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Resoconti delle Giunte e Commissioni

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CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 7 aprile 2016
622.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-08268 Sottanelli: Modalità e tempi di consegna della documentazione richiesta dagli obbligazionisti subordinati e dagli azionisti delle banche oggetto di risoluzione.

TESTO DELLA RISPOSTA

  All'atto del rilascio della documentazione richiesta dal cliente relativamente alle azioni e/o obbligazioni subordinate emesse da Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio (ora in liquidazione), allo stesso viene chiesto di firmare una nota di accompagnamento in cui viene chiarito il difetto di legittimazione passiva della Nuova Banca ai sensi e dell'articolo 47, settimo comma, del decreto legislativo 180/2015 e del Provvedimento di Banca d'Italia del 22 novembre 2015 relativo alla «Cessione dei diritti, delle attività e delle passività ai sensi del Decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180».
  Nella nota di accompagnamento viene poi, tra l'altro, precisato che gli azionisti, i creditori della Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio, in liquidazione e gli altri soggetti i cui diritti, attività o passività non sono stati oggetto di cessione non possono esercitare pretese sui diritti, sulle attività o sulle passività ceduti alla Nuova Banca. Viene inoltre sottolineato che la consegna della documentazione richiesta avviene a titolo gratuito, in base a un accordo con il Commissario liquidatore della Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio.
  Per quanto attiene alla firma richiesta ai clienti, si tratterebbe di una semplice dichiarazione di «ricevuta» della nota di accompagnamento e della documentazione in essa indicata.
  Risulterebbe inoltre che anche le altre «banche ponte» (Nuova Banca delle Marche, Nuova Carife e Nuova Carichieti) effettuano la consegna della documentazione richiesta dalla clientela con le medesime modalità.
  Per quanto riguarda i tempi di consegna della documentazione, risulta che essi risentono della grande quantità di richieste ricevute da parte degli azionisti e degli obbligazionisti.

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ALLEGATO 2

5-08269 Causi: Controlli sul rilascio dei nulla osta relativi agli apparecchi da gioco cosiddetti newslot.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il question time in esame gli Onorevoli proponenti, in relazione all'articolo 1, commi 922 e 943, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 – Legge di stabilità per il 2016, chiedono di conoscere quali azioni il Governo «intenda intraprendere per evitare anomali fenomeni di commercializzazione dei nullaosta noti improntati a criteri di trasparenza, nonché per monitorare la correttezza della procedura di censimento delle apparecchiature attive alla data del 31 luglio 2015 al fine di dare corretta attuazione alla norma prevista nella legge di stabilità 2016 volta a ridurre del 30 per cento, dal 2017, il numero delle apparecchiature cosiddette newslot effettivamente presenti sulla rete distributiva».
  In proposito, viene rilevato che il citato comma 922 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2016 prevede che «a decorrere dal 1o gennaio 2016 è precluso il rilascio di nulla osta per gli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettera a), del citato testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, che non siano sostitutivi di nulla osta di apparecchi in esercizio» e che il comma 943 della medesima legge sancisce che «con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze è disciplinato il processo di evoluzione tecnologica degli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. I nulla osta per gli apparecchi di cui al citato articolo 110, comma 6, lettera a), non possono più essere rilasciati dopo il 31 dicembre 2017; tali apparecchi devono essere dismessi entro il 31 dicembre 2019. A partire dal 1o gennaio 2017 possono essere rilasciati solo nulla osta per apparecchi che consentono il gioco pubblico da ambiente remoto, prevedendo la riduzione proporzionale, in misura non inferiore al 30 per cento, del numero dei nulla osta di esercizio relativi ad apparecchi attivi alla data del 31 luglio 2015, riferibili a ciascun concessionario. Le modalità di tale riduzione, anche tenuto conto della diffusione territoriale degli apparecchi, il costo dei nuovi nulla osta e le modalità, anche rateali, del relativo pagamento sono definiti con il citato decreto ministeriale».
  Al riguardo, sentita l'Agenzia delle dogane e dei Monopoli si riferisce quanto segue.
  Il citato decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, previsto al comma 943 della stabilità per il 2016 che è in fase di avanzata predisposizione, deve:
   1) disciplinare il processo di evoluzione tecnologica degli apparecchi con il passaggio alle AWP (New Slots) a controllo remoto;
   2) prevedere le modalità di riduzione del numero delle AWP, fissandola in misura non inferiore al 30 per cento, del numero dei nulla osta di esercizio relativi ad apparecchi attivi alla data del 31 luglio 2015;
   3) stabilire il costo dei nuovi nulla osta e le modalità, anche rateali, del relativo pagamento.

