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Il contenuto della legge n. 161 del 2017, di riforma del Codice antimafia
informazioni aggiornate a venerdì, 26 gennaio 2018

In estrema sintesi, di seguito si illustrano i principali contenuti dell'articolato della legge n. 161 del 2017.

Misure di prevenzione personali (artt. 1-4)

L'articolo 1, modificando l'articolo 4 del Codice antimafia, amplia il catalogo dei possibili destinatari delle misure di prevenzione personali (e patrimoniali, in forza del rinvio di cui all'art. 16, comma 1, lett. a), del Codice). Le misure possono, infatti, essere applicate anche a coloro i quali, fuori dei casi di concorso e favoreggiamento, sono indiziati di prestare assistenza agli associati alle organizzazioni a delinquere e mafiose. Analogamente, possono applicarsi agli indiziati di una serie di reati contro la pubblica amministrazione (ove collegati al reato di associazione a delinquere), di atti persecutori, di delitti con finalità di terrorismo e di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Infine, potranno essere soggetti alle misure di prevenzione coloro che compiano atti esecutivi diretti a sovvertire l'ordinamento statale o diretti alla ricostituzione del partito fascista.

L'articolo 2 modifica gli articoli da 5 a 8 del Codice, relativi al procedimento di applicazione delle misure di prevenzione personali. La riforma:

  • prevede che le funzioni e le competenze del procuratore della Repubblica presso il tribunale capoluogo del distretto, relative alla titolarità della proposta, siano attribuite "anche" al procuratore della Repubblica del tribunale del circondario;
  • trasferisce la competenza per l'adozione delle misure di prevenzione dal tribunale del capoluogo di provincia al tribunale del distretto;
  • prevede una eccezione alla nuova regola generale secondo cui la proposta deve essere depositata presso le cancellerie delle istituende sezioni o dei collegi speciali per le misure di prevenzione del tribunale distrettuale nel territorio del quale la persona dimora, consentendo il deposito anche presso le sezioni e collegi eccezionalmente istituiti anche presso i tribunali circondariali di Trapani e di Santa Maria Capua Vetere (dove quindi andranno proposte le misure, anziché presso i tribunali distrettuali di Palermo e Napoli);
  • prevede che il divieto di soggiorno possa essere applicato anche in relazione a una o più regioni (anziché a più province).

L'art. 2 detta poi alcune modifiche alla disciplina del procedimento di applicazione delle misure di prevenzione e, sempre con riguardo al giudizio di primo grado, introduce sette nuovi commi all'articolo 7 del Codice, che recano un'articolata regolamentazione delle questioni concernenti la competenza territoriale. E' inoltre previsto che il decreto di accoglimento, anche parziale, della proposta della misura di prevenzione ponga a carico del proposto il pagamento delle spese processuali, oggi dovute solo per il giudizio di Cassazione (articolo 204, TU giustizia).

L'articolo 3 interviene sull'articolo 10 del Codice in materia di impugnazione delle misure di prevenzione personali, in particolare permettendo la proposizione del ricorso in appello e in Cassazione anche al difensore dell'interessato (attualmente tale facoltà compete al solo legittimato).

L'articolo 4 integra con due commi aggiuntivi l'articolo 14 del Codice, relativo a decorrenza e cessazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza. La disciplina sulla sorveglianza speciale viene adeguata alle indicazioni della Corte costituzionale (sentenza n. 291 del 2013), prevedendo che l'esecuzione della misura resti sospesa durante il tempo in cui l'interessato è sottoposto a custodia cautelare e che, al termine della detenzione protratta per almeno due anni, debba essere verificata la pericolosità sociale; se questa è cessata, il Tribunale revoca la sorveglianza speciale;
 in caso contrario, emette decreto con cui ordina l'esecuzione della misura di prevenzione.

Misure di prevenzione patrimoniali (artt. 5-12)

L'articolo 5 della legge n. 161/2017 modifica la disciplina del Codice sul procedimento di applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali. Più nel dettaglio, attraverso modifiche all'articolo 17 del Codice, la riforma interviene sulla titolarità della proposta, precisando che il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo è comunque titolato a proporre la misura di prevenzione patrimoniale. Nel caso di applicazione di misure di prevenzione patrimoniali a persone indiziate per alcuni dei reati indicati dall'art. 1 della legge, le funzioni di coordinamento spettanti al procuratore distrettuale sono attribuite anche al procuratore della Repubblica del tribunale nel cui circondario dimora la persona, previo coordinamento con il procuratore distrettuale. Un comma aggiuntivo prevede che il procuratore della Repubblica distrettuale, attraverso il raccordo con il questore e il direttore della DIA, curi che l'applicazione delle misure patrimoniali non rechi intralcio ad altre indagini in corso.

Per evitare i possibili intralci a indagini parallele, in capo al questore e al direttore della DIA sono in tal senso posti precisi obblighi di informazione verso il procuratore della Repubblica distrettuale. Modificando l'articolo 19 del Codice, in materia di indagini patrimoniali, la riforma consente alle autorità titolari del potere di proposta sulle misure di prevenzione patrimoniali  di accedere anche al Sistema di interscambio flussi dati (SID) dell'Agenzia delle entrate e richiedere quanto ritenuto utile ai fini della indagini. Il comma 4 dell'articolo 5 modifica l'articolo 20 del Codice precisando, anzitutto, che il tribunale ordina con decreto il sequestro dei beni di cui la persona "nei cui confronti è stata presentata la proposta" risulta poter disporre (attualmente il Codice prevede che il sequestro colpisce i beni della persona "nei cui confronti è iniziato il procedimento").  Il nuovo art. 20 prevede inoltre che, oltre al sequestro di valori ingiustificati ritenuti probabile frutto di attività illecita, il decreto del tribunale può disporre anche:

  • l'amministrazione giudiziaria di aziende, nonché di beni strumentali all'esercizio delle relative attività economiche (art. 34 del Codice);
  • il controllo giudiziario dell'azienda (art. 34-bis, introdotto nel Codice dalla proposta in esame, v. ultra).

La disposizione prevede, inoltre, che il sequestro di partecipazioni sociali totalitarie si estende ex lege a tutti i beni aziendali e che, nel decreto di sequestro, il tribunale debba indicare i conti correnti e i beni aziendali a cui si estende la misura ablativa.

Il comma 5 dell'articolo 5 interviene sulla disciplina dell'esecuzione del sequestro di cui all'articolo 21 del Codice. La disposizione stabilisce che all'immissione dell'amministratore giudiziario nel  possesso dei beni sequestrati provvede la polizia giudiziaria (anziché l'ufficiale giudiziario), con l'eventuale assistenza dell'ufficiale giudiziario ("ove opportuno").

Una modifica è introdotta alla disciplina dello sgombero degli immobili sequestrati. Viene previsto che, anziché al tribunale (come precedentemente previsto), spetta al giudice delegato alla procedura, sentito l'amministratore giudiziario e previa valutazione delle circostanze, l'onere di provvedere allo sgombero con l'ausilio della forza pubblica degli immobili occupati senza titolo ovvero sulla scorta di titolo privo di data certa anteriore al sequestro.

Il comma 6 dell'articolo 5 interviene sull'articolo 22 del Codice prevedendo, al comma 2, che il decreto che dispone il sequestro urgente perde efficacia se non è convalidato dal tribunale entro 30 giorni (in precedenze entro 10 giorni); ai fini del termine per la convalida del sequestro, si tiene conto delle cause di sospensione previste dall'articolo 24, comma 2, del Codice (accertamenti peritali, eventuale richiesta di ricusazione).

Il comma 7 interviene sul procedimento di prevenzione patrimoniale di cui all'articolo 23 del Codice prevedendo, all'udienza per l'applicazione della misura, anche il possibile intervento dei terzi che vantino sul bene in sequestro diritti reali di garanzia (in precedenza l'intervento era possibile per i titolari di diritti reali o personali di godimento sul bene).

Il comma 8 dell'art. 5 modifica l'articolo 24 del Codice in materia di confisca, escludendo che la legittima provenienza dei beni possa essere giustificata adducendo che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego di evasione fiscale

Viene poi introdotta, con un nuovo comma 1-bis dell'art. 24, una disposizione analoga a quella relativa al sequestro di prevenzione relativo a partecipazioni sociali totalitarie (cfr. nuovo art. 20 del Codice): è stabilito che la confisca di tali beni si estenda anche ai beni aziendali; anche in tal caso vanno precisati i conti correnti e i beni aziendali cui si estende la confisca. Il comma 2 dell'articolo 24 del Codice conferma in un anno e sei mesi dalla data d'immissione in possesso dei beni da parte dell'amministratore giudiziario il termine per l'emissione del decreto di confisca da parte del Tribunale, pena la perdita di efficacia del sequestro.

Una modifica è introdotta alla disciplina previgente in caso di indagini complesse o compendi patrimoniali rilevanti: mentre prima il Codice prevedeva una possibile proroga con decreto motivato del tribunale per periodi di sei mesi e per non più di due volte, la nuova formulazione del comma 2 stabilisce una sola proroga semestrale. Sono poi precisate le modalità di computo dei termini suddetti.

Il comma 9 dell'art. 5 della proposta di legge riformula integralmente l'articolo 25 del Codice, apportando significative modifiche alla disciplina relativa a sequestro e confisca per equivalente. L'adozione della misura, nel nuovo testo, anzitutto prescinde dalle finalità di dispersione e occultamento dei beni: si prevede che, ogni qualvolta dopo la presentazione della proposta non risulti possibile procedere al sequestro dei beni, perché il proposto non ne ha la disponibilità, diretta o indiretta, anche ove trasferiti legittimamente in qualunque epoca a terzi in buona fede, il sequestro e la confisca hanno a oggetto altri beni di valore equivalente, di cui viene precisata la legittima provenienza, dei quali il proposto ha la disponibilità anche per interposta persona. E', inoltre, ampliato l'ambito di applicazione degli istituti anche ai soggetti nei cui confronti prosegue o inizia il procedimento con riferimento a beni di legittima provenienza loro pervenuti dal proposto.

L'articolo 6 interviene sull'articolo 27 del Codice, apportando modifiche alla disciplina delle impugnazioni delle misure di prevenzione patrimoniali. In particolare, rispetto alla normativa previgente, si prevede l'impugnabilità:

  • del decreto che dispone o nega il sequestro (prima si poteva impugnare solo la revoca del sequestro);
  • del rigetto della richiesta di confisca, anche qualora non sia stato ancora disposto il sequestro (tale previsione risolve un contrasto in giurisprudenza sull'appellabilità di tale provvedimento o della sola proponibilità del ricorso per cassazione).

L'articolo 6 introduce, ancora, un nuovo comma 3-bis all'articolo 27, che contempla la possibilità di sospendere, nelle more del giudizio di Cassazione, la decisione con cui la corte d'appello, in riforma del decreto di confisca emesso dal tribunale, abbia disposto la revoca del sequestro (analogamente a quanto già previsto per i provvedimenti del tribunale). Con un nuovo comma 6-bis si prevede il decorso del termine di un anno e sei mesi per l'emissione del decreto di confisca, in caso di annullamento dell'originario decreto con rinvio al tribunale (il termine decorre nuovamente dalla ricezione degli atti presso la cancelleria del tribunale stesso).

L'articolo 7 interviene sull'articolo 28, comma 1, del Codice, prevedendo che la revocazione della confisca sia richiesta, nelle forme previste dagli articoli 630 e ss. c.p.p., in quanto compatibili. La novità introdotta riguarda la corte di appello competente, che viene individuata secondo i criteri di cui all'articolo 11 c.p.p. Attraverso una modifica al comma 4 dell'articolo 28 si attribuisce alla stessa corte di appello, nel caso in cui accolga la richiesta di revocazione, di provvedere direttamente ai sensi dell'articolo 46 con la restituzione per equivalente, evitando che gli atti siano trasmessi per questa incombenza al Tribunale.

L'articolo 8 interviene sulla disciplina prevista nel caso di misure di prevenzione antimafia disposte su beni già sequestrati nel corso di un procedimento penale (articolo 30 del Codice). Si stabilisce che, in caso di revoca del sequestro o della confisca di prevenzione, il giudice del procedimento penale, anziché nominare (come ora) un nuovo custode, può confermare quello nominato nel procedimento di prevenzione. L'articolo 8, inoltre, prevede che, se la sentenza di condanna definitiva in sede penale che dispone la confisca interviene prima della confisca definitiva di prevenzione, il tribunale, se ha già disposto il sequestro ed è ancora in corso il procedimento di prevenzione, dichiara, con decreto, che la confisca è stata già eseguita in sede penale (attualmente, invece, nella stessa ipotesi, il tribunale dichiara la confisca già eseguita in sede penale solo quando disponga la confisca di prevenzione).

L'articolo 9 interviene in materia di cauzione e garanzie reali a carico del proposto (art. 31 del Codice), prevedendo che il Tribunale possa "disporre, in relazione alle condizioni economiche della persona sottoposta alla misura di prevenzione, che la cauzione sia pagata in rate mensili".

L'articolo 10 della legge n. 161 del 2017 riscrive l'articolo 34 del Codice in materia di amministrazione giudiziaria di attività economiche e aziende. Il nuovo comma 1 dell'articolo 34 riguarda le ipotesi in cui, anche a seguito delle verifiche disposte ai sensi dell'art. 213 del nuovo Codice dei contratti pubblici dall'Autorità nazionale anticorruzione, sussistano sufficienti indizi per ritenere che il libero esercizio di determinate attività economiche, comprese quelle a carattere imprenditoriale, sia direttamente o indirettamente sottoposto alle condizioni di assoggettamento o condizionamento mafioso o possa agevolare l'attività di persone nei confronti delle quali è stata proposta o applicata una delle misure di prevenzione personale o patrimoniale. In tali ipotesi, il tribunale competente, su proposta del PM presso il tribunale del capoluogo di distretto ove dimora la persona, del procuratore nazionale antimafia, del questore o del direttore della DIA, dispone l'amministrazione giudiziaria delle aziende o dei beni utilizzabili, direttamente o indirettamente, per lo svolgimento delle predette attività economiche. Si prevede che analoga misura è disposta quando, non ricorrendo i presupposti per l'applicazione delle misure di prevenzione (si precisa: "patrimoniali"), il tribunale ritenga che il libero esercizio delle stesse attività economiche possa agevolare l'attività di persone sottoposte a procedimento penale per una serie di delitti, considerati spia di infiltrazione mafiosa come quelli previsti dall'art. 1 della proposta di legge (art. 4, comma 1, lett. a), b) e i-bis), del Codice e il delitto di caporalato.

Il comma 2 del nuovo articolo 34 stabilisce che l'amministrazione giudiziaria è adottata per un periodo non superiore a un anno (in precedenza era di sei mesi), prorogabile di ulteriori sei mesi per un periodo non superiore complessivamente a due anni (ante un anno), a richiesta del PM (è aggiunta la possibile adozione d'ufficio). La misura deve essere disposta a seguito di relazione dell'amministratore giudiziario che evidenzi la necessità di completare il programma di sostegno e di aiuto alle imprese amministrate e la rimozione delle situazioni di fatto e diritto che avevano determinato la misura. Confermando che, con l'emanazione del provvedimento di amministrazione straordinaria, sono nominati il giudice delegato e l'amministratore giudiziario, l'articolo 34 prevede che l'amministratore esercita tutte le facoltà spettanti ai titolari dei diritti sui beni e sulle aziende oggetto della misura e che, nel caso di imprese esercitate in forma societaria, questi – senza percepire ulteriori emolumenti - può esercitare i poteri spettanti agli organi di amministrazione e agli altri organi sociali secondo le modalità stabilite dal tribunale, tenuto conto delle esigenze di prosecuzione dell'attività di impresa. Il nuovo comma 4 dell'articolo 34 prevede che il provvedimento di amministrazione giudiziaria sia eseguito sui beni aziendali con l'immissione in possesso dell'amministratore e con l'iscrizione nel registro tenuto dalla camera di commercio presso il quale è iscritta l'impresa. Una nuova disposizione - per garantire la corretta gestione dei beni in questione - rinvia in quanto applicabili ai meccanismi previsti dal codice antimafia per l'amministrazione e gestione dei beni sotto sequestro. Il comma 6 stabilisce che, entro la data di scadenza dell'amministrazione giudiziaria dei beni o del sequestro (in precedenza, 15 giorni prima di tale data), il tribunale, qualora non opti per il rinnovo del provvedimento, sceglie tra tre opzioni:

  • la revoca della misura;
  • la confisca dei beni;
  • la revoca della misura con contestuale applicazione del controllo giudiziario.

Il tribunale dispone la revoca della misura quando sono venuti meno i pericoli di agevolazione descritti. Alla revoca può seguire il controllo giudiziario (v. ultra, art. 34-bis), quando il pericolo dell'agevolazione non sia completamente escluso e non sussistano i presupposti della confisca. Il tribunale dispone invece la confisca dei beni quando ha motivo di ritenere che siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego (comma 6). Sempre nell'ambito della c.d. fase cautelare, l'articolo 34, comma 7, stabilisce la possibilità di adottare il sequestro dei beni in amministrazione giudiziaria qualora sussista il concreto pericolo che detti beni vengano dispersi, sottratti o alienati; rispetto al testo previgente, si prevede che la misura è applicata anche quando si abbia motivo di ritenere che i beni siano frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego. Il sequestro è possibile fino alla scadenza del termine stabilito ai sensi del comma 2 (un anno rinnovabile fino ad un massimo di ventiquattro mesi).

