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Resoconti delle Giunte e Commissioni

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CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 12 maggio 2016
641.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-08645 Pelillo: Procedura per sanare l'inadempimento degli obblighi formali concernenti l'attestazione della conclusione del tirocinio previsto per i revisori contabili.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione immediata in Commissione l'On. Pelillo ed altri chiedono quale sia la procedura per sanare gli obblighi formali non adempiuti, ovvero la presentazione della documentazione attestante la fine del tirocinio dei revisori contabili e della domanda di iscrizione all'albo dei revisori legali, al fine di procedere all'iscrizione all'albo dei revisori medesimi.
  Al riguardo, occorre premettere che il Decreto del Ministro della giustizia 19 gennaio 2016, n. 63, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 103 del 4 maggio 2016, disciplina le modalità di svolgimento dell'esame di idoneità professionale da revisore legale, in attuazione della delega contenuta nell'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo n. 39 del 2010.
  Tale disposizione primaria prevede che il regolamento interministeriale di attuazione, recentemente adottato, definisca, in particolare:
   a) il contenuto e le modalità di presentazione delle domande di ammissione all'esame di idoneità professionale;
   b) le modalità di nomina della commissione esaminatrice e gli adempimenti cui essa è tenuta;
   c) il contenuto e le modalità di svolgimento dell'esame di idoneità professionale;
   d) i casi di equipollenza con esami di Stato per l'abilitazione all'esercizio di professioni regolamentate e le eventuali integrazioni richieste.

  Pertanto, esula dall'applicazione del regolamento de quo – ed avrebbe inevitabilmente assunto profili di illegittimità – la disciplina concernente altre fattispecie, quali lo svolgimento del tirocinio triennale e gli adempimenti richiesti per l'accertamento del regolare tirocinio, già oggetto di precedente regolazione secondaria in attuazione dell'articolo 3 del medesimo decreto legislativo n. 39 del 2010.
  Quanto all'eventuale riconoscimento «a posteriori» di un periodo di tirocinio professionale occorre ribadire che l'attuale quadro normativo in materia di revisione legale osta allo svolgimento di periodi di pratica svolti in difetto della formale iscrizione nel relativo Registro, istituito per gli aspiranti revisori contabili (oggi legali) ininterrottamente fin dal 1997. L'articolo 10 del decreto ministeriale n. 146 del 25 giugno 2012 stabilisce, infatti, che «Il tirocinio ha durata di tre anni e decorre dalla data di ricezione della domanda di iscrizione nel registro».
  Risulta conseguentemente abrogato l'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 99 del 1998, come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 233 del 2000, il quale consentiva all'atto dell'iscrizione, su proposta della Commissione centrale per i revisori contabili, l'accertamento di un periodo di tirocinio svolto anteriormente all'iscrizione.
  Tale assetto, volto a prevedere un percorso formativo ad hoc per coloro che aspirano ad esercitare la revisione legale, si giustifica sia in ragione della maggiore specificità e professionalità imposta dalle Pag. 143norme comunitarie per la pratica della revisione – pratica che non è automaticamente sovrapponibile all'attività svolta dal dottore commercialista, come autorevoli organi giurisdizionali hanno avuto modo di riconoscere, sia soprattutto in ragione dell'ormai conclamato disallineamento tra i periodi di pratica professionale. Non pare, infatti, inopportuno evidenziare il diverso orizzonte temporale in cui si svolge il tirocinio da dottore commercialista (18 mesi, come introdotto a seguito dell'entrata in vigore dell'articolo 9, comma 6, del decreto-legge n. 1 del 24 gennaio 2012, convertito con modificazioni nella legge n. 27 del 2012), rispetto al tirocinio da revisore legale, la cui durata minima è fissata in 36 mesi per espressa previsione della direttiva europea 2006/43/CE.
  Eventuali eccezioni al quadro sopra delineato, oltre a non trovare alcun idoneo riferimento normativo, comporterebbero inevitabilmente una disparità di trattamento tra coloro i quali hanno svolto un tirocinio da revisore secondo le modalità e le forme previste dall'Ordinamento, nel rispetto delle prescrizioni e degli adempimenti previsti, e chi, invece, fonda il diritto all'iscrizione nel Registro dei revisori legali sul presupposto di poter vedere riconosciuto un tirocinio anche a posteriori, mediante presentazione di una mera «autocertificazione», e al di fuori di ogni potere di vigilanza in itinere da parte dell'Autorità pubblica in ordine al corretto svolgimento del tirocinio medesimo.
