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Temi dell'attività parlamentare

Il superamento del bicameralismo perfetto nelle iniziative di riforma costituzionale
informazioni aggiornate a giovedì, 15 febbraio 2018

Il tema delle riforme istituzionali è stato al centro del dibattito politico-parlamentare fin dalla fine degli anni '70. A partire dalla IX legislatura si sono susseguiti diversi tentativi di riforma della Carta costituzione.

Uno dei temi principali oggetto delle iniziative di riforma è stato quello del superamento del bicameralismo perfetto, previsto in particolare:

  • dalla relazione approvata dalla c.d. Commissione Bozzi (IX legislatura), che si è orientata nel senso di attribuire alla Camera una prevalenza nell'esercizio della funzione legislativa e al Senato una prevalenza nell'esercizio della funzione di controllo;
  • dal progetto di revisione costituzionale (X legislatura), approvato dal Senato e, con modifiche, in un testo unificato dalla Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati (A.C. 4887 e abb.-A), in cui si affiancava al "principio della culla", in base al quale i progetti di legge sono esaminati e approvati da una sola camera, quella presso la quale sono presentati, una differenziazione funzionale tra le due Camere connessa con la redistribuzione delle competenze legislative tra lo Stato e le Regioni;
  • dalla Commissione De Mita Iotti (XI legislatura) in cui, nella Relazione del Presidente, si rileva come si fosse "vicini ad un accordo" per quanto riguarda la riduzione del numero dei parlamentari e per introdurre una certa distinzione dei compiti tra le due Camere;
  • dal Comitato Speroni (XII legislatura), nel cui progetto di revisione costituzionale le due Camere si differenziano per composizione e funzioni; dalla Commissione D'Alema (XIII legislatura), il cui testo di riforma si fondava su una "Camera politica" e una "Camera delle garanzie", con distinte funzioni;
  • dalla legge costituzionale pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 269 del 18 novembre 2005 (XIV legislatura), su cui vi è stato un esito non favorevole nel referendum confermativo del 25 e 26 giugno 2006, che introduceva significative differenze tra le due Camere con riguardo a composizione e funzioni;
  • dalla c.d. bozza Violante (XV legislatura) in cui, il testo approvato dalla Commissione Affari costituzionali della Camera (C. 553 e abb.-A) si incentrava sulla previsione di due Camere in un sistema di bicameralismo non simmetrico, sia dal punto di vista della costituzione degli organi sia delle funzioni, limitando alla Camera il rapporto fiduciario con l'Esecutivo;
  • dal progetto di legge (XVI legislatura) approvato dal Senato (C. 5386), in cui la Camera dei deputati ed il Senato federale si differenziavano sotto il profilo della funzione legislativa e, in parte, sotto il profilo della costituzione degli organi;
  • la stessa riforma del titolo V della parte II della Costituzione nel 2001 (legge cost. 3/2001) preannunciava, a proprio completamento, una ulteriore riforma delle disposizioni costituzionali relative alla composizione del Parlamento secondo la formulazione contenuta all'articolo 11 che prevede che "sino alla revisione delle norme del titolo I della parte seconda della Costituzione", i regolamenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono prevedere la partecipazione di rappresentanti delle Regioni, delle Province autonome e degli enti locali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  • dalla Commissione per le riforme costituzionali istituita l'11 giugno 2013, che ha espresso – nella Relazione finale trasmessa al Presidente del Consiglio il 17 settembre 2013 – un'opinione unanime in favore del superamento del bicameralismo paritario, registrando al proprio interno un orientamento prevalente in favore dell'introduzione di una forma di bicameralismo differenziato rispetto ad un sistema monocamerale. Tra le motivazioni evidenziate, in particolare, la necessità di garantire al governo nazionale una maggioranza politica certa, maggiore rapidità nelle decisioni e dunque stabilità, nonché l'esigenza di portare a compimento il processo di costruzione di un sistema autonomistico compiuto, con una Camera che sia espressione delle autonomie territoriali;

  • dal testo di riforma costituzionale approvato dal Parlamento nella XVII legislatura e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale  n. 88 del 15 aprile 2016 (cui è seguito un esito non favorevole del referendum svolto il 4 dicembre 2016) che disponeva, in pimo luogo, il superamento del bicameralismo perfetto ridefinendo le funzioni, la composizione e le modalità di elezione del Senato, che diveniva organo ad elezione indiretta, la revisione del riparto delle competenze legislative tra Stato e regioni, l'eliminazione dal testo costituzionale del riferimento alle province e la soppressione del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL).

