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CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 1 luglio 2015
473.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO

ALLEGATO

Legge annuale per il mercato e la concorrenza. C. 3012 Governo.

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

  La Commissione Giustizia,
   esaminato il provvedimento in oggetto,
   premesso che:
    a) l'articolo 6, comma 1, è diretto ad introdurre nell'articolo 135 del codice delle assicurazioni private i commi 3-bis, 3-ter e 3-quater. Il nuovo comma 3-bis dell'articolo 135 del codice delle assicurazioni private, stabilisce che, in caso di sinistri con soli danni alle cose, l'identificazione di eventuali testimoni sul luogo di accadimento dell'incidente deve essere comunicata entro il termine di presentazione della denuncia di sinistro «e» deve risultare dalla richiesta di risarcimento presentata all'impresa di assicurazione. Fatte salve le risultanze contenute in verbali delle autorità di polizia intervenute sul luogo dell'incidente, l'identificazione dei testimoni avvenuta in un momento successivo comporta l'inammissibilità della prova testimoniale addotta. Il comma 3-quater stabilisce che, nelle controversie civili promosse per l'accertamento della responsabilità e per la quantificazione dei danni, il giudice, anche su documentata segnalazione delle parti che, a tale fine, possono richiedere i dati all’ Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni (IVASS), trasmette un'informativa alla procura della Repubblica, per quanto di competenza, in relazione alla ricorrenza dei medesimi nominativi di testimoni già chiamati in più di tre cause concernenti la responsabilità civile da circolazione stradale negli ultimi cinque anni. Il presente comma non si applica agli ufficiali e agli agenti delle autorità di polizia che sono chiamati a testimoniare. Rilevato che:
   1) come è stato già rilevato nel parere che la Commissione Giustizia ha espresso il 22 gennaio 2014 sul disegno di legge C. 1920 di conversione in legge del decreto legge n. 145 del 2013 (Destinazione Italia) in relazione ad una disposizione di identico tenore, il nuovo comma 3-bis in esame pone delicate questioni di bilanciamento degli interessi, poiché introduce una deroga alle vigenti norme in materia di acquisizione delle prove testimoniali, giustificata dalla condivisibile ratio di contenimento del fenomeno delle frodi. Qualora si ritenesse di fondamentale importanza per la finalità anti-frode della norma porre una anticipazione del termine di identificazione dei testimoni, questo termine non potrebbe essere quello previsto dalla disposizione in esame, ma potrebbe essere quello della richiesta di risarcimento presentata all'impresa di assicurazione oppure quello relativo all'invito alla stipula della negoziazione assistita. Si potrebbe pertanto riformulare la norma, nel senso di prevedere che l'identificazione di eventuali testimoni sul luogo di accadimento dell'incidente deve risultare dalla denuncia di sinistro, «ovvero» dalla richiesta di risarcimento presentata all'impresa di assicurazione o dall'invito alla stipula della negoziazione assistita e, quindi, in un tempo considerevolmente più ampio rispetto a quello attualmente previsto dalla norma;
   2) il comma 3-quater impone al giudice di effettuare una verifica sulla ricorrenza dei medesimi testimoni già chiamati a rendere testimonianza in altri contenziosi, senza precisare le modalità con cui Pag. 54effettuare la predetta verifica. In base alla formulazione del comma 3-quater, si impone al giudice una condotta la cui inosservanza potrebbe dar luogo ad un illecito disciplinare conseguente alla violazione di legge, il che espone in modo ingiustificato il magistrato al rischio di un procedimento disciplinare per l'inadempienza ad una norma obiettivamente inesigibile. Per corrispondere alle finalità antifrode prefissate, appare necessario riformulare la disposizione in modo da onerare la compagnia di assicurazione che, avvalendosi della banca dati dell'IVASS a sua disposizione, potrà segnalare al giudice la circostanza relativa alla ricorrenza delle testimonianze rese dal medesimo soggetto in diverse cause civili, affinché il giudice, esaminata la segnalazione, trasmetta alla Procura della Repubblica un'informativa al riguardo per quanto riterrà di sua competenza. È, inoltre, da valutare attentamente l'opportunità di consentire l'accesso alla banca dati dell'IVASS non solo alle assicurazioni, ma anche alle parti del processo civile, nel rispetto della normativa sulla privacy;
    b) l'articolo 7 individua una nuova disciplina del danno non patrimoniale inserendola nel codice delle assicurazioni private, modificando gli articoli 138 e 139, volti a disciplinare il danno non patrimoniale rispettivamente per lesioni di non lieve entità e di lieve entità, aprendo così la strada a diversi criteri di determinazione del danno a secondo delle circostanze dalle quali derivi, quando invece questi criteri dovrebbero essere previsti in via generale dal codice civile. Una sistemazione definitiva della materia sarebbe, infatti, opportuna anche per stabilire ex lege le diverse voci di danno risarcibile. Solo alla luce della nuova disciplina generale se ne potrebbe prevedere una specifica nell'ambito del codice delle assicurazioni.
