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CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 23 luglio 2014
277.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per le questioni regionali
COMUNICATO
BOZZA NON CORRETTA
Pag. 0

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 23 luglio 2014. — Presidenza del presidente Renato BALDUZZI.

  La seduta comincia alle 8.05.

Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2013.
(C. 2541 Governo)
Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2014.
(C. 2542 Governo)
(Pareri alla V Commissione della Camera).
(Esame congiunto e conclusione – Pareri favorevoli).

  La Commissione inizia l'esame congiunto.

  La senatrice Pamela Giacoma Giovanna ORRÙ (PD), relatrice, introduce l'esame del rendiconto generale dello Stato, ricordando che si tratta dello strumento attraverso il quale il Governo, alla chiusura dell'anno finanziario, adempie all'obbligo costituzionale di rendere conto al Parlamento dei risultati della gestione delle finanze.
  Il rendiconto è articolato per missioni e programmi ed è costituito da due parti: il conto del bilancio, che espone l'entità effettiva delle entrate e delle uscite del bilancio dello Stato rispetto alle previsioni approvate dal Parlamento; e il conto del patrimonio, che espone le variazioni intervenute nella consistenza delle attività e passività che costituiscono il patrimonio dello Stato.
  Il conto del bilancio è costituito dal conto consuntivo dell'entrata e, per la parte di spesa, dal conto consuntivo relativo a ciascun Ministero. Il conto consuntivo finanziario espone i dati di bilancio secondo l'articolazione per missioni e programmi di spesa, che privilegia una esposizione di tipo funzionale. Al rendiconto è allegata, per ciascuna amministrazione, una nota integrativa, articolata per missioni e programmi, che illustra i risultati conseguiti con la gestione in riferimento agli obiettivi fissati con le previsioni di bilancio, le risorse finanziarie impiegate, anche con l'indicazione dei residui accertati, e gli indicatori che ne misurano il grado di raggiungimento.
  Venendo brevemente all'articolato del disegno di legge, gli articoli 1, 2 e 3 espongono i risultati complessivi relativi alle amministrazioni dello Stato per l'esercizio finanziario 2013, con riferimento rispettivamente alle entrate (con accertamenti per 818.839 milioni di euro), alle spese (con impegni per 752.982 milioni di euro) e alla gestione finanziaria di competenza, intesa come differenza tra il totale di tutte le entrate accertate e il totale di tutte le spese impegnate, che evidenzia un avanzo di 65.856 milioni di euro.
  L'articolo 4 espone la situazione finanziaria del conto del Tesoro, che evidenzia, al 31 dicembre 2013, un disavanzo di 175.825 milioni di euro.
  L'articolo 5 reca l'approvazione dell'Allegato n. 1, contenente l'elenco dei decreti con i quali sono stati effettuati prelevamenti dal «Fondo di riserva per le spese impreviste» e dell'Allegato n. 2, relativo alle eccedenze di impegni e di pagamenti risultate in sede di consuntivo, rispettivamente sul conto della competenza, sul conto dei residui e sul conto della cassa.
  L'articolo 6 espone la situazione del patrimonio dello Stato al 31 dicembre 2013 (di cui al conto generale del patrimonio), da cui risultano attività per un totale di 704,4 miliardi di euro e passività per un totale di 2.561 miliardi di euro.
   Gli articoli da 7 a 10 espongono i dati relativi ai conti consuntivi delle aziende e amministrazioni autonome.
  L'articolo 11 del disegno di legge dispone l'approvazione del Rendiconto generale delle Amministrazioni dello Stato e dei rendiconti delle Amministrazioni e delle Aziende autonome secondo le risultanze indicate negli articoli precedenti.
  Per quanto riguarda le competenze della Commissione merita segnalare che dall'analisi delle spese finali per missioni dell'esercizio finanziario 2013, al netto della missione debito pubblico, emerge come un ristretto numero di missioni assorba larga parte delle risorse disponibili. Tra le missioni di maggior rilievo ai fini dell'analisi della gestione di competenza c’è la missione «Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali», la quale rappresenta nel 2013 il 24,8 per cento delle risorse totali del bilancio, al netto della spesa del debito, e si caratterizza per un incremento, in termini assoluti, rispetto allo scorso anno di 8.102 milioni, pari al 7 per cento. I programmi su cui si sono concentrate le risorse sono stati – secondo quanto indicato nella relazione di accompagnamento – quelli relativi al federalismo, per 55.770 milioni, e quelli relativi ad altri trasferimenti alle regioni a statuto speciale per 26.010 milioni.
