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CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 30 maggio 2017
828.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2017 (C. 4505 Governo).

RELAZIONE APPROVATA DALLA COMMISIONE

  La III Commissione (Affari esteri e comunitari),
   esaminato per le parti di propria competenza il disegno di legge recante «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2017 (C. 4505 Governo);
   apprezzati gli ulteriori risultati conseguiti in termini di abbattimento delle procedure di infrazione aperte nei confronti dell'Italia, considerato che nel 2016 l'Italia aveva già raggiunto un risultato storico, scendendo per la prima volta al di sotto delle 80 infrazioni, e che nell'anno in corso le procedure ammontano a 67, di cui 53 per violazione del diritto dell'Unione e 14 per mancato recepimento di direttive;
   sottolineata la rilevanza degli articoli 3, 6, 7, 8 e 13 del provvedimento ai fini delle competenze della Commissione;
   valutata con particolare attenzione la portata dell'articolo 3, volto a sanare il caso EU-Pilot 8184/15/JUST e, in coerenza con altri provvedimenti di recente approvazione parlamentare, ad attuare ulteriormente la decisione quadro 2008/913 GAI del Consiglio del 28 novembre 2008 sul terreno della lotta contro razzismo e xenofobia, contro i discorsi d'odio che, in particolare, siano finalizzati alla negazione di fatti storici incontrovertibili, quali la Shoah o i crimini di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra, anche mediante l'uso di internet;
   apprezzato, altresì, il dettato dell'articolo 6, finalizzato ad assicurare l'attuazione della direttiva 2006/112/CE sul sistema comune di imposta sul valore aggiunto e ad introdurre una modifica al regime di non imponibilità ai fini IVA delle cessioni all'esportazione effettuate nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti della cooperazione allo sviluppo iscritti nell'apposito elenco, che provvedano al trasporto ed alla spedizione dei beni all'estero in attuazione di finalità umanitarie, comprese quelle dirette a realizzare programmi di cooperazione allo sviluppo;
   ritenuto significativo l'articolo 13, rientrante nella tipologia delle disposizioni necessarie per l'implementazione dei Trattati nel quadro delle relazioni esterne dell'Unione europea, anche in connessione con la prospettiva di attuazione dell'articolo 42, paragrafi 3 e 4, del Titolo V del TUE in materia di missioni civili e militari, nonché di cooperazioni permanenti rafforzate nell'ambito della Politica di Sicurezza e di Difesa Comune, tenuto conto del nuovo regime normativo di partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali introdotto dalla legge n. 145 del 2016,

DELIBERA DI RIFERIRE IN SENSO FAVOREVOLE

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ALLEGATO 2

Interrogazioni nn. 5-03048 Rubinato e 5-06215 Casellato: Sul disastro aereo del 2008 al largo delle isole venezuelane Los Roques.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La Farnesina ha mantenuto un'attenzione costante sulla dolorosa vicenda del volo LET – 410 Transaven, inabissatosi nel 2008 al largo dell'arcipelago di Los Roques con a bordo 8 cittadini italiani, fornendo ai familiari ogni aggiornamento disponibile sugli sviluppi del caso.
  In particolare, negli ultimi anni sono stati puntualmente forniti riscontri alle varie lettere inviate dalle famiglie Napoli, Durante e Gallo alle Autorità italiane e alcuni dei familiari delle vittime dell'incidente sono stati ricevuti il 23 luglio 2015 dal Presidente della Repubblica, che ha confermato l'impegno del Governo italiano per ottenere il recupero del velivolo da parte delle Autorità venezuelane.
  Gli stessi familiari sono stati anche ricevuti nel settembre 2015 dal Direttore Centrale per i Paesi delle Americhe del MAECI, al quale hanno reiterato le loro istanze, auspicando che il relitto aereo possa essere recuperato per dare degna sepoltura ai resti delle vittime e accertare le cause e responsabilità dell'incidente.
  Al fine di dare seguito a tale richiesta il MAECI, anche tramite la nostra Ambasciata a Caracas, ha effettuato numerosi passi sulle autorità venezuelane per ribadire la nostra aspettativa di recuperare i resti dell'aereo. In particolare, l'Ambasciatore italiano in Venezuela ha incontrato a più riprese il Procuratore Generale venezuelano, sollevando inoltre regolarmente la questione in tutte le occasioni di incontro politico fra i due Paesi e lanciando un forte appello per un impegno venezuelano nella prosecuzione delle operazioni.
  Pur non contestando l'esigenza di recuperare il velivolo, le Autorità venezuelane hanno sempre fatto presente l'estrema difficoltà – sia tecnica che finanziaria – di una operazione di recupero a quasi mille metri di profondità. Al contempo, nel corso di un incontro con il nostro Ambasciatore avvenuto il 22 luglio 2015, il Procuratore Generale ha manifestato la disponibilità venezuelana a farsi carico di una parte delle operazioni di recupero, nella misura in cui anche da parte italiana vi fosse stato un concreto impegno in tal senso.
  Anche alla luce di tali indicazioni pervenute da Caracas, il Governo italiano ha assunto a fine 2015 la decisione di offrire ai venezuelani una partecipazione italiana alle spese di recupero del relitto al fine di consentire la mobilitazione di mezzi tecnici adeguati ed ha identificato le relative risorse necessarie. Il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale è stato dunque incaricato ad inizio 2016 di negoziare con i venezuelani un nuovo accordo che preveda una compartecipazione dei costi di recupero del velivolo, fino ad un massimo di 3 milioni di euro per parte.
  Sono quindi state fornite istruzioni alla nostra Ambasciata a Caracas, che ha formalmente comunicato alle autorità venezuelane la disponibilità italiana a partecipare ai costi di recupero. Queste ultime hanno assicurato che avrebbero avviato le procedure di consultazione presso gli enti competenti. Un riscontro venezuelano in proposito è stato sollecitato nell'agosto 2016. La questione è stata poi costantemente sollevata in ulteriori occasioni, da ultimo nel febbraio scorso, con un passo del nostro Ambasciatore a Caracas presso Pag. 30il Ministero degli Affari Esteri venezuelano. In proposito, non si è ancora ottenuta risposta da parte venezuelana, in parte dovuto anche alla preoccupante situazione interna.
  A fine 2016, anche i familiari delle vittime hanno incontrato l'Ambasciatore del Venezuela a Roma, sollecitando a loro volta una risposta venezuelana all'offerta del Governo italiano. L'Ambasciatore venezuelano si sarebbe impegnato a farsi interprete di tale richiesta presso le Autorità di Caracas.
  Compatibilmente con la complessità dei rapporti con le Autorità di Caracas (anche su tutti gli altri temi di nostro interesse: situazione di sicurezza dei connazionali, accesso ai medicinali, crediti delle imprese eccetera), la questione della compartecipazione ai costi del recupero del velivolo resta nell'agenda bilaterale e verrà sollevata in occasione di futuri incontri. Come debitamente segnalato ai familiari – la drammatica situazione economico-sociale e politica del Paese (inflazione stimata al 700 per cento, blocco nel pagamento degli stipendi e delle pensioni, carenza di generi alimentari e medicinali, mancato pagamento dei crediti alle aziende internazionali, eccetera) e soprattutto una preoccupante instabilità politica rende molto incerta l'eventualità che Caracas possa, al momento, impegnare una somma obiettivamente rilevante per portare a termine le operazioni di recupero dell'aereo LET-410.