  Per quanto concerne, in particolare, il punto sub 2), l'Agenzia rileva che la norma citata individua la base di commisurazione Pag. 59della riduzione minima («non inferiore al 30 per cento») nel «numero di nulla osta per apparecchi attivi alla data del 31 luglio 2015».
  Tale numero non può che coincidere con il numero dei nulla osta rilasciati a tale data e non incorsi in una delle cause di cessazione dell'efficacia definite dalla normativa vigente (furto, incendio, dismissione, cessione all'estero, risoluzione contrattuale, confisca, revoca, decadenza). A tali fini, non può rilevare, infatti, l'ubicazione degli apparecchi comunque in possesso di nulla osta, che potrebbero temporaneamente trovarsi «in magazzino» per manutenzione, movimentazione da un esercizio all'altro o altre cause del tutto estemporanee, che non ne fanno in ogni caso mutare lo stato attivo di apparecchi «effettivamente presenti sulla rete distributiva».
  Il numero di nulla osta per apparecchi attivi alla data del 31 luglio 2015 è pari a 378.109 (di cui 36.570 in stato temporaneo di «magazzino» per una delle cause sopra citate). Tale numero, essendo riferito alla data del 31 luglio 2015, costituisce un dato certo e immodificabile; numeri diversi che fossero stati raggiunti in data successiva a quella indicata non potranno mai costituire un diverso e superiore punto di riferimento per applicare la riduzione (che, tra l'altro, potrebbe essere anche superiore al 30 per cento) prevista dalla legge. Essendo 378.109 le macchine attive al 31 luglio 2015, gli effetti della riduzione minima saranno tali da portare progressivamente (nell'arco di 4 anni) gli apparecchi a ridursi sino a un numero non superiore a 265 mila.
  Ciò impedisce, ribadisce l'Agenzia, la possibilità di «anomali fenomeni di commercializzazione dei nullaosta non improntati a criteri di trasparenza», anche in considerazione del fatto che il numero di apparecchi non potrà superare quello massimo sopra indicato, a prescindere dal numero che ciascun concessionario, entro il predetto limite massimo, potrà possedere, a seguito delle ordinarie dinamiche di mercato.
  Gli interroganti fanno anche riferimento, altresì, ad una circolare inviata agli uffici regionali dalla Direzione dei giochi dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, con l'obiettivo di pervenire a una base di riferimento certa del numero degli apparecchi ai fini dell'applicazione della citata riduzione prevista degli stessi entro il 2017.
  Al riguardo, l'Agenzia delle Dogane e dei monopoli precisa che nessuna circolare di tale contenuto è stata inviata agli Uffici periferici, tenuto conto del fatto che la predetta base di commisurazione per la prevista riduzione (da realizzare «a partire dal 1o gennaio 2017») è, come già detto, ormai nota e immutabile fin dalla data di stesura delle prime «bozze» della legge di stabilità, che ha ritenuto di far riferimento a una data ormai decorsa proprio per impedire eventuali operazioni elusive, finalizzate all'aumento del parco apparecchi.