  Per le spese in conto capitale, il rendiconto 2013 evidenzia un notevole aumento (del 55,9 per cento, pari a 25.521 milioni) rispetto al 2012. L'aumento è sostanzialmente ascrivibile all'incremento, realizzatosi già in sede di previsioni definitive nel corso del 2013 (poi sostanzialmente confermate a consuntivo) del Fondo per assicurare agli enti territoriali la liquidità necessaria per il pagamento dei debiti pregressi (ai sensi del decreto-legge n. 35 del 2013).
  Passando al disegno di legge di assestamento, ricorda preliminarmente che esso serve a consentire un aggiornamento, a metà dell'esercizio finanziario, degli stanziamenti del bilancio di previsione per l'anno in corso, in modo anche da tenere conto della effettiva consistenza dei residui attivi e passivi, che viene accertata solo dopo l'approvazione del bilancio previsionale, in sede di rendiconto dell'esercizio scaduto al 31 dicembre precedente.
  Il disegno di legge di assestamento del bilancio per il 2014 riflette la struttura del bilancio dello Stato organizzato in missioni e programmi.
  L'articolo 1 dispone l'approvazione delle variazioni alle previsioni del bilancio dello Stato per il 2014.
  L'articolo 2 reca alcune modifiche alla legge di bilancio per il 2014 (legge n. 148 del 2013). In particolare, si aumenta il limite massimo di emissione di titoli pubblici, portandolo da 59 a 99 miliardi di euro, e si aumenta da 10 a 11 miliardi lo stanziamento del Fondo di riserva per l'integrazione delle autorizzazioni di cassa.
  L'articolo 3 autorizza il ministro dell'economia e delle finanze ad apportare con propri decreti le variazioni di bilancio compensative necessarie per il riparto delle somme occorrenti alla realizzazione di progetti didattici da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (come previsto dall'articolo 5, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 104 del 2013).
  La relazione al disegno di legge di assestamento per il 2014 evidenzia, in termini di competenza, al netto delle regolazioni debitorie e contabili, un peggioramento del saldo netto da finanziare rispetto alle previsioni iniziali di bilancio.
  Per quanto riguarda le proposte di variazione delle spese finali rispetto al dato iniziale del bilancio previsionale per il 2014, si segnala, per i profili di competenza della Commissione parlamentare per le questioni regionali, una riduzione dei trasferimenti correnti alle pubbliche amministrazioni, tra cui una riduzione di 212 milioni di euro, al netto delle regolazioni debitorie, nei trasferimenti alle regioni. L'importo di 212 milioni deriva da una riduzione di 410 milioni dello stanziamento iniziale di bilancio relativo alle entrate tributarie riscosse direttamente dalle regioni Sicilia e Sardegna e dalle province autonome, nonché da una ulteriore riduzione di 310 milioni della devoluzione di quote di entrate erariali alle regioni a Statuto speciale; e da un aumento di 500 milioni delle riserve erariali per il biennio 2012-2013 per garantire l'attribuzione alle province autonome di somme spettanti a seguito di sentenze della Corte costituzionale. Le sentenze non sono specificate, ma si può segnalare, a titolo di esempio, che la sentenza n. 142 del 2012 ha censurato l'attribuzione totale allo Stato della addizionale erariale sulla tassa automobilistica provinciale, chiarendo che il gettito dell'addizionale in questione percepito nel territorio della provincia autonoma non può essere attribuito integralmente allo Stato.
  In conclusione, non essendovi richieste di intervento, propone di esprimere parere favorevole su entrambi i provvedimenti in titolo (vedi allegati 1 e 2).
  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione, con distinte votazioni, approva le proposte di parere della relatrice sul disegno di legge recante il Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2013 e sul disegno di legge recante l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2014.