  Premesso quanto sopra, si ritiene che nel caso prospettato nel quesito posto dall'interrogante, ossia nell'ipotesi in cui un aspirante revisore legale abbia svolto un periodo di pratica professionale opportunamente certificato quale dottore commercialista, si sia abilitato all'esercizio della professione di dottore commercialista e intenda iscriversi presso il Registro dei revisori legali, ciò non può che avvenire nel rispetto di tutti i requisiti formali e sostanziali previsti dalla normativa vigente, ivi incluso lo svolgimento di un regolare tirocinio da revisore legale, documentabile attraverso specifico attestato di compiuto tirocinio rilasciato dall'Amministrazione competente.
  Con riferimento, infine, alle procedure da osservare per la sanatoria di eventuali obblighi normativi non adempiuti in materia di tirocinio, non può che farsi rinvio alle ordinarie procedure previste dal decreto ministeriale n. 146 del 2012, le cui disposizioni disciplinano, senza apparenti lacune normative, tanto le modalità di iscrizione ed il contenuto proprio del tirocinio da revisore, quanto le modalità con le quali un soggetto, nel presupposto che risulti regolarmente iscritto, può sanare l'eventuale inosservanza degli obblighi di comunicazione previsti ed i relativi limiti temporali.

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ALLEGATO 2

5-08646 Paglia: Chiarimenti in merito al piano di riduzione degli apparecchi da divertimento e intrattenimento previsto dalla legge di stabilità 2016.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, gli Onorevoli interroganti chiedono chiarimenti in merito al piano di riduzione del numero di apparecchi da divertimento e intrattenimento previsto dalla legge di stabilità per il 2016.
  Al riguardo, va premesso che il comma 943 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità per il 2016) prevede che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sia disciplinata «la riduzione proporzionale, in misura non inferiore» sottolineo non inferiore, «al 30 per cento, del numero dei nulla osta di esercizio relativi ad apparecchi attivi alla data del 31 luglio 2015».
  Di conseguenza confermo che, essendo 378.109 le macchine attive al 31 luglio 2015, gli effetti della riduzione minima «non inferiore al 30 per cento» prevista dalla legge, saranno tali da portare progressivamente, «a partire dal 1o gennaio 2017» e non oltre il 31 dicembre 2019, gli apparecchi a un numero non superiore a 265 mila.
  La norma citata fa riferimento a una data certa (il 31 luglio 2015) e, quindi, anche a un numero certo di apparecchi (378.109); pertanto, numeri diversi, inferiori o superiori, che fossero stati raggiunti in data successiva, non potranno mai costituire un diverso e superiore punto di riferimento per applicare la riduzione prevista dalla legge.
  L'Agenzia applicherà alla lettera tale disposizione normativa.
  Relativamente alla considerazione degli Onorevoli interroganti: «per chiarire che la base di calcolo era costituita dagli apparecchi operanti non più dal 31 luglio 2015, ma al 31 dicembre 2015», l'Agenzia delle dogane e dei monopoli precisa che nessuna «circolare» è stata mai emanata per disciplinare la riduzione prevista dal citato comma 943; ne poteva essere altrimenti considerato che lo stesso comma demanda tale compito a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.
  Presumibilmente, gli Onorevoli interroganti fanno riferimento alla nota n. 36179 del 12 aprile 2016, con la quale l'Agenzia delle dogane ha disciplinato le modalità applicative del comma 922 dell'articolo 1 della legge 208 del 2015, secondo cui «a decorrere dal 1o gennaio 2016 è precluso il rilascio di nulla osta per apparecchi... che non siano sostitutivi di nulla osta di apparecchi in esercizio».
  È opportuno a questo punto chiarire che per nullaosta rilasciati si intende il numero di apparecchi disponibili nel mercato non tutti operanti, per esigenze o del mercato o per esigenze di manutenzione.
  La stima media degli apparecchi in manutenzione è intorno al 10 per cento del parco macchine, il che comporta che gli apparecchi effettivamente operativi, ovvero a disposizione dei giocatori, sono costantemente di numero inferiore a quello dei nullaosta rilasciati.