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ALLEGATO 3

5-08270 Pisano: Chiarimenti circa l'applicazione dei termini di decadenza alle richieste di rimborso di crediti d'imposta.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, gli Onorevoli evidenziano che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 5069 del 15 marzo 2016 hanno accolto la soluzione prevalente nella pregressa giurisprudenza secondo cui i termini decadenziali previsti dalla legislazione vigente sono apposti solo con riguardo alle attività di accertamento di un credito della Amministrazione e non anche alle attività con cui l'Amministrazione contesti la sussistenza di un suo debito, in sede di esame delle richieste di rimborso dei crediti d'imposta esposti in dichiarazione dei redditi.
  Le Sezioni Unite confermano dunque il prevalente orientamento della giurisprudenza «..ancorché simile soluzione susciti una certa disarmonia nel sistema in quanto, decorso il termine per l'accertamento, alla Amministrazione viene consentito di contestare il contenuto di un atto del contribuente solo nella misura in cui tale contestazione consente alla Amministrazione di evitare un esborso e non invece sotto il profilo in cui la medesima contestazione comporterebbe la affermazione di un credito della Amministrazione».
  Ciò premesso, gli Onorevoli interroganti lamentano che la podestà di verifica e accertamento dell'Amministrazione Finanziaria è sottoposta a precisi termini decadenziali (da tre a cinque anni) mentre la valutazione della sussistenza di un debito (quale il credito d'imposta chiesto a rimborso nella dichiarazione dei redditi) non sarebbe sottoposto ad alcun termine.
  A parere degli Interroganti, l'Amministrazione finanziaria sarebbe legittimata a negare il rimborso del credito esposto in dichiarazione anche a seguito del decorso dei termini per la sua rettifica e quindi in presenza di una dichiarazione non più modificabile.
  Pertanto, gli Onorevoli interroganti, valorizzando il diverso orientamento, pur minoritario, espresso dalla Sezione V della Corte di Cassazione nella pronuncia n. 9339 del 9 giugno 2012, chiedono di adottare iniziative anche normative al fine di far chiarezza in ordine alla perentorietà o meno del termine entro il quale l'Amministrazione finanziaria deve provvedere alla liquidazione dei rimborsi, nonché in ordine all'inutile decorso di detto termine in relazione ai crediti d'imposta esposti in dichiarazione dei redditi.
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  La citata sentenza n. 5069 del 12 maggio 2015 è relativa all'impugnazione del silenzio-rifiuto, opposto dall'Amministrazione Finanziaria, alla domanda di rimborso di un credito d'imposta IRPEG vantato da un contribuente ed evidenziato nella dichiarazione presentata per l'anno di imposta 1997.
  Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto un contrasto interpretativo – sorto all'interno della sezione V della stessa Corte – in ordine alla perentorietà o meno del termine per procedere alla liquidazione delle imposte e agli effetti derivanti dall'inutile decorso di detto termine, con riferimento ai crediti di imposta esposti in dichiarazione.
  Infatti, secondo un primo orientamento della giurisprudenza di legittimità, il credito esposto in dichiarazione non si consoliderebbe Pag. 61con lo spirare dei termini entro i quali l'Amministrazione finanziaria deve provvedere alla liquidazione o all'accertamento in rettifica dell'imposta, per cui l'Ufficio conserverebbe sempre la possibilità di opporre eccezioni alla domanda di rimborso del contribuente, azionabile entro l'ordinario termine di prescrizione decennale.
  Secondo un diverso indirizzo interpretativo, invece, a fronte di un credito chiesto a rimborso in dichiarazione l'Amministrazione sarebbe tenuta a provvedere sulla richiesta entro i termini di decadenza stabiliti per l'accertamento in rettifica, per cui, una volta decorsi eletti termini senza che l'Amministrazione abbia adottato alcun provvedimento, il credito si cristallizzerebbe nell’an e nel quantum. In tal caso il contribuente potrebbe agire in giudizio a tutela del proprio credito nell'ordinario termine di prescrizione, mentre all'Amministrazione resterebbe preclusa ogni contestazione dei fatti che hanno originato la pretesa di rimborso.
  Le Sezioni Unite, con la pronuncia in commento, hanno inteso condividere il primo degli orientamenti sopra descritti, affermando che i termini decadenziali «sono apposti solo alle attività di accertamento di un credito dell'Amministrazione e non a quelle con cui la Amministrazione contesti la sussistenza di un suo debito».
  Inoltre, si tratta di una interpretazione che non lascia senza difesa il contribuente, il quale «ben può impugnare il silenzio dell'Amministrazione che non dia seguito alla istanza di rimborso, ottenendo sul punto una pronuncia giudiziale».
  Si osserva come, in considerazione del ruolo nomofilattico assunto dalle Sezioni Unite, le successive pronunce delle sezioni semplici della Suprema Corte, nonché della giurisprudenza di merito, dovranno uniformarsi alla sentenza in commento.
  L'intervento interpretativo si appalesa chiarificatore ed utile per indirizzare l'agire dell'Amministrazione finanziaria, anche nella gestione dei contenziosi pendenti.
  A tal riguardo, si rappresenta che il contenuto della sentenza della Corte di Cassazione è in linea con le posizioni già assunte dall'Agenzia delle entrate nei documenti di prassi emessi e nelle istruzioni operative fornite agli Uffici, laddove si è evidenziata la necessità di verificare i presupposti dei rimborsi da erogare indipendentemente dai termini fissati per il potere di accertamento.
  Infatti le Sezioni Unite, nell'affrontare la fattispecie concreta, hanno affermato altresì il condivisibile principio di diritto secondo il quale il riconoscimento del diritto al rimborso è subordinato alla dimostrazione, da parte del contribuente, della sussistenza dei relativi presupposti al fine di garantire l'erogazione di rimborsi effettivamente spettanti.
  In base alle norme vigenti, il diritto di credito del contribuente, al pari di altri crediti vantati anche nei confronti dei privati, deve essere dimostrato dal creditore e sottoposto, in generale, ai termini di prescrizione decennale, fatta salva per il creditore, e quindi anche per il contribuente, la possibilità di intervenire con un atto interruttivo.
  Ciò premesso, si rileva che normalmente l'Amministrazione eroga i rimborsi ampiamente prima dei termini di prescrizione e allo stato attuale la maggior parte dei rimborsi derivanti dalla dichiarazione è erogata entro un anno dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione stessa.
  Introdurre un termine entro il quale l'Amministrazione deve erogare i rimborsi, ovvero costituire una rilevante deroga ai principi generali dell'ordinamento, potrebbe non consentire per le fattispecie più complesse, un'adeguata verifica dei presupposti e l'acquisizione di tutta la relativa documentazione necessaria per il riconoscimento del credito vantato contribuente.