L'articolo 11 della proposta di legge introduce, con il nuovo articolo 34-bis del Codice, l'istituto del "controllo giudiziario", destinato a trovare applicazione in luogo della "amministrazione giudiziaria" nei casi in cui l'agevolazione dell'attività delle persone proposte o soggette a misure di prevenzione conseguente all'esercizio dell'attività aziendale "risulta occasionale e sussistono circostanze di fatto da cui si possa desumere il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose" idonee a condizionare l'attività di impresa. Si tratta di una misura non inedita ma con caratteristiche proprie rispetto al controllo giudiziario che, ai sensi del vigente art. 34, comma 8, del Codice, segue, in alcuni casi, l'amministrazione giudiziaria dell'azienda. Tale misura non determina lo spossessamento della gestione dell'impresa, dando luogo, per un periodo minimo di un anno e massimo di tre anni, ad un intervento meno invasivo, di "vigilanza prescrittiva" affidata ad un commissario giudiziario nominato dal tribunale, con il compito di monitorare dall'interno dell'azienda l'adempimento delle prescrizioni dell'autorità giudiziaria. La cessazione del controllo giudiziario avviene, oltre che per scadenza del termine della misura: in caso di accertamento della violazione di una o più prescrizioni ovvero qualora ricorrano i presupposti dell'amministrazione giudiziaria;  per la revoca del provvedimento di controllo giudiziario proposta dal titolare dell'azienda.

L'articolo 12  introduce il capo V-bis nel titolo II del libro I del Codice antimafia, consistente nel solo articolo 34-ter, con cui si garantisce la trattazione prioritaria dei procedimenti per l'applicazione di misure di prevenzione patrimoniali. Per assicurare la trattazione e definizione prioritaria di tali procedimenti e il rispetto dei termini previsti, i dirigenti degli uffici giudicanti e requirenti adottano i provvedimenti organizzativi necessari. La norma prevede che il Ministro della giustizia, in occasione delle annuali comunicazioni sull'amministrazione della giustizia, riferisca al Parlamento anche in merito alla trattazione prioritaria dei procedimenti di applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali.

Amministrazione, gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati (artt. 13-19)

L'articolo 13 della legge interviene sulle norme del Codice antimafia che definiscono i criteri per la scelta degli amministratori giudiziari dei beni sequestrati e regolano gli adempimenti connessi alla cessazione del loro incarico.Sono introdotte nell'art. 35 del Codice un complesso di disposizioni che mira a superare le difficoltà connesse alla mancata operatività dell'Albo degli amministratori giudiziari.

Il comma 1 dell'articolo – recependo una prassi giudiziaria già esistente - modifica l'articolo 35 del Codice sulla nomina e revoca dell'amministratore giudiziario prevedendo che qualora la gestione dei beni in sequestro sia particolarmente complessa, il tribunale può nominare più amministratori giudiziari, eventualmente stabilendo se possono operare disgiuntamente (comma 1 dell'articolo 35). Il comma 2 dell'articolo 35, come modificato, prevede che l'amministratore giudiziario di beni immobili sequestrati venga scelto, nell'ambito degli iscritti all'apposito albo, secondo criteri di trasparenza, di rotazione degli incarichi e di corrispondenza tra i profili professionali del professionista individuato e la tipologia e l'entità dei beni appresi in via cautelare. L'individuazione dei criteri di nomina degli amministratori giudiziari e dei coadiutori viene demandata a un successivo decreto del Ministro della giustizia (di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro dello sviluppo economico) che deve tenere conto del numero degli incarichi aziendali in corso, comunque non superiore a tre. A tale decreto è, altresì, demandata l'individuazione dei casi in cui è vietato il cumulo degli incarichi contraddistinti dalla particolare complessità o dall'eccezionalità del valore del patrimonio immobiliare da amministrare.

L'amministratore giudiziario è nominato con decreto motivato e al momento della nomina è tenuto a comunicare al tribunale l'eventuale titolarità di altri incarichi di analoga natura. Il nuovo comma 2-bis dell'articolo 35 precisa che l'incarico di amministratore giudiziario di aziende sequestrate deve essere scelto fra i soggetti iscritti nella nell'apposita sezione di esperti in gestione aziendale dell'Albo nazionale degli amministratori giudiziari (un ulteriore comma 2-ter dell'articolo 35 prevede che l'amministratore giudiziario può essere anche nominato tra il personale dipendente dell'Agenzia nazionale). Il comma 3 dell'articolo 35 amplia le cause ostative all'assunzione dell'incarico di amministratore giudiziario (nonché di coadiutore dello stesso nell'attività di gestione): anche in tal caso, recependo una prassi già esistente, il comma 4 dell'articolo 35 prevede che l'amministratore giudiziario può organizzare, su autorizzazione del giudice delegato, un proprio ufficio di coadiuzione. Con una modifica del comma 8 dell'art. 35, si prevede che l'amministratore giudiziario che, anche nel corso della procedura, cessa dal suo incarico, è tenuto a rendere il conto della gestione ai sensi dell'art. 43.

Il comma 2 dell'articolo 13 della legge introduce nel Codice un nuovo articolo 35-bis, relativo alla responsabilità nella gestione e controlli della P.A. In particolare si prevede che, fatti salvi i casi di dolo o colpa grave, sono esenti da responsabilità civile l'amministratore giudiziario, il coadiutore nominato ai sensi dell'articolo 35 e l'amministratore nominato per gli atti di gestione compiuti durante la vigenza del provvedimento di sequestro.

Il comma 3 dell'articolo 13 modifica l'articolo 36 del Codice inerente la disciplina della relazione dell'amministratore giudiziario. Il comma 5 reca modifiche all'articolo 38 del Codice, relativo a ruolo e compiti che l'Agenzia nazionale svolge nel corso del procedimento In particolare, l'attività di supporto dell'Agenzia nazionale nei confronti dell'autorità giudiziaria è prorogata fino al decreto di confisca di secondo grado (e non più, come in precedenza, di primo grado) emesso dalla corte di appello nei procedimenti di prevenzione; le competenze esclusive sull'amministrazione dei beni sono, però, conferite all'Agenzia nazionale solo "dopo" che la confisca è divenuta definitiva (in precedenza, invece, l'Agenzia esercitava tale competenza già dopo la confisca di primo grado) e permane fino all'emissione del provvedimento di destinazione. L'Agenzia nazionale si avvale, per la gestione, di un coadiutore che deve essere individuato nell'amministratore giudiziario nominato dal tribunale (ante, invece, la scelta dei coadiutori è rimessa all'Agenzia e la nomina dell'amministratore giudiziario è solo eventuale); l'incarico va comunicato al tribunale e dura fino alla destinazione del bene, salvo che non intervenga revoca espressa (in precedenza era di durata annuale, tacitamente rinnovabile);  si precisa poi che l'Agenzia nazionale è tenuta a effettuare le comunicazioni con l'autorità giudiziaria in via telematica attraverso il proprio sistema informativo, inserendo tutti i dati necessari (la mancata comunicazione comporta responsabilità dirigenziale); l'amministratore giudiziario, divenuta irrevocabile la confisca, provvede agli adempimenti relativi a spese, compensi e rimborsi e all'approvazione del rendiconto della gestione giudiziale dinanzi al giudice delegato; per l'amministrazione condotta sotto la direzione dell'Agenzia nazionale, il coadiutore predisporrà separato conto di gestione;  l'Agenzia nazionale, entro un mese dalla comunicazione del deposito del provvedimento di confisca di secondo grado, deve pubblicare nel proprio sito Internet l'elenco dei beni immobili confiscati definitivamente al fine di facilitare la richiesta di utilizzo da parte degli aventi diritto (in precedenza l'Agenzia nazionale, operando fino al decreto di confisca di primo grado, doveva pubblicare l'elenco dei beni immobili entro sei mesi da tale decreto). Infine, il comma 6 dell'articolo 13 della legge n. 161 inserisce un comma all'articolo 39 del Codice, relativo all'assistenza legale all'amministratore giudiziario, da parte dell'Avvocatura dello Stato, nelle controversie relative a beni sequestrati.

L'articolo 14 della legge n. 161 del 2017 modifica la disciplina della gestione di beni e aziende sequestrati. Più nel dettaglio, un primo intervento sull'articolo 40 del Codice vuole consentire l'utilizzo per fini sociali e istituzionali dei beni immobili e delle aziende fin dalla fase del sequestro, con l'ausilio dell'Agenzia nazionale (comma 1 dell'articolo 40 del Codice). Si prevede, poi, che se è sequestrata la casa di proprietà della persona sottoposta alla procedura, lo sgombero può essere differito non oltre la confisca definitiva. Il beneficiario, pena la revoca del provvedimento, è tenuto a corrispondere l'indennità eventualmente determinata dal tribunale e a provvedere a sue cure alle spese e agli oneri inerenti all'unità immobiliare. I successivi commi dell'articolo 40 mirano a disciplinare l'attività del Tribunale e del giudice delegato in ordine alla gestione dei beni. La riforma modifica poi il comma 4 dell'articolo 40 del Codice in materia di reclamo degli atti dell'amministratore giudiziario posti in essere in assenza di autorizzazione scritta del giudice delegato.

Per quel che riguarda, invece, i beni mobili sequestrati, sono introdotte disposizioni più stringenti finalizzate a non perpetuare costose, inutili custodie di beni privi di redditività. Al comma 5-bis dell'articolo 40 del Codice sono, intanto, aggiunti gli enti territoriali tra i soggetti cui tali beni possono essere affidati in custodia giudiziale; il successivo comma 5-ter obbliga il tribunale alla vendita (su richiesta dell'amministratore o dell'Agenzia nazionale) nel caso in cui non possano essere amministrati senza pericolo di deterioramento o di rilevanti diseconomie e alla loro distruzione o demolizione nel caso in cui i beni siano privi di valore, improduttivi, oggettivamente inutilizzabili e non alienabili (in precedenza tale possibilità era discrezionale).

Il comma 2 dell'articolo 14 della legge interviene sull'articolo 41 del Codice in materia di gestione delle aziende sequestrate. L'intervento su tale complessa materia (oggetto dell'originaria proposta di legge d'iniziativa popolare da cui ha preso avvio il testo poi approvato dalla Camera in prima lettura) mira a rimuovere le principali criticità di tali gestioni, che vedono attualmente fallire la stragrande maggioranza delle aziende oggetto di misura di prevenzione. La riforma interviene su diversi aspetti:

  • disciplinando più precisamente i compiti dell'amministratore giudiziario, soprattutto in relazione alla possibile prosecuzione dell'attività d'impresa;
  • prevedendo specifiche forme di sostegno con appositi fondi;
  • modificando la disciplina dei crediti anteriori al sequestro dell'azienda;
  • delegando il Governo all'adozione di normative volte a tutelare i lavoratori delle aziende.

In primo luogo, il nuovo art. 41 del Codice, intervenendo sull'ambito soggettivo di applicazione della disposizione, estende la disciplina relativa alla gestione delle aziende anche alla gestione delle partecipazioni societarie. Il comma 1 conferma che l'amministratore giudiziario è scelto nella sezione di esperti in gestione aziendale dell'Albo nazionale degli amministratori giudiziari. Viene, tuttavia, previsto che dopo la relazione particolareggiata preliminare di cui all'articolo 36, comma 1, del Codice, l'amministratore giudiziario, entro tre mesi dalla propria nomina (prorogabili a sei per giustificati motivi dal giudice delegato), debba presentare una ulteriore relazione che deve trasmettere anche all'Agenzia nazionale. In particolare, la relazione deve contenere, oltre ai dati patrimoniali dell'azienda, una dettagliata analisi sulla sussistenza di concrete possibilità di prosecuzione o di ripresa dell'attività, tenuto conto di vari elementi (grado di caratterizzazione dell'attività con il proposto e i suoi familiari, della natura dell'attività esercitata, della forza lavoro occupata, ecc...), ivi compresi gli oneri correlati al processo di legalizzazione dell'azienda. Nel caso di proposta di prosecuzione o di ripresa dell'attività è allegato uno specifico programma contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta, corredato, previa autorizzazione del giudice delegato, della relazione di un professionista che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo. Il nuovo comma 1-quater dell'articolo 41 prevede che, autorizzato dal giudice, l'amministratore giudiziario conferisce la manutenzione ordinaria e straordinaria delle aziende sequestrate preferibilmente alle imprese fornitrici di lavori, beni e servizi già sequestrate o confiscate. Il comma 1-quinquies prevede la possibilità di adozione di un provvedimento provvisorio al fine di evitare la chiusura dell'azienda o incertezze che comportano danni irreparabili all'attività imprenditoriale. Più nel dettaglio, in attesa del provvedimento del Tribunale, entro trenta giorni dall'immissione in possesso, l'amministratore giudiziario è autorizzato dal giudice delegato a proseguire l'attività dell'impresa o a sospenderla, con riserva di rivalutare tali determinazioni dopo il deposito della relazione semestrale. Il provvedimento del Tribunale è adottato dopo avere esaminato la relazione dell'amministratore in camera di consiglio, con la partecipazione del PM, dei difensori delle parti, dell'Agenzia e dell'amministratore giudiziario, che vengono sentiti se compaiono. Ove rilevi concrete prospettive di prosecuzione o di ripresa dell'attività dell'impresa, il Tribunale approva il programma con decreto motivato e impartisce le direttive per la gestione dell'impresa.

Due nuovi commi dell'articolo 41 prevedono che l'amministratore giudiziario possa affittare l'azienda o un ramo di azienda (in data non successiva a quella della confisca definitiva) in via prioritaria (anche con mero comodato) agli enti territoriali, associazioni e altri soggetti (indicati all'articolo 48, comma 3, lettera c), alle cooperative (previste dall'articolo 48, comma 8, lettera a), o agli imprenditori attivi nel medesimo settore o settori affini di cui all'articolo 41-quater. In base al comma 5 dell'art. 41, sulla eventuale messa in liquidazione dell'impresa disposta dal tribunale deve essere acquisito il parere anche dei difensori delle parti (del procedimento di prevenzione).  Un nuovo comma 6-bis stabilisce che le modalità semplificate di liquidazione o di cessazione dell'impresa, in particolare qualora sia priva di beni aziendali, devono essere stabilite con decreto del Ministro della Giustizia, da adottarsi di concerto con il Ministro dello sviluppo economico.

L'articolo 15, comma 1, della legge introduce nel Codice l'articolo 41-bis, che prevede strumenti finanziari volti al sostegno e alla valorizzazione delle aziende sequestrate, necessari per la legalizzazione delle attività non irreversibilmente inquinate dai capitali o dai metodi illeciti. L'articolo 41-bis prevede in primo luogo che l'accesso alle risorse del Fondo di garanzia e del Fondo per la crescita sostenibile di cui all'articolo 1, comma 196, della legge di stabilità 2016 deve essere richiesto dall'amministratore giudiziario, previa autorizzazione del giudice delegato o dall'Agenzia, dopo l'adozione dei provvedimenti di prosecuzione dell'attività dell'azienda, adottati dal Tribunale sulla base delle concrete prospettive di ripresa (comma 1). Il comma 2 dell'art. 41-bis stabilisce che i crediti derivanti dai finanziamenti agevolati erogati a valere sull'apposita sezione del Fondo per la crescita sostenibile hanno privilegio sugli immobili, sugli impianti e su ogni loro pertinenza, sui macchinari e sugli utensili dell'impresa. Il privilegio è annotato presso gli uffici dei registri immobiliari e gli uffici tavolari competenti nel registro tenuto presso la cancelleria del tribunale del luogo ove ha sede l'impresa finanziata (comma 5). Dopo la data di annotazione, il privilegio può essere esercitato anche nei confronti dei terzi che abbiano acquistato diritti sugli stessi beni. Nell'ipotesi in cui non sia possibile fare valere il privilegio nei confronti del terzo acquirente, il privilegio si trasferisce sul corrispettivo (comma 3). Il privilegio è preferito a ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, anche se preesistente alle annotazioni, fatta eccezione per i privilegi per spese di giustizia e per quelli per crediti per retribuzioni e provvigioni, crediti dei coltivatori diretti, delle società o enti cooperativi e delle imprese artigiane (comma 4). Ai sensi del comma 6 dell'articolo 41-bis del Codice, il Tribunale, anche su proposta dell'Agenzia, ove rilevi concrete prospettive di prosecuzione dell'attività dell'azienda sequestrata (o confiscata), può impartire le direttive per la sua ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese. Dopo la confisca definitiva, provvede nello stesso modo l'Agenzia nazionale. Il comma successivo (comma 7) reca poi norme "speciali" per l'amministrazione relativa a sequestro (o confisca) di "aziende di straordinario interesse socio-economico, tenuto conto della consistenza patrimoniale e del numero degli occupati, o aziende concessionarie pubbliche o che gestiscono pubblici servizi", individuate sulla base dei criteri adottati dall'Agenzia nazionale. In tali casi l'amministratore giudiziario può essere nominato tra gli iscritti nella sezione di esperti in gestione aziendale dell'Albo nazionale degli amministratori giudiziari, indicati dalla società INVITALIA s.p.a. tra i suoi dipendenti. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della riforma, l'Agenzia nazionale, con delibera del Consiglio direttivo adotta i criteri per l'individuazione delle aziende sequestrate e confiscate di straordinario interesse socio-economico e per la definizione dei piani di valorizzazione (comma 8).  Il comma 2, dell'articolo 15 della p.d.l., infine, integra il comma 2 dell'articolo 23 del decreto-legge n. 83 del 2012 (Misure urgenti per la crescita del Paese), inserendo fra le finalità del Fondo per la crescita sostenibile anche la definizione e l'attuazione dei piani di valorizzazione delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata.