Norme varie in materia sanitaria.
S. 1324 Governo.
(Parere alla 12a Commissione del Senato).
(Esame e rinvio)

  La Commissione inizia l'esame.

  Il presidente Renato BALDUZZI, relatore, nell'introdurre l'esame, rileva innanzitutto come il disegno di legge in titolo rechi un contenuto fortemente eterogeneo, raccogliendo disposizioni in gran parte già comprese in un analogo provvedimento il cui esame è stato avviato dal Parlamento nella precedente legislatura e, in qualche caso, frutto di proposte ancor più risalenti nel tempo. Proprio in considerazione della varietà dei contenuti, la Commissione di merito sta valutando la possibilità di stralciare alcuni articoli, in modo da concentrare la propria attenzione soltanto su alcune delle proposte recate dal provvedimento, rinviando ad altro momento la discussione delle altre.
  Fa presente che sullo schema iniziale del disegno di legge il Governo ha acquisito il 17 novembre 2013 il parere delle regioni e degli enti locali in sede di Conferenza unificata. Il parere è stato favorevole con osservazioni e proposte emendative, che il Governo, al momento di deliberare la versione definitiva del disegno di legge ai fini della presentazione al Parlamento, ha accolto molte delle richieste delle autonomie territoriali. La relazione di accompagnamento del disegno di legge dà invece conto delle richieste che non sono state accolte e delle ragioni del mancato accoglimento.
  Venendo ad una sintesi del contenuto, riferisce che l'articolo 1 delega il Governo ad una revisione della disciplina in materia di sperimentazione clinica dei medicinali per uso umano. Sugli schemi dei decreti legislativi attuativi della delega è prevista l'acquisizione dell'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.
  L'articolo 2 prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, siano inserite nei Livelli essenziali di assistenza sanitaria le prestazioni di controllo del dolore nella fase travaglio-parto, effettuate tramite ricorso a tecniche di anestesia loco-regionale, ferma restando la disciplina del consenso informato e della libertà di scelta delle partorienti.
  L'articolo 3 reca una revisione della disciplina degli ordini delle professioni sanitarie, con nuove norme organizzative, che concernono sia gli ordini esistenti (medici chirurghi, odontoiatri, veterinari, farmacisti), sia i nuovi ordini professionali che vengono contestualmente istituiti attraverso trasformazione dei relativi collegi (delle professioni infermieristiche, delle ostetriche e degli ostetrici, delle professioni sanitarie della riabilitazione, etc.). In generale, l'esercizio della professione viene subordinato all'iscrizione nel relativo albo e si prevede che gli ordini siano costituiti su scala provinciale e riuniti in federazioni nazionali.
  L'articolo 4 inserisce le professioni di biologo e di psicologo nell’àmbito delle professioni sanitarie. Mentre per l'ordine degli psicologi, restano ferme le attuali norme organizzative, l'ordine dei biologi è assoggettato alle novità organizzative previste per gli ordini delle professioni sanitarie. Inoltre, alcune competenze relative a questi ordini vengono trasferite dal ministro della giustizia al ministro della salute.
  L'articolo 5 modifica il regime delle sanzioni penali e accessorie previste in caso di esercizio abusivo di una professione sanitaria. Tra l'altro si prevede che i beni immobili confiscati per esercizio abusivo della professione sanitaria siano destinati al patrimonio del comune dove l'immobile è sito per essere destinati a finalità sociali e assistenziali.
  L'articolo 6 inserisce tra le circostanze aggravanti comuni l'avere, nei delitti non colposi, commesso il fatto in danno di persone ricoverate presso strutture sanitarie o presso strutture sociosanitarie residenziali o semiresidenziali.
  L'articolo 7, al fine di agevolare l'accesso dei giovani alla professione medica, accrescendo la partecipazione degli specializzandi all'attività professionale, prevede che, con accordo da concludere in sede di Conferenza Stato-regioni, possano essere definite ulteriori modalità attuative, anche negoziali, per l'inserimento dei medici in formazione specialistica all'interno delle strutture del Servizio sanitario nazionale.
  L'articolo 8 consente ai soggetti legittimati a esercitare professioni o arti sanitarie, ad eccezione dei professionisti abilitati alla prescrizione di medicinali, di svolgere la loro attività anche nelle farmacie e di stipulare convenzioni con i farmacisti sulla partecipazione all'utile della farmacia; consente inoltre, in caso di farmacie private appartenenti a società, di porre temporaneamente alla direzione della farmacia un qualsiasi farmacista iscritto all'albo, e non più necessariamente un farmacista socio.
  L'articolo 9 delega il Governo ad adottare un testo unico della normativa vigente sugli enti vigilati dal Ministero della salute (Istituto superiore di sanità; Istituti zooprofilattici sperimentali; Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali; Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori; Croce rossa italiana). Sullo schema del decreto legislativo è previsto il parere della Conferenza unificata.
  L'articolo 10 prevede l'istituzione del ruolo della dirigenza sanitaria del Ministero della salute e reca le norme di accesso a tale ruolo, nonché ai relativi incarichi di direzione di uffici dirigenziali di livello non generale o generale e alla qualifica di dirigente di prima fascia.
  L'articolo 11 delega il Governo al riassetto delle disposizioni vigenti in materia di sicurezza degli alimenti e dei mangimi, all'attuazione di alcuni regolamenti europei in materia e al riassetto delle norme in materia di raccolta e commercializzazione dei funghi epigei. Sugli schemi dei decreti legislativi attuativi delle due deleghe è prevista l'acquisizione dell'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.
  L'articolo 12 demanda ad un decreto ministeriale la definizione dell'obbligo di iscrizione in un apposito elenco nazionale degli stabilimenti posti sotto il controllo degli operatori del settore alimentare che intendono esportare determinati prodotti alimentari verso Paesi non appartenenti all'Unione europea, al fine di assicurare la tracciabilità, la sicurezza e la qualità dei prodotti in questione. Sul decreto è prevista l'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.
  L'articolo 13 prevede che i laboratori che eseguono analisi su campioni prelevati nell’àmbito dei sistemi di autocontrollo adottati dagli operatori dei settori alimentare e dei mangimi, debbano essere iscritti in elenchi tenuti dalla regioni e resi pubblici su internet. L'articolo prevede altresì obblighi di notifica e di iscrizione a carico degli operatori del settore dei materiali e oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti.
