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CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 29 giugno 2016
664.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
COMUNICATO
Pag. 338

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 29 giugno 2016. — Presidenza del presidente Cesare DAMIANO. – Interviene la sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali Franca Biondelli.

  La seduta comincia alle 14.05.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 15 giugno 2015, n. 81, e 14 settembre 2015, nn. 148, 149, 150 e 151.
Atto n. 311.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Cesare DAMIANO, presidente, ricorda preliminarmente che la Ministra per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento ha trasmesso il provvedimento, ai fini dell'acquisizione del parere, pur se privo della prescritta intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. La Presidenza della Camera, avuto riguardo al termine stabilito per l'esercizio della delega e considerato quanto previsto dall'articolo 1, comma 11, della legge 10 dicembre 2014, n. 183, per la proroga del medesimo, ha proceduto comunque alla sua assegnazione, segnalando, in ogni caso, l'esigenza che la Commissione non si pronunci definitivamente sul provvedimento prima della trasmissione di tale intesa. Ricorda, inoltre, che il termine per la conclusione dell'esame e l'espressione del parere scade il 21 luglio 2016.
  Fa presente ancora che, come concordato nel corso della riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, dello scorso 23 giugno, si dovrà valutare l'eventualità di procedere a un ciclo di audizioni sul provvedimento. Nella riunione dell'Ufficio di presidenza convocato per domani potranno essere individuati i soggetti da audire e il calendario delle audizioni sulla base delle indicazioni pervenute dai gruppi. Dà, quindi, la parola al relatore, on. Arlotti, per lo svolgimento del suo intervento introduttivo sul provvedimento.

  Tiziano ARLOTTI (PD), relatore, ricorda, che il comma 13 dell'articolo 1 della legge n.183 del 2014 prevede che, entro dodici mesi dalla data di entrata in Pag. 339vigore dei decreti legislativi attuativi, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dalla medesima legge, il Governo possa adottare, con la medesima procedura prevista per l'adozione dei decreti legislativi, disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi, tenuto conto delle evidenze attuative nel frattempo emerse. Sul punto giova ricordare che il medesimo comma affida al sistema permanente di monitoraggio e valutazione istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 28 giugno 2012, n. 92 (la cosiddetta «riforma Fornero»), il monitoraggio permanente degli effetti degli interventi di attuazione della legge n. 183 del 2014, con particolare riferimento agli effetti sull'efficienza del mercato del lavoro, sull'occupabilità dei cittadini e sulle modalità di entrata e uscita nell'impiego, anche ai fini dell'adozione dei decreti recanti disposizioni integrative e correttive.
  Potrebbe essere quindi utile, a suo avviso, acquisire informazioni in ordine allo stato di elaborazione del rapporto annuale di competenza del sistema permanente di monitoraggio.
  Come ricordato dal presidente, il termine per l'espressione del parere di competenza della Commissione scade il 21 luglio 2016, mentre il termine per l'esercizio della delega, per effetto del meccanismo di scorrimento previsto dall'articolo 1, comma 13, della legge n.183 del 2014, scadrà il successivo 25 settembre.
  Venendo al merito del provvedimento, segnala preliminarmente che lo schema si compone di sette articoli, suddivisi in cinque capi, dei quali i primi quattro recano modifiche ai decreti legislativi n. 81, n. 148, n. 149, n. 150 e n. 151, mentre il quinto, composto del solo articolo 7, disciplina l'entrata in vigore del decreto.
  Più in particolare, l'articolo 1, che esaurisce il contenuto del Capo I, interviene sulla materia del lavoro accessorio modificando gli articoli 48 e 49 del decreto legislativo n. 81 del 2015, che reca la disciplina organica dei contratti di lavoro e la revisione della normativa in tema di mansioni.