  Dal 1o gennaio 2016 nessun nuovo nullaosta può essere ed è stato rilasciato, Pag. 145l'amministrazione ha dovuto registrare il numero dei nulla osta richiesti entro il 31 dicembre 2015 ai fini della esclusiva sostituzione dei nulla osta (data quest'ultima, necessaria in quanto le nuove regole previste dalla legge di stabilità 2016 sono entrate in vigore il 1o gennaio 2016) ma non ai fini della riduzione che resta regolata come sopra descritto.
  La procedura straordinaria prevista dalla circolare del 12 aprile 2016, è stata messa in atto al fine di garantire la piena operatività della norma contenuta nel comma 918, di adeguamento al nuovo payout (non inferiore al 70 per cento).
  L'incremento del 10 per cento cui si fa riferimento nell'interrogazione risponde alle esigenze della fase di adeguamento dal vecchio al nuovo payout e non presuppone, comunque, la contemporanea operatività di tutti gli apparecchi dotati di nullaosta.
  Quindi, il comma 943 della citata legge 208 del 2015 fa riferimento agli «apparecchi attivi alla data del 31 luglio 2015» mentre il comma 922 prevede il blocco dei nuovi rilasci al 31 dicembre 2015.
  In definitiva, in base alle norme di legge, l'Amministrazione segue due percorsi paralleli dettati dalla legge di stabilità: quello della riduzione delle macchine che sarà commisurata al numero delle stesse al 31 luglio 2015 (378.109 apparecchi) e avrà inizio a partire dal 2017 e quello del «tetto» al rilascio di nuovi nullaosta per l'anno 2016, che non permetterà più alcun incremento di nulla osta rispetto a quelli esistenti alla data del 31 dicembre 2015 registrati in 418.210. Possiamo parlare di un eccesso di precauzione degli operatori che si sono cautelati con un numero eccessivo di nulla osta che non saranno tutti utilizzati.
  La conclusione è che se permangono i nulla osta richiesti dagli operatori al 31 dicembre (che si ridurranno a seguito delle variazioni di mercato e delle esigenze di manutenzione) la riduzione complessiva supererà sensibilmente il 30 per cento.

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ALLEGATO 3

5-08647 Pesco: Annullamento degli avvisi di rettifica dei valori di vendita di immobili adottati in assenza di verifiche in loco e di contraddittorio con i contribuenti.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, gli Onorevoli interroganti fanno riferimento ai recenti servizi trasmessi dal programma televisivo «Striscia la Notizia» in cui si denuncia che gli Uffici dell'Agenzia delle entrate hanno contestato ai contribuenti negli avvisi di rettifica i valori di vendita di alcuni immobili in maniera arbitraria ed in assenza di qualsiasi verifica in loco e contraddittorio con il contribuente.
  Gli Onorevoli evidenziano altresì che con successiva circolare del 28 aprile 2016, anche sulla base del clamore suscitato dalla trasmissione, l'Agenzia delle entrate avrebbe fornito indicazioni agli uffici sul modus operandi in relazione a tali accertamenti immobiliari, improntato ad una effettiva ricognizione dell'immobile, corredata da documentazioni visive, nonché ad un confronto preventivo con il contribuente. Nel contempo, la stessa Agenzia avrebbe dichiarato di aver dato mandato all'Avvocatura dello Stato per citare in giudizio i responsabili della trasmissione televisiva.
  Ciò posto, gli Onorevoli interroganti chiedono che siano annullati in autotutela gli avvisi di accertamento emanati in difformità alle predette linee guida, nonché siano adottate conseguenti sanzioni nei confronti dei dirigenti degli Uffici per le violazioni compiute.
  Al riguardo, l'Agenzia delle entrate fa presente quanto segue.
  In merito alle ripetute affermazioni secondo cui la pretesa scarsa qualità degli accertamenti sarebbe diretta conseguenza dell'obiettivo monetario assegnato ai dirigenti dell'Agenzia delle entrate, per ciò stesso indotti all'emanazione indiscriminata di un gran numero di atti impositivi infondati, l'Agenzia delle entrate ritiene opportuno precisare che per il raggiungimento dell'obiettivo monetario rilevano solo le riscossioni a titolo definitivo, cioè le somme che non sono più in alcun modo sub iudice, o perché la legittimità del prelievo è stata accertata dai giudici tributari con sentenze passate in giudicato o perché essa è stata riconosciuta dallo stesso contribuente con la sua adesione all'accertamento (in applicazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218) o mediante conciliazione nell'eventuale giudizio tributario (ai sensi degli articoli 48, 48-bis e 48-ter del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546) o, per le controversie di valore non superiore a 20.000 euro, attraverso la mediazione tributaria (a norma dell'articolo 17-bis del decreto legislativo n. 546 del 1992).
