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Resoconti delle Giunte e Commissioni

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CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 18 gennaio 2017
750.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 29

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 18 gennaio 2017. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. — Interviene il sottosegretario di Stato alla giustizia Gennaro Migliore.

  La seduta comincia alle 14.20.

Modifica all'articolo 75 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in materia di decadenza dai benefìci in caso di dichiarazioni non veritiere.
C. 3824 Misiani.

(Parere alla I Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole con una condizione e un'osservazione).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta dell'11 gennaio 2017.

  Giuseppe BERRETTA (PD), relatore, osserva che, per quanto sia condivisibile la ratio del provvedimento, non appare conforme al principio del buon andamento la scelta di condizionare la decadenza dai benefici ad una valutazione discrezionale, da parte dell'amministrazione, in merito alla sussistenza della necessità della dichiarazione falsa rispetto ai benefici medesimi. A suo avviso, infatti, si verrebbe a determinare una situazione di incertezza che minerebbe il richiamato principio di valenza costituzionale (articolo 97 Cost.). Rileva, quindi, che la finalità della proposta di legge potrebbe eventualmente essere raggiunta, senza determinare le incertezze applicative dell'articolo 75 del provvedimento, modificando l'articolo 48 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica, che detta le disposizioni generali in materia di dichiarazioni sostitutive, ed, in particolare, il comma 2, che disciplina le modalità di predisposizione da parte delle singole amministrazioni dei moduli Pag. 30necessari per la redazione delle dichiarazioni sostitutive, prevedendo che in tali moduli siano indicati anche le specifiche dichiarazioni previste dall'articolo 46 che l'amministrazione ritenga essenziali ai fini del conseguimento del beneficio. Segnala che, in tal caso, la decadenza del beneficio si verificherebbe solo ove la falsità riguardi tali specifiche dichiarazioni. In particolare, per quanto attiene, ad esempio, alla dichiarazione sostitutiva relativa alla circostanza di «non aver riportato condanne penali» (articolo 46, comma 1, lettera aa)), l'amministrazione potrebbe indicare sulla base di disposizioni di legge espressamente i reati considerati ostativi al beneficio nell'ambito delle singole procedure, cosicché le falsità rilevanti sarebbero unicamente quelle relative a tali reati, come peraltro è previsto dall'articolo 80 del Codice degli appalti che espressamente individua i reati la cui condanna «costituisce motivo di esclusione di un operatore economico dalla partecipazione a una procedura d'appalto o concessione». Ritiene, infine, che la previsione di una disposizione transitoria rischia di determinare una grave situazione di incertezza giuridica in relazione a situazioni che sono state comunque definite in base alla normativa vigente del tutto legittima, che possono vedere coinvolti anche soggetti terzi in buona fede. Ciò premesso, presenta una proposta di parere favorevole con una condizione e una osservazione (vedi allegato).

  La Commissione approva la proposta del relatore.

  La seduta termina alle 14.30.

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 18 gennaio 2017. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. — Interviene il sottosegretario di Stato alla giustizia Gennaro Migliore.

  La seduta comincia alle 14.30.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della decisione quadro 2003/568/GAI relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato.
Atto n. 365.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto rinviato nella seduta del 17 gennaio scorso.

  Donatella FERRANTI, presidente e relatrice, comunica di aver trasmesso il testo dello schema di decreto legislativo in titolo all'Associazione Nazionale magistrati e all'Unione delle Camere penali italiane, al fine di consentire ai predetti organismi di esprimere eventuali osservazioni sui contenuti del provvedimento. Rammenta, inoltre, di aver richiesto dei chiarimenti al Governo in merito alcuni rilievi formulati, sul medesimo provvedimento, nella documentazione predisposta dal Servizio Studi.