  Ricorda, in proposito, che la Commissione, nella seduta del 28 aprile 2016, ha avviato l'esame della proposta di legge Atto Camera n. 3601 Damiano, abbinata alle proposte di legge Atto Camera n. 584 Palmizio e Atto Camera n. 1681 Vitelli, che mira sostanzialmente a ripristinare l'originario impianto normativo del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, per quanto attiene alla definizione del lavoro accessorio e al suo campo di applicazione, nonché alla puntuale individuazione delle tipologie di lavoratori ammessi allo svolgimento delle prestazioni di lavoro accessorio.
  Come è noto, i dati contenuti nel rapporto riferito all'utilizzo dei voucher per le prestazioni di lavoro accessorio, pubblicato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali lo scorso 22 marzo, indicano in modo evidente le tendenze in corso. In base ai dati resi disponibili dall'INPS, infatti, il numero delle persone che sono state retribuite con almeno un voucher durante l'anno è in costante crescita, essendosi passati dai 24.437 individui del 2008 a 1.392.906 nel 2015. Il valore dei voucher venduti, negli ultimi tre anni, è passato dai 40.816.297 euro del 2013, ai 69.172.879 euro del 2014 e ai 114.925.180 euro del 2015, con un tasso annuo di crescita che è stato del 69,5 per cento nel 2014 e del 66,1 per cento nel 2015. Nel 2015, tuttavia, il valore dei voucher effettivamente riscossi è stato pari a 88.140.789, con una crescita molto più contenuta rispetto all'anno precedente. Questi andamenti trovano altresì conferma nei dati registrati nel recente dossier statistico curato dall'INPS e da Veneto Lavoro, che analizza il ricorso al lavoro accessorio nel periodo 2008-2015, riscontrando una vera e propria esplosione dell'utilizzo dei voucher.
  Per quanto attiene all'articolo 1 dello schema, rileva, in primo luogo, che al comma 1, lettera a), si esclude espressamente il settore agricolo dall'applicazione del limite imposto ai committenti imprenditori, Pag. 340i quali possono avvalersi di prestazioni di lavoro accessorio per compensi non superiori a 2.000 euro per ciascun committente. Nell'analisi di impatto della regolamentazione allegata allo schema si evidenzia che l'esclusione dal suddetto limite di 2.000 euro, aggiornato a 2.020 euro per effetto dell'adeguamento all'inflazione, è motivata dal fatto che l'utilizzo del lavoro accessorio in agricoltura è già soggetto, oltre al limite generale dei 7.000 euro per lavoratore, anche ad ulteriori limiti secondo i quali in agricoltura il lavoro accessorio è utilizzabile nell'ambito delle attività agricole di carattere stagionale effettuate da pensionati e da giovani con meno di venticinque anni, se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, o in qualunque periodo dell'anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l'università e per le attività agricole svolte a favore dei piccoli produttori agricoli.
  Va segnalato, peraltro, che nella vigenza delle disposizioni, di analogo tenore, dell'articolo 70 del decreto legislativo n. 276 del 2003, con circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 4 del 18 gennaio 2013 si era precisato che il limite di 2.000 euro per ciascun committente non si applicasse alle prestazioni rese nei confronti degli imprenditori agricoli, in ragione della specificità del settore. Reputa, pertanto, importante approfondire tale punto, anche in occasione delle audizioni che la Commissione si appresta a convocare, anche al fine di verificare se corrisponda al vero la notizia che la ricordata circolare ministeriale è oggetto di impugnazione.
