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CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 28 ottobre 2015
530.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
Pag. 32

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 28 ottobre 2015. — Presidenza del vicepresidente Paolo PETRINI. — Interviene il viceministro dell'economia e delle finanze Luigi Casero.

  La seduta comincia alle 13.40.

Schema di decreto legislativo recante modifiche del decreto legislativo n. 385 del 1993 e del decreto legislativo n. 98 del 1998, in attuazione della direttiva 2014/59/UE che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento.
Atto n. 208.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo, rinviato nella seduta del 13 ottobre scorso.

  Paolo PETRINI, presidente, ricorda che il relatore, Carbone, nel corso della precedente seduta di esame aveva illustrato il contenuto del provvedimento e che nella giornata del 20 ottobre scorso la Commissione ha svolto un Seminario istituzionale sulle tematiche affrontate dal provvedimento, il quale ha permesso di approfondire tali problematiche.

  Ernesto CARBONE (PD), relatore, si riserva di formulare una proposta di parere nella giornata di martedì 3 novembre prossimo, per votarlo nella seduta di mercoledì 4 novembre.

  Paolo PETRINI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/59/UE che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento.
Atto n. 209.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo, rinviato, da ultimo, nella seduta del 27 ottobre scorso.

  Paolo PETRINI (PD), presidente e relatore, ricorda di aver preannunciato, nella seduta di ieri, l'intenzione di presentare una proposta di parere nella seduta di martedì 3 novembre prossimo, al fine di giungere alla votazione del parere stesso nella seduta di mercoledì 4 novembre.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.45.

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 28 ottobre 2015. — Presidenza del vicepresidente Paolo PETRINI. – Intervengono il viceministro dell'economia e delle finanze Luigi Casero e il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Pier Paolo Baretta.

  La seduta comincia alle 13.45.

Ratifica ed esecuzione del Protocollo che modifica la Convenzione tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera per evitare le doppie imposizioni e per regolare talune altre questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio, con Protocollo aggiuntivo.
C. 3331 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 27 ottobre scorso.

  Paolo PETRINI, presidente, ricorda che il relatore, Sanga, ha formulato una proposta di parere favorevole (vedi allegato 1), la quale è stata già trasmessa informalmente via e-mail a tutti i componenti della Commissione nel pomeriggio di ieri. Pag. 33
  Informa quindi che il gruppo M5S ha formulato una proposta di parere alternativa contraria (vedi allegato 2), la quale sarebbe posta in votazione solo ove fosse respinta la proposta di parere formulata dal relatore.

  La Commissione approva la proposta di parere formulata dal relatore.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e la Santa Sede in materia fiscale.
C. 3329 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 27 ottobre scorso.

  Paolo PETRINI, presidente, ricorda che il relatore, Bernardo, aveva illustrato, nel corso della seduta di ieri, il contenuto del provvedimento, formulando su di esso una proposta di parere favorevole.