  Peraltro, giova sottolineare che l'obiettivo monetario in questione, è stato espunto tra quelli rilevanti ai fini del calcolo degli incentivi economici del personale a decorrere dell'anno 2015 per effetto di una scelta politica che ha determinato la conseguente modificazione della convenzione MEF-AGENZIA ENTRATE 2015/2017, rispetto all'impianto adottato sul punto nelle precedenti convenzioni ininterrottamente succedutesi fino al 2014.
  Per quanto concerne, invece, l'autonoma iniziativa assunta dall'Agenzia delle Entrate di sottoporre al vaglio delle competenti Autorità giudiziarie, assunta con Pag. 147l'autorevole parere favorevole dell'Avvocatura Generale dello Stato, l'Agenzia delle Entrate ha risposto allo scrivente Ministero che, lungi dal voler mortificare o comprimere il diritto di cronaca, scaturisce dalla necessità di tutelare l'immagine dell'Agenzia stessa e dei suoi 40.000 circa dipendenti, garantendo a questi ultimi di poter adempiere ai propri compiti istituzionali in un clima di sicurezza e di apprezzamento del proprio lavoro.
  In ordine alla richiesta di adottare «misure per sanare gli abusi commessi in precedenza, tra cui l'annullamento in autotutela degli avvisi di rettifica non conformi alle prescrizioni di cui alla circolare del 28 aprile 2016», gli Onorevoli interroganti fanno riferimento, in particolare, alle indicazioni contenute nella circolare n. 16 del 28 aprile 2016 con riguardo all'imprescindibilità del contraddittorio preventivo con il contribuente ed all'opportunità di effettuare un sopralluogo presso l'immobile oggetto di compravendita.
  Giova preliminarmente richiamare il quadro normativo che disciplina l'attività di accertamento ai fini dell'imposta di registro dei trasferimenti immobiliari.
  Ai sensi dell'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, la base imponibile per i contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali è generalmente costituita «dal valore del bene o del diritto alla data dell'atto ...».
  Il successivo articolo 51 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, al comma 2 precisa che per gli atti che hanno per oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari «... si intende per valore il valore venale in comune commercio», mentre al comma 3 dispone che «... l'ufficio del registro, ai fini dell'eventuale rettifica, controlla il valore di cui al comma 1 avendo riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo e alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell'atto o a quella in cui se ne produce l'effetto traslativo o costitutivo, che abbiano avuto per oggetto gli stessi immobili o altri di analoghe caratteristiche e condizioni, ovvero al reddito netto di cui gli immobili sono suscettibili, capitalizzato al tasso mediamente applicato alla detta data e nella stessa località per gli investimenti immobiliari, nonché ad ogni altro elemento di valutazione, anche sulla base di indicazioni eventualmente fornite dai comuni».
  L'articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, al comma 2 dispone che «l'avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta deve contenere l'indicazione del valore attribuito a ciascuno dei beni o diritti in esso descritti, degli elementi di cui all'articolo 51 in base ai quali è stato determinato, l'indicazione delle aliquote applicate e del calcolo della maggiore imposta, nonché dell'imposta dovuta in caso di presentazione del ricorso».
  Il successivo comma 2-bis prevede che «la motivazione dell'atto deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato. Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama salvo che quest'ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale. L'accertamento è nullo se non sono osservate le disposizioni di cui al presente comma».
  Dalle richiamate disposizioni non emerge un obbligo per l'Ufficio di eseguire un sopralluogo presso l'immobile o redigere una perizia di stima, quali condizioni per la validità dell'atto impositivo.
  Né tale obbligo si desume dai principi dettati dalla giurisprudenza di legittimità e di merito concernente i presupposti per la rettifica del valore dichiarato o la motivazione indicata dell'avviso di rettifica e liquidazione.
  Per quanto concerne il contraddittorio preventivo con il contribuente, la Corte di Cassazione, con sentenza 9 dicembre 2015, n. 24823 emessa a Sezioni Unite, ha affermato il seguente principio di diritto: «Differentemente dal diritto dell'Unione Europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all'Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti Pag. 148del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l'invalidità dell'atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l'obbligo dell'Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l'invalidità dell'atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito».
