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Resoconti delle Giunte e Commissioni

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CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 23 novembre 2016
731.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 16

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 23 novembre 2016. – Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. – Interviene il Sottosegretario di Stato alla giustizia Cosimo Maria Ferri.

  La seduta comincia alle 13.10.

Disposizioni per la protezione dei testimoni di giustizia.
C. 3500 Bindi.

(Seguito esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 16 novembre scorso.

  Donatella FERRANTI, presidente, constatata l'assenza del rappresentante del Governo, in attesa del suo arrivo, sospende la seduta.

  La seduta, sospesa alle 13.15, riprende alle 13.20.

  Donatella FERRANTI, presidente, ricorda che nella precedente seduta i relatori ed il Governo hanno espresso il parere di competenza sugli emendamenti presentati (vedi allegato al Bollettino delle Giunte Commissioni del 16 novembre 2016).

  Il sottosegretario Cosimo Maria FERRI rappresenta l'opportunità di non procedere nella seduta odierna alla votazione Pag. 17degli emendamenti al fine di consentire al Governo di effettuare ulteriori approfondimenti relativamente ad alcune questioni di natura meramente tecnica relative all'articolato, che potranno poi essere sottoposti all'attenzione dei relatori e del Governo.

  Donatella FERRANTI, presidente, prendendo atto di quanto rappresentato dal sottosegretario Ferri e comunicando che una richiesta di medesimo tenore le era stata sottoposta anche da rappresentanti del Ministero dell'Interno.

  Giulia SARTI (M5S) preliminarmente fa presente di non aver potuto partecipare alla precedente seduta in quanto impegnata in una concomitante missione della Commissione Antimafia, sottolineando a tale proposito l'esigenza, da lei già rappresentata alla presidente della Commissione Antimafia, di coordinare le sedute di tale Commissione e della Commissione Giustizia al fine di consentire ai membri di entrambe di poter partecipare alle sedute delle due Commissione senza essere costretti ad effettuare scelte che finiscono per pregiudicare le prerogative parlamentari di ciascun deputato.
  Per quanto attiene ai pareri espressi sulle proposte emendative da lei presentate, prende atto con soddisfazione che alcune sono state accolte mentre altre risultano assorbite da emendamenti dei relatori. Insiste per la soppressione della lettera d) del comma 1 dell'articolo 2, ritenendo, come è emerso anche dalle audizioni, che il criterio della sottoposizione a misura di prevenzione sia del tutto incongruo per la definizione di testimone di giustizia. Ritiene comunque che le modifiche alla lettera d) proposte dai relatori migliorino il testo.
  Dichiara di condividere anche le modifiche proposte dai relatori all'articolo 14 sul referente del testimone di giustizia, che rappresenta una figura fondamentale per la tutela effettiva del testimone di giustizia. A tale proposito sottolinea come all'incremento di competenze per il Servizio centrale di protezione non corrisponda quel necessario aumento di organico e di risorse finanziarie funzionale alle nuove competenze. Proprio per tale ragione ha presentato emendamenti al disegno di legge di bilancio con i quali sono previste nuove risorse per il Servizio centrale di protezione.
  Auspica che il Governo rifletta anche sulla circostanza che la proposta di legge in esame potrà diventare una legge realmente efficace solo ove sarà corredata della necessaria copertura finanziaria.
  Dichiara di essere particolarmente soddisfatta del favore dei relatori e del Governo al suo emendamento 7.1 che prevede per i testimoni di giustizia corsi di formazione propedeutici alle assunzioni di lavoro. Dichiara, quindi, di accettare la proposta di riformulazione del predetto emendamento.
  Invita i relatori a modificare il parere contrario sull'articolo aggiuntivo 18.01 che affronta una questione estremamente rilevante in tema di collaboratori di giustizia. Fa presente di essere ben consapevole che la proposta di legge in esame si riferisce ai testimoni di giustizia e non anche ai collaboratori, tuttavia osserva che si tratta di una materia connessa sulla quale è improcrastinabile un intervento legislativo correttivo. Dichiara di comprendere, invece, che possa essere espresso parere contrario sul suo emendamento 18.1 che prevede una anticipazione dell'incidente probatorio.

  Davide MATTIELLO (PD), relatore, rammenta, preliminarmente, che la proposta di legge in titolo è il frutto di un lavoro condiviso da parte di tutte le forze politiche, e ringrazia la collega Sarti che nel suo precedente intervento ha riconosciuto il valore del lavoro svolto dalla maggioranza e dalle opposizioni. Nel dichiarare la disponibilità dei relatori ad attendere che il Governo espleti gli opportuni approfondimenti sul provvedimento in titolo, sottolinea che i relatori, nelle proposte emendative da loro presentate, si sono fatti carico dei rilievi rappresentati dai vari protagonisti del sistema di protezione nel corso dell'attività conoscitiva Pag. 18elaborata dalla Commissione giustizia. Nel concordare con la collega Sarti sulla necessità di ampliare le risorse attribuite al Servizio centrale di protezione, rammenta di aver presentato alcuni emendamenti alla legge di bilancio volti a tale finalità.