  Il sottosegretario Gennaro MIGLIORE, in riferimento ai chiarimenti chiesti dalla presidente e relatrice, fa presente che lo schema di decreto legislativo AG 365 è finalizzato al recepimento della decisione-quadro del Consiglio 2003/568/GAI in materia di corruzione nel settore privato, in attuazione della delega di cui all'articolo 19 della legge 12 agosto 2016, n. 170 (legge di delegazione europea 2015). Sottolinea che la necessità di provvedere all'attuazione della decisione-quadro scaturisce dall'esigenza, più volte evidenziata dalla Commissione europea, di conformarsi ai principi stabiliti dagli articoli 7 e 8 della Convenzione penale sulla corruzione fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 e ratificata dall'Italia con legge 28 giugno 2012 n. 110, che prevedono l'introduzione rispettivamente delle fattispecie di corruzione attiva e passiva nel settore privato, richiamate nei lavori della Commissione Greco sulla corruzione. Rammenta che il reato di corruzione tra privati è attualmente disciplinato dall'articolo 2635 del codice civile, a norma del quale, salvo che Pag. 31il fatto costituisca più grave reato, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, che, a seguito della dazione o della promessa di denaro o altra utilità, per sé o per altri, compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionando nocumento alla società, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni. La stessa pena è prevista a carico di chi dà o promette danaro o altre utilità. Rammenta altresì che lo schema di decreto legislativo, che si compone di tre titoli e di sette articoli, mira a rendere la normativa interna pienamente conforme alle previsioni contenute nella decisione-quadro, come recepite nei principi di delega, ridefinendo le condotte di corruzione attiva e passiva nel settore privato (articolo 3), introducendo la fattispecie di istigazione alla corruzione tra privati (articolo 4), estendendo la pena accessoria a tutti i responsabili della corruzione tra privati (articolo 5) e modificando la disciplina anche sanzionatoria in materia di responsabilità delle persone giuridiche (articolo 6). Precisa che nell'elaborazione del testo normativo si è scelto di intervenire sulla disciplina esistente, piuttosto che introdurre nuove norme, in attuazione della previsione contenuta nell'articolo 19 della legge delega che, nell'indicare i principi e criteri direttivi cui attenersi nell'adozione del presente provvedimento normativo, dispone di realizzare il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti (comma 1) e, con particolare riferimento alla nuova formulazione del reato di corruzione tra privati, espressamente prescrive di tenere conto delle disposizioni incriminatrici già vigenti (comma 1 lettera a)).
  In merito ai contenuti del provvedimento in discussione, segnala che l'articolo 1, contenuto nel titolo I relativo alle disposizioni generali, declina l'oggetto dello schema di decreto legislativo, che è rappresentato dall'attuazione nell'ordinamento interno delle disposizioni della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato. Segnala, quindi, che il titolo II dello schema di decreto, relativo alle modifiche della disciplina della corruzione tra privati, comprende gli articoli da 2 a 6. In particolare, l'articolo 2 modifica la rubrica del titolo XI del libro V del codice civile, aggiungendo la dicitura «altri enti privati», coerentemente con la nuova formulazione dell'articolo 2635 del codice civile di cui all'articolo 3 dello schema di decreto. Con riferimento all'estensione dell'ambito di applicazione del reato di corruzione tra privati anche agli enti privati, osserva che in dottrina è stato obiettato come il generico riferimento agli enti privati, contenuto anche nell'articolo 2635 codice civile come modificato dallo schema di decreto legislativo, potrebbe dar luogo a dubbi e controversie interpretative, non risultando chiaro se si faccia riferimento ai soggetti dotati di personalità giuridica o anche a quelli privi di personalità, oltre che ai soggetti collettivi di fatto. A tale riguardo, rileva che le indicazioni contenute nella legge di delega non lasciano spazio ad una diversa formulazione che specifichi ulteriormente la natura dell'ente, riferendosi genericamente agli enti privati. Più precisamente, l'articolo 19, comma 1 lettere a) e b), della legge delega testualmente configura la corruzione privata cosiddetta passiva (cioè commessa dall’intraneus), come quella posta in essere da chi svolge attività (in posizione apicale o non, come di seguito si dirà) presso società o enti privati. Con riferimento ai responsabili della corruzione tra privati, segnala che l'articolo 3 dello schema di decreto legislativo modifica la fattispecie