  Osservato che la lettera b) del comma 1 reca una modifica volta a coordinare il testo dell'articolo 48 del decreto legislativo n. 81 del 2016, alla luce dell'esclusione dell'applicazione in agricoltura del limite di 2.000 euro per ciascun committente, fa presente che il comma 2 dell'articolo 1 reca modifiche al successivo articolo 49 al fine di rafforzare la tracciabilità dei voucher per prestazioni di lavoro accessorio. Al riguardo, ricorda che attualmente si prevede che, prima dell'inizio della prestazione, il committente imprenditore o professionista comunichi alla direzione territoriale del lavoro competente attraverso modalità telematiche, ivi compresi sms o posta elettronica, i dati anagrafici e il codice fiscale del lavoratore, indicando altresì il luogo della prestazione, con riferimento ad un arco temporale non superiore ai trenta giorni successivi. Con la disposizione in esame si richiede invece agli imprenditori non agricoli e ai professionisti di comunicare alla sede territoriale competente dell'Ispettorato nazionale del lavoro, mediante sms o posta elettronica, almeno 60 minuti prima dell'inizio della prestazione lavorativa, i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, il luogo e la durata della prestazione. Per gli imprenditori agricoli si prevede una disciplina specifica stabilendosi, per quanto attiene all'indicazione della durata della prestazione, che essa si riferisca a un arco temporale non superiore a 7 giorni. Alla luce di quanto indicato dalla relazione illustrativa dello schema, che fa riferimento al «condizionamento dell'attività agricola da parte di fattori meteorologici», la disposizione sembrerebbe doversi interpretare nel senso che, nel settore agricolo, la comunicazione possa limitarsi ad indicare un arco temporale non superiore a 7 giorni anziché la durata specifica della prestazione. Sul punto, potrebbe essere utile, a suo avviso, acquisire indicazioni dal Governo.
  Si stabilisce inoltre che, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, possano essere individuate le modalità attuative dell'obbligo di comunicazione e ulteriori modalità di assolvimento in funzione dello sviluppo delle tecnologie. In caso di violazione degli obblighi di comunicazione si applica la medesima sanzione prevista per la violazione dell'analogo obbligo previsto per il lavoro intermittente, ovvero la sanzione amministrativa da 400 euro a 2.400 euro in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione. Si specifica, inoltre, che, trattandosi di violazione non sanabile a Pag. 341posteriori, non si applica la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo n. 124 del 2004.
  Il Capo II, che si compone del solo articolo 2, rivede in primo luogo, al comma 1, lettera a), la disciplina dei contratti di solidarietà espansivi, contenuta nel decreto legislativo n. 148 del 2015, che reca disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro. Intervenendo sulla disciplina contenuta nell'articolo 41 di tale decreto legislativo, inserito in ottemperanza dei pareri resi dalle Commissioni parlamentari, lo schema prevede che i contratti di solidarietà difensivi in corso da almeno dodici mesi e quelli stipulati prima del 1o gennaio 2016 possano essere trasformati in contratti espansivi purché la riduzione complessiva dell'orario di lavoro non sia superiore a quella già concordata. Nella relazione illustrativa allegata allo schema si evidenzia che la modifica, che intende superare le incertezze applicative esistenti, è finalizzata a favorire l'incremento degli organici e l'inserimento di nuove e più aggiornate competenze qualora l'impresa che abbia fatto ricorso alla solidarietà difensiva abbia registrato un miglioramento della propria situazione aziendale tale da consentire l'espansione dell'organico. Nei casi di trasformazione, ai lavoratori spetta una integrazione salariale pari al 50 per cento di quella prevista prima della trasformazione e il datore di lavoro integra il trattamento almeno fino all'integrazione salariale originaria. L'integrazione versata dal datore di lavoro non è imponibile a fini previdenziali e trova applicazione la contribuzione figurativa. La disposizione richiama espressamente la disciplina prevista per i trattamenti di fine rapporto nell'ambito dei contratti di solidarietà difensivi, che in via generale pone le quote di accantonamento perse per la riduzione di orario a carico della gestione di appartenenza. La contribuzione addizionale a carico del datore di lavoro che presenta domanda di integrazione salariale, dovuta ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 148 del 2015, è ridotta del 50 per cento. Il contributo a carico della Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali e l'agevolazione contributiva riconosciuti per le assunzioni nell'ambito di contratti di solidarietà espansivi si applicano solo nel periodo compreso tra la trasformazione del contratto e la sua scadenza e il periodo viene computato ai fini del calcolo del limite massimo di durata dei trattamenti ordinari e straordinari. Non si applica inoltre la disposizione che consente di anticipare, a determinate condizioni, l'accesso al pensionamento di vecchiaia, in caso di stipula di un contratto di solidarietà espansivo.