  Donatella FERRANTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.45.

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 23 novembre 2016. – Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. – Interviene il Sottosegretario di Stato alla giustizia Cosimo Maria Ferri.

  La seduta inizia alle 13.45.

Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino.
C. 2236-2618-B, approvato dalla Camera e modificato dal Senato.

(Parere alla XIII Commissione).
(Esame e conclusione – Nulla osta).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Donatella FERRANTI, presidente, in sostituzione della relatrice, onorevole Rostan, impossibilitata a partecipare alla seduta odierna, rammenta che il provvedimento in titolo è esaminato dalla Camera in terza lettura, limitatamente alle tre modifiche apportate dal Senato agli articoli 2, 7 e 74. L'ultima di queste rientra nell'ambito di competenza della Commissione giustizia, considerato che l'articolo 74 contiene la disciplina sanzionatoria dell'intera proposta di legge.
  Evidenzia che, in particolare, viene sostituito l'intero comma 7, che è stato modificato in modo da premettere la clausola «salvo che il fatto costituisca reato» a tutte le fattispecie di illecito configurate nel comma in esame. La prima fattispecie riguarda la contraffazione o l'alterazione di contrassegni sulle bottiglie dei vini DOCG e DOC o l'acquisto, la detenzione, la cessione ad altri o l'uso di contrassegno alterati o contraffatti. In tal caso, nel testo Camera era previsto l'applicazione delle sanzioni penali previste dagli articoli 468 e 469 del codice penale e l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 30.000 e 100.000 euro. Il Senato ha lasciato la sola sanzione amministrativa, premettendovi la clausola di cui sopra al fine di evitare il cosiddetto doppio binario delle sanzioni amministrative e penali.
  Sottolinea che in caso di contraffazione o alterazione dei codici di identificazione alternativi ai contrassegni (sistema telematico di controllo e tracciabilità alternativo per i vini confezionati a DOC e IGT) o di acquisizione, detenzione o cessione ad altri o di uso di predetti codici alterati o contraffatti (in tali casi si fa salvo anche quanto previsto dal comma 8 che sanziona l'omesso utilizzo dei contrassegni) il testo Camera prevedeva la pena della reclusione da uno a cinque anni e la multa da 200 a 2.000 euro nonché la sanzione amministrativa da 30.000 a 100.000 euro. Si trattava quindi di una ipotesi speciale del reato di cui all'articolo del codice penale. Il Senato ha soppresso il riferimento alla pena, premettendovi la clausola indicata in premessa. In questo caso si ha un restringimento dell'area penale illecita, in quanto alcune condotte, come la detenzione, non rientrano nell'ambito di altri reati, rimanendo quindi la sola sanzione amministrativa.
  In relazione all'utilizzazione su più recipienti del medesimo codice di identificazione telematico di controllo e di tracciabilità alternativo per i vini confezionati a DOC e a IGT, segnala che il testo Camera prevedeva la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da 200 a 2.000 euro, oltre alla sanzione amministrativa pecuniaria da 30.000 a 100.000 euro. Il Senato ha lasciato le sole sanzioni amministrative, premettendovi la clausola indicata in premessa.Pag. 19
  Per l'utilizzazione di un codice di identificazione telematico di controllo e di tracciabilità alternativo per i vini confezionati a DOC e a IGT rilasciato da un soggetto non autorizzato, rammenta che il testo approvato dalla Camera prevedeva la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da 200 a 2.000 euro, oltre alla sanzione amministrativa pecuniaria da 30.000 euro a 100.000. Il Senato ha lasciato le sole sanzioni amministrative, premettendovi la clausola inserita in premessa.
  Evidenzia che tali modifiche sono state richieste dalla Commissione Giustizia del Senato nel parere approvato sul provvedimento. La Commissione ha ritenuto che la previsione per la stessa fattispecie di sanzioni penali e di sanzioni amministrative possa violare il principio del ne bis in idem sostanziale. Nel parere si è chiesto, quindi, di riformulare le previsioni contenute nei quattro periodi del comma 7 dell'articolo 74 nel senso di prevedere, per ciascuna delle fattispecie illecite ivi contenute, l'applicazione o della sanzione amministrativa o della sanzione penale, riformulando il testo in modo da prevedere la sola sanzione amministrativa pecuniaria, accompagnata dall'introduzione della clausola di riserva «salvo che il fatto costituisca reato».