L'articolo 16 introduce nel Codice i nuovi articoli 41-ter e 41-quater.  Il primo - per favorire il coordinamento tra istituzioni, sindacati e datori di lavoro - prevede l'istituzione, presso le prefetture, di tavoli permanenti sulle aziende sequestrate e confiscate. L'art.41-quater, con l'obiettivo di assicurare ulteriori opportunità alle aziende sequestrate, prevede che l'amministratore giudiziario, sentito il competente tavolo provinciale permanente, previa autorizzazione del giudice delegato, e l'Agenzia nazionale (dopo la confisca di secondo grado) possono avvalersi del supporto tecnico, a titolo gratuito, di imprenditori attivi nel medesimo settore o in settori affini a quelli in cui opera l'azienda sequestrata o non definitivamente confiscata. Tali imprenditori ove svolgano utile attività di supporto tecnico godranno di un diritto di prelazione da esercitare, a parità di condizioni, al momento della vendita o dell'affitto dell'azienda e altri benefici. Inoltre l'amministratore giudiziario, previa autorizzazione scritta del giudice delegato, e l'Agenzia (dopo la confisca di secondo grado) possono avvalersi del supporto delle camere di commercio per favorire il collegamento dell'azienda sequestrata o confiscata in raggruppamenti e in reti d'impresa.

L'articolo 17 della legge modifica gli articoli 43 e 44 del Codice, relativi, rispettivamente, al rendiconto di gestione che l'amministratore dovrà presentare al giudice delegato e alla gestione dei beni confiscati da parte dell'Agenzia. E' introdotto all'art. 43 un termine di 60 giorni dal deposito del provvedimento di confisca di primo grado per la presentazione del rendiconto di gestione. Se il sequestro è revocato, è l'Agenzia nazionale, subentrata nell'amministrazione, a provvedere al rendiconto. In ogni altro caso, l'Agenzia trasmette al giudice delegato una relazione sull'amministrazione dei beni, esponendo anche le spese sostenute per consentire la determinazione del limite di garanzia patrimoniale previsto dall'articolo 53 (il 60% del valore dei beni, v. ultra, art. 20); all'art. 44 si prevede - in coordinamento con le modifiche introdotte - che la gestione dei beni confiscati da parte dell'Agenzia nazionale decorre dalla confisca pronunciata in secondo grado (anziché in primo grado) e che essa avvenga in base alle linee guida adottate dall'Agenzia nazionale ( v. ultra, art. 29, di modifica dell'art. 111 del Codice).

L'articolo 18 interviene sulla disciplina in materia di destinazione dei beni confiscati. Viene, anzitutto, introdotto nel Codice un nuovo articolo 45-bis che disciplina la liberazione e lo sgombero degli immobili ancora occupati nonostante la confisca definitiva. Viene poi modificato l'articolo 46 del Codice estendendo le ipotesi di possibile restituzione per equivalente dei beni confiscati agli aventi diritto; si prevede, inoltre, l'applicazione della restituzione anche per equivalente quando il bene sia stato venduto. Consistenti modifiche sono apportate all'articolo 48 del Codice in materia di destinazione dei beni e delle somme. Le principali modifiche riguardano:

  • le condizioni per la vendita delle partecipazioni societarie
  • la destinazione dei relativi beni immobili;
  • l'attribuzione al Presidente del Consiglio – in luogo del Ministro dell'interno – del potere di autorizzare il mantenimento al patrimonio dello Stato dei beni immobili;
  • le modalità e i presupposti per il trasferimento dei beni agli enti territoriali;
  • l'alienazione di beni mobili di terzi rinvenuti in immobili confiscati;
  • la possibilità di affidare i beni aziendali in comodato;
  • la destinazione a finalità istituzionali delle aziende.

L'articolo 19 interviene sull'articolo 51 del Codice, concernente il regime fiscale dei beni sequestrati per specificare, con più puntuale formulazione, che se il sequestro si protrae oltre il periodo d'imposta in cui ha inizio, il reddito derivante dal bene è determinato dall'amministratore giudiziario in via provvisoria, ai soli fini fiscali.

Tutela dei terzi e rapporti con le procedure concorsuali (artt. 20-28)

L'articolo 20 della legge n. 161 del 2017 interviene sugli articoli da 52 a 56 del Codice, in materia di tutela dei terzi. Le modifiche sono volte a superare alcune criticità esistenti, con particolare riguardo alla liquidazione dei crediti aziendali.

Con la modifica l'articolo 52 del Codice - per fare valere il credito del terzo anteriore al sequestro - si sostituisce il presupposto della previa escussione del patrimonio del proposto con la più agevole dimostrazione "che il proposto non disponga di altri beni sui quali esercitare la garanzia patrimoniale idonea al soddisfacimento dei creditori". Viene inoltre modificata anche la lettera b) del comma 1 dell'articolo 52 che, anche qui per far valere il credito, prevede che questo non sia strumentale all'attività illecita (o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego) "sempre che il creditore dimostri la buona fede e l'inconsapevole affidamento". Con la novella, si richiede per l'opponibilità del credito - in quanto condizioni cumulative e non alternative - sia la mancanza di strumentalità dello stesso all'attività illecita (o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego), sia la sussistenza della buona fede e dell'affidamento incolpevole. Tra le modifiche introdotte, si segnala:

  • all'art. 52 del Codice, la previsione che la confisca definitiva del bene determina anche lo scioglimento dei contratti avente ad oggetto un diritto reale di garanzia;
  • all'articolo 53 del Codice, che il limite di garanzia entro cui possono essere soddisfatti i crediti per titolo anteriori al sequestro (il 60% del valore dei beni sequestrati o confiscati) va determinato al netto delle spese del procedimento di confisca nonché di amministrazione dei beni sequestrati e di quelle sostenute nel procedimento di accertamento dei diritti dei terzi);
  • il nuovo articolo 54-bis, il quale interviene sulla questione relativa al pagamento di debiti anteriori al sequestro;
  • la modifica l'articolo 55 del Codice, che dispone la sospensione delle procedure esecutive pendenti al momento del sequestro e l'estinzione delle stesse in caso di confisca definitiva;
  • l'articolo 56 del Codice, che precisa la disciplina dei rapporti giuridici pendenti al momento del sequestro.

L'articolo 21 detta disposizioni relative all'accertamento dei diritti dei terzi, modificando gli articoli da 57 a 61 del Codice.

In particolare, all'art. 57 del Codice è precisato che alle relazioni da presentare al giudice delegato, l'amministratore giudiziario, deve allegare l'elenco nominativo di tutti i creditori anteriori al sequestro nonché l'elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali di godimento o garanzia. La medesima disposizione fissa l'inizio del procedimento di verifica dopo il deposito del decreto di confisca di primo grado e interviene sui termini previsti per il deposito delle istanze di accertamento dei crediti (il termine perentorio che il giudice assegna ai creditori è ridotto dagli attuali 90 a 60 giorni) e per la fissazione dell'udienza di verifica dei crediti (entro i successivi 60 giorni e non 30, come in precedenza disposto). All'articolo 58 del Codice sono disciplinate più rigorosamente la presentazione delle istanze tardive. Si prevede inoltre un maggiore ruolo dell'amministratore giudiziario nel procedimento. 

L'articolo 21 reca poi modifiche alla disciplina di cui all'articolo 59 del Codice, in materia di verifica dei crediti e di composizione dello stato passivo, consentendo in particolare a ciascun creditore di impugnare i crediti ammessi, compresi quelli di cui all'articolo 54-bis. In relazione all'opposizione dei creditori esclusi, si condiziona la possibilità di produrre nuovi documenti in udienza davanti al tribunale alla dimostrazione del possesso non tempestivo degli stessi, per causa non imputabile al creditore.

Di rilievo sono poi gli interventi correttivi all'articolo 60 del Codice, relativo alla vendita e alla liquidazione dei beni. I correttivi sono volti in particolare a prevedere che il pagamento dei creditori ammessi al passivo avvenga solo dopo che la confisca sia divenuta irrevocabile; ne consegue la sostituzione dell'amministratore giudiziario con l'Agenzia nazionale come protagonista della procedura.

Viene poi modificato l'articolo 61 del Codice, intervenendo sulla fase del progetto e del successivo piano di pagamento dei crediti. Si attribuisce all'Agenzia nazionale il compito di redigere il progetto di pagamento dei crediti, anche in tal caso dopo che il provvedimento di confisca sia divenuto irrevocabile. La stessa Agenzia (che qui prende il posto del giudice delegato) dovrà ordinare il deposito del progetto di pagamento. L'opposizione al progetto potrà essere proposta dai creditori non più davanti al tribunale-sezione per le misure di prevenzione, bensì davanti alla sezione civile della corte d'appello del distretto della sezione specializzata o del giudice penale competente sulla confisca.

L'articolo 22 della legge reca disposizioni in materia di rapporti con le procedure concorsuali.

Nella ipotesi di fallimento successivo al sequestro (articolo 63 del Codice) – oltre a confermare l'esclusione dalla massa attiva fallimentare dei beni sequestrati o confiscati - si precisa che la verifica dei crediti e dei diritti relativi a tali beni è svolta dal giudice delegato del tribunale di prevenzione (e non dal giudice delegato al fallimento) nell'ambito del procedimento per la tutela dei terzi creditori di cui agli artt. 52 e ss. Al comma 6 dell'art. 63 è poi soppresso il riferimento all'applicazione della disciplina sulla tutela dei terzi nel procedimento di chiusura del fallimento a seguito della constatazione che la massa attiva è costituita solo da beni già sequestrati. Al comma 7, in caso di revoca del sequestro o della confisca, i compiti di verifica dei crediti e dei diritti sui beni su cui è intervenuta la revoca vengono attribuiti al giudice delegato al fallimento. Viene confermato che, se la revoca avviene a fallimento chiuso, il tribunale provvede ai sensi dell'art. 121 della legge fallimentare (che prevede la possibile riapertura della procedura) anche su iniziativa del PM; la novità è che il tribunale provvede in tal senso anche decorso il termine quinquennale dalla chiusura del fallimento stabilito dallo stesso art. 121; spetta al curatore il subentro nei rapporti processuali all'amministratore giudiziario. E' aggiunto, poi, all'articolo 63 un nuovo comma 8-bis, che consente all'amministratore giudiziario (previa autorizzazione del tribunale), ove siano stati sequestrati complessi aziendali e produttivi o partecipazioni societarie di maggioranza, di presentare al Tribunale fallimentare competente prima che intervenga la confisca definitiva:

  • domanda per l'ammissione al concordato preventivo;
  • un accordo di ristrutturazione dei debiti;
  • un piano attestato da un revisore legale idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria. Se il piano è finalizzato al mantenimento dell'azienda e dei suoi livelli occupazionali, lo stesso piano può prevedere la vendita dei beni sequestrati anche fuori dei casi ordinari previsti dall'art. 48 del Codice.

Il comma 2 dell'articolo 22 interviene sull'articolo 64 del Codice relativo, stavolta, al sequestro successivo alla dichiarazione di fallimento. Al comma 2 dell'art. 64 sono, in particolare, attribuite al giudice delegato del tribunale di prevenzione le verifiche dei crediti con riferimento ai beni oggetto di sequestro, anche se già verificati dal giudice delegato al fallimento. Al comma 4 è poi precisato che se rispetto alla dichiarazione di fallimento sono pendenti giudizi di impugnazione, gli stessi dovranno essere sospesi, in attesa degli esiti del procedimento di prevenzione; ove sia revocato il sequestro le parti interessate dovranno riassumere il giudizio. Sono abrogati i commi 3 e 5 dell'art. 64 ovvero: l'obbligo di verifica di crediti e diritti insinuati nel fallimento dopo il deposito della richiesta di applicazione di una misura di prevenzione (comma 3); il concorso alla ripartizione dell'attivo del fallimento (sulla base della disciplina di cui agli artt. 110 e ss., del RD legge 267/1942) dei soli creditori ammessi al passivo fallimentare (comma 5). Si conferma al comma 6 che i crediti inerenti ai rapporti relativi ai beni sottoposti a sequestro sono soddisfatti sui beni oggetto di confisca secondo il piano di pagamento. Viene peraltro soppresso il riferimento al fatto che il piano di pagamento debba tenere conto dei crediti soddisfatti in sede fallimentare. Analoga conferma riguarda, al comma 7, la chiusura del fallimento con decreto del tribunale (sentiti il curatore e il comitato dei creditori) se il sequestro o la confisca di prevenzione hanno per oggetto l'intera massa attiva fallimentare ovvero, nel caso di società di persone, l'intero patrimonio personale dei soci illimitatamente responsabili; viene anche qui soppresso il riferimento all'applicazione delle disposizioni sulla tutela dei terzi previste dagli artt. 52 e ss. del Codice. Gli artt. 23, 24 e 25 modificano, rispettivamente, gli artt. 71, 76 e 83 del Codice.

L'articolo 23 apporta modifiche all'articolo 71 del Codice, che prevede un'aggravante di pena (aumento da un terzo alla metà) per un catalogo di delitti commessi da chi è sottoposto in via definitiva a una misura di prevenzione personale durante il periodo di applicazione e fino ai tre anni successivi all'esecuzione della misura. Ai delitti già previsti dall'art. 71, sono aggiunti quello di scambio elettorale politico mafioso (art. 416-ter c.p.) e di assistenza agli associati (art. 418 c.p.) nonché una serie di delitti contro la pubblica amministrazione. L'elenco dei delitti contro la P.A. introdotto nell'art. 71 corrisponde (esclusa, all'art. 314, la limitazione del peculato d'uso) a quello previsto dall'art. 4, comma 1, lett. i-bis) del Codice (v. art. 1 della legge), che fa conseguire la possibile applicazione delle misure di prevenzione al collegamento di tali delitti con l'associazione a delinquere.

L'articolo 24 della legge modifica l'articolo 76 del Codice (altre sanzioni penali):

  • si conferma la pena della reclusione da uno a quattro anni e la confisca dei beni acquistati e dei pagamenti ricevuti per cui è stata la comunicazione per coloro che – sottoposti a controllo giudiziario della propria azienda - omettono di adempiere ai doveri informativi nei confronti dell'amministratore giudiziario previsti dal nuovo art. 34-bis, comma 2, lett. a) (non si fa più rinvio al soppresso art. 34, comma 8); si tratta dell'obbligo di comunicare gli atti di disposizione, gli acquisti e pagamenti effettuati, quelli ricevuti, gli incarichi professionali conferiti, ecc. (v. ante, art. 11 della legge);
  • è aumentato da 5 a 6 anni il limite massimo di pena per il sorvegliato speciale che contravviene al divieto di svolgere propaganda elettorale.

I successivi articoli della legge riguardano la disciplina della documentazione antimafia.

L'articolo 25 interviene sull'articolo 83 del Codice relativo all'ambito di applicazione della documentazione antimafia: in particolare è  più specificamente formulato il comma 1, in relazione all'obbligo di acquisire detta documentazione da parte dei concessionari di lavori o di servizi pubblici prima di stipulare, autorizzare o approvare contratti o subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici. Al comma 3, relativo all'esonero dalla richiesta di documentazione antimafia, viene soppresso il riferimento alle erogazioni il cui valore complessivo non superi i 150.000 euro; è introdotto un nuovo comma 3-bis che prevede sempre l'obbligo di acquisire la documentazione antimafia per le concessioni di terreni agricoli e zootecnici demaniali di qualunque valore che ricadano nell'ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune nonché su tutti i terreni agricoli che usufruiscano di fondi europei.

Dopo l'entrata in vigore della legge n. 161 del 2017, sul tema della documentazione antimafia che devono produrre i titolari di fondi agricoli che accedono ai fondi europei, sono intervenuti sia l'art. 19-terdecies del decreto-legge n. 148 del 2017 che la legge di bilancio 2018 (art. 1, comma 1142, della legge n. 205 del 2017), definendo il seguente quadro normativo:

  • coloro che accedono a fondi di importo fino a 5.000 euro sono esonerati da qualsiasi obbligo inerente alla documentazione antimafia (legge di conversione del decreto-legge 148/2017);
  • coloro che accedono a fondi da 5.001 euro a 25.000 euro sono esonerati dall'obbligo di produrre l'informazione antimafia fino al 31 dicembre 2018 (legge di bilancio 2018);
  • coloro che accedono a fondi europei di importo superiore a 25.000 euro sono soggetti all'obbligo di presentazione dell'informazione antimafia (legge n. 161/2017);
  • nessun obbligo grava su quanto abbiano presentato la domanda di accesso ai fondi, per qualsiasi imposto, prima del 19 novembre 2017 (legge di bilancio 2018).

 

L'articolo 26 della legge interviene sull'articolo 84 del Codice, attribuendo valore significativo di una situazione di pericolo di infiltrazione mafiosa anche al coinvolgimento in procedimenti penali per il reato di caporalato, di cui all'articolo 603-bis del codice penale.

L'articolo 27 modifica l'articolo 85 del Codice, precisando che la documentazione antimafia per le società di capitali anche consortili deve riferirsi, in ogni caso, a ciascuno dei consorziati (sono, in particolare, eliminati dalla disposizione previgente i riferimenti ai limiti numerici di partecipazione al consorzio).