  La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Principato di Monaco sullo scambio di informazioni in materia fiscale, con Protocollo.
C. 3330 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Alessandro PAGANO (AP), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai fini del parere alla III Commissione Affari esteri, il disegno di legge C. 3330, recante ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Principato di Monaco in materia fiscale, fatto a Roma il 2 marzo 2015.
  In primo luogo segnala come l'Accordo di cui si propone la ratifica sia basato sugli standard dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), sia conforme al Modello di Tax information exchange agreement (TIEA), e consenta lo scambio di informazioni su richiesta. Lo Stato a cui sono richieste le informazioni non può rifiutarsi di fornire allo Stato richiedente la collaborazione amministrativa per mancanza di interesse ai propri fini fiscali, né opporre il segreto bancario.
  Ricorda inoltre che, come emerge dalla relazione introduttiva al provvedimento, nonché dalla relazione tecnico-normativa, la ratio della stipula dell'Accordo, il quale è strettamente aderente agli standard internazionali dettati dall'OCSE, risiede nella necessità di adattare i rapporti finanziari tra l'Italia e il Principato di Monaco al nuovo quadro internazionale, dettato soprattutto in seno all'OCSE e al G20, che vede il potenziamento degli strumenti contro l'evasione e l'elusione fiscale internazionali. Elementi centrali del Protocollo sono infatti l'accresciuta cooperazione tra le rispettive Amministrazioni finanziarie e la restrizione drastica della sfera di discrezionalità di ciascuna delle Parti nel prestare assistenza e informazioni all'altra Parte.
  In tale contesto evidenzia come l'Accordo possa avere effetti positivi sull'esito della procedura di collaborazione volontaria, cosiddetta voluntary disclosure (disciplinata dalla legge n. 186 del 2014, e ora oggetto di modifica ad opera del decreto-legge n. 153 del 2015, il cui disegno di legge di conversione è all'esame del Senato), in quanto allarga la platea dei potenziali aderenti alla procedura per la regolarizzazione dei capitali. In sostanza rileva come, per effetto della sottoscrizione tempestiva dell'accordo rispetto alla tempistica prevista dalla voluntary disclosure, il Principato di Monaco, impegnandosi allo scambio di informazioni, venga equiparato ad un Paese non black list.
  Pertanto, i contribuenti che intendono aderire alla regolarizzazione non subiscono Pag. 34il raddoppio dei termini di accertamento e il conseguente peggioramento del trattamento sanzionatorio previsto, invece, per chi regolarizza capitali da Paesi compresi nella cosiddetta «black list».
  Rammenta al riguardo che la predetta legge n. 186 del 2014 ha introdotto una procedura di collaborazione volontaria del contribuente con l'Amministrazione fiscale per l'emersione e il rientro in Italia di capitali detenuti all'estero. La procedura sostanzialmente trova applicazione anche per quanto riguarda le irregolarità riguardanti attività detenute in Italia. Il medesimo provvedimento ha introdotto il reato di autoriciclaggio. I soggetti che detengono attività e beni all'estero ed hanno omesso di dichiararli potranno sanare la propria posizione nei confronti dell'erario pagando, in un'unica soluzione e senza possibilità di compensazione, l'intera misura delle imposte dovute e le sanzioni (queste ultime in misura ridotta). Per effetto della collaborazione volontaria viene garantita la non punibilità per alcuni reati fiscali relativi agli obblighi dichiarativi ed il pagamento in misura ridotta delle sanzioni tributarie. La procedura non può essere utilizzata se la richiesta di accesso è presentata dopo che l'autore ha avuto conoscenza dell'inizio di attività di accertamento fiscale o di procedimenti penali per violazioni tributarie, ed opera per le violazioni dichiarative commesse sino al 30 settembre 2014, con possibilità di esperire la procedura fino al 30 novembre 2015 (termine così prorogato, rispetto all'originario 30 settembre 2015, dall'articolo 2 del citato decreto-legge n. 153 del 2015).
  Osserva quindi come, in tale contesto, risulti rilevante ai fini degli effetti dell'Accordo la previsione di cui all'articolo 5-quater, comma 4, del decreto-legge n. 167 del 1990 (introdotto dalla legge n. 186 del 2014), come modificata dall'articolo 10, comma 12-quaterdecies, del decreto-legge n. 192 del 2014, la quale ha eliminato il raddoppio dei termini per emettere l'atto di contestazione per le violazioni da monitoraggio fiscale nella procedura di collaborazione volontaria con riferimento ai Paesi cosiddetti black list che stipulano tempestivamente accordi con l'Italia volti a consentire un effettivo scambio di informazioni fiscali.
  Più precisamente, perché non operi il predetto raddoppio dei termini l'articolo 5-quater, comma 4, del decreto-legge n. 167 stabilisce che debbano verificarsi congiuntamente le seguenti condizioni:
   1) ai sensi dell'articolo 5-quinquies, comma 7, del decreto-legge n. 167 del 1990, introdotto dalla citata legge n. 186 del 2014, il Paese black list presso il quale erano o sono detenuti gli investimenti e le attività estere oggetto della collaborazione volontaria abbia stipulato con l'Italia, entro il 2 marzo 2015 (cioè entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge n. 186 del 2014), un accordo che consente un effettivo scambio di informazioni conforme all'articolo 26 del modello di convenzione contro le doppie imposizioni elaborato dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), anche con riferimento al periodo tra la data della stipula e quella dell'entrata in vigore dell'accordo: tale condizione si verifica dunque con riferimento all'Accordo in esame, il quale è stato appunto stipulato il 2 marzo 2015;