  Inoltre, nel merito, la disciplina prevista riduce notevolmente l'ambito risarcitorio. Ad esempio, i pregiudizi dinamico-relazionali (danno esistenziale) devono essere «rilevanti» accertati su base documentale, mentre le «sofferenze psicofisiche» possono venire liquidate soltanto laddove di «particolare intensità». Nella disposizione in esame sembra che si voglia fare riferimento, quale unica voce risarcibile a titolo di danno non patrimoniale, al solo danno biologico, escludendo quello morale. Si rileva poi che la personalizzazione del risarcimento è fatta su basi di partenza inferiori rispetto ai parametri milanesi, considerato che all'inglobazione del danno morale non corrisponde un consequenziale aumento di percentuale di valore. Si evidenzia che sia l'articolo 138 che l'articolo 139 prevedono espressamente che l'ammontare complessivo del risarcimento riconosciuto è esaustivo del risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a lesioni fisiche.
  Considerato che il comma 2 dell'articolo 7 consente comunque l'ultrattività, per i centoventi giorni successivi alla data di entrata in vigore della legge, delle disposizioni precedentemente vigenti circa l'adozione della tabella sulle macrolesioni, al momento non ancora adottata con l'apposito decreto del Presidente della Repubblica, è da ritenere che la futura Tabella Unica Nazionale sarà predisposta sulla falsariga delle cosiddette Tabelle di Milano, ma il valore del punto di invalidità sarà limitato a quello che oggi è definito «danno biologico», quindi senza l'aumento dovuto a quello che fino ad ora è definito «danno morale».
  La materia della quantificazione del danno non patrimoniale è, peraltro, oggetto della proposta di legge C. 1063 Bonafede (Modifiche al codice civile, alle disposizioni per la sua attuazione e al codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, concernenti la determinazione e il risarcimento del danno non patrimoniale), il cui esame è stato avviato dalla Commissione Giustizia il 12 settembre 2013. All'esito di una indagine conoscitiva effettuata durante la fase istruttoria, è stato costituito un Comitato ristretto, nel cui ambito il relatore ha presentato una proposta di nuovo testo che, tenendo conto delle audizioni svolte, è impostata partendo proprio dalle modifiche al codice Pag. 55civile in materia di risarcimento del danno non patrimoniale. In effetti, considerata la complessità di questo tema, sembrerebbe opportuno esaminarlo specificamente, piuttosto che nell'ambito di un disegno di legge di contenuto ampio. In tale prospettiva si potrebbe procedere allo stralcio dell'articolo 7, per poi abbinarlo alla proposta di legge C. 1063 e, quindi, esaminarlo in maniera più approfondita di quanto è possibile fare finché costituisce un articolo di un ampio disegno di legge che tocca diverse e complesse tematiche. In via alternativa appare opportuno sopprimere l'articolo;
    c) l'articolo 8, comma 1, introduce nel decreto legislativo n. 209 del 2005 (Codice delle assicurazioni private) l'articolo 145-bis, il cui comma 1 stabilisce che «quando uno dei veicoli coinvolti in un incidente risulta dotato di un dispositivo elettronico che presenta le caratteristiche tecniche e funzionali stabilite ai sensi dell'articolo 132-ter, comma 1, lettere b) e c), e fatti salvi, in quanto equiparabili, i dispositivi elettronici già in uso alla data di entrata in vigore delle presenti disposizioni, le risultanze del dispositivo formano piena prova, nei procedimenti civili, dei fatti cui esse si riferiscono, salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo. Rilevato che:
    1) la predetta disposizione riproduce sostanzialmente quanto previsto dall'articolo 8, comma 1, lettera b) del già citato decreto-legge n. 145 del 2013 (Destinazione Italia), per cui si richiamano integralmente le perplessità evidenziate nel richiamato parere della Commissione Giustizia in merito. In tale occasione si rilevò come con la disposizione si intendesse introdurre una prova legale civile (piena prova delle risultanze del dispositivo – c.d. scatola nera – in relazione ai fatti, o per meglio dire ai dati, cui esse si riferiscono), il cui superamento è possibile solo attraverso la prova, a carico della parte contro la quale tali risultanze sono prodotte, che dimostri «il mancato funzionamento del dispositivo»; la «prova contraria» appare, in realtà, di impossibile realizzazione, dal momento che la parte interessata dovrebbe provare «il mancato funzionamento» della scatola nera che, se collocata su veicolo della controparte, non è nella sua disponibilità. Né – anche se nel corso del processo dovessero emergere elementi di dubbio sull'attendibilità dei dati dell'apparato – si potrebbe chiedere al giudice di procedere ad una consulenza tecnica d'ufficio, poiché a fonte dell'assenza di prova circa il mancato funzionamento, si perfezionerebbe la prova legale e non vi sarebbe spazio per l'attivazione dei poteri istruttori del giudicante;