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ALLEGATO 4

5-08330 Busin: Introduzione del divieto di pignoramento sui conti correnti di importo pari o inferiore a 100.000 euro nell'ambito delle procedure di riscossione coattiva di debiti tributari.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, gli Onorevoli interroganti sollecitano iniziative normative volte a rivedere la disciplina del pignoramento presso terzi effettuato dall'Agente della riscossione per il soddisfacimento delle pretese erariali con riferimento alle contribuenti appartenenti alle fasce più deboli della popolazione.
  Inoltre, gli Onorevoli interroganti evidenziano l'opportunità che venga modificata la disciplina vigente in modo tale da prevedere l'inefficacia del pignoramento presso terzi fino a quando non intervenga la notifica della cartella al contribuente-debitore, obbligando così le banche e gli istituti di credito a richiedere la prova della avvenuta notifica prima dell'esecuzione dell'ordine.
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  L'articolo 72-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 (Pignoramento dei crediti verso terzi) prevede espressamente che «1. Salvo che per i crediti pensionistici e fermo restando quanto previsto dall'articolo 545, commi IV, V e VI, c.p.c., e dall'articolo 72-ter del presente decreto, l'atto di pignoramento dei crediti del debitore verso terzi può contenere, in luogo della citazione di cui all'articolo 543, secondo comma, numero 4, dello stesso codice di procedura civile, l'ordine al terzo di pagare il credito direttamente al concessionario, fino a concorrenza del credito per cui si procede:
   a) nel termine di 60 giorni dalla notifica dell'atto di pignoramento, per le somme per le quali il diritto alla percezione sia maturato anteriormente alla data di tale notifica;
   b) alle rispettive scadenze, per le restanti somme».