  Ne consegue che le affermazioni contenute nella circolare non possono che essere lette in termini di indicazioni operative destinate agli Uffici dell'Agenzia (a valere, in particolare, per l'attività di accertamento posta in essere a partire dall'anno in corso), basate su valutazioni di opportunità volte a corroborare le motivazioni degli atti e non ad individuare precisi obblighi giuridici.
  In altri termini, con la circolare n. 16 del 2016, l'Agenzia ha inteso chiamare gli Uffici, nello svolgimento dell'attività di accertamento in esame, ad uno sforzo motivazionale supplementare rispetto a quanto richiesto dalla normativa che – come evidenziato nella premessa dello stesso documento di prassi – valga a ridurre i margini di conflittualità con i contribuenti, nell'ottica di una positiva evoluzione del rapporto fisco-contribuente, sempre di più basato sulla fiducia, sulla trasparenza e sulla semplificazione.
  Infatti, da tempo l'Agenzia, in punto di prassi, manifesta un costante atteggiamento di favore per il contraddittorio con il contribuente, riconosciuto come valore da perseguire non solo a beneficio di quest'ultimo ma anche nell'interesse della proficuità e sostenibilità delle stesse risultanze del controllo. L'utilità e la generale opportunità del contraddittorio, allo scopo di realizzare una costruttiva e equilibrata dialettica con il contribuente, assume infatti, nella prassi dell'Agenzia, una indubbia valenza sotto il profilo degli stessi principi di efficacia, efficienza ed economicità dell'azione amministrativa.
  Anche la circolare di programma n. 25/E del 2013 evidenziava che «la qualità e l'efficacia dell'attività di controllo dipendono, infatti, da una selezione accurata delle posizioni soggettive da sottoporre a controllo tra quelle individuate a seguito dell'analisi del rischio, nonché da un'adeguata attività istruttoria, anche in contraddittorio con il contribuente. In tal modo, sarà possibile realizzare in tempi più rapidi non solo la definizione della pretesa tributaria, ma anche la riscossione delle somme dovute».
  Ed in senso conforme si è espressa anche la circolare di programma n. 25/E del 2014, chiarendo come «un adeguato confronto con il contribuente consente, da un lato, di rendere lo stesso partecipe, in modo tangibile e trasparente, dello sforzo che l'Agenzia quotidianamente persegue, di esercitare i compiti istituzionali ad essa affidati in un contesto di leale collaborazione e buona fede, dimostrando capacità di ascolto, professionalità e chiarezza nelle spiegazioni...». Dall'altro, «la partecipazione del cittadino al procedimento di accertamento mediante il contraddittorio,... permette all'ufficio di individuare con maggiore attendibilità la sussistenza dei presupposti dell'atto in corso di definizione, con effetti positivi diretti sull'affidabilità dei controlli».
  Tale apertura nei riguardi del contribuente è rafforzata nella circolare di programma del 2016, che spinge gli uffici ad adottare un approccio verso il cittadino, in linea con le disposizioni normative che inaugurano un nuovo corso di rapporti con il contribuente.
  Ciò stante, non sono ravvisabili negli avvisi di rettifica e liquidazione emessi ai sensi dell'articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986 in assenza di preventivo contraddittorio o sopralluogo, vizi di legittimità tali da esigere l'annullamento in autotutela degli atti medesimi.
  L'annullamento dell'atto, invero, potrà costituire oggetto di valutazione da parte degli Uffici dell'Agenzia delle entrate laddove, anche sulla base degli elementi eventualmente addotti dal contribuente in sede amministrativa o giudiziale, emerga una sostanziale infondatezza della pretesa.

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ALLEGATO 4

5-08648 Gebhard: Iniziative a tutela dei risparmiatori che affidano propri fondi a cooperative non bancarie.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione immediata in Commissione l'onorevole Gebhard ed altri – in relazione alla crisi di due cooperative del Nord-Est (Coop Ca e Coop Operaie Trieste) che ha determinato ripercussioni sui soci dai quali dette cooperative avevano raccolto risparmio nella forma del «prestito sociale» – chiedono quali azioni si intendano intraprendere per dare sicurezza ai risparmiatori che affidano i propri soldi alle cooperative.
  Al riguardo, la Banca d'Italia ha precisato che la questione sollevata riguarda la materia della raccolta del risparmio da parte di soggetti non bancari, disciplinata dall'articolo 11 del Testo Unico Bancario, dalla delibera del CICR del 19 luglio 2005 (integrata dalla successiva delibera del 22 febbraio 2006) e dalle vigenti Istruzioni di vigilanza della Banca d'Italia (Circolare n. 229 del 21 aprile 1999, Titolo IX, Capitolo 2; aggiornamento di marzo 2007).