  Considerate le motivazioni delle modifiche apportate dal Senato al testo, rileva l'opportunità di fare alcune precisazioni. In primo luogo, ricorda che il c.d. doppio binario della sanzione amministrativa e della sanzione penale è presente in diversi settori dell'ordinamento italiano, come quelli tributario e finanziario (abuso al mercato), senza che la Corte Costituzionale ne abbia sancito l'illegittimità per violazione di principi costituzionali o europei, considerato che si tratta di piani sanzionatori che operano a livelli diversi rispondendo a diverse esigenze, l'una legata agli interessi dell'amministrazione, l'altra a quelli dell'ordinamento inteso in senso più generale. A questo proposito ricorda che con la sentenza 12 maggio 2016 n. 102 la Corte Costituzionale ha chiarito che il divieto di bis in idem di cui all'articolo 4 del Protocollo n. 7 alla CEDU, ha carattere processuale, e non sostanziale. Esso, in altre parole, permette agli Stati aderenti di punire il medesimo fatto a più titoli, e con diverse sanzioni, ma richiede che ciò avvenga in un unico procedimento o attraverso procedimenti fra loro coordinati, nel rispetto della condizione che non si proceda per uno di essi quando è divenuta definitiva la pronuncia relativa all'altro. Inoltre occorre tenere presente che la sentenza Corte EDU, 4 marzo 2014 (Grande Stevens contro Italia) ha specificamente censurato l'ordinamento italiano per aver previsto un sistema di «doppio binario» sanzionatorio, nel settore degli abusi di mercato, in relazione alla natura sostanzialmente penale delle sanzioni amministrative (in applicazione dei cosiddetti criteri Engel e altri contro Paesi Bassi) stabilite per l'illecito di manipolazione del mercato ex articolo 187-ter del TUF, in considerazione della gravità desumibile dall'importo elevato delle sanzioni pecuniarie inflitte e dalle conseguenze delle sanzioni interdittive. Rileva che, in sostanza, il «doppio binario» sanzionatorio non viola il predetto principio del ne bis in idem quando l'illecito amministrativo non supera la «soglia di tollerabilità» del livello di afflittività della sanzione oltre la quale una sanzione può essere considerata sostanzialmente penale.
  Nel caso in esame fa presente come occorra, quindi, verificare se le sanzioni amministrative prevista dal comma 7 dell'articolo 74 debbano essere considerate sostanzialmente penali. In primo luogo, si rileva che non sono previste sanzioni interdittive, come nel caso di abuso al mercato oggetto della citata sentenza Corte EDU, 4 marzo 2014, ma solo di sanzioni di sanzioni pecuniarie la cui entità rientra nel range delle sanzioni amministrative previste in campi imprenditoriali e non è certo commisurabile a quella prevista dalla sanzione amministrativa oggetto di tale sentenza (un importo massimo di 25.000.000 di euro, elevabili però sino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il profitto o il profitto conseguito dall'illecito, allorché esse appaiano inadeguate Pag. 20anche se applicate nel massimo (articolo 187-ter, co. 1 e 5, t.u.f.). A ciò si aggiunga che la sanzione amministrativa censurata dalla Corte EDU prevedeva anche la confisca per equivalente del prodotto o del profitto dell'illecito (articolo 187-sexies).
  Non ritiene, quindi, che la sanzione amministrativa prevista in aggiunta a quella penale raggiunga quei livelli sanzionatori che evidenziano, secondo la Corte EDU, la natura schiettamente repressivo-punitiva dell'apparato sanzionatorio, con un'evidente funzione dissuasiva che è tipica delle sanzioni sostanzialmente penali, indipendentemente dalla loro qualificazione dall'ordinamento nazionale.
  Vi è poi un'altra questione che desidera sottolineare e che è stata già evidenziata illustrando le modifiche apportate dal Senato. Le fattispecie penali soppresse dal Senato non costituivano unicamente delle ipotesi di reato di natura speciale rispetto ad altre ipotesi di natura generale, secondo una scelta discrezionale che spetta al legislatore il quale potrebbe intendere di punire penalmente in maniera diversa alcuni profili di una fattispecie, ma, in alcuni casi, andavano ad ampliare la fattispecie penale, punendo condotte che non sono riconducibili a reati, come ad esempio la detenzione di codici di identificazione alternativi ai contrassegni (sistema telematico di controllo e tracciabilità alternativo per i vini confezionati a DOC e IGT) contraffatti o alterati.
  Per quanto non si possa ritenere che la formulazione dell'articolo 74, comma 7, del testo approvato dalla Camera violi il divieto di bis in idem di cui all'articolo 4 del Protocollo n. 7 alla CEDU, fa presente come comunque spetti al legislatore valutare se sia opportuno prevedere nel caso in esame il doppio binario delle sanzioni amministrative e penali. Si tratta di una scelta che spetta alla Commissione Agricoltura, in quanto dipende da una serie di valutazioni che coinvolgono diversi aspetti della disciplina sostanziale (Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino) che si intende regolamentare.
  Per tale ragione, propone di esprimere il nulla osta alla prosecuzione dell'esame del provvedimento.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta della presidente.

  La seduta termina alle 13.50.