L'articolo 28 interviene sull'articolo 91 del Codice, stabilendo l'obbligo di richiesta dell'informazione antimafia per le concessioni di terreni agricoli demaniali che ricadano nell'ambito dei regimi a sostegno della politica agricola comune nonché su tutti i terreni agricoli che usufruiscano di fondi europei.

Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (art. 29)

L'articolo 29, di riforma della disciplina dell'Agenzia nazionale, è volto, in particolare, a potenziare le dotazioni organiche dell'ufficio e a coordinarne le disposizioni con le modifiche introdotte dalla riforma. L'articolo 29 interviene sugli articoli da 110 a 113-bis del Codice e inserisce una nuova disposizione (art. 113-ter). Di seguito, si da conto delle principali novità introdotte.

  • All'articolo 110:  la sede principale dell'Agenzia nazionale è trasferita a Roma (in precedenza era a Reggio Calabria, che diventa sede secondaria). Oltre a quest'ultima, sono state previste nuove sedi secondarie dell'Agenzia a Palermo, Catania, Napoli, Bologna e Milano; si prevede, inoltre, che le sedi dell'Agenzia siano poste, ove possibile, all'interno di immobili confiscati alle mafie.
  • I compiti attribuiti all'Agenzia sono ridefiniti, ai fini del miglior svolgimento, con particolare riferimento alla necessità dello scambio dei flussi informativi (dati, documenti e informazioni) con il Ministero della giustizia, l'autorità giudiziaria, con le banche dati delle prefetture, degli enti territoriali, di Equitalia ed Equitalia-giustizia, delle agenzie fiscali e con gli amministratori giudiziari. La legge prevede un finanziamento di 850.000 euro all'anno nel triennio 2018-2020 per l'espletamento di tali compiti;  si precisa che l'ausilio all'autorità giudiziaria sia nella fase del procedimento di prevenzione patrimoniale sia nel corso dei procedimenti penali per i gravi reati di cui agli artt. 51, comma 3-bis, c.p.p. e 12-sexies del DL 30671992 (reati che consentono la c.d. confisca allargata) è finalizzato a rendere possibile fin dal sequestro l'assegnazione provvisoria dei beni immobili e delle aziende per fini istituzionali o sociali a enti, associazioni, cooperative, ferma restando la valutazione del giudice delegato sulle modalità di assegnazione; l'amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati da parte dell'Agenzia nazionale inizia dal provvedimento di confisca di secondo grado emesso all'esito del procedimento di prevenzione o di quello penale per i reati di cui ai citati artt. 51, comma 3-bis c.p.p. e 12-sexies del DL 306/1992.
  • All'articolo 111: agli organi dell'Agenzia nazionale (Direttore, Consiglio direttivo e Collegio dei revisori) è aggiunto il "Comitato consultivo di indirizzo", presieduto dal Direttore dell'agenzia e nominato con DPCM. Il nuovo organo dell'Agenzia esprime una serie specifica di pareri motivati e può presentare proposte;  non è più previsto che il Direttore dell'Agenzia nazionale sia necessariamente scelto tra i prefetti ed è indicata una platea cui attingere, in cui figurano, oltre ai prefetti, anche i dirigenti dell'Agenzia del demanio, i magistrati "che abbiano conseguito almeno la quinta valutazione di professionalità" e i magistrati delle magistrature superiori (viene introdotto per la nomina uno specifico requisito di competenza: esperienza professionale specifica, almeno quinquennale, nella gestione di beni e aziende).  La composizione del Consiglio direttivo è ampliata di due unità: sono previsti come membri un rappresentante designato dal Ministro dell'interno e un esperto in materia di progetti di finanziamenti europei e nazionali.
  • All'articolo 112: coerentemente con le modifiche introdotte, si prevede che l'Agenzia nazionale collabora con l'autorità giudiziaria nella gestione dei beni sequestrati fino alla confisca di secondo grado (come detto, in precedenza ciò avveniva fino alla confisca di primo grado, a decorrere dalla quale subentrava nell'amministrazione); viene stabilito che l'Agenzia nazionale, per le attività di competenza, si avvale delle prefetture territorialmente competenti. La legge demanda ad un successivo decreto del Ministro dell'interno la definizione della composizione del nucleo di supporto alle attività connesse ai beni sequestrati e confiscati (nucleo la cui istituzione è già prevista dal Codice) e il relativo contingente di personale in base a criteri flessibili che tengano conto del numero dei beni oggetto di sequestro e confisca antimafia sul territorio di riferimento; si prevede, poi, che i prefetti, in base alle linee guida adottate dal Consiglio direttivo dell'Agenzia nazionale, individuino enti e associazioni che partecipano con propri rappresentanti all'attività del nucleo di supporto; l'utilizzo delle informazioni acquisite dall'Agenzia nazionale è volto a facilitare le collaborazioni tra amministratori giudiziari e coadiutori e a favorire sul territorio, soprattutto in relazione alle aziende, l'instaurazione e prosecuzione di rapporti commerciali tra imprese oggetto di sequestro e confisca; l'Agenzia nazionale predispone meccanismi di analisi aziendale per verificare la possibilità di proseguire l'attività imprenditoriale o avviare la liquidazione o la ristrutturazione del debito; stipula protocolli d'intesa, anche con associazioni di categoria per individuare professionalità necessarie alla ripresa dell'attività dell'azienda (anche avvalendosi dei nuclei territoriali di supporto istituiti presso le prefetture) e protocolli operativi nazionali con l'ABI per garantire la rinegoziazione dei rapporti bancari in corso con le aziende sequestrate e confiscate; si prevede, infine, una verifica continua e sistematica della conformità dell'utilizzo dei beni ai relativi provvedimenti di assegnazione e destinazione.
  • All'articolo articolo 113 del Codice: viene precisato che il regolamento di organizzazione dell'Agenzia nazionale debba prevedere che la selezione del personale avvenga privilegiando le specifiche competenze in materia di gestione aziendale, accesso al credito e finanziamenti europei.
  • L'articolo 113-bis del Codice aumenta da 30 a 200 unità complessive la dotazione organica dell'Agenzia (170 posti sono coperti mediante il ricorso a procedure di mobilità); prevede che i nominativi del personale sono inseriti nel sito Internet dell'Agenzia nazionale e prevede la possibilità, per il Direttore dell'Agenzia nazionale, di ricorrere a contratti a tempo determinato, per il conferimento di incarichi di particolare specializzazione a professionisti esperti in gestioni aziendali e patrimoniali (in precedenza era possibile il ricorso al comando o al distacco - fino a 100 unità - di personale delle pubbliche amministrazioni; la possibilità di stipulare contratti a tempo determinato nei limiti delle dotazioni finanziarie disponibili, era possibile fino al 31 dicembre 2016).
  • Completa gli interventi sulla disciplina dell'Agenzia nazionale, il nuovo articolo 113-ter del Codice che - in aggiunta alla dotazione organica - stabilisce il possibile ricorso a un contingente massimo di 10 unità per incarichi speciali. Si tratta di particolari professionalità, con qualifica dirigenziale, che vengono comandate o distaccate dalla pubblica amministrazione e che operano alle dirette dipendenze funzionali del Direttore dell'Agenzia nazionale. L'art. 113-ter precisa che restano fermi i diritti acquisiti dal personale inquadrato nei ruoli organici dell'Agenzia nazionale al momento dell'entrata in vigore del provvedimento in esame.

Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, alla legislazione complementare e deleghe al Governo (artt. 30-34)

L'articolo 30: inasprisce la pena della reclusione (ante da uno a sei anni) prevista per il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all'articolo 640-bis c.p. (la reclusione viene portata a due anni nel minimo e a sette anni nel massimo); novella l'articolo 104-bis delle disposizioni di attuazione del c.p.p., inserendo, da un lato – per coordinamento –  il riferimento alla nomina da parte dell'autorità giudiziaria di un amministratore giudiziario dell'azienda sequestrata, scelto tra gli iscritti al relativo albo di cui all'articolo 35 del Codice antimafia e, dall'altro, aggiungendo due ulteriori commi i quali prevedono che: 

  • il giudice che dispone il sequestro nomina un amministratore giudiziario ai fini della gestione dell'azienda sequestrata (comma 1-bis); 
  • i compiti del giudice delegato alla procedura sono svolti dal giudice che ha emesso il decreto di sequestro ovvero, nel caso di provvedimento emesso da organo collegiale, dal giudice delegato nominato dal tribunale ai sensi dell'art. 35, comma 1, del Codice (comma 1-ter).

Un'ulteriore modifica è apportata all'articolo 132-bis delle norme di attuazione del c.p.p. con l'inserimento, al comma 1, di una lettera f-bis) attraverso cui si assicura priorità assoluta nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi anche ai processi nei quali vi sono beni sequestrati in funzione della confisca allargata di cui all'art. 12-sexies del DL 306/1992.

L'art. 30 modifica poi il D.lgs. 231 del 2001, introducendo sanzioni pecuniarie e interdittive in relazione alla commissione dei delitti di procurato ingresso illecito e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, di cui all'articolo 12 del TU immigrazione (D.Lgs. 286/1998).

L'articolo 31 interviene sull'articolo 12-sexies del decreto-legge 306/1992, convertito dalla legge 356/1992, in materia di confisca allargata o per sproporzione:

  • estende il catalogo dei reati per i quali è possibile procedere alla confisca allargata ai gravi reati di cui all'art. 51, comma 3-bis, c.p.p.;
  • esclude esplicitamente che la legittima provenienza dei beni possa essere giustificata adducendo che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego di evasione fiscale;
  • interviene, poi, sul comma 4-bis dell'articolo 12-sexies per procedere all'assimilazione della disciplina della confisca allargata a quella del Codice antimafia. Sono poi introdotti all'art. 12-sexies cinque nuovi commi (da 4-quinquies a 4-novies) che stabiliscono: che i terzi, titolari di diritti reali o personali di godimento sui beni sequestrati di cui l'imputato risulti avere la disponibilità a qualsiasi titolo, devono essere citati nel processo di cognizione al fine di garantire piena tutela ai loro diritti difensivi;  che il giudice dell'esecuzione è il giudice competente ad adottare con ordinanza (impugnabile entro 30 giorni) sia la confisca allargata ordinaria che quella per equivalente; una nuova ipotesi di confisca senza condanna, stabilendo l'applicazione della disciplina della confisca allargata quando, pronunciata condanna in uno dei gradi di giudizio, il giudice di appello o la cassazione dichiarino l'estinzione del reato per prescrizione o amnistia (ma non per morte dell'indagato-imputato); che, anche in caso di morte del soggetto nei cui confronti è stata disposta una confisca con sentenza di condanna definitiva, il procedimento inizia o prosegue nei confronti degli eredi o degli aventi causa; che è il giudice che ha disposto il sequestro (o il giudice delegato dal collegio, se il sequestro è disposto da organo collegiale) l'autorità giudiziaria competente ad amministrare i beni sequestrati.

La modifica all'art. 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992 non ha peraltro tenuto conto dell'integrazione del catalogo dei reati per i quali è consentita la confisca allargata, operata nel frattempo dal decreto legislativo n. 202 del 2016, in attuazione della direttiva 2014/42/UE. Tale decreto legislativo è entrato in vigore mentre era in corso di esame parlamentare la riforma del Codice antimafia. Tale lacuna - che espone il nostro Paese a una violazione di obblighi internazionali - è stata evidenziata dal Presidente della Repubblica in sede di promulgazione della riforma del Codice antimafia, con una lettera al Presidente del Consiglio. Il legislatore ha dato seguito a questo monito presidenziale con l'art. 13-ter del decreto-legge n. 148 del 2017, che amplia l'ambito di applicazione della confisca allargata, integrando l'elenco dei reati che, in caso di condanna, ne costituiscono il presupposto (corruzione in ambito privato (art. 2635 c.c.), uso indebito di carte di credito o di pagamento, falsificazione o alterazione di monete, introduzione e spendita di monete false, contraffazione di carta filigranata nonché fabbricazione o detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla falsificazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata; inoltre, la modifica prevede la confisca in caso di condanna o di applicazione della pena per i reati informatici previsti dal codice penale quando le condotte riguardano tre o più sistemi.

L'articolo 32 della legge n. 161 del 2017 modifica l'articolo 4 della legge n. 512 del 1999, relativo all'accesso al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, richiedendo per l'accesso al Fondo da parte degli enti costituiti parte civile, ai fini del rimborso delle spese processuali, determinati requisiti per comprovare l'affidabilità e la capacità operativa in favore delle vittime di reati. Sono esonerati da detta disciplina le associazioni od organizzazioni aventi tra i propri scopi quello di prestare assistenza e solidarietà a soggetti danneggiati da attività estorsive, ove iscritte nell'apposito elenco tenuto dal prefetto ai sensi dell'art. 13 della legge n.44/1999.

L'articolo 33 reca in primo luogo modifiche all'articolo 7-bis dell'ordinamento giudiziario. Vi è introdotto il comma 2-sexies, in base a cui sono istituite - presso il tribunale del capoluogo del distretto e presso la corte di appello - sezioni ovvero individuati collegi che trattano in via esclusiva i procedimenti di prevenzione al fine di assicurarne un più celere svolgimento da parte dei magistrati dotati di particolare competenza per materia. Analoga previsione riguarda i soli tribunali circondariali di Trapani e di Santa Maria Capua Vetere. Sul punto è intervenuta la legge di bilancio 2018 (art. 1, comma 458, della legge n. 205 del 2017) che ha precisato che i tribunali di Trapani e di Santa Maria Capua Vetere sono competenti per l'applicazione delle misure di prevenzione personali e patrimoniali proposte in relazione a coloro che dimorino, rispettivamente, nelle province di Trapani e di Caserta.  

La disposizione prevede poi ulteriori norme di dettaglio volte ad assicurare la copertura delle sezioni o collegi e particolari modalità di composizione. Inoltre, l'articolo 33 della proposta di legge delega il Governo ad adottare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto legislativo recante disposizioni per disciplinare il regime delle incompatibilità relative agli uffici di amministratore giudiziario e di coadiutore dell'amministrazione giudiziaria, nonché di curatore nelle procedure fallimentari e figure affini delle altre procedure concorsuali, secondo stringenti principi e criteri direttivi.

L'articolo 34 prevede la delega al Governo per l'adozione di norme su alcuni profili della tutela del lavoro nelle imprese sequestrate e confiscate sottoposte ad amministrazione giudiziaria, con riferimento al periodo precedente l'assegnazione delle medesime. La disposizione stabilisce che la normativa delegata debba sia realizzare misure per l'emersione del lavoro irregolare e per il contrasto del caporalato, sia salvaguardare l'accesso all'integrazione salariale ed agli altri ammortizzatori sociali.  Viene poi previsto un onere finanziario (a valere sul Fondo sociale per l'occupazione) per il sostegno al lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate nel limite di 7 milioni all'anno nel biennio 2018-2019 e nel limite di 6 milioni nel 2020. La delega deve essere esercitata entro quattro mesi dall'entrata in vigore della riforma in esame (19 marzo 2018).

Disposizioni di attuazione e transitorie (artt. 35-39)

L'articolo 35 detta i tempi per l'attuazione della riforma, prevedendo in primo luogo che, entro 30 giorni (dalla entrata in vigore della riforma), il CSM debba attuare la disposizione dell'ordinamento giudiziario sulle sezioni specializzate e che entro i successivi 60 giorni i dirigenti degli uffici giudiziari debbano garantire la priorità nella trattazione dei procedimenti di prevenzione patrimoniale (comma 1). Ai sensi del comma 2 dell'articolo 35, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della riforma devono essere emanati i decreti ministeriali previsti dal Codice, ivi compresi quelli relativi al Fondo unico giustizia, nonché istituiti o nominati gli organi. Infine, entro 120 giorni il Presidente del Consiglio è tenuto a presentare una relazione al Parlamento sull'attuazione della riforma (comma 3). Entro 30 gg. dalla data di entrata in vigore della legge in esame, l'Agenzia nazionale deve adottare i criteri per l'individuazione del proprio personale, da nominare come amministratore giudiziario (v. ante, comma 2-ter dell'art. 35 del Codice; art. 13 della p.d.l.).

L'articolo 36 reca modifiche alle disposizioni transitorie per l'applicazione di specifiche disposizioni del Codice antimafia. Tra le altre, si precisa che la nuova disciplina dell'Agenzia nazionale non si applica se l'amministrazione dei beni confiscati è stata assunta dall'Agenzia in base alle disposizioni del Codice antimafia vigenti fino all'entrata in vigore della riforma in esame.

L'articolo 37 contiene, infine, una norma d'interpretazione autentica di una disciplina introdotta dalla legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012), che escludeva la possibilità di avviare azioni esecutive su beni confiscati prima dell'entrata in vigore del Codice antimafia (13 ottobre 2011). Viene precisato che tale disciplina si applica anche in riferimento ai beni confiscati mediante confisca allargata di cui all'art. 12-sexies del DL 306/1992, all'esito di procedimenti iscritti nel registro delle notizie di reato prima della citata data di entrata in vigore.

Infine, l'articolo 38, reca disposizioni finanziarie. E' stabilita la neutralità finanziaria della riforma in esame ad eccezione di quanto previsto per le risorse necessarie alla riforma dell'Agenzia nazionale (art. 29 della p.d.l.) e per il sostegno dei lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate (art. 34 della p.d.l.): gli artt. 29 e 34 quantificano gli oneri finanziari e ne prevedono la copertura. E', da ultimo, ribadita l'acquisizione all'entrata del bilancio dello Stato della quota del Fondo unico giustizia derivante da risorse riassegnate, oggetto di sequestro penale o amministrativo.