  Si tratta, pertanto, a tutti gli effetti di un atto di pignoramento.
  In proposito, il Ministero della giustizia, con propria circolare del 20 luglio 2011, preso atto di un quesito pervenuto dalla Direzione generale della giustizia civile ha precisato che: «Il procedimento di espropriazione di crediti del debitore presso terzi ha inizio con la notifica dell'atto di pignoramento di cui all'articolo 543 c.p.c. al terzo e al debitore esecutato. In proposito, si osserva che le norme che disciplinano la notifica del predetto atto nell'espropriazione presso terzi non prevedono un ordine tassativo tra terzo e debitore, anche se si ritiene consigliabile notificare l'atto di pignoramento prima al terzo, al fine di assicurare il credito da indebite tempestive sottrazioni da parte del debitore o preservarlo da contingenti vicende esterne al procedimento di espropriazione in questione. Il funzionario UNEP che ha proceduto alla notificazione dell'atto di pignoramento al terzo e al debitore, è tenuto a depositarne immediatamente l'originale nella cancelleria del Tribunale per la formazione del fascicolo previsto dall'articolo 488 c.p.c. Al riguardo, si osserva che condizione necessaria affinché si concreti il pignoramento presso terzi e possa essere depositato nella cancelleria competente, è l'avvenuto espletamento Pag. 63della notificazione dell'atto di pignoramento al terzo, in quanto la mancata notifica a tale parte impedisce l'ulteriore corso della procedura esecutiva».
  Senza contare che, anche nell'ipotesi in cui la notifica del pignoramento al terzo e al debitore avvenisse nello stesso giorno, il terzo sarebbe comunque tenuto, dal giorno della notifica, a non disporre delle somme dovute e se bene in ragione del rapporto sussistente con il debitore ed assoggettato, pertanto, ai sensi dell'articolo 546 c.p.c., agli obblighi che la legge impone al custode, relativamente alle somme da lui dovute, nei limiti dell'importo stabilito dalla legge.
  Per ciò che concerne, inoltre, le opposizioni esperibili da parte del debitore, la scelta, operata dal legislatore, di escludere parzialmente, per le entrate tributarie, i rimedi di cui agli articoli 615 e 617 c.p.c. ed il trattamento apparentemente differente dedicato alle entrate tributarie rispetto a quelle non tributarie, previsto dagli articoli 57 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 e 29 del decreto legislativo n. 46/1999, risponde, infatti, alla specifica ratio di preservare i confini riservati, in materia di entrate tributarie, alla giurisdizione speciale delle Commissioni Tributarie.
  Infatti, poiché, le controversie aventi ad oggetto le entrate tributarie appartengono, per effetto di quanto disposto dall'articolo 2 del decreto legislativo n. 546/1992, alla predetta giurisdizione, ammettere, per tale tipologia di entrate, la possibilità di proporre opposizione nelle forme «ordinarie» di cui agli articoli 615 e 617 del c.p.c., significherebbe realizzare una palese elusione del termine decadenziale (di sessanta giorni) entro il quale gli atti antecedenti alla procedura di riscossione coattiva (vale a dire gli atti di natura accertativa dell'Amministrazione finanziaria ovvero la stessa cartella di pagamento notificata dall'agente della riscossione o l'eventuale, successivo avviso di intimazione) devono essere impugnati, ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo n. 546/1992, per far valere i vizi delle pretese tributarie in essi incorporate.
  Quanto, infine, ai limiti di pignorabilità delle somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, in caso di relativo accredito sul conto corrente intestato al debitore, la disciplina speciale contenuta nel citato decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, all'articolo 72-ter, comma 2-bis, come modificato dal comma 1, lettera f) del decreto-legge n. 69 del 2013, dispone espressamente che «gli obblighi del terzo debitore non si estendono all'ultimo emolumento accreditato allo stesso titolo».
  Le stesse somme, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono, invece, a norma dell'articolo 545, comma 8, c.p.c. «essere pignorate, per l'importo eccedente il triplo dell'assegno sociale, quando l'accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l'accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonché dalle speciali disposizioni di legge».
  La sentenza richiamata dall'Onorevole interrogante, che (a dispetto di quanto previsto da giurisprudenza consolidata e costante, secondo la quale, «le somme, una volta versate nel libretto, perdono la loro natura peculiare siano esse versate a titolo di stipendio, pensione o mantenimento, poiché, entrando nella sfera patrimoniale dell'esecutato, si confondono nel patrimonio di questi; da ciò consegue che esse non sono sottoposte a vincolo alcuno, né soggette al limite, invocato dagli Onorevoli interroganti, di parziale impignorabilità») stabilirebbe l'impignorabilità del conto corrente nel caso in cui si dimostri al giudice che nel conto confluiscono solo la pensione o lo stipendio può ritenersi, pertanto, oramai superata dall'introduzione delle citate disposizioni di legge (speciale ed ordinaria) che regolano la fattispecie di interesse.