  La successiva lettera b), intervenendo sulla disciplina transitoria delle integrazioni salariali, stabilisce che, per gli accordi conclusi e sottoscritti in sede governativa entro il 31 dicembre 2015 riguardanti casi di rilevante interesse strategico per l'economia nazionale, che abbiano notevoli ricadute occupazionali, tali da condizionare la possibilità di sviluppo economico territoriale e il cui piano industriale abbia previsto l'utilizzo del contratto di solidarietà, con uno specifico decreto ministeriale possa essere disposta, a domanda, la reiterazione della riduzione contributiva prevista dall'articolo 6, comma 4, del decreto-legge n. 510 del 1996, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 608 del 1996, per una durata stabilita dall'apposita commissione prevista dal comma 4 dell'articolo 42 e, comunque, nel limite massimo di ventiquattro mesi. Il beneficio è riconosciuto entro il limite delle risorse già stanziate per la prosecuzione, nei medesimi casi, dei trattamenti di integrazione salariale straordinaria e oltre i limiti di cui al decreto ministeriale n. 17981 del 2015.
  La lettera c) prevede, infine, che, a fini di programmazione, analisi e valutazione degli interventi di politica previdenziale, assistenziale e del lavoro, anche l'ISFOL, nella sua nuova denominazione di INAPP (Istituto per l'analisi delle politiche pubbliche), prevista dal successivo articolo 4 dello schema in esame, possa accedere direttamente – come il Nucleo tecnico per Pag. 342il coordinamento della politica economica e il Comitato scientifico per l'indirizzo dei metodi e delle procedure per il monitoraggio della riforma del mercato del lavoro – ai dati elementari detenuti dall'ISTAT, dall'INPS, dall'INAIL, dall'Agenzia delle entrate e da altri enti ed amministrazioni.
  Il Capo III racchiude le modifiche ai decreti legislativi n. 149 e n. 150 del 2015, che recano, rispettivamente, disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell'attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale e per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive. L'articolo 3 modifica l'articolo 1 del decreto legislativo n. 149 del 2015 al fine di ampliare le possibilità di collocazione della sede centrale dell'Ispettorato nazionale del lavoro. Mentre allo stato si prevede che la sede centrale sia collocata in un immobile demaniale o un immobile del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS, dell'INAIL o di altri istituti previdenziali, lo schema reca una disciplina che si applica esclusivamente nella fase di avvio dell'Ispettorato, prevedendo che in tale fase la sede centrale sia collocata in un immobile demaniale, in un immobile già in uso al Ministero del lavoro e delle politiche sociali o in un immobile di INPS, INAIL o altro istituto previdenziale.
  L'articolo 4, come anticipato, modifica la denominazione dell'ISFOL, che assume la denominazione di Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (INAPP). Tale denominazione, riportata nella rubrica e corrispondente all'acronimo utilizzato, peraltro, non coincide con quella contenuta nel testo dell'articolo 4 e nell'articolo 5, comma 1, lettera f), che fanno, invece, riferimento all’«Istituto per l'analisi delle politiche pubbliche». A suo avviso, inoltre, potrebbe essere utile acquisire maggiori indicazioni circa la nuova denominazione dell'ente, che non fa più riferimento in modo espresso alla materia del lavoro.
  L'articolo 5 reca una serie di modifiche al decreto legislativo n. 150 del 2015. In particolare, le modifiche di cui al comma 1, lettere a), b) ed f) adeguano le disposizioni del decreto alla nuova denominazione dell'ISFOL, mentre la lettera c) stabilisce che il personale trasferito da tale istituto all'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL) non confluisca in un ruolo ad esaurimento, ancorché continui ad applicarsi il contratto collettivo applicato dall'ente di provenienza. La relazione illustrativa, evidenzia che la modifica «è finalizzata ad evitare che i dipendenti dell'Istituto possano vedere pregiudicate le loro aspettative di carriera, in particolare per non poter partecipare alle procedure per ottenere un superiore inquadramento».
