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CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 13 novembre 2014
334.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo commerciale tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Colombia e la Repubblica di Perù, dall'altra, fatto a Bruxelles il 26 giugno 2012.
C. 2425 Governo.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La VIII Commissione,
   esaminato, per le parti di competenza, il disegno di legge C. 2425 Governo, recante «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo commerciale tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Colombia e la Repubblica di Perù, dall'altra, fatto a Bruxelles il 26 giugno 2012»;
   valutate positivamente le disposizioni del Titolo IX dell'Accordo, nell'ambito del quale è previsto espressamente che le Parti ribadiscono il proprio impegno a favore dello sviluppo sostenibile, per il benessere delle generazioni presenti e future, operando per realizzare tale obiettivo nelle relazioni commerciali reciproche e promuovendo il rafforzamento del rispetto della legislazione in materia di lavoro e di ambiente;
   tenuto conto che il predetto Accordo, all'articolo 268, dispone che le Parti si adoperino affinché la propria legislazione preveda e promuova livelli elevati di protezione dell'ambiente e del lavoro;
   considerato che tra gli obiettivi dell'Accordo, in base a quanto stabilito dall'articolo 267, rientra altresì il rafforzamento del ruolo del commercio e della politica commerciale nella promozione della conservazione e dell'uso sostenibile della diversità biologica e delle risorse naturali, nonché della riduzione dell'inquinamento;
   rilevato, altresì, che, in base all'articolo 270 dell'Accordo, le Parti riconoscono esplicitamente il valore degli accordi internazionali in materia di ambiente come risposta della comunità internazionale ai problemi ambientali globali e regionali, sottolineando la necessità di rafforzare le reciproche sinergie tra commercio e ambiente e ribadendo che il commercio deve promuovere lo sviluppo sostenibile;
   esprime

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 2

5-04020 Manfredi: Sulla gestione del servizio idrico integrato nella regione Campania.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In ordine alla materia trattata nell'interrogazione cui si risponde, appare opportuno premettere che il nuovo quadro normativo e regolamentare assegna al Ministero dell'ambiente le sole funzioni relative alla fissazione e al perseguimento degli obiettivi ambientali, alla qualità della risorsa e ai poteri di indirizzo e coordinamento, mentre la regolazione del servizio, la vigilanza e il controllo fanno capo all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEGSI).
  È stata, quindi, la predetta Autorità a fornire i necessari elementi informativi concernenti la fatturazione delle «partite pregresse» da parte della Gori S.p.A., quale soggetto incaricato di gestire il servizio idrico integrato dell'ambito territoriale ottimale sarnese vesuviano n. 3 (ATO 3 Campania), nonché il procedimento sanzionatorio avviato dalla predetta Autorità nei confronti del medesimo gestore.
  Riguardo al primo profilo, è stato precisato che il quadro normativo definito al comma 31.1 dell'Allegato A alla deliberazione dell'Autorità n. 643/2013/R/IDR, recante il Metodo Tariffario Idrico (MTI), prevede che «Gli eventuali conguagli relativi a periodi precedenti al trasferimento all'Autorità delle funzioni di regolazione e controllo del settore... sono quantificati ed approvati... dagli Enti d'Ambito o dagli altri soggetti competenti...».
  Lo stesso quadro normativo, al successivo comma 31.2, a tutela degli utenti, non manca di dettare le regole per la loro riscossione, prevedendo espressamente che i conguagli richiesti devono essere espressi in unità di consumo, devono essere evidenziati in bolletta separatamente dalle tariffe approvate per l'anno in corso e deve essere specificato il periodo di riferimento.
  In questo contesto regolamentare, il Commissario Straordinario dell'ATO 3 Campania ha provveduto a quantificare e approvare con propria delibera n. 43 del 30 giugno 2014 l'importo complessivo dei conguagli relativi al periodo 2003-2011, pari a complessivi euro 122.495.027,00, da rateizzare in 4 anni a partire dal 2014.
  Per quanto concerne le modalità per la loro fatturazione, la deliberazione dell'Autorità n. 586/2012/R/IDR ha indicato nel dettaglio i contenuti minimi delle bollette ai fini della trasparenza; il suo articolo 10, in particolare, prevede che la bolletta debba riportare in forma esaustiva «i valori della tariffa applicata all'utente finale e l'ultimo aggiornamento, indicando in modo completo la fonte normativa e l'organismo da cui deriva».