Il tema delle riforme istituzionali è stato al centro del dibattito politico-parlamentare fin dalla fine degli anni '70. A partire dalla IX legislatura si sono susseguiti diversi tentativi di riforma della Carta costituzione.

Uno dei temi principali oggetto delle iniziative di riforma è stato quello del superamento del bicameralismo perfetto, previsto in particolare:

  • dalla relazione approvata dalla c.d. Commissione Bozzi (IX legislatura), che si è orientata nel senso di attribuire alla Camera una prevalenza nell'esercizio della funzione legislativa e al Senato una prevalenza nell'esercizio della funzione di controllo;
  • dal progetto di revisione costituzionale (X legislatura), approvato dal Senato e, con modifiche, in un testo unificato dalla Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati (A.C. 4887 e abb.-A), in cui si affiancava al "principio della culla", in base al quale i progetti di legge sono esaminati e approvati da una sola camera, quella presso la quale sono presentati, una differenziazione funzionale tra le due Camere connessa con la redistribuzione delle competenze legislative tra lo Stato e le Regioni;
  • dalla Commissione De Mita Iotti (XI legislatura) in cui, nella Relazione del Presidente, si rileva come si fosse "vicini ad un accordo" per quanto riguarda la riduzione del numero dei parlamentari e per introdurre una certa distinzione dei compiti tra le due Camere;
  • dal Comitato Speroni (XII legislatura), nel cui progetto di revisione costituzionale le due Camere si differenziano per composizione e funzioni; dalla Commissione D'Alema (XIII legislatura), il cui testo di riforma si fondava su una "Camera politica" e una "Camera delle garanzie", con distinte funzioni;
  • dalla legge costituzionale pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 269 del 18 novembre 2005 (XIV legislatura), su cui vi è stato un esito non favorevole nel referendum confermativo del 25 e 26 giugno 2006, che introduceva significative differenze tra le due Camere con riguardo a composizione e funzioni;
  • dalla c.d. bozza Violante (XV legislatura) in cui, il testo approvato dalla Commissione Affari costituzionali della Camera (C. 553 e abb.-A) si incentrava sulla previsione di due Camere in un sistema di bicameralismo non simmetrico, sia dal punto di vista della costituzione degli organi sia delle funzioni, limitando alla Camera il rapporto fiduciario con l'Esecutivo;
  • dal progetto di legge (XVI legislatura) approvato dal Senato (C. 5386), in cui la Camera dei deputati ed il Senato federale si differenziavano sotto il profilo della funzione legislativa e, in parte, sotto il profilo della costituzione degli organi;
  • la stessa riforma del titolo V della parte II della Costituzione nel 2001 (legge cost. 3/2001) preannunciava, a proprio completamento, una ulteriore riforma delle disposizioni costituzionali relative alla composizione del Parlamento secondo la formulazione contenuta all'articolo 11 che prevede che "sino alla revisione delle norme del titolo I della parte seconda della Costituzione", i regolamenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono prevedere la partecipazione di rappresentanti delle Regioni, delle Province autonome e degli enti locali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  • dalla Commissione per le riforme costituzionali istituita l'11 giugno 2013, che ha espresso – nella Relazione finale trasmessa al Presidente del Consiglio il 17 settembre 2013 – un'opinione unanime in favore del superamento del bicameralismo paritario, registrando al proprio interno un orientamento prevalente in favore dell'introduzione di una forma di bicameralismo differenziato rispetto ad un sistema monocamerale. Tra le motivazioni evidenziate, in particolare, la necessità di garantire al governo nazionale una maggioranza politica certa, maggiore rapidità nelle decisioni e dunque stabilità, nonché l'esigenza di portare a compimento il processo di costruzione di un sistema autonomistico compiuto, con una Camera che sia espressione delle autonomie territoriali;

  • dal testo di riforma costituzionale approvato dal Parlamento nella XVII legislatura e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale  n. 88 del 15 aprile 2016 (cui è seguito un esito non favorevole del referendum svolto il 4 dicembre 2016) che disponeva, in pimo luogo, il superamento del bicameralismo perfetto ridefinendo le funzioni, la composizione e le modalità di elezione del Senato, che diveniva organo ad elezione indiretta, la revisione del riparto delle competenze legislative tra Stato e regioni, l'eliminazione dal testo costituzionale del riferimento alle province e la soppressione del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL).

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