  L'articolo 14 autorizza il Ministero della salute ad allestire, quale integrazione dell'attuale sistema informativo nazionale delle anagrafi animali, un Sistema informativo nazionale veterinario per la sicurezza alimentare (S.I.N.V.S.A.), che deve assicurare la raccolta, la gestione e l'interscambio delle informazioni tra tutti i soggetti, pubblici e privati, a qualsiasi titolo operanti nel settore veterinario, della sicurezza alimentare, dei mangimi e della nutrizione. Le modalità tecnico-operative e funzionali del sistema sono adottate con decreto ministeriale, sentita la Conferenza Stato-regioni. Gli operatori dei settori alimentare e dei mangimi sono quindi tenuti a iscrivere nel sistema informativo gli stabilimenti sotto il loro controllo, qualora non siano attivi analoghi sistemi informativi regionali, in grado di aggiornare in tempo reale i dati del sistema nazionale. I tempi e le modalità di attuazione di questo obbligo sono definiti con uno o più decreti ministeriali, sentita la Conferenza Stato-regioni.
  Vengono inoltre estesi alle materie prime per mangimi e ai mangimi di origine non animale alcuni obblighi posti nella normativa vigente nel caso di introduzione da altri Paesi dell'Unione europea di prodotti di origine animale.
  L'articolo 15 modifica la disciplina sul riconoscimento e sui controlli sanitari relativi alle navi officina e alle navi frigorifero che trasportino prodotti di origine animale destinati all'alimentazione, allo scopo di specificare che la responsabilità di tali controlli spetta al Ministero della salute in via esclusiva. Infatti i controlli in questione sono di norma svolti dalle regioni, ma nel caso delle navi si pone il problema che le stesse, essendo stabilimenti «mobili», non sono riconducibili alla competenza territoriale di una specifica regione o azienda sanitaria locale.
  L'articolo 16 reca norme per il contrasto dei problemi sanitari derivanti da carenza di iodio, prevedendo la messa a disposizione dei consumatori anche del sale arricchito con iodio e disponendo in merito all'informazione dei consumatori in materia di iodioprofilassi.
  L'articolo 17 prevede che la relazione ministeriale annua sul Piano di controllo nazionale relativo agli alimenti, ai mangimi ed alla salute e al benessere degli animali sia trasmessa (oltre che alla Commissione europea) alle Camere.
  L'articolo 18, in attuazione di un regolamento europeo in materia di aggiunta di vitamine e minerali agli alimenti, prevede l'estensione agli alimenti che abbiano subìto l'aggiunta di vitamine e minerali di alcune norme vigenti relative ai «prodotti alimentari destinati ad un'alimentazione particolare». Altre disposizioni concernono le competenze amministrative in materia di prodotti fitosanitari.
  L'articolo 19 delega il Governo all'adozione di uno o più decreti legislativi, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, per prevedere norme di tutela dell'incolumità dalle aggressioni dei cani; il divieto di utilizzo e detenzione di esche e bocconi avvelenati; la salvaguardia di alcune condizioni di benessere dei cani; la possibilità di effettuare operazioni di derattizzazione nelle aree ambientali minacciate da ratti. Anche in questo caso è previsto che sugli schemi dei decreti legislativi attuativi della delega si acquisita l'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.
  È previsto poi che i medici veterinari del Ministero della salute che svolgono controlli nell’àmbito della tutela del benessere animale e dei reati in danno degli animali rivestono la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria.
  L'articolo 20 prevede che il Ministro della salute possa disporre misure tecniche diverse da quelle contemplate dal regolamento di polizia veterinaria per alcune delle malattie oggetto di quest'ultimo, qualora esse abbiano assunto un carattere endemico ovvero per le stesse risultino disponibili nuove metodiche diagnostiche, terapeutiche o vaccinali.
  L'articolo 21 prevede l'anagrafe degli equidi (cavalli e asini) e disposizioni per garantire la sicurezza e la tutela della salute delle persone nelle manifestazioni popolari nelle quali vengono impiegati equidi. Con decreto ministeriale, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, dovranno essere definite le procedure tecnico-operative necessarie per la cooperazione applicativa tra le banche dati pubbliche e i sistemi informativi dell'Associazione italiana allevatori (AIA) concernenti l'anagrafe degli equidi. Inoltre, con decreto ministeriale, anche in questo caso previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, sono stabiliti i requisiti minimi di sicurezza per l'incolumità pubblica e per il benessere degli animali impiegati nelle manifestazioni di cui si è detto.
  L'articolo 22 detta sanzioni in caso di violazione delle norme prevista a tutela del benessere degli animali. In particolare si prevede che l'autorità sanitaria competente, qualora nelle verifiche ispettive riscontri la ripetizione di violazioni di tali norme, sotto determinate condizioni, provveda a sospendere l'attività della struttura dove risiedano gli animali sino all'avvenuto adeguamento.
  L'articolo 23 sopprime il divieto, negli allevamenti, del taglio delle ali dei volatili.
  L'articolo 24 concerne i termini temporali e le modalità di adempimento di obblighi di notifica e di segnalazione, da parte di talune pubbliche amministrazioni, di malattie degli animali a carattere infettivo e diffusivo. In particolare, si prevede che ciò avvenga in via esclusiva col mezzo telematico.
  L'articolo 25 vieta la vendita ai minori di sigarette elettroniche con presenza di nicotina e stabilisce le relative sanzioni; dispone inoltre che le confezioni delle sigarette elettroniche rechino avvertenze a tutela dei consumatori; fa obbligo ai fabbricanti di fornire gli apparecchi di chiusura di sicurezza a prova di bambino; e demanda a un regolamento ministeriale la definizione di modalità e criteri per l'effettuazione di pubblicità delle sigarette elettroniche, ai fini di evitare un uso scorretto e prevenire il rischio di induzione al tabagismo.
  L'articolo 26 reca norme di chiusura per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, prevedendo che le regioni adeguano il proprio ordinamento alle disposizioni di principio desumibili dalla legge in esame, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, e che sono fatte salve le potestà attribuite alle regioni a statuto speciale e alle province autonome dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione.
  Si tratta di una disposizione di salvaguardia la cui introduzione nel testo è stata chiesta dalle regioni con il già ricordato parere espresso in sede di Conferenza unificata.