  In relazione alle partite pregresse, pertanto, i gestori sono obbligati a evidenziare espressamente in bolletta, oltre al periodo di riferimento dei conguagli tariffari precedenti l'anno 2012, la puntuale indicazione del soggetto competente e del proprio atto deliberativo che li ha quantificati.
  La violazione di tali prescrizioni – laddove venisse riscontrata dall'Autorità – potrebbe determinare l'avvio di un procedimento sanzionatorio nei confronti del gestore inadempiente.
  Per quanto concerne il secondo profilo, è stato riferito che la ripetuta Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, a seguito di quanto emerso nel corso di una ispezione effettuata presso la Gori Pag. 96S.p.A. nei giorni dal 15 al 18 aprile 2014, in collaborazione con il Nucleo Speciale Tutela Mercati della Guardia di Finanza, ha avviato un procedimento sanzionatorio nei confronti di essa, in particolare con deliberazione n. 380/2014/S/IDR recante «Avvio di un procedimento per l'adozione di provvedimenti sanzionatori e prescrittivi per violazioni della regolazione del servizio idrico integrato».
  Le eventuali violazioni della vigente regolazione tariffaria, in corso di accertamento nell'ambito del citato procedimento, sono peraltro circoscritte ad alcuni specifici profili tariffari. Peraltro, trattandosi di procedimento istruttorio ancora in corso, che si sta doverosamente svolgendo nel pieno rispetto dei principi del contraddittorio e della partecipazione, il suo esito si estrinsecherà nel solo provvedimento conclusivo dell'Autorità, che verrà adottato al termine del procedimento, nei termini e secondo le modalità e le forme previste, nell'esercizio delle funzioni di controllo e sanzionatorie alla stessa Autorità attribuite.
  Per quanto attiene, in ultimo, all'eventuale esercizio dei poteri sostitutivi previsti dall'articolo 8 della legge n. 131 del 2008, si ricorda che l'articolo 7 del decreto-legge n. 133 del 2014, recentissimamente convertito in legge, disciplina tempi e modi per conseguire in tempi certi il riassetto funzionale del servizio idrico integrato, fissando al prossimo 31 dicembre il termine entro il quale le regioni devono individuare gli enti di governo degli ambiti di competenza, decorso il quale, all'eventuale persistere dell'inerzia delle regioni, verranno assunte le iniziative dovute per legge.

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ALLEGATO 3

5-04021 Daga: Sulla situazione di inquinamento ambientale dell'area compresa tra Maccarese e Palidoro del comune di Fiumicino.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Lo stato di emergenza ambientale che si è creato per le fuoriuscite di combustibile liquido dall'oleodotto della Società Eni, tratta Civitavecchia-Pantano di Grano, nei giorni 6 e 7 novembre ultimo scorso e che ha interessato due siti nel comune di Fiumicino, il primo in prossimità del Rio Palidoro, località Passoscuro e il secondo a tre chilometri più a sud in località «Maccarese», ha visto impegnate le istituzioni locali e centrali, al fine di arginare i danni ambientali conseguenti agli eventi, da imputarsi, verosimilmente, a un tentativo di furto di kerosene ad opera di ignoti.
  Infatti, nell'immediatezza dei fatti, la Capitaneria di Porto di Roma, al fine di acquisire i primi elementi di valutazione, ha inviato proprio personale per verificare l'effettivo sversamento del prodotto e, congiuntamente ai Vigili del fuoco, ha provveduto alla messa in sicurezza dell'area interessata, constatando nel contempo la presenza dei tecnici dell'ENI che hanno riparato il danno che causava la fuoriuscita del kerosene.
  Peraltro, lo sversamento di tali ingenti quantità di cherosene, nelle acque del fiume Arrone e del rio Palidoro, che ha interessato anche terreni destinati a produzioni agroalimentari non può non determinare un'incidenza negativa, significativa e misurabile, sulle risorse naturali tutelate dall'ordinamento.
  In relazione alla rilevanza dell'accaduto e al potenziale pericolo per l'ambiente, il Ministro dell'ambiente ha ritenuto di coadiuvare le iniziative già in atto dando disposizioni al Comando dei Carabinieri per la Tutela Ambientale e al Reparto Ambientale Marino del Corpo Capitanerie di Porto affinché procedessero ai necessari accertamenti, acquisendo la pertinente documentazione, con particolare riferimento alla gestione e manutenzione dell'oleodotto ed al relativo sistema di sicurezza, anche avvalendosi, eventualmente, del supporto tecnico dell'ISPRA.