  Sulla materia l'Ordinamento attribuisce alla Banca d'Italia esclusivamente competenze regolamentari di rango secondario (attuative delle delibere del CICR) e non anche poteri di verifica del rispetto delle disposizioni da parte di soggetti diversi dalle banche e dagli altri intermediari vigilati, quali sono le citate cooperative. Tali poteri di verifica rientrano nell'ambito della vigilanza cooperativa disciplinata, a livello nazionale, dal decreto legislativo n. 220 del 2002 e, per le regioni a Statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano, dalle rispettive leggi regionali.
  Pertanto, la Banca d'Italia, nell'ambito delle proprie competenze, ha posto in consultazione una revisione della disciplina secondaria contenuta nelle citate Istruzioni di vigilanza in materia di raccolta del risparmio da parte dei soggetti diversi dalle banche.
  La consultazione si è conclusa lo scorso 18 gennaio; i commenti pervenuti sono al vaglio dell'istituto in vista dell'emanazione delle relative disposizioni.
  L'intervento in questione ha l'obiettivo di rafforzare i presidi a tutela dei risparmiatori che prestano fondi a soggetti diversi dalle banche e si colloca entro i margini di manovra consentiti dalle fonti normative di rango superiore (TUB e delibere del CICR).
  Nell'ambito della disciplina sulla raccolta del risparmio effettuata da società cooperative nella forma di «prestito sociale», la revisione normativa ha introdotto alcune modifiche finalizzate a rafforzare la garanzia patrimoniale e ad accrescere la consapevolezza dei risparmiatori che prestano il proprio denaro a soggetti non bancari. A tali fini, le disposizioni poste in consultazione:
   1) precisano le caratteristiche finanziarie e contrattuali delle garanzie prestate da soggetti vigilati e quelle degli schemi di garanzia costituiti in ambito cooperativo, necessarie affinché le cooperative con più di 50 soci possano raccogliere fondi presso i propri soci per un ammontare compreso tra il triplo e il quintuplo del patrimonio. Inoltre, al fine di scongiurare comportamenti elusivi che potrebbero comportare un sostanziale superamento dei suddetti limiti e una conseguente riduzione della tutela patrimoniale dei soci-risparmiatori, tali disposizioni introducono un divieto per le cooperative di prestare a loro volta Pag. 150contro-garanzie o altre forme di collateralizzazione a fronte delle garanzie ricevute;
   2) stabiliscono – nell'intento di evitare aggiramenti della normativa resi possibili attraverso il compimento di operazioni con le altre società del gruppo che il valore del patrimonio della cooperative da assumere a riferimento ai fini del rispetto del limiti quantitativi alla raccolta presso i soci (da tre a cinque volte il patrimonio) è quello risultante dal bilancio consolidato o quello individuale rettificato degli effetti derivanti dalle operazioni intra-gruppo nel caso in cui la società non abbia l'obbligo di redigere il bilancio consolidato;
   3) introducono alcune misure di trasparenza come l'obbligo per le società cooperative di includere nella nota integrativa di bilancio e nelle relazioni semestrali informazioni concernenti l'ammontare della raccolta in essere, l'identità del garante e le caratteristiche della garanzia nel caso in cui l'ammontare della raccolta superi il triplo del patrimonio, il valore aggiornato delle eventuali garanzie reali finanziarie e un indice di struttura finanziaria (dato dal rapporto tra capitale più debiti a medio e lungo termine e attivo immobilizzato) utile a evidenziare situazioni di squilibrio finanziario della società.

  Inoltre, la revisione normativa si propone di chiarire il concetto di «raccolta a vista» rilevante ai fini del rispetto dell'articolo 11 TUB che vieta la raccolta a vista a tutti i soggetti diversi dalle banche e, dunque, anche alle società cooperative che effettuano il prestito sociale. In particolare, in base alle disposizioni poste in consultazione la raccolta di fondi è a vista anche quando, pur essendo previsto un obbligo per il prestatore di dare un preavviso di almeno 24 ore, alla società che raccoglie i fondi è attribuita la facoltà di restituirli al momento della richiesta o prima di 24 ore dal preavviso.