  Il senatore Gianpiero DALLA ZUANNA (PD), nel confermare che la Commissione di merito sta valutando l'opportunità di stralciare alcuni articoli del provvedimento e nell'informare che soprattutto le proposte relative agli ordini professionali sono state oggetto, nel corso delle audizioni svolte dalla Commissione di merito, di rilievi critici, chiede se anche la Commissione parlamentare per le questioni regionali possa limitare il proprio parere agli articoli che in sede referente si sceglierà di non stralciare.

  Il presidente Renato BALDUZZI, relatore, rispondendo al senatore Dalla Zuanna, fa presente che la Commissione igiene e sanità non ha ancora deliberato nulla in merito allo stralcio e che la Commissione parlamentare per le questioni regionali è pertanto al momento chiamata a rendere il parere sull'intero provvedimento.
  Quindi, dopo aver avvertito che il termine per la presentazione di emendamenti al testo è attualmente fissato in Commissione di merito a lunedì 28 luglio, propone di rinviare il seguito dell'esame alla prossima settimana, per dare modo ai commissari di approfondire i contenuti del provvedimento, che, incidendo largamente sulle materie della tutela della salute e delle professioni, tocca in modo significativo le competenze della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
  Preso atto che non vi sono obiezioni a che si proceda nel modo da lui proposto, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Domini Collettivi.
S. 968 Pagliari.
(Parere alle Commissioni riunite 2a e 13a del Senato).
(Esame e rinvio)

  La Commissione inizia l'esame.