criminosa di corruzione tra privati, intervenendo sull'articolo 2635 del codice civile. Come si è sopra anticipato, si è optato per una modifica della disciplina attualmente esistente, invece che configurare una nuova fattispecie da inserire nel codice penale, in attuazione della previsione contenuta nell'articolo 19, comma 1 lettera a) della legge delega, che impone di tenere conto delle disposizioni incriminatrici già vigenti. Per tale motivo, e coerentemente Pag. 32con la struttura del reato di cui all'articolo 2635 del codice civile, vengono modificati il primo e il terzo comma di detto articolo. Più precisamente, il primo comma, relativo alla corruzione passiva, nella nuova formulazione include tra gli autori del delitto, oltre a coloro che rivestono posizioni apicali di amministrazione o di controllo nell'ambito di società o enti privati (amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci, liquidatori), anche coloro che nell'ambito organizzativo della società o dell'ente privato esercita funzioni direttive diverse da quelle proprie dei primi.
  Tale ultima previsione, che ricomprende nel comma 1 dell'articolo 2635 codice civile anche chi esercita funzioni direttive diverse da quelle dei soggetti attivi già contemplati dalla norma oggi in vigore, è volta a colmare ogni possibile vuoto normativo relativamente alla portata applicativa della disposizione dal punto di vista soggettivo, tenuto conto che il legislatore delegante utilizza una formulazione ampia, riferendosi testualmente a «chi esercita funzioni dirigenziali o di controllo o svolge attività lavorativa con l'esercizio di funzioni direttive». L'intervento normativo risponde inoltre all'esigenza di equiparare a livello sanzionatorio la posizione di tutti i soggetti posti in posizione apicale, atteso che l'eventuale applicazione a tali figure professionali delle pene previste dal comma 2 dell'articolo 2635 codice civile, possibile a causa della mancata esplicita indicazione delle stesse nel comma 1, risulterebbe del tutto ingiustificata ed irragionevole. Sempre con riguardo agli autori del reato, in particolare della corruzione passiva, rileva altresì come il comma 2 dell'articolo 2635 codice civile, che rimane immutato, punisca, seppure in misura ridotta, anche chi si trovi sottoposto alla direzione o alla vigilanza dei soggetti indicati nel comma 1. L'articolo 2639 codice civile, anch'esso non toccato dalla riforma, estende invece le qualifiche soggettive previste dall'articolo 2635 (e da tutti i reati di cui al titolo XI) sia ai soggetti tenuti a svolgere la stessa funzione, diversamente qualificata, sia a chi esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica e alla funzione (cosiddetto «amministratore di fatto»). La complessiva estensione soggettiva della disciplina del reato, risultante dalla normativa vigente e dagli interventi contenuti nello schema di decreto legislativo, assicura dunque la completa attuazione, anche sotto il profilo soggettivo, alla decisione quadro 2003/568/GAI, che ricomprende nell'ambito applicativo del delitto chi svolge attività lavorative di qualsiasi tipo per conto di un'entità nel settore privato (articolo 2, par. 1, lettera a) e b). In merito alla condotta del reato di corruzione tra privati, osserva che, in ossequio ai principi di delega, vengono ulteriormente ampliate le condotte attraverso cui si perviene all'accordo corruttivo, includendo nella corruzione passiva anche la sollecitazione del danaro o altra utilità non dovuti da parte del soggetto «intraneo», qualora ad essa segua la conclusione dell'accordo corruttivo mediante promessa o dazione di quanto richiesto. Inoltre si estende la fattispecie di corruzione attiva all'offerta delle utilità non dovute da parte dell'estraneo, qualora essa venga accettata dal soggetto «intraneo», pertanto il terzo comma dell'articolo 2635 codice civile, relativo appunto all'ipotesi della corruzione attiva, estende la punibilità a chi offre, promette o dà denaro o altra utilità non dovuti alle persone indicate nel primo e nel secondo comma.
  Sempre in attuazione della delega e della decisione quadro, si prevede che la corruzione, sia attiva che passiva, possa essere realizzata per interposta persona, così espressamente configurando la responsabilità anche dell'intermediario, che risponderà a titolo di concorso ex articolo 110 codice penale.