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ALLEGATO 5

5-08579 Ruocco: Iniziative per accertare eventuali violazioni in relazione agli incarichi assunti dal dottor Gaetano Caputi nel corso del suo rapporto di lavoro con la CONSOB e successivamente alla cessazione di tale rapporto.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione in Commissione n. 5-08579 l'onorevole Carla Ruocco ed altri chiedono quali iniziative la CONSOB abbia posto in essere al fine di accertare la presunta violazione delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di incompatibilità applicabili al personale della CONSOB, in relazione alla posizione del dottor Gaetano Caputi, sia nel corso del suo rapporto di lavoro presso la CONSOB, che successivamente, alla cessazione del medesimo rapporto di lavoro.
  Al riguardo, sentita la Consob, si fa presente quanto segue.
  Il dottor Gaetano Caputi è stato Segretario Generale della CONSOB dal 7 aprile 20111 al 14 settembre 20112 e, successivamente, Direttore Generale della medesima Autorità dal 15 settembre 20113 al 12 gennaio 20154. Egli è stato nominato componente del Consiglio di Amministrazione della Difesa Servizi S.P.A., in ragione dell'attività all'epoca svolta presso il Ministero dell'economia e delle finanze, con decreto del 10 febbraio 2011 (pubblicato sulla G.U.R.I. n. 39 del 17 febbraio 2011). Con nota in data 21 marzo 2011, dopo
1 Delibera n. 17744 del 6 aprile 2011.
2 Assicurando, dal 7 luglio del 2011 anche lo «svolgimento delle mansioni di Direttore Generale, senza assegno di reggenza, fermo restando l'incarico di Segretario Generale» (Delibera 17858 del 7 luglio 2011).
3 Delibera 17930 del 15 settembre 2011.
4 Delibera 19095 del 12 gennaio 2015.

aver preso parte solo alla seduta di insediamento del Consiglio di Amministrazione, egli ha rassegnato le proprie dimissioni irrevocabili dalla citata carica, prima che l'organo di amministrazione potesse mai concretamente operare assumendo qualsivoglia determinazione gestoria e strategica o anche solo prendendo cognizione di questioni di propria competenza di carattere gestorio o strategico.
  Per il predetto incarico il dott. Caputi non ha percepito, né era previsto, alcun compenso. All'atto dell'assunzione in Consob anche questo incarico, cessato come detto, è stato portato a conoscenza della Commissione.
  In relazione allo «status di socio delle società di consulenza GECO s.r.l., GE.CO.RE s.r.l. e GLM s.r.l.,» si evidenzia quanto segue.
  La società GLM s.r.l., non ha mai operato e già alla data del 27 maggio 2011, inattiva, è stata posta in liquidazione ed il dottor Gaetano Caputi aveva provveduto a cedere la partecipazione già detenuta pari al 10 per cento del capitale sociale, per un valore di euro 1.000, come comunicato all'Amministrazione.
  Quanto alla società General Consulting s.r.l. va rilevato che la citata società già da tempo inattiva, alla data del 27 maggio 2011 era in liquidazione ed il dottor Gaetano Caputi aveva provveduto a cedere la partecipazione già detenuta pari al 4,2 per cento del capitale sociale, per un valore di euro 5.000, come comunicato all'Amministrazione. Pag. 152
  Con riferimento alla società GE.CO.RE. s.r.l. si evidenzia che la citata società, da tempo inattiva, costituita al fine di costruire e gestire un immobile ad uso residenziale non per finalità di rivendita, locazione o affidamento ad altro titolo a terzi, già alla data del 27 maggio 2011 era posta in liquidazione ed il dott. Gaetano Caputi aveva provveduto a cedere la partecipazione già detenuta pari allo 0,84 per cento del capitale sociale, per un valore di euro 1.000, come comunicato all'Amministrazione.
  Con riguardo alla presunta incompatibilità in relazione all'incarico rivestito dal dottor Gaetano Caputi di componente della Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali, si rileva che nessun profilo di incompatibilità è stato individuato tenuto conto dei seguenti elementi: a) il dottor Caputi era Componente della citata Commissione di garanzia già da data anteriore all'assunzione in Consob; b) non si tratta di impiego, né di attività professionale; c) non vi era alcun profilo di interferenza in atto o potenziale con il ruolo e l'attività della Consob; d) l'incarico era stato tempestivamente reso noto alla Commissione prima dell'assunzione (era, infatti, indicato nel curriculum vitae esaminato collegialmente); e) la prosecuzione dello svolgimento dell'attività per 2 anni circa non ha mai determinato disservizi, lacune o rimostranze con riferimento allo svolgimento dell'incarico presso la Consob; f) nessun onere finanziario era a carico della Consob; g) è stato acquisito un parere legale sulla compatibilità dell'incarico.