  Il deputato Simone VALIANTE (PD), relatore, introducendo l'esame del provvedimento, ricorda che i domini collettivi sono forme di organizzazione per l'uso comune del territorio aventi origini antichissime e rivestenti ancora oggi, in alcune parti del Paese, rilievo economico, ambientale e sociale, per il pascolo, il legnatico, la semina e la caccia.
  Fa presente che nell'ambito della categoria dei beni collettivi sono comprese generalmente due fattispecie: gli usi civici sulla proprietà privata, ossia i diritti di godimento su un terreno di proprietà altrui, e le proprietà collettive, ossia le terre comuni, dalle quali la collettività, che ne è proprietaria, ha diritto di ritirare tutte le utilità che possono dare, senza dividere il godimento del bene con altro proprietario. Le proprietà collettive, a loro volta, possono essere aperte oppure chiuse: in questo secondo caso al godimento del bene sono ammessi solo i residenti attuali che siano anche discendenti dei residenti originari. Le proprietà collettive sono assimilabili a quelle demaniali, in quanto hanno in comune alcune caratteristiche fondamentali. In particolare, a causa dell'esigenza di preservare il godimento da parte dell'intera collettività ed evitare che esse vengano parcellizzate da usurpatori, le proprietà collettive sono caratterizzate dall'inalienabilità e dall'indivisibilità e sono gravate da perpetuo vincolo di destinazione. Il corpus normativo di riferimento è costituito principalmente dalla legge n. 1766 del 1927 e dal relativo regolamento di attuazione del 1928 e poi anche dalla normativa non solo statale, ma anche regionale successiva. Quanto alle regioni, va detto infatti che il decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977 ha trasferito loro molte competenze amministrative in materia di usi civici, il cui esercizio è stato quindi oggetto di legislazioni regionali, e che la legge n. 97 del 1994 (Nuove disposizioni per le zone montane) ha affidato alla regioni il compito di riordinare, sulla base di principi dettati dalla stessa legge, la disciplina delle organizzazioni montane comunque denominate che godono della proprietà collettiva di beni agro-silvo-pastorali.
  Venendo al disegno di legge in esame, osserva che i terreni demaniali, compresi quelli gravati da usi civici, sono una grande risorsa e un'importante occasione di sviluppo, soprattutto per l'economia delle regioni meridionali e tanto più in un periodo di difficoltà economica come quello in corso. Non per nulla la legislazione più recente persegue la cessione dei terreni demaniali ai privati, per valorizzarli e anche per promuovere l'imprenditoria agricola giovanile.
  A suo avviso, si dovrebbe prevedere il censimento, da parte dei comuni, dei terreni in questione e la loro valorizzazione, attraverso appositi programmi, da sottoporre all'approvazione delle regioni, che prevedano l'assegnazione degli stessi a soggetti qualificati, con procedure ad evidenza pubblica e a fini di utilizzo agricolo, anche per promuovere l'imprenditoria agricola giovanile.
  Segnala che in questo senso si orienta una proposta di legge da lui presentata alla Camera (n. 1653, Disposizioni per la valorizzazione dei terreni demaniali dei comuni mediante la loro assegnazione per uso agricolo), alla quale rinvia.
  Venendo al dettaglio del testo in esame, riferisce che l'articolo 1 prevede che, in attuazione degli articoli 2, 9, 42, secondo comma, e 43, della Costituzione, la Repubblica – e quindi anche le autonomie territoriali – debba riconoscere i domini collettivi, comunque denominati, quale ordinamento giuridico primario delle comunità originarie e conferisce loro una soggettività giuridica non meglio precisata.
  L'articolo 2 enuncia le competenze della Repubblica in materia di beni collettivi. In particolare, si prevede che la Repubblica debba tutelare e valorizzare i beni di godimento collettivo e i diritti di uso e di gestione dei beni in questione da parte dei cittadini. Viene in particolar modo evidenziata l'esigenza di tutela dei beni collettivi in quanto mezzi per la conservazione del patrimonio naturale, dell'ambiente e del paesaggio.
  L'articolo 3, implicitamente integrando il Titolo I del Libro III del codice civile a costituire una specie di tertium genus tra i beni pubblici e quelli privati, raggruppa i beni collettivi in sei categorie: terre di originaria proprietà collettiva, terre assegnate in proprietà collettiva agli abitanti di un comune o di una frazione a seguito della liquidazione dei diritti d'uso, terre derivanti dallo scioglimento delle promiscuità e dallo scioglimento di associazioni agrarie, terre di proprietà di soggetti pubblici o privati, sulle quali i residenti del comune o della frazione esercitano usi civici non ancora liquidati, terre collettive, comunque denominate, appartenenti a famiglie discendenti dagli originari del luogo e, infine, corpi idrici sui quali i residenti del comune o della frazione esercitano usi civici. Si prevede, inoltre, che i beni vadano a costituire il patrimonio civico o demanio civico dell'ente, stabilendo anche che il regime giuridico dei beni collettivi resta quello dell'inalienabilità, dell'indivisibilità, dell'inusucapibilità e della perpetua destinazione agrosilvopastorale. In particolare, l'articolo 3, comma 6, ultimo periodo, prevede che, in caso di imposizione del vincolo paesaggistico sulle zone gravate da usi civici, questo vincolo permanga anche in caso di liquidazione degli usi civici.