   2) ai sensi dell'articolo 5-quinquies, comma 4, primo periodo, lettera c), del richiamato decreto-legge n. 167 del 1990, il contribuente che ha attivato la procedura e che vuole mantenere le attività oggetto di collaborazione volontaria nel Paese black list ove già le deteneva deve rilasciare all'intermediario finanziario estero presso cui le attività erano o sono detenute l'autorizzazione a trasmettere alle Autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti le attività oggetto di procedura (cosiddetto waiver) ed allegare copia di tale autorizzazione, controfirmata dall'intermediario finanziario estero, alla richiesta di collaborazione volontaria, in relazione ai periodi d'imposta successivi a quello di adesione alla collaborazione volontaria, fino all'effettiva operatività dello scambio di informazioni conforme al predetto articolo 26 (cosiddetto monitoraggio rafforzato);Pag. 35
   3) in base all'articolo 5-quinquies, comma 5, del decreto-legge n. 167 del 1990, nel caso in cui il contribuente trasferisca, successivamente all'attivazione della procedura, le attività oggetto di collaborazione volontaria presso un altro intermediario localizzato fuori dall'Italia o da gli Stati membri dell'Unione europea o aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo, deve rilasciare all'intermediario finanziario estero presso cui le attività sono trasferite l'autorizzazione a trasmettere alle Autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti le attività oggetto della procedura a partire dal periodo d'imposta nel corso del quale avviene il trasferimento.
  Sempre in ordine agli effetti dell'Accordo, rammenta come il già citato articolo 5-quinquies, comma 7, del decreto-legge n. 167 del 1990 preveda inoltre che, qualora le attività oggetto della procedura di collaborazione volontaria sono o erano detenute in Paesi i quali stipulino con l'Italia, entro la predetta data del 2 marzo 2015, un accordo che permetta un effettivo scambio di informazioni conforme all'articolo 26 del modello di convenzione contro le doppie imposizioni elaborato dall'OCSE, la misura della sanzione minima per le violazioni dell'obbligo di dichiarazione delle predette attività è fissata al 3 per cento dell'ammontare non dichiarato e non si applica il raddoppio delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per gli investimenti detenuti negli Stati a regime fiscale privilegiato nel caso di omessa o tardiva dichiarazione.
  Per quanto riguarda i più recenti altri accordi bilaterali sottoscritti dall'Italia in materia, rammenta che il 23 febbraio 2015 i rappresentanti dei Governi italiano ed elvetico hanno firmato un Protocollo che modifica la Convenzione per evitare le doppie imposizioni e consente lo scambio di informazioni su richiesta ai fini fiscali. Il 26 febbraio è stato firmato un accordo apposito con il Liechtenstein, con un Protocollo aggiuntivo che disciplina le richieste di gruppo: le autorità fiscali italiane potranno presentare richiesta di informazioni su gruppi di contribuenti relativamente a comportamenti considerati a rischio. Di tenore analogo è l'accordo firmato il 1o aprile 2015 con la Santa Sede.
  Passando al contenuto specifico dell'Accordo, il quale si compone di 14 articoli, illustra l'articolo 1, il quale definisce l'oggetto dell'Accordo, prevedendo che le autorità competenti delle Parti contraenti si prestino assistenza scambiandosi informazioni verosimilmente rilevanti per l'applicazione delle rispettive normative interne, in relazione alle imposte oggetto dell'Accordo. Le informazioni si riferiscono alla determinazione, all'accertamento e alla riscossione di dette imposte, nonché al recupero dei crediti fiscali con relative misure di esecuzione, ovvero a indagini e procedimenti per reati tributari.
  Viene stabilito inoltre che i diritti e le garanzie assicurate alle persone dall'ordinamento della Parte interpellata restano applicabili, ma solo qualora essi non impediscano o posticipino indebitamente l'effettivo scambio di informazioni.
  In base all'articolo 2, una Parte interpellata non è obbligata a fornire informazioni che non siano in possesso delle propria autorità o di persone entro la sua giurisdizione territoriale.
  L'articolo 3, al comma 1, enumera le imposte considerate dall'Accordo: per quanto riguarda la Parte italiana specifica che si tratta dell'IRPEF, dell'IRES, dell'IRAP, delle imposte sulle donazioni e successioni e delle imposte sostitutive, mentre per quanto per il Principato di Monaco si tratta dell'imposta sugli utili dei redditi commerciali, delle persone fisiche, dell'imposta sugli utili delle società, delle imposte sulle donazioni e successioni, dell'imposta sui trasferimenti e delle accise.
  Il comma 2 prevede l'applicazione dell'Accordo anche ad ogni imposta di identica natura, comprese le imposte locali, che venga istituita dopo la data della firma dell'Accordo; nonché ad ogni imposta di natura sostanzialmente analoga, ma in questo caso solo su intesa delle competenti autorità delle due Parti – le quali peraltro si notificheranno ogni modifica sostanziale Pag. 36apportata alle disposizioni in materia fiscale e sulla raccolta delle informazioni previste nell'Accordo.