In estrema sintesi, di seguito si illustrano i principali contenuti dell'articolato della legge n. 161 del 2017.

Misure di prevenzione personali (artt. 1-4)

L'articolo 1, modificando l'articolo 4 del Codice antimafia, amplia il catalogo dei possibili destinatari delle misure di prevenzione personali (e patrimoniali, in forza del rinvio di cui all'art. 16, comma 1, lett. a), del Codice). Le misure possono, infatti, essere applicate anche a coloro i quali, fuori dei casi di concorso e favoreggiamento, sono indiziati di prestare assistenza agli associati alle organizzazioni a delinquere e mafiose. Analogamente, possono applicarsi agli indiziati di una serie di reati contro la pubblica amministrazione (ove collegati al reato di associazione a delinquere), di atti persecutori, di delitti con finalità di terrorismo e di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Infine, potranno essere soggetti alle misure di prevenzione coloro che compiano atti esecutivi diretti a sovvertire l'ordinamento statale o diretti alla ricostituzione del partito fascista.

L'articolo 2 modifica gli articoli da 5 a 8 del Codice, relativi al procedimento di applicazione delle misure di prevenzione personali. La riforma:

  • prevede che le funzioni e le competenze del procuratore della Repubblica presso il tribunale capoluogo del distretto, relative alla titolarità della proposta, siano attribuite "anche" al procuratore della Repubblica del tribunale del circondario;
  • trasferisce la competenza per l'adozione delle misure di prevenzione dal tribunale del capoluogo di provincia al tribunale del distretto;
  • prevede una eccezione alla nuova regola generale secondo cui la proposta deve essere depositata presso le cancellerie delle istituende sezioni o dei collegi speciali per le misure di prevenzione del tribunale distrettuale nel territorio del quale la persona dimora, consentendo il deposito anche presso le sezioni e collegi eccezionalmente istituiti anche presso i tribunali circondariali di Trapani e di Santa Maria Capua Vetere (dove quindi andranno proposte le misure, anziché presso i tribunali distrettuali di Palermo e Napoli);
  • prevede che il divieto di soggiorno possa essere applicato anche in relazione a una o più regioni (anziché a più province).

L'art. 2 detta poi alcune modifiche alla disciplina del procedimento di applicazione delle misure di prevenzione e, sempre con riguardo al giudizio di primo grado, introduce sette nuovi commi all'articolo 7 del Codice, che recano un'articolata regolamentazione delle questioni concernenti la competenza territoriale. E' inoltre previsto che il decreto di accoglimento, anche parziale, della proposta della misura di prevenzione ponga a carico del proposto il pagamento delle spese processuali, oggi dovute solo per il giudizio di Cassazione (articolo 204, TU giustizia).

L'articolo 3 interviene sull'articolo 10 del Codice in materia di impugnazione delle misure di prevenzione personali, in particolare permettendo la proposizione del ricorso in appello e in Cassazione anche al difensore dell'interessato (attualmente tale facoltà compete al solo legittimato).

L'articolo 4 integra con due commi aggiuntivi l'articolo 14 del Codice, relativo a decorrenza e cessazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza. La disciplina sulla sorveglianza speciale viene adeguata alle indicazioni della Corte costituzionale (sentenza n. 291 del 2013), prevedendo che l'esecuzione della misura resti sospesa durante il tempo in cui l'interessato è sottoposto a custodia cautelare e che, al termine della detenzione protratta per almeno due anni, debba essere verificata la pericolosità sociale; se questa è cessata, il Tribunale revoca la sorveglianza speciale;
 in caso contrario, emette decreto con cui ordina l'esecuzione della misura di prevenzione.

Misure di prevenzione patrimoniali (artt. 5-12)

L'articolo 5 della legge n. 161/2017 modifica la disciplina del Codice sul procedimento di applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali. Più nel dettaglio, attraverso modifiche all'articolo 17 del Codice, la riforma interviene sulla titolarità della proposta, precisando che il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo è comunque titolato a proporre la misura di prevenzione patrimoniale. Nel caso di applicazione di misure di prevenzione patrimoniali a persone indiziate per alcuni dei reati indicati dall'art. 1 della legge, le funzioni di coordinamento spettanti al procuratore distrettuale sono attribuite anche al procuratore della Repubblica del tribunale nel cui circondario dimora la persona, previo coordinamento con il procuratore distrettuale. Un comma aggiuntivo prevede che il procuratore della Repubblica distrettuale, attraverso il raccordo con il questore e il direttore della DIA, curi che l'applicazione delle misure patrimoniali non rechi intralcio ad altre indagini in corso.

Per evitare i possibili intralci a indagini parallele, in capo al questore e al direttore della DIA sono in tal senso posti precisi obblighi di informazione verso il procuratore della Repubblica distrettuale. Modificando l'articolo 19 del Codice, in materia di indagini patrimoniali, la riforma consente alle autorità titolari del potere di proposta sulle misure di prevenzione patrimoniali  di accedere anche al Sistema di interscambio flussi dati (SID) dell'Agenzia delle entrate e richiedere quanto ritenuto utile ai fini della indagini. Il comma 4 dell'articolo 5 modifica l'articolo 20 del Codice precisando, anzitutto, che il tribunale ordina con decreto il sequestro dei beni di cui la persona "nei cui confronti è stata presentata la proposta" risulta poter disporre (attualmente il Codice prevede che il sequestro colpisce i beni della persona "nei cui confronti è iniziato il procedimento").  Il nuovo art. 20 prevede inoltre che, oltre al sequestro di valori ingiustificati ritenuti probabile frutto di attività illecita, il decreto del tribunale può disporre anche:

  • l'amministrazione giudiziaria di aziende, nonché di beni strumentali all'esercizio delle relative attività economiche (art. 34 del Codice);
  • il controllo giudiziario dell'azienda (art. 34-bis, introdotto nel Codice dalla proposta in esame, v. ultra).

La disposizione prevede, inoltre, che il sequestro di partecipazioni sociali totalitarie si estende ex lege a tutti i beni aziendali e che, nel decreto di sequestro, il tribunale debba indicare i conti correnti e i beni aziendali a cui si estende la misura ablativa.

Il comma 5 dell'articolo 5 interviene sulla disciplina dell'esecuzione del sequestro di cui all'articolo 21 del Codice. La disposizione stabilisce che all'immissione dell'amministratore giudiziario nel  possesso dei beni sequestrati provvede la polizia giudiziaria (anziché l'ufficiale giudiziario), con l'eventuale assistenza dell'ufficiale giudiziario ("ove opportuno").

Una modifica è introdotta alla disciplina dello sgombero degli immobili sequestrati. Viene previsto che, anziché al tribunale (come precedentemente previsto), spetta al giudice delegato alla procedura, sentito l'amministratore giudiziario e previa valutazione delle circostanze, l'onere di provvedere allo sgombero con l'ausilio della forza pubblica degli immobili occupati senza titolo ovvero sulla scorta di titolo privo di data certa anteriore al sequestro.

Il comma 6 dell'articolo 5 interviene sull'articolo 22 del Codice prevedendo, al comma 2, che il decreto che dispone il sequestro urgente perde efficacia se non è convalidato dal tribunale entro 30 giorni (in precedenze entro 10 giorni); ai fini del termine per la convalida del sequestro, si tiene conto delle cause di sospensione previste dall'articolo 24, comma 2, del Codice (accertamenti peritali, eventuale richiesta di ricusazione).

Il comma 7 interviene sul procedimento di prevenzione patrimoniale di cui all'articolo 23 del Codice prevedendo, all'udienza per l'applicazione della misura, anche il possibile intervento dei terzi che vantino sul bene in sequestro diritti reali di garanzia (in precedenza l'intervento era possibile per i titolari di diritti reali o personali di godimento sul bene).

Il comma 8 dell'art. 5 modifica l'articolo 24 del Codice in materia di confisca, escludendo che la legittima provenienza dei beni possa essere giustificata adducendo che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego di evasione fiscale

Viene poi introdotta, con un nuovo comma 1-bis dell'art. 24, una disposizione analoga a quella relativa al sequestro di prevenzione relativo a partecipazioni sociali totalitarie (cfr. nuovo art. 20 del Codice): è stabilito che la confisca di tali beni si estenda anche ai beni aziendali; anche in tal caso vanno precisati i conti correnti e i beni aziendali cui si estende la confisca. Il comma 2 dell'articolo 24 del Codice conferma in un anno e sei mesi dalla data d'immissione in possesso dei beni da parte dell'amministratore giudiziario il termine per l'emissione del decreto di confisca da parte del Tribunale, pena la perdita di efficacia del sequestro.

Una modifica è introdotta alla disciplina previgente in caso di indagini complesse o compendi patrimoniali rilevanti: mentre prima il Codice prevedeva una possibile proroga con decreto motivato del tribunale per periodi di sei mesi e per non più di due volte, la nuova formulazione del comma 2 stabilisce una sola proroga semestrale. Sono poi precisate le modalità di computo dei termini suddetti.

Il comma 9 dell'art. 5 della proposta di legge riformula integralmente l'articolo 25 del Codice, apportando significative modifiche alla disciplina relativa a sequestro e confisca per equivalente. L'adozione della misura, nel nuovo testo, anzitutto prescinde dalle finalità di dispersione e occultamento dei beni: si prevede che, ogni qualvolta dopo la presentazione della proposta non risulti possibile procedere al sequestro dei beni, perché il proposto non ne ha la disponibilità, diretta o indiretta, anche ove trasferiti legittimamente in qualunque epoca a terzi in buona fede, il sequestro e la confisca hanno a oggetto altri beni di valore equivalente, di cui viene precisata la legittima provenienza, dei quali il proposto ha la disponibilità anche per interposta persona. E', inoltre, ampliato l'ambito di applicazione degli istituti anche ai soggetti nei cui confronti prosegue o inizia il procedimento con riferimento a beni di legittima provenienza loro pervenuti dal proposto.

L'articolo 6 interviene sull'articolo 27 del Codice, apportando modifiche alla disciplina delle impugnazioni delle misure di prevenzione patrimoniali. In particolare, rispetto alla normativa previgente, si prevede l'impugnabilità:

  • del decreto che dispone o nega il sequestro (prima si poteva impugnare solo la revoca del sequestro);
  • del rigetto della richiesta di confisca, anche qualora non sia stato ancora disposto il sequestro (tale previsione risolve un contrasto in giurisprudenza sull'appellabilità di tale provvedimento o della sola proponibilità del ricorso per cassazione).

L'articolo 6 introduce, ancora, un nuovo comma 3-bis all'articolo 27, che contempla la possibilità di sospendere, nelle more del giudizio di Cassazione, la decisione con cui la corte d'appello, in riforma del decreto di confisca emesso dal tribunale, abbia disposto la revoca del sequestro (analogamente a quanto già previsto per i provvedimenti del tribunale). Con un nuovo comma 6-bis si prevede il decorso del termine di un anno e sei mesi per l'emissione del decreto di confisca, in caso di annullamento dell'originario decreto con rinvio al tribunale (il termine decorre nuovamente dalla ricezione degli atti presso la cancelleria del tribunale stesso).

L'articolo 7 interviene sull'articolo 28, comma 1, del Codice, prevedendo che la revocazione della confisca sia richiesta, nelle forme previste dagli articoli 630 e ss. c.p.p., in quanto compatibili. La novità introdotta riguarda la corte di appello competente, che viene individuata secondo i criteri di cui all'articolo 11 c.p.p. Attraverso una modifica al comma 4 dell'articolo 28 si attribuisce alla stessa corte di appello, nel caso in cui accolga la richiesta di revocazione, di provvedere direttamente ai sensi dell'articolo 46 con la restituzione per equivalente, evitando che gli atti siano trasmessi per questa incombenza al Tribunale.

L'articolo 8 interviene sulla disciplina prevista nel caso di misure di prevenzione antimafia disposte su beni già sequestrati nel corso di un procedimento penale (articolo 30 del Codice). Si stabilisce che, in caso di revoca del sequestro o della confisca di prevenzione, il giudice del procedimento penale, anziché nominare (come ora) un nuovo custode, può confermare quello nominato nel procedimento di prevenzione. L'articolo 8, inoltre, prevede che, se la sentenza di condanna definitiva in sede penale che dispone la confisca interviene prima della confisca definitiva di prevenzione, il tribunale, se ha già disposto il sequestro ed è ancora in corso il procedimento di prevenzione, dichiara, con decreto, che la confisca è stata già eseguita in sede penale (attualmente, invece, nella stessa ipotesi, il tribunale dichiara la confisca già eseguita in sede penale solo quando disponga la confisca di prevenzione).

L'articolo 9 interviene in materia di cauzione e garanzie reali a carico del proposto (art. 31 del Codice), prevedendo che il Tribunale possa "disporre, in relazione alle condizioni economiche della persona sottoposta alla misura di prevenzione, che la cauzione sia pagata in rate mensili".

L'articolo 10 della legge n. 161 del 2017 riscrive l'articolo 34 del Codice in materia di amministrazione giudiziaria di attività economiche e aziende. Il nuovo comma 1 dell'articolo 34 riguarda le ipotesi in cui, anche a seguito delle verifiche disposte ai sensi dell'art. 213 del nuovo Codice dei contratti pubblici dall'Autorità nazionale anticorruzione, sussistano sufficienti indizi per ritenere che il libero esercizio di determinate attività economiche, comprese quelle a carattere imprenditoriale, sia direttamente o indirettamente sottoposto alle condizioni di assoggettamento o condizionamento mafioso o possa agevolare l'attività di persone nei confronti delle quali è stata proposta o applicata una delle misure di prevenzione personale o patrimoniale. In tali ipotesi, il tribunale competente, su proposta del PM presso il tribunale del capoluogo di distretto ove dimora la persona, del procuratore nazionale antimafia, del questore o del direttore della DIA, dispone l'amministrazione giudiziaria delle aziende o dei beni utilizzabili, direttamente o indirettamente, per lo svolgimento delle predette attività economiche. Si prevede che analoga misura è disposta quando, non ricorrendo i presupposti per l'applicazione delle misure di prevenzione (si precisa: "patrimoniali"), il tribunale ritenga che il libero esercizio delle stesse attività economiche possa agevolare l'attività di persone sottoposte a procedimento penale per una serie di delitti, considerati spia di infiltrazione mafiosa come quelli previsti dall'art. 1 della proposta di legge (art. 4, comma 1, lett. a), b) e i-bis), del Codice e il delitto di caporalato.

Il comma 2 del nuovo articolo 34 stabilisce che l'amministrazione giudiziaria è adottata per un periodo non superiore a un anno (in precedenza era di sei mesi), prorogabile di ulteriori sei mesi per un periodo non superiore complessivamente a due anni (ante un anno), a richiesta del PM (è aggiunta la possibile adozione d'ufficio). La misura deve essere disposta a seguito di relazione dell'amministratore giudiziario che evidenzi la necessità di completare il programma di sostegno e di aiuto alle imprese amministrate e la rimozione delle situazioni di fatto e diritto che avevano determinato la misura. Confermando che, con l'emanazione del provvedimento di amministrazione straordinaria, sono nominati il giudice delegato e l'amministratore giudiziario, l'articolo 34 prevede che l'amministratore esercita tutte le facoltà spettanti ai titolari dei diritti sui beni e sulle aziende oggetto della misura e che, nel caso di imprese esercitate in forma societaria, questi – senza percepire ulteriori emolumenti - può esercitare i poteri spettanti agli organi di amministrazione e agli altri organi sociali secondo le modalità stabilite dal tribunale, tenuto conto delle esigenze di prosecuzione dell'attività di impresa. Il nuovo comma 4 dell'articolo 34 prevede che il provvedimento di amministrazione giudiziaria sia eseguito sui beni aziendali con l'immissione in possesso dell'amministratore e con l'iscrizione nel registro tenuto dalla camera di commercio presso il quale è iscritta l'impresa. Una nuova disposizione - per garantire la corretta gestione dei beni in questione - rinvia in quanto applicabili ai meccanismi previsti dal codice antimafia per l'amministrazione e gestione dei beni sotto sequestro. Il comma 6 stabilisce che, entro la data di scadenza dell'amministrazione giudiziaria dei beni o del sequestro (in precedenza, 15 giorni prima di tale data), il tribunale, qualora non opti per il rinnovo del provvedimento, sceglie tra tre opzioni:

  • la revoca della misura;
  • la confisca dei beni;
  • la revoca della misura con contestuale applicazione del controllo giudiziario.

Il tribunale dispone la revoca della misura quando sono venuti meno i pericoli di agevolazione descritti. Alla revoca può seguire il controllo giudiziario (v. ultra, art. 34-bis), quando il pericolo dell'agevolazione non sia completamente escluso e non sussistano i presupposti della confisca. Il tribunale dispone invece la confisca dei beni quando ha motivo di ritenere che siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego (comma 6). Sempre nell'ambito della c.d. fase cautelare, l'articolo 34, comma 7, stabilisce la possibilità di adottare il sequestro dei beni in amministrazione giudiziaria qualora sussista il concreto pericolo che detti beni vengano dispersi, sottratti o alienati; rispetto al testo previgente, si prevede che la misura è applicata anche quando si abbia motivo di ritenere che i beni siano frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego. Il sequestro è possibile fino alla scadenza del termine stabilito ai sensi del comma 2 (un anno rinnovabile fino ad un massimo di ventiquattro mesi).