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ALLEGATO 3

Interrogazioni nn. 5-10905 Garavini e 5-10939 Manlio Di Stefano: Sull'alienazione di proprietà immobiliari dello Stato italiano a Monaco di Baviera.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Vorrei rispondere partendo da una premessa che sta alla base del caso segnalato dagli Onorevoli interroganti. Razionalizzare le proprietà immobiliari dello Stato all'estero è una delle priorità che la legge ha assegnato alla Farnesina. Una priorità che comporta obiettivi impegnativi che coinvolgono il MAECI nel raggiungimento dei previsti saldi di finanza pubblica e nella riduzione del debito e impongono necessariamente una revisione della politica sugli immobili demaniali.
  Dapprima, la legge di stabilità 2016 ha stabilito che il MAECI versi all'entrata del bilancio dello Stato 20 milioni di euro per il 2016 e 10 milioni di euro sia per il 2017 sia per il 2018 tramite operazioni di dismissione immobiliare di beni non più utili per le finalità istituzionali. Successivamente, la legge di bilancio 2017 ha incrementato tali cifre, stabilendo che il MAECI dovrà conseguire dalle dismissioni immobiliari proventi per 26 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018, mentre per il 2019 è stato inserito un target di 16 milioni di euro.
  Con le medesime disposizioni, la legge ha altresì previsto che, nel caso di mancato raggiungimento dei suddetti obiettivi, siano decurtati i fondi, per un ammontare corrispondente, destinati all'Agenzia Italiana per la Cooperazione alla Sviluppo. Poiché a nessuno sfugge l'importanza che l'attività di cooperazione ha per la politica di questo Ministero, comprenderete come la dismissione del patrimonio immobiliare abbia conseguenze ben più ampie di quanto si possa immaginare.
  Venendo alla situazione particolare a Monaco di Baviera, ci tengo innanzitutto a sottolineare – e vorrei che fosse chiaro – come non sia mai stata presa in considerazione una limitazione delle attività del Consolato Generale né tantomeno una sua chiusura. Non sarebbe del resto possibile in considerazione della grande collettività italiana ivi residente e dell'importanza della città di Monaco di Baviera e del Land Baviera in generale non solo nel contesto tedesco ma anche in ambito europeo.
  Altra cosa è lo stabile che ospita il Consolato Generale. Occorre prendere atto che esso non è totalmente funzionale alle attività istituzionali, a causa delle sue condizioni e della necessità di interventi strutturali. Per tali ragioni, nel 2015 è stata esplorata la possibilità – con avviso pubblico – di permuta con conguaglio ma la procedura è stata temporaneamente accantonata, non avendo prodotto i risultati sperati. Si continua tuttavia a ritenere che sia nell'interesse pubblico procedere all'alienazione dell'immobile, tenuto conto del valore di mercato dello stabile e delle necessità istituzionali.
  Vorrei rassicurarvi sul fatto che un'eventuale vendita sarà comunque subordinata alla preventiva individuazione di locali idonei e altrettanto funzionali dove ricollocare le strutture.
  Nella scelta del nuovo edificio si terrà inoltre conto di aspetti importanti come la centralità della Sede, la sua accessibilità al pubblico, le garanzie di sicurezza sul lavoro e gli standard di efficienza energetica.Pag. 32
  Quanto alla convenienza dell'operazione immobiliare, per la perizia dell'immobile si è provveduto secondo quanto previsto dalla Legge n. 183/2011, avvalendosi di expertise locale, in condizioni di indipendenza ed assenza di interesse. Allo stesso modo, in caso di acquisto, si procederebbe per valutare l'investimento su un nuovo immobile per i servizi consolari, tenendo conto delle specificità locali. Ogni ipotesi di alienazione o di permuta dell'edificio ha tenuto e terrà conto delle opzioni di mercato, della necessità di interventi di investimento e del valore dell'immobile. Non si ravvisa, quindi, possibilità alcuna di danno all'erario, ma solo benefìci, sia in termini di allocazione più funzionale e moderna degli uffici, sia di possibile entrata al bilancio dello Stato.
  Per quanto riguarda l'immobile di Monaco di Baviera già in uso ai servizi informativi e attualmente libero, dopo un'asta del 2016 andata deserta, si è svolta una procedura per manifestare interesse all'acquisto, i cui atti erano consultabili sulla sezione «Amministrazione Trasparente» del sito istituzionale della Farnesina. La procedura per manifestazione di interesse ha avuto esito negativo. È stato quindi indicato alla Sede di dare la massima pubblicità alla vendita per poi procedere a trattativa privata.
  Concludo dicendo che le notizie su una possibile vendita dell'edificio che ospita l'Istituto Italiano di Cultura di Monaco di Baviera sono infondate. Non vi è alcuna istruzione della Farnesina in tal senso, tanto più che la manifestazione di interesse ad acquistare l'immobile dell'Istituto, esternata da parte di un soggetto privato locale, non è stata presa in considerazione.