  Segnala, inoltre, che, coerentemente con i principi contenuti nella delega, per la consumazione del delitto, nella sua nuova formulazione, non è più richiesta la causazione di un nocumento per la società, né il compimento o l'omissione di atti da parte dell'intraneus. Infine, viene modificato il sesto comma dell'articolo 2635 del Pag. 33codice civile, mediante l'aggiunta delle parole «o offerte», all'espressione «utilità date o promesse», al mero fine di coordinare il quinto comma relativo alla confisca, come introdotto dal decreto legislativo 29 ottobre 2016, n. 202, attuativo della direttiva n. 2014/42, con la nuova configurazione della fattispecie incriminatrice. Per quanto concerne l'elemento soggettivo del reato di corruzione tra privati, evidenzia che la nuova formulazione del delitto di corruzione tra privati non richiede più, per la sua consumazione, né la causazione di un nocumento per la società, né il compimento o l'omissione di atti da parte dell’intraneus. Quest'ultimo requisito diviene, infatti, oggetto dell'elemento soggettivo del delitto, quale finalità della condotta.
  Segnala che l'articolo 4 dello schema di decreto introduce l'articolo 2635-bis del codice civile, che prevede la fattispecie dell'istigazione alla corruzione tra privati, sia dal lato attivo (primo comma), che dal lato passivo (secondo comma). In particolare, il primo comma sanziona chiunque offre o promette denaro o altra utilità non dovuti ad un soggetto «intraneo», affinché compia od ometta un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio o degli obblighi di fedeltà, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata. Il secondo comma prevede la punibilità dell’«intraneo», che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio o degli obblighi di fedeltà, qualora la sollecitazione non sia accettata. Per evidenti ragioni di proporzionalità, la pena prevista per l'ipotesi base dovrà essere ridotta di un terzo. Si procede anche in questo caso a querela della persona offesa. Non è stata invece espressamente prevista l'ipotesi del favoreggiamento per il reato di corruzione tra privati, in quanto già disciplinata in via generale dal codice penale negli articoli 378 (Favoreggiamento personale, che punisce chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce l'ergastolo o la reclusione, e fuori dai casi di concorso nel medesimo, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell'autorità o a sottrarsi alle ricerche effettuate dai medesimi soggetti) e 379 (Favoreggiamento reale, che punisce chiunque, fuori dai casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648, 648-bis e 648-ter aiuta taluno ad assicurare il prodotto o il profitto o il prezzo di un reato). In riferimento alle pene accessorie, segnala che l'articolo 5 dello schema di decreto introduce l'articolo 2635-ter del codice civile, relativo alle pene accessorie, prevedendo che la condanna per i reati di cui all'articolo 2635 e all'articolo 2635-bis importa in ogni caso l'interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese di cui all'articolo 32-bis del codice penale, e dunque a prescindere dai limiti sanzionatori previsti dalla disposizione generale.
  Al riguardo, osserva che, mentre lo schema di decreto legislativo stabilisce che le pene accessorie si applichino a tutti i condannati per corruzione tra privati e istigazione alla corruzione, l'articolo 19, comma 1 lettera d) della legge delega si riferisce solo ai condannati per corruzione passiva ed istigazione. Fa presente che, per tale motivo, presso l'ufficio legislativo del Ministero della giustizia, sono in corso approfondimenti volti a verificare la necessità di apportare eventuali modifiche al testo normativo. In riferimento alla responsabilità degli enti, segnala che l'articolo 6 dello schema di decreto legislativo modifica l'articolo 25-ter lettera s-bis) del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 stabilendo, per l'ipotesi di corruzione prevista dal terzo comma dell'articolo 2635 del codice civile, la sanzione pecuniaria da quattrocento a seicento quote e, per quella di istigazione di cui al primo comma dell'articolo 2635-bis del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote. Si applicano altresì le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2.
  Con riferimento alla responsabilità degli enti si osserva che i principi e criteri di delega di cui all'articolo 19 della legge di delegazione europea, in particolare la lettera e) di tale articolo, dispongono che sia Pag. 34prevista la responsabilità delle persone giuridiche in relazione al reato di corruzione tra privati. Tale statuizione, letta alla luce degli ulteriori principi di delega e della decisione quadro, depone per l'inclusione anche dell'istigazione, quale modalità di realizzazione del delitto di corruzione tra privati, tra le ipotesi in ordine alla quale prevedere la responsabilità amministrativa dell'ente di appartenenza del corruttore. La minore gravità di detti casi giustifica una sanzione meno severa rispetto a quella prevista per la fattispecie base. Precisa che non si è invece ritenuto di estendere la responsabilità dell'ente per i delitti di favoreggiamento in relazione alla corruzione tra privati da parte dell'estraneo di cui al terzo comma dell'articolo 2635 c.c., attesa la mancata previsione di tale ipotesi nei principi di delega contenuti nella legge delega. Il tenore letterale della disposizione sopra richiamata, infatti, facendo esclusivo riferimento al reato di corruzione tra privati, non consente tale estensione, atteso che trattasi di autonome fattispecie criminose, aventi diverso oggetto giuridico.