L'articolo 11 della proposta di legge introduce, con il nuovo articolo 34-bis del Codice, l'istituto del "controllo giudiziario", destinato a trovare applicazione in luogo della "amministrazione giudiziaria" nei casi in cui l'agevolazione dell'attività delle persone proposte o soggette a misure di prevenzione conseguente all'esercizio dell'attività aziendale "risulta occasionale e sussistono circostanze di fatto da cui si possa desumere il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose" idonee a condizionare l'attività di impresa. Si tratta di una misura non inedita ma con caratteristiche proprie rispetto al controllo giudiziario che, ai sensi del vigente art. 34, comma 8, del Codice, segue, in alcuni casi, l'amministrazione giudiziaria dell'azienda. Tale misura non determina lo spossessamento della gestione dell'impresa, dando luogo, per un periodo minimo di un anno e massimo di tre anni, ad un intervento meno invasivo, di "vigilanza prescrittiva" affidata ad un commissario giudiziario nominato dal tribunale, con il compito di monitorare dall'interno dell'azienda l'adempimento delle prescrizioni dell'autorità giudiziaria. La cessazione del controllo giudiziario avviene, oltre che per scadenza del termine della misura: in caso di accertamento della violazione di una o più prescrizioni ovvero qualora ricorrano i presupposti dell'amministrazione giudiziaria;  per la revoca del provvedimento di controllo giudiziario proposta dal titolare dell'azienda.

L'articolo 12  introduce il capo V-bis nel titolo II del libro I del Codice antimafia, consistente nel solo articolo 34-ter, con cui si garantisce la trattazione prioritaria dei procedimenti per l'applicazione di misure di prevenzione patrimoniali. Per assicurare la trattazione e definizione prioritaria di tali procedimenti e il rispetto dei termini previsti, i dirigenti degli uffici giudicanti e requirenti adottano i provvedimenti organizzativi necessari. La norma prevede che il Ministro della giustizia, in occasione delle annuali comunicazioni sull'amministrazione della giustizia, riferisca al Parlamento anche in merito alla trattazione prioritaria dei procedimenti di applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali.

Amministrazione, gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati (artt. 13-19)

L'articolo 13 della legge interviene sulle norme del Codice antimafia che definiscono i criteri per la scelta degli amministratori giudiziari dei beni sequestrati e regolano gli adempimenti connessi alla cessazione del loro incarico.Sono introdotte nell'art. 35 del Codice un complesso di disposizioni che mira a superare le difficoltà connesse alla mancata operatività dell'Albo degli amministratori giudiziari.

Il comma 1 dell'articolo – recependo una prassi giudiziaria già esistente - modifica l'articolo 35 del Codice sulla nomina e revoca dell'amministratore giudiziario prevedendo che qualora la gestione dei beni in sequestro sia particolarmente complessa, il tribunale può nominare più amministratori giudiziari, eventualmente stabilendo se possono operare disgiuntamente (comma 1 dell'articolo 35). Il comma 2 dell'articolo 35, come modificato, prevede che l'amministratore giudiziario di beni immobili sequestrati venga scelto, nell'ambito degli iscritti all'apposito albo, secondo criteri di trasparenza, di rotazione degli incarichi e di corrispondenza tra i profili professionali del professionista individuato e la tipologia e l'entità dei beni appresi in via cautelare. L'individuazione dei criteri di nomina degli amministratori giudiziari e dei coadiutori viene demandata a un successivo decreto del Ministro della giustizia (di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro dello sviluppo economico) che deve tenere conto del numero degli incarichi aziendali in corso, comunque non superiore a tre. A tale decreto è, altresì, demandata l'individuazione dei casi in cui è vietato il cumulo degli incarichi contraddistinti dalla particolare complessità o dall'eccezionalità del valore del patrimonio immobiliare da amministrare.

L'amministratore giudiziario è nominato con decreto motivato e al momento della nomina è tenuto a comunicare al tribunale l'eventuale titolarità di altri incarichi di analoga natura. Il nuovo comma 2-bis dell'articolo 35 precisa che l'incarico di amministratore giudiziario di aziende sequestrate deve essere scelto fra i soggetti iscritti nella nell'apposita sezione di esperti in gestione aziendale dell'Albo nazionale degli amministratori giudiziari (un ulteriore comma 2-ter dell'articolo 35 prevede che l'amministratore giudiziario può essere anche nominato tra il personale dipendente dell'Agenzia nazionale). Il comma 3 dell'articolo 35 amplia le cause ostative all'assunzione dell'incarico di amministratore giudiziario (nonché di coadiutore dello stesso nell'attività di gestione): anche in tal caso, recependo una prassi già esistente, il comma 4 dell'articolo 35 prevede che l'amministratore giudiziario può organizzare, su autorizzazione del giudice delegato, un proprio ufficio di coadiuzione. Con una modifica del comma 8 dell'art. 35, si prevede che l'amministratore giudiziario che, anche nel corso della procedura, cessa dal suo incarico, è tenuto a rendere il conto della gestione ai sensi dell'art. 43.

Il comma 2 dell'articolo 13 della legge introduce nel Codice un nuovo articolo 35-bis, relativo alla responsabilità nella gestione e controlli della P.A. In particolare si prevede che, fatti salvi i casi di dolo o colpa grave, sono esenti da responsabilità civile l'amministratore giudiziario, il coadiutore nominato ai sensi dell'articolo 35 e l'amministratore nominato per gli atti di gestione compiuti durante la vigenza del provvedimento di sequestro.

Il comma 3 dell'articolo 13 modifica l'articolo 36 del Codice inerente la disciplina della relazione dell'amministratore giudiziario. Il comma 5 reca modifiche all'articolo 38 del Codice, relativo a ruolo e compiti che l'Agenzia nazionale svolge nel corso del procedimento In particolare, l'attività di supporto dell'Agenzia nazionale nei confronti dell'autorità giudiziaria è prorogata fino al decreto di confisca di secondo grado (e non più, come in precedenza, di primo grado) emesso dalla corte di appello nei procedimenti di prevenzione; le competenze esclusive sull'amministrazione dei beni sono, però, conferite all'Agenzia nazionale solo "dopo" che la confisca è divenuta definitiva (in precedenza, invece, l'Agenzia esercitava tale competenza già dopo la confisca di primo grado) e permane fino all'emissione del provvedimento di destinazione. L'Agenzia nazionale si avvale, per la gestione, di un coadiutore che deve essere individuato nell'amministratore giudiziario nominato dal tribunale (ante, invece, la scelta dei coadiutori è rimessa all'Agenzia e la nomina dell'amministratore giudiziario è solo eventuale); l'incarico va comunicato al tribunale e dura fino alla destinazione del bene, salvo che non intervenga revoca espressa (in precedenza era di durata annuale, tacitamente rinnovabile);  si precisa poi che l'Agenzia nazionale è tenuta a effettuare le comunicazioni con l'autorità giudiziaria in via telematica attraverso il proprio sistema informativo, inserendo tutti i dati necessari (la mancata comunicazione comporta responsabilità dirigenziale); l'amministratore giudiziario, divenuta irrevocabile la confisca, provvede agli adempimenti relativi a spese, compensi e rimborsi e all'approvazione del rendiconto della gestione giudiziale dinanzi al giudice delegato; per l'amministrazione condotta sotto la direzione dell'Agenzia nazionale, il coadiutore predisporrà separato conto di gestione;  l'Agenzia nazionale, entro un mese dalla comunicazione del deposito del provvedimento di confisca di secondo grado, deve pubblicare nel proprio sito Internet l'elenco dei beni immobili confiscati definitivamente al fine di facilitare la richiesta di utilizzo da parte degli aventi diritto (in precedenza l'Agenzia nazionale, operando fino al decreto di confisca di primo grado, doveva pubblicare l'elenco dei beni immobili entro sei mesi da tale decreto). Infine, il comma 6 dell'articolo 13 della legge n. 161 inserisce un comma all'articolo 39 del Codice, relativo all'assistenza legale all'amministratore giudiziario, da parte dell'Avvocatura dello Stato, nelle controversie relative a beni sequestrati.

L'articolo 14 della legge n. 161 del 2017 modifica la disciplina della gestione di beni e aziende sequestrati. Più nel dettaglio, un primo intervento sull'articolo 40 del Codice vuole consentire l'utilizzo per fini sociali e istituzionali dei beni immobili e delle aziende fin dalla fase del sequestro, con l'ausilio dell'Agenzia nazionale (comma 1 dell'articolo 40 del Codice). Si prevede, poi, che se è sequestrata la casa di proprietà della persona sottoposta alla procedura, lo sgombero può essere differito non oltre la confisca definitiva. Il beneficiario, pena la revoca del provvedimento, è tenuto a corrispondere l'indennità eventualmente determinata dal tribunale e a provvedere a sue cure alle spese e agli oneri inerenti all'unità immobiliare. I successivi commi dell'articolo 40 mirano a disciplinare l'attività del Tribunale e del giudice delegato in ordine alla gestione dei beni. La riforma modifica poi il comma 4 dell'articolo 40 del Codice in materia di reclamo degli atti dell'amministratore giudiziario posti in essere in assenza di autorizzazione scritta del giudice delegato.

Per quel che riguarda, invece, i beni mobili sequestrati, sono introdotte disposizioni più stringenti finalizzate a non perpetuare costose, inutili custodie di beni privi di redditività. Al comma 5-bis dell'articolo 40 del Codice sono, intanto, aggiunti gli enti territoriali tra i soggetti cui tali beni possono essere affidati in custodia giudiziale; il successivo comma 5-ter obbliga il tribunale alla vendita (su richiesta dell'amministratore o dell'Agenzia nazionale) nel caso in cui non possano essere amministrati senza pericolo di deterioramento o di rilevanti diseconomie e alla loro distruzione o demolizione nel caso in cui i beni siano privi di valore, improduttivi, oggettivamente inutilizzabili e non alienabili (in precedenza tale possibilità era discrezionale).

Il comma 2 dell'articolo 14 della legge interviene sull'articolo 41 del Codice in materia di gestione delle aziende sequestrate. L'intervento su tale complessa materia (oggetto dell'originaria proposta di legge d'iniziativa popolare da cui ha preso avvio il testo poi approvato dalla Camera in prima lettura) mira a rimuovere le principali criticità di tali gestioni, che vedono attualmente fallire la stragrande maggioranza delle aziende oggetto di misura di prevenzione. La riforma interviene su diversi aspetti:

  • disciplinando più precisamente i compiti dell'amministratore giudiziario, soprattutto in relazione alla possibile prosecuzione dell'attività d'impresa;
  • prevedendo specifiche forme di sostegno con appositi fondi;
  • modificando la disciplina dei crediti anteriori al sequestro dell'azienda;
  • delegando il Governo all'adozione di normative volte a tutelare i lavoratori delle aziende.

In primo luogo, il nuovo art. 41 del Codice, intervenendo sull'ambito soggettivo di applicazione della disposizione, estende la disciplina relativa alla gestione delle aziende anche alla gestione delle partecipazioni societarie. Il comma 1 conferma che l'amministratore giudiziario è scelto nella sezione di esperti in gestione aziendale dell'Albo nazionale degli amministratori giudiziari. Viene, tuttavia, previsto che dopo la relazione particolareggiata preliminare di cui all'articolo 36, comma 1, del Codice, l'amministratore giudiziario, entro tre mesi dalla propria nomina (prorogabili a sei per giustificati motivi dal giudice delegato), debba presentare una ulteriore relazione che deve trasmettere anche all'Agenzia nazionale. In particolare, la relazione deve contenere, oltre ai dati patrimoniali dell'azienda, una dettagliata analisi sulla sussistenza di concrete possibilità di prosecuzione o di ripresa dell'attività, tenuto conto di vari elementi (grado di caratterizzazione dell'attività con il proposto e i suoi familiari, della natura dell'attività esercitata, della forza lavoro occupata, ecc...), ivi compresi gli oneri correlati al processo di legalizzazione dell'azienda. Nel caso di proposta di prosecuzione o di ripresa dell'attività è allegato uno specifico programma contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta, corredato, previa autorizzazione del giudice delegato, della relazione di un professionista che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo. Il nuovo comma 1-quater dell'articolo 41 prevede che, autorizzato dal giudice, l'amministratore giudiziario conferisce la manutenzione ordinaria e straordinaria delle aziende sequestrate preferibilmente alle imprese fornitrici di lavori, beni e servizi già sequestrate o confiscate. Il comma 1-quinquies prevede la possibilità di adozione di un provvedimento provvisorio al fine di evitare la chiusura dell'azienda o incertezze che comportano danni irreparabili all'attività imprenditoriale. Più nel dettaglio, in attesa del provvedimento del Tribunale, entro trenta giorni dall'immissione in possesso, l'amministratore giudiziario è autorizzato dal giudice delegato a proseguire l'attività dell'impresa o a sospenderla, con riserva di rivalutare tali determinazioni dopo il deposito della relazione semestrale. Il provvedimento del Tribunale è adottato dopo avere esaminato la relazione dell'amministratore in camera di consiglio, con la partecipazione del PM, dei difensori delle parti, dell'Agenzia e dell'amministratore giudiziario, che vengono sentiti se compaiono. Ove rilevi concrete prospettive di prosecuzione o di ripresa dell'attività dell'impresa, il Tribunale approva il programma con decreto motivato e impartisce le direttive per la gestione dell'impresa.

Due nuovi commi dell'articolo 41 prevedono che l'amministratore giudiziario possa affittare l'azienda o un ramo di azienda (in data non successiva a quella della confisca definitiva) in via prioritaria (anche con mero comodato) agli enti territoriali, associazioni e altri soggetti (indicati all'articolo 48, comma 3, lettera c), alle cooperative (previste dall'articolo 48, comma 8, lettera a), o agli imprenditori attivi nel medesimo settore o settori affini di cui all'articolo 41-quater. In base al comma 5 dell'art. 41, sulla eventuale messa in liquidazione dell'impresa disposta dal tribunale deve essere acquisito il parere anche dei difensori delle parti (del procedimento di prevenzione).  Un nuovo comma 6-bis stabilisce che le modalità semplificate di liquidazione o di cessazione dell'impresa, in particolare qualora sia priva di beni aziendali, devono essere stabilite con decreto del Ministro della Giustizia, da adottarsi di concerto con il Ministro dello sviluppo economico.

L'articolo 15, comma 1, della legge introduce nel Codice l'articolo 41-bis, che prevede strumenti finanziari volti al sostegno e alla valorizzazione delle aziende sequestrate, necessari per la legalizzazione delle attività non irreversibilmente inquinate dai capitali o dai metodi illeciti. L'articolo 41-bis prevede in primo luogo che l'accesso alle risorse del Fondo di garanzia e del Fondo per la crescita sostenibile di cui all'articolo 1, comma 196, della legge di stabilità 2016 deve essere richiesto dall'amministratore giudiziario, previa autorizzazione del giudice delegato o dall'Agenzia, dopo l'adozione dei provvedimenti di prosecuzione dell'attività dell'azienda, adottati dal Tribunale sulla base delle concrete prospettive di ripresa (comma 1). Il comma 2 dell'art. 41-bis stabilisce che i crediti derivanti dai finanziamenti agevolati erogati a valere sull'apposita sezione del Fondo per la crescita sostenibile hanno privilegio sugli immobili, sugli impianti e su ogni loro pertinenza, sui macchinari e sugli utensili dell'impresa. Il privilegio è annotato presso gli uffici dei registri immobiliari e gli uffici tavolari competenti nel registro tenuto presso la cancelleria del tribunale del luogo ove ha sede l'impresa finanziata (comma 5). Dopo la data di annotazione, il privilegio può essere esercitato anche nei confronti dei terzi che abbiano acquistato diritti sugli stessi beni. Nell'ipotesi in cui non sia possibile fare valere il privilegio nei confronti del terzo acquirente, il privilegio si trasferisce sul corrispettivo (comma 3). Il privilegio è preferito a ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, anche se preesistente alle annotazioni, fatta eccezione per i privilegi per spese di giustizia e per quelli per crediti per retribuzioni e provvigioni, crediti dei coltivatori diretti, delle società o enti cooperativi e delle imprese artigiane (comma 4). Ai sensi del comma 6 dell'articolo 41-bis del Codice, il Tribunale, anche su proposta dell'Agenzia, ove rilevi concrete prospettive di prosecuzione dell'attività dell'azienda sequestrata (o confiscata), può impartire le direttive per la sua ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese. Dopo la confisca definitiva, provvede nello stesso modo l'Agenzia nazionale. Il comma successivo (comma 7) reca poi norme "speciali" per l'amministrazione relativa a sequestro (o confisca) di "aziende di straordinario interesse socio-economico, tenuto conto della consistenza patrimoniale e del numero degli occupati, o aziende concessionarie pubbliche o che gestiscono pubblici servizi", individuate sulla base dei criteri adottati dall'Agenzia nazionale. In tali casi l'amministratore giudiziario può essere nominato tra gli iscritti nella sezione di esperti in gestione aziendale dell'Albo nazionale degli amministratori giudiziari, indicati dalla società INVITALIA s.p.a. tra i suoi dipendenti. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della riforma, l'Agenzia nazionale, con delibera del Consiglio direttivo adotta i criteri per l'individuazione delle aziende sequestrate e confiscate di straordinario interesse socio-economico e per la definizione dei piani di valorizzazione (comma 8).  Il comma 2, dell'articolo 15 della p.d.l., infine, integra il comma 2 dell'articolo 23 del decreto-legge n. 83 del 2012 (Misure urgenti per la crescita del Paese), inserendo fra le finalità del Fondo per la crescita sostenibile anche la definizione e l'attuazione dei piani di valorizzazione delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata.