  Le attività intraprese, sia a livello locale che per iniziativa del Ministero dell'ambiente, sono finalizzate ad avere a disposizione tutti gli elementi di conoscenza e valutazione sulle cause del sinistro e sugli effetti dell'inquinamento sul suolo, sulle acque superficiali e sotterranee, sugli habitat e sulle specie protette.
  L'ENI, peraltro, in qualità di proprietario dell'oleodotto ha reso la comunicazione prevista dall'articolo 242 del decreto legislativo n. 152 del 2006, rappresentando che a seguito dell'evento ha provveduto ad una serie di attività per mettere in sicurezza e bonificare i luoghi.
  In tal modo, le due aree interessate, Palidoro e Maccarese, risultano essere state immediatamente messe in sicurezza ponendo fine alla fuoriuscita di carburante poche ore dopo le rispettive effrazioni e le quantità sversate sono state contenute attraverso l'utilizzo di panne di sbarramento e assorbimento. Le attività di contenimento sono completate e si sta procedendo al ripristino attraverso l'assorbimento del carburante e la sua concentrazione per facilitarne l'aspiramento. L'Eni ha completato sabato scorso le attività di riparazioni dell'oleodotto presso i siti interessati.
  Non sono mancati gli accertamenti dell'ARPA al fine di monitorare le matrici Pag. 98ambientali sia delle acque superficiali che del suolo/sottosuolo e rifiuti. I relativi campioni sono stati rimessi ai laboratori interni della stessa ARPA per le relative analisi chimiche.
  Le prime stime provvisorie, fornite dall'Eni, parlano di circa 40 tonnellate di kerosene sversati a seguito di furti sulla condotta.
  Le autorità locali che hanno immediatamente attivato tutte le azioni di competenza, compresa l'istituzione di una «Unità di crisi», sono coscienti che non sarà un lavoro breve e che superata l'emergenza ancora in corso, si dovrà iniziare a lavorare subito sugli interventi di bonifica.
  Circa la dinamica dell'evento non vi è dubbio, allo stato, che l'intero sforzo finanziario finalizzato sia alla realizzazione degli interventi di bonifica che di quelli di ripristino ambientale saranno a carico dell'ENI, quale proprietario della condotta.
  Allo stato risultano emanate dalle autorità locali due ordinanze del sindaco di Fiumicino che rimarranno in vigore fino al termine dell'emergenza, concernenti il divieto di pesca in tutti i corsi d'acqua e torrenti all'interno della riserva statale del litorale romano, il divieto di caccia in tutto il comune, il divieto di utilizzare, per qualunque uso e in qualunque modo compreso l'abbeveraggio degli animali e l'innaffiamento dei campi coltivati, in tutti i fiumi, corsi d'acqua e canali di scolo ricadenti nel perimetro della riserva statale nel comune medesimo.
  Il Ministero dell'ambiente non mancherà di fornire il massimo supporto alle istituzioni locali affinché si possa al più presto ripristinare Io stato naturale dei luoghi a salvaguardia della salute umana e dell’habitat naturale, e non mancherà di costituirsi parte civile qualora gli eventi lo richiedessero.
  Per completezza di trattazione si rappresenta che la vicenda, attualmente, è anche oggetto di indagine da parte del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Roma e della Capitaneria di Porto, coordinati dalla Procura della Repubblica di Civitavecchia.

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ALLEGATO 4

5-01780 Terzoni: Sullo stato dell'elaborazione della «Carta della Natura».

TESTO DELLA RISPOSTA

  La realizzazione di «Carta della Natura» rientra nei compiti istituzionali dell'ISPRA e le sue finalità sono dettate dall'articolo 3, della «Legge Quadro sulle Aree Protette», n. 394 del 1991 che, testualmente recita: «Carta della Natura individua lo stato dell'ambiente naturale in Italia, evidenziando i valori naturali ed i profili di vulnerabilità territoriale».
  È la stessa legge a fornire indicazioni chiare sui suoi requisiti fondamentali che si indentificano nel riferimento all'intero territorio nazionale e nelle finalità atte a conoscere lo stato dell'ambiente naturale del Paese e a valutare i profili di qualità e vulnerabilità territoriali, sempre da un punto di vista naturalistico-ambientale.