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ALLEGATO 5

5-08331 Sandra Savino: Aggiornamento delle informazioni e della documentazione presenti sul sito internet dell'Agenzia delle entrate relativamente alla destinazione del 2 per mille dell'IRPEF in favore di partiti politici.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, gli Onorevoli interroganti chiedono che l'Agenzia delle entrate provveda ad aggiornare le informazioni e la documentazione concernente la destinazione volontaria per il 2016 del 2 per mille dell'IRPEF ai partiti politici al fine di garantire la più completa e corretta informazione ai cittadini in ordine all'esercizio dell'opzione prevista ai sensi dell'articolo 12 del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13.
  Al riguardo, l'Agenzia delle entrate riferisce quanto segue.
  Le informazioni e i modelli pubblicati sul sito internet dell'Agenzia delle entrate relativi alla destinazione dell'otto, del cinque e del due per mille dell'IRPEF sono aggiornati al 2016, periodo d'imposta 2015.
  Le schede per la scelta della destinazione dell'otto, del cinque e del due per mille dell'IRPEF sono, infatti, parte integrante della modulistica dichiarativa approvata annualmente dall'Agenzia delle entrate e in particolare dei modelli di dichiarazione dei redditi delle persone fisiche, ossia modello Unico PF e modello 730, già pubblicati sul sito dell'Agenzia delle entrate.
  Gli Onorevoli interroganti presumibilmente si riferiscono alla scheda per la scelta della destinazione del due per mille a favore dei partiti politici per l'anno finanziario 2014, relativa al periodo d'imposta 2013, che è stata approvata in modo autonomo, in quanto le norme attuative furono emanate successivamente ai provvedimenti di approvazione della modulistica dichiarativa relativa all'anno 2014, rendendo, pertanto, impossibile il suo inserimento nei modelli Unico 2014 (periodo d'imposta 2013) e 730/2014 (periodo d'imposta 2013).
  Solo per l'anno 2014 è possibile, pertanto, rinvenire sul sito dell'Agenzia delle entrate in maniera autonoma la scheda per la scelta di destinazione del due per mille a favore dei partiti politici approvata singolarmente nel 2014.
  Tutto ciò premesso, l'Agenzia delle entrate rappresenta che, per facilitare il contribuente nella ricerca, le schede per la destinazione del due, del cinque e dell'otto per mille dell'IRPEF da presentare nel 2016 da parte dei soggetti che non presentano la dichiarazione dei redditi sono state inserite, come auspicato dagli Onorevoli interroganti, anche in un'apposita nuova sezione del sito internet dell'Agenzia.