SEDE LEGISLATIVA

  Mercoledì 23 novembre 2016. – Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. – Interviene il Sottosegretario di Stato alla giustizia Cosimo Maria Ferri.

  La seduta comincia alle 13.50.

Disposizioni in materia di traffico di organi destinati al trapianto nonché di trapianto del rene tra persone viventi.
C. 2937, approvata dal Senato.

(Seguito della discussione e conclusione – Approvazione).

  La Commissione prosegue la discussione del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 16 novembre scorso.

  Donatella FERRANTI, presidente, avverte che, ai sensi dell'articolo 65, comma 2, del Regolamento, la pubblicità della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  Ricorda che nella scorsa seduta sono stati votati gli articoli della proposta di legge, alla quale non sono stati presentati emendamenti.
  Nessuno chiedendo di intervenire per dichiarazione di voto finale, dà conto delle sostituzioni comunicate alla presidenza ed indìce, quindi, la votazione nominale finale sul testo della proposta di legge C. 2937, approvata dal Senato.

Pag. 21

  La Commissione approva, con votazione nominale finale, la proposta di legge C. 2937, approvata dal Senato.

  La seduta termina alle 14.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 23 novembre 2016. – Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. – Interviene il Sottosegretario di Stato alla giustizia Cosimo Maria Ferri.

  La seduta comincia alle 14.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/104/UE relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell'Unione europea.
Atto n. 350.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto.