  Carta della Natura è, quindi, un Sistema Informativo Territoriale, i cui elaborati cartografici sono consultabili e gestibili tramite strumenti hardware e software di uso comune, che si poggia su due basi: la carta delle unità ambientali omogenee e una serie di indici e di indicatori che ne descrivono lo stato in termini di qualità e vulnerabilità.
  A tal fine, il progetto di cui trattasi è stato impostato come un sistema multiscalare strutturato a differenti dettagli cartografici: 1:250.000; 1:50.000; 1:10.000.
  In particolare, la scala 1:250.000, si prefigge di descrivere i sistemi di paesaggio italiani e l'unità ambientale omogenea di questo dettaglio è l’«unità fisiografica di paesaggio».
  Quella 1:50.000, di maggiore utilità per la pianificazione territoriale, nazionale e regionale, ha come finalità quella di evidenziare la distribuzione degli «habitat» sul territorio italiano. L'apposito sito, costantemente aggiornato, contiene tutte le informazioni necessarie su Carta della Natura e relativi documenti di riferimento. L'unità ambientale omogenea di questo dettaglio è il biotopo. In questo caso i prodotti cartografici consistono nella «Carta degli habitat» e negli indicatori ed indici di valutazione associati ai biotopi oggetto di analisi. La realizzazione di questa cartografia iniziata nel 2004, ha visto il completamento dei lavori in 12 regioni, ossia Valle d'Aosta, Liguria, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Umbria, Lazio, Molise, Abruzzo, Puglia, Basilicata e Sicilia (mentre proseguono i lavori per le rimanenti) e i parchi ivi ubicati, possono avvalersi di tale strumento che non è precluso a nessun tipo di utente.
  Tali scale (1:250.000 e 1:50.000), sono disponibili in formato vettoriale, liberamente utilizzabili e visualizzabili sul web GIS ISPRA. Inoltre, i dati possono essere ottenuti tramite richiesta con modulo on-line.
  Diversamente dalle altre scale, quella 1:10.000, ha come obiettivo lo studio di dettaglio degli habitat di una particolare area e non prevede la copertura dell'intero territorio nazionale, ma solo un utilizzo per particolari esigenze di studio di aree rilevanti dal punto di vista naturalistico-ambientale e/o per richiesta specifica di Enti Locali. Ad oggi sono state rilevate tre aree campione.
  Oltre ai dati cartografici, Carta della Natura raccoglie anche documenti tecnici contenenti descrizioni degli habitat italiani e le corrispondenze dei codici in utilizzo, con le altre nomenclature internazionali Pag. 100vigenti. Ausili, questi, particolarmente utili nel caso di attività inerenti l'attuazione della Direttiva Habitat.
  Dal 2011, ad integrazione dei dati sugli habitat è stata avviata la realizzazione di una banca dati vegetazionale georiferita, che funziona come documentazione a supporto per la realizzazione e a validazione dei dati inseriti. La banca dati è frutto del confronto e della collaborazione con esponenti del mondo dell'accademia e studiosi italiani ed europei.
  L'intero impianto di realizzazione di Carta della Natura si pone, quindi, tra i progetti cartografici all'avanguardia a livello internazionale, come riportato anche in un recente studio condotto dal Centro Tematico Europeo sulla Biodiversità dell'Agenzia Europea dell'Ambiente sui progetti di cartografia degli habitat che si svolgono negli Stati Membri dell'Unione europea.
  I dati del sistema sono di primaria importanza per tutte le azioni per le quali è necessario possedere una conoscenza omogenea ed estesa del territorio, con specifico riferimento all'ambiente naturale, ai suoi elementi di valore e alla sua fragilità, rappresentando uno strumento per la Governance di livello nazionale e regionale e per altri molteplici utilizzi.
  Circa la tempistica richiesta per la completa elaborazione e diffusione di Carta della Natura, essa è strettamente correlata alle risorse che saranno messe a disposizione, visto che dal 2008 l'ISPRA conduce i lavori in autonomia stante la mancanza di fondi per avviare collaborazioni con enti locali o università.
  Per quanto concerne la spesa ad oggi sostenuta per l'elaborazione di questo documento, si segnala che i 5 miliardi di vecchie lire, assegnati dalla legge n. 394 del 1991, sono stati spesi dall'ex Dipartimento dei Servizi Tecnici Nazionali, per sostenere la fase iniziale sperimentale del progetto, promosso stipulando convenzioni con diverse Università, a partire dal 1997 e fino al 2002. Il risultato conseguito è stato lo sviluppo dell'intero impianto metodologico del Sistema Carta della Natura.