L'articolo 16 introduce nel Codice i nuovi articoli 41-ter e 41-quater.  Il primo - per favorire il coordinamento tra istituzioni, sindacati e datori di lavoro - prevede l'istituzione, presso le prefetture, di tavoli permanenti sulle aziende sequestrate e confiscate. L'art.41-quater, con l'obiettivo di assicurare ulteriori opportunità alle aziende sequestrate, prevede che l'amministratore giudiziario, sentito il competente tavolo provinciale permanente, previa autorizzazione del giudice delegato, e l'Agenzia nazionale (dopo la confisca di secondo grado) possono avvalersi del supporto tecnico, a titolo gratuito, di imprenditori attivi nel medesimo settore o in settori affini a quelli in cui opera l'azienda sequestrata o non definitivamente confiscata. Tali imprenditori ove svolgano utile attività di supporto tecnico godranno di un diritto di prelazione da esercitare, a parità di condizioni, al momento della vendita o dell'affitto dell'azienda e altri benefici. Inoltre l'amministratore giudiziario, previa autorizzazione scritta del giudice delegato, e l'Agenzia (dopo la confisca di secondo grado) possono avvalersi del supporto delle camere di commercio per favorire il collegamento dell'azienda sequestrata o confiscata in raggruppamenti e in reti d'impresa.

L'articolo 17 della legge modifica gli articoli 43 e 44 del Codice, relativi, rispettivamente, al rendiconto di gestione che l'amministratore dovrà presentare al giudice delegato e alla gestione dei beni confiscati da parte dell'Agenzia. E' introdotto all'art. 43 un termine di 60 giorni dal deposito del provvedimento di confisca di primo grado per la presentazione del rendiconto di gestione. Se il sequestro è revocato, è l'Agenzia nazionale, subentrata nell'amministrazione, a provvedere al rendiconto. In ogni altro caso, l'Agenzia trasmette al giudice delegato una relazione sull'amministrazione dei beni, esponendo anche le spese sostenute per consentire la determinazione del limite di garanzia patrimoniale previsto dall'articolo 53 (il 60% del valore dei beni, v. ultra, art. 20); all'art. 44 si prevede - in coordinamento con le modifiche introdotte - che la gestione dei beni confiscati da parte dell'Agenzia nazionale decorre dalla confisca pronunciata in secondo grado (anziché in primo grado) e che essa avvenga in base alle linee guida adottate dall'Agenzia nazionale ( v. ultra, art. 29, di modifica dell'art. 111 del Codice).

L'articolo 18 interviene sulla disciplina in materia di destinazione dei beni confiscati. Viene, anzitutto, introdotto nel Codice un nuovo articolo 45-bis che disciplina la liberazione e lo sgombero degli immobili ancora occupati nonostante la confisca definitiva. Viene poi modificato l'articolo 46 del Codice estendendo le ipotesi di possibile restituzione per equivalente dei beni confiscati agli aventi diritto; si prevede, inoltre, l'applicazione della restituzione anche per equivalente quando il bene sia stato venduto. Consistenti modifiche sono apportate all'articolo 48 del Codice in materia di destinazione dei beni e delle somme. Le principali modifiche riguardano:

  • le condizioni per la vendita delle partecipazioni societarie
  • la destinazione dei relativi beni immobili;
  • l'attribuzione al Presidente del Consiglio – in luogo del Ministro dell'interno – del potere di autorizzare il mantenimento al patrimonio dello Stato dei beni immobili;
  • le modalità e i presupposti per il trasferimento dei beni agli enti territoriali;
  • l'alienazione di beni mobili di terzi rinvenuti in immobili confiscati;
  • la possibilità di affidare i beni aziendali in comodato;
  • la destinazione a finalità istituzionali delle aziende.

L'articolo 19 interviene sull'articolo 51 del Codice, concernente il regime fiscale dei beni sequestrati per specificare, con più puntuale formulazione, che se il sequestro si protrae oltre il periodo d'imposta in cui ha inizio, il reddito derivante dal bene è determinato dall'amministratore giudiziario in via provvisoria, ai soli fini fiscali.

Tutela dei terzi e rapporti con le procedure concorsuali (artt. 20-28)

L'articolo 20 della legge n. 161 del 2017 interviene sugli articoli da 52 a 56 del Codice, in materia di tutela dei terzi. Le modifiche sono volte a superare alcune criticità esistenti, con particolare riguardo alla liquidazione dei crediti aziendali.

Con la modifica l'articolo 52 del Codice - per fare valere il credito del terzo anteriore al sequestro - si sostituisce il presupposto della previa escussione del patrimonio del proposto con la più agevole dimostrazione "che il proposto non disponga di altri beni sui quali esercitare la garanzia patrimoniale idonea al soddisfacimento dei creditori". Viene inoltre modificata anche la lettera b) del comma 1 dell'articolo 52 che, anche qui per far valere il credito, prevede che questo non sia strumentale all'attività illecita (o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego) "sempre che il creditore dimostri la buona fede e l'inconsapevole affidamento". Con la novella, si richiede per l'opponibilità del credito - in quanto condizioni cumulative e non alternative - sia la mancanza di strumentalità dello stesso all'attività illecita (o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego), sia la sussistenza della buona fede e dell'affidamento incolpevole. Tra le modifiche introdotte, si segnala:

  • all'art. 52 del Codice, la previsione che la confisca definitiva del bene determina anche lo scioglimento dei contratti avente ad oggetto un diritto reale di garanzia;
  • all'articolo 53 del Codice, che il limite di garanzia entro cui possono essere soddisfatti i crediti per titolo anteriori al sequestro (il 60% del valore dei beni sequestrati o confiscati) va determinato al netto delle spese del procedimento di confisca nonché di amministrazione dei beni sequestrati e di quelle sostenute nel procedimento di accertamento dei diritti dei terzi);
  • il nuovo articolo 54-bis, il quale interviene sulla questione relativa al pagamento di debiti anteriori al sequestro;
  • la modifica l'articolo 55 del Codice, che dispone la sospensione delle procedure esecutive pendenti al momento del sequestro e l'estinzione delle stesse in caso di confisca definitiva;
  • l'articolo 56 del Codice, che precisa la disciplina dei rapporti giuridici pendenti al momento del sequestro.

L'articolo 21 detta disposizioni relative all'accertamento dei diritti dei terzi, modificando gli articoli da 57 a 61 del Codice.

In particolare, all'art. 57 del Codice è precisato che alle relazioni da presentare al giudice delegato, l'amministratore giudiziario, deve allegare l'elenco nominativo di tutti i creditori anteriori al sequestro nonché l'elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali di godimento o garanzia. La medesima disposizione fissa l'inizio del procedimento di verifica dopo il deposito del decreto di confisca di primo grado e interviene sui termini previsti per il deposito delle istanze di accertamento dei crediti (il termine perentorio che il giudice assegna ai creditori è ridotto dagli attuali 90 a 60 giorni) e per la fissazione dell'udienza di verifica dei crediti (entro i successivi 60 giorni e non 30, come in precedenza disposto). All'articolo 58 del Codice sono disciplinate più rigorosamente la presentazione delle istanze tardive. Si prevede inoltre un maggiore ruolo dell'amministratore giudiziario nel procedimento. 

L'articolo 21 reca poi modifiche alla disciplina di cui all'articolo 59 del Codice, in materia di verifica dei crediti e di composizione dello stato passivo, consentendo in particolare a ciascun creditore di impugnare i crediti ammessi, compresi quelli di cui all'articolo 54-bis. In relazione all'opposizione dei creditori esclusi, si condiziona la possibilità di produrre nuovi documenti in udienza davanti al tribunale alla dimostrazione del possesso non tempestivo degli stessi, per causa non imputabile al creditore.

Di rilievo sono poi gli interventi correttivi all'articolo 60 del Codice, relativo alla vendita e alla liquidazione dei beni. I correttivi sono volti in particolare a prevedere che il pagamento dei creditori ammessi al passivo avvenga solo dopo che la confisca sia divenuta irrevocabile; ne consegue la sostituzione dell'amministratore giudiziario con l'Agenzia nazionale come protagonista della procedura.

Viene poi modificato l'articolo 61 del Codice, intervenendo sulla fase del progetto e del successivo piano di pagamento dei crediti. Si attribuisce all'Agenzia nazionale il compito di redigere il progetto di pagamento dei crediti, anche in tal caso dopo che il provvedimento di confisca sia divenuto irrevocabile. La stessa Agenzia (che qui prende il posto del giudice delegato) dovrà ordinare il deposito del progetto di pagamento. L'opposizione al progetto potrà essere proposta dai creditori non più davanti al tribunale-sezione per le misure di prevenzione, bensì davanti alla sezione civile della corte d'appello del distretto della sezione specializzata o del giudice penale competente sulla confisca.

L'articolo 22 della legge reca disposizioni in materia di rapporti con le procedure concorsuali.

Nella ipotesi di fallimento successivo al sequestro (articolo 63 del Codice) – oltre a confermare l'esclusione dalla massa attiva fallimentare dei beni sequestrati o confiscati - si precisa che la verifica dei crediti e dei diritti relativi a tali beni è svolta dal giudice delegato del tribunale di prevenzione (e non dal giudice delegato al fallimento) nell'ambito del procedimento per la tutela dei terzi creditori di cui agli artt. 52 e ss. Al comma 6 dell'art. 63 è poi soppresso il riferimento all'applicazione della disciplina sulla tutela dei terzi nel procedimento di chiusura del fallimento a seguito della constatazione che la massa attiva è costituita solo da beni già sequestrati. Al comma 7, in caso di revoca del sequestro o della confisca, i compiti di verifica dei crediti e dei diritti sui beni su cui è intervenuta la revoca vengono attribuiti al giudice delegato al fallimento. Viene confermato che, se la revoca avviene a fallimento chiuso, il tribunale provvede ai sensi dell'art. 121 della legge fallimentare (che prevede la possibile riapertura della procedura) anche su iniziativa del PM; la novità è che il tribunale provvede in tal senso anche decorso il termine quinquennale dalla chiusura del fallimento stabilito dallo stesso art. 121; spetta al curatore il subentro nei rapporti processuali all'amministratore giudiziario. E' aggiunto, poi, all'articolo 63 un nuovo comma 8-bis, che consente all'amministratore giudiziario (previa autorizzazione del tribunale), ove siano stati sequestrati complessi aziendali e produttivi o partecipazioni societarie di maggioranza, di presentare al Tribunale fallimentare competente prima che intervenga la confisca definitiva:

  • domanda per l'ammissione al concordato preventivo;
  • un accordo di ristrutturazione dei debiti;
  • un piano attestato da un revisore legale idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria. Se il piano è finalizzato al mantenimento dell'azienda e dei suoi livelli occupazionali, lo stesso piano può prevedere la vendita dei beni sequestrati anche fuori dei casi ordinari previsti dall'art. 48 del Codice.

Il comma 2 dell'articolo 22 interviene sull'articolo 64 del Codice relativo, stavolta, al sequestro successivo alla dichiarazione di fallimento. Al comma 2 dell'art. 64 sono, in particolare, attribuite al giudice delegato del tribunale di prevenzione le verifiche dei crediti con riferimento ai beni oggetto di sequestro, anche se già verificati dal giudice delegato al fallimento. Al comma 4 è poi precisato che se rispetto alla dichiarazione di fallimento sono pendenti giudizi di impugnazione, gli stessi dovranno essere sospesi, in attesa degli esiti del procedimento di prevenzione; ove sia revocato il sequestro le parti interessate dovranno riassumere il giudizio. Sono abrogati i commi 3 e 5 dell'art. 64 ovvero: l'obbligo di verifica di crediti e diritti insinuati nel fallimento dopo il deposito della richiesta di applicazione di una misura di prevenzione (comma 3); il concorso alla ripartizione dell'attivo del fallimento (sulla base della disciplina di cui agli artt. 110 e ss., del RD legge 267/1942) dei soli creditori ammessi al passivo fallimentare (comma 5). Si conferma al comma 6 che i crediti inerenti ai rapporti relativi ai beni sottoposti a sequestro sono soddisfatti sui beni oggetto di confisca secondo il piano di pagamento. Viene peraltro soppresso il riferimento al fatto che il piano di pagamento debba tenere conto dei crediti soddisfatti in sede fallimentare. Analoga conferma riguarda, al comma 7, la chiusura del fallimento con decreto del tribunale (sentiti il curatore e il comitato dei creditori) se il sequestro o la confisca di prevenzione hanno per oggetto l'intera massa attiva fallimentare ovvero, nel caso di società di persone, l'intero patrimonio personale dei soci illimitatamente responsabili; viene anche qui soppresso il riferimento all'applicazione delle disposizioni sulla tutela dei terzi previste dagli artt. 52 e ss. del Codice. Gli artt. 23, 24 e 25 modificano, rispettivamente, gli artt. 71, 76 e 83 del Codice.

L'articolo 23 apporta modifiche all'articolo 71 del Codice, che prevede un'aggravante di pena (aumento da un terzo alla metà) per un catalogo di delitti commessi da chi è sottoposto in via definitiva a una misura di prevenzione personale durante il periodo di applicazione e fino ai tre anni successivi all'esecuzione della misura. Ai delitti già previsti dall'art. 71, sono aggiunti quello di scambio elettorale politico mafioso (art. 416-ter c.p.) e di assistenza agli associati (art. 418 c.p.) nonché una serie di delitti contro la pubblica amministrazione. L'elenco dei delitti contro la P.A. introdotto nell'art. 71 corrisponde (esclusa, all'art. 314, la limitazione del peculato d'uso) a quello previsto dall'art. 4, comma 1, lett. i-bis) del Codice (v. art. 1 della legge), che fa conseguire la possibile applicazione delle misure di prevenzione al collegamento di tali delitti con l'associazione a delinquere.

L'articolo 24 della legge modifica l'articolo 76 del Codice (altre sanzioni penali):

  • si conferma la pena della reclusione da uno a quattro anni e la confisca dei beni acquistati e dei pagamenti ricevuti per cui è stata la comunicazione per coloro che – sottoposti a controllo giudiziario della propria azienda - omettono di adempiere ai doveri informativi nei confronti dell'amministratore giudiziario previsti dal nuovo art. 34-bis, comma 2, lett. a) (non si fa più rinvio al soppresso art. 34, comma 8); si tratta dell'obbligo di comunicare gli atti di disposizione, gli acquisti e pagamenti effettuati, quelli ricevuti, gli incarichi professionali conferiti, ecc. (v. ante, art. 11 della legge);
  • è aumentato da 5 a 6 anni il limite massimo di pena per il sorvegliato speciale che contravviene al divieto di svolgere propaganda elettorale.

I successivi articoli della legge riguardano la disciplina della documentazione antimafia.

L'articolo 25 interviene sull'articolo 83 del Codice relativo all'ambito di applicazione della documentazione antimafia: in particolare è  più specificamente formulato il comma 1, in relazione all'obbligo di acquisire detta documentazione da parte dei concessionari di lavori o di servizi pubblici prima di stipulare, autorizzare o approvare contratti o subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici. Al comma 3, relativo all'esonero dalla richiesta di documentazione antimafia, viene soppresso il riferimento alle erogazioni il cui valore complessivo non superi i 150.000 euro; è introdotto un nuovo comma 3-bis che prevede sempre l'obbligo di acquisire la documentazione antimafia per le concessioni di terreni agricoli e zootecnici demaniali di qualunque valore che ricadano nell'ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune nonché su tutti i terreni agricoli che usufruiscano di fondi europei.

Dopo l'entrata in vigore della legge n. 161 del 2017, sul tema della documentazione antimafia che devono produrre i titolari di fondi agricoli che accedono ai fondi europei, sono intervenuti sia l'art. 19-terdecies del decreto-legge n. 148 del 2017 che la legge di bilancio 2018 (art. 1, comma 1142, della legge n. 205 del 2017), definendo il seguente quadro normativo:

  • coloro che accedono a fondi di importo fino a 5.000 euro sono esonerati da qualsiasi obbligo inerente alla documentazione antimafia (legge di conversione del decreto-legge 148/2017);
  • coloro che accedono a fondi da 5.001 euro a 25.000 euro sono esonerati dall'obbligo di produrre l'informazione antimafia fino al 31 dicembre 2018 (legge di bilancio 2018);
  • coloro che accedono a fondi europei di importo superiore a 25.000 euro sono soggetti all'obbligo di presentazione dell'informazione antimafia (legge n. 161/2017);
  • nessun obbligo grava su quanto abbiano presentato la domanda di accesso ai fondi, per qualsiasi imposto, prima del 19 novembre 2017 (legge di bilancio 2018).

 

L'articolo 26 della legge interviene sull'articolo 84 del Codice, attribuendo valore significativo di una situazione di pericolo di infiltrazione mafiosa anche al coinvolgimento in procedimenti penali per il reato di caporalato, di cui all'articolo 603-bis del codice penale.

L'articolo 27 modifica l'articolo 85 del Codice, precisando che la documentazione antimafia per le società di capitali anche consortili deve riferirsi, in ogni caso, a ciascuno dei consorziati (sono, in particolare, eliminati dalla disposizione previgente i riferimenti ai limiti numerici di partecipazione al consorzio).