  Donatella FERRANTI, presidente, fa presente che lo schema di decreto legislativo in esame è emesso in attuazione della delega contenuta nell'articolo 2 della legge di delegazione europea 9 luglio 2015 n. 114, che contiene specifici principi e criteri di delega, tra i quali, la previsione della applicazione delle disposizioni adottate in attuazione della direttiva 2014/104/UE alle azioni di risarcimento dei danni derivanti da violazioni ai sensi degli articoli 2 e 3 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, nonché alle azioni di risarcimento dei danni derivanti da violazioni ai sensi dei predetti articoli 2 e 3 applicati parallelamente agli articoli 101 (pratiche concordate che limitano la concorrenza) e 102 (abuso di posizione dominante) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
  Rammenta che il provvedimento mira a fornire un quadro uniforme tale da assicurare in materia di illecito anticoncorrenziale, un livello di tutela analogo tra i Paesi membri dell'Unione europea, affinché si garantiscano regole processuali c sostanziali omogenee da applicarsi davanti a giudici nazionali. La direttiva non individua e non configura tipologie di illecito anticoncorrenziale ma, piuttosto, rinvia alle consolidate figure dell'illecito anticoncorrenziale e cioè alle pratiche limitative della concorrenza e a quelle di abuso di posizione dominante. Lo scopo perseguito dalla direttiva è quello di imporre regole processuali e sostanziali omogenee da impiegare davanti ai giudici nazionali quando occorra determinare le conseguenze risarcitorie della violazione delle regole europee in materia di concorrenza. In questa fase di attuazione, quindi, lo schema di decreto si adegua alle linee tracciate dalla direttiva, avendo cura, nello specifico, di accordare alle vittime dell'illecito gli strumenti idonei a colmare la asimmetria informativa di cui soffre il danneggiato rispetto al convenuto, in modo tale da consentire al primo di ottenere (così come vuole la direttiva) il «pieno» risarcimento senza che tale impresa sia, di fallo, eccessivamente difficoltosa.
  Evidenzia che, come si legge nella relazione tecnica, «nel dare attuazione alla direttiva in oggetto – che mira a raccordare il public enforcement con il private enforcement – si è cercato di lasciare il più possibile inalterato il sistema processuale vigente, intervenendo solo laddove ciò fosse funzionale al corretto recepimento della direttiva, avuto riguardo alla ratio della medesima. In quest'ottica, quindi, è stato, ad esempio, introdotto lo strumento probatorio della «categoria di prove», non solo al fine di individuare le prove che rientrano nelle così dette «black, grey, white lists», ma anche al fine di consentire al danneggiato di richiedere l'esibizione di prove appartenenti ad una Pag. 22categoria opportunamente circoscritta e individuata, in modo da non sconfinare in una richiesta del tutto generica volta solo a verificare la esistenza di possibili elementi utili (così detto fishing) e ciò allo specifico scopo di attenuare l'asimmetria informativa di cui soffre il danneggiato con riferimento all'accesso alte prove».
  Fa presente, quindi, che lo schema di decreto in esame si compone di 20 articoli, divisi in sette capi: il Capo I contiene disposizioni generali; il Capo II reca disposizioni relative all'esibizione delle prove; il Capo III disciplina gli effetti delle decisioni dell'Autorità garante della concorrenza, i termini di prescrizione delle azioni e la responsabilità in solido; il Capo IV interviene in materia di trasferimento del sovrapprezzo; il Capo V disciplina la quantificazione del danno; il Capo VI reca disposizioni in materia di composizione consensuale delle controversie; il Capo VII detta, conclusivamente, le disposizioni finali e finanziarie.
  In particolare, evidenzia che l'articolo 1, nel disciplinare l'ambito di applicazione e l'oggetto del provvedimento, sancisce il diritto al pieno risarcimento in favore di chiunque abbia subito un danno a causa di una violazione del diritto della concorrenza da parte di un'impresa o di un'associazione di imprese e prevede l'estensione dell'ambito di applicazione della disciplina alle azioni collettive di cui all'articolo 140-bis del codice del consumo. L'articolo 2 dello schema contiene le definizioni necessarie all'applicazione delle norme introdotte. Molte definizioni riproducono fedelmente quelle contenute nella direttiva. Nella relazione si legge che lo schema non contiene alcune definizioni contenute nella direttiva, in quanto corrispondono ad istituti e concetti giuridici chiaramente declinati nell'ordinamento italiano. Tra le numerose definizioni contenute nell'articolo 2 che spaziano dall'autore della violazione al soggetto danneggiato, dalla definizione delle prove al programma di clemenza, ritiene opportuno segnalare, anche in ragione dei complessi profili di adeguamento, le seguenti definizioni: il «diritto della concorrenza», contenuto nella lettera b) con cui si richiamano le disposizioni la cui violazione legittima l'azione di risarcimento del danno da parte del soggetto danneggiato; la «autorità garante della concorrenza», contenuta nelle lettere d) ed e). Si tratta di definizioni che comprendono la Commissione europea e l'autorità garante della concorrenza e del mercato così come individuata dalle norme interne.
  Per quanto attiene alla definizione di soggetto danneggiato, evidenzia che il testo vi ricomprende ogni persona, fisica o giuridica, o ente privo di personalità giuridica che abbia subìto un danno causato da una violazione del diritto della concorrenza. L'endiadi persona fisica o giuridica serve per indicare che «chiunque» ha diritto al risarcimento. Al fine di chiarire con maggiore certezza tale intenzione, il testo fa riferimento anche agli enti privi della personalità giuridica. Ritiene che appaia quindi opportuno fare riferimento agli enti privi della personalità giuridica anche nel caso degli acquirenti diretti o indiretti (lettere u) e v)), nella cui definizione il testo fa rientrare unicamente ogni persona fisica o giuridica. Sebbene ad altro fine, potrebbe essere opportuno – per consentire l'accesso, nell'ambito della grey list, anche ad informazioni rese da un ente privo della personalità giuridica – eliminare dall'articolo 4, comma 4, lettera a), le parole «da persone fisiche o giuridiche».
