il trattenimento;

  • la partecipazione del richiedente protezione internazionale al procedimento di convalida del provvedimento di trattenimento nei centri di permanenza per il rimpatrio (ex CIE), ove possibile, a distanza mediante collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza e il centro dove è trattenuto.

 

I termini massimi di trattenimento nei centri
L'art. 14, comma 5, del TU immigrazione (D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286) prevede una dettagliata scansione temporale sui tempi di permanenza nei centri. In particolare, si prevede che la convalida della misura del trattenimento comporta la permanenza dello straniero nel Centro per un periodo di complessivi 30 giorni.
Qualora l'accertamento dell'identità e della nazionalità ovvero l'acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori 30 giorni.
Anche prima di tale termine, il questore esegue l'espulsione o il respingimento, dandone comunicazione senza ritardo al giudice.
Trascorso tale termine, il questore può chiedere al giudice di pace una o più proroghe qualora siano emersi elementi concreti che consentano di ritenere probabile l'identificazione ovvero sia necessario al fine di organizzare le operazioni di rimpatrio.
In base all'art. 14, comma 5, TU immigrazione, in ogni caso il periodo massimo di trattenimento dello straniero all'interno del centro di identificazione e di espulsione non può essere superiore a 90 giorni (ai sensi della legge europea 2013-bis, che ha ridotto della metà il termine fino allora vigente in base all'articolo 3, comma 1, lettera e) della legge n. 161 del 2014).
L'articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, così come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, prevede che «quando non sia possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento» alla frontiera , il questore «dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario» presso il Centro di identificazione ed espulsione. La durata del trattenimento, inizialmente di 30 giorni (legge Turco - Napolitano) è passata a 60 giorni con la legge Bossi - Fini nel 2002 e a 180 giorni in base a quanto disposto dal «Pacchetto sicurezza" (decreto-legge del 23 maggio 2008 n. 92 conv. L n. 125 del 2008). A ottobre del 2014, a seguito di un emendamento approvato alla legge europea 2013-bis, è stata disposta la riduzione del periodo massimo di trattenimento degli stranieri all'interno dei Cie a 90 giorni.
Nel Rapporto sui Centri di identificazione ed espulsione del febbraio 2016 della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani istituita presso il Senato si fa presente che la permanenza media nei CIE nel 2015 è stata di 25,5 giorni.
Con l'approvazione del decreto legislativo n. 142/2015, adottato in attuazione delle direttive 2013/32/UE e 2013/33/UE sulle norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, è stato previsto in alcune circostanze che il trattenimento possa protrarsi fino a 12 mesi per il richiedente asilo che "costituisce un pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica" e per il quale "sussiste rischio di fuga".
Nel caso in cui lo straniero che sia già stato trattenuto presso le strutture carcerarie per un periodo pari a quello massimo di 90 giorni, il medesimo art. 14, comma 5, del TU immigrazione dispone – al quinto periodo – che vi è la possibilità di trattenimento presso il centro per un periodo massimo di 30 giorni, prorogabile – come previsto dal D.L. n. 13/2017 - di ulteriori 15 giorni, previa convalida da parte del giudice di pace, nei casi di "particolare complessità delle procedure di identificazione e di organizzazione del rimpatrio".

 

Seconda accoglienza e SPRAR

Una volta esaurita la prima fase di accoglienza, gli stranieri che abbiano formalizzato la domanda di asilo e siano privi di mezzi di sussistenza adeguati sono avviati nelle strutture territoriali che costituiscono il Sistema di protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati - SPRAR (art. 14). La valutazione dei mezzi di sussistenza dei richiedenti asilo viene effettuata dalla prefettura, con le modalità disciplinate dall'art. 15, D.Lgs. 142/2015.

Il sistema di accoglienza territoriale è stato istituzionalizzato dalla legge n. 189 del 2002, che ha modificato il decreto-legge n. 416 del 1989 ("Norme urgenti in materia di asilo politico, ingresso e soggiorno di cittadini extracomunitari e regolarizzazione di cittadini extracomunitari e apolidi"). In particolare il sistema di accoglienza territoriale e il suo finanziamento sono oggetto degli articoli aggiuntivi 1-sexies e 1-septies del decreto-legge, volti ad introdurre un sistema di accoglienza pubblico, diffuso su tutto il territorio italiano con il coinvolgimento delle istituzioni centrali e locali secondo una condivisione di responsabilità tra Ministero dell'interno ed enti locali.