  La novella di cui alla lettera d) prevede una procedura straordinaria di revisione da parte dell'ANPAL dei residui passivi presenti nell'ambito del Fondo di rotazione per la formazione professionale, di cui all'articolo 9, comma 5, del decreto-legge n. 148 del 1993, riferiti a impegni precedenti all'entrata in vigore della disposizione. In particolare, si prevede che il 50 per cento delle somme disimpegnate attraverso uno specifico decreto ministeriale affluiscano a una gestione a stralcio separata del Fondo di rotazione per essere destinate a iniziative del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con delega all'ANPAL di effettuare i relativi pagamenti.
  Il numero 1 della lettera e) chiarisce che all'ANPAL spettano funzioni di coordinamento non solo in materia di servizi per il lavoro, ma anche in materia di misure di politica attiva del lavoro, mentre il successivo numero 2 affida all'ANPAL anche la competenza in materia di coordinamento dei programmi formativi destinati alle persone disoccupate, ai fini della qualificazione e riqualificazione professionale, dell'autoimpiego e dell'immediato inserimento lavorativo, nel rispetto delle competenze attribuite alle regioni e province autonome.
  Il numero 1 della lettera g) inserisce il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca tra i soggetti che cooperano con l'ANPAL alla realizzazione del sistema informativo unitario delle politiche del lavoro e il successivo numero 2 prevede Pag. 343che al sistema informativo unitario delle politiche del lavoro affluiscano anche, sulla base di specifiche convenzioni prive di oneri per la finanza pubblica, i dati contenuti nella banca dati reddituale, nelle banche dati catastali e di pubblicità immobiliare e nelle banche dati del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, contenenti l'Anagrafe nazionale degli studenti ed il Sistema nazionale delle anagrafi degli studenti, nonché l'Anagrafe nazionale degli studenti universitari e dei laureati.
  Come rilevato nel dossier di documentazione, nel sito ufficiale dell'Anagrafe nazionale degli studenti e dei laureati delle università, la stessa Anagrafe è denominata ANS, sigla usata, invece, nel testo in commento per identificare l'Anagrafe nazionale degli studenti (non universitari).
  Per quanto attiene alle banche dati del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, la relazione illustrativa evidenzia che la disposizione mira ad assicurare la conoscenza dei dati relativi all'istruzione degli utenti dei servizi per l'impiego, ai fini di valutarne il profilo professionale di occupabilità e di individuare percorsi adeguati per l'ingresso o il rientro nel mercato del lavoro.
  La lettera h) del comma 1 prevede, inoltre, che del comitato istituto presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali avente la funzione di garantire l'interconnessione sistematica delle banche dati in possesso del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'ANPAL, dell'INPS, dell'INAIL e dell'INAPP in tema di lavoro e la piena accessibilità reciproca delle stesse faccia parte anche il Presidente dell'ISTAT o un suo delegato.
  La lettera i) reca una disposizione che, secondo quanto evidenziato dalla relazione illustrativa allegata allo schema, si pone in stretta relazione con il rafforzamento del sistema informativo unitario delle politiche del lavoro previsto dalla lettera g). In particolare, si prevede che lo stato di disoccupazione sia compatibile con lo svolgimento di rapporti di lavoro, autonomo o subordinato, a condizione che da tali rapporti si ricavino redditi di lavoro non superiori a quelli esenti da imposizione fiscale per effetto delle detrazioni previste dall'articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi.
  Il comma 2, infine, integra la disciplina delle funzioni di vigilanza dell'ANPAL sui fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua, specificando che il referto dell'Agenzia al Ministero del lavoro e delle politiche sociali relativo agli esiti della medesima vigilanza è volto anche a consentire la revoca dell'autorizzazione e il commissariamento nel caso in cui vengano meno i requisiti e le condizioni per il rilascio dell'autorizzazione.
  Il Capo IV, composto dal solo articolo 6, reca modifiche al decreto legislativo n. 151 del 2015, che reca disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità.