  Dopo il 2002 l'ISPRA ha proseguito i lavori, stipulando convenzioni con Amministrazioni Regionali e Agenzie Regionali per l'Ambiente (ARPA) attingendo dal proprio bilancio circa 1.400.000 euro.
  Con riguardo alla citata soppressione del Comitato per le Aree protette e trasferimento delle relative funzioni alla Conferenza Stato-Regioni, si segnala che molte amministrazioni regionali, avendo riconosciuto l'utilità delle strumento «Carta della Natura», lo hanno sostenuto economicamente, unitamente anche a soggetti terzi.

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ALLEGATO 5

5-03303 Gagnarli: Sulla «captivazione permanente» degli orsi considerati problematici.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La presenza e la distribuzione dell'orso bruno (Ursus arctos arctos) su tutto l'arco alpino iniziarono a contrarsi notevolmente a partire dal XVIII Secolo, fino a registrare la sua definitiva scomparsa, nella prima metà del ’900, in tutta la porzione centro-occidentale delle Alpi italiane, a causa delle guerre e di una caccia, sebbene vietata per legge dal 1939, per mano dei bracconieri. Alla fine degli anni ’90 venne rilevata la presenza di soli 3-4 individui, per lo più vecchi e malandati, sulle montagne del Brenta nel Trentino occidentale. Nel 1999 per salvare il piccolo nucleo di orsi sopravvissuti da un'ormai inevitabile estinzione, il Parco Adamello Brenta in collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento e l'allora Istituto nazionale per la fauna selvatica – l'INFS, oggi confluito nell'ISPRA – usufruendo di un finanziamento dell'Unione europea diedero avvio al progetto «Life Ursus» finalizzato alla ricostituzione di un nucleo vitale di orsi nelle Alpi Centrali tramite l’«importazione» di alcuni individui provenienti dalla Slovenia.
  Va sottolineato, sul punto, che il progetto di reintroduzione dell'orso, ritenuto ambizioso sin dal suo avvio, si è dimostrato, nel tempo, un successo che ha avuto i massimi riconoscimenti in tutto il contesto internazionale, registrando un incremento della popolazioni ben superiore alle previsioni.
  È stata, infatti, creata una popolazione di orsi in rapida crescita ed espansione territoriale, che oggi conta circa 50 esemplari, con una mortalità e fenomeni di bracconaggio molto inferiori ad altre realtà, sia nazionali che europee, riuscendo, allo stesso tempo, a contenere entro livelli tollerabili la conflittualità generata dai danni da essi prodotti.
  Per quanto attiene, più specificatamente, alla ipotesi di introdurre modifiche al PACOBACE – per esteso: «Piano d'Azione interregionale per la Conservazione dell'Orso Bruno sulle Alpi Centro-Orientali» – occorre precisare che essa non nasce come iniziativa unilaterale della Provincia di Trento, ma come risultato di un gruppo di lavoro tecnico.
  Infatti, l'incremento della popolazione di orsi ha comportato, com'era peraltro prevedibile, in relazione soprattutto alla conseguente maggiore possibilità di comportamenti confidenti con l'uomo e con le attività antropiche, un sensibile aumento delle situazioni problematiche. Per la gestione di esse, l'intervento proposto in sede tecnica – che qui maggiormente interessa – era finalizzato a individuare azioni di controllo anche in caso di individui «dannosi», oltre che «pericolosi», declinando in tal modo la definizione di «orso problematico» in relazione al suo comportamento.
  «Dannoso», più precisamente, veniva ad essere definito l'orso che arreca ripetutamente danni materiali alle cose o utilizza in modo ripetuto fonti di cibo legate alla presenza umana, situazioni che si verificano quando l'animale perde la naturale diffidenza nei confronti dell'uomo e risulta condizionato e attratto dalle fonti di cibo di origine antropica. Alla luce di ciò, un orso che causa un solo grave danno, o che ne causa più d'uno in maniera sporadica, non sarebbe rientrato in tale categoria.Pag. 102
  Peraltro, la rimozione di individui di orso bruno che assumono comportamenti problematici rappresenta una misura gestionale prevista sia dalle linee guida internazionali (es.: Action Plan for the Conservation of the Brown Bear in Europe) che dallo stesso PACOBACE, tanto che l'intera vicenda dell'orsa Daniza, seppure con l'esito tragico che conosciamo, è stata gestita nel pieno rispetto di essi.