    2) la previsione appare anche in distonia rispetto alla regola generale di cui all'articolo 2712 c.c. (che disciplina la valenza probatoria delle riproduzioni meccaniche), secondo cui «le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime». Tale disciplina è stata dalla giurisprudenza ritenuta applicabile alle risultanze – simili a quelle contenute nella «scatola nera» – dei dischi cronotachigrafici collocati sui mezzi di trasporto commerciali. Esse non integrano infatti una prova legale, ma solo una presunzione semplice, che può essere superata da prova contraria (non limitata al «mancato funzionamento dell'apparato») (Cass., Sez. lav., n. 9006/02; 16098/01);
    3) si ritiene, pertanto, necessario riformulare la disposizione in modo che sia rispettata la regola generale di cui all'articolo 2712 c.c.; al capoverso 1-bis occorre quindi sostituire le parole le parole «salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo» siano sostituite con le seguenti: «salvo che la parte contro la quale sono state prodotte non eccepisca in modo specifico il mancato o erroneo funzionamento Pag. 56ovvero la manomissione del predetto dispositivo». In tal modo, si escluderebbe la natura di «prova legale» delle risultanze della scatola nera e, nel contempo, la presunzione relativa di affidabilità dei dati registrati risulterebbe rafforzata dalla necessità di una contestazione non generica, ma fondata su singoli e specifici elementi;
    d) l'articolo 26, comma 1, lettera b) detta una nuova disciplina dell'esercizio della professione forense in forma societaria, introducendo nella legge 31 dicembre 2012, n. 247 (legge di riordino della professione forense) l'articolo 4-bis, che pertanto introduce una nuova disciplina in una materia che era stata oggetto di delega proprio nella richiamata legge ed, in particolare, nell'articolo 5. Tale delega è scaduta senza essere stata esercitata. L'articolo 4-bis si discosta dai principi e criteri direttivi di delega in un punto fondamentale, in quanto, al contrario della delega, prevede la possibilità che l'esercizio della professione forense sia consentito a società di capitali senza precisare che i soci debbano essere iscritti all'Albo professionale. Si tratta di una differenza di non poco conto, che suscita fortissime perplessità. La delega richiedeva il requisito dell'iscrizione all'albo forense dei soci di capitale in ragione della specialità – anche sotto il profilo costituzionale – della professione forense rispetto alle altre professioni regolamentate. Questa specialità, che si incentra sulla salvaguardia come bene fondamentale del diritto di difesa, aveva portato il legislatore delegante ad escludere per la professione forense l'applicabilità della disciplina generale di cui all'articolo 10, della legge n. 183 del 2011 e l'ingresso anche se parziale del socio di capitale non iscritto all'albo, al fine di tutelare l'autonomia, la libertà e l'indipendenza dell'avvocato, garantita dall'articolo 2, comma 1 della legge n. 247 del 2012. Inoltre, l'articolo 4-bis del provvedimento in esame non prevede limite al socio non professionista, per cui la disposizione risulta nel complesso peggiore persino della disciplina generale di cui all'articolo 10 della legge n.183 del 2011, che almeno si preoccupa di precisare – a seguito dei correttivi introdotti dopo la prima originaria versione – che «il numero dei soci professionisti e la loro partecipazione al capitale sociale sia tale da determinare la maggioranza dei due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci. Si esprime, pertanto, una forte contrarietà all'articolo 4-bis, ritenendo che la partecipazione a alle società professionali che svolgono attività forense senza porre dei limiti soggettivi possa trasformare tale società in mere società con fini di lucro che in alcuni casi potrebbero non essere compatibili con quello che deve essere sempre il fulcro dell'attività dell'avvocato: la tutela del diritto di difesa del proprio cliente. In una società di capitali cui soci non debbano essere necessariamente degli avvocati o comunque dei professionisti sarebbe fortemente alto il rischio dell'avvocato appartenente a tale società di perdere la propria autonomia per rispondere ad «ordini» del socio di maggioranza, che sono dettati unicamente dal fine di lucro.