  Fa presente che sulla materia degli usi civici, cui, come detto, si possono assimilare i domini collettivi, la Corte costituzionale si è pronunciata da ultimo nella recentissima sentenza n. 210 del 2014, depositata il 18 luglio scorso. Chiamata a giudicare su un ricorso dello Stato contro una disposizione di legge della regione Sardegna che delega i comuni a una ricognizione generale degli usi civici esistenti sul proprio territorio in vista del possibile superamento dei relativi diritti (attraverso permute, alienazioni, sclassificazioni e trasferimenti), la Corte costituzionale ha accolto la tesi dello Stato, secondo cui la disposizione tenderebbe alla sostanziale cessazione degli usi civici e in questo modo, considerato che gli usi civici sono indirettamente un presidio dell'ambiente e del paesaggio, interferirebbe sulla conservazione e sulla tutela di questi ultimi e quindi su una competenza statale, atteso che la cura dei beni ambientali e paesistici spetta in via esclusiva allo Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione.
  Più precisamente, la Corte ha osservato che la finalità originaria che il legislatore del 1927 ha inteso perseguire disciplinando gli usci civici era quella della liquidazione degli stessi, per una migliore utilizzazione agricola dei relativi terreni e che questo non ha però impedito la loro sopravvivenza con un ruolo non marginale nell'economia agricola del Paese e anzi i profondi mutamenti economici e sociali intervenuti nel secondo dopoguerra hanno inciso anche in questo settore, mettendo in ombra il profilo economico dell'istituto, ma nel contempo evidenziandone la rilevanza quanto ad altri profili e in particolare quanto a quelli ambientali, di modo che si è andato delineando un forte collegamento funzionale con la tutela dell'ambiente.
  La Corte ha quindi preso atto che, per quanto riguarda la regione Sardegna, gli usi civici sono soggetti a due distinte potestà legislative, una regionale e una statale: regionale perché in questa materia la Sardegna ha una competenza legislativa primaria stabilita dallo statuto; statale perché gli usi civici contribuiscono alla salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio e la conservazione di questi ultimi spetta, in base all'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione e alla giurisprudenza costituzionale, alla cura esclusiva dello Stato.
  La Corte, tuttavia, non ha messo in discussione l'ispirazione complessiva della legge regionale della Sardegna – che, come detto, tende alla ricognizione degli usi civici e al tendenziale superamento degli stessi con conseguente «liberazione» dei terreni demaniali gravati da uso civico – ma si è limitata a chiarire che, data la potenziale incidenza sull'ambiente e sul paesaggio del piano avviato dalla Sardegna, la legge regionale deve considerarsi incostituzionale nella parte in cui non prevede che gli atti modificativi dei vincoli di destinazione d'uso dei terreni soggetti a usi civici siano comunicati agli organi statali competenti affinché lo Stato possa far valere la sua competenza a tutelare il paesaggio con la conservazione dei vincoli esistenti o con l'apposizione di vincoli diversi. Ciò è importante, ai fini del parere che la Commissione si accinge a rendere, in quanto implica che la sentenza di cui si parla afferma la competenza legislativa statale in materia di usi civici, ma non ne impone necessariamente la conservazione da parte dei comuni.
  In conclusione, propone di esprimere un parere favorevole nel quale, dopo aver messo in evidenza, nelle premesse, i presupposti che legittimano un intervento normativo dello Stato in questa materia, si faccia cenno del fatto che le politiche pubbliche e la legislazione più recenti tendono, più che alla conservazione, alla cessione ai privati dei terreni demaniali, anche gravati da usi civici, come mezzo per promuovere l'economia e per favorire l'imprenditoria agricola giovanile, e che tali terreni costituiscono una grande risorsa e, in un periodo di difficoltà economica come questo, rappresentano un'importante occasione di sviluppo per i territori, soprattutto per quelli delle regioni meridionali, di modo che sarebbe auspicabile prevedere che i comuni, dopo averne fatto il censimento, li valorizzassero, d'intesa con le regioni, assegnandoli con procedure ad evidenza pubblica a soggetti qualificati che ne facciano un uso agricolo, e questo anche al fine di promuovere l'imprenditoria agricola giovanile.
  A parte queste considerazioni, che potrebbero trovare posto nelle premesse del parere, ritiene che si debba segnalare alle Commissioni di merito, sotto forma di condizioni, da un lato l'esigenza, all'articolo 1, di chiarire la natura giuridica dei domini collettivi, nel contempo salvaguardando le competenze dei comuni e delle regioni in materia di valorizzazione e gestione dei terreni gravati da usi civici; e, dall'altro lato l'esigenza di riformulare l'articolo 3, comma 6, ultimo periodo per specificare che il vincolo paesaggistico non riguarda i terreni che sono stati già oggetto di liquidazione, legittimazione o affrancamento.