  Rammenta che l'articolo 3 dà attuazione a quella parte della direttiva relativa alla divulgazione delle prove. In particolare, è previsto che il giudice nazionale possa ordinare la divulgazione di specifici elementi di prova o categorie di prove che siano ritenuti rilevanti dal giudice stesso sulla base di un criterio di proporzionalità. Si tratta di un profilo particolarmente delicato perché l'articolo in questione deve contemperare il diritto del soggetto danneggiato dalla violazione delle regole sulla concorrenza ad avere accesso alle prove, con la necessità di evitare che la divulgazione delle prove in questione non comprometta indebitamente l'efficace applicazione del diritto della concorrenza da parte di un'autorità garante della concorrenza Pag. 23stessa. Con questo obiettivo, l'articolo 3 dello schema di decreto disciplina l'ordine di esibizione delle prove richieste nei confronti della controparte o di terzi, siano essi soggetti pubblici o privati. Il giudice, nell'ordinare l'esibizione delle prove, deve attenersi ad un principio di proporzionalità. A tale riguardo, fa presente che lo stesso articolo 3 prevede che il giudice: esamina in quale misura la domanda di risarcimento o la difesa sono sostenute da fatti e prove disponibili che giustifichino l'ordine di esibizione; esamina la portata e i costi dell'esibizione, in specie per i terzi interessati; valuta se le prove di cui è richiesta l'esibizione contengano informazioni riservate, in particolare se riguardanti dei terzi. L'articolo in questione, inoltre, prevede che qualora la richiesta abbia ad oggetto informazioni di natura riservata il giudice disponga specifiche misure di tutela quali, ad esempio, l'obbligo del segreto o la possibilità di non rendere visibili le parti riservate di un documento. È infine prevista la possibilità, per la parte o per il terzo nei confronti del quale è rivolta l'istanza di esibizione, di essere ascoltati dal giudice stesso. Da ultimo si segnala che viene ribadito l'obbligo di riservatezza delle comunicazioni tra avvocati che sono incaricati di assistere le parti. L'articolo 4 disciplina l'esibizione delle prove che siano contenute in un fascicolo di un'autorità garante della concorrenza. L'articolo, in particolare, stabilisce le modalità e i limiti dell'esibizione nel giudizio civile degli atti che siano contenuti nel fascicolo dell'autorità stessa. In particolare, l'articolo 4 specifica che il giudice dovrà valutare: se la richiesta è stata formulata in modo specifico quanto alla natura, all'oggetto o al contenuto dei documenti presentati a un'autorità garante della concorrenza o contenuti nel fascicolo di tale autorità; se la parte richiede l'esibizione in relazione all'azione per il risarcimento del danno a causa di una violazione del diritto della concorrenza; se sia necessario salvaguardare l'efficacia dell'applicazione a livello pubblicistico del diritto della concorrenza.
  Fa presente che l'articolo in questione individua poi le seguenti tipologie di prove: la cosiddetta black list costituita dalle prove che non possono mai essere esibite nel giudizio civile. Si tratta delle prove che hanno ad oggetto dichiarazioni legate ad un programma di clemenza o ad una proposta di transazione; la cosiddetta grey list che è costituita da prove che possono essere esibite solo dopo la definizione del procedimento davanti all'autorità garante della concorrenza; la cosiddetta white list la cui esibizione può essere ordinata dal giudice anche prima della conclusione del procedimento davanti all'autorità garante. Si segnala che, nell'ipotesi in cui vi sia una prova che rientri nella cosiddetta grey list, l'articolo in questione introduce la possibilità di sospensione facoltativa del processo prevedendo, appunto, che il giudice possa sospendere il giudizio fino alla chiusura del procedimento da parte dell'autorità garante della concorrenza. Da ultimo si evidenzia che è prevista la facoltà dell'autorità garante di fornire il proprio parere in merito alla proporzionalità delle richieste di esibizione di atti che siano nella disponibilità dell'autorità stessa.
  Rammenta che l'articolo 5 individua i limiti nell'uso delle prove ottenute solamente attraverso l'accesso al fascicolo di un'autorità garante della concorrenza. In particolare, per quanto riguarda la categoria delle prove che rientro nella cosiddetta white list, ottenute dalle parti attraverso l'accesso al fascicolo, l'articolo in questione specifica che le prove stesse potranno essere utilizzate solamente nell'azione per il risarcimento del danno dalla parte che le ha ottenute o dal suo successore nel diritto. Evidenzia che la finalità, infatti, è quella di evitare che l'accesso al fascicolo di un'autorità garante limiti eccessivamente l'efficace applicazione del diritto della concorrenza da parte dell'autorità stessa. Per quanto riguarda, invece, i documenti rientranti nella cosiddetta black list, viene ulteriormente specificato che gli stessi non potranno essere, in nessun caso, prodotti in giudizio. L'articolo 6, al fine di rafforzare l'applicazione degli strumenti processuali Pag. 24offerti al danneggiato in tema di esibizione delle prove, prevede l'irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 15.000 a euro 150.000, da devolversi in favore della Cassa delle ammende, nei confronti della parte o del terzo (ovvero dei rappresentanti legali della parte o del terzo autori delle violazioni) che: rifiutano, senza giustificato motivo, di rispettare l'ordine di esibizione del giudice o che non adempiono allo stesso ordine; che, salvo che il fatto costituisca reato, distruggono prove rilevanti ai fini del giudizio di risarcimento; che non rispettano o rifiutano di rispettare gli obblighi imposti all'ordine del giudice a tutela di informazioni riservate; che utilizzano le prove in violazione dei limiti di cui all'articolo 5. La disposizione, inoltre, prevede, oltre alle pene pecuniarie, ulteriori sanzioni di natura processuale.