  L'articolo 4 reca numerose definizioni rilevanti per l'interpretazione dell'Accordo.
  Illustra quindi l'articolo 5, il quale riguarda lo scambio di informazioni su richiesta. In particolare, il comma 1 prevede che la Parte interpellata fornisca le informazioni richieste indipendentemente dal fatto che il comportamento cui sono collegate costituisca un reato ai sensi della propria legislazione, mentre il comma 3 contempla anche la possibilità che la Parte interpellata fornisca le informazioni sotto forma di deposizioni testimoniali e di copie autenticate di documenti originali, laddove ciò sia consentito dal proprio diritto interno.
  Il comma 2 specifica che la Parte destinataria della richiesta di informazioni è tenuta a utilizzare tutte le misure rilevanti per la raccolta di informazioni che già non siano in suo possesso, a prescindere dal fatto che la Parte richiesta necessiti delle informazioni per i propri fini fiscali.
  Ai sensi del comma 4 ciascuna Parte contraente assicura che le proprie autorità competenti abbiano l'effettivo potere di ottenere informazioni in possesso di banche, istituti finanziari o di qualsiasi persona che operi in qualità di agente, fiduciario o intestatario, nonché informazioni sulla proprietà nominale e sulla proprietà effettiva di società di capitali, società di persone, fondazioni, trust. Peraltro l'Accordo non crea alcun obbligo per le Parti di fornire assolutamente informazioni sulla proprietà riferentisi a società quotate in Borsa o a fondi comuni di investimento pubblici.
  I commi 5 e 6 riguardano le modalità della cooperazione tra le competenti autorità delle due Parti, rispettivamente per quanto riguarda la richiesta di informazioni fiscali e l'inoltro delle stesse.
  Passa quindi a illustrare l'articolo 6, il quale riguarda le indagini fiscali all'estero, e prevede le modalità secondo le quali rappresentanti delle autorità competenti di una Parte contraente possano interrogare persone ed esaminare documenti nel territorio dell'altra Parte – previo consenso scritto delle persone interessate –, ovvero partecipare a verifiche fiscali nel territorio dell'altra Parte contraente.
  L'articolo 7 concerne i casi in cui sia possibile rifiutare una richiesta di informazioni fiscali in base all'Accordo, nonché le relative eccezioni, stabilendo innanzitutto, al comma 1, che la Parte interpellata non ha l'obbligo di ottenere o fornire informazioni che la Parte richiedente non potrebbe ottenere in base alla propria legislazione fiscale.
  Inoltre, in base al comma 2, una Parte contraente non è obbligata a fornire informazioni suscettibili di rivelare un segreto commerciale, industriale o professionale. La norma specifica peraltro che tra queste tipologie di segreti non figurano le informazioni di cui al precedente articolo 5, comma 4, relative a banche e istituti finanziari.
  In base ai commi 3, 4 e 5 dell'articolo 7, l'Accordo non impone a una Parte contraente di ottenere o fornire informazioni su comunicazioni riservate tra un cliente e un legale procuratore o avvocato, qualora tali comunicazioni siano relative alla prestazione di consulenza legale o all'utilizzazione in procedimenti giudiziari esistenti o previsti; la Parte interpellata può altresì rifiutare una richiesta di informazioni se la loro divulgazione sia contraria all'ordine pubblico, mentre non può rifiutare una richiesta di informazioni qualora la pretesa fiscale da cui si origina la richiesta di informazioni sia oggetto di controversia.
  Ai sensi del comma 6, la Parte interpellata può rifiutare di adempiere ad una richiesta di informazioni se queste siano collegate a una disposizione della legislazione fiscale della Parte richiedente che comporti una discriminazione ai danni di un cittadino della Parte interpellata.
  L'articolo 8 prevede che le informazioni ricevute nell'ambito della collaborazione bilaterale da uno Stato contraente siano comunicate soltanto alle persone o autorità – e tra queste i tribunali e le autorità Pag. 37amministrative – competenti nell'accertamento e nella riscossione delle imposte, ovvero nelle procedure e procedimenti riguardanti tali imposte, o ancora nelle decisioni sui ricorsi per esse presentati e nel controllo delle precedenti attività correlate. Il vincolo per coloro che ricevono le informazioni è quello ad utilizzarle solo per le proprie ragioni d'ufficio, anche se potranno rivelarle in ambito giudiziario. L'utilizzazione ad altri fini delle informazioni ricevute è subordinata al consenso scritto dell'autorità competente della Parte che le ha rilasciate.
  Osserva quindi come l'articolo 9 preveda la ripartizione delle spese per le attività di scambio di informazioni previste dall'Accordo, le quali saranno, di norma, a carico della Parte interpellata per quanto concerne i costi ordinari, e dell'altra Parte in relazione ai costi straordinari: è comunque previsto che le autorità competenti delle due Parti si consultino occasionalmente, soprattutto in caso di costi significativi.
  In base all'articolo 10 le Parti contraenti adottano la legislazione necessaria per l'applicazione delle disposizioni dell'Accordo.
  In tale contesto segnala l'articolo 11, il quale stabilisce che, in caso di controversie sull'interpretazione o l'applicazione dell'Accordo, le competenti autorità delle due Parti ne perseguiranno il superamento attraverso una procedura amichevole, fatta salva la possibilità che le Parti concordino anche ulteriori modalità di risoluzione della controversia.