  Occorre inoltre considerare che l'articolo 4-bis risulta carente anche sotto altri profili, in quanto, al contrario del citato articolo 5: non ribadisce che ciascun avvocato può far parte di una sola società; manca la previsione ai sensi della quale la denominazione o ragione sociale debba contenere l'indicazione «società tra avvocati; non viene confermato il principio ai sensi del quale i componenti dell'organo di gestione non possono essere estranei alla compagine sociale; non si prevede che la sospensione, cancellazione o radiazione del socio dall'albo nel quale è iscritto costituisce causa di esclusione della società; non vengono qualificati i redditi prodotti dalla società di avvocati; la società tra avvocati non viene sottratta alla disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali; non vi è alcun rinvio alle disposizioni del vigente decreto legislativo n. 96 del 2001, che già regolava la fattispecie delle società tra avvocati, mentre si preferisce un generico rinvio alle norme di cui al codice civile, ignorando del tutto la specificità e la specialità della professione forense.Pag. 57
  Per le ragioni di cui sopra, potrebbe essere opportuno sopprimere l'articolo 4-bis e inserire nel provvedimento una delega che riproponga i principi e criteri direttivi della delega di cui all'articolo 5 della legge n. 247 del 2012 riaprendo così sostanzialmente i termini della delega. In questa occasione si potrebbe prevedere un'apertura delle società tra avvocati anche nei confronti di altri soci professionisti, seppure non avvocati, al fine di costituire società multidisciplinari, per assicurare al cliente prestazioni anche a carattere multidisciplinare, che nella quotidianità sono sempre più spesso richieste dai clienti;
    e) l'articolo 28 prevede la possibilità che gli atti di trasferimento di immobili non abitativi, di valore catastale non superiore a 100.000 euro, siano stipulati senza fare ricorso all'atto notarile, bensì ad un atto con sottoscrizioni autenticate da parte di un avvocato abilitato al patrocinio. Rilevato che:
    1) la disposizione in questione presenta evidenti profili di criticità, non apparendo compatibile con taluni principi generali di diritto dell'Unione europea, tra i quali quello della certezza giuridica. L'articolo 28 della legge notarile impone, infatti, al notaio, anche nell'autenticazione delle scritture private, l'esercizio di un controllo di legalità e di liceità, dovendo lo stesso verificare, in qualità di pubblico ufficiale, oltre che la conformità alla legge, all'ordine pubblico e al buon costume, anche la capacità di agire delle parti e volontarietà dell'atto da compiere. Il sistema italiano affida al notaio, come riconosciuto espressamente anche dalla Corte di giustizia, il precipuo compito di assicurare certezza giuridica a determinate posizioni soggettive e a determinati rapporti di diritto privato, imponendo obblighi di documentazione rigorosi, prevedendo un penetrante e rigoroso sistema di controlli sull'esercizio dell'attività professionale, nonché una serie di incombenze necessarie per la pubblicità degli atti, ivi compresa la verifica della loro regolarità fiscale. Detto sistema di regole, volto ad assicurare il rispetto del principio di legalità e a soddisfare i requisiti di certezza del diritto, non è estendibile alla categoria degli avvocati, soggetta ad una disciplina del tutto diversa, propria della professione forense, e distinta da quella notarile con riferimento sia al regime di controlli, sia ai più limitati doveri di documentazione ed archiviazione dell'attività svolta;
    2) l'articolo 28 del disegno di legge in esame appare altresì contrario al principio costituzionale della ragionevolezza (articolo 3), dal momento che il valore economico degli immobili, sia pure limitato, non può rappresentare il parametro sul quale graduare il livello di certezza giuridica. L'introduzione di un sistema «semplificato» in ragione del minore valore del bene, esporrebbe infatti il trasferimento dello stesso a gravi rischi di incertezza giuridica, in palese violazione dell'articolo 3 Cost., configurando un regime di certezza «affievolita» per gli immobili di modesto valore economico;