  Evidenzia che l'articolo 7 prevede che ai fini dell'azione di risarcimento del danno proposta dinanzi ai giudici nazionali, la violazione del diritto della concorrenza constatata da una decisione definitiva di un'autorità nazionale garante della concorrenza o del giudice del ricorso debba ritenersi definitivamente accertata. Il sindacato del giudice del ricorso comporta la verifica diretta dei fatti posti a fondamento della decisione impugnata. Il secondo periodo del comma 1 prevede che il sindacato del giudice del ricorso comporta (sarebbe meglio utilizzare il termine «comprende)» la verifica diretta dei fatti posti a fondamento della decisione impugnata e si estende anche ai profili tecnici il cui esame sia necessario per giudicare la legittimità della decisione medesima. Non appare opportuno precisare, a causa dell'indeterminatezza della precisione, che i profili tecnici non debbono presentare un oggettivo margine di opinabilità, come invece viene fatto nel testo. La decisione definitiva con cui una autorità nazionale garante della concorrenza o il giudice del ricorso di altro Stato membro accerta una violazione del diritto della concorrenza costituisce prova, nei confronti dell'autore, della natura della violazione e della sua portata materiale, personale, temporale e territoriale, valutabile insieme ad altre prove, lasciando impregiudicati i diritti agli obblighi dei giudici nazionali. L'articolo 8 prevede la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno derivante da una violazione del diritto della concorrenza. In fatto di termine iniziale di decorrenza della prescrizione, rammenta che la disposizione lega il dies a quo al ricorrere di due circostanze: la prima di natura oggettiva per la quale il termine inizia a decorrere se la violazione del diritto della concorrenza è cessata; la seconda di natura soggettiva per la quale il decorso dipende dalla conoscenza effettiva, ovvero quella che si può ragionevolmente presumere in capo al danneggiato di tutti e tre gli elementi dell'illecito, cioè della condotta che costituisce una violazione del diritto antitrust; della sua antigiuridicità e dell'identità dell'autore della violazione. L'articolo 9 introduce due deroghe al principio di piena responsabilità solidale dei coautori della violazione, di cui all'articolo 2055 del codice civile: la prima riguarda le piccole e medie imprese (PMI) e la seconda il beneficiario di un'immunità ottenuta nell'ambito di un programma di clemenza.
  Con riguardo alla responsabilità delle PMI, fa presente che si prevede che l'obbligo del risarcimento è limitato al solo danno patito dai suoi acquirenti diretti ed indiretti quando la quota della PMI nel mercato rilevante è rimasta inferiore al cinque per cento per il tempo in cui si è protratta la violazione del diritto della concorrenza e l'applicazione delle ordinarie regole in materia di responsabilità solidale determinerebbe un pregiudizio irreparabile per la sua solidità economica e la totale perdita del suo valore. Si prevede che l'obbligo del risarcimento è esteso anche ai soggetti danneggiati diversi dagli acquirenti diretti ed indiretti quando questi non possono ottenere l'integrale risarcimento del danno dalle altre imprese coinvolte nella stessa violazione del diritto della concorrenza. Tale disciplina derogatoria non trova applicazione quando la PMI: ha svolto un ruolo di guida nella violazione del diritto della concorrenza; ha Pag. 25costretto altre imprese a parteciparvi; ha commesso in precedenza una violazione – accertata – del diritto della concorrenza.
   Con riguardo ai beneficiari di un programma di clemenza, sottolinea che la disposizione prevede che questi rispondano solo nei confronti dei loro acquirenti o fornitori diretti o indiretti e anche nei confronti di altri soggetti danneggiati quando questi non possono ottenere l'integrale risarcimento del danno dalla altre imprese coinvolte nella stessa violazione del diritto della concorrenza. Gli articoli da 10 a 13 disciplinano il cosiddetto «passing on» (traslazione del prezzo) e le azioni promosse dagli acquirenti indiretti. Il passing on è il fenomeno economico in base al quale quello che avviene ad un determinato stadio della catena produttiva o distributiva di un bene si ripercuote sull'anello successivo della catena. Nello specifico, il passing on consiste nell'aumento di prezzo del bene (il sovrapprezzo) derivante dal trasferimento ad altri del danno derivante dall'illecito anticoncorrenziale subito. Il sovrapprezzo è definito dall'articolo 2, comma 1, lettera r), come la differenza tra il prezzo effettivamente pagato e quello che altrimenti sarebbe prevalso in assenza di una violazione del diritto della concorrenza.
  Rileva che l'articolo 10 prevede, anzitutto, il diritto anche dell'acquirente indiretto dell'autore della violazione, al risarcimento del danno per la violazione del diritto della concorrenza. Viene poi stabilito dall'articolo 10 un limite all'ammontare del risarcimento del danno (comma 2) prevedendo che il risarcimento del danno emergente causato dall'autore della violazione (ad un dato livello della catena produttiva) non può superare quello da sovrapprezzo (subito allo stesso livello); rimane fermo però il diritto del danneggiato al risarcimento integrale del lucro cessante derivante dal trasferimento, anche solo parziale, del sovrapprezzo (nel caso di un imprenditore commerciale, il lucro cessante può consistere nella perdita di quote di mercato). L'articolo 11, recependo l'articolo 13 della direttiva, stabilisce la possibilità che il convenuto in giudizio possa proporre eccezione di trasferimento. Si tratta della cosiddetta passing on defense, secondo la quale il convenuto può difendersi dall'azione dimostrando che l'attore ha trasferito ad altri, anche solo parzialmente, il danno da sovrapprezzo. In caso di raggiunta prova, il convenuto sarà liberato totalmente dall'onere risarcitorio o, in caso di passing on parziale, gli sarà riconosciuto uno «sconto» sul risarcimento. L'attore può raggiungere la prova anche chiedendo l'esibizione di prove all'attore o a terzi (secondo l'articolo 13 della direttiva, il convenuto può ragionevolmente richiedere la divulgazione di prove all'attore o a terzi).