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ALLEGATO 4

Interrogazioni nn. 5-07061 Spadoni e 5-11132 Spadoni: Sui finanziamenti destinati al CIHEAM (Centre International de Hautes Études Agronomiques Méditerranéennes) di Bari.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Desidero innanzitutto ringraziare l'On. Spadoni per consentirmi di illustrare l'impegno del Governo, per il tramite della Cooperazione italiana, volto ad alleviare le sofferenze del popolo siriano.
  Dall'inizio del conflitto, la Cooperazione Italiana ha destinato alla crisi siriana un contributo complessivo pari a oltre 123 milioni di euro. Gli interventi sono stati realizzati sia attraverso iniziative a favore della popolazione sfollata all'interno del Paese (pari al 27 per cento del totale), sia per sostenere gli sforzi dei Paesi di accoglienza dei rifugiati, in particolare Libano (38 per cento) e Giordania (20 per cento). Una quota minore è stata inoltre destinata ai rifugiati in Iraq (3 per cento) e in Turchia (2 per cento). Infine, circa il 10 per cento delle risorse sono state utilizzate per iniziative di respiro regionale.
  Per quanto riguarda le attività in Siria, la Cooperazione Italiana agisce essenzialmente con interventi, finanziati sia sui fondi ordinari della Cooperazione Italiana che sul Decreto Missioni, di scala limitata ed ad impatto immediato, quali la riabilitazione e ricostruzione di infrastrutture di base (reti idriche/elettriche, strade, scuole, ospedali) ed il sostegno all'erogazione dei servizi pubblici essenziali (sanità, istruzione, gestione dei rifiuti).
  Tra il 2014 e il 2016, l'Italia ha finanziato il Programma del CIHEAM « Agriculture and Livestock Support for the Syrian People (per un valore 2,25 milioni di euro) nel nord ovest della Siria (prevalentemente Idlib, Atarib e Afrin). Per realizzare tale progetto, il CIHEAM opera in remoto con un proprio team da Gaziantep, in Turchia. Tale programma è cofinanziato dalla cooperazione britannica e realizzato in partenariato con le Autorità locali. Nell'ambito di tale iniziativa, è stato costituito un fondo rotativo che permette alle associazioni di tecnici create dal progetto di distribuire sementi, fertilizzanti e vaccini a beneficiari individuati nelle summenzionate aree del Nord della Siria, i quali ripagano parte dei costi degli input e dei servizi (70 per cento-80 per cento) al CIHEAM per ricostituire il fondo.
  Con delibera del 20 febbraio 2017, il Comitato Congiunto per la Cooperazione allo Sviluppo ha approvato un ulteriore contributo di 1.3 milioni di euro al CIHEAM per la realizzazione della III fase di questo Programma, con l'obiettivo di sostenere la resilienza delle comunità rurali in Siria, nonché di aumentare la produzione agricola e zootecnica ed il reddito delle loro famiglie, attraverso la fornitura di materiali e prodotti agricoli, servizi ed assistenza tecnica in collaborazione con le Amministrazioni Locali.
  L'area di intervento è quella delle regioni nel Nord Est e Nord Ovest della Siria, nei distretti ove saranno presenti condizioni di relativa sicurezza. Le principali attività previste attraverso il fondo rotativo includono:
   Distribuzione di materiali e prodotti agricoli per le colture;
   Distribuzione di mangimi e medicinali veterinari agli allevatori;Pag. 34
   Supporto all'irrigazione nel Nord Est della Siria e distribuzione di attrezzature irrigue;

  Inoltre, è previsto il rafforzamento dei servizi veterinari locali ed esecuzione di vaccinazioni pianificate assieme alle Amministrazioni locali; il miglioramento dei servizi agli agricoltori (i.e. trattamenti fitosanitari); la formazione per tecnici e Amministrazioni locali, attraverso il sistema della formazione a distanza (e-learning) e quello dell'assistenza tecnica in remoto.
  L'iniziativa, continuerà ad essere gestita «in remoto» da una base del progetto a Gaziantep in Turchia, per quanto riguarda l'area Nord Ovest; e da un'altra a Beirut in Libano, per la parte riguardante il Nord Est della Siria. Essa sarà indirizzata a circa 5.000 beneficiari diretti: tra questi figurano il personale tecnico e amministrativo del progetto, il personale delle amministrazioni locali, nonché agricoltori e veterinari. Considerando anche le loro famiglie, saranno in totale circa 35.000 le persone a beneficiare indirettamente del progetto.
  Il Programma è in linea con gli impegni presi dall'Italia nell'ambito delle Conferenze di Londra (febbraio 2016) e di Bruxelles (aprile 2017), dove la cooperazione italiana ha previsto interventi per complessivi 400 milioni di dollari per il triennio 2016-2018, destinato sia ad attività d'emergenza che ad interventi di resilienza e rilancio economico-sociale in Siria e nei Paesi della regione.
  Desidero concludere la mia risposta richiamando il comunicato finale del Vertice G7 di Taormina, nel quale non poteva mancare un importante riferimento alla Siria e all'impegno dei Sette di contribuire ai costi della ricostruzione una volta che una transizione politica credibile sarà avviata.