  L'articolo 12 riguarda le metodologie per eliminare la doppia imposizione sui redditi sia nei confronti di persone residenti in Italia o nel Principato di Monaco, sia nei confronti di residenti di entrambe le Parti contraenti.
  In particolare, per quel che riguarda l'Italia, osserva come, in base al comma 1, l'Italia possa calcolare le proprie imposte sui redditi dovute dai suoi residenti includendo nella base imponibile gli elementi di reddito imponibili in Monaco, ma deve dedurre da dette imposte l'imposta sui redditi pagata in Monaco. Tuttavia, l'ammontare della deduzione non potrà comunque essere superiore alla quota di imposta italiana attribuibile agli elementi di reddito, nella proporzione in cui essi concorrono al reddito complessivo. Inoltre, sempre in Italia, non sarà accordata alcuna deduzione qualora il reddito sia sottoposto, anche su richiesta del beneficiario, ad imposizione mediante imposta sostitutiva o ritenuta a titolo di imposta. Per quel che riguarda Monaco è previsto che tale Parte debba dedurre dall'imposta sui redditi applicata ai suoi residenti un ammontare corrispondente all'imposta pagata in Italia dal residente di Monaco che questo riceve, a condizione che la deduzione non superi la quota dell'imposta attribuibile al reddito percepito in Italia.
  Segnala quindi il comma 2, che regola il caso di persona fisica residente in entrambi gli Stati, indicando una serie di criteri in base ai quali determinare la residenza fiscale della persona fisica. Tali criteri sono tra loro alternativi, e ciascuno di essi può essere applicato qualora non sia possibile ricorrere al criterio precedente. In particolare sii tratta: del luogo dell'abitazione permanente della persona; del luogo in cui la persona ha il centro degli interessi vitali; del luogo di soggiorno abituale; della nazionalità; dell'accordo comune tra le parti in merito alla determinazione della residenza della persona fisica; in mancanza di tale accordo ciascuna Parte può applicare la propria legislazione nazionale per determinare la predetta residenza.
   L'articolo 13 regola l'entrata in vigore dell'Accordo, prevista per il giorno successivo alla data di ricevimento della seconda delle due notifiche con le quali le Parti si comunicheranno l'espletamento delle procedure interne necessarie all'entrata in vigore dell'Accordo medesimo, il quale avrà poi effetto per tutte le richieste concernenti atti, fatti, eventi e circostanze relativi al periodo che inizia dalla data della firma dell'Accordo.
  In base all'articolo 14 ciascuna delle Parti può denunciare l'Accordo tramite i canali diplomatici o tramite comunicazione all'autorità competente dell'altra Pag. 38Parte contraente; la decadenza dell'Accordo non comporta tuttavia il venir meno per le Parti del vincolo alla riservatezza previsto dall'articolo 8 in riferimento alle informazioni fiscali nel frattempo ottenute.
  Illustra quindi il Protocollo all'Accordo, il quale consta di un lungo preambolo e di due articoli: il preambolo richiama gli impegni delle Parti nei confronti degli standard internazionali in tema di scambio di informazioni finanziarie, ma anche la normativa italiana per l'emersione e il rientro di attività finanziarie detenute all'estero (la già richiamata legge n. 186 del 2014).
  In sostanza l'articolo 1 del Protocollo consente di effettuare, per il periodo intercorrente tra la firma dell'Accordo e la data di attuazione di un accordo tra Monaco e Italia sullo scambio automatico delle informazioni basato sul modello comune di comunicazione (Common reporting standard) dell'OCSE, richieste di scambio di informazione fiscali di gruppo (group requests) in ordine a situazioni che configurino modelli consolidati o in via di formazione, a loro volta finalizzati all'elusione o all'evasione fiscale (si tratta cioè di categorie di comportamenti che fanno presumere l'intenzione dei contribuenti di nascondere al fisco italiano patrimoni e attività detenute irregolarmente nel Principato di Monaco). In tal modo si conseguono, in materia di scambio di informazioni, effetti equivalenti a quelli dell'articolo 26 del Modello dell'OCSE, Tax convention on income and on capital, e al relativo Commentario. Inoltre l'articolo 1 prevede che, fino a quando non saranno attuate nel Principato di Monaco le procedure di adeguata verifica previste dal predetto Common reporting standard dell'OCSE, le procedure di identificazione dei titolari di conto residenti in Italia ai fini delle richieste di gruppo si baseranno sulla legislazione antiriciclaggio di Monaco.
  In questo contesto l'articolo 2 del Protocollo definisce anche analiticamente il proprio ambito di applicazione nei confronti delle diverse tipologie di conto chiuso, conto sostanzialmente svuotato e conto inattivo.
  Per quanto riguarda il contenuto del disegno di legge di ratifica, esso si compone di tre articoli.
  L'articolo 1 reca l'autorizzazione alla ratifica del provvedimento, l'articolo 2 il relativo ordine di esecuzione, mentre l'articolo 3 stabilisce che la legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  La relazione tecnica allegata al disegno di legge indica che dall'accrescimento della cooperazione tra le rispettive Amministrazioni finanziarie è lecito attendersi incrementi del gettito fiscale, ancorché non preventivamente quantificabili. In ogni caso, dalle attività connesse allo scambio di informazioni non deriveranno maggiori oneri per il bilancio dello Stato, in quanto esse possono essere espletate con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