Gli enti locali aderiscono al sistema SPRAR su base volontaria e attuano i progetti con il supporto delle realtà del terzo settore. A coordinare lo SPRAR è il Servizio centrale, attivato dal Ministero dell'interno e affidato con convenzione all'Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci). Ai sensi della normativa vigente i progetti di accoglienza integrata vengono finanziati annualmente dal Ministro dell'interno, coprendo i costi complessivi dei vari servizi forniti dai territori nella misura massima dell'80%. Il finanziamento è a carico del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo, istituito dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, che ha modificato il decreto legge n. 416 del 1989 e nel quale confluiscono sia risorse nazionali, provenienti dallo stato di previsione del Ministero dell'interno, sia assegnazioni annuali del Fondo europeo per i rifugiati.

Ciascun ente locale elabora progetti in linea con le necessità e i criteri indicati dal ministero e - per finanziarli - presenta un'apposita domanda di ammissione al contributo. Le linee guida e le modalità di presentazione delle domande di contributo sono oggetto di un decreto ministeriale che il Ministro dell'interno emana sentita la Conferenza unificata. Il decreto deve prevedere e regolamentare anche la predisposizione di servizi rivolti a persone con esigenze particolari, come minori, minori non accompagnati, disabili, anziani, donne in stato di gravidanza, persone affette da malattie mentali o vittime di violenza, torture, mutilazioni genitali.

Le misure di accoglienza sono assicurate per tutto il periodo in cui si svolge il procedimento di esame della domanda da parte della Commissione territoriale competente, fino al momento della decisione. Se la Commissione territoriale rigetta la domanda, la durata dell'accoglienza è commisurata a quella del ricorso giurisdizionale. Le misure di accoglienza pertanto continuano ad essere assicurate fino alla scadenza del termine per l'impugnazione della decisione.

 

Accoglienza di persone portatrici di esigenze particolari

Ai richiedenti asilo che rientrano in alcune categorie vulnerabili sono assicurate forme di assistenza particolari nella prestazione delle misure di accoglienza. Si tratta delle seguenti categorie di persone: minori, minori non accompagnati; disabili; anziani; donne in stato di gravidanza; genitori singoli con figli minori; vittime di tratta di esseri umani; persone affette da gravi malattie e o disturbi mentali; persone per le quali sia stato accertato che hanno subito torture, stupri o altre gravi forme di violenza psicologica, fisica o sessuale; vittime di mutilazioni genitali. I servizi speciali di accoglienza per le persone vulnerabili garantiscono misure assistenziali particolari ed un adeguato supporto psicologico e sono assicurati anche in collaborazione con la ASL competente per territorio. Tali servizi, individuati con decreto ministeriale, sono assicurati sia all'interno dei centri governativi di prima accoglienza, sia nell'ambito del sistema di accoglienza territoriale (SPRAR). Inoltre, le persone che hanno subito danni per effetto di torture, stupri o altri gravi atti di violenza, abbiano il diritto di accedere ad assistenza o cure mediche e psicologiche appropriate, secondo quanto previsto dalle linee guida del Ministero della salute per la programmazione degli interventi di assistenza e riabilitazione nonché per il trattamento dei disturbi psichici dei beneficiari di protezione internazionale che hanno subito violenze (art. 17).

Specifiche disposizioni sono dedicate all'accoglienza dei minori (art. 18) nel rispetto del principio del carattere di priorità del superiore interesse del minore che costituisce criterio guida nell'applicazione delle misure di accoglienza. Con tale finalità si procede all'ascolto del minore, tenendo conto della sua età, del suo grado di maturità e di sviluppo personale, anche al fine di conoscere le esperienze pregresse e valutare il rischio che il minore sia vittima di tratta di esseri umani e alla verifica della possibilità di ricongiungimento familiare.