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ALLEGATO 5

Interrogazione n. 5-11244 Cimbro: Sulla detenzione di un cittadino italiano in Mauritania.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Desidero innanzitutto ringraziare l'On. Cimbro per consentirmi di ripercorrere una vicenda che, dopo mesi di costante impegno del Ministro Alfano, mio personale e della Farnesina, si è recentemente conclusa in maniera positiva: come sapete, il Signor Cristian Provvisionato è rientrato in Italia il 12 maggio scorso, dopo essere stato rimesso in libertà dalle Autorità giudiziarie mauritane.
  Ricordo che il Signor Provvisionato era stato fermato dalle Autorità di Nouakchott alla fine dell'agosto 2015, dopo circa due settimane dal suo arrivo in Mauritania, dove si era recato su richiesta di una società italiana che si occupa di vigilanza. Il Signor Provvisionato era stato inviato nella capitale mauritana per rappresentare una ditta indiana che commercializza prodotti tecnologici finalizzati alle intercettazioni e al controllo remoto di dispositivi elettronici.
  Da allora, Cristian Provvisionato si trovava in stato di arresto preventivo con l'accusa di far parte di una associazione internazionale finalizzata alla truffa ai danni dello Stato mauritano nel settore della sicurezza. Essendo un cittadino straniero e dunque, per le Autorità mauritane, a rischio di fuga, il Signor Provvisionato è rimasto in stato di arresto provvisorio in attesa che le indagini preliminari si concludessero. Per tutto questo tempo, grazie anche all'azione svolta dalla Farnesina, il nostro connazionale è stato trattenuto non in un carcere comune, ma all'interno di una struttura della Polizia locale. Ciò gli ha consentito di ricevere un trattamento migliore di quanto avviene normalmente in casi analoghi, anche in considerazione delle sue condizioni di salute, dal momento che il Signor Provvisionato è diabetico. Sempre grazie all'azione della Farnesina, il Signor Provvisionato ha potuto ricevere regolarmente i pacchi inviati dalla famiglia, inclusi i medicinali di cui aveva bisogno.
  L'azione della Farnesina e dell'Ambasciata a Rabat è stata, fin dal primo momento, molto decisa, sia in Italia che a Nouakchott. Numerosissimi e continui sono stati, nei 20 mesi appena trascorsi, gli interventi effettuati a livello politico-diplomatico per rappresentare alle Autorità locali la nostra viva aspettativa che la procedura giudiziaria potesse concludersi rapidamente.
  Costanti sono state anche le visite consolari rese al connazionale, il quale ha avuto contatti regolari con i suoi famigliari, che ha anche incontrato, grazie al sostegno offerto dall'Ambasciata. Sia la Farnesina che la Rappresentanza a Rabat hanno mantenuto contatti continui con la famiglia Provvisionato in Italia, che è stata ricevuta molte volte al Ministero degli Esteri. Da ultimo, il Ministro Alfano ha incontrato lo scorso 26 aprile la signora Doina Coman, madre di Cristian, assumendosi l'impegno, anche personale, di lavorare senza sosta per la liberazione del figlio.
  La tenace azione politico-diplomatica portata avanti anche personalmente dal Ministro Alfano sia in Italia che in Mauritania, è culminata nella mia missione a Nouakchott il 10 e 12 maggio scorsi. Come noto, a conclusione di tale visita ho potuto accompagnare Cristian Provvisionato in Italia.
  Come dichiarato dal Ministro Alfano, si tratta di un risultato importante che dimostra la profonda amicizia della Repubblica Islamica di Mauritania verso l'Italia nonché grande umanità verso Cristian, che con tale decisione ha potuto riabbracciare la sua famiglia.