  Michele PELILLO (PD), nel sottolineare come gli Accordi relativi allo scambio di informazioni in materia fiscale in corso di ratifica rappresentino una svolta epocale nelle politiche di contrasto all'evasione fiscale, rileva come esse si inseriscano nell'ampio lavoro svolto dai Governi per la progressiva eliminazione dei cosiddetti «paradisi fiscali» fin ora presenti in Europa. In tale ambito evidenzia, in particolare, l'importanza storica dell'Accordo concluso con la Svizzera, la quale ha da sempre rappresentato la destinazione di ingenti patrimoni sottratti al fisco da contribuenti italiani ed europei.
  Ritiene quindi che tali Accordi configurino una nuova e confortante realtà, in termini di lotta all'evasione e, più in generale, di collaborazione tra i Paesi dell'Unione europea in materia fiscale, sottolineando altresì come le misure concernenti la digitalizzazione di tutte le banche dati e il rafforzamento della compliance tra fisco e contribuente, adottate dal Governo, completeranno il quadro degli strumenti a disposizione per il contrasto al fenomeno dell'evasione fiscale.

Pag. 39

  Daniele PESCO (M5S) rileva come le aspettative della maggioranza sui benefici derivanti dalla ratifica delle Convenzioni sullo scambio di informazioni in materia fiscale siano eccessivamente ottimistiche. Evidenzia infatti come permangano diversi strumenti a disposizione di coloro che intendono sottrarre capitali al fisco, citando al riguardo lo strumento della costituzione di società off-shore nei paradisi fiscali ancora esistenti, ovvero la possibilità di creare società anonime, consentite ad esempio nell'ordinamento britannico, o di acquistare valori sottratti ai controlli fiscali.
  In tale contesto, sottolinea come soltanto attraverso l'adozione di politiche fiscali condivise in ambito internazionale e di norme rigide di contrasto all'evasione sarà possibile ottenere risultati concreti in termini di contrasto a tale fenomeno.