I minori non accompagnati sono destinatari di ulteriori forme di assistenza in quanto è prevista l'istituzione di centri di prima accoglienza esclusivamente destinati a loro per le esigenze di soccorso e di protezione immediata. Inoltre, i minori non accompagnati hanno accesso alle strutture nel SPRAR anche in assenza della domanda di protezione internazionale (art. 19). Sul tema si rinvia al paragrafo sull'accoglienza dei minori non accompagnati, nell'ambito del tema ad essi dedicato. 

 

Assistenza sanitaria, istruzione e lavoro

E' garantito l'accesso dei richiedenti all'assistenza sanitaria, richiamando le disposizioni previste dall'articolo 34 del Testo unico immigrazione, che prevede l'obbligo di iscrizione al servizio sanitario nazionale e la parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani per quanto attiene all'obbligo contributivo, all'assistenza erogata in Italia dal servizio sanitario nazionale e alla sua validità temporale (art. 21, D.Lgs. n. 142).

Nelle more dell'iscrizione al servizio sanitario nazionale, si applica l'articolo 35 del medesimo Testo unico. Pertanto, in tale periodo sono assicurate, nei presidi pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva.

In particolare, sono garantiti:

a) la tutela sociale della gravidanza e della maternità, a parità di trattamento con le cittadine italiane;

b) la tutela della salute del minore in esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989;

c) le vaccinazioni secondo la normativa e nell'ambito di interventi di campagne di prevenzione collettiva autorizzati dalle regioni;

d) gli interventi di profilassi internazionale;

e) la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive ed eventuale bonifica dei relativi focolai.

I minori richiedenti protezione internazionale o i minori figli di richiedenti protezione internazionale sono soggetti all'obbligo scolastico, si prevede inoltre che i minori accedano ai corsi e alle iniziative per l'apprendimento della lingua italiana che possono essere attivati da Stato, regioni ed enti locali per garantire l'effettività del diritto allo studio (art. 21).

Il permesso di soggiorno per richiesta asilo consente di svolgere attività lavorativa, trascorsi sessanta giorni dalla presentazione della domanda, qualora il procedimento di esame della domanda non è concluso ed il ritardo non può essere attribuito al richiedente (art. 22).

Da ultimo, l'art. 8 del D.L. n. 13/2017 ha introdotto nel D.Lgs. 142/2015 il nuovo articolo 22-bis, relativo alla partecipazione dei richiedenti protezione internazionale, su base volontaria, in attività di utilità sociale in favore delle collettività locali. La disposizione, nel far rinvio alla normativa vigente in materia di lavori socialmente utili, individua nel prefetto, d'intesa con i comuni e con le regioni e le province autonome, il soggetto promotore di tal tipo di attività, anche con la stipula di protocolli di intesa con i comuni, con le regioni e le province autonome e con le organizzazioni del terzo settore. L'impiego dei richiedenti protezione internazionale, su base volontaria, in attività di utilità sociale in favore delle collettività locali si svolge "nel quadro delle disposizioni normative vigenti".

 

Revoca delle condizioni di accoglienza

Le misure di accoglienza possono essere revocate (art. 23) con decreto del prefetto, qualora il richiedente asilo:

  • non si presenti presso la struttura individuata o abbandoni immotivatamente la struttura stessa senza comunicarlo alla prefettura;
  • non si presenti all'audizione davanti all'organo che esamina la domanda;
  • abbia già in precedenza presentato in Italia domanda di protezione internazionale, reiterata ai sensi dell'articolo 29 del decreto legislativo n. 25 del 2008;
  • abbia mezzi economici sufficienti, e accertati;
  • abbia violato in modo grave o ripetutamente le regole della struttura di accoglienza ovvero abbia avuto comportamenti gravemente violenti.

In ogni caso, in vista dell'adozione della revoca delle misure si deve prendere in considerazione la complessiva situazione del richiedente, specie in riferimento ad eventuali condizioni di vulnerabilità.

Avverso il provvedimento di revoca delle misure di accoglienza il richiedente può proporre ricorso giurisdizionale avanti al Tribunale amministrativo regionale competente.

Una ulteriore causa di revoca si verifica ove, successivamente all'invio in una struttura di accoglienza, emergano i presupposti per la valutazione di pericolosità del richiedente che giustifica il trattenimento nei CIE. In tal caso, il prefetto dispone la revoca delle misure e ne dà comunicazione al questore ai fini dell'adozione del provvedimento di trattenimento.