  Infatti, il PACOBACE, nella versione vigente, già prevede azioni dirette sugli orsi proporzionate alla «problematicità» manifestata da essi, sempre che tali azioni non pregiudichino lo status di conservazione della popolazione, e non esclude, nei casi estremi, la possibilità ultima di rimozione degli esemplari.
  Anche per tale motivo, si deve intendere che il contributo reso dall'ISPRA nel processo di elaborazione delle precitate proposte modificative, sostanziano valutazioni di natura prettamente tecnica, del resto connaturate al ruolo che essa riveste, espresse nel formale e sostanziale rispetto della vigente normativa, sia nazionale che comunitaria.
  Allo stato, peraltro, il processo di revisione del PACOBACE, secondo le linee individuate in sede «tecnica», non si è ancora concluso, non essendosi espressi favorevolmente tutti i soggetti pubblici firmatari del «Piano», presupposto indispensabile per una sua modifica.
  Gli effetti conseguenti al tentativo di cattura dell'orsa Daniza, tuttavia, e della triste sorte ad essa toccata, hanno interrotto tale procedimento.
  Per comprendere se vi siano stati errori nelle azioni messe in atto dagli operatori incaricati dalla Provincia di Trento per la cattura dell'orsa Daniza, ovvero si sia trattato di una tragica fatalità, sarà necessario attendere i risultati della perizia disposta dalla competente Procura, che ha aperto un fascicolo per l'ipotesi di reato di maltrattamento nei confronti dell'orsa e dei suoi cuccioli, conseguente alla denuncia presentata dal Corpo Forestale dello Stato.
  Sin da subito, tuttavia, è stata ampiamente condivisa con gli altri soggetti istituzionali coinvolti nel processo di tutela dell'orso bruno, la necessità di una attenta e rinnovata valutazione a tutto campo delle possibili iniziative volte a integrare e migliorare, laddove possibile, le misure già previste nel PACOBACE, anche tenuto conto della recente esperienza dell'orsa Daniza e dei suoi cuccioli, e ciò al fine prioritario di assicurare la maggiore tutela possibile alla popolazione di Orso bruno attualmente insistente nel settore centro-orientale dell'arco alpino, tema sul quale il Ministero dell'ambiente, al pari degli enti territoriali interessati, rivolge particolare attenzione istituzionale.

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ALLEGATO 6

5-03542 Oliverio: Sul decesso dell'orsa Daniza e sulla definizione dell'orso «dannoso».
5-03539 Gagnarli: Sulla vicenda dell'orsa Daniza.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Poiché le interrogazioni n. 5-03539 presentata dall'On. Gagnarli, e altri, e n. 5-03542 presentata dall'On. Oliverio, e altri, vertono sul medesimo argomento, verrà data un'unica risposta che ricomprende tutti i quesiti posti dagli On.li interroganti.
  Per quanto riguarda i motivi del decesso dell'orsa Daniza, corre l'obbligo di riferire che non è attualmente possibile una informata ed esaustiva valutazione dell'accaduto in quanto non risultano disponibili i risultati degli esami autoptici affidati all'istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, su incarico della Provincia Autonoma di Trento, e all'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana, su incarico della Procura di Trento.
  Peraltro, immediatamente dopo la tragica conclusione delle operazioni di cattura dell'orsa, il Ministero dell'ambiente aveva richiesto alla Provincia una dettagliata relazione circa l'accaduto. Dall'esame degli elementi conoscitivi da essa forniti, si delinea la seguente dinamica degli eventi.
  Le operazioni di cattura si sono svolte avvalendosi della tecnica del free ranging (tiro all'animale libero), attendendo l'orsa in corrispondenza di una carcassa di pecora da essa stessa predata la notte precedente. La squadra di cattura era formata da 4 operatori e dal veterinario. L'orsa è giunta sulla carcassa assieme ai due cuccioli alle ore 19:25, e quindi colpito con il narcotico, da 5 metri di distanza, nella coscia destra. Il peso dell'orsa, all'atto della preparazione del narcotico veniva stimato in circa 80 kg. La preparazione dell'anestetico è stata effettuata secondo quanto indicato nel protocollo adottato abitualmente dagli operatori dell'Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento, per quanto concerne il supporto veterinario alle operazioni di cattura. Nella fattispecie, poiché il peso stimato era inferiore ai 100 kg, è stato possibile fare riferimento all'opzione anestesiologica che prevede l'utilizzo della medetomidina in associazione a tiletamina/zolazepam. In considerazione dell'età dell'animale si è ritenuto opportuno ridurre il dosaggio di circa il 15 per cento in modo che la dose di farmaco effettivamente somministrata è stata pari a quella prevista, secondo il protocollo, per un animale di circa 70 kg, a fronte di un peso effettivo successivamente registrato pari a 106 kg. Di fatto all'animale sono stati somministrati 1,75 mg di medetomidina e 315 mg dell'associazione tiletamina/zolazepam.