  Giovanni PAGLIA (SEL) invita a non sovrapporre, nell'ambito della discussione sugli Accordi relativi allo scambio di informazioni in materia fiscale, piani tra loro distinti, sottolineando come i profili relativi all'evasione fiscale, all'occultamento dei proventi da essa derivanti e al fenomeno dell'autoriciclaggio costituiscano fenomeni diversi, i quali devono essere adeguatamente affrontati attraverso strumenti differenziati. In tale contesto sottolinea, inoltre, come il Governo, prevedendo di innalzare a 3.000 euro, nell'ambito del disegno di legge di stabilità, la soglia di utilizzo del contante, sembri andare in una direzione opposta rispetto a quella del contrasto al riciclaggio e all'evasione, prospettata con gli Accordi volti a superare il segreto bancario.
  Evidenzia quindi come tali Accordi, sebbene riducano il numero di paradisi fiscali esistenti per il futuro, non possano certamente considerarsi risolutivi del fenomeno e non consentano neanche di ricostruire la storia dei capitali sottratti all'imposizione fiscale nel passato, posto che non prevedono la possibilità di effettuare controlli in tal senso.

  Giovanni SANGA (PD) sottolinea la necessità di fare maggiore chiarezza nella discussione in corso su tali questioni, rilevando innanzitutto come il tema delle società anonime e delle società off-shore vada correttamente inquadrato, dal punto giuridico e fiscale. A tale riguardo ricorda che gli Accordi internazionali entrati in vigore nell'ultimo decennio, e ratificati anche dalla Svizzera, hanno già introdotto regole rigide per l'individuazione dei titolari di rapporti di conto corrente bancari, non consentendo più da tempo di aprire depositi bancari anonimi, ma prevedendo che ogni conto bancario abbia un titolare identificato.

  Il Viceministro Luigi CASERO, in riferimento alle considerazioni del deputato Paglia, pur concordando sulla necessità di tenere distinti i diversi temi in discussione, evidenzia come gli Accordi stipulati con i Paesi europei in materia di scambio di informazioni e di superamento del segreto bancario, quali in particolare quelli con la Svizzera e con Monaco, costituiscano un passo in avanti di portata storica nella direzione del contrasto al fenomeno dei paradisi fiscali ancora presenti in Europa e debbano quindi essere accolti con favore.
  Ricorda inoltre come il Governo sia impegnato nella realizzazione di altri strumenti importanti in tal senso, tra i quali cita le misure per la completa tracciabilità delle operazioni commerciali e finanziarie.

  Paolo PETRINI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame alla seduta già convocata per la giornata di domani.

  La seduta termina alle 14.

RISOLUZIONI

  Mercoledì 28 ottobre 2015. — Presidenza del vicepresidente Paolo PETRINI. – Interviene il sottosegretario per l'economia e le finanze Pier Paolo Baretta.

  La seduta comincia alle 14.

Pag. 40

7-00553 Pagano: Misure a sostegno del credito in favore dei soggetti esercenti impianti fotovoltaici di produzione di energia.
(Seguito della discussione e rinvio).

  La Commissione prosegue la discussione della risoluzione, rinviata, da ultimo, nella seduta del 16 settembre scorso.

  Alessandro PAGANO (AP) richiama il contenuto della sua risoluzione, la quale affronta la problematica che coinvolge gli esercenti impianti fotovoltaici di produzione di energia, i quali sono stati colpiti dagli effetti della riduzione, introdotta dall'articolo 26 del decreto-legge n. 91 del 2014, degli incentivi precedentemente riconosciuti a favore dei predetti impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili fotovoltaiche.
  In tale contesto ricorda che, per mitigare le gravi ricadute negative determinate da tali misure, il legislatore aveva previsto, quale misura compensativa, la possibilità per i soggetti interessati di accedere al credito in forma agevolata, per un importo pari al mancato flusso nei restanti anni di incentivazione degli impianti, con garanzia emessa dalla Cassa depositi e prestiti.
  Nel rammentare che il Governo sta accumulando un grave ritardo nell'emanazione del decreto previsto dal comma 5 dell'articolo 26 del citato decreto-legge n. 91, che dovrebbe disciplinare i criteri e le modalità di accesso ai predetti finanziamenti bancari, la risoluzione impegna quindi l'Esecutivo a emanare il richiamato decreto e a intervenire presso il sistema creditizio convocando un tavolo tecnico con l'ABI, al fine di favorire l'erogazione del credito a tali soggetti.
  Auspica quindi che il Governo prenda al più presto posizione sulla questione posta dal suo atto d'indirizzo, il quale è ormai da tempo in discussione presso la Commissione.

  Il Sottosegretario Pier Paolo BARETTA prende atto delle questioni poste dal presentatore dell'atto di indirizzo.