  In questo ambito, il comma 1 interviene sulla disciplina del diritto al lavoro delle persone con disabilità, novellando disposizioni della legge n. 68 del 1999. In primo luogo, la lettera a) dispone che la computabilità nelle quote di riserva dei lavoratori non assunti tramite il collocamento obbligatorio riguardi i lavoratori che, prima della costituzione del rapporto di lavoro, abbiano una riduzione della capacità lavorativa pari o superiore al 60 per cento, mentre attualmente si richiede una riduzione superiore al 60 per cento. Per i soggetti con disabilità intellettiva o psichica resta fermo il requisito di una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento.
  Il numero 1 della lettera b) interviene, invece, sulle sanzioni per la mancata copertura della quota di riserva entro il termine di 60 giorni dall'insorgenza dell'obbligo. Attualmente è prevista una sanzione di 62,77 euro al giorno per ciascun lavoratore disabile, mentre la novella eleva la sanzione, fissandola in misura pari a cinque volte il contributo esonerativo di cui all'articolo 5, comma 3-bis, della legge n. 68 del 1999, pari a 30,64 euro al giorno per ciascun lavoratore, dovuto per ogni Pag. 344lavoratore con disabilità non occupato. Come evidenziato nell'analisi di impatto della regolamentazione allegata allo schema, la modifica è volta a evitare comportamenti opportunistici da parte dei datori di lavoro. Il numero 2 della medesima lettera b) prevede, inoltre, l'applicazione della procedura di diffida ai casi di violazioni relative alla mancata copertura della quota d'obbligo. La diffida prevede, in particolare, la presentazione agli uffici competenti della richiesta di assunzione o la stipulazione del contratto di lavoro con la persona con disabilità avviata dagli uffici competenti. Anche in relazione alle modifiche apportate dal numero 1, il successivo numero 3 prevede che l'adeguamento quinquennale degli importi delle sanzioni non si applichi alle sanzioni comminate per le violazioni relative alla mancata copertura della quota d'obbligo.
  Il comma 2 dello schema modifica la disciplina in materia di controllo a distanza dei lavoratori, in conseguenza dell'istituzione dell'Ispettorato nazionale del lavoro, le cui sedi territoriali subentrano nelle funzioni precedentemente esercitate dalle Direzioni territoriali del lavoro. In particolare, si chiarisce che, in mancanza di accordo sindacale, gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti, dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, possono essere installati previa autorizzazione della sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro o, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, della sede centrale dell'Ispettorato nazionale del lavoro, mentre l'attuale formulazione della disposizione fa riferimento, rispettivamente, alle direzioni territoriali del lavoro e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Si specifica, inoltre, che i suddetti provvedimenti autorizzatori sono definitivi e, quindi, non possono essere oggetto di ricorso gerarchico.
  La novella di cui al successivo comma 3 esplicita che la procedura prevista per le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, volta a contrastare il fenomeno delle cosiddette «dimissioni in bianco» non si applica ai dipendenti pubblici. Al riguardo, la relazione illustrativa allegata allo schema evidenzia come nell'ambito del pubblico impiego non si sono verificati casi di «dimissioni in bianco».
  Fa presente, conclusivamente, che nell'ambito del Capo V, l'articolo 7 prevede che il decreto legislativo entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  Auspica, infine, che le audizioni che si svolgeranno e il dibattito in Commissione possano fornire contributi utili ad approfondire la valutazione dei contributi del provvedimento in esame.

  Patrizia MAESTRI (PD) nel riservarsi di intervenire più compiutamente nel prosieguo dell'esame dei provvedimento, sottolinea l'importanza della tracciabilità dei voucher, segnalando in particolare l'opportunità di proporre modifiche al testo che rendano maggiormente vincolante l'indicazione dell'orario di inizio della prestazione lavorativa e che estendano il limite dei duemila euro a tutte le tipologie di committenti, non limitandolo, come previsto attualmente, agli imprenditori e ai professionisti.

  Cesare DAMIANO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame dello schema ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.30.