  La ricerca dell'animale è iniziata dopo 10 minuti dalla inoculazione del narcotico, così come prescritto dal protocollo. Una volta raggiunto si è atteso ancora qualche minuto che il narcotico facesse effetto. Non appena l'animale si presentava pressoché immobile, il veterinario intraprendeva, come da prassi, le prime valutazioni circa le sue condizioni di salute, e già da subito risultava evidente una grave compromissione della funzionalità cardiaca e respiratoria. Venivano, allora, intraprese Pag. 104le opportune procedure meccaniche di rianimazione cardiopolmonare, ma dopo circa 10 minuti di tentativi il veterinario dichiarava il decesso dell'animale.
  La stessa orsa era già stata oggetto in Trentino di tre catture, nel 2007, 2011 e 2013; la prima volta in free ranging, le altre due con trappola tubo alla quale era seguita, ovviamente, la narcosi.
  Riguardo i presupposti dell'ordinanza contingibile e urgente adottata dalla Provincia Autonoma di Trento, è importante sottolineare che tale strumento eccezionale e derogatorio era già stato adottato in precedenza, più in particolare con riferimento a un'orsa che non aveva aggredito esseri umani, ma solo predato bestiame. In tale occasione il Ministero dell'ambiente aveva presentato ricorso al TAR e, successivamente, al Consiglio di Stato, ma in entrambi i casi era stata riconosciuta la legittimità dell'ordinanza, sì da ritenere, allo stato, assolutamente legittimo l'atto adottato dalla Provincia nel caso dell'orsa Daniza.
  Prima di giungere a tale determinazione, la Provincia ha riferito che la Struttura Tecnica che segue la popolazione di orsi ha adottato, nel corso degli anni, tutte le azioni previste dal «Piano d'Azione interregionale per la Conservazione dell'Orso Bruno sulle Alpi Centro-Orientali», più semplicemente PACOBACE, per cercare di condizionare Daniza, quali: intensificazione del monitoraggio, tre catture con rilascio per il radiomarcaggio, ventisei uscite della squadra di emergenza negli anni dal 2007 al 2013.
  Tali misure sono state adottate in ragione del carattere dell'orsa, confidente verso l'uomo, che l'ha portata a compiere dei danni vicino ad abitazioni. Secondo la Provincia, tali attività hanno manifestato una potenziale pericolosità del soggetto, cosa che ha comportato la necessità di un monitoraggio intensivo e di ripetuti interventi di dissuasione. In particolare, l'orsa ha effettuato due falsi attacchi, senza conseguenze, dovuti all'avvicinarsi di alcune persone a piccoli di precedenti cucciolate il 13 maggio 2008 e il 24 maggio 2012.
  L'aggressione e il ferimento di un uomo lo scorso 15 agosto ha indotto, da ultimo, all'adozione dell'ordinanza finalizzata alla cattura dell'orsa. A loro volta, le qualificate valutazioni svolte da ISPRA sull'argomento, con le quali veniva testimoniato che i dati scientifici a disposizione evidenziavano che i cuccioli di orso bruno che perdono la madre nella stagione estiva presentano in genere buone probabilità di sopravvivenza nel medio e lungo periodo, hanno confortato la Provincia nel dare senz'altro attuazione alla propria ordinanza, nella considerazione che il rischio nei confronti dei cuccioli dell'orsa rientrasse in parametri di relativa sicurezza, nonostante la diversa posizione espressa dal Corpo Forestale dello Stato.