  Tra l'altro va anche sottolineato che, con riguardo alla qualità di membro della Commissione di garanzia in esame, da cui si è dimesso in data 1o marzo 2013, il dottor Gaetano Caputi non ha percepito alcun compenso a far data dall'aprile 2012.
  Ciò premesso, è opportuno evidenziare che in occasione dell'assunzione del dottor Gaetano Caputi presso la Consob, il Collegio aveva avuto piena cognizione del predetto incarico che lo stesso rivestiva presso la citata Commissione di garanzia, incarico espressamente indicato ai fini della decisione da parte della Consob.
  Successivamente, in data 25 gennaio 2012 è stata prodotta al Collegio, che ne ha preso atto, da parte del Direttore Generale un'articolata nota informativa, nell'ambito della quale sono stati forniti ulteriori elementi ai fini dei più opportuni approfondimenti sulla compatibilità tra i predetti incarichi.
  Appare, altresì, opportuno evidenziare che le medesime questioni sono state oggetto, in data 17 ottobre 2012, anche di ricorso da parte della Federconsumatori. Con sentenza del T.A.R. Lazio, sez. II, n. 4930/2013 in data 15 maggio 2013, il citato ricorso è stato dichiarato improcedibile. La sentenza è stata successivamente appellata ed il Consiglio di Stato, con sentenza in data 6 dicembre 2013, ha dichiarato irricevibile l'appello.
  Peraltro, è opportuno rilevare che neanche la Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali ha ritenuto sussistere alcuna forma di incompatibilità tra i citati incarichi.
  In ogni caso il dottor Gaetano Caputi, in data 1o marzo 2013, si è dimesso dall'incarico rivestito presso la Commissione di garanzia sull'attuazione della legge sul diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, pur ribadendo la legittimità della propria posizione, tenuto conto, tra l'altro, che dagli elementi caratterizzanti le funzioni della predetta Autorità non vi erano motivi di interferenza e che non potesse, quindi, ipotizzarsi una violazione dei doveri d'ufficio, che le alte finalità di interesse pubblico, legate alle funzioni di vigilanza e controllo di entrambi i soggetti, non consentissero di rilevare ragioni di incompatibilità concrete. Inoltre, in data 28 febbraio 2012, il dottor Gaetano Caputi si è dimesso dalla Commissione consultiva per le infrazioni valutarie ed antiriciclaggio.
  Con riguardo alla presunta incompatibilità derivante dall'incarico di professore della Scuola superiore dell'economia e delle finanze, si rileva che il dottor Caputi, Pag. 153ai fini della sua assunzione presso la Consob era stato ritualmente posto fuori dal ruolo organico dalla citata Scuola. In virtù del predetto incarico, in costanza dell'attività prestata presso la Consob, non ha percepito alcun compenso dalla citata Scuola.
  Per quanto concerne, infine, gli incarichi assunti dal dottor Caputi successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro in essere presso la CONSOB fino al 12 gennaio 2015, e più in particolare, l'incarico di Presidente del Consiglio di Amministrazione della società quotata CONAFI PRESTITO S.p.A. e le conseguenti attività poste in essere dalla CONSOB, si rappresenta quanto segue.
  Si premette che la CONSOB, in generale, non ha competenze ai fini dell'accertamento di eventuali situazioni di incompatibilità e della dichiarazione di decadenza, che hanno natura puramente civilistica, nei confronti di ex dipendenti. Ciò posto, si rappresenta che a seguito del comunicato stampa dell'11 febbraio 2016, con il quale la Società ha reso noto di aver proceduto alla cooptazione, ai sensi dell'articolo 2386 del Codice Civile, del Prof. Gaetano Caputi, la CONSOB, in data 9 marzo 2016, ha avviato un'attività al riguardo, finalizzata al solo fine della piena trasparenza in vista della prossima assemblea della società.
  Si rileva, infine, che per quanto concerne le disposizioni in materia di incompatibilità del personale della carriera direttiva della CONSOB è in corso di definizione, ai sensi della vigente normativa, il procedimento per l'adozione delle disposizioni attuative in coerenza con quelle già adottate per la Banca d'Italia e per l'IVASS.