  Osserva, inoltre, che non si è estesa la responsabilità all'ente di appartenenza del soggetto intraneo, in quanto, alla luce della nuova formulazione della fattispecie, caratterizzata dal dolo specifico del fine di compiere od omettere un atto in violazione degli obblighi d'ufficio o di fedeltà, lo stesso si configura quale danneggiato dal delitto stesso. Rileva che, in sostanza, la connotazione della condotta di chi svolge le proprie funzioni ed attività presso la società o ente privato, improntata a infedeltà e violazione degli obblighi d'ufficio, renderebbe del tutto illogica ed irragionevole l'eventuale responsabilità e sanzionabilità dell'ente per le condotte non leali dei suoi preposti.
   Ritiene opportuno segnalare, infine, che l'articolo 25-ter comma 1 del predetto decreto legislativo, è stato modificato dall'articolo 12, comma 1, lettera a), della legge 27 maggio 2015, n. 69, nel senso che, in relazione ai reati in materia societaria previsti dal codice civile, si applicano all'ente le sanzioni pecuniarie enunciate di seguito. Invero, l'ambito soggettivo della responsabilità dell'ente per questo tipo di reati è stato esteso pure a coloro che non rivestono posizioni apicali, eliminando anche il riferimento all'omessa vigilanza in conformità agli obblighi connessi alle funzioni svolte dai soggetti preposti, previsto nell'originaria formulazione. Evidenzia che la formulazione odierna appare esaustiva, essendo comunque i criteri di imputazione della responsabilità riconducibili agli ordinari parametri già compiutamente disciplinati agli articoli 5, 6 e 7 del decreto legislativo n. 231 del 2001, che sanciscono in via generale la responsabilità dei soggetti in posizione apicale e non apicale dell'ente, e l'assunzione di adeguati modelli organizzativi nell'ente come causa di esclusione della responsabilità per omessa vigilanza. Segnala che nel titolo III relativo alle disposizioni finali, è incluso l'articolo 7, che prevede che dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e le amministrazioni interessate vi provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Segnala, infine, che l'articolo 7 della decisione quadro relativo alla competenza, non necessita di trasposizione, essendo la materia regolata in via generale dagli articoli 4, 6, 7, 8 e 9 del codice penale. Il paragrafo 1 lettera a) trova attuazione nell'articolo 6 codice penale, il quale stabilisce che chiunque commette un reato nel territorio dello Stato è punito secondo la legge italiana e che il reato si considera tale, quando l'azione o l'omissione è avvenuta in tutto o in parte nel territorio dello Stato, ovvero quando in esso si è verificato l'evento.
  Il paragrafo 1 lettera b) trova attuazione nell'articolo 9 secondo comma del codice penale, che dispone che se si tratta di delitto per il quale è stabilita una pena restrittiva della libertà personale di durata inferiore nel minimo a tre anni, il colpevole è punito a richiesta del Ministro della giustizia, ovvero a istanza o a querela della persona offesa. Quanto all'ipotesi di cui al paragrafo 1 lettera c), relativo al reato commesso a vantaggio di una persona Pag. 35giuridica la cui sede principale è situata nel territorio di detto Stato membro, essa non trova applicazione nel nostro ordinamento, nel rispetto di quanto previsto nel successivo paragrafo 2, ai sensi del quale uno Stato membro può decidere di non applicare o di applicare solo in particolari casi o circostanze le norme sulla competenza, e in particolare, quelle di cui al paragrafo 1 lettera b) e c). Relativamente a tale ipotesi, trova applicazione il paragrafo 4 dell'articolo 7, a norma del quale gli Stati membri che decidono di applicare il paragrafo 2 ne informano il segretariato generale e la Commissione e specificano, se necessario, per quali casi o circostanze specifici si applica la decisione.

  Donatella FERRANTI, presidente e relatrice, nel ringraziare il rappresentante del Governo per i chiarimenti testé resi, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.40.

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

SEDE REFERENTE

Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza.
C. 3671-
bis Governo, C. 3609 Fabbri e C. 3884 Fanucci.

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