    f) l'articolo 29, nel modificare l'articolo 2463-bis del codice civile, prevede che l'atto costitutivo delle società a responsabilità limitata semplificata, che attualmente riveste la forma pubblica notarile, possa essere stipulato a mezzo di scrittura privata non autenticata. Rilevato che:
    1) l'articolo in questione si pone anch'esso in contrasto, analogamente al precedente, con il principio della legalità e della certezza giuridica, richiamati dalla normativa europea. L'articolo 11 della direttiva 2009/101/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, infatti, espressamente dispone che in tutti gli Stati membri in cui la legislazione non preveda, all'atto della costituzione, un controllo preventivo, amministrativo o giudiziario, l'atto costitutivo, lo statuto delle società e le loro modifiche debbano rivestire la forma dell'atto pubblico. La direttiva sopra richiamata, pertanto, prevede, allo scopo di soddisfare la certezza dei traffici giuridici, un preventivo controllo di legalità, amministrativo o giudiziario, Pag. 58svolto da un soggetto titolare di una funzione pubblicistica. Con la legge 24 novembre del 2000, n. 340 (Disposizioni per la delegificazione di norme per la semplificazione di procedimenti amministrativi), è stato soppresso il giudizio di omologazione dell'atto costitutivo delle società da parte del Tribunale, sostituito dal controllo, egualmente preventivo, di legalità esercitato dal notaio, quale pubblico ufficiale (articolo 2330 c.c). In particolare, sul notaio grava il compito di verificare la regolarità sostanziale sia della documentazione dell'atto costitutivo della società, sia dell'iscrizione della stessa nel Registro delle imprese, limitandosi il Conservatore del predetto Registro, ai sensi dell'articolo 2330, comma 3, del codice civile, ad esercitare un controllo di tipo meramente formale. L'atto notarile garantisce quindi la certezza e la sicurezza giuridica in ordine ai requisiti legalmente esigibili per l'iscrizione delle società nel Registro delle imprese, in conformità alla ratio dell'articolo 11 della direttiva 2009/101/CE, ratio che appare del tutto disattesa dalle disposizioni contenute nell'articolo 29 del disegno di legge;
    2) le disposizioni di cui all'articolo 29 si prestano, inoltre, ad essere utilizzate come facile strumento di elusione della normativa antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo. Nel sistema delineato dall'articolo in discussione, che prevede che la scrittura privata venga trasmessa al registro delle imprese, con comunicazione unica da parte degli stessi amministratori della società, non è infatti assicurata alcuna certezza né in ordine all'effettiva identità di coloro che sottoscrivono la scrittura, né di colui che procede alla trasmissione dei dati, non essendovi alcun soggetto che si trovi nella posizione di destinatario degli obblighi derivanti dalla direttiva 2005/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo;
    g) considerazioni analoghe a quelle relative all'articolo 29 possono svolgersi con riferimento all'articolo 30 del disegno di legge, laddove la mancanza di controlli sull'identità e la capacità giuridica e di agire delle parti, nonché sulla legittimità degli atti in settori come quello delle società di persone e del trasferimento delle partecipazioni societarie presenta i medesimi profili di criticità;

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   1) l'articolo 6 sia soppresso ovvero, in subordine: a) al capoverso «3-bis», primo periodo, le parole «e deve risultare dalla richiesta di risarcimento» siano sostituite dalle seguenti: «ovvero deve risultare dalla richiesta di risarcimento o dall'invito alla stipula della negoziazione assistita»; b) il primo periodo del capoverso «3-quater» sia sostituito con il seguente: «Nelle controversie civili attivate per l'accertamento della responsabilità e la quantificazione dei danni, il giudice, su documentata segnalazione dell'IVASS o delle parti, trasmette un'informativa alla Procura della Repubblica, per quanto di competenza, in relazione alla ricorrenza dei medesimi nominativi di testimoni già chiamati in più di tre cause concernenti la responsabilità civile da circolazione stradale negli ultimi cinque anni.»;