  Fa presente che l'articolo 12 riguarda l'ipotesi dell'attore-acquirente indiretto (attuazione dell'articolo 14 della direttiva). La disposizione conferma il principio dell'onere della prova in capo all'attore circa l'esistenza e la portata del trasferimento del sovrapprezzo, anche attraverso la richiesta al convenuto o a terzi di esibire prove. L'articolo 13 attua il contenuto dell'articolo 15 della direttiva, finalizzato ad evitare che uno stesso soggetto possa subire le conseguenze di più azioni risarcitorie intentate nei suoi confronti da più acquirenti a diversi livelli della catena produttiva. L'articolo 14, unica disposizione del Capo V (Quantificazione del danno), rimanda, per la valutazione del danno da violazione del diritto della concorrenza, alla disciplina del danno extracontrattuale di cui agli articoli 1223, 1226 e 1227 del codice civile (comma 1). Come riportato nella relazione, evidenzia che si intende qui affermare il principio della piena risarcibilità del danno ma senza sovracompensazione, in accordo con i contenuti della direttiva. L'articolo 15, comma 1, disciplina gli effetti sulla prescrizione (cfr. ante. articolo 8 dello schema) dei diversi tipi di composizione consensuale delle controversie prevedendo, mediante il rinvio all'applicazione dei corrispondenti articoli delle normative sopracitate, l'interruzione del termine di prescrizione al diritto al risarcimento del danno, come per la domanda giudiziale, al momento dell'attivazione degli atti conciliativi. Il Pag. 26comma 2 prevede poi la possibilità del giudice, su domanda delle parti, di sospendere fino a 2 anni il procedimento civile pendente quando le parti hanno adito una forma di risoluzione stragiudiziale; è, tuttavia, fatta salva la disciplina sull'arbitrato, la cui natura è decisoria e alternativa a quella giudiziale.
  Fa presente che l'articolo 16, di attuazione dell'articolo 19 della direttiva, prende in considerazione gli effetti delle composizioni stragiudiziali delle controversie nell'ipotesi di più autori della violazione della disciplina della concorrenza, in particolare attuando le previsioni del considerando 51 della direttiva. Sostanzialmente, per incoraggiare le transazioni consensuali, si prevede che i coautori della violazione che non hanno partecipato all'accordo stragiudiziale e che abbiano pagato il risarcimento al danneggiato non possono poi rivalersi sul coautore che vi abbia partecipato chiedendogli un contributo per la parte di danno a questi imputabile.
  Sottolinea che l'articolo 17 costituisce attuazione della legge di delegazione europea 2014 (Legge n. 114 del 2015, articolo 2, comma 1, lettera a)) che ha delegato il Governo a modificare l'articolo 1 della legge n. 287 del 1990, la cd. legge Antitrust (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato). Lo scopo della novella – anche in conformità con quanto previsto dal considerando 2 della direttiva nonché del suo articolo 2, paragrafo 1, che definisce «violazione del diritto della concorrenza» sia una violazione del diritto nazionale della concorrenza che degli articoli 101 o 102 TFUE (Trattato sul funzionamento dell'Unione europea) – è quello di potenziare il ruolo dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ampliandone la competenza. L'articolo 18 – anch'esso di attuazione della legge di delegazione europea 2014 (articolo 2, comma 1, lettera d)) – modifica l'articolo 4 del decreto legislativo n. 168 del 2003, concentrando la competenza per le violazioni della disciplina della concorrenza previste dal decreto in esame presso tre sole sezioni specializzate in materia di impresa (cosiddetti tribunali delle imprese), orientativamente collocate al nord, centro e sud del paese. In particolare, un nuovo comma 1-ter del decreto legislativo n. 168 stabilisce che sono di competenza dei soli tribunali delle imprese di Milano, di Roma e di Napoli le azioni di nullità e di risarcimento del danno, nonché i ricorsi per ottenere provvedimenti di urgenza per violazione della disciplina della concorrenza prevista dalla legge n. 287 del 1990 nonché per violazione della normativa antitrust dell'Unione europea, anche in caso di controversie in cui è parte una società con sede all'estero. L'articolo 19 detta una disposizione transitoria di attuazione dell'articolo 22 della direttiva. In particolare, stante il principio dell'irretroattività delle norme di recepimento nazionale di natura sostanziale, attuative del decreto in esame (non bisognoso di recepimento in base all'articolo 11 delle preleggi), specifiche disposizioni procedurali attuative potranno trovare applicazione limitatamente ai giudizi di risarcimento promossi dopo il 26 dicembre 2014. La formulazione del testo dovrà essere corretta eliminando la parola «anche» riferita ai giudizi di risarcimento del danno da violazione del diritto della concorrenza promossi successivamente al 26 dicembre 2014.
  Rammenta, infine, che l'articolo 20 prevede la clausola di invarianza finanziaria del provvedimento.
  Nessuno chiedendo di intervenire, invita i rappresentanti dei Gruppi parlamentari a fa pervenire entro mercoledì 7 dicembre prossimo, eventuali osservazioni sul provvedimento di titolo. Rinvia, quindi, il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.05.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è svolto dalle 14.05 alle 14.10.