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ALLEGATO 6

Schema di documento triennale di programmazione e di indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo, riferito agli anni 2016-2018, cui è allegata la relazione sulle attività di cooperazione allo sviluppo, riferita all'anno 2015 (Atto n. 414).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La III Commissione (Affari esteri e comunitari),
   esaminato lo Schema di documento triennale di programmazione e di indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo riferito agli anni 2016-2018, cui è allegata la relazione sulle attività di cooperazione allo sviluppo, riferita all'anno 2015 (Atto n. 414), ai sensi degli articoli 12 e 13, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 125;
   richiamato il parere espresso il 23 luglio 2015 sullo Schema di documento triennale riferito agli anni 2015-2017 e sulla relazione riferita all'anno 2014 (atto n. 187), nonché il parere espresso il 18 giugno 2016 sullo Statuto dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (atto n. 175);
   sottolineato il grave ritardo con cui il provvedimento è stato presentato alle Camere, rispetto al termine del 31 marzo previsto dalla legge n. 125 del 2014, a detrimento di programmabilità e prevedibilità degli interventi, pur tenendo nel debito conto l'entrata a regime, a partire dal 1o gennaio del 2016, dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo;
   ricordato che l'atto in titolo costituisce un elemento fondamentale per il sistema italiano di cooperazione allo sviluppo, ridisegnato dalla fondamentale legge n. 125 del 2014, di cui delinea visione strategica, criteri di intervento, obiettivi e priorità settoriali e geografiche, sia a livello bilaterale sia in sede multilaterale;
   sottolineato che l'atto in titolo è esaminato dal Parlamento contestualmente alla celebrazione a Taormina, sotto presidenza italiana, del Vertice dei Capi di Stato e di Governo del G7, la cui Dichiarazione conterrà specifiche proposte dell'Italia sui temi dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per l'azione internazionale di aiuto allo sviluppo;
   tutto ciò premesso e osservato, altresì, che:
    lo Schema in esame – che dà conto delle aree storiche di intervento della cooperazione italiana e colloca i profili di innovazione in una linea di continuità di lungo periodo – si conferma quale cruciale punto di riferimento per la programmazione di tutti gli attori del sistema italiano di cooperazione allo sviluppo: Amministrazioni dello Stato, Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, società civile, autonomie locali, università e centri di ricerca, fondazioni, sistema cooperativo, settore privato profit e no profit, fino alle comunità di migranti. Esso delinea, in particolare, la strategia del sistema italiano della cooperazione e marca un deciso salto qualitativo rispetto al passato nel percorso di attuazione della legge n. 125 del 2014, sia in termini di metodo sia in termini di contenuti;
    si sottolinea la qualità delle decisioni strategiche riferite all'organizzazione dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, che permettono di dare una struttura all'implementazione degli indirizzi Pag. 37politici all'altezza di una cooperazione allo sviluppo più agile e efficace;
    il provvedimento evidenzia il consolidamento del trend di crescita delle risorse finanziarie destinate alla cooperazione italiana allo sviluppo, che ha permesso di registrare un incremento storico della percentuale di stanziamenti in rapporto al PIL, passata dal picco negativo del 2013, pari allo 0,14 per cento, allo 0,26 del 2016, quanto il Canada e in misura superiore agli stessi Stati Uniti e al Giappone. Il mantenimento di tale trend permetterà di conseguire entro il 2020 l'obiettivo dello 0,30 per cento del PIL, che è certamente la prova tangibile di un impegno verso il riallineamento dell'Italia rispetto agli obiettivi concordati internazionalmente, anche se servirà un aumento più significativo per raggiungere l'obiettivo dello 0,7 per cento del PIL entro il 2030;
    gli incrementi di risorse risultano particolarmente consistenti nell'ambito della cooperazione bilaterale, passata da 430 milioni di euro nel 2016 a 564 milioni di euro nel 2017, come pure in quello della cooperazione delegata, i cui fondi assegnati dall'Unione europea al MAECI sono quasi quadruplicati, passando da 3 programmi affidati per un totale di 33 milioni di euro nel dicembre 2015 a 11 programmi affidati per un totale di quasi 146 milioni di euro, a sostegno dell'affidabilità internazionale dell'Italia, anche se molto resta ancora da fare nel percorso per il conseguimento dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile;
    è opportuno chiarire che l'incremento complessivo di risorse destinate alla cooperazione italiana allo sviluppo include anche, come da classificazione OCSE-DAC, i maggiori fondi destinati all'assistenza ai rifugiati accolti dall'Italia anche in questa fase emergenziale. Va sottolineato però che dal 2012 in ogni legge di bilancio e per quanto previsto anche dal DEF 2018-2020 si registrano sia aumenti delle risorse per la cooperazione bilaterale a dono, indipendente dall'aumento che risulta a consuntivo nel bilancio italiano una volta conteggiate le spese per i rifugiati. Questi aumenti paralleli – della cooperazione bilaterale a dono, già in fase di programmazione, e dei fondi stanziati per affrontare le spese per la gestione dei flussi migratori – sono in linea con l'approccio onnicomprensivo ai temi dell'aiuto allo sviluppo, da intendersi come azione su più fronti e a più livelli, nei Paesi di origine, di transito come pure di destinazione dei profughi;
    a tal proposito, è certamente da evidenziare il dibattito in corso a livello internazionale per una revisione dei criteri dell'OCSE finalizzata, tra l'altro, a scorporare dal calcolo dell'aiuto pubblico allo sviluppo (ODA) le risorse destinate alla gestione dell'emergenza migratoria. Il Governo italiano è già impegnato su questo terreno e l'azione del Parlamento sul medesimo punto potrà corroborare e rafforzare un'azione da Sistema Paese, destinata a cogliere il momento positivo della presidenza del G7;
    in generale, considerata la caratura dell'Italia, quale Paese donatore di media grandezza, come nella precedente edizione, dal Documento emerge ancora una quantità eccessiva di obiettivi settoriali che rischiano di diluire l'impatto e l'efficacia degli interventi. Si suggerisce la possibilità che nei prossimi anni il documento si strutturi adottando una matrice che valorizzi gli impegni che l'Italia si assume per il triennio oggetto del documento. È forte inoltre l'esigenza di massimizzare una volta per tutte la selettività delle priorità settoriali, oltre che di quelle geografiche, per fare emergere il valore aggiunto dell'impegno italiano, nel rispetto del principio di appropriazione (ownership) dei processi di sviluppo da parte dei Paesi partner, richiamato dall'articolo 12 della legge n. 125 del 2014. Tale impegno, che è ormai consolidato e riconosciuto dalla comunità internazionale nel campo della sicurezza alimentare, culminato in Expo 2015, deve declinarsi in specifiche e limitate aree di intervento che valorizzino il valore aggiunto Pag. 38che può portare la nostra cooperazione, superando nella programmazione la dinamica di definizione di priorità per singolo Paese. È indubbiamente da rimarcare il riconoscimento specifico al nostro Paese per essere divenuto ormai un riferimento per la comunità internazionale nella proposta di buone pratiche sul terreno delle politiche migratorie;
    la cooperazione italiana allo sviluppo dovrà sempre più costituire un fattore di leva per promuovere e generare risorse a livello multilaterale. In questo senso gli interventi di Cassa Depositi e Prestiti potranno rappresentare un valido modello di best practice, capace di innescare un meccanismo virtuoso a livello UE;
    nell'attuale fase epocale per lo sviluppo globale, segnata dall'aumento di crisi e di emergenze che richiedono aiuto dalla comunità internazionale, in concorrenza con le già limitate risorse destinate all'Agenda globale, occorrono decisioni storiche. Preso atto ormai dei limiti degli aiuti a dono, non è più procrastinabile la definizione di strumenti finanziari innovativi e il coinvolgimento di tutti gli attori che compongono il sistema della cooperazione allo sviluppo verso obiettivi comuni e con confluenza di risorse in linea peraltro con le raccomandazioni adottate in occasione del World Humanitarian Summit di Istanbul del maggio 2016. Su questo terreno le aspettative convergono sul prossimo Documento triennale che nel 2018 sarà presentato al Parlamento entro i tempi previsti dalla legge;
    nel processo di attuazione della riforma del 2014, occorre dare specifica concretezza alla funzione di coordinamento e di monitoraggio sulla coerenza delle politiche di cooperazione allo sviluppo che la legge n. 125 attribuisce al MAECI nei confronti delle Amministrazioni destinatarie di circa due terzi delle risorse complessive, con riferimento particolarmente al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero dell'interno. Inoltre, si auspica che nel prossimo Documento triennale trovino riferimento anche le attività di altri ministeri che riguardano i settori prioritari di intervento della nostra cooperazione, nonché gli interventi degli enti locali. Infine, si sottolinea la necessità di far funzionare con regolarità i meccanismi di coordinamento tra Ministeri e del sistema italiano della cooperazione previsti dalla legge n. 125 del 2014;
    affinché il bilancio sulla riforma possa confermarsi positivo è urgente procedere senza ulteriore ritardo alla emanazione dei decreti attuativi prodromici al bando di un concorso per il personale dell'Agenzia italiana di cooperazione allo sviluppo, chiamata ad attuare un disegno politico di alto profilo e a presidiare sul terreno la realizzazione dei progetti, interagendo con i governi e con gli omologhi attori internazionali e nello stesso tempo assicurare maggiore autonomia e agilità organizzativa alla stessa Agenzia, assicurando la sua partecipazione alle ipotesi di sezioni o comparti di contrattazione che si stanno valutando per le altre Agenzie, ovvero consentendole di adottare cambiamenti organizzativi con semplici regolamenti interni e senza il ricorso a strumenti più complessi e con procedure più lunghe;
    occorre valorizzare il nuovo ruolo di Cassa Depositi e Prestiti, che dovrà presto iniziare a utilizzare risorse proprie, a coinvolgere il settore private e a avere un'attenzione particolare al blending comunitario. In linea con l'attenzione alla cooperazione delegata, con il trust fund istituito a La Valletta l'Italia è il Paese che in questo momento sta effettivamente utilizzando le risorse europee per contrastare le cause strutturali delle migrazioni con progetti per 60 milioni di euro europei;
    in generale, il Documento in titolo è assai utile per individuare le buone pratiche e i meccanismi di monitoraggio e di focalizzazione sull'efficacia degli aiuti, che potranno essere riflessi anche nella prossima stesura;Pag. 39
   in tale prospettiva, già nel corso del 2017 in occasione dello svolgimento della Conferenza nazionale sulla cooperazione allo sviluppo potrà essere fatto il punto dei risultati conseguiti a quattro anni dall'entrata in vigore della riforma e grazie all'impegno nelle diverse sedi multilaterali i cui l'Italia ricopre ruoli attivi (soprattutto ONU e G7),