  Mantenere i due cuccioli in regime di libertà, anche in caso di captivazione della madre, era stata una scelta motivata sia dall'importanza di non sottrarre altri due esemplari dal nucleo di orsi trentini, sia dalla volontà di evitare loro un futuro in cattività, in quanto è cosa nota, in particolare ai tecnici e agli operatori del settore, che esemplari di orso bruno sottoposti a captivazione prolungata difficilmente possono essere reintrodotti nell'ambiente naturale a causa delle modificazioni comportamentali che la fase di cattività determina in questa specie.
  La scelta di lasciarli in libertà, seppure attentamente monitorati al fine di assicurare la tempestiva registrazione di eventuali comportamenti anomali o di condizioni di denutrizione e/o mancato benessere, è stato quindi frutto di una attenta valutazione di tutta la letteratura scientifica esistente sull'argomento, che ha trovato, peraltro, ampio supporto da parte dei numerosi esperti internazionali interpellati per l'occasione da ISPRA.
  Circa l'attuale condizione dei due cuccioli, valga ricordare che uno di essi era stato radiomarcato subito dopo la cattura della madre. Per diversi giorni i due cuccioli si sono mossi insieme in aree già precedentemente frequentate, allo stato attuale risulta che si siano separati, anche se i tecnici ipotizzano un nuovo ricongiungimento.Pag. 105
  A fine ottobre il cucciolo radiomarcato ha perso il dispositivo. Una valutazione svolta congiuntamente dalla Provincia Autonoma di Trento, ISPRA e il Corpo Forestale dello Stato, sentiti anche esperti internazionali, ha fatto ritenere opportuno non procedere ad una nuova cattura per apporre strumenti di radiomarcaggio. E ciò sulla base di una valutazione complessiva dei rischi derivanti dall'operazione, che ha tenuto conto della possibilità di comunque monitorare i cuccioli attraverso forme meno intensive – quali foto trappole, avvistamenti e altro – a fine di assicurare la tempestiva registrazione di eventuali comportamenti anomali o di condizioni di denutrizione, nonché in ragione dell'attuale stato di salute dei cuccioli, che attualmente pesano intorno ai 40 kg, che non fanno ritenere opportuni, in questa fase, ulteriori interventi diretti su di essi.
  Il monitoraggio continuativo dei due cuccioli sul campo, infatti, ha consentito di accertare che essi si muovono in modo indipendente e hanno adottato comportamenti confortanti: gli animali hanno dimostrato elusività nei confronti dell'uomo e delle sue attività, buona capacità di recuperare alimenti dall'ambiente naturale e utilizzano in modo completo l'areale a loro noto frequentando entrambi i versanti della Val Rendena.
  Il monitoraggio a regime viene condotto in maniera comunque intensiva (alcune ore al mattino e alcune ore la sera) avvalendosi del personale più esperto. Tutte le localizzazioni vengono trasferite in mappa per garantire un quadro completo ed aggiornato sugli spostamenti dei cuccioli.
  Era stato messo a disposizione degli orsetti un supporto alimentare solo nelle primissime fasi successive alla perdita della madre (4-5 giorni), nelle vicinanze del sito di cattura. Da quando i cuccioli hanno cominciato a spostarsi non è stato più necessario, né opportuno, fornire loro altro cibo. La dieta attuale è principalmente vegetale.
  Poiché i cuccioli si spostano lungo i percorsi insegnati dalla madre, per ridurre i rischi di investimento da parte di autoveicoli, è stata collocata della segnaletica stradale luminosa in corrispondenza di diversi tratti stradali posti sull'asse Tione-Madonna di Campiglio, noti per i numerosi attraversamenti di Daniza registrati negli anni passati.
  Inoltre, sono state all'uopo predisposte apposite linee guida per la gestione dei cuccioli di orso privi di madre, elaborate dal Servizio Foreste e Fauna anche con il concorso di alcuni tra i massimi esperti europei nella gestione dell'orso, che potranno rappresentare, in prospettiva, un documento di indirizzo gestionale utile anche per altri casi analoghi che dovessero presentarsi.
  In merito, infine, alla ventilata ipotesi di introdurre modifiche al «Piano d'Azione interregionale per la Conservazione dell'Orso Bruno sulle Alpi Centro-Orientali» (PACOBACE) occorre precisare che essa non nasce come iniziativa unilaterale della Provincia di Trento, ma come risultato di un gruppo di lavoro tecnico che ha coinvolto tutte le Istituzioni firmatarie del «Piano».
  Sul punto specifico, si ritiene di poter rinviare a quanto già relazionato nella risposta alla precedente interrogazione n. 5-03303 dell'On. Gagnarli.