  Paolo PETRINI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito della discussione ad altra seduta.

7-00728 Barbanti: Attuazione della normativa che prevede la pianificazione dei punti di raccolta del gioco per contrastare i fenomeni di dipendenza.
(Seguito della discussione e conclusione – Approvazione della risoluzione n. 8-00143).

  La Commissione prosegue la discussione della risoluzione, rinviata, da ultimo, nella seduta del 14 ottobre scorso.

  Il Sottosegretario Pier Paolo BARETTA esprime una valutazione favorevole sulla risoluzione, a condizione che essa sia riformulata in alcuni aspetti.
  In particolare chiede di sostituire, nelle premesse, le parole: «il tutto è potuto accadere a causa di un colpevole ritardo delle istituzioni statali le quali non hanno emanato la legge quadro nazionale;» con le seguenti: «non è stata ancora emanata la legge quadro nazionale;», di sostituire, ovunque ricorrano, le parole: «vuoto normativo:» con la parola: «ritardo», nonché di inserire, alla fine delle premesse, il seguente capoverso: «tenuto conto che nel frattempo è intervenuta la delega fiscale, la quale, all'articolo 14 incarica il Governo di operare un riordino complessivo del settore e che, a tal fine, era stato predisposto un articolato,».

  Sebastiano BARBANTI (Misto-AL) accoglie la proposta di riformulazione avanzata dal Sottosegretario.

  La Commissione approva la risoluzione, come riformulata (vedi allegato 3), che assume il numero 8-00143.

7-00767 Paglia: Misure per assicurare la cancellazione dell'anatocismo bancario.
7-00818 Sandra Savino: Attuazione della disciplina in materia di anatocismo bancario.
(Discussione congiunta e rinvio).

  La Commissione inizia la discussione congiunta delle risoluzioni.

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  Paolo PETRINI, presidente, avverte che la risoluzione 7-00818 Sandra Savino, vertendo sulla medesima materia oggetto della risoluzione 7-00767 Paglia, sarà discussa congiuntamente a quest'ultima, la cui discussione era già iniziata.

  Sandra SAVINO (FI-PdL) illustra la propria risoluzione, la quale sottopone all'attenzione del Governo la vexata quaestio dell'anatocismo bancario.
  Rileva in primo luogo come tale tematica sia stata regolata in modo non certo lineare e chiaro dalla legge di stabilità per il 2014 (legge n. 147 del 2013, articolo 1, comma 629), la quale demanda a una delibera del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio le «modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria», con i seguenti criteri direttivi, anch'essi poco chiari:
   a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori;
   b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale.

  Con riferimento alle citate disposizioni, ritiene evidente come esse, oltre a essere fumose, rinuncino a disciplinare direttamente e con effetto immediato una questione molto delicata e importante soprattutto per i clienti delle banche, demandando a una successiva delibera del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio sia la chiara definizione della portata della norma, sia la sua effettiva applicazione.
  Sottolinea quindi come il ritardo nella definizione della materia della produzione di interessi nell'ambito delle operazioni bancarie determini una situazione di incertezza che crea notevole disagio nella clientela delle aziende di credito, in quanto alcune di queste applicano il meccanismo degli interessi composti e inoltre, in caso di controversie in sede giudiziaria, le interpretazioni date dai tribunali sulla materia non sono uniformi e questo crea una situazione non più tollerabile.
  Rammenta inoltre che la proposta di delibera del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio è stata posta in consultazione dalla Banca d'Italia dal 24 agosto al 23 ottobre 2015, periodo nel quale possono essere avanzate osservazioni al testo elaborato, per cui si sta per concludere la peraltro troppo lunga fase preparatoria del provvedimento.
  In tale contesto la risoluzione impegna il Governo ad assumere ogni iniziativa di competenza affinché la citata delibera del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio sia resa operativa in tempi molto stretti, ponendo al riparo coloro che accedono al credito bancario da comportamenti lesivi dei loro interessi legittimi.

  Paolo PETRINI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia ad altra seduta il seguito della discussione congiunta delle risoluzioni.

  La seduta termine alle 14.10.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.10 alle 14.20.

AUDIZIONI INFORMALI

  Mercoledì 28 ottobre 2015.

Audizione dei rappresentanti dell'Unione piccoli proprietari immobiliari (UPPI), sulle tematiche relative alla tassazione sugli immobili.

  L'audizione informale è stata svolta dalle 14.40 alle 15.20.

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