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CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 12 giugno 2013
36.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Agricoltura (XIII)
ALLEGATO

ALLEGATO

7-00010 Faenzi e Oliverio e 7-00024 Bernini: Iniziative in materia di danni causati all'agricoltura dalla fauna selvatica o inselvatichita.

NUOVA FORMULAZIONE DELLA RISOLUZIONE BERNINI 7-00024

  La XIII Commissione,
   premesso che:
    la protezione della fauna e dell'ambiente, nel nostro Paese, è stata carente e lacunosa e la stessa Unione europea, attraverso comunicazioni istituzionali e, nei casi più gravi, procedure di infrazione, ha invitato il nostro Paese al rispetto delle direttive in materia;
    il tema dei danni all'agricoltura e agli allevamenti richiede, quindi, risposte razionali e efficaci per garantire la sicurezza delle attività economiche. A questo proposito elemento fondamentale deve essere la garanzia di rapido risarcimento di coloro che sono danneggiati, evitando le lungaggini burocratiche che possono rappresentare un aggravamento del danno riportato;
    di recente è stato presentato alla Conferenza Stato-regioni, dalle regioni stesse, un documento in cui è emerso come queste ultime ritengano animali da ripopolamento venatorio, come fagiani e lepri, causa di danni provocati alle attività agricole;
    per quanto riguarda in particolare la specie lupo, secondo il documento della Conferenza delle regioni e delle province, i danni rifusi nel periodo 2005-2009 per i capi predati ammontano allo 0,13 per cento dei danni registrati nel comparto zootecnico e in detta percentuale non è specificato se i capi predati sono tutti ascrivibili a predazione da lupo oppure anche ad altri animali (cane, volpe, e altri) e che quindi non esiste una disponibilità di dati puntuale e approfondita non solo sui danni arrecati da canidi, ma più in generale sui danni arrecati dalla fauna selvatica;
    l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), attraverso l'elaborazione di specifiche ricerche, ha rilevato che nel nostro Paese i lupi, dopo aver rischiato l'estinzione, si sono riadattati a sopravvivere in raggruppamenti, localizzabili in alcune aree isolate dell'Appennino centrale e meridionale, riapparendo successivamente in vaste zone lungo l'intera dorsale appenninica e sulle Alpi marittime, interessando anche aree con grande vocazione rurale e da attività zootecniche;
    i dati su tale fenomeno, archiviati presso gli enti competenti, sono piuttosto lacunosi, tanto è vero che l'ISPRA in occasione della stesura della «banca dati ungulati» ha interrogato i vari enti su diversi aspetti legati ai danni (specie/colture/cifre erogate/area), ricevendo come risposta nella maggior parte dei casi solo la cifra complessivamente erogata per specie;
    sono necessari, quindi, ulteriori approfondimenti ad opera dell'ISPRA, unico organismo nazionale riconosciuto dalla legge quadro;
    nell'ambito delle dannose politiche venatorie di ripopolamento da parte degli enti locali e ATC, è da registrare quella che dura da tempo dei cinghiali non autoctoni ma di importazione, che vengono accusati oggi di eccessiva riproduzione e di impatto negativo sulle attività agricole; Pag. 117
    si ignora spesso che efficaci funzioni di controllo naturale risultano essere esercitate dai predatori e dai lupi in particolare, che nel nostro Paese rappresentano una esigua popolazione – valutata in 600 – 800 esemplari su tutto il territorio nazionale – ma che paradossalmente vengono accusati di causare danni alle attività economiche contro ogni ragionevolezza ed evidenza;
    di tali danni vengono altresì accusati i cani «inselvatichiti» e «ibridi», ovvero cani in stato di abbandono su cui la normativa di riferimento – legge n. 281 del 1991 (legge per la prevenzione del randagismo) – già adotta una serie di misure estremamente chiare e concrete;
    sarebbe opportuno che le politiche locali incentivassero, quindi, l'applicazione della legge n. 281 del 1991, limitando il randagismo e l'abbandono dei cani padronali, e quindi i danni commessi dai cosiddetti «ibridi» e dai cani rinselvatichiti;
    esiste l'oggettiva difficoltà degli enti preposti alla verifica dell'indennizzo del danno, che varia da regione a regione; ad esempio, in alcune regioni (Emilia Romagna, Marche, Toscana) la provincia ha la competenza nelle aree dove vige il divieto di caccia, gli ATC nei territori di loro competenza; in altri casi (Lombardia) la provincia verifica il danno e paga per il 90 per cento mentre il resto viene pagato dall'ATC/CA; in altri casi ancora (Abruzzo, Veneto, Friuli-Venezia-Giulia) la competenza è per intero della provincia. Nelle aree protette nazionali i danni sono indennizzati dagli enti gestori;
    le misure da adottare in relazione a specifiche esigenze devono essere valutate successivamente all'analisi dei dati raccolti anche al fine di valutare la migliore soluzione tecnica possibile, che coniughi l'esigenza dettata dalle direttive europee della salvaguardia delle specie selvatiche e l'esigenza degli agricoltori di poter condurre la propria attività senza significative perdite economiche;
    il fenomeno dei danni provocati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e zootecniche in molti casi denunciati dagli agricoltori sollecita l'avvio urgente di iniziative da parte delle istituzioni pubbliche, volte a prevedere un sistema adeguato di misure preventive e di contrasto,

impegna il Governo:

   ad avviare un'approfondita ricerca sulla distribuzione del lupo su tutto il territorio nazionale al fine di creare una banca dati puntuale sui danni arrecati da questa specie nel comparto zootecnico attraverso un unico protocollo di ricerca, messo a punto e coordinato dall'ISPRA;
   a valutare la possibilità di attivare con urgenza, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, un piano di indennizzo nazionale per gli agricoltori danneggiati previa verifica dei danni realmente provocati alle coltivazioni dalla fauna selvatica;
   ad assumere iniziative, se del caso normative, per far sì che le regioni stesse effettuino un monitoraggio annuale sulle misure adottate da parte dei singoli operatori economici allo scopo di evitare il danno ricorrendo a misure di prevenzione, anche di facile e razionale attuazione;
   ad incentivare l'applicazione di metodi ecologici per ridurre i danni, quali vigilanza del bestiame, reti, dissuasori e bande che limitino la velocità dei veicoli in strada dove l'attraversamento della fauna selvatica è un rischio reale;
   ad incentivare programmi di management ambientale e decise azioni preventive, a partire dalla completa cessazione di qualsiasi attività di ripopolamento a scopo venatorio sul territorio e dall'adozione cogente dei piani di gestione già messi a punto dall'ISPRA (ad esempio il piano d'azione per la conservazione del lupo) e riportanti l'analisi dei danni, le misure di prevenzione, la regolamentazione del pascolo ed il risarcimento dei danni;Pag. 118
   a promuovere, nelle opportune sedi comunitarie, strategie preventive ed iniziative di analisi e di ricerca anche congiuntamente alle autorità regionali e alle associazioni interessate, per assicurare la sostenibilità delle attività agricole e zootecniche nel rispetto delle esigenze di tutela delle specie animali ed al fine di migliorare il loro stato di conservazione;
   alla piena attuazione della legge n. 157 del 1992 – Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio – in particolar modo con riferimento all'articolo 19 sulla gestione faunistica per quanto riguarda l'attuazione dei metodi ecologici che vengono di consuetudine del tutto ignorati.
(7-00024)
«Massimiliano Bernini, Gagnarli, L'Abbate, Gallinella, Zaccagnini, Parentela, Terzoni, Benedetti».