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

Pag. 40

ALLEGATO 7

Schema di documento triennale di programmazione e di indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo, riferito agli anni 2016-2018, cui è allegata la relazione sulle attività di cooperazione allo sviluppo, riferita all'anno 2015 (Atto n. 414).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE PRESENTATA DAL GRUPPO DEL MOVIMENTO 5 STELLE

  La III Commissione (Affari esteri e comunitari),
   in sede di espressione del parere sullo Schema di documento triennale di programmazione e di indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo riferito agli anni 2016-2018, cui è allegata la relazione sulle attività di cooperazione allo sviluppo, riferita all'anno 2015 (Atto n. 414), ai sensi degli articoli 12 e 13, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 125,
   premesso che:
    la legge 11 agosto 2014, n. 125 recante «Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo», all'articolo 12 prevede che «il Consiglio dei ministri approvi, entro il 31 marzo di ogni anno, previa acquisizione dei pareri delle Commissioni parlamentari, il documento triennale di programmazione e di indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo»;
    l'Atto è stato inviato alle Camere, per il previsto parere, solo in data 24 aprile 2017. Conseguentemente, il termine, di cui al citato articolo 12, risulta ampiamente disatteso non solo in relazione all'adozione definitiva del provvedimento da parte del Consiglio dei Ministri ma già rispetto alla redazione, a opera del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (di seguito MAECI), sotto forma di schema di documento triennale, a detrimento sia della programmabilità sia della prevedibilità degli interventi; peraltro, sempre la legge 11 agosto 2014, n. 125, all'articolo 13, comma 1, dispone che le Commissioni si esprimano nei termini previsti dal Regolamento delle rispettive Camere, decorsi i quali il Documento è approvato anche in assenza del parere;
    sempre ai sensi dell'articolo 12 della citata legge, il Documento triennale, in verità alquanto ambizioso, tenendo conto della relazione sulle attività realizzate nell'anno precedente, «indica la visione strategica, gli obiettivi di azione e i criteri di intervento, la scelta delle priorità delle aree geografiche e dei singoli Paesi, nonché dei diversi settori nel cui ambito dovrà essere attuata la cooperazione allo sviluppo. Il documento esplicita altresì gli indirizzi politici e strategici relativi alla partecipazione italiana agli organismi europei e internazionali e alle istituzioni finanziarie multilaterali»;
    il Documento triennale di programmazione e di indirizzo 2016-2018 cita l'Agenda 2030, prevedente per l'appunto l'eliminazione della povertà entro il 2030 con attenzione alle 5 «P» (Persone, Pianeta, Prosperità, Pace e Partnership), come centro della strategia di sviluppo sostenibile da realizzarsi «per far fronte ai profondi cambiamenti sociali, politici e demografici in atto, alla crescente destabilizzazione in alcune aree in Africa e nel Medio Oriente, all'acuirsi dell'emergenza migratoria» non senza richiamare la necessità Pag. 41di una «cooperazione moderna, incentrata su buon governo e fiscalità (Piano di Azione di Addis Abeba), attenzione all'ambiente (CoP21 di Parigi), a impresa sociale, occupazione e lavoro dignitoso (Agenda G7 e G20)»;
    i riferimenti a documenti, a impegni internazionalmente assunti, alle numerose e interdipendenti attività da mettere in atto al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati, danno con evidenza la misura della complessità del problema trattato, nonché della complessità di funzionamento di organi e enti che, ai sensi della più volte richiamata legge di riforma del 2015, sono chiamati a realizzare la politica di cooperazione allo sviluppo;
    in tal senso, il MAECI nella persona del Ministro, con le importanti attribuzioni riservate con la legge n. 125 del 2014 al Viceministro per la cooperazione internazionale, senza dimenticare la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo (DGCS), l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS), la Cassa depositi e prestiti (CDP), il Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo (CICS), il Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo (CNCS), rappresentano la nuova e complessa architettura istituzionale della cooperazione;
    tuttavia, a parere dei presentatori del presente atto, tale architettura fatica a «carburare» e a trovare sinergie su come operare e concertare gli interventi, oltre che a dotarsi di personale adeguato e sufficiente per gli ambiziosi intenti programmatici evidenziati nel Documento triennale, soprattutto per quanto riguarda la neonata AICS; nello specifico, è stata proprio la direttrice di quest'ultima, Laura Frigenti, a lamentare, in sede di audizione sull'atto del Governo n. 414 del 24 maggio 2017, il mancato avvio all'adozione dei necessari decreti attuativi per il reclutamento di personale in seno all'Agenzia, insufficiente per dare avvio ai tanti ambiziosi progetti;
    la riforma del 2015 ha, invero, aumentato i centri di poteri e attribuzioni che sovraintendono e governano il percorso realizzativo della politica di cooperazione allo sviluppo; ad esempio, è prevista l'istituzione di un Viceministro con delega alla cooperazione e allo sviluppo che, tuttavia, sembrerebbe di fatto essere privo di una vera e propria delega piena, in quanto le sue attribuzioni verrebbero a confliggere con quelle espressamente attribuite al Ministro dallo stesso Statuto dell'AICS di cui al decreto ministeriale n. 113 del 2015, lasciando conseguentemente spazio a leciti dubbi circa il concreto ambito di operatività della stessa; peraltro, lo stesso discorso vale anche per il Comitato consultivo per la valutazione del quale si è dotata la DGCS (composto anche di personalità indipendenti, in rappresentanza del mondo universitario, dei raggruppamenti delle Organizzazioni della società civile partecipanti al «Gruppo Efficacia» e dell'Associazione italiana di valutazione) con i compiti, fra l'altro, di esprimere un parere sul Programma di valutazione e effettuare un esame del suo stato di attuazione, redigendo un parere sulla qualità delle valutazioni effettuate rispetto agli standard internazionali (OCSE-DAC) e sui seguiti operativi dati alle valutazioni stesse: risulta essersi riunito tre volte, come ha affermato, nel corso della sua audizione del 30 maggio 2017, il Viceministro Mario Giro, e tuttavia non è dato sapere cosa sia stato deliberato dal citato Comitato;
    allo stesso modo, l'istituzione di un Consiglio nazionale permanente per la cooperazione allo sviluppo nonché una Conferenza nazionale triennale (che al momento risulta solo auspicabile si tenga entro il 2017), al di là delle attribuzioni «sulla carta», implicheranno inevitabilmente nuove nomine e rimborsi;
    sebbene il provvedimento evidenzi il consolidamento della tendenza di crescita delle risorse finanziarie destinate alla cooperazione italiana allo sviluppo (soprattutto quella bilaterale a dono e quella delegata) permettendo, in tal modo, di registrare un buon incremento della percentuale di stanziamenti in rapporto al Pag. 42PIL, tuttavia, per quanto concerne l'incremento complessivo delle citate risorse, in queste non si possono includere i maggiori fondi destinati alle ingenti misure per affrontare il fenomeno migratorio, soprattutto in considerazione del già considerevole stanziamento, per tale motivo, di circa 4,5 miliardi di euro;
    peraltro, proprio secondo i dati ufficiali raccolti dall'ODA (Official Development Assistance - Aiuto pubblico allo sviluppo) OCSE/DAC, desumibili dal sito http://www.oecd.org/development/, lo stanziamento speso per ospitare i rifugiati all'interno dei paesi donatori è salito a 15,4 miliardi di dollari, in termini reali del 27,5 per cento, dal 2015. Molti Paesi donatori hanno visto afflussi senza precedenti di profughi negli ultimi due anni e il DAC sta lavorando per chiarire le proprie regole di segnalazione ODA per garantire che i costi dei rifugiati non fagocitino i fondi per lo sviluppo; si legge ancora, sul medesimo sito: «Una regola DAC del 1988 consente ai Paesi donatori di contare determinate spese di rifugiato come ODA per il primo anno dopo il loro arrivo. L'Australia, il Giappone, la Corea e il Lussemburgo non hanno conteggiato i costi per i rifugiati a titolo di ODA nel 2016, ma 11 Paesi hanno speso oltre il 10 per cento della loro ODA sui rifugiati. Tra questi, l'Austria, la Germania, la Grecia e l'Italia hanno utilizzato oltre il 20 per cento di ODA per i costi dei rifugiati»;
    appare dunque opportuna più che mai una corretta interpretazione dei criteri dell'OCSE finalizzata soprattutto a scorporare dal calcolo dell'aiuto pubblico allo sviluppo (ODA) le risorse destinate alla gestione del fenomeno migratorio;
    l'ODA, pertanto, dovrà essere finalizzato ai Paesi di origine e di transito dei migranti, e non ai Paesi di destinazione, come l'Italia, dove già cospicue risorse sono destinate al Ministero competente, ovvero il Ministero dell'interno, ma mal impiegate e senza alcun supporto concreto da parte dell'Unione europea; a tal proposito, va rimarcata assai criticamente l'assenza dell'Europa che di volta in volta fa mostra di buone intenzioni ma che si traduce, in realtà, in un immobilismo e in una chiusura, soprattutto in termini di redistribuzione, tanto da far dichiarare, il 17 maggio 2017, alla Cancelliera tedesca Merkel che: «per la Ue è molto deplorevole che non abbiamo un sistema di redistribuzione comune e che l'Italia venga lasciata molto sola con questa questione»;
    la realizzazione concreta della politica di cooperazione allo sviluppo si realizzerà seguendo tre macro temi, indicati nel Documento quali: Area Cooperazione allo sviluppo (riduzione della povertà), Area Sviluppo economico, Area cambiamenti climatici. Per ogni area citata è indicato un elenco di Paesi Prioritari. Tra questi si segnala, nell'area subsahariana, l'assenza della Repubblica Centrafricana e della Guinea Conakry, mentre nell'area delle Americhe, dopo l'approccio regionale già sperimentato con successo in alcuni Paesi dell'America centrale, Honduras e Guatemala in particolare, sarebbe giusto sostenere quella della Colombia che sta perseguendo, con alterne fortune, la pacificazione nazionale per porre fine alla pluridecennale lotta alle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (FARC);
    sempre con riferimento all'elenco dei Paesi, indicati come prioritari dal documento in titolo, si segnala l'assenza di una chiara relazione tra gli interventi che saranno posti in essere in detti Paesi e l'azione che l'Italia svolge, in altri Paesi (Libia, Afghanistan, Iraq in evidenza) partecipando alle numerose missioni internazionali di pace, sia sotto l'egida dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, che dell'Unione europea. Dette partecipazioni risultano assai significative – sia in termini di risorse finanziarie che di impegno di uomini – e dovrebbero realizzare anch'essi, almeno in linea di principio, la politica di cooperazione allo sviluppo del nostro Paese;
    invero, non è dato sapere come possa concepirsi una cooperazione quando, di fatto, si occupano Paesi del Pag. 43Terzo Mondo; allo stesso modo, non si comprende come sia possibile finanziare operazioni di sminamento o ricerca dell'acqua o, più in generale, di lotta alla fame, malcelando queste ultime, poi, dietro chiari intenti di democratizzazione, dei cui contenuti pare quanto meno lecito dubitare; senza tenere in conto l'enorme contraddizione in cui si incorre continuando a finanziare le così dette «missioni di pace», viceversa stanziando somme evidentemente insufficienti per impegnarsi realmente nella cooperazione;
    in tal senso, infatti, pesano le crisi politiche e umanitarie che continuano a assorbire una rilevante quantità di risorse;
    la realizzazione della cosiddetta «cooperazione delegata», da parte di organismi sovranazionali quali l'Unione europea, risulta di difficile comprensione e di non chiara rappresentazione. Lo stesso Documento riporta che la «DGCS del MAECI ha ricevuto in affidamento dalla Commissione europea la gestione di quattro programmi, due in Sudan, uno in Egitto e uno in Etiopia», ma al contempo cita l'AICS quale ente che «si sta preparando ad accreditarsi presso la UE per la gestione di progetti di cooperazione delegata», a riprova della tesi, sostenuta dai sottoscrittori del presente atto, di una commistione di attribuzioni, compiti e poteri che non realizza praticamente i pomposi principi enunciati dalla legge istitutiva, nonché dall'ambizioso documento in commento;
    l'aiuto umanitario risulta essere la prima priorità in Siria, Iraq, Sud Sudan e Yemen, senza dimenticare Sahel, Corno d'Africa, Palestina, Repubblica Centro-Africana e Sudan. Il fenomeno migratorio, poi, sta assumendo i caratteri di una vera e propria emergenza umanitaria, disegnando drammaticamente la mappa delle crescenti disuguaglianze che separano il Sud e il Nord del mondo. La cooperazione allo sviluppo deve assumere, dunque, un ruolo decisivo: da un lato, l'Africa diventa un'assoluta priorità, dall'altro occorre intensificare gli sforzi nei quadranti geo-politici (Mediterraneo, Medio Oriente e Balcani) a noi più prossimi;
    il Documento ha, inoltre, come obiettivi quelli di «porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un'agricoltura sostenibile, garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell'acqua e delle strutture igienico-sanitarie.» Tuttavia, all'interno del documento è citata, quale traguardo qualificante, l'approvazione, per ora solo presso la Camera dei deputati, del progetto di legge n. 2212 (a prima firma della deputata Daga del gruppo M5S) recante «Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica dell'acqua», attualmente in discussione presso la competente commissione al Senato, e a tale proposito occorre segnalare come lo spirito originario del testo sia risultato stravolto dalle modifiche apportate dalla maggioranza parlamentare, tanto da aver costretto la presentatrice a ritirare la propria sottoscrizione del provvedimento medesimo, oltre che aver fatto registrare il voto convintamente contrario del gruppo M5S della Camera dei deputati;
    così come, evidenziato con una certa enfasi, il Documento in titolo esprime soddisfazione per il fatto che «in ambito UE, l'Italia ha promosso un nuovo patto con l'Africa per la gestione e riduzione dei flussi (il Migration Compact, fatto proprio dal Consiglio Europeo del 28 giugno 2016)», laddove, per i sottoscrittori del presente parere, a prevalere, in questo patto che di fatto ricalca quello che l'Unione europea ha siglato con la Turchia, è una logica di cooperazione non disinteressata, ambigua, con pochi elementi di novità, basata sullo scambio più che sui bisogni e sui diritti di chi fugge e di chi accoglie;
    con riferimento, inoltre, all'Obiettivo n. 16 dell'Agenda 2030, dedicato alla sicurezza e pace dei cittadini all'interno delle società, appare sempre più insostenibile la politica del «cerotto e delle bombe» che vede l'Italia essere in prima fila nella cooperazione e aiuto allo sviluppo Pag. 44da un lato, ma al contempo sempre più coinvolta nel commercio di armamenti (con ben 82 Paesi). Secondo la relazione annuale presentata dal Governo sulla legge n. 185 del 1990 crescono vertiginosamente le autorizzazioni all’export militare italiano: 14,6 miliardi di euro (+85 per cento rispetto al 2015, + 452 per cento rispetto al 2014). Il valore delle esportazioni effettive si attesta sui 2,85 miliardi, in linea con il passato, ma gli effetti delle autorizzazioni 2016 si vedranno nei prossimi anni. In particolare si sottolinea la mega-commessa (oltre 7 miliardi) di caccia Eurofighter per il Kuwait, il Paese che partecipa alla «coalizione sunnita» in guerra contro lo Yemen. Tra i principali Paesi destinatari troviamo anche Arabia Saudita, Qatar, Turchia, Pakistan, Angola, Emirati Arabi Uniti. Oltre il 60 per cento delle armi italiane finisce a Paesi fuori extra-Ue e NATO, con il rischio di andare a rifornire regimi autoritari che vanno a infiammare le regioni di maggior tensione del pianeta. Tutto questo in pieno spregio della legislazione vigente i cui principi impediscono di esportare armamenti verso regioni in conflitto o con rischio di violazioni dei diritti umani;
   considerato che:
    il Documento triennale in oggetto è accompagnato dalla relazione relativa all'anno precedente il triennio programmatico, ai sensi della legge 11 agosto 2014, n. 125, tra le primissime indicazioni che vi si ritrovano emerge in tutta la sua chiarezza la mancata corrispondenza tra gli obiettivi prefissati dal nostro Paese, quali il raggiungimento di un rapporto Aiuto pubblico allo sviluppo (APS) e Reddito nazionale lordo (RNL) pari allo 0,7 per cento (obiettivo fissato dalla Conferenza di Addis Abeba), e i reali traguardi raggiunti che vedono l'Italia assestarsi, con i suoi 3,9 miliardi complessivi, a un misero 0,22 per cento del rapporto innanzi citato, raggiungendo un altrettanto misero piazzamento, al 19o posto, dietro Islanda, Lussemburgo, Austria e altri Paesi di gran lunga meno influenti dell'Italia – nell'elenco dei Paesi che partecipano alla cooperazione allo sviluppo globale;
    va sottolineato, infine che, in tutto il Documento in esame si parla ancora di Aiuto pubblico allo sviluppo (APS), e non, come prevede l'articolo 4, comma 1, della legge sulla cooperazione n. 125 del 2014, di Cooperazione pubblica allo sviluppo (CPS); peraltro, a pagina 20 dell'Atto del Governo n. 414 si legge testuale: «Per eradicare la povertà e raggiungere un nuovo equilibrio basato sullo sviluppo sostenibile, occorre allargare l'orizzonte e uscire dalla logica del mero aiuto finanziario». Tuttavia, appunto, si continua a parlarne in questi termini, mentre invece, occorrerebbe cominciare a non parlare più di aiuto, il che lascia sempre presupporre un rapporto di tipo subordinato tra chi dà e chi riceve, ma porre l'accento sulla necessità di avviare un cambio culturale e parlare di cooperazione;

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   si valutino con più realismo gli obiettivi, ancorché ambiziosi, del Documento triennale sia in ordine alla loro quantità, priorità, trasparenza e efficacia sia in relazione al personale sito in Agenzia, indubbiamente insufficiente;
   con riferimento all'Obiettivo n. 16 dell'Agenda 2030 e con l'intento di sciogliere un'inaccettabile contraddizione, si proceda a adottare una moratoria nella vendita di armamenti nei confronti di quei Paesi destinatari, contestualmente o meno, dei progetti italiani di cooperazione allo sviluppo;
   al di là delle ipotesi di revisione dei criteri dell'OCSE, si proceda in ogni caso a scorporare dal calcolo dell'aiuto pubblico allo sviluppo le risorse destinate alla gestione del fenomeno migratorio e dei suoi flussi in Italia, atteso il già ingente ammontare destinato in tal senso;Pag. 45
   si provveda, nei prossimi documenti afferenti a ogni iniziativa di cooperazione allo sviluppo, di qualsiasi tipo essi siano, a rispettare il dettato dell'articolo 4, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 125, ovvero di sostituire sia la locuzione «aiuto pubblico allo sviluppo» sia il suo acronimo APS, con la locuzione «cooperazione pubblica allo sviluppo» e relativo acronimo CPS, significando con ciò un deciso, anche se comprensibilmente lento, cambio nell'approccio culturale a tale fondamentale ambito.