  Il presidente Renato BALDUZZI osserva che la materia dei domini collettivi è di grande interesse e ricorda che fu trattata anche da Santi Romano, oltre che da Enrico Finzi, Filippo Vassalli e Salvatore Pugliatti, menzionati nella relazione introduttiva al disegno di legge in esame.

  Il senatore Mario DALLA TOR (NCD) chiede al relatore se l'esistenza di domini collettivi riguardi alcune parti del territorio più di altre e in generale quale sia l'effettiva consistenza nel Paese di questo tipo di organizzazione. Chiede inoltre un chiarimento in merito all'ultimo periodo dell'articolo 3, comma 6.

  Il deputato Simone VALIANTE (PD), relatore, risponde che non è in grado di specificare quante siano queste forme di godimento collettivo del territorio, né se siano più concentrate in una parte del territorio piuttosto che in un'altra, anche perché si tratta di un fenomeno dai contorni complessivamente imprecisati, come del resto testimonia il fatto la regione Sardegna ha sentito l'esigenza di avviare un programma per la ricognizione degli usi civici. Esprime l'avviso che ricognizioni di questo tipo siano importanti, al fine di individuare i terreni demaniali effettivamente gravati da usi civici e, in generale, di valorizzarli, eventualmente mediante assegnazione in uso a fini agricoli.
  Quanto all'ultimo periodo dell'articolo 3, comma 6, chiarisce che la sua preoccupazione è quella di evitare che il mantenimento del vincolo paesaggistico anche in caso di liquidazione degli usi civici, previsto dal periodo in questione, rechi un pregiudizio ai privati che ad esempio abbiano richiesto e siano in attesa di ottenere il permesso di costruire su terreni affrancati o che abbiano avviato pratiche per la sanatoria di immobili costruiti su terreni di questo tipo o che comunque siano in attesa di provvedimenti autorizzativi collegati a questi terreni, i quali rischierebbero così di venire travolti dalla mancanza del nulla osta delle autorità competenti in materia paesaggistica.

  Il deputato Francesco RIBAUDO (PD) rileva che il provvedimento in esame è in teoria condivisibile, anche in considerazione dell'obiettivo che persegue, vale a dire quello di assicurare la conservazione del territorio, ma in pratica rischia di essere anacronistico, in quanto ispirato a una logica di conservazione dei domini collettivi e di loro trasformazione in soggetti istituzionali che non è quella che ha ispirato le regioni nell'esercizio delle funzioni loro attribuite su questa materia. Oggi infatti si tende ad affrancare i terreni gravati da usi civici in quanto sussistono nuove esigenze, fermo restando che è giusto il principio affermato dalla Corte costituzionale in merito al fatto che spetta allo Stato accertare che la liquidazione degli usi civici non comporti un danno per l'ambiente e per il paesaggio.

  Il senatore Lionello Marco PAGNONCELLI (FI-PdL), premesso che è, a suo avviso, importante salvaguardare il lavoro svolto dalle regioni e dai comuni in questi anni, si dice contrario alla costituzione di nuovi soggetti istituzionali, essendo oggi più che mai necessario semplificare il sistema degli enti operanti sui territori.

  Il senatore Gianpiero DALLA ZUANNA (PD) osserva che, essendo il titolo V della parte II della Costituzione attualmente oggetto di revisione costituzionale, è difficile in prospettiva inquadrare esattamente le competenze legislative dello Stato e delle regioni. A parte questo, ritiene che le competenze acquisite ed esercitate dalle regioni in questa materia negli anni debbano essere salvaguardate.

  Il senatore Roberto COTTI (M5S), premesso di essere favorevole al provvedimento in esame, dichiara di non condividere la proposta del relatore di introdurre nel parere una condizione per chiedere la riformulazione dell'ultimo periodo dell'articolo 3, comma 6.

  Il senatore Roberto RUTA (PD), considerata la complessità del tema, chiede al presidente se si possa rinviare l'espressione del parere ad altra seduta.

  Il presidente Renato BALDUZZI, dopo aver chiarito che il termine per la presentazione di emendamenti al testo in esame è al momento fissato a domani, esprime l'avviso che la Commissione possa senz'altro rinviare l'espressione del parere, anche in considerazione del fatto che la Commissione territorio e ambiente, che unitamente con la Commissione giustizia è assegnataria del provvedimento in sede referente, è in questa fase assorbita, insieme con la Commissione industria, commercio e turismo, dalla discussione del decreto-legge n. 91 del 2014.
  Chiede poi al relatore di valutare la possibilità di formulare come osservazione, e non come condizione, il rilievo da lui annunciato in riferimento all'articolo 3, comma 6, ultimo periodo, sia perché attiene a un profilo di merito del provvedimento, sia perché dovrebbe essere implicito, anche se certamente è utile esplicitarlo, che la disposizione in questione non si applicherà ai procedimenti amministrativi già in essere, dal momento che le norme di legge, salva indicazione contraria, dispongono per l'avvenire.

  Il deputato Simone VALIANTE (PD), relatore, si dichiara disponibile ad accogliere l'indicazione del presidente, come pure a rimandare l'espressione del parere ad altra seduta.

  Il presidente Renato BALDUZZI, preso atto che nessuno si oppone a rimandare l'espressione del parere, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 8.55.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.