   2) sopprimere l'articolo 7, qualora non se ne richieda lo stralcio all'Assemblea;
   3) all'articolo 8, comma 1, capoverso «Art. 145-bis», comma 1, lettera b), capoverso «1-bis», le parole «salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo» siano sostituite con le seguenti: «salvo che la parte contro la quale sono state prodotte non eccepisca in modo specifico il mancato o erroneo funzionamento ovvero la manomissione del predetto dispositivo»;Pag. 59
   4) all'articolo 26, comma 1, siano soppresse le lettere b) e c), aggiungendo conseguenzialmente i seguenti commi:
  «1-bis. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per disciplinare, tenuto conto di quanto previsto dall'articolo 10 della legge 12 novembre 2011, n. 183, e in considerazione della rilevanza costituzionale del diritto di difesa, le società tra avvocati. Il decreto legislativo è adottato su proposta del Ministro della giustizia, sentito il CNF, e successivamente trasmesso alle Camere perché sia espresso il parere da parte delle Commissioni competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario. Il parere è reso entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale il decreto è emanato anche in mancanza del parere. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto per l'emanazione del decreto legislativo, o successivamente, la scadenza di quest'ultimo è prorogata di trenta giorni. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, il Governo può emanare disposizioni correttive e integrative, con lo stesso procedimento e in base ai medesimi principi e criteri direttivi previsti per l'emanazione dell'originario decreto.
  1-ter. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1-bis il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi: a) prevedere che l'esercizio della professione forense in forma societaria sia consentito esclusivamente a società di persone, società di capitali o società cooperative, i cui soci siano avvocati iscritti all'albo, o avvocati iscritti all'albo e altri professionisti iscritti in albi professionali; b) prevedere che ciascun avvocato possa far parte di una sola società di cui alla lettera a); c) prevedere che la denominazione o ragione sociale contenga l'indicazione: “società tra avvocati”, eventualmente corredata dell'indicazione delle altre professioni associate; d) disciplinare l'organo di gestione della società prevedendo che i suoi componenti non possano essere estranei alla compagine sociale; e) stabilire che l'incarico professionale, conferito alla società ed eseguito secondo il principio della personalità della prestazione professionale, possa essere svolto soltanto da soci professionisti in possesso dei requisiti necessari per lo svolgimento della specifica prestazione professionale richiesta dal cliente; f) prevedere che la responsabilità della società e quella dei soci non escludano la responsabilità del professionista che ha eseguito la prestazione; g) prevedere che la società sia iscritta in una apposita sezione speciale dell'albo tenuto dall'ordine territoriale nella cui circoscrizione ha sede la stessa società; h) regolare la responsabilità disciplinare della società, stabilendo che essa è tenuta al rispetto del codice deontologico forense ed è soggetta alla competenza disciplinare dell'ordine di appartenenza; i) stabilire che la sospensione, cancellazione o radiazione del socio dall'albo nel quale è iscritto costituisce causa di esclusione dalla società; l) qualificare i redditi prodotti dalla società quali redditi di lavoro autonomo anche ai fini previdenziali, ai sensi del capo V del titolo I del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni; m) stabilire che l'esercizio della professione forense in forma societaria non costituisce attività d'impresa e che, conseguentemente, la società non è soggetta al fallimento e alle procedure concorsuali diverse da quelle di composizione delle crisi da sovraindebitamento; n) prevedere che alla società si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni sull'esercizio.»;
   5) sia soppresso l'articolo 28;
   6) sia soppresso l'articolo 29;
   7) sia soppresso l'articolo 30.