L'articolo 28 interviene sull'articolo 91 del Codice, stabilendo l'obbligo di richiesta dell'informazione antimafia per le concessioni di terreni agricoli demaniali che ricadano nell'ambito dei regimi a sostegno della politica agricola comune nonché su tutti i terreni agricoli che usufruiscano di fondi europei.

Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (art. 29)

L'articolo 29, di riforma della disciplina dell'Agenzia nazionale, è volto, in particolare, a potenziare le dotazioni organiche dell'ufficio e a coordinarne le disposizioni con le modifiche introdotte dalla riforma. L'articolo 29 interviene sugli articoli da 110 a 113-bis del Codice e inserisce una nuova disposizione (art. 113-ter). Di seguito, si da conto delle principali novità introdotte.

  • All'articolo 110:  la sede principale dell'Agenzia nazionale è trasferita a Roma (in precedenza era a Reggio Calabria, che diventa sede secondaria). Oltre a quest'ultima, sono state previste nuove sedi secondarie dell'Agenzia a Palermo, Catania, Napoli, Bologna e Milano; si prevede, inoltre, che le sedi dell'Agenzia siano poste, ove possibile, all'interno di immobili confiscati alle mafie.
  • I compiti attribuiti all'Agenzia sono ridefiniti, ai fini del miglior svolgimento, con particolare riferimento alla necessità dello scambio dei flussi informativi (dati, documenti e informazioni) con il Ministero della giustizia, l'autorità giudiziaria, con le banche dati delle prefetture, degli enti territoriali, di Equitalia ed Equitalia-giustizia, delle agenzie fiscali e con gli amministratori giudiziari. La legge prevede un finanziamento di 850.000 euro all'anno nel triennio 2018-2020 per l'espletamento di tali compiti;  si precisa che l'ausilio all'autorità giudiziaria sia nella fase del procedimento di prevenzione patrimoniale sia nel corso dei procedimenti penali per i gravi reati di cui agli artt. 51, comma 3-bis, c.p.p. e 12-sexies del DL 30671992 (reati che consentono la c.d. confisca allargata) è finalizzato a rendere possibile fin dal sequestro l'assegnazione provvisoria dei beni immobili e delle aziende per fini istituzionali o sociali a enti, associazioni, cooperative, ferma restando la valutazione del giudice delegato sulle modalità di assegnazione; l'amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati da parte dell'Agenzia nazionale inizia dal provvedimento di confisca di secondo grado emesso all'esito del procedimento di prevenzione o di quello penale per i reati di cui ai citati artt. 51, comma 3-bis c.p.p. e 12-sexies del DL 306/1992.
  • All'articolo 111: agli organi dell'Agenzia nazionale (Direttore, Consiglio direttivo e Collegio dei revisori) è aggiunto il "Comitato consultivo di indirizzo", presieduto dal Direttore dell'agenzia e nominato con DPCM. Il nuovo organo dell'Agenzia esprime una serie specifica di pareri motivati e può presentare proposte;  non è più previsto che il Direttore dell'Agenzia nazionale sia necessariamente scelto tra i prefetti ed è indicata una platea cui attingere, in cui figurano, oltre ai prefetti, anche i dirigenti dell'Agenzia del demanio, i magistrati "che abbiano conseguito almeno la quinta valutazione di professionalità" e i magistrati delle magistrature superiori (viene introdotto per la nomina uno specifico requisito di competenza: esperienza professionale specifica, almeno quinquennale, nella gestione di beni e aziende).  La composizione del Consiglio direttivo è ampliata di due unità: sono previsti come membri un rappresentante designato dal Ministro dell'interno e un esperto in materia di progetti di finanziamenti europei e nazionali.
  • All'articolo 112: coerentemente con le modifiche introdotte, si prevede che l'Agenzia nazionale collabora con l'autorità giudiziaria nella gestione dei beni sequestrati fino alla confisca di secondo grado (come detto, in precedenza ciò avveniva fino alla confisca di primo grado, a decorrere dalla quale subentrava nell'amministrazione); viene stabilito che l'Agenzia nazionale, per le attività di competenza, si avvale delle prefetture territorialmente competenti. La legge demanda ad un successivo decreto del Ministro dell'interno la definizione della composizione del nucleo di supporto alle attività connesse ai beni sequestrati e confiscati (nucleo la cui istituzione è già prevista dal Codice) e il relativo contingente di personale in base a criteri flessibili che tengano conto del numero dei beni oggetto di sequestro e confisca antimafia sul territorio di riferimento; si prevede, poi, che i prefetti, in base alle linee guida adottate dal Consiglio direttivo dell'Agenzia nazionale, individuino enti e associazioni che partecipano con propri rappresentanti all'attività del nucleo di supporto; l'utilizzo delle informazioni acquisite dall'Agenzia nazionale è volto a facilitare le collaborazioni tra amministratori giudiziari e coadiutori e a favorire sul territorio, soprattutto in relazione alle aziende, l'instaurazione e prosecuzione di rapporti commerciali tra imprese oggetto di sequestro e confisca; l'Agenzia nazionale predispone meccanismi di analisi aziendale per verificare la possibilità di proseguire l'attività imprenditoriale o avviare la liquidazione o la ristrutturazione del debito; stipula protocolli d'intesa, anche con associazioni di categoria per individuare professionalità necessarie alla ripresa dell'attività dell'azienda (anche avvalendosi dei nuclei territoriali di supporto istituiti presso le prefetture) e protocolli operativi nazionali con l'ABI per garantire la rinegoziazione dei rapporti bancari in corso con le aziende sequestrate e confiscate; si prevede, infine, una verifica continua e sistematica della conformità dell'utilizzo dei beni ai relativi provvedimenti di assegnazione e destinazione.
  • All'articolo articolo 113 del Codice: viene precisato che il regolamento di organizzazione dell'Agenzia nazionale debba prevedere che la selezione del personale avvenga privilegiando le specifiche competenze in materia di gestione aziendale, accesso al credito e finanziamenti europei.
  • L'articolo 113-bis del Codice aumenta da 30 a 200 unità complessive la dotazione organica dell'Agenzia (170 posti sono coperti mediante il ricorso a procedure di mobilità); prevede che i nominativi del personale sono inseriti nel sito Internet dell'Agenzia nazionale e prevede la possibilità, per il Direttore dell'Agenzia nazionale, di ricorrere a contratti a tempo determinato, per il conferimento di incarichi di particolare specializzazione a professionisti esperti in gestioni aziendali e patrimoniali (in precedenza era possibile il ricorso al comando o al distacco - fino a 100 unità - di personale delle pubbliche amministrazioni; la possibilità di stipulare contratti a tempo determinato nei limiti delle dotazioni finanziarie disponibili, era possibile fino al 31 dicembre 2016).
  • Completa gli interventi sulla disciplina dell'Agenzia nazionale, il nuovo articolo 113-ter del Codice che - in aggiunta alla dotazione organica - stabilisce il possibile ricorso a un contingente massimo di 10 unità per incarichi speciali. Si tratta di particolari professionalità, con qualifica dirigenziale, che vengono comandate o distaccate dalla pubblica amministrazione e che operano alle dirette dipendenze funzionali del Direttore dell'Agenzia nazionale. L'art. 113-ter precisa che restano fermi i diritti acquisiti dal personale inquadrato nei ruoli organici dell'Agenzia nazionale al momento dell'entrata in vigore del provvedimento in esame.

Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, alla legislazione complementare e deleghe al Governo (artt. 30-34)

L'articolo 30: inasprisce la pena della reclusione (ante da uno a sei anni) prevista per il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all'articolo 640-bis c.p. (la reclusione viene portata a due anni nel minimo e a sette anni nel massimo); novella l'articolo 104-bis delle disposizioni di attuazione del c.p.p., inserendo, da un lato – per coordinamento –  il riferimento alla nomina da parte dell'autorità giudiziaria di un amministratore giudiziario dell'azienda sequestrata, scelto tra gli iscritti al relativo albo di cui all'articolo 35 del Codice antimafia e, dall'altro, aggiungendo due ulteriori commi i quali prevedono che: 

  • il giudice che dispone il sequestro nomina un amministratore giudiziario ai fini della gestione dell'azienda sequestrata (comma 1-bis); 
  • i compiti del giudice delegato alla procedura sono svolti dal giudice che ha emesso il decreto di sequestro ovvero, nel caso di provvedimento emesso da organo collegiale, dal giudice delegato nominato dal tribunale ai sensi dell'art. 35, comma 1, del Codice (comma 1-ter).

Un'ulteriore modifica è apportata all'articolo 132-bis delle norme di attuazione del c.p.p. con l'inserimento, al comma 1, di una lettera f-bis) attraverso cui si assicura priorità assoluta nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi anche ai processi nei quali vi sono beni sequestrati in funzione della confisca allargata di cui all'art. 12-sexies del DL 306/1992.

L'art. 30 modifica poi il D.lgs. 231 del 2001, introducendo sanzioni pecuniarie e interdittive in relazione alla commissione dei delitti di procurato ingresso illecito e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, di cui all'articolo 12 del TU immigrazione (D.Lgs. 286/1998).

L'articolo 31 interviene sull'articolo 12-sexies del decreto-legge 306/1992, convertito dalla legge 356/1992, in materia di confisca allargata o per sproporzione:

  • estende il catalogo dei reati per i quali è possibile procedere alla confisca allargata ai gravi reati di cui all'art. 51, comma 3-bis, c.p.p.;
  • esclude esplicitamente che la legittima provenienza dei beni possa essere giustificata adducendo che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego di evasione fiscale;
  • interviene, poi, sul comma 4-bis dell'articolo 12-sexies per procedere all'assimilazione della disciplina della confisca allargata a quella del Codice antimafia. Sono poi introdotti all'art. 12-sexies cinque nuovi commi (da 4-quinquies a 4-novies) che stabiliscono: che i terzi, titolari di diritti reali o personali di godimento sui beni sequestrati di cui l'imputato risulti avere la disponibilità a qualsiasi titolo, devono essere citati nel processo di cognizione al fine di garantire piena tutela ai loro diritti difensivi;  che il giudice dell'esecuzione è il giudice competente ad adottare con ordinanza (impugnabile entro 30 giorni) sia la confisca allargata ordinaria che quella per equivalente; una nuova ipotesi di confisca senza condanna, stabilendo l'applicazione della disciplina della confisca allargata quando, pronunciata condanna in uno dei gradi di giudizio, il giudice di appello o la cassazione dichiarino l'estinzione del reato per prescrizione o amnistia (ma non per morte dell'indagato-imputato); che, anche in caso di morte del soggetto nei cui confronti è stata disposta una confisca con sentenza di condanna definitiva, il procedimento inizia o prosegue nei confronti degli eredi o degli aventi causa; che è il giudice che ha disposto il sequestro (o il giudice delegato dal collegio, se il sequestro è disposto da organo collegiale) l'autorità giudiziaria competente ad amministrare i beni sequestrati.

La modifica all'art. 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992 non ha peraltro tenuto conto dell'integrazione del catalogo dei reati per i quali è consentita la confisca allargata, operata nel frattempo dal decreto legislativo n. 202 del 2016, in attuazione della direttiva 2014/42/UE. Tale decreto legislativo è entrato in vigore mentre era in corso di esame parlamentare la riforma del Codice antimafia. Tale lacuna - che espone il nostro Paese a una violazione di obblighi internazionali - è stata evidenziata dal Presidente della Repubblica in sede di promulgazione della riforma del Codice antimafia, con una lettera al Presidente del Consiglio. Il legislatore ha dato seguito a questo monito presidenziale con l'art. 13-ter del decreto-legge n. 148 del 2017, che amplia l'ambito di applicazione della confisca allargata, integrando l'elenco dei reati che, in caso di condanna, ne costituiscono il presupposto (corruzione in ambito privato (art. 2635 c.c.), uso indebito di carte di credito o di pagamento, falsificazione o alterazione di monete, introduzione e spendita di monete false, contraffazione di carta filigranata nonché fabbricazione o detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla falsificazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata; inoltre, la modifica prevede la confisca in caso di condanna o di applicazione della pena per i reati informatici previsti dal codice penale quando le condotte riguardano tre o più sistemi.

L'articolo 32 della legge n. 161 del 2017 modifica l'articolo 4 della legge n. 512 del 1999, relativo all'accesso al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, richiedendo per l'accesso al Fondo da parte degli enti costituiti parte civile, ai fini del rimborso delle spese processuali, determinati requisiti per comprovare l'affidabilità e la capacità operativa in favore delle vittime di reati. Sono esonerati da detta disciplina le associazioni od organizzazioni aventi tra i propri scopi quello di prestare assistenza e solidarietà a soggetti danneggiati da attività estorsive, ove iscritte nell'apposito elenco tenuto dal prefetto ai sensi dell'art. 13 della legge n.44/1999.

L'articolo 33 reca in primo luogo modifiche all'articolo 7-bis dell'ordinamento giudiziario. Vi è introdotto il comma 2-sexies, in base a cui sono istituite - presso il tribunale del capoluogo del distretto e presso la corte di appello - sezioni ovvero individuati collegi che trattano in via esclusiva i procedimenti di prevenzione al fine di assicurarne un più celere svolgimento da parte dei magistrati dotati di particolare competenza per materia. Analoga previsione riguarda i soli tribunali circondariali di Trapani e di Santa Maria Capua Vetere. Sul punto è intervenuta la legge di bilancio 2018 (art. 1, comma 458, della legge n. 205 del 2017) che ha precisato che i tribunali di Trapani e di Santa Maria Capua Vetere sono competenti per l'applicazione delle misure di prevenzione personali e patrimoniali proposte in relazione a coloro che dimorino, rispettivamente, nelle province di Trapani e di Caserta.  

La disposizione prevede poi ulteriori norme di dettaglio volte ad assicurare la copertura delle sezioni o collegi e particolari modalità di composizione. Inoltre, l'articolo 33 della proposta di legge delega il Governo ad adottare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto legislativo recante disposizioni per disciplinare il regime delle incompatibilità relative agli uffici di amministratore giudiziario e di coadiutore dell'amministrazione giudiziaria, nonché di curatore nelle procedure fallimentari e figure affini delle altre procedure concorsuali, secondo stringenti principi e criteri direttivi.

L'articolo 34 prevede la delega al Governo per l'adozione di norme su alcuni profili della tutela del lavoro nelle imprese sequestrate e confiscate sottoposte ad amministrazione giudiziaria, con riferimento al periodo precedente l'assegnazione delle medesime. La disposizione stabilisce che la normativa delegata debba sia realizzare misure per l'emersione del lavoro irregolare e per il contrasto del caporalato, sia salvaguardare l'accesso all'integrazione salariale ed agli altri ammortizzatori sociali.  Viene poi previsto un onere finanziario (a valere sul Fondo sociale per l'occupazione) per il sostegno al lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate nel limite di 7 milioni all'anno nel biennio 2018-2019 e nel limite di 6 milioni nel 2020. La delega deve essere esercitata entro quattro mesi dall'entrata in vigore della riforma in esame (19 marzo 2018).

Disposizioni di attuazione e transitorie (artt. 35-39)

L'articolo 35 detta i tempi per l'attuazione della riforma, prevedendo in primo luogo che, entro 30 giorni (dalla entrata in vigore della riforma), il CSM debba attuare la disposizione dell'ordinamento giudiziario sulle sezioni specializzate e che entro i successivi 60 giorni i dirigenti degli uffici giudiziari debbano garantire la priorità nella trattazione dei procedimenti di prevenzione patrimoniale (comma 1). Ai sensi del comma 2 dell'articolo 35, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della riforma devono essere emanati i decreti ministeriali previsti dal Codice, ivi compresi quelli relativi al Fondo unico giustizia, nonché istituiti o nominati gli organi. Infine, entro 120 giorni il Presidente del Consiglio è tenuto a presentare una relazione al Parlamento sull'attuazione della riforma (comma 3). Entro 30 gg. dalla data di entrata in vigore della legge in esame, l'Agenzia nazionale deve adottare i criteri per l'individuazione del proprio personale, da nominare come amministratore giudiziario (v. ante, comma 2-ter dell'art. 35 del Codice; art. 13 della p.d.l.).

L'articolo 36 reca modifiche alle disposizioni transitorie per l'applicazione di specifiche disposizioni del Codice antimafia. Tra le altre, si precisa che la nuova disciplina dell'Agenzia nazionale non si applica se l'amministrazione dei beni confiscati è stata assunta dall'Agenzia in base alle disposizioni del Codice antimafia vigenti fino all'entrata in vigore della riforma in esame.

L'articolo 37 contiene, infine, una norma d'interpretazione autentica di una disciplina introdotta dalla legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012), che escludeva la possibilità di avviare azioni esecutive su beni confiscati prima dell'entrata in vigore del Codice antimafia (13 ottobre 2011). Viene precisato che tale disciplina si applica anche in riferimento ai beni confiscati mediante confisca allargata di cui all'art. 12-sexies del DL 306/1992, all'esito di procedimenti iscritti nel registro delle notizie di reato prima della citata data di entrata in vigore.

Infine, l'articolo 38, reca disposizioni finanziarie. E' stabilita la neutralità finanziaria della riforma in esame ad eccezione di quanto previsto per le risorse necessarie alla riforma dell'Agenzia nazionale (art. 29 della p.d.l.) e per il sostegno dei lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate (art. 34 della p.d.l.): gli artt. 29 e 34 quantificano gli oneri finanziari e ne prevedono la copertura. E', da ultimo, ribadita l'acquisizione all'entrata del bilancio dello Stato della quota del Fondo unico giustizia derivante da risorse riassegnate, oggetto di